Sportivissimo Aprile 2019

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Il cervo nobile


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SPORTI magazine mensile di sport nco bia distribuito gratuitamente direttore responsabile

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Iscrizione al Tribunale di Vicenza il 21 dicembre 2005 n.1124

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SSIMO

La scuola, come lo sport, non è un fine

A

editoriale

di Luigi borgo

seguito del mio precedente editoriale, ho avuto un civile confronto con un insegnante che dissentiva da quanto avevo scritto. A suo modo di vedere, quello che io criticavo: troppe ore in classe e troppe ore a casa a studiare, al punto di non permettere ai nostri giovani nessun’altra attività al di fuori della scuola stessa e dello studio a casa, cui essa obbliga, era invece un valore assoluto. Cinque, a volte sei, in alcuni casi perfino sette ore in classe e poi dalle due alle tre, ma anche quattro ore di studio a casa, non erano una follia, ma, a suo giudizio, il modo corretto per crescere bene. Abbiamo discusso. Ho cercato di fargli capire che nell’età della formazione i giovani devono arricchirsi di altre conoscenze oltre a quelle che offrono le classiche materie scolastiche, e, prime tra tutte, i giovani devono cercare la conoscenza che si acquisisce dalla pratica sportiva, la quale, oltre a insegnarti come si fa bene un certo sport, ti dà uno stile di vita sano, volitivo, agonistico nella ricerca del proprio miglioramento, che ti rimane per sempre. Gli ho citato quanto sosteneva un erudito spagnolo del ‘600, Baltasar Gracian: “la formazione dell’uomo moderno deve avvenire attraverso tre fasi: parlare con i morti, parlare con i vivi, parlare con se stessi”. Ovvero studiare gli antichi, viaggiare, oggi aggiungeremmo fare sport, riflettere. Dagli antichi greci a Gracian, passando per l’antica Roma, la formazione dei giovani non è mai stata a una dimensione: solo e soltanto scuola. Siamo andati avanti per le lunghe tra tesi e antitesi. Quando, a certo punto, ha detto: “fare bene la scuola è determinante per un giovane e per i suoi genitori è motivo di felicità”, mi è stato chiaro il suo pensiero. Egli considera il frequentare la scuola con profitto come un fine. Infatti solo così si può spiegare un’adolescenza intera passata sui banchi a studiare e a fare i compiti per casa. Ma la scuola non è un fine. Nemmeno il sapere lo è. La conoscenza per la conoscenza è sterile erudizione. La scuola, come tutte le attività umane, compreso lo sport o il lavoro, è un mezzo per quel fine che è una buona e serena vita, ovvero una vita felice, unico vero fine dell’uomo. Dopotutto abbiamo sempre preso in giro i Mastro don Gesualdo di ieri o quegli imprenditori di oggi che vivono soltanto per il lavoro e che hanno nell’accumulo di denaro l’unico fine della loro vita, trascorrendo in azienda 12 ore al giorno, sabati e domeniche compresi, per ritrovarsi nell’assurda condizione di non avere nemmeno il tempo per godersi il denaro che hanno accumulato. Per la stessa ragione abbiamo sempre irriso quelli che praticavano lo sport con il solo fine di diventare campioni per, una volta verificato che campioni non lo sarebbero mai diventatati, smettere definitivamente ogni attività sportiva. Nemmeno Hirscher, con la sua ottava Coppa del Mondo, vive lo sci come fine, dato che un giorno non sarà più lui a vincerla e dovrà trovarsi un altro mezzo, come lo è stato finora lo sci, che continui a farlo vivere in felicità e serenità. Per questo è importante che i nostri giovani crescano nello studio e nello sport, dedicando il giusto tempo per l’uno e per l’altro, senza rinunciare all’uno o all’altro, perché entrambi non sono fini, ma sono mezzi che li condurranno a una buona vita.

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natura

Il cervo nobile

di Dorino Stocchero

Ritenuto comunemente un indomito capofamiglia, il cervo maschio è invece uno scontroso individualista dalle abitudini poligame, incapace di riconoscere persino i propri figli. Il branco è sempre guidato da una femmina anziana, ed è la stessa che difende il gruppo in caso di pericolo. Solo in autunno, nella stagione degli amori, il cervo si trasforma e diviene battagliero fino allo stremo delle forze. Questo bellissimo ungulato è in forte espansione in Italia perché il nostro paese ha un habitat per lui ideale.


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I

l cervo era diffuso un tempo in tutta Europa a parte la Scandinavia settentrionale. La sua distribuzione è frammentata in 300 popolazioni reciprocamente isolate. Alcune di loro si sono formate in seguito a reintroduzioni. Le massime densità sono riscontrabili in Scozia ed in alcuni territori idonei di Germania e Austria. Il cervo nobile (cervus elaphus) della famiglia dei cervidi vive di preferenza in boschi di latifoglie, di conifere e misti inframmezzati da aree aperte. Nelle foreste montane si spinge fino al

limite superiore della vegetazione arborea. In Italia ormai ha raggiunto circa i 100.000 esemplari. Sono ungulati (artiodattili perché hanno numero di dita pari) guardinghi e timidi che non si lasciano avvicinare facilmente e tengono a bada chiunque tenti di raggiungere il loro territorio, servendosi soprattutto dell’olfatto e dell’udito. In regioni con inverni lunghi e nevosi i cervi migrano annualmente anche per alcuni chilometri sino alle vallate dal clima favorevole. I cervi sono ruminanti (4 stomaci) con un rumine voluminoso e può quindi ingerire in una volta una grande quantità di foraggio e digerisce bene alimenti di scarso valore proteico. L’alimento principale è l’erba, ma non disdegna anche di cortecce, gemme degli alberi, apici di conifere e frutta selvatica. I cervi vanno volentieri alla ricerca dell’acqua, ma non tanto per dissetarsi, ma per trovare refrigerio e per liberarsi dei parassiti che infestano il pelo. I maschi si immergono volentieri in pozze d’acqua per fare dei “bagni” di fango. Laddove però, il clima è secco e le piante sono coriacee, l’acqua diventa importante anche come bevanda. L’attività massima è in coincidenza con il crepuscolo, ma i cervi possono muoversi sia di giorno che di notte. Le lunghe giornate estive vengono trascorse tranquillamente brucando i pendii erbosi. I maschi sub-adulti se ne stanno in gruppi, mentre quelli maturi e vecchi, di solito vivono solitari. Invece le femmine vivono in branchi numerosi, oltre che con i piccoli dell’anno comprendono anche i soggetti in-

feriori ai due anni d’età. Il carattere secondario maschile del cervo sono i palchi (corna), che perdono ogni anno e vengono annualmente rinnovate, il cui sviluppo è dovuto a secrezioni ormonali. Essi vengono portati soltanto dai maschi e sono costituite da due stanghe con un numero variabile di punte che possono raggiungere in casi eccezionali anche 12 cime per stanga. Il loro numero non è indicativo nell’età dell’animale. Quando arriva l’autunno (settembre/ottobre - periodo degli amori) il comportamento dei maschi cambia, diventano irrequieti e una folta criniera li fa apparire più forti e muscolosi di quanto non siano. Dopo alcuni giorni di continui e possenti bramiti, essi rompono gli indugi e si mettono a vagare in cerca delle femmine. Un maschio una volta trovato un branco di femmine cerca di scacciare tutti i maschi presenti che ci sono nei dintorni sfoderando delle lotte. Questa lotta comprende in gesti di sfida e di minaccia, colpi di “corna”, getti di urina


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e bramiti. A volte giungono alla lotta frontale , testa a testa. Raramente la battaglia risulta cruenta, anche se a volte vengono assestati colpi molto violenti ma mai per uccidersi. La lotta per le femmine viene vinta di solito da un cervo dominante, forte e relativamente anziano; egli dopo aver scacciato tutti gli altri maschi ad eccezione dei piccoli, forma un harem di femmine. L’accoppiamento avviene poi con tutte le femmine raggruppate. Finito il periodo degli amori, i maschi si separano dalle femmine per affrontare,

ognuno per proprio conto, i mesi invernali. La gravidanza dura 260 giorni e alla fine nasce un solo piccolo che viene allattato dalla madre per tre mesi. L’uomo. Il predatore tradizionale naturale del cervo è il lupo. Altri predatori sono del tutto trascurabili, anche perché mamma cervo riesce a difendere molto bene se stessa e i piccoli dall’attacco delle aquile e dalle volpi. In certe zone il pericolo maggiore è costituito dai cani randagi e rinselvatichiti. La sua vita media si aggira sui 17/18 anni per le femmine e 13/15 anni per i

maschi. Il suo peso è di circa 250 chilogrammi per il maschio adulto e circa 120 chilogrammi per la femmina adulta. In Provincia di Vicenza è presente con 750 capi stimati. L’uomo si è fatto un’idea romantica, ma falsa sulla vita del cervo maschio nobile. Esso viene immaginato come un dignitoso e orgoglioso capofamiglia, ma ciò non è possibile presso animali organizzati in sistema poligamico. Il maschio non è che uno scontroso individualista incapace di riconoscere persino i propri figli.


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valli del pasubio

di Michele Benetti

Spirito sherpa Il 19 maggio 2019 scatta la quarta edizione di “SHERPA VERTICAL: più pesi, più aiuti”

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essuna parola può avvicinare quanto l’esperienza condivisa, allora: zaino in spalla e via di corsa! Sherpa Vertical nasce da questa consapevolezza e dalla volontà di sostenere il progetto dei Rifugi di Alta Montagna in Perù, sulla Cordillera Bianca, promosso e gestito dall’Operazione Mato Grosso di Schio mediante l’Associazione Guide Don Bosco. Si tratta di una corsa in montagna a scopo benefico con partenza da Rifugio Balasso, ai piedi del Monte Pasubio, e arrivo a Cima Palon a 2.227 m slm. Il nome stesso della corsa evoca la sua peculiarità, per una volta tanto, bando alla leggerezza, non si corre con l’essenziale ma per l’essenziale, ossia per sostenere concretamente e simbolicamente le popolazioni sva n ta g g i a te delle Ande.

“Più pesi, più aiuti”. I partecipanti dovranno correre con uno zaino carico di viveri pari al 10% del proprio peso per i maschi e all’ 8% per le femmine, che verranno raccolti all’arrivo e donati all’Operazione Mato Grosso. Ogni corridore è invitato a presentarsi alla partenza con 5 kg di viveri, scatolame o riso, mentre resto dei viveri per raggiungere il peso spettante lo offrirà l’organizzazione grazie alla preziosa collaborazione degli sponsor. Nell’edizione 2018 sono stati raccolti ben 3.100 kg di viveri che sono stati inviati alle missio-


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ni OMG in sud America. Lo Sherpa Vertical, nasce da un’idea del preparatore atletico vicentino Antonio Pasqualotto, sulla scia della corsa Ande Trail che si svolge nella Cordillera Blanca, alle pendici

del Nevado Huascaran (6.768m). Questa gara in quota, che ha visto la prima edizione nel 2105, è stata ideata allo scopo di contribuire a creare un’economia sulla Cordillera Blanca attraverso un turismo sportivo sempre più consapevole. AndeTrail, come dicono i promotori: “rappresenta il desiderio di provare a correre più in alto e più lontano”. Dalla stessa passione per la corsa e dalla stessa visione dello sport come veicolo di consapevolezza e strumento di sensibilizzazione, è stato ideato lo Sherpa Vertical. Di rifugio

in rifugio sul Monte Pasubio come sulle Ande. Un passo alla volta verso una meta che permette di allargare il proprio orizzonte non solo paesaggisticamente ma anche e soprattutto umanamente. Un passo alla volta, in solitaria, come la corsa prevede, ma per uno scopo benefico collettivo. Un passo alla volta, con il peso sulle spalle a ricordare che lo Sherpa Vertical non è una corsa come le altre. Un passo alla volta, correre in un percorso di montagna e solidarietà.

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grandi viaggi

Il sogno delle Sunderban

di Bepi Magrin

Viaggio nel Delta del Gange: il più grande estuario della terra (seconda parte)

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rosegue il nostro viaggio nel cuore profondo del Bengala, dopo le meraviglie naturalistiche delle isole Sunderban e il temporaneo rientro nella capitale, andiamo stavolta verso Sylhet, città relativamente più ricca del paese, situata in un ambito collinare vocato alla coltivazione del the. Per giungere a Shylet, vogliamo sperimentare proprio per curiosità, un viaggio col treno locale: posso assicurare che è una esperienza indimenticabile, per la quantità di colorati tipi umani che gravitano sulla ferrovia, per i commerci che si svolgono a cavallo dei binari dove si ritrovano i cumuli dei

vestiti che dai nostri paesi le organizzazioni caritative fanno giungere ai mercati locali, per l’affollamento inverosimile delle carrozze e dei tetti delle stesse, ragion per cui, riuscire a guadagnare fisicamente uno scompartimento riservato, è davvero una impresa titanica, figurarsi viaggiare per ore e ore nei normali scompartimenti! Del resto non possiamo dimenticare che ci troviamo nel paese a più alta densità abitativa del mondo dove in un territorio grande pressappoco come Veneto e Lombardia vivono oltre 200 mln. di persone. A Shylet si raccoglie il miglior the della regione, quello che verrà destina-


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to ai salotti inglesi più raffinati, per l’eterno rito pomeridiano di quelle ricche case e non solo. Un bel lago tra le colline coltivate e le macchie di foresta ci accoglie con un florilegio di colorate ninfee. Più oltre una stupenda cascata precipita da un salto di roccia ed è meta di visitatori locali che, molto si sorprendono alla vista inconsueta delle nostre facce pallide qui del tutto inusuali. Come un po’ dappertutto chiedono di poter fare un “selfie” con noi e di scambiare qualche battuta sulla nostra “country” che – si capisce - è fuori dalla loro immaginazione. Di seguito, conosciuti gli zingari di mare

dell’isola di Doubla Char e gli straordinari mercati di pesce che a questa sono collegati, vogliamo andare a conoscere un’altra singolarità di questa regione: la pesca con le lontre. I simpatici e vivacissimi animali, sono custoditi in una gabbia di legni legata a poppa e debitamente assicurati con una corda alla barca. Vengono liberati dove si ritenga che vi sia abbondanza di pesce e questi tuffandosi avidamente nelle acque dei larghi canali, tra la vegetazione galleggiante, dopo essersi cibati delle prime catture, sospingono altri pesci in una piccola rete calata dai pescatori a fianco dell’imbarcazione. I pescatori completano l’opera facendo cadere i piccoli pesci tra gli interstizi del ponte, nell’acqua sempre presente sul fondo dell’imbarcazione, dove una volta rientrati verranno raccolti. Curioso vede-

re la vivace instancabile attività delle lontre una volta che queste toccano le acque… e difficile anche riprenderle proprio perché velocissime a immergersi e riapparire. Una altra tipicità di questo pianeggiante e sabbioso paese, dove è davvero molto raro scorgere un sasso, sono appunto le cave di sassi di Jaflong. Siamo vicini al confine indiano ed il fiume ad un certo punto sconfina formando un’ansa molto ampia. Qui vivono interi villaggi di “Stone fisher” (pescatori di sassi), perché le violente piene del fiume, riescono a trascinare giù dalle lontane montagne le pietre, salvo poi a ricoprirle con nuove sabbie o depositarle sul fondo del fiume. Allora decine di imbarcazioni con a bordo due o tre giovani, si muovono in queste acque badando a non sconfinare in India dove i bastoni delle guardie di fron-


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tiera colpiscono senza pietà chi sorpassi il confine, e immergendosi a sette otto metri, riempiono un secchio metallico coi sassi del fondo che quelli della barca, recuperano fino a riempirne la barca stessa. I sassi sono oggetto di importante commercio che si riferisce alla edilizia stradale ecc. e costituiscono preziosa risorsa per i cavatori, i quali sono affiancati da uno stuolo di donne e ragazzini che con foga straordinaria, setacciano le sabbie della riva alla ricerca di altri sassi di taglia più piccola per il medesimo commercio. Compiamo un ampio giro tra le barche dei “cavatori” e visitiamo i loro miseri villaggi, incontrando sempre sorrisi e cortesi inviti: si tratta di gente umile ma ben disposta e curiosa di conoscere i “fotografatori” occidentali. Ci spiegano che il lavoro di 3, 4 cavatori, produce un reddito giornaliero di circa 20 euro, soggetto però –anche questo- ad una tassazione gover-

nativa. Una tappa successiva ci porta ancora tra la florida vegetazione tropicale nella foresta di Lawachara dove alcuni graziosi lodge possono ospitare i visitatori con discrete comodità. Qui si può andare alla caccia (fotografica) di animali selvatici in particolare scimmie ed uccelli molto colorati. Ancora visitiamo Jhantipur con i suoi particolari monoliti e gli antichi palazzi purtroppo immersi nel caos non proprio pulito della città, peraltro ricca di attività artigianali e commerciali molto pittore-

sche. Infine mentre alcuni di noi proseguono verso le città del nord che abbiamo già viste con la risalita del Bramaputra, noi rientriamo a Dhaka per concludere in nostro viaggio in Bangladesh col proposito di tornare a fine anno alle meravigliose Sunderban magari di nuovo a bordo del Rochet (il battello ribattezzato “romantica barchetta”) e di andare di seguito a conoscere anche le isole Andamane in India che ancora mancano alla nostra collezione.


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sub Attività subacquee

fiumi, laghi mari ed oceani di Antonio Rosso immagini di Carlo Amoretti, Stefano Caressa, Gianni De Angeli, Giulia Pertile, archivio VVF Vicenza

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enerdì 10 maggio alle ore 20.45, nella sala civica Bressan a Monticello Conte Otto, presso le scuole medie, parte la prima serata della manifestazione sportivo-culturale “nel segno dell’acqua”. L’iniziativa è stata progettata dai subacquei vicentini come contributo alla giornata mondiale dell’acqua. Organizzatori: l’Associazione Sportiva Subacquea Dimensione Blu di Cavazzale, l’associazione rosa dei venti di Vicenza, l’Associazione Nazionale Marinai d‘Italia (A.N.M.I.) e il Gruppo Volontari di Protezione Civile A.N.M.I. - Regione Veneto Il comune di Monticello Conte Otto ha dato il patrocinio e messo a disposizione la sala per le conferenze dove saranno gli stessi protagonisti a parlare di interventi, ricerche ed esplorazioni illustrati con filmati, fotografie e documenti. Compatibilmente con lo spazio saranno allestiti pannelli illustrativi ed aree tematiche. Da maggio a novembre saranno tenuti cinque incontri in cui si parlerà di laghi, fiumi, mari ed oceani come descritto nel programma allegato. Non si parlerà solo di eventi già avvenuti, ma si


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illustreranno anche nuove ricerche ed iniziative di libera partecipazione.. A dimostrazione della vitalità culturale dei subacquei sportivi dell’alto vicentino, è bene ricordare, che numerosi soci subacquei iscritti a rosa dei venti sono proprio di Valdagno, Thiene, Schio. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con la nostra rivista, Sportivissimo, che supporta l’intera manifestazione, con “tuttostampa” di Monticello Conte Otto che cura il materiale pubblicitario, Blu Sub di Vicenza, ditta specializzata nella vendita di attrezzature subacquee e Udicer/Nautitest, ente di certificazione per la nautica da diporto e per gli equipaggiamenti marittimi con sede a Padova. Alla fine delle serate, alle quali parteciperanno esperti dei temi trattati è previsto uno spazio per le domande del pubblico. Saranno, poi, disponibili, fino ad esaurimento, copie omaggio della rivista Sportivissimo e di altre pubblicazioni scientifiche. Sul palco, a introdurre le serate, Francesco Meneghello, presidente del Gruppo Subacqueo Dimensione Blu ed il sottoscritto, in qualità di Presidente dell’Associazione rosa dei venti. A chiusura della manifestazione, sabato 23 novembre, la visita del Museo Storico Navale di Venezia e dell’Arsenale, organizzata dall’Associazione Nazionale Marinai d‘Italia.

Programma venerdì 10 maggio

venerdì 14 giugno

I LAGHI DEL COLBRICON PARCO PANEVEGGIO - TN

LE ACQUE SOTTERRANEE

Immersioni scientifiche in alta quota Le campagne scientifiche del 1999 e del 2018 Tecnica delle immersioni in altitudine Video delle ricerche realizzato dai subacquei di Dimensione Blu

dalle Piccole Dolomiti al mare Adriatico

presentazione del libro “Uno studio integrato dei laghi di Colbricon e Cavallazza “

La relazione è accompagnata da immagini e schemi illustrativi

Dott. Vittorio Ducoli Direttore del Parco e Renata Trevisan Prof. Associato di Botanica dell’università di Padova

Proverbi veneti prof. Galliano Rosset

venerdì 28 giugno

venerdì 2 settembre

TRINCEE DEL MARE

ANTONIO PIGAFETTA

La grande guerra in Adriatico

Il primo viaggio intorno al mondo

Documentario RAI della Sede Regionale per il Friuli Venezia Giulia

La descrizione dei luoghi e degli eventi La morte di Magellano

Regia di Luigi Zannini Testo di Pietro Spirito e Luigi Zannini

Il ritorno in Spagna

Dott. Geol. Pietro Zangheri idrogeologo

Sulla rotta di Antonio Pigafetta

Montaggio di Maurizio Gallinucci

venerdì 15 novembre

sabato 23 novembre

COSTA CONCORDIA

MUSEO STORICO NAVALE DI VENEZIA ED ARSENALE

L’intervento del Nucleo Sommozzatori Speleo-sub dei Vigili del Fuoco di Vicenza sul relitto

Visita al Museo Storico Navale e all’Arsenale di Venezia

illustrato dai protagonisti CSE Francesco Boaria (coordinatore) CRE Luca Scaldaferro CRE Cesare Frinzi, CSE Giuseppe Frison, CRE Modesto Dilda

organizzata e guidata da Girolamo Trombetta, Presidente Gruppo ANMI di Vicenza e dal Comandante Capitano di Vascello (r) Guglielmo Zanelli


sportart

Bentornatara primave Bruno Vendramin, rondine di ritorno



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sub Biologia subacquea

Le immersioni scientifiche nei laghi di Colbricon parlano vicentino di Antonio Rosso foto di Sergio Bigarella, Walter Cornolò, Andrea Giacomello, Luca La Spina, Francesco Meneghello, Giulia Pertile, Renata Trevisan

E

’ settembre, un gruppo di subacquei vicentini dell’Associazione Dimensione Blu si sta immergendo in due laghi d’alta quota situati nel parco di Paneveggio Pale di San Martino, vicino al Passo di Rolle, in provincia di Trento. Stanno eseguendo una ricerca scientifica di documentazione video fotografica in collaborazione con l’Ente Parco e l’Università di Padova. Ricerca che fa seguito ad una analoga del 1999, compiuta da subacquei veneziani, in concomitanza ai rilievi batimetrici dei due specchi d’acqua. Chiamati Colbricon inferiore e Colbricon superiore questi laghi sono situati a quasi duemila metri di altitudine, hanno un’origine legata alle fessurazioni delle rocce di porfido in cui si trovano e sono stati frequentati fin dall’età mesolitica (circa 11.000 anni fa) da cacciatori che nei mesi estivi si trasferivano in bivacchi costruiti nei pressi dei laghi per approvvigionarsi di stambecchi e cervi. L’importanza di avere una documentazione fotografica anche subacquea è dovuta al fatto che già dalla superficie risulta

presente una vegetazione palustre costituita da macrofite acquatiche, il Potamogeton alpinus, presente in Italia in poche stazioni e il Potamogeton praelongus, rarissimo in Italia nord-orientale e ritrovato per la prima volta proprio nei Laghi di Colbricon. Dopo l’arrivo a Paneveggio ed il trasporto dei materiali in quota con l’aiuto dei mezzi e del personale del parco, i sub decidono di concentrare le immersioni nel giorno 22 settembre grazie al possesso di computer subacquei con algoritmi di ultima generazione ed abilitati alle immersioni in quota. Con questi computer si ha una continua gestione dell’immersione in quanto, oltre alla pressione dell’acqua rilevano anche la pressione atmosferica. Unica accortezza attivare i computer alla partenza e tenerli costantemente indossati, prima, durante e dopo le immersioni. In questo modo, quando il sub cambia livello di quota, con conseguente variazione di pressione atmosferica o subacquea, il computer si aggiorna anch’esso. Ciò permette di conoscere


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essendo stata buona, questa visibilità ci ha comunque consentito di documentare con foto e video il fondale e le piante macrofite, raggiungendo l’obiettivo che ci eravamo proposti.” La documentazione è servita, successivamente, ad illustrare il libro monografico Uno studio integra-

in tempo reale il grado di saturazione dei gas nei tessuti del corpo ed elaborare in sicurezza i tempi di permanenza in acqua. Base operativa, oltre alla foresteria dell’ente parco a Paneveggio, il piccolo rifugio in riva al lago Colbricon superiore, tenuto espressamente aperto dalla proprietaria, la sig.ra Giuliana. “Abbiamo trovato acque torbide – hanno raccontato i sub al rientro – la visibilità in immersione non è mai stata superiore ad un metro, un metro e mezzo, mentre la temperatura dell’acqua si è aggirata tra 14 e 16°C. Il fondale ci è

apparso sempre ricoperto da uno strato di limo dello spessore variabile da 30 fino ad oltre 80 centimetri che si sollevava ad ogni movimento. In alcune aree abbiamo trovato massi e frammenti di roccia caduti dai versanti rocciosi, ma anch’essi erano coperti di limo. In superficie l’assistenza ci è stata garantita da un gommone del parco con il sub Mariano Dal Lago in stand by e, a terra, da Nicolò Cristina con Black, una unità cinofila del Nucleo Speciale di salvataggio del Gruppo Protezione Civile ANMI Regione Veneto. Pur non

to dei laghi di Colbricon e Cavallazza, edito dall’Ente Parco di Paneveggio Pale di San Martino e realizzato da Renata Trevisan Prof. Associato di Botanica dell’Università di Padova. Il volume sarà presentato ai vicentini il 10 maggio a Cavazzale (VI) presso la sala civica L. Bressan alle ore 20.45, all’interno della manifestazione “nel segno dell’acqua”. In attesa di continuare il lavoro di monitoraggio e di pulizia dei laghi di Colbricon, i risultati di questa esperienza hanno spinto le Dimensione associazioni Blu e rosa dei venti, che, tra l’altro, annovera molti iscritti dell’area di Valdagno, a studiare immersioni sportive di prospezione in altre località e creare un gruppo di lavoro per documentare anche le acque vicentine. Ora la domanda finale: quando si tornerà ai laghi, come sarà il parco? Perché la ricerca si è conclusa un mese prima della terribile bufera di vento che si è abbattuta sulle Dolomiti distruggendo milioni di alberi e causando danni irreparabili. Anche l’area del Parco di Paneveggio, non si è salvata ed ha pagato

un prezzo altissimo, basti solo pensare alla devastazione della foresta dei Violini, con gli alberi di abete rosso da cui, da Stradivari ad oggi, si ricavava il legno per la fabbricazione dei violini e documentata anche da Alberto Angela in uno dei suoi documentari.


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valdagno

Un’esperienza da serie A Gli esordienti del Valdagno hanno affrontato in amichevole i pari grado del Parma calcio. Un’esperienza indimenticabile, dentro e fuori il campo. di Vincenzo Grandi

L

’immagine che resta negli occhi è quella di un gruppo di ragazzi abbracciati al centro di un campo da calcio. Le magliette biancocelesti mescolate a quelle biancocrociate, la stanchezza di una partita appena finita nelle gambe e il sorriso di chi sa di aver vissuto un’esperienza probabilmente indimenticabile. Siamo in un centro sportivo di Parma e in quell’immagine ci sono gli esordienti 2006 del Valdagno che, a inizio marzo, hanno disputato un’amichevole contro i pari categoria della società emiliana. L’incontro è stato il coronamento di una due giorni “a tutto calcio” che ha visto i ragazzi impegnati anche in una seduta di allenamento con lo staff tecnico del settore giovanile del Parma e, poi, seduti sugli spalti del Tardini per il match di serie A Parma-Genoa. E se la partita tra le squadre di D’Aversa e Prandelli non ha regalato grandi sussulti

al gruppo di calciatori biancocelesti – il momento più memorabile è stato forse la ripresa dei ragazzi con la loro divisa ufficiale sul maxischermo dello stadio - tutt’altre emozioni si sono vissute la domenica mattina quando a scendere in campo sono stati loro. La tensione per avere di fronte una giovanile di serie A è durata lo spazio di qualche minuto e gli esordienti guidati da Marco “Gamba” Visonà hanno sfoderato un’ottima prestazione, dimostrando qualità tecnica e determinazione. La cronaca racconta un primo tempo equilibrato e combattuto, con palle gol da entrambe le parti e uno 0-0 finale che premia l’impegno del Valdagno, capace di tener testa a una squadra forte e ben organizzata. Non cambia la musica nel secondo parziale con i biancocelesti che non rinunciano al loro gioco palla a terra e l’e-

quilibrio che si spezza solo nell’ultimo minuto quando i padroni di casa trovano un uno-due che penalizza gli ospiti più di quanto meritavano. Nel terzo tempo cala il ritmo, ma non le emozioni: il Parma riesce a fare altri due gol, ma i calciatori valdagnesi escono a testa alta, tra gli applausi dei tanti genitori che li hanno accompagnati nella trasferta. “Un’esperienza che ha fatto respirare ai ragazzi l’aria della serie A – sottolinea mister Visonà -. Si sono allenati, hanno vissuto come le squadre in ritiro pre-partita e sono scesi in campo contro il Parma: abbiamo fortemente voluto regalare questa opportunità a un gruppo che è fatto prima di tutto di veri amici. Giornate così possono aiutare a crescere ancora, non solo a livello calcistico”. Ed è proprio un percorso di crescita quello che il gruppo ha fatto finora. Tanti ragazzi della squadra hanno


23 iniziato la loro avventura calcistica insieme nel 2012 e, anno dopo anno, insieme hanno continuato a giocare. Qualcuno ha lasciato, qualcuno di nuovo è arrivato. L’entusiasmo e la passione sono però rimasti gli stessi. Fino ad arrivare a quest’ultima stagione da esordienti, un’annata che sta dando grandi soddisfazioni. Il girone autunnale si è chiuso con 8 vittorie e una sola sconfitta, 52 gol fatti e 13 subiti: numeri che hanno portato a chiudere il campionato in vetta alla classifica a pari punti con l’Altavilla. “Un risultato che ci ha promossi nel girone élite con le migliori squadre della provincia” spiega mister Visonà, che nel suo ruolo è aiutato da Federico Sperman, Giuseppe Raimondo e Marco Binotto. “Contro il Parma, come in tutte le partite disputate, abbiamo proposto la nostra identità calcistica, basata sulla costante ricerca della costruzione del gioco palla a

terra. Prima dei risultati, quello su cui puntiamo è la crescita di ogni singolo giocatore. Gli esordi dei nostri ragazzi nella categoria superiore sono quindi già un primo risultato, ma la vittoria più bella la otterremo se tutti arriveranno pronti alla nuova avventura che li aspetta nei giovanissimi”. “Per questo – aggiunge ancora il giovane allenatore valdagnese - voglio ringraziare la società, tutti i mister che nelle scorse stagioni hanno seguito i ragazzi, la dietista e consulente alimentare Eleonora Orso, per gli utili consigli che ci ha dato, e la Carrozzeria Varsali per averci aiutato nell’acquisto dei materiali. Infine, il ringraziamento più grande va ai genitori di questi ragazzi che hanno sempre amato e sostenuto la squadra con tutto il loro cuore”. Le giornate di Parma, così come i tanti tornei giocati e quelli in programma, le partite vinte e quelle perse

all’ultimo minuto, gli allenamenti sotto la pioggia e l’abbraccio dei compagni dopo un gol: alla fine di quest’ultimo anno da esordienti i giovani valdagnesi porteranno con loro un bagaglio di esperienze davvero prezioso. Con la consapevolezza che, qualsiasi sarà la loro prossima squadra, non perderanno mai un’amicizia che va ben oltre i colori della maglia e il triplice fischio finale di una partita.

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torrebelvicino

Historic Adventure off road L di Diego Filippi

Per l’11^ volta l’Historic Club Schio ed il Boomerang Club 4*4 hanno unito le loro forze con l’evento Historic Adventure che ha attirato gli appassionati dell’off road.

a manifestazione ha, da sempre, lo scopo di riunire gli appassionati di questa tipologia di veicolo e di esibire, con il giusto orgoglio, le bellezze naturali del nostro magnifico territorio, in questa occasione, l’alta valle del Leogra. Il ritrovo dei partecipanti domenica 24 marzo, è avvenuto nella rinnovata piazza Aldo Moro a fianco del municipio di Torrebelvicino. Hanno partecipato una ventina di vetture, tra cui la veterana Jeep Willis che ha presenziato ad alcune rievocazioni del D-Day. Non mancavano le celeberrime Fiat Campagnola e Panda 4*4, Jeep di varie epoche, inossidabili Land Rover Defender ed una recente Range Rover, le giapponesi Mitsubishi Pajero e Nissan Patrol ed una Renault R4. Agli equipaggi, provenienti dalla provincia di Vicenza, si sono aggiunti quelli arrivati dalle province di Venezia, Verona e Trento. Dopo la consegna dei road-book ed un breve briefing nella piazza, gli equipaggi sono partiti per un seguire percorso tra strade asfaltate e altre sterrate per un leggero off road in un contesto paesaggistico splendido, supportato da una magnifica giornata di sole. Lungo il percorso, si sono tenute prove di varia abilità: dal passaggio più risicato ad un ostacolo, al test per segare una porzione di tronco con attrezzo mano, alla valutazione del peso di un ceppo ligneo, fino all’identificazione e posizionamento, rispetto al road-book, di alcune riprese fotografiche. Tra passaggi attraverso serene contrade quasi disabitate, passaggi tra boschi con alberi in fiore, nel mezzo di scorci unici, la mattinata ha regalato alla comitiva emozioni davvero uniche. Quasi tutti gli escursionisti incrociati lungo il percorso, hanno salutato con allegria la carovana di vetture d’epoca che, all’ora del pranzo, si sono ritrovati a discutere delle prestazioni delle rispettive vetture immaginando avventure inaudite tra Camel Trophy e Parigi-Dakar.


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Le premiazioni, avvenute in un allegro clima, hanno decretato la conclusione della rassegna con la promessa di replicare, quanto prima, la piacevole manifestazione. Questo raduno è uno dei molti che l’Historic Club Schio promuove per diffondere sia la cultura dei veicoli d’epoca e la loro storia, sia la valorizzazione e bellezza del magnifico territorio vicentino. Altre notizie potrete trovarle sul sito http://www.historic.it/ h t t p : / / w w w. a d ve n t u re 4 yo u . co m / ita/club-viaggi-avventura/boomerang-club-fuoristrada-valleogra.php o nelle pagine di facebook https://www.facebook.com/hcschio/ https://www.facebook.com/ groups/145585587749/ h t t p s : / / w w w. fa ce b o o k . co m / B o o m e rang-Club-4x4-228062503881414/


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viaggi

Viaggio in Marocco

F

inalmente arriva il tanto atteso giorno della partenza per Marrakech , il volo e le prime due notti in riad sono prenotate. Arriviamo all’aeroporto di Milano-Bergamo e già al check-in iniziamo ad ambientarci con la popolazione, siamo in pochi Italiani sul volo, passiamo i vari controlli e siamo sull’aereo, il volo passa veloce e senza accorgerci ci troviamo nel lussuoso e moderno aeroporto di Marrakech, compiliamo i moduli per entrare nel paese controllo alla dogana e siamo fuori. All’esterno tra i numerosissimi taxi troviamo anche il nostro il quale ci porta all’ingresso della Medina, da li proseguiamo a piedi assieme al fattorino mandato dal riad. L’ accoglienza è sopra alle aspettative, qui beviamo il primo thè del nostro viaggio, ci sistemiamo e partiamo alla scoperta della

di Cristiano Lovato

Medina, profumi, colori, persone è tutto nuovo e diverso ma in poco tempo ci sentiamo a nostro agio e ci perdiamo tra i caotici Souk dove i venditori ti invitano uno dopo l’altro ad acquistare i loro prodotti cibo, spezie, frutta e verdura, tessuti e gioielli... esausti arriviamo in Piazza Jamaa el Fna il centro vitale della Medina, da qui si può ammirare il minaretto principale di Marrakech da dove cinque volte al giorno risuonano le melodie del rabbino. In questa piazza si possono ammirare vari artisti locali e mangiare del buon cibo tipico nelle varie bancherelle, da non perdere è vedere la piazza dall’alto bevendo un buon thè. La mattina seguente veniamo svegliati dai canti del rabbino , colazione e partiamo per un’ altra intensa giornata Tombe dei Saaditi, Souk dei venditori di galline e poi agli splendidi giardini Majorelle dimora di Yves St Laurent, finiamo la


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giornata mangiando in uno dei tanti tipici ristoranti. Arriva il terzo giorno la sveglia è alla buonora si parte in direzione Zagora la porta del Sahara, saliamo in un mini bus con altri turisti e il viaggio ha inizio, ci impieghiamo nove ore ad arrivare con svariate tappe lungo il percorso. Il viaggio è una goduria passiamo tra piccoli villaggi dove la vita scorre semplice e tranquilla come un tempo, scavalchiamo le montagne visitiamo una vecchia città diventata set di alcuni film; sta scendendo il sole , arri-

viamo giusto in tempo per goderci il tramonto mentre cavalchiamo i cammelli in direzione del villaggio Berber che ci ospiterà per la notte. Il sole scende e noi ci prepariamo a passare la notte nel deserto ci viene assegnata la nostra tenda, offerto del thè Berber e un ottima tajine di carne, dopo la cena attorno ad un bel falò ci intrattengono suonando i tamburi e cantando; il fuoco si spegne ci stendiamo per un’oretta nel grande tappeto al centro del villaggio ad ammirare un cielo che non ave-

vo mai visto cosi stellato in vita mia, il freddo si fa sentire così ci ritiriamo nella nostra tenda. La mattina seguente si riparte per Marrakech dove trascorreremo un’ ultima notte, il quinto giorno partiamo con un autobus di linea per Essaouira città portuale e balneare sulla costa atlantica, ribattezzata Mogador dai Portoghesi, a metà anni sessanta divenne luogo di incontro per comunità hippy molti musicisti famosi passarono per Essaouira. Ci addentriamo nella bellissima e tranquilla medina , patrimonio dell’ Unesco, in cerca del nostro riad; una volta sistemati ripartiamo alla scoperta di Essaouira, passeggiamo tra i Souk e le mura della città arrivando alla piazza principale dove si alternano vari artisti di strada ed il venerdì

si può assistere alla preghiera pubblica. Arriviamo al porticciolo incontriamo i chioschetti dove si può mangiare del buon pescato del giorno passiamo tra i venditori di pesce fresco, lo attraversiamo arrivando all’inizio della grande spiaggia. I prossimi due giorni scorreranno tranquilli tra passeggiate in spiaggia e alla scoperta dell’artigianato locale. Arriva il sabato mattina giorno della partenza con il solito autobus di linea ritorniamo a Marrakech, aeroporto, check-in, controlli vari e si parte. Anche questo viaggio è finito, il Marocco ci ha lasciato una gran voglia di tornare per scoprire le sue montagne innevate, le sue onde da surfare e le tante bellissime città, see you soon Morocco.


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Dalla Fulgor all’Azzurra

calcio

di Terenzio Altini – Ruggero Dal Pezzo

Don Alfondo Zecchin è stato un sacerdote davvero speciale, impegnato in mille attività a sostegno dei giovani. Con lui anche lo sport ebbe grande impulso. Aveva iniziato ad aggregare i giovani a San Bonifacio nel segno della passione per il calcio, poi a Malo fonda la Fulgor e al Maglio di Sopra la mitica Azzurra. Questi sono i tre centri che, come raggi di una ruota, hanno portato luce, simpatia e riconoscenza in chi ha conosciuto Don Alfonso Zecchin (1920-2000).

C

ome non riconoscere in don Alfonso Zecchin la faccia burbera di sorridente severità che da bordo campo invita la squadretta di calcio dell’oratorio. “Adesso basta, tutti al lavandino e tra dieci minuti vi aspetto, nella chiesa qui vicino, dopo il gioco un momento di preghiera”. Non mancavano le mandorle e i fichi secchi. La scena si può raccontare anche in un altro modo. Era la tonaca stessa del cappellano che doveva scrollarsi di dosso la polvere perché il più delle volte condivideva le corse, i passaggi, gli scherzi e non era facile, nel concedere disponibilità, mantenere quella giusta autorevolezza che è garanzia di reciproco rispetto. Nessuno si sognerebbe di ridurre la sua opera di futuro apostolato, di insegnante, di “inventore” dei campeggi a quella immagine fondativa di compagno di giochi e di raccoglimento con cui è stato visto dai giovani che per primi hanno avuto la fortuna di incontralo.

Del resto il decreto di nomina (30.7.1945) era stato chiaro, il vescovo lo esortava a dedicarsi “soprattutto riguardo alla cura dei bambini e dei giovani”. C’è ancora a Malo in via Mano il campetto sterrato del vecchio oratorio ammorbidito qua e là da ciuffetti di erba, dove giocavano a pallone i giovanissimi futuri campioni della Fulgor, ma gli ha portato via un po’ di spazio la gradinata che fa corona al Nuovo Centro Parrocchiale, inaugurato domenica 2 novembre 2014. Il libro che l’anno scorso gli è stato dedicato e che è scritto dalle tre comunità che più di altre, avendolo conosciuto e una in particolare accompagnandolo alla verità di una dipartita sofferta nel corpo, ma sempre generosa nello spirito, il libro dicevamo ha come titolo “Un prete e i suoi giovani”. Con questi giovani il rapporto di Don Alfonso è sempre stato vivo nel corso degli anni perché l’apostolo educatore sapeva interpretare le contraddizioni

di ciascuna di quelle vite che trasformandosi per il trascorrere delle stagioni richiedevano sensibilità sempre più intelligenti. Il prete capiva che il suo magistero avrebbe funzionato se riusciva a interpretare nella loro evoluzione, e quindi a soddisfare, le richieste e i bisogni del divertimento nei ragazzi prima, dell’apprendimento nei giovani poi, sempre in una cornice naturale e quotidiana di preghiera e spiritualità. Il risultato? La sua tonaca non si è mai tenuta lontana dalla polvere dei campetti di calcio e non ha mai provato fastidio per i tipici rumori dei laboratori scolastici. Le figure del sacerdote, del compagno di giochi, dell’insegnante, creavano in lui una sintonia che ciascuno in cuor proprio apprezzava a seconda delle personali aspettative, un’armonia di progetti in cui tutti si sentivano rappresentati. Era contento e questa soddisfazione sapeva trasmettere quando vedeva nascere le amicizie perché sapeva che l’amici-

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30 LA FULGOR DI DON ALFONSO Foto da l’Unione Sportiva Malo compie 100 anni, Malo 2007.

In piedi da sin: Bortolotto, Meda, Mattiello, Silvano De Gregori, Ceretta, Gardellin, Severino Pierantoni, Bacchini. Accosciati: Gino De Zen detto “Jobela”, Ciscato e Dal Pozzolo.

zia risveglia e gratifica i bisogni primari: i legami profondi, gli interessi condivisi, la cultura dell’altruismo e tutti potevano godere dell’attenzione che quel prete intraprendente e iperattivo sapeva distribuire indistintamente senza preferenze e tanto meno senza pregiudizi, segno questo di talento fuori discussione. Che gli permetteva di sentire la psicologia di quei giovani che si trovavano a vivere in un periodo non certo facile, dopo vent’anni di regime e cinque di guerra, per giunta fra italiani, nella sua fase finale. Ancora oggi si parla di famiglie che vivono in condizioni di assoluta povertà; raffiguriamoci allora in quel fazzoletto di terra i piccoli giocatori, alcuni di loro futuri fuoriclasse che vivevano le domeniche e i pomeriggi divertendosi non potendo sospettare che oltre il correre, cantare, saltare ci fosse qualche altra difficoltà. Ma c’era lui che dietro quei volti conosceva le storie che aspettavano conforto e aiuto. Al momento in quel campetto non cercavano il frenetico prorompere degli applausi, le grida degli spettatori, tutt’al più il generoso incoraggiamento di chi passava per caso e sostava per poco a bordo campo. A loro bastavano i commenti: “giocherà

come Maroso, diventerà un altro Mazzola, farà pensare a Gabetto”. Come i Ragazzi delle via Pal in un tempo senza confini, si illudevano di impersonare in quel “terreno da vendere” i grandi giocatori di cui cercavano di collezionare e barattare le figurine allineate per terra tra le pozzanghere o conquistate agli avversari in furiosi battimuro e a testa e croce, album e raccolte che riporteranno alla mente il ricordo di tante imprese perché lo sport sa mantenere l’invidiabile privilegio di rimanere bambini sotto il grigiore del tempo che passa con quei nomi però rimasti intatti sul quadrante della passione calcistica. Spinte e sgambetti erano del tutto innocenti, non guastavano quel clima genuino e incontaminato, distante dal tifo degenere che rovina le partite ai giorni nostri. L’aggregazione: una parola d’ordine da difendere dall’uso corporativo che ne fa l’estremista. La squadra: a differenza di altri sport nei quali l’atleta misura se stesso con la misura del tempo e dello spazio, il calciatore gioca per la squadra. Se nelle prediche, nelle lezioni, Don Alfonso non si stancava mai di far capire l’importanza di intrecciare legami, non era forse seguire

il suo esempio quando sui campi di gioco si rinunciava all’azione personale per andare in rete – momento unico – una festa collettiva passaggio dopo passaggio e subito goal o condividere sudore e lacrime. Per chi aveva parenti emigrati nelle città degli Stati Uniti l’America arrivava con le valigie piene di camicie colorate, magliette con topolino, tavolette di cioccolato, giacconi pesanti chiusi da bottoni a oliva e cordoncino a cappio, forniti di cappuccio; per quei diavoletti che scheggiavano il pallone la loro passione viveva all’oratorio, l’America era in quel rettangolo di terra lì. Dopo il tirocinio, e che tirocinio, degli undici anni passati a Malo (1945-56) parte per la nuova parrocchia di Maglio di Sopra a Valdagno. Era in compagnia del “Galletto” che in segno di profonda riconoscenza Malo gli aveva regalato perché dimenticasse la gavetta della bicicletta. Dati anche i tempi nuovi lo aspettava comunque un ambiente che con le sue industrie richiedeva anche soluzioni nuove. L’ambito specifico di questo nostro scritto ci fa rimandare alle testimonianze raccolte nel volume citato sopra che danno ampio esempio dell’impegno dimostrato nella nuo-

va realtà socio-economica, una per tutte la fondazione del C.F.P. A pagina 159 Gianni Battilotti ricorda che nei primi anni ’90 è stato eletto Presidente della A.S.D. Azzurra Maglio, Società espressamente voluta da Don Alfonso, la cui sensibilità pedagogica, se possibile ancora più vigile di un tempo, non trascura mai di dare importanza allo sport, convinto com’è che questo è indispensabile per aggregare i giovani e far intendere loro quanto sia utile per formare prima la persona, e poi lo sportivo e quanti nella loro carriera arrivata per alcuni ai massimi livelli del professionismo hanno messo a frutto i principi appresi esprimendoli nel loro lavoro di politici, insegnanti, imprenditori, operai specializzati e che a loro volta hanno saputo trasmettere ai loro colleghi, collaboratori, allievi. L’Azzurra è nata prima come “squadretta parrocchiale”, si è iscritta poi nel 1964 alla F.I.G.C. A reperire le risorse finanziarie davano una mano i vari esercizi commerciali della frazione, ma fu determinante l’intervento di Don Alfonso quando venne a sapere, chissà come, che mancavano i fondi necessari per iscriversi ai vari campionati. “Quanto vi occorre?” arri-


31 Azzurra Maglio primo campionato Italiano terza categoria anno 1966-67 vinto il campionato promossi in seconda categoria campionato 1967-68. AZZURRA MAGLIO SECONDA CATEGORIA ANNO 1967-68 Campo Filatura.

All. Lucato, Mass. Perin, Bicego, Dani, Mascella, Angelo Pelizzaro, Cap. Rausse, Caile, Pelizzaro, Maule, Dir. Castagna, Onisto, Guiotto, Biasi, Nardon, Cavion.

AZZURRO MAGLIO C.S.I. 1962-63

All. Fioraso, Fattori, Randon, Urbani, Xoccato, Cap. Faccin, Rossato, Dir. Fondatore Azzurra Maglio Ramon. In ginocchio: Masiero, Segato, Vallortigara, Vencato, Bortolaso, Perin.

vare subito al dunque confermava ancora una volta la sua carità pratica. Non batté ciglio quando sentì la cifra. Prese il blocchetto degli assegni e dopo averlo compilato: “Per favore non dirlo a nessuno e grazie per quanto fate”. La disobbedienza sarà perdonata perché è giusto che si venga a sapere che non cercava mai il palcoscenico del facile riconoscimento, tanto più che il suo attivismo lo portava ad essere sempre in trincea, all’attacco, per portare a casa, sempre e comunque, il goal della bandiera e della pace. Se avesse fatto anche il sindaco, sicuramente avrebbe emesso l’ordinanza “ora e sempre, porte aperte e via libera alla carità” augurandosi almeno un cronista imparziale al

termine di ogni partitella e deprecando il sarcasmo di chi trovasse il coraggio di inneggiare ai professionisti dell’accoglienza, tali vengono chiamati, ma meriterebbero di essere ricordati come interpreti di vera solidarietà. Nel finale della sua vita ha dovuto affrontare la prova del sacrificio, il dolore del corpo che non obbedisce più, ma prima che la battaglia fosse definitivamente perduta, ha potuto ripensare le soddisfazioni che la sua vocazione gli aveva permesso di meritare. E quindi ecco che si avverano i progetti: la sua Fulgor si fonde con l’U.S. Malo e della nuova compagine, rinascendo in essa vive trionfi e gloria; a Maglio di Sopra i giovani atleti si fanno onore nell’Azzurra

ANNI ‘70. L’allenatore Ruggero con la squadra dei pulcini al Maglio.

In piedi da sinistra: Giuseppe Arcaro, Mariano Berti, Valter Perin, Elio Beggio, Lora. Accosciati da sinistra: Urbani, Cocco, Graziano Onisto, Ruggero Cracco, Andrea Sambugaro, Ruggero Cailotto.


32 e crescono e a loro volta diventano promotori e maestri per i talenti dei tempi futuri, coadiuvati dai genitori che fanno così nascere una meravigliosa squadra-famiglia. “Con questi legami – racconta Carlo Zattra, dirigente del club – è come se si giocasse anche dalle tribune ed è questa passione condivisa a tutti i livelli che fa la differenza e che nel 2014 ha fatto nascere il settore giovanile dell’Azzurra Maglio che può contare su 125 iscritti che arrivano soprattutto da Maglio, Novale, S. Quirico, Campotamaso, Recoaro. Possiamo contare su due squadre di Primi Calci, tre di Pulcini, una di Esordienti, una di Giovanissimi e una di Allievi. Chi semina esempi ottiene gratificazioni; i Pulcini 2008 non perdono mai e anche i Giovanissimi deludono raramente. Ma non siamo solo attenti all’aspetto sportivo del calcio, che non è poco. Quest’anno abbiamo saputo che una bambina vicentina ha avuto delle complicazioni al momento della nascita e la stanno curando all’estero con parte del ricavato del piccolo chiosco che gestiamo durante i tornei. Il prossimo impegno che ci attende per Maggio è per ricordare uno dei soci fondatori dell’Azzurra Maglio, Faggion, che è stato affiancato dagli altri fondatori: Masiero, Rausse, Onisto e Pregrasso. Il torneo giovanile che riunisce le squadre che ha allenato (oltre all’Azzurra Maglio, il Real Valdagno, il Recoaro e il Ponte dei Nori) intende esprimere una doverosa riconoscenza a tre anni dalla sua scomparsa”. È il modo migliore per mantenere vivo il ricordo di Don Alfonso, la cui Azzurra nel campionato in corso gioca in II categoria.

AZZURRO MAGLIO C.S.I. 1962-63 All. Fioraso, Fattori, Randon, Urbani, Xoccato, Cap. Faccin, Rossato, Dir. Fondatore Azzurra Maglio Ramon. In ginocchio: Masiero, Segato, Vencato, Bortolaso, Perin, Vallortigara.

AZZURRO MAGLIO II CATEGORIA 2018 - 2019 In piedi da sinistra: Albiero, Sbalchiero, Zaupa, Balestro, Dani, Randon, Zattera, Traore, Guglielmi, Bairamai. Accosciati: L. Occhiali, A. Miletic, Povolo, Bicego, Cornale, N. Miletic, P. Occhiali, Berlato, Pretto.

Così appariva il campetto dell’oratorio di Malo la sera di mercoledì 5 Settembre 2018, quando è stato presentato il libro su Don Alfonso. Veniva ricreato l’ambiente favoloso del campeggio, con il bivacco, circondato dalle tende, la squadra di volontari alle prese con il rancio serale. Foto di Francesco Zarantonello.


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“Este, mi dispiace ma devo batterti” di Nicola Ciatti

Arzignano Valchiampo e la partita speciale di Munaretto

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l difensore scledense, da due partite schierato terzino destro da mister Di Donato, si prepara ad affrontare gli ex compagni di squadra in una partita importantissima per il futuro dei giallocelesti ARZIGNANO (VI) – Due giornate alla fine del campionato. Due giornate di passione per l’Arzignano Valchiampo, che al rush finale si presenta ancora primo in classifica con tre punti sulla seconda. Un piccolo vantaggio, ma certamente non un divario che possa far dormire sonni tranquilli. Per questo mister Di Donato ha predicato massima attenzione ai suoi in questi ultimi centoottanta minuti di campionato. Chi in questo periodo è tornato titolare, ed ha offerto come sempre un contributo di grande sostanza, applicazione e intraprendenza è Andrea Munaretto, il difensore scledense schierato terzino contro Bolzano e Delta. E proprio con lui facciamo il punto della situazione parlando della vittoria di Porto Tolle, del momento che sta vivendo la squadra, e del prossimo impegno, per lui speciale, contro la sua ex squadra, l’Este.

Andrea Munaretto, giovedì l’Arzignano ha giocato sul campo del Delta Porto Tolle, vincendo per 3-0. Che partita è stata, che valutazioni ti senti di fare sulla prestazione della squadra? “Sapevamo sarebbe stata una partita difficile, contro una squadra costruita ad inizio anno con obbiettivi diversi e giocatori importanti, ma siamo stati bravi a metterla subito nel verso giusto”. Due vittorie di fila a due giornate dalla fine. Come valuti il momento della squadra? “La squadra sta attraversando un ottimo momento, stiamo bene sia fisicamente che mentalmente, ma dobbiamo rimanere sul pezzo perché non abbiamo ancora fatto nulla”. Nel prossimo turno sarete impegnati al Dal Molin contro l’Este. Tu che li conosci bene, che partita dobbiamo aspettarci e quale dovrà essere lo spirito da vedere in campo?

“Sarà sicuramente una partita complicata, come visto all’andata sono una squadra bene organizzata che ha sempre disputato buonissime stagioni”! Tu sei un ex della partita. La sentirai in modo speciale? “Certamente per me sarà una partita “diversa” rispetto ad altre! Ho buoni rapporti con molti di loro ma ciò non mi distrae dal nostro obbiettivo finale che è la vittoria”. A livello personale come giudichi la tua annata? “Sono abbastanza soddisfatto delle mie prestazioni, ma lavoro ogni giorno per cercare di migliorarmi”. Che messaggio lanciamo all’ambiente Arzignano per starvi vicino in questo rush finale? “Domenica prossima spero di vedere molta gente allo stadio, stiamo cercando di coronare un sogno e abbiamo bisogno di tutti voi”.

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schio

3° Trofeo DH Northgroup 14 aprile 2019

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l pessimo meteo ha messo a dura prova gli atleti che Domenica 14 Aprile si sono presentati al semaforo verde di quota 512 m/slm in Località Raga Alta, frazione di Schio (VI). Il Downhill, spettacolare disciplina gravity, per il quarto anno ha fatto tappa a Schio per l’unica data del calendario veneto assegnando le maglie regionali di categoria. Il percorso, lungo circa 2 km, rinnovato e preparato scrupolosamente dai ragazzi del Team CHUNK - ECOR, ha raccolto consensi positivi da tutti i partecipanti e nonostante il maltempo alla fine è stata festa per tutti. Vittoria annunciata per Alan Beggin (5.1 Bike Team) che ha fermato il cronometro a 2,38.516 nella categoria “Open maschile” e Lisa Gava (3Stars) tra le donne con il tempo di 3,32.432. Soddisfatti per la riuscita della manifestazione, i ragazzi del Team CHUNK si preparano per la prossima edizione e già sono in atto nuovi progetti sia per il tracciato che per tanti altri eventi. PER INFO: CIRCOLO: Via San Leonzio, 14 - Schio Tel. 0445 225505 facebook: https://m.facebook.com/ elisaedario instagram: circolo_upset2017 CHUNK: facebook: https://m.facebook.com/ ChunkAsd instagram: chunkteam


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