Punto Effe n. 11/2019

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ISSN 2612-3983 Anno XX | N° 11 15 luglio 2019 | www.puntoeffe.it

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ISSN 2612-3983 Anno XX | N° 11 15 luglio 2019 | www.puntoeffe.it

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SOMMARIO

Editoriale | Dova va l’industria?

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Interventi | Un caso emblematico

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Ateneo | Sostanze non inerti

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Un farmacista a scuola | Davanti alla commissione

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P ARLIAMONe ASSEMBLEA FARMINDUSTRIA | Prove di dialogo

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primo piano

ECHI DAL WEB | Osservatorio Assogenerici 16

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INCONTRI | Luca Pani

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PROFESSIONE | Farmacisti per un giorno

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MEDICINA | Non sintomo ma patologia

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VETERINARIA | Attenzione al cibo 28 ATTUALITÀ | A macchia di leopardo 30

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COSMESI | Il retail digitalizzato? 32

R UBRICHE Legale | Rari nantes Fiscale | In tema di fattura elettronica Il libro | Un gioco di chiaroscuro Consigli

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Direzione, Redazione, Marketing Via Spadolini, 7 - 20141 Milano Tel.: 02.88184.1 - Fax: 02.88184.302 www.puntoeffe.it Reg. Trib. di Milano n. 40 - 14/1/2000 ROC n. 23531 (Registro operatori comunicazione)

Editore EDRA S.p.A. Direttore responsabile Giorgio Albonetti

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Collaboratori Alessio Arbuatti, Luisella Acquati, Sergio Cattani, Stefania Cifani, Stefano De Carli, Luigi Marafante, B.R. Nicoloso, Luca Pani, Davide Petrosillo Responsabile pubblicità Stefano Busconi dircom@lswr.it - Tel. 02.88184.404 Traffico Donatella Tardini (Responsabile) d.tardini@lswr.it - Tel. 02.88184.292 Ilaria Tandoi - i.tandoi@lswr.it Tel. 02.88184.294

Direttore editoriale Ludovico Baldessin

Abbonamenti Tel. 02.88184.317 - Fax: 02.56561.173 abbonamentiedra@lswr.it

Coordinamento redazionale Giuseppe Tandoi - g.tandoi@lswr.it

Grafica e Immagine Emanuela Contieri - e.contieri@lswr.it

luglio 2019 |

The Blind Spot | L’empatia nel futuro digitale

Produzione Walter Castiglione w.castiglione@lswr.it - Tel. 02.88184.222 Immagini Shutterstock, Thinkstock.

I diritti di riproduzione delle immagini sono stati assolti in via preventiva. In caso di illustrazioni i cui autori non siano reperibili, l’Editore onorerà l’impegno a posteriori.

Stampa Grafica Veneta S.p.A., Via Malcanton 2, 35010 Trebaseleghe (PD)

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menti informatici e saranno utilizzati per l’invio di questa e di altre pubblicazioni e di materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dall’art. 11 D.lgs 196/03. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Edra S.p.A. intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio delle copie della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Edra S.p.A., Via G. Spadolini 7 - 20141 Milano, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.lgs 196/03.

Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione

Prezzo di una copia euro 0,70. A norma dell’art. 74 lett. C del DPR 26/10/72 n° 633 e del DPR 28/12/72. Il pagamento dell’IVA è compreso nel prezzo di vendita. Ai sensi dell’art. 13 del D.lgs. 196/03, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente, sia con stru-

Per il periodo 1/1/2018 - 31/12/2018 Periodicità: Quindicinale Tiratura media: 8.720 Diffusione media: 8.482 Società di Revisione: RE.FI.MI. S.r.l.


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editoriale

D

di Giuseppe Tandoi

ove va

l’industria?

Su questo numero di Punto Effe dedichiamo ampio spazio all’assemblea pubblica di Farmindustria e all’Osservatorio Nomisma sugli equivalenti promosso da Assogenerici. Massimo Scaccabarozzi ha riepilogato le molteplici sfide che attendono tutta la filiera del farmaco, a partire dall’avvento di terapie sempre più “ritagliate” sul singolo paziente e che, almeno nelle intenzioni, la sanità pubblica dovrebbe rendere accessibili a tutti i soggetti che ne abbiano bisogno. E ha tracciato il cammino della nuova governance, nella quale il ruolo della farmaceutica italiana - prima in Europa per produzione - sia davvero valorizzato. Esiste la possibilità del contrario? Forse no, ma qualche diversità di vedute con il ministro della Salute Grillo e con il dg Aifa Li Bassi è emersa. Sulla innovazione come risorsa a prescindere (Farmindustria) ma non come dogma (governo e Aifa). E sulla necessità o meno di rivedere il Prontuario: per Grillo e Li Bassi se ne otterrebbero ingenti risparmi di spesa, ipotesi ritenuta invece «utopistica» da Scaccabarozzi. Le “prove di dialogo” di cui parliamo in apertura di questo numero sono tuttavia segnali importanti. Dirigersi insieme verso l’obiettivo comune, la sostenibilità generale del sistema, ma senza che un comparto industriale di prim’ordine venga penalizzato. In questo senso la chiusura del contenzioso sul payback tra Regioni e industria è un bel passo avanti.

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Sembra condivisa, anche dal vice ministro del Mef Garavaglia, la necessità di avviare una nuova gestione delle risorse. La tesi del sottofinanziamento del Fondo sanitario nazionale pare mettere tutti d’accordo ma l’evidenza dei fatti è che di anno in anno, legge di Bilancio dopo legge di Bilancio, i ministri della Salute devono lottare strenuamente per difendere qualche miliardo in più di budget sanitario, che pure resta sotto la media dei Paesi europei più avanzati. Qualche preoccupazione in più desta il comparto degli equivalenti. Enrique Häusermann non si è nascosto dietro a un dito: «Dal 2010, la continua pressione verso il basso dei prezzi dei farmaci generici ha costantemente eroso la marginalità lorda delle imprese del comparto. Il pericolo è che si sia toccato un “livello critico” dei prezzi, al di sotto del quale la sostenibilità economica di molte imprese potrebbe risultare a rischio». Nel contempo crolla la partecipazione delle aziende alle gare ospedaliere e, se si guarda al periodo 2010-2016, i costi di produzione crescono più dei ricavi, pur in cospicuo aumento. Anche qui urge un confronto tra industria e interlocutori istituzionali. La pressione sui prezzi rischia di distruggere le imprese della salute: le farmaceutiche, che danno lavoro a migliaia di persone, e le farmacie stesse, che alla diffusione dei generici hanno dato, negli anni, un notevole contributo.

Farmindustria e Assogenerici fanno il punto della situazione, tra fiducia nel futuro e qualche preoccupazione



interventi

U

di Davide Petrosillo, presidente Fenagifar

n caso

emblematico Tutte le cose sono difficili prima di diventare facili. E anche cambiare il software gestionale diventa un problema

Il software gestionale, in modo particolare negli ultimi anni, sta diventando il “cervello artificiale” della farmacia e oggi ne scrivo perché mi ha dato occasione di una interessante riflessione su una regola di vita. Oltre a essere un importante strumento di supporto nel lavoro quotidiano al banco, se opportunamente configurato, consente anche di ricavare utilissimi dati sull’andamento della farmacia, senza dover usufruire di consulenti esterni. Per non parlare dei fastidiosi e sempre più numerosi adempimenti (fattura elettronica, invio dati 730, Haccp, privacy e così via) che il software gestisce in modo più o meno automatico. In Farma Academy siamo da sempre consapevoli dell’importanza di questo strumento, al punto che nei percorsi formativi abbiamo da tempo inserito dei corsi sul corretto utilizzo dei gestionali dedicati ai neolaureati, ritenendoli fondamentali per l’avvio dell’impegno lavorativo in farmacia. Nella mia farmacia, dopo anni di utilizzo dello stesso gestionale, per una serie di motivazioni ho deciso di cambiare totalmente e devo dire che, dopo avere visto alcune demo del nuovo software, il cam-

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biamento ha generato in me anche una sorta di attesa positiva per l’importante novità. Nei giorni precedenti l’intervento di sostituzione, ho riferito della mia decisione a colleghi che mi hanno stupito per i loro commenti. Nonostante un buon 80 per cento si sia dichiarato insoddisfatto dell’attuale software, essi ritengono il cambiamento una follia o l’inizio di un periodo insostenibile in farmacia e così via. Il commento più positivo che ho sentito è stato un disinteressato «fammi sapere come va e poi ci penso». Piuttosto di cambiare si continua sulla vecchia strada. Probabilmente questo esempio si può considerare come paradigma gene-

rale della paura del cambiamento. C’è la consapevolezza che le cose non vadano bene o, comunque, potrebbero andare meglio, ma, piuttosto che affrontare il cambiamento e le sue conseguenze, si continua come prima. Forse è proprio questo che mi piace trarre come insegnamento da questa esperienza: non bisogna avere paura di cambiare; un’interpretazione positiva che si può estendere anche in senso più ampio alla nostra professione e alle sfide del futuro. Per la precisione, nel mio caso, il cambiamento del software è stato talmente indolore che, già dopo una settimana, posso dire che non tornerei mai indietro.


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S

Sappiamo cosa significa placebo? Sappiamo che noi, in quanto professionisti sanitari che consegnano/consigliano una terapia, possiamo contribuire all’azione dell’effetto placebo? Il placebo può essere definito come una sostanza inerte o un trattamento medico privo di qualunque proprietà terapeutica, ma, come affermava anche Garattini, esso «può non essere solo una compressa o un’iniezione, come vorrebbe la nostra società “farmacocentrica”. Può essere l’attenzione del medico, un ambiente favorevole, l’aiuto di un amico». L’effetto placebo insorge, infatti, a seguito di molte variabili, quali specifiche proprietà fisiche della forma farmaceutica, credenze personali, condizionamento, speranze e aspettative nei confronti della terapia, ricordo dei trattamenti passati, relazione medico-paziente, presenza di personale sanitario o di determinate attrezzature mediche. Lo stesso Galeno dichiarava, più di duemila anni fa, che «il medico guarisce meglio i pazienti quando questi hanno più fiducia nelle sue cure». Il farmacista fa quindi parte di quel contesto biopsicosociale che può influenzare positivamente, e a volte negativamente, l’efficacia della terapia. Se il professionista

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di Paola Brusa, dipartimento di Scienza e tecnologia del farmaco, Università degli studi di Torino

ostanze

non inerti I benefici effetti dell’effetto placebo sono noti da tempo e coinvolgono anche la relazione tra paziente e professionista della sanità. Farmacista compreso

sanitario, infatti, è in grado di incrementare le aspettative del paziente verso la guarigione, la fiducia nei confronti della terapia, la partecipazione attiva del soggetto nel processo di cura, tutto ciò non può che giovare alla salute del paziente stesso. E anche se queste affermazioni sembrano ovvie e addirittura semplicistiche, è importante sottolineare che l’effetto placebo non è solo suggestione, è un fenomeno reale, scarsamente prevedibile, presente in molte metodologie di cura, spesso difficilmente misurabile in quanto ancora non si conoscono tutti i meccanismi coinvolti. Alcuni studi dimostrano, per esempio, come la somministrazione di una terapia endovenosa da parte di un medico in maniera open, vale a dire in modo pienamente visibile dal paziente e associata a un’interazione verbale contestuale, si riveli essere più efficace rispetto alla stessa terapia somministrata in maniera hidden, quando per esempio il farmaco viene infuso da una pompa controllata da un computer in assenza del medico e del contesto terapeutico. A mio avviso, la consapevolezza di cosa si intende per placebo e degli effetti a esso associati sono un bagaglio importante per il farmacista, ovunque operi. Il farmacista si trova quotidianamente nella situazione non tanto di fornire placebo in quanto sostanze farmacologicamente inerti, ma di contribuire all’attuazione dell’effetto placebo in quanto aumento della risposta tera-

peutica di sostanze farmacologicamente attive. Alla luce di tutto ciò, il farmacista deve essere in grado di prendere in carico il paziente nella sua interezza e non riducendolo al disturbo di cui è portatore. Inoltre, come indicato dal Codice deontologico, deve - nell’attività di dispensazione, consiglio e consulenza professionale - garantire un’informazione sanitaria chiara, corretta e completa. E porre in essere ogni utile iniziativa professionale volta ad assicurare l’aderenza alle terapie farmacologiche, contribuendo a garantire un maggiore livello di efficacia delle medesime, a tutela della salute del paziente e di un corretto governo della spesa del Servizio sanitario nazionale. PER APPROFONDIRE: Dobrilla G., Cinquemila anni di effetto placebo, Edra, 2017 Finniss DG et al., “Biological, clinical, and ethical advances of placebo effects”, Lancet. 2010 Feb 20;375(9715):686-95. doi: 10.1016/S0140-6736(09)61706-2 Beauregard M., “Effect of mind on brain activity: evidence from neuroimaging studies of psychotherapy and placebo effect”, Nord J Psychiatry. 2009;63(1):5-16. doi: 10.1080/08039480802421182 Amanzio M et al., “Response variability to analgesics: a role for non-specific activation of endogenous opioids”, Pain. 2001 Feb 15;90(3):205-15 Colloca L et al. “Overt versus covert treatment for pain, anxiety, and Parkinson’s disease”. Lancet Neurol. 2004 Nov;3(11):679-84


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un farmacista a scuola

D

di Sergio Cattani, farmacista ed educatore

avanti alla

commissione All’esame di maturità con una tesina tratta dalla partecipazione al laboratorio didattico “Farmaco-logico!”

La scuola è finita per molmo realizzato una tesina multimediale con ti, ma non per tutti. Ci soil farmaco al centro. La chiave di lettura è no ancora gli esami in stata un parallelismo tra i farmaci e la quocorso, in particolare quelli tidianità lavorativa in farmacia, organizzadi maturità che - forse anto in capitoli, ognuno di essi corredato da che perché il periodo non immagini, filmati e percorsi interattivi offre grandi spunti di croAlla base del farmaco: la parola greca naca - occupano ampie pharmakòn sta a significare sia il rimedio pagine dei quotidiani. medicinale sia il veleno. Sono la dose e l’uQuest’anno mi sono trotilizzo che determinano efficacia e pericovato pienamente coinvollosità. Così la farmacia è tradizionalmente to in q uesta routine organizzata in modo da tenere separati i annuale, dal momento in cui una delle rapropri prodotti in base ai loro effetti collategazze che hanno partecipato a “Farmacorali: farmaci, veleni e stupefacenti stanno logico!”, il nostro laboratorio didattico obbligatoriamente in cassetti separati. dedicato ai farmaci, ha voluto portarlo Farmaci e alimentazione: nel De Aliall’esame come integramento di Ippocrate si troil rapporto va scritto che «nel cibo si zione alla sua esperienza di alternanza scuola-lavotrovano eccellenti medicitra ro, che è avvenuta all’inne, così come cattive mei farmaci terno di una farmacia. dicine; il buono e il e il lavoro cattivo sono relativi». Così I suoi due mesi part time quotidiano il farmacista moderno si è di attività all’interno della farmacia infatti non si soin farmacia costruito solide nozioni in no rivelati esaltanti dal campo alimentare, in punto di vista degli spunti di riflessione e quanto è consapevole di come molte patoragionamento sul mondo del farmaco e logie siano dovute o intimamente connesdella cura di sé. Al contrario, avendo passe con quello che mangiamo: integratori sato tutto il tempo a svuotare scatoloni di alimentari selezionati e consigli dietetici grossisti per impilarle sui tavoloni, ha accusono fondamentali per aiutare le persone a mulato un’idea piuttosto negativa del lavoorientarsi in questo campo. ro del farmacista e della farmacia. Per Farmaci e pubblicità: in Europa recenteriequilibrare questa sua visione e non butmente sono stati confermati i divieti nella tare il bambino con l’acqua sporca, abbiapubblicità diretta al consumatore dei farma-

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ci di fascia A, considerati troppo importanti per poter essere soggetti alle leggi di mercato più aggressive. Così in farmacia trovano spazio tutti i farmaci, a prescindere dalla loro forza in termini di marketing. Il farmacista non è pagato dalle aziende farmaceutiche per consigliare un farmaco anziché l’altro, agendo in scienza e coscienza dalla stessa parte del bancone delle persone che gli chiedono consigli per la loro salute. Effetti collaterali (anche gravi): a volte ci sono farmaci che mostrano i loro effetti collaterali più pericolosi e nascosti dopo che sono entrati in commercio. È la fase 4, quella durante la quale vengono condotti studi di lungo-lunghissimo periodo. Così in farmacia lavorano professionisti preparati per sapere riconoscere, supportare e comunicare questi effetti collaterali direttamente alle istituzioni responsabili. Quest’attività di farmacovigilanza deve essere condotta quotidianamente dal farmacista, aiutando le persone a riconoscere gli effetti collaterali previsti o meno, lavorando assieme perché in futuro sempre meno persone rimangano vittima di essi. I capitoli avrebbero potuto essere moltissimi, ma ci siamo fermati qua. In fondo, era solo una tesina per l’esame di maturità. Quella che mi rimane è la soddisfazione di aver suscitato in Chiara questo vasto interesse per un campo affascinante, che forse continuerà nel suo percorso universitario. Buona estate.



P parliamone

di Giuseppe Tandoi

rove

di dialogo

All’assemblea pubblica di Farmindustria il comparto si confronta con le istituzioni. Tra aperture su una nuova governance condivisa e qualche diversità di vedute su innovazione e Prontuario È stato il primo confronto pubblico tra il ministro della Salute Giulia Grillo e il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi e non è di certo passato invano. Un confronto - in occasione dell’assemblea pubblica dell’associazione, a Roma - cordiale ma schietto. Le diversità di vedute ci sono ma anche la consapevolezza comune che l’avvio di una nuova governance non possa che originare da una dialettica costruttiva tra le istituzioni e i vari attori della filiera del farmaco.

IN AVVIO La relazione di apertura di Scaccabarozzi fa una panoramica, sintetica ma efficace, su una sanità dai cambiamenti vertiginosi, accompagnata al manifesto orgoglio di essere alla guida di un settore che ha su-

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perato bene la crisi economica ed è in costante espansione (vedi box). «Vi sono talenti, competenze, strutture pubbliche e private che con l’industria radicata nel nostro Paese possono partecipare alla competizione internazionale per l’innovazione, che oggi vede protagonisti non solo grandi economie come quella americana e cinese, ma anche Paesi piccoli e agili come Israele e Singapore», sottolinea il presidente. Ecco una delle sfide più impellenti: essere capaci di trattenere i giovani ricercatori con offerte competitive. E allo stesso tempo di unire le forze in nome di un obiettivo comune: «Dipenderà solo da noi. Dalla nostra capacità di esprimere leadership, in primo luogo istituzionali, che aggregano e non disgregano. Dalla disponibilità di tutti a superare egoismi e op-

portunismi nella prospettiva, certamente regolata, di poter condividere fatiche e risultati». E poi la soddisfazione per l’accordo, raggiunto con le Regioni, che chiude il contenzioso sul payback fino al 2017 ma non la questione di una spesa farmaceutica pubblica sottofinanziata rispetto alla media dei Paesi più avanzati. L’innovazione come spesa «sostitutiva, non aggiuntiva», il futuro incentrato sulla value based healthcare, la richiesta di regole certe e di stabilità per poter programmare investimenti e strategie future. Si continui, dunque, a dialogare a tutto campo, anche «sull’equo accesso alle terapie su tutto il territorio nazionale, la tutela del brevetto e del valore del marchio, il riconoscimento del nostro valore industriale». Solo così si può «crescere insieme».


parliamone IL MINISTRO Giulia Grillo, da parte sua, parla subito di un «cambio di passo» necessario nella governance della sanità, pur nel massimo rispetto di un settore industriale strategico, a livello nazionale, come la farmaceutica. Le stelle polari del suo agire sono la Costituzione e la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale. Pieno accordo con

Scaccabarozzi? Non proprio: «Giusto garantire un equo profitto alle imprese ma dovere dell’Ssn è garantire solo le terapie davvero innovative, la sostenibilità del sistema è prioritaria». Quanto alle risorse previste dall’ultima legge di Bilancio, «i 3,5 miliardi in due anni non sono in discussione, sono il minimo sindacale, e neppure sono in discussione i due fondi extra per innovativi e non». Il ministro apre la porta a Farmindustria per discutere insieme di nuova governance e ricorda che la questione, attualissima, delle carenze è prioritaria, come dimostra l’apertura recente di un tavolo ad hoc : «Una leale collaborazione è proficua

per tutti. Non bisogna pensare di essere nemici ma, ognuno con il proprio ruolo, collaborare fattivamente. Come abbiamo dimostrato nella partita del payback». La voce del ministero dell’Economia e finanza fondamentale q uando si parla di finanziamenti in sanità - arriva attraverso il vice ministro Massimo Garavaglia, che auspica «una revisione dei tetti di spesa che

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parliamone Il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi

Il ministro della Salute Giulia Grillo

ponga fine definitivamente al cervellotico meccanismo del payback». Dopo aver lanciato una frecciata, per la verità sibillina, alle massime Agenzie: «Bisogna capire meglio, tra Aifa e Agenas, chi fa cosa». Più evidente la divergenza di vedute, almeno su alcuni temi, tra Scaccabarozzi e il direttore generale dell’Aifa Luca Li Bassi. Il quale parte dalla urgente revisione del Prontuario e dalla necessità di valorizzare sì l’innovazione ma di non considerarla un dogma: «Riconoscere al meglio l’innovazione, oggi come oggi, è difficile. Bisogna saperla identificare con certezza». Li Bassi cita - tra gli argomenti su cui riflettere - il fatto che un terzo dei trial clinici europei non venga pubblicato e una revisione pubblicata sul British medical journal, riguardante farmaci oncologici autorizzati nel periodo 2009 2013, da cui si evince che non sempre ci fossero prove di efficacia: «Abbiamo finanziato terapie che non hanno dato un chiaro vantaggio ai pazienti. Quello che stiamo mettendo in atto, con Aifa, per le terapie più avanzate, è un approccio basato sul payment by result».

Italia secondo alcuni costano meno, e per questo i prodotti spariscono dal mercato nazionale, non si spiegherebbe il perché in Svizzera, dove costano tanto e ci sono le sedi di molte multinazionali, ne mancano oltre 500. Può essere una delle ragioni ma non è certamente l’unica causa. Il nostro ministero della Salute ha aperto un tavolo proprio per fornire risposte ai dubbi e alle carenze registrate in Italia, ma se analoghi problemi sono registrati in Spagna, Portogallo, Francia, Olanda, Norvegia, Austria, Slovenia allora è forse il caso di intervenire anche a livello europeo. Ci sono dinamiche che dobbiamo comprendere prima di fornire soluzioni di lungo periodo e per tutto il mercato», spiega Li Bassi. Da un lato Scaccabarozzi reclama una governance della spesa farmaceutica che ponga fine alla «logica dei silos» per lasciare spazio a una riorganizzazione complessiva del sistema e delle risorse da gestire: «Pensare di ricavare cinque

RISPARMI POSSIBILI? Altro motivo dialettico è il prezzo dei farmaci rimborsati, che Scaccabarozzi conferma essere, in Italia, il più basso tra quelli dei Paesi europei più sviluppati. Assunto che, secondo Li Bassi, non è dimostrato; il fatto che dall’Italia molti farmaci migrino verso l’estero, causando carenze, non ha a che fare con i prezzi ma è un fenomeno europeo di cui ancora si devono sviscerare le cause. «Se dipendesse dal solo fatto che in

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miliardi di risparmi dalla revisione del Prontuario è pura utopia. I tagli sono manovre vecchio stampo, occorre cambiare ottica». Dall’altra il dg Aifa ritiene che tale revisione serva «ad allineare i prezzi laddove vi siano delle evidenti disparità». La stessa Grillo, poco prima, aveva ribadito che «da troppi anni si aspetta un vero aggiornamento del Prontuario. Ancora oggi abbiamo differenze di prezzo di farmaci non giustificate dal loro valore terapeutico. La sostenibilità passa anche da questi aspetti. Aifa sta lavorando a un documento che sarà sottoposto all’attenzione dei soggetti interessati alla riforma. Appropriatezza prescrittiva ed efficienza del sistema sono e saranno le regole auree che indicheranno la linea». In chiusura di dibattito, l’auspicio di Scaccabarozzi, condiviso da tutti: «Parliamo di nuova governance insieme, senza pensare che le nostre soluzioni siano sempre le migliori».

I numeri di Farmindustria 32 miliardi di euro produzione nel 2018, +3,2% rispetto all’anno precedente; valore dell’export: 26 miliardi. Nell’ultimo decennio è aumentato del 117%; 1,7 miliardi di euro investiti nella ricerca nel 2018, primo settore industriale per investimenti in innovazione per addetto. Gli investimenti in R&S cresciuti del 35% in cinque anni; crescita occupazionale, tra il 2014 e il 2018, dell’8,6%, con un +1% fatto registrare anche nei primi mesi del 2019; gli addetti complessivi del comparto sono 66.500 (il 90% diplomato o laureato), di cui 6.600 ricercatori (+3,1% rispetto al 2017). Il 42% degli addetti è rappresentato da donne ma la quota femminile supera il 50% quando si parla di ricercatori.


parliamone | luglio 2019 15


echi dal web

L Osservatorio Nomisma sui generici: il comparto è mediamente giovane e strutturato ma i ricavi non compensano i costi di produzione e crolla la partecipazione alle gare

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da Farmacista33

uci

e ombre Le aziende del farmaco generico, per lo più quello dei generici, «una presa di coscienza giovani e di medie dimensioni, non riescocollettiva da parte delle imprese; la disponino più a coprire i costi di produzione, aubilità delle stesse a mettersi in gioco, colmentati del 69 per cento negli ultimi dieci mando un evidente gap culturale e anni; e se l’incidenza in volume sulla farinformativo esistente; la capacità - anche da maceutica ospedaliera è cresciuta di 4 parte dell’associazione - di creare network e punti percentuali tra 2016 e 2018, decisafavorire l’allargamento della filiera». mente inferiore è l’aumento della quota in Emerge un quadro di imprese relativamenvalore (0,3 per cento). Al contempo, cresce te giovani (quasi la metà è nata nel ventenla percentuale di lotti non aggiudicati in un nio ‘80-‘99), di medie dimensioni (il 46 per contesto dove aumenta cento conta da 50 a il numero di gare bandi249 addetti) ma più nel periodo te ma non la media dei strutturate rispetto al lotti in gara. totale delle imprese 2010-2016 Questi alcuni dei dati farma (il 41 per cento crescono provenienti dall’Osseri ricavi del 67 sono Spa). Circa otto vatorio sul sistema dei miliardi di euro l’impatper cento, farmaci generici in Itato generato dalle aziensuperati lia realizzato da Nomide di generici sul sma su commissione di dall’Aumento mercato: 2,8 miliardi Assogenerici. Oggetto dei costi, che come effetto diretto dell’analisi i dati delle della produzione, 2,7 segnano un +69 come effetto indiretto, quarantanove imprese associate e quelli provelegato alla acquisizionienti dalle banche dati (Istat, Aida, ne di beni e servizi, e 2,6 come effetto indotOsmed, Ice, Ihs, Iqvia, Bureau-Van Dijk e to tra redditi e consumi delle famiglie). Oltre Nomisma). 8.000 i dipendenti diretti, con un impatto totale su 33.000 occupati. Il rovescio della medaglia si presenterebbe nell’analisi di ricavi IN SINTESI e costi di produzione: cresciuti i primi del «Una ristrutturazione epocale» sta investen67 per cento (contro i 25,7 per cento delle do il settore della farmaceutica, sostiene Luimprese totali nel settore farma), non riecio Poma responsabile scientifico Area scono a compensare i secondi, che tra Industria e Innovazione di Nomisma. Ne2010 e 2016 sono saliti del 69 per cento, cessarie, in un settore frammentato come


echi dal web contro il 25,7% delle imprese totali del comparto farma). La discrepanza di due punti percentuali sarebbe da imputarsi a una maggiore diffusione dell’equivalente, che comporterebbe l’aumento dei ricavi, e all’aumento nel costo delle materie prime, pari al 4,2 per cento tra 2015 e 2016. Da non trascurare anche la crescita nei costi del personale, «in relazione alla crescente qualità delle risorse umane impiegate, in particolare il personale dedicato alla verifica di qualità», come si legge nel comunicato Assogenerici. La diversità di andamento tra imprese genericiste e totale imprese farma è riassunto dall’andamento dell’Ebitda: dal 2010 al 2016 nelle imprese dei generici cala del 45 per cento, con una flessione di ben 25 punti soltanto nell’ultimo anno; nel totale delle imprese farma cresce del 6 per cento, a partire dal 2014.

IL PARERE DI ASSOGENERICI «Dal 2010, la continua pressione verso il basso dei prezzi dei farmaci generici ha costantemente eroso la marginalità lorda delle imprese del comparto», spiega il presidente di Assogenerici Enrique Häusermann. «Il pericolo è che si sia toccato un “livello critico” dei prezzi, al di sotto del quale la sostenibilità economica di molte imprese potrebbe risultare a rischio». Un rischio aggravato dall’attuale condizione dei meccanismi di gara, che presiedono le forniture di farmaceutiche ospedaliere.

Segni di sofferenza emergerebbero dal raffronto tra volumi e valori: cresciuti del 4 per cento i primi tra 2016 e 2018 (da 23,4 a 27,3 per cento), solo dello 0,3 per cento i secondi. Simile l’andamento dei branded off patent, cresciuti di tre punti in volumi (dal 36,4 al 39,2 per cento) e diminuiti di quattro punti in valori (dall’8,8 al 4,9 per cento). «Precipita» anche il tasso di partecipazione alle gare: il rapporto tra numero di offerte complessive e numero di lotti banditi scende dal 3,2 del 2011 all’1,25 del 2018. Flessione nella concorrenza che si evince anche dal rapporto tra numero medio di offerte per lotto aggiudicato e data di scadenza brevettuale dei medicinali in gara: a dieci anni dalla scadenza del brevetto il tasso di partecipazione risulterebbe quasi azzerato. L’ultima sezione dell’Osservatorio si occupa di sondare la tendenza al cambiamento e all’innovazione nelle imprese associate ad Assogenerici, tramite la survey a tema “Industria 4.0”. I dati mostrerebbero il profilo di un comparto «prioritariamente orientato verso la riduzione dei costi di produzione per far fronte alla dinamica competitiva dei prezzi, con una produzione tendenzialmente omogenea, mirata alla ricerca di economie di scala e di specializzazione produttiva, con uno scarso livello di flessibilità e pochi impianti modulari». Tale profilo sarebbe accompagnato da una

scarsa adesione al concetto di Smart Factory, tendenza testimoniata dal numero di imprese che considera l’Industria 4.0 un fattore di competitività: solo il 4 per cento. Nessuna delle imprese avrebbe inoltre utilizzato una delle undici principali azioni di intervento previste dal Piano nazionale impresa 4.0. Misura maggiormente utilizzata quella relativa a iper e super ammortamenti, seguita dal ricorso a Nuova Sabatini e Credito d’imposta per R&S e Patent Box. Maggiore interesse, invece, verso le tecnologie abilitanti individuate dal ministero dello Sviluppo economico, sebbene il 30 per cento delle imprese ritenga che saranno significative nei prossimi cinque anni.

ALCUNE PROPOSTE L’Osservatorio si chiude con alcuni suggerimenti: utilizzare o migliorare gli strumenti di policy (Patent Box, credito d’imposta R&s e leva fiscale); accrescere il livello di digitalizzazione della P.A. e sfruttare le potenzialità della deroga al Supplementary protection certificates. «Le tecnologie abilitanti», conclude lo studio Nomisma, «possono offrire margini di miglioramento, in termini di efficienza, velocità, qualità e differenziazione produttiva senza precedenti. Tuttavia, dal momento che costituiscono un’innovazione dirompente, prima devono essere culturalmente assimilate dalle imprese e dalla filiera produttiva nel suo complesso».

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incontri

L Corsi universitari e formazione post laurea più in linea con i nuovi modi dell’assistenza, partecipazione all’empowerment del paziente e maggiore interazione con le altre professioni sanitarie. Il farmacista che cambia secondo Luca Pani, coordinatore del comitato scientifico della Fondazione Cannavò

di Giuseppe Tandoi

a strada

da seguire La chiacchierata con Luca Pani potrebbe affrontare mille argomenti. Ex direttore generale dell’Aifa ed ex membro dell’Ema, docente di Psichiatria clinica a Miami e di Farmacologia e farmacologia clinica a Modena-Reggio Emilia, un’ampia e qualificata attività editoriale e pubblicistica passata e presente, Pani è un profondo conoscitore - e chi legge la sua rubrica su Punto Effe lo sa bene - dei progressi più rivoluzionari delle tecnologie applicate all’universo health care. Noi, però, abbiamo voluto incontrarlo per parlare di farmacia, prendendo spunto dalla sua recente nomina a coordinatore del Comitato scientifico della Fondazione Cannavò. Fondazione, è bene ricordarlo, che nasce, nel 2004, da un’idea di Giacomo Leopardi, storico presidente della Fofi, con i seguenti obiettivi: «valorizzazione e tutela della figura del farmacista; costante aggiornamento, tecnico, scientifico e culturale; promozione e attuazione di ogni iniziativa diretta alla formazione, al perfezionamento, alla qualificazione e all’orientamento professionale del farmacista».

Professore, esiste un nesso tra rivoluzione tecnologica applicata alla sanità e farmacia? Esiste eccome, l’evoluzione della professione di farmacista e della farmacia stessa come presidio sanitario presente capillarmente sul territorio non può prescin-

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dere dalla conoscenza di nozioni e strumenti che stanno modificando - o meglio, hanno già modificato - il concetto stesso di salute.

Non si può rimanere fuori dal vortice dell’innovazione… Assolutamente no. Diventa sempre più urgente rispondere ai profondi cambiamenti istituzionali, sociali, economici e tecnologici in atto. In un’epoca in cui lo sviluppo tecnologico procede a un ritmo velocissimo anche in ambito health care e le macchine assolvono sempre più compiti una volta a completo appannaggio dell’uomo, quella del farmacista rientra tra le professioni che, richiedendo intelligenza sociale oltre che competenze cognitive, non possono essere sostituite facilmente.

Andiamo per punti: che cosa deve fare oggi un farmacista? Più che di singoli farmacisti si deve parlare di categoria, senza distinzione tra titolari e collaboratori. Per prima cosa occorre comprendere in che direzione si muove l’innovazione e con essa evolversi, mettendo in atto politiche dell’educazione e della formazione professionale proattive, purché improntate ai valori che da sempre caratterizzano la professione.

Per dirigersi dove? Verso una destinazione ben chiara, quella della prevenzione, dell’educazione sanita-


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incontri

La prevenzione diretta agli individui sani a rischio si prefigura come elemento essenziale della medicina futura ria rivolta ai cittadini. La prevenzione, in particolare quella diretta verso gli individui sani a rischio, si prefigura come un elemento essenziale della medicina futura.

Possiamo entrare nel dettaglio? Negli anni a venire il tema delle “patologie non trasmissibili” sarà sempre più attuale. Parlo di quelle psichiatriche, con la depressione al primo posto, di quelle respiratorie croniche e, ovviamente, di quelle cardiovascolari. Infarti e ictus continueranno a essere la prima causa di morte, e non solo nelle società avanzate. Ad avere un ruolo fondamentale sarà quindi la prevenzione e le farmacie dovranno essere il presidio fondamentale e irrinunciabile per una simile strategia.

Alla base di tutto, però, occorre un nuovo modello di farmacia. Proprio così. L’attuale modello di remunerazione, basato sul prezzo del farmaco, è ormai vecchio, non valorizza l’atto professionale della dispensazione e tanto meno l’erogazione dei nuovi servizi, per esempio il monitoraggio dell’aderenza alla terapia dei malati cronici. Come sostiene da tempo il presidente della Fofi Andrea Mandelli, la nuova frontiera è quella dei servizi cognitivi, per i quali si richiede un’approfondita conoscenza del farmaco e di tutte le determinanti di salute associabili a un uso consapevole dei presidi terapeutici.

Qual è il cambiamento culturale che si richiede al farmacista? Il concetto di pharmaceutical care, di presa in carico del paziente, ormai diffuso anche

nel nostro Paese, implica l’acquisizione di competenze orientate al paziente piuttosto che alla malattia o al farmaco. Obiettivo finale, il miglioramento della salute del cittadino e un più razionale impiego delle risorse. In questo senso si parla sempre più di empowerment del paziente, cioè di una crescente consapevolezza delle persone riguardo tutto ciò che concerne la propria salute. A questo “potenziamento” il farmacista può contribuire in misura molto rilevante.

In che modo? Per prima cosa mostrandosi capace di seguire e supportare il paziente nell’intero processo di cura, sollecitandone il coinvolgimento in quella che definiamo alleanza terapeutica, attraverso la comunicazione e l’educazione alla salute.

Facciamo un esempio. Un nodo cruciale, oggi, per tutti i sistemi sanitari è quello dell’adesione (non aderen-

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incontri

l’alleanza terapeutica tra le professioni sanitarie è fondamentale per la sostenibilità del sistema

dovrà acquisire indispensabili aggiornamenti e informazioni dettagliate sui meccanismi di azione, sulle indicazioni, sulle possibili interazioni con le terapie in corso, sulle norme di acquisizione e di conservazione, sulla dispensazione secondo il piano terapeutico.

Poc’anzi lei parlava di alleanza terapeutica…

za) alle terapie. I periodici Rapporti dell’Osservatorio nazionale sull’uso dei medicinali dell’Aifa testimoniano come nei pazienti cronici le percentuali di adesione a volte non arrivino neanche al 50 per cento - è il caso delle statine - oppure superino a malapena il 60 per cento, come nelle terapie per il diabete. Per non parlare di patologie i cui pazienti rasentano la quota zero. Quella dell’adesione terapeutica è, insomma, una questione prioritaria, quando si parla di governance in sanità.

E il farmacista? Il farmacista, in questo scenario, diventa il “tutore” del rapporto tra il paziente e il farmaco. Da un lato per migliorare gli effetti della terapia farmacologica, dall’altro per svolgere un corretto monitoraggio di effetti indesiderati e reazioni avverse. I servizi a

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supporto dell’adesione terapeutica e del corretto uso dei farmaci sono molto difficili da attuare senza il patrimonio culturale messo a disposizione dai farmacisti. In questo la loro funzione non è sostituibile. Fermo restando che il farmacista non può intervenire sulle scelte del medico curante, ma su eventuali errori commessi dal paziente nella gestione del farmaco: la dimenticanza delle dosi, l’utilizzo eccessivo, l’impiego di medicinali da banco che magari possono interferire con la terapia prescritta. E la gestione dei farmaci innovativi sarebbe un’ulteriore svolta in questa direzione.

In che senso? Gli innovativi, prima o poi, non saranno più appannaggio unicamente del canale ospedaliero. E per poterli gestire il farmacista

È il presupposto di ogni ragionamento sulla sanità futura: soltanto attraverso il coinvolgimento di tutti i professionisti sanitari, nel rispetto delle singole competenze, è possibile garantire un ottimale controllo delle patologie, in particolare di quelle croniche, e generare i necessari risparmi per il nostro Ssn. La composizione del comitato scientifico della Fondazione Cannavò lo sta a dimostrare: vi sono rappresentanti dei farmacisti, dei medici, dei cittadini, delle società scientifiche. Il tempo delle divisioni, dell’approccio ai problemi secondo la logica dei compartimenti stagni, è finito.

Parliamo del nuovo corso della Fondazione, avviato con la nomina a presidente di Luigi D’Ambrosio Lettieri. In che modo il comitato scientifico ne supporta l’azione? L’attività del comitato consiste principalmente nella raccolta di elementi e analisi in ambito di aggiornamento tecnico, scientifico e culturale da sottoporre al presente Consiglio di amministrazione e, in seconda battuta, alla Fofi. Un contributo che confidiamo possa essere utile alla ridefinizione del ruolo professionale del farmacista per il prossimo decennio.


incontri

Lei ha parlato anche della opportunità di istituire un Osservatorio della professione. Proprio così. Questo Osservatorio dovrebbe muoversi in collaborazione con primari istituti di ricerca e con alcuni dei più qualificati atenei italiani, concentrandosi sulle competenze tecniche, scientifiche e culturali da sviluppare in rapporto alle istanze provenienti dai cittadini e, più in generale, dal Servizio sanitario nazionale.

Il corso di studi e la formazione post laurea sono passaggi essenziali. Certo. Per questo la sinergia con il mondo universitario è fondamentale. Spetta agli atenei evolvere verso un iter formativo che sia sempre indirizzato verso le singole professionalità. Quanto alla formazione, è importante che la Fondazione si faccia promotrice di alcuni percorsi formativi particolarmente qualificanti, che nascano dalla sinergia con le istituzioni, gli atenei, le principali società scientifiche nazionali. Senza dimenticare il rinnovo di percorsi già istituiti, come quello su “Il farmacista e il farmaco innovativo”, nato dalla collaborazione tra Aifa e Fofi.

Non abbiamo affrontato il tema della progressiva digitalizzazione in sanità. Fondamentale che anch’essa faccia parte del bagaglio professionale del farmacista. A partire dall’utilizzo di database elettronici che consentono di disporre immediatamente delle informazioni sulle interazioni farmacologiche e sulle controindicazioni; e dall’acquisizione di abilità tecniche e cognizioni normative necessarie alla corretta gestione del Fascicolo sanitario economico e del Dossier farmaceutico.

Abbiamo parlato di corsi universitari, di formazione Ecm ma non, in senso stretto, di lavoro. Innanzitutto va ricordato che da qualche anno la piattaforma on line Farma Lavoro promossa dalla Fofi e dalla Fondazione Canavò - già rappresenta uno strumento di

orientamento per i laureati in Farmacia e Ctf. Quello che la Fondazione deve fare, come suggerito dal presidente D’Ambrosio Lettieri, è monitorare gli scenari e i nuovi sbocchi occupazionali. Ricerche e analisi - lo ribadisco, condotte in collaborazione con il mondo accademico e le associazioni di categoria - dovranno riguardare l’evoluzione quali-quantitativa della domanda e dell’offerta di lavoro; le iniziative universitarie post lauream, i master e i corsi formativi più qualificanti; le specifiche necessità territoriali; la differente tipologia dei datori di lavoro (titolari, università, aziende sanitarie, industria); il valore delle prime esperienze professionali, in stretta sinergia con Fenagifar.

Come concludiamo professore? Dicendo che la via del rinnovamento professionale è obbligata ma, allo stesso tempo, ricca di stimoli. Il vertiginoso progresso scientifico e tecnologico, oggi ben più che in passato, rappresenta una sfida che può riqualificare una professione, quella del farmacista, e un ruolo, quello della farmacia come presidio sanitario territoriale di prima istanza. Non più, come in passato, semplice, benché importante, canale di distribuzione del farmaco ma asset fondamentale del Servizio sanitario nazionale, alla cui sostenibilità - messa in discussione dai molteplici fattori connessi al declino progressivo del welfare state nei Paesi occidentali - può dare un contributo sostanziale.

Il comitato scientifico della Fondazione Cannavò Luca Pani (Coordinatore)

Paola Minghetti (presidente Sifap)

Pierluigi Bartoletti (Fnomceo)

Alessandro Mugelli (presidente Società italiana di farmacologia)

Americo Cicchetti (direttore Altems) Cosimo Cicia (Fnopi) Marco Cossolo (presidente Federfarma)

Marcello Pittaluga (presidente Ordine dei farmacisti di Alessandria)

Simona Creazzola (presidente Sifo)

Sigismondo Rizzo (presidente Ordine dei farmacisti di Enna)

Antonio Gaudioso (segretario generale Cittadinanzattiva)

Maria Angela Vandelli (Università degli studi di Modena e Reggio Emilia)

Eugenio Leopardi (presidente Utifar)

Giovanni Zorgno (presidente Ordine

Corrado Giua Marassi (presidente Sifac)

dei farmacisti di Savona)

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professione

F

di Giuseppe Tandoi

armacisti per

un giorno

A proposito delle aree interne e del ruolo nevralgico che in esse rivestono le farmacie - un tema di cui su Punto Effe abbiamo parlato più volte - ci ha fatto molto piacere ricevere in redazione la telefonata e poi la mail di Anna Pisano, titolare della omonima farmacia di San Marco Argentano, un borgo di settemila abitanti nell’entroterra cosentino. Con estrema gentilezza e cortesia la dottoressa Pisano ci ha comunicato - dopo averci fatto i complimenti per i contenuti della rivista (scusate l’immodestia) - che la sua farmacia aveva organizzato, ai primi di giu-

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Vicino a Cosenza una farmacia apre le porte a persone disabili, per una giornata dietro il banco

gno, una iniziativa di solidarietà promossa in collaborazione con l’associazione Fadia (Famiglie disabili associate). “Farmacisti per un giorno” sono stati i giovani, e meno giovani, disabili che hanno passato una giornata in farmacia, affiancando i professionisti che usualmente prestano servizio dietro il banco. Chi voglia approfondire può andare sulla pagina Facebook della farmacia Toscano e guardarsi il video postato dalla titolare. Sono immagini bellissime, commoventi, che testimoniano come le parole della portavoce dell’associazione siano sacrosante. Queste persone meno

fortunate hanno bisogno di vivere le emozioni della quotidianità, le attività, anche professionali, che sembrano loro precluse: «Le loro facce parlano, sono felici e soddisfatti, ci auguriamo che possano ripetere questa bella esperienza». Per quello che abbiamo potuto vedere on line la farmacia Toscano è molto attiva sul versante dei servizi: Moc, spirometria, reflusso venoso, consulenza nutrizionale… Va tutto benissimo, è così che ci si accredita sul territorio come presidio sanitario di prima istanza. Ma questo connubio con Fadia ci sembra il più inedito, o il meno esplorato a livello nazionale. La capacità di interagire con realtà di volontariato e di associazionismo potrebbe davvero rappresentare una nuova frontiera della vocazione sociale della farmacia, in particolare nei piccoli centri. Quello di San Marco Argentano è, insomma, un esempio da seguire. La professionalità di chi opera in farmacia è un requisito indispensabile. Così come l’umanità.



medicina

N

a cura della redazione

on sintomo

ma patologia Dolore da cefalea, come gestirlo. Il parere dello specialista e i risultati di una indagine Doxa

Il comune mal di testa è responsabile di oltre l’80 per cento dei casi di cefalea e costituisce una malattia socialmente rilevante. Secondo le Linee guida della Società italiana per lo studio delle cefalee (Sisc) circa l’86 per cento della popolazione generale soffre di cefalea di tipo tensivo, con una prevalenza maggiore nel sesso femminile (92,5 per cento). La localizzazione del dolore è tipicamente bilaterale, caratterizzataa da sintomatologia di tipo costrittivo, con intensità da lieve a moderata. La frequenza delle crisi rappresenta il parametro più importante per la valutazione dell’impatto delle cefalee sulla vita sociale e lavorativa dei pazienti.

UN CAMBIO DI PARADIGMA A prescindere dalla causa, in generale il dolore non è più inteso solo come sintomo ma come una vera e propria patologia a sé stante: l’Organizzazione mondiale della sanità lo ha infatti incluso per la prima volta nella nuova edizione dell’International classification of disease (Icd-11), presentata nel 2019. «La cefalea è uno dei disturbi più diffusi, addirittura una malattia sociale; si pensi alle giornate di lavoro perse da centinaia di migliaia di donne che ne soffrono frequentemente. Lo stesso vale per il mal di schiena, che affligge di più gli uomini in età lavorativa, e rappresenta una importante

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voce della spesa sanitaria», sottolinea Giustino Varrassi, presidente della Paolo Procacci Foundation e del World institute of pain (Wip). «Spesso poi la gestione del mal di testa sfugge ai normali sistemi assistenziali per il grande uso di farmaci da banco che i pazienti fanno, anche per forme croniche che potrebbero beneficiare di cure più mirate presso i centri cefalea». La diagnosi del tipo di cefalea si basa sulle caratteristiche del mal di testa: localizzazione, intensità del dolore, frequenza, durata ed eventuali sintomi associati come nausea, vomito e fotofobia. La valutazione di questi sintomi è sufficiente per individuare il tipo di mal di testa e scegliere il trattamento più appropriato. Tra le terapie farmacologiche più utilizzate per il mal di testa vi sono i semplici analgesici (paracetamolo), che agiscono solo sulla componente dolorosa, e i Fans, tra cui ibuprofene e ketoprofene sale di lisina, che hanno un duplice effetto, analgesico e antinfiammatorio. Nel caso del mal di testa muscolo-tensivo, indipendentemente dalla causa scatenante, è necessario ricorrere a un trattamento con antinfiammatori. «La cefalea muscolo tensiva ha una origine infiammatoria e di conseguenza deve essere trattata con antinfiammatori. La risposta individuale ai farmaci fa sì che il paziente agisca in base alla conoscenza di se stesso anche nella scelta delle

Giustino Varrassi, presidente della Paolo Procacci Foundation e del World institute of pain

molecole, sapendo a quali risulta più sensibile in termini di effetti collaterali», precisa Varrassi.

COME SI COMPORTANO GLI ITALIANI? Una indagine Doxa condotta su un campione di mille individui di età compresa tra i 25 e i 64 anni, condotta all’inizio del 2019, evidenzia che il 95 per cento ha avuto una forma di dolore negli ultimi mesi, soprattutto mal di testa e mal di schiena. Risulta poi che gli approcci al trattamento del dolore sono diversi. «Nonostante una larga maggioranza di individui ritenga che il dolore vada trattato fin dai primi sintomi (il 75 per cento degli intervistati si esprime in questo senso), i compor tamenti adottati non


medicina sempre sono coerenti: di fronte al dolore, il 12 per cento non fa praticamente nulla e il 60 per cento dice di aspettare e se peggiora prende un analgesico», spiega Massimo Sumberesi, ricercatore di Doxa. «La scelta del farmaco rappresenta un momento topico nell’approccio al dolore. Nella maggioranza dei casi ci si affida all’autocura, utilizzando farmaci già presenti in casa (24 per cento) o acquistando un farmaco che già si conosce (31 per cento). Il ruolo delle figure di consiglio rimane comunque centrale, soprattutto per gli uomini, i senior e nelle regioni del Centro-Sud Italia: per scegliere il farmaco da prendere contro il dolore, una persona su quattro segue le raccomandazioni del medico, mentre il 14 per cento chiede consiglio al proprio farmacista di fiducia». Tra i farmaci spontaneamente nominati come cura contro il dolore compare ketoprofene al primo posto, seguito da paracetamolo e diclofenac. «Si conferma la limitata capacità degli italiani di distinguere tra antidolorifici e antinfiamma-

to farmacologico della cefalea muscolo tori. Su questo aspetto il campione si tensiva. Tra i farmaci indicati solo il ketospacca praticamente a metà: da una parprofene presenta un dosaggio unico corrite, il segmento per cui contro il dolore è spondente all’efficacia in questo tipo di meglio utilizzare gli antinfiammatori; patologia, a differenza degli altri principi dall’altra, i “sostenitori” degli antidolorifiattivi in cui è riportaci, ritenuti più approto un range di dosi priati soprattutto per il 95 per cento piuttosto ampio. contrastare il mal di del campione La task force del testa», precisa Sumgruppo Efns sottoliberesi. afferma di La percezione relatiavere sofferto nea come l’efficacia di semplici analgesici va all’efficacia del negli ultimi tenda a diminuire farmaco vede di nuomesi di mal all’aumentare della vo il primato di ketoprofene seguito da di testa o mal frequenza degli attacchi di mal di testa. nimesulide, diclofedi schiena «Questi farmaci prenac e paracetamolo. sentano una validazione clinica ampia e Situazione ribaltata, invece, per quanto diffusa e, se pure con effetti collaterali, riguarda la sicurezza: il paracetamolo è possono essere considerati farmaci con in assoluto la molecola percepita come un buon profilo di sicurezza. Ketoprofene più sicura, seguita da acido acetilsaliciliappare il più vantaggioso per la gestione co e ketoprofene. del dolore da cefalea, per i suoi effetti anLe Linee guida dell’European federation tinfiammatori e analegesici, e per la rapiof neurological societies (Efns) suggeridità di azione», conclude Varrassi. scono una dose ottimale per il trattamen-

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A veterinaria

Rubrica a cura di Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani

di Alessio Arbuatti, medico veterinario ANMVI

ttenzione

al cibo

Alcuni alimenti innocui per l’uomo possono rivelarsi veri e propri rischi tossicologici per i nostri pet. È dunque fondamentale una corretta divulgazione preventiva per conoscere le principali fonti, i rischi e le conseguenze talvolta potenzialmente letali.

IL GENERE ALIUM Forse l’odore intenso e il sapore non trovano in accordo tutti i commensali ma questi bulbi sono molto utilizzati tanto nella cucina mediterranea quanto in quella asiatica e sudamericana. Tutte le specie appartenenti al genere Alium possono essere tossiche per i pet. Cipolla, scalogno, cipolletta, porro e le cosiddette erbe cipolline contengono alcuni composti chimici noti come sodio alchil tiosolfati, tra i quali il sodio n-propil tiosolfato. A seguito dell’ingestione di dosi di 5 g/kg nel gatto e 15-30 g/kg nel cane si assiste, come in alcuni gruppi etnici umani seppur con differente dosaggio, a una sintomatologia gastroenterica della durata di alcuni giorni, che precede un’anemia emolitica con formazione dei corpi di Heinz. Questa condizione è conseguenza dell’assorbimento enterico dei composti organosolforati che sono metabolizzati e divengono potenti ossidanti di membrana. L’aglio è ritenuto meno tossico se usato con moderazione ma può condurre a simili alterazioni ematiche (emolisi) nel cane e nel cavallo.

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L’alimentazione del pet deve essere molto attenta, il rischio tossicità non va mai trascurato

LE METILXANTINE Le fave di Theobroma Cacao, fermentate, essiccate e tostate sono alla base della produzione di cacao e cioccolato. In questi alimenti è presente la teobromina, una metilxantina innocua per l’uomo ma tossica nei pet. La concentrazione di questi composti varia in relazione alla tipologia di cioccolato, se ne ritrova in media 9,1 mg/ kg nel mallo del seme di cacao, 28,5 mg/ kg nel cioccolato in polvere, 5,4-5,7 mg/kg nel cioccolato fondente e meno in quello al latte (2,3 mg/kg) e tracce in quello bianco. In aggiunta alla teobromina, anche la teofillina (nelle foglie della pianta del the) e la caffeina (nel caffè) sono metabolizzate più lentamente negli animali da compagnia rispetto che nell’uomo e sono la causa di una tossicosi con sintomatologia generalizzata entro sei-dodici ore dall’ingestione. L’avvelenamento da ingestione di fondi di caffè è un’evenienza rara ma dolci contenenti cioccolato e caffè sono di comune vendita e rappresentano un reale pericolo così come l’ingestione delle bevande energizzanti anch’esse contenenti le medesime metilxantine.

IPOCALORICO MA MOLTO PERICOLOSO Lo xilitolo è uno zucchero identificato in Germania nel 1891 e oggi molto utilizzato nella produzione di gomme da masticare, caramelle, prodotti di forneria “senza zucchero” e come dolcificante in polvere. Forse pochi sanno che il suo utilizzo a fine alimentare è derivato dalla necessità di trovare uno zucchero che potesse sostituire quello raffinato durante l’ultimo conflitto mondiale. Nei decenni successivi, specialmente dal 1970, il sapore simile al comune zucchero ma il minor contenuto calorico, ne ha favorito la diffusione mondiale. Le tossicosi da xilitolo sono considerate una forma emergente in clinica veterinaria e le prime segnalazioni sono arrivate dagli Stati Uniti. Nei cani è rapidamente assorbito con un picco plasmatico dopo circa trenta minuti. Vomito e un’ipoglicemia derivante da un rilascio massivo d’insulina, ben superiore a quello cui si assiste in presenza di glucosio, sono i primi segni clinici. Quando questo zucchero è ingerito dal cane con dosi superiori a 0,1 g/kg si assiste a una grave sintomatologia che porta a insufficienza epatica acuta, necrosi epatica e coagulopatia.


i primi sintomi (vomito). I cani mostrano in breve tempo un’insufficienza renale acuta con fenomeni anche di necrosi tubulare renale. Qualora si sospettasse dunque un’ingestione è fondamentale un tempestivo intervento medico veterinario finalizzato all’induzione del vomito o alla limitazione dell’assorbimento enterico, seguito da uno stretto monitoraggio.

LA SOLANINA

LIQUIDI PERICOLOSI L’intossicazione da alcool nei pet è frutto di azioni penalmente perseguibili o consegue a incidenti che vedono coinvolti per lo più cani che casualmente ritrovano bevande alcooliche, colluttori, frutta fermentata o persino impasti contenenti Saccharomyces cerevisiae (lievito). L’etanolo causa probabilmente l’inibizione dei recettori Gaba seguita da una sintomatologia sistemica che può portare a coma e morte. Anche i luppoli usati nella produzione della birra possono causare intossicazioni che ricalcano la medesima sequenza sintomatologica dell’avvelenamento da etanolo.

AL PASSO CON LA GLOBALIZZAZIONE La globalizzazione sta notevolmente ampliando le abitudini alimentari dei consumatori, di conseguenza giungono sulle nostre tavole prodotti che mettono costantemente alla prova la tossicologia veterinaria. Se prodotti come la noce moscata, tossica a causa della presenza della miristicina, sono ormai comunemente usati in cucina, altri si affacciano dal mercato mondiale sulle nostre tavole riscuotendo un improvviso successo, come le noci macadamia, frutto delle piante Macadamia tetraphylla e M.integrifolia

sempre più apprezzate nella pasticceria anche domestica e come integratori. Nonostante non si conosca ancora l’agente causale, circa dodici ore dopo l’ingestione, nei cani compaiono debolezza, depressione, vomito, tremori e ipertermia. Tra i frutti l’avocado non deve mai essere somministrato agli animali; al suo interno, così come nelle foglie, è presente una molecola fungicida, la persina, che si dimostra altamente insolubile. I sintomi conseguenti all’ingestione includono difficoltà respiratoria ed edema cardiaco e pancreatico. Inoltre, in alcune specie anche i grandi semi di alcuni frutti possono divenire pericolosi, causando un’ostruzione anche completa di porzioni dell’apparato digerente tali da richiedere un intervento chirurgico d’urgenza.

ATTENTI ALL’UVA Uva, uvetta e derivati si sono dimostrati tossici per i cani come dimostrato da numerosi casi, anche letali, descritti nella letteratura scientifica americana. Non è purtroppo nota la causa eziologica in termini molecolari, anche se alcuni ricercatori ipotizzano un salicilato presente nel frutto. Ciò che è emerso è che sono colpiti indistintamente esemplari che si sono nutriti di varietà commerciali, domestiche, con o senza semi di uva e uvetta. Dopo circa 24 ore compaiono

È un alcaloide che si ritrova in alcuni ortaggi di uso comune come patate (verdi o germogliate), pomodori (specie in quelli poco maturi) e melanzane (buccia). Gli avvelenamenti di origine alimentare non sono comuni poiché la molecola è in genere presente in piccole dosi ma quando avvengono è possibile osservare una sintomatologia gastroenterica accompagnata da allucinazioni e tachicardia.

COMPORTAMENTI DOMESTICI Se tra i proprietari è ormai ben noto che non bisogna mai alimentare il proprio cane o gatto da tavola durante il proprio pasto, altrettanto non si può dire della conoscenza di eventuali alimenti potenzialmente pericolosi. nello specifico i cani sono più soggetti agli avvelenamenti d’origine alimentare rispetto al gatto, che, in genere, si dimostra più selettivo nella scelta del cibo. Come linee guida generali sarebbe dunque opportuno utilizzare le medesime precauzioni che si utilizzano con i bambini piccoli e di conseguenza consigliare piccoli accorgimenti per evitare spiacevoli situazioni. È possibile conservare gli alimenti lontano dalla portata del cane o del gatto utilizzando cassetti elevati, a chiusura magnetica o serrabili a chiave, che rappresentano senza dubbio la miglior tutela. Attenzione nel lasciare borse e zaini aperti e quando si coglie il proprio pet durante il misfatto, controllare subito cosa è stato consumato. Ogni volta che si vede o anche solo si sospetta un’ingestione è fondamentale chiamare immediatamente il proprio veterinario, al fine di richiedere ulteriori informazioni e pianificare una visita d’urgenza che può divenire un vero e proprio salvavita.

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attualità

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di Stefania Cifani

macchia

di leopardo Terapia del dolore e cure palliative, ancora molto disomogenee le reti territoriali

In Italia nel 2019 sono 16 milioni le persone affette da dolore cronico di grado moderato-severo, cifra che si stima toccherà i 23 milioni nel 2025. Se ne è parlato a Milano nel corso dell’evento Science for Relief, organizzato da Grunenthal. Occasione per discutere del Rapporto presentato al Parlamento dal ministero della Salute: “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”. Il documento, relativo al biennio 2015/2017, ha voluto fare il punto sui traguardi raggiunti e le criticità emerse nello sviluppo delle reti di assistenza in cure palliative e terapia del dolore dell’adulto e del bambino.

LA SITUAZIONE Dal rapporto ministeriale emerge un quadro dello stato di attuazione della Legge n. 38/2010 «caratterizzato da forti disomogeneità a livello regionale e locale». Complessivamente si registra «un lento e progressivo miglioramento della qualità delle cure, una crescita dell’offerta assistenziale nei regimi domiciliare e residenziale e un progressivo sviluppo delle Reti regionali e locali sia di cure palliative sia di terapia del dolore». Nell’ambito delle cure palliative si registra un aumento del numero degli hospice a livello nazionale, oggi pari a 240, per un totale di 2.777 posti letto, ma con una distribuzione geografica che vede uno squilibrio tra Regioni in netta superiorità - Lombardia, Emilia Romagna, Lazio - rispetto ad

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altre in deficit: Piemonte, Toscana, Campania e Sicilia. Si rileva inoltre una generale carenza di personale medico, dovuta tra l’altro a una criticità dell’attuale meccanismo, per cui i fondi erogati dal Ministero a tutte le Asl per le cure palliative non possono essere impiegati per retribuire il personale. Permane inoltre una quota troppo elevata di decessi in reparti per acuti, anche se la quota degli assistiti al proprio domicilio cresce del 32 per cento rispetto al 2014. Carenti in tutta Italia sono poi le reti di cure palliative e terapia del dolore pediatriche, generando una situazione particolarmente critica. Nell’ambito delle reti di terapie del dolore manca, a causa di un vuoto informativo, il dato relativo alle attività in ambito ospedaliero e ambulatoriale. Attualmente l’unico dato significativo riguarda quindi il consumo di farmaci oppioidi, che in Italia resta modesto se pur con un aumento dell’1,4 per cento tra il 2016 e 2017. Si sottolinea la carenza di controlli e verifiche sulle attività, dovuta al fatto che la legge non prevede sanzioni. Riguardo alla sua applicabilità , un punto ciritico sta nella separazione degli ambiti di terapia del dolore e cure palliative, che non riguardano solo i pazienti oncologici ma anche quelli con patologie cronico-degenerative. Un altro elemento da non sottovalutare è la scarsa conoscenza della legge, non solo da parte dei cittadini ma anche degli operatori sanitari. I siti delle aziende sanitarie dovrebbero in-

Il consumo di farmaci oppiodi in italia resta modesto: +1,4% NEL 2017 RISPETTO AL 2016 vece essere una fonte di informazione per il cittadino, che possa così orientarsi nella ricerca di un medico palliativista. Viene quindi evidenziata la necessità di avviare campagne informative incisive, finalizzate anche alla sua completa applicazione. Tra le criticità messe in evidenza dai relatori, infine, la carenza formativa nei confronti degli operatori sanitari. Spesso il medico di medicina generale non è al corrente di quali centri e hospice operino nella propria Regione. E sul piano della formazione universitaria come sul versante Ecm c’è ancora molto da fare. Auspicabile quindi un miglioramento grazie all’introduzione di crediti formativi universitari, sia per le cure palliative sia per la terapia del dolore. Manca infatti il corso di terapia del dolore e cure palliative tra gli indirizzi di studio. Ultima istanza: nell’ambito della facoltà di Farmacia, dovrebbe essere introdotto un insegnamento specifico sui farmaci per il dolore, essendo il farmacista, spesso, il primo operatore sanitario a entrare in contatto con i pazienti.


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cosmesi

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di Luisella Acquati

l retail

digitalizzato? In occasione dell’Assemblea annuale del Gruppo cosmetici in farmacia di Cosmetica Italia molti gli spunti di riflessione su catene reali e virtuali e commercio elettronico

La parte pubblica dell’assemblea del Gruppo cosmetici in farmacia (Gcf) di Cosmetica Italia ha messo al centro l’avanzamento delle catene di farmacie - reali e virtuali - e le trasformazioni dettate dalla diffusione del commercio elettronico. A tracciare l’andamento del mercato e un profilo delle catene di farmacie è Giorgio Cenciarelli, healthcare indipendent consultant che si è avvalso dei risultati ottenuti attraverso numerose interviste mirate a farmacisti che hanno scelto di confluire in un network di catene a fronte di un mercato dell’etico in calo costante (-3,5 per cento nel 2018) e di un segmento commerciale che, in dieci anni, insieme agli Otc, è passato da 7 a 10 miliardi euro (valori 2018 Iqvia), in crescita del 2,1 per cento.

I DATI DI MERCATO Anche i valori riferiti al primo trimestre di quest’anno mostrano una diminuzione del 2,1 per cento nel segmento etico (pari a 3,7 miliardi di euro) e un incremento dello 0,5 per cento per l’Otc + commerciale (valore di 2,6 miliardi di euro). Se si suddivide quest’ultimo valore nelle varie voci si vede che Integratori e notificati (alimenti addizionati, formule per lattanti, presidi medico/chirurgici, omeopatici e fitoterapici) del valore di 993 milioni di euro, crescono del 2,9 per cento, seguiti dai Prodotti di igiene e bellezza,

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con un valore di 465 milioni di euro e un +1 per cento; poi ci sono gli Otc, con 632 milioni di euro e un +0,1 per cento. Il Parafarmaco, invece, nel primo trimestre 2019, ha raggiunto un valore di 420 milioni di euro (in calo del 3,2 per cento) e il Nutrizionale, con 96 milioni di euro di valore, ha segnato un -5,7 per cento (tutti dati Iqvia Solution Italy). Inoltre in farmacia c’è una forte concentrazione di segmenti perché Cura della pelle + Igiene personale rappresentano il 74,2 per cento delle vendite e proprio questo canale mantiene la leadership nelle vendite di tutte le voci che costituiscono il mercato di autocura + commerciale. Per il segmento della Dermocosmesi i dati che arrivano dal Gruppo cosmetici in farmacia di Cosmetica Italia e illustrati da Stefano Fatelli, presidente del Gcf, parlano di un mercato 2018 pari a 1.854 milioni di euro (in flessione dello 0,4 per cento) ma di un primo trimestre 2019 in crescita dello 0,3 per cento. Nel frattempo il mondo della farmacia è profondamente cambiato sia a causa delle trasformazioni imposte a livello legislativo (liberalizzazioni, creazione dei corner nella Gdo, Ddl concorrenza con arrivo delle società di capitale) sia a causa di nuove aperture, concentrazione della distribuzione intermedia, incremento degli acquisti diretti dei farmaci e la penalizzazione dovuta ai farmaci innovativi presenti soprat-

tutto nelle s tr utture ospedaliere. La spinta verso la costituzione delle catene di farmacie, quindi, fa ipotizzare uno scenario 2021 costituito da un 10 per cento di catene reali; un 25 per cento di catene virtuali strong (cioè con un forte legame con un network di acquisto esclusivo); un 8 per cento di catene virtuali light (rapporti meno vincolanti tra catena e farmacia) e un 57 per cento di farmacie indipendenti, su un universo di 19.500 realtà totali in Italia. Anche se già si prevede che il fenomeno delle catene reali in Italia sarà rallentato - non saranno più di 1.000/1.200 nel 2021, stima Cenciarelli tutto questo fermento cambierà le condizioni di operatività del mercato. Per la farmacia, comunque, diventerà indispensabile fare i conti con il category management per gestire al meglio assortimento, esposizione e magazzini, l’ampliamento dei prodotti a marchio (private label) con specializzazione in prodotti di nicchia (come i bio-naturali o i cosmetici oncologici), lo sviluppo della farmacia dei servizi - che dopo dieci anni non si è ancora affermata - e i programmi fedeltà con le apposite card che diventano anche un veicolo importante per l’acquisizione di big data sanitari, nel pieno rispetto della privacy. Il tutto senza dimenticare le potenzialità offerte dal commercio elettronico, una realtà ormai in consolidamento anche per le farmacie.


cosmesi IL FENOMENO E-COMMERCE Proprio di e-commerce parla Francesco Cavon (associate director, Italy offering innovation & strategic partnership, consumer health di Iqvia), che delinea la situazione nel nostro Paese, dove il fatturato online 2018 per i prodotti da farmacia è stato di 155 milioni di euro, in crescita del 61 per cento rispetto all’anno precedente e con stime 2020 pari a 315 milioni di euro. Sul fronte della numerosità degli attori, un confronto con i Paesi europei vede il dominio della Germania con 3.000 farmacie online mentre in Francia sono 500 e in Italia sono 770 quelle autorizzate dal ministero della Salute alla vendita anche di Sop e Otc, su un totale di circa 18.500. Tuttavia le farmacie che hanno un valore di business online pari all’80 per cento in Francia sono 5 e, in Italia, forse, 2. Questa situazione crea oppor tunità per le realtà straniere, poiché sul nostro mercato stanno arrivando player dall’Olanda e dal Belgio. Il tutto in un panorama che vede le farmacie tradizionali esprimere il deside-

rio di investire nell’online senza però sapere bene come muoversi e con una predominanza di acquisti e vendite online che interessa soprattutto l’Italia del nord (dal Lazio in su). All’online bisogna prestare attenzione poiché i consumatori/pazienti si rivolgono sempre più alla tecnologia per conoscere l’origine del proprio malessere, cercare specialisti, conoscere gli effetti collaterali dei farmaci e cercare soluzioni alternative, interfacciarsi con i medici, avere un supporto dedicato. Da qui emergono almeno tre nuove tendenze: il mondo delle terapie digitali, che vede il paziente richiedere servizi a valore aggiunto, disegnati intorno al prodotto e abilitati dalla tecnologia (in Usa i medici prescrivono ai propri pazienti anche App specifiche e Amazon con il suo recente acquisto di una società che invia la terapia medicinale direttamente a casa del paziente rivoluzionerà anche questo mondo); l’utilizzo delle Blockchain per la registrazione sicura delle transazioni, la gestione dei dati del paziente e

la supply chain farmaceutica; e la disponibilità di connessioni 5G a larghissima banda per abilitare nuovi modelli di scambio dati anche all’interno della farmacia.

IL PARERE DEI TITOLARI In chiusura Gianandrea Positano, responsabile del Centro Studi Cosmetica Italia, illustra alcuni dati tratti dalle interviste che Cosmetica Italia ha effettuato durante Cosmofarma 2019 e che hanno mostrato come il 40 per cento dei titolari di farmacia non abbia intenzione di associarsi a catene reali o virtuali, contro un 36,6 di già associati e un 23,3 di intenzionati ad associarsi nel futuro. Sempre alla ricerca di formazione e informazione, i farmacisti titolari coinvolti nelle interviste hanno segnalato che intendono investire su dermocosmetica, alimentazione, integratori e mondo del naturale per poter crescere nel futuro. Paradossale resta il dato che vede la voce dei servizi sanitari (punta di diamante della farmacia dei servizi) sia relegata al settimo posto.

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Legale

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a cura dello studio dell’avvocato Bruno Riccardo Nicoloso, Firenze-Roma (b.r.nicoloso@icloud.com)

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La fluttuazione delle farmacie nelle macrozone urbanistiche dei Comuni

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Si sta consolidando una vulgata giurispruricamente data la prima legge sulle denziale che mette in discussione uno dei farmacie n. 468/1913, incontra il Testo unicardini, se non il cardine, della pianificazioco delle leggi sanitarie n. 1265/1934, viene ne delle farmacie sul territorio: la definizioistituzionalizzato nelle Leggi sul servizio ne dei confini della circoscrizione farmaceutico n. 475/1968 e n. 362/1991 e, territoriale di ciascuna sede farmaceutica come vedremo, passa indenne alla riforma in favore delle microaree urbanistiche in cui sul relativo potenziamento di cui alla Legpossono fluttuare le farmacie afferenti le sege n. 27/2012 di cui s’è detto. di virtualmente ricomprese in tali nuove fiUn tale controsenso, ipotizzato dalla burogurazioni territoriali nel solo rispetto del crazia ministeriale con la Nota 21 marzo limite di distanza di duecento metri dalle 2012 che aveva attecchito a Lucca con inifarmacie contermiziale successo (Tar ni, come i (tutt’altro Toscana, ordinanza la vulgata che) rari nantes in n. 28/2013, riformagurgite (tutt’altro giurisprudenziale ta dal Consiglio di che) vasto, o per meStato, ordinanza n. che tende glio dire, come i pe751/2013) che ha a mettere sciolini rossi nel trovato una definitiin discussione quadro di Matisse, va conferma nel se pure questi non consolidato dictum la siano nemmeno tenel merito della pianificazione nuti al limite di diquestione (ex muldelle farmacie stanza fissato per le tis, Consiglio di Stasul territorio farmacie. to, n. 4667/2013). La novità è sorta a Smessa la tesi neLucca, dove il Comune aveva negato agli gazionista, sono allora sorte, non solo a albori della riforma di cui alla Legge n. Lucca, le macroaree urbanistiche in cui si 27/2012 (articolo 11) la stessa vigenza delpossono individuare virtualmente le sedi lo strumento primario di pianificazione del farmaceutiche e localizzare le farmacie a servizio farmaceutico sul territorio costituiqueste afferenti nel solo rispetto del limite to dalla pianta organica delle sedi farmadi distanza che deve intercorrere tra di loceutiche, soggetta a revisione periodica in ro: questo in una sorte di resurrezione delfunzione delle esigenze farmaceutiche delle sedi promiscue in cui potevano essere la popolazione di ciascun Comune, che stoubicate ante 1968 più di una farmacia, che


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è stata avvallata dalla sentenza del Tar della Toscana n. 630/2015 confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 3338/2019. La sentenza dei Primi Giudici ha fissato la massima secondo cui «l’istituzione delle nuove farmacie previste dall’articolo 11 della Legge n. 27/2012 non ha determinato il superamento programmatorio a base territoriale, ma solo la sostituzione della nuova definizione di “zona territoriale” alla categoria di “sede farmaceutica” già prevista dalla pendente normativa: in questa prospettiva la vecchia perimetrazione delle sedi farmaceutiche appare complessivamente incompatibile con la nuova sistematica che attribuisce rilevanza alla categoria più sfumata di “zona territoriale” e con i principi (anche di origine comunitaria) che regolamentano oggi il servizio farmaceutico; di tal che la pianta organica, con la ripartizione del territorio in zona di competenza delle varie sedi farmaceutiche, può essere utilizzata soltanto per ottenere un’adeguata distribuzione delle farmacie in rapporto alla popolazione, ma, raggiunto questo scopo, non può operare come un freno all’iniziativa economica o come ostacolo alla concorrenza nelle logiche delle disposizioni dell’articolo 3 della Legge n. 148/2011, che qualificano come indebita restrizione dell’attività economica il divieto d’esercizio al di fuori di una certa area geografica, così che un sistema ancora formalmente incentrato sulle piante organiche non può più essere inteso in modo rigido, ma impone l’applicazione del principio proconcorrenziale come criterio interpretativo e deve consentire lo spostamento delle farmacie in posizioni commercialmente più favorevole purchè sia garantita la copertura omogenea dell’intero territorio comunale». La sentenza dei Giudici d’appello, nel confermare tale dictum, ha precisato che «l’affermazione è condivisibile e in linea con la giurisprudenza della Sezione, la quale ha più volte evidenziato che “lo scopo della perimetrazione della zona è quello di delimitare la libertà di scelta del farmacista, nel senso che questi è, in linea di massima e salvo eccezioni, libero di scegliere l’ubicazione del proprio esercizio, purché ri-

manga all’interno di quel perimetro; a fronte di tale libertà di scelta, i titolari delle zone contigue non hanno tutela, salva la distanza minima obbligatoria duecento metri”, ritenendo illegittimo il comportamento di un Comune che “anziché provvedere alla delimitazione dell’area di pertinenza della nuova sede farmaceutica, entro la quale il farmacista titolare della sede può decidere ove collocare il proprio esercizio farmaceutico (previo rispetto della distanza di m.200 da quello più vicino), provvede esso

stesso ad individuare nel dettaglio l’area nella quale avrebbe dovuto collocarsi la sede” così invadendo “l’ambito di discrezionalità spettante al farmacista assegnatario” che deve essere assicurato».

CRITICA DEL GIUDIZIO A tacere della natura nomofilattica dei principi fissati dalla citata giurisprudenza (la cui lapidarietà, al limite della apoditticità, fa dubitare di una sua possibile evoluzione) una tale esegesi delle normative di

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riferimento non tiene conto di una serie di argomentazioni critiche dettate dalla precedente sua giurisprudenza, secondo cui «la delimitazione territoriale di ciascuna sede farmaceutica nell’ambito della relativa pianta organica ha carattere indefettibile e cogente in quanto risponde non solo allo scopo di garantire gli altri titolari di farmacia contro l’invasione del rispettivo territorio da parte di un concorrente, ma altresì allo scopo ancor più rilevante di assicurare alla popolazione un presidio farmaceutico ben accessibile» (Consiglio di Stato, ordinanza n.1301/2012); ciò, tenuto altresì conto che «lo scopo della perimetrazione della zona è quello di limitare la libertà di scelta del farmacista nel senso che questi è libero di scegliere l’ubicazione del proprio esercizio, purché rimanga all’interno di quel perimetro» (Consiglio di Stato, n. 6309/2018). Un tale assunto si pone motivatamente in evidente contrasto con le «logiche della libertà d’impresa», che male s’attaglia alle farmacie, recte al “sistema farmacia” (Consiglio di Stato, n. 2990/2013) che viene inteso come un unicum di professione, struttura e servizio, posto a tutela della salute» (Corte Costituzionale, n.27/2003), la cui la natura imprenditoriale è «marginale» (Corte Costituzionale, n .87/2006) rispetto al «servizio pubblico e sociale» (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, n. 5/2002) che deve essere pur sempre garantito sul territorio in appropriati termini di efficienza ed efficacia garantiti dall’azienda organizzata a tal fine in forma d’impresa (Consiglio di Stato n. 2569/2018): tutto questo si pone nel contesto di una disciplina normativa che detta al riguardo un «principio fondamentale» volto

alla «tutela della salute» (Corte Costituzionale, n. 66/2017) e impone che sia estranea a tale sistema di servizi, che è posto, come s’è detto, a tutela della salute e non dell’economia, la stessa ratio della liberalizzazione delle attività commerciali di cui alla Legge n. 148/2011 novellata dalla Legge n. 183/2011 - che sta a monte dell’articolo 11 della Legge n. 27/2012 - sulla cui base devono intendersi abrogate tutte le norme che impongano divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite. Infatti è la stessa normativa liberalizzante, secondo cui tali limitazioni devono essere oggetto di interpretazione restrittiva, che fa salvo «quanto previsto per le professioni» (articolo 3, comma 6, Legge n. 148/2011) e precisa che «la limitazione sia funzionale a ragioni d’interesse pubblico tra cui in particolare quella connessa alla tutela della salute» (articolo 5, comma 11, lettera a, Legge n. 148/2011). Di tal che la libertà d’impresa è inopponibile al “sistema farmacia” pianificato sul territorio: ciò se si legga per “professioni”, come all’evidenza deve essere fatto, anche la professione farmaceutica svolta attraverso un’azienda organizzata in forma d’impresa per garantire un “servizio d’interesse pubblica connesso alla tutela della salute”, come è indiscutibile e fin qui è stato detto e ripetuto. La limitazione alla libertà d’impresa nella pianificazione delle sedi farmaceutiche sul territorio risponde così a una tale “ragione d’interesse pubblico”, validata anche a livello comunitario (da ultimo: Corte Giustizia UE, 17 dicembre 2010, C-217/09, Polisseni) e rappresenta a un tempo la con-

Occhiali da vedere per vedere: Procella, Primo Libro dell’Eneide I, 118-123 Apparent rari nantes in gurgite vasto, arma virum tabulaequa et Troia gaza per undas, iam validam Ilionei navem, iam fortis Achatae, et qua vetus Abas, et qua grandaevus Aletes, vicit hiems, laxis laterum compagibus omnes accipiunt inimicum imbrem rimisque fatiscunt.

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dizione necessaria per garantire, da un lato, la redditività di ciascuna farmacia nel suo ambito territoriale e per mantenere così quella capillarità della “rete delle farmacie” che può assicurare la continuità temporale territoriale del servizio farmaceutico attraverso un uniforme livello di prestazioni (Corte Costituzionale, n. 27/2003) e, d’altro lato, il pieno rispetto della localizzazione delle farmacie ubicate in funzione delle esigenze farmaceutiche della popolazione nella località in cui devono essere assicurate e non già di quelle squisitamente imprenditoriali delle farmacie che le devono garantire e che potrebbero non coincidere con quelle (Consiglio di Stato, n. 7547/2010). Sotto entrambi i profili assume una valenza decisiva la considerazione secondo cui «questa limitazione alla libertà dell’iniziativa economica del farmacista inteso come libero imprenditore, si giustifica considerando che il titolare di farmacia si giova, in realtà, di un sistema di quasi-monopolio, in quanto è protetto dalla concorrenza da una triplice barriera: primo il “numero chiuso” degli esercizi farmaceutici; secondo, l’assegnazione di una porzione di territorio (zona) all’interno della quale gode di un pieno diritto di esclusiva, nel senso che nessun altro farmacista vi si può insediare; terzo, il divieto imposto ai concorrenti di avvicinarsi al di sotto di una distanza minima, ancorché si trovino all’interno della zona di loro spettanza: non può invocare la pienezza dei diritti del libero mercato chi, gestendo un servizio di pubblica utilità, usufruisce di tali e tante deroghe ai principi del libero mercato» (Consiglio di Stato, n. 5840/2014). Di tutto questo non sembra essersi data carico l’evoluzione liberalizzante della giurisprudenza in questione. Rimane da chiedersi se i pesci rossi delle farmacie fluttuanti nelle macrozone rimangano o meno asfissiati in termini di servizio ancor prima che in termini di concorrenza e di marcato attinenti le strutture che lo devono garantire.

PER UN APPROFONDIMENTO: B.R. Nicoloso, “Sulla pianificazione delle farmacie a norma dell’articolo 11 della Legge n. 27/2012”, in Sanità pubblica e privata, 2015, fascicolo 3, pag. 23 sgg.



fiscale

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di Stefano De Carli Studio Luce, Modena

icapitolando Una circolare dell’Agenzia delle entrate riepiloga i termini della complessa normativa sulla fatturazione elettronica

L’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria ha avuto una gestazione così complessa che l’Agenzia delle entrate si è sentita in dovere di riepilogare in una lunga circolare (la n. 14 del 17 giugno 2019), da un lato, molti dei passaggi normativi che hanno caratterizzato la fase preparatoria del nuovo regime; e, dall’altro, di fornire delle indicazioni innovative su alcuni aspetti della fatturazione che ancora non erano stati precisati.

PER SOMMI CAPI Nella prima parte, quella riepilogativa, ampio spazio è riservato a temi che riguardano da vicino le farmacie. Viene così ribadito che: la fattura non è obbligatoria quando può procedersi con l’emissione di uno scontrino o di una ricevuta fiscale, ovvero con la memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri all’Agenzia delle entrate (viene ricompresa quindi, indirettamente, la distinta contabile riepilogativa n.d.r.); l’obbligo, per il solo periodo d’imposta 2019, e non l’opzione di non emettere fatture elettroniche da parte di quanti sono «tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria». «Conseguentemente, i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema TS devono, per l’anno 2019, continuare a certificare le prestazioni sanitarie rese nei confronti delle persone fisiche/consumatori finali

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mediante fatture in formato cartaceo - ovvero in formato elettronico senza utilizzare lo SdI come canale di invio - e a trasmettere i relativi dati al sistema TS secondo le tipologie evidenziate negli allegati ai decreti ministeriali che disciplinano le modalità di trasmissione dei dati al suddetto sistema». «Nel caso di fatture contenenti sia spese sanitarie sia voci di spesa non sanitarie, occorre distinguere due ipotesi: 1) se non è possibile distinguere la quota di spesa sanitaria da quella non sanitaria, l’intera spesa va trasmessa al Sistema TS con la tipologia “altre spese” (codice AA); 2) se, invece, dal documento di spesa è possibile distinguere la quota di spesa sanitaria da quella non sanitaria, entrambe le spese vanno comunicate distintamente al Sistema TS con le seguenti modalità: i dati relativi alla spesa sanitaria vanno inviati e classificati secondo le tipologie evidenziate negli allegati ai decreti ministeriali che disciplinano le modalità di trasmissione dei dati al Sistema TS; i dati relativi alle spese non sanitarie vanno comunicati con il codice AA “altre spese”. Sia nel caso 1) che nel caso 2) l’unica fattura deve essere emessa in formato cartaceo, ovvero in formato elettronico ma con trasmissione attraverso canali diversi dallo SdI… omissis…». «Nel caso in cui una struttura o un operatore sanitario fatturi separatamente le

prestazioni sanitarie rispetto a quelle non sanitarie, queste ultime devono essere fatturate elettronicamente solo se non contengono alcun elemento da cui sia possibile desumere informazioni relative allo stato di salute del paziente. A titolo esemplificativo, una fattura relativa alla degenza in una struttura sanitaria, anche se non reca l’indicazione della prestazione eseguita o del motivo del ricovero, deve essere emessa con modalità cartacea (ovvero elettronica al di fuori dello SdI)». Il divieto di fatturazione elettronica opera, per l’anno 2019, anche con riferimento alle fatture relative a prestazioni sanitarie per le quali i cittadini hanno manifestato l’opposizione all’utilizzo dei dati ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata. Considerato che il divieto di fatturazione elettronica è entrato in vigore dopo il primo gennaio 2019, alcune farmacie potrebbero aver già emesso fatture elettroniche attraverso lo SdI. In tali casi, l’Agenzia delle entrate procederà alla cancellazione dei file xml delle fatture già pervenute in caso di mancata adesione al servizio di consultazione, ovvero al servizio di conservazione, da parte del cedente/prestatore, sulla base di quanto disposto dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757 del 30 aprile 2018, e successive modificazioni. Nell’ottica della protezione dei dati personali e nel rispetto delle


fiscale finalità di trattamento, i dati relativi alle suddette fatture, considerata la loro particolarità e delicatezza, non saranno messi a disposizione al cliente/consumatore finale nell’area autenticata del sito internet dell’Agenzia delle entrate neanche in presenza della sua adesione al servizio di consultazione.

RIFLESSI FISCALI Per quanto concerne la parte innovativa dei contenuti, l’Agenzia si concentra soprattutto sui riflessi fiscali conseguenti all’entrata in vigore dell’articolo 11 del Dl n. 119 del 2018 che, modificando l’articolo 21 del decreto Iva, ha previsto, con effetto dal primo luglio 2019 che: a) tra le indicazioni che il documento deve recare figuri anche la «data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero data in cui è corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempreché tale data sia diversa dalla data di emissione della fattura»; b) la possibilità di emettere la fattura «entro dieci giorni dall’effettuazione dell’operazione determinata ai sensi dell’articolo 6».

Poiché quindi il momento di emissione della fattura immediata, a differenza del regime operante precedentemente alla fattura elettronica, può essere ora differito di ben 10 giorni (12 secondo la versione del decreto “Crescitalia” e in fase di conversione al momento in cui vengono redatte le presenti note) rispetto al momento di effettuazione dell’ operazione, l’Agenzia si è posto il problema di quale data occorresse apporre sul documento: se quella di effettuazione (consegna del bene in caso di cessione o pagamento in caso di prestazione di servizi) o quella di emissione, cioè di invio allo SDI, in caso di fattura elettronica. L’amministrazione finanziaria giunge alla conclusione che “la data riportata nel campo “Data” della sezione “Dati Generali” del file della fattura elettronica sia sempre e comunque la data di effettuazione dell’operazione.” Ciò significa che, anche se l’operatore decidesse di “emettere” la fattura elettronica via SdI non entro le ore 24 del giorno dell’operazione (caso tipico della fattura immediata) bensì in uno dei successivi 10 (12) giorni la data del documento dovrà sempre essere valorizzata

con la data dell’operazione e i 10 (12) giorni citati potranno essere sfruttati per la trasmissione del file della fattura elettronica al Sistema di Interscambio. L’Agenzia prospetta il seguente esempio: “a fronte di una cessione effettuata in data 28 settembre 2019, la fattura “immediata” che la documenta potrà essere: emessa (ossia generata e inviata allo SdI) il medesimo giorno, così che “data dell’operazione” e “data di emissione” coincidano ed il campo “Data” della sezione “Dati Generali” sia compilato con lo stesso valore (28 settembre 2019); generata il giorno dell’operazione e trasmessa allo SdI entro i 10 giorni successivi (in ipotesi l’8 ottobre 2019), valorizzando la data della fattura (campo “Data” della sezione “Dati Generali” del file) sempre con la data dell’operazione (in ipotesi il 28 settembre 2019); generata e inviata allo SdI in uno qualsiasi dei giorni intercorrenti tra l’operazione (28 settembre 2019) e il termine ultimo di emissione (8 ottobre 2019), valorizzando la data della fattura (campo “Data” della sezione “Dati Generali” del fi-

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data di effettuazione dell’operazione, la le) sempre con la data dell’operazione (28 circolare precisa che il documento deve settembre 2019). contenere entrambe le date, per cui anche L’amministrazione finanziaria giustifica la per le cartacee la soluzione più semplice predetta impostazione per un principio di resta quella dell’emissione entro le ore 24 semplificazione «anche in considerazione dell’effettuazione dell’operazione: in tal di possibili difficoltà tecniche momentanee caso si evita la doppia data e i richiamati di collegamento alla rete in fase di predifenomeni di sovrapposizione numerica. sposizione o trasmissione dei file delle fatMa la presa di posizione più sorprendente ture, oltre che evitare ulteriori costi riguarda le fatture differite, cioè quelle operativi in termini di revisione dei sistemi emesse con riferimento ai documenti di gestionali e informatici che consentono ogtrasporto consegnati nel mese. L’Agenzia, gi di predisporre una fattura». Ma si confermo restando che i termini di emissione traddice in seguito clamorosamente, dal rimangono inalterati al giorno 15 del mese momento che evidenza essa stessa i prosuccessivo a quello di riferimento ma con blemi di mancanza di progressività della obbligo di fare numerazione che il concorrere la fatrange di opzioni la presa tura alla liquidacomporta. È facile di posizione comprendere infatpiù sorprendente zione dello stesso mese in cui sono ti che una fattura riguarda avvenute le conemessa e inviata in le fatture segne, pretende data 28 febbraio infatti che tali docon il numero 100 differite, cioè cumenti debbano e un’altra generata quelle emesse riportare la data e inviata allo SDI in con riferimento di effettuazione data 2 marzo col ai documenti dell’ ultima openumero 101 ma razione. portante data 26 di trasporto La circolare posta febbraio perché reconsegnati questo esempio: lativa a una operanel mese «Volendo esemplifizione in tale data care, qualora per tre cessioni effettuate nei effettuata, crea un errore di trasmissione confronti dello stesso soggetto avvenute in che porterebbe allo scarto. data 2, 10 e 28 settembre 2019, con conseL’Agenzia indica una complicata via d’ugna al cessionario accompagnata dai riscita a questa situazione, ma di fatto quelspettivi documenti di trasporto, si voglia lo che viene immediato consigliare al emettere un’unica fattura ex articolo 21, farmacista è seguire delle alternative più comma 4, lettera a), del decreto Iva, si potrà semplici, anche se comportano la rinungenerare ed inviare la stessa allo SdI in uno cia alla dilazione dei 10 (o 12) giorni. Conqualsiasi dei giorni intercorrenti tra il primo siderando che nel settore della farmacia il e il 15 ottobre 2019, valorizzando la data delnumero di fatture giornaliere è piuttosto lila fattura (campo “Data” della sezione “Dati mitato (e moltissime possono essere sostiGenerali” del file) con la data dell’ultima tuite dagli scontrini o documenti operazione (28 settembre 2019)». commerciali “parlanti”), che sono disponibili avanzati programmi gestionali che garantiscono una rapida compilazione del INCONGRUENZE documento e dell’invio telematico, converL’assunto dell’Agenzia si scontra con la rerà senz’altro emettere e trasmettere la fataltà operativa, rendendo di fatto anche antura immediata contestualmente alla sua cor più inapplicabile la disposizione per i formazione, così che “data dell’operaziosoliti problemi di sovrapposizione numerine” e “data di emissione” coincidano. Per ca. Che possono essere parzialmente gestiquanto concerne le fatture cartacee, ti affidandosi a registrazioni sezionali e emesse nei 10 (12) giorni successivi alla tenendo distinte la numerazione delle fat-

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ture cartacee ed elettroniche da una parte e quelle differite dall’altra, con attribuzione a queste ultime di una propria sequenzialità e una propria identificazione con una barratura (esempio n. 1/ d). Nessuna soluzione è però possibile trovare qualora si volesse aderire all’indicazione di attribuire alla data della fattura quella dell’ultima cessione effettuata: ciò si tradurrebbe in ricorrenti problematiche di numerazione. In questa caso, l’unica via d’uscita è non curarsi di quanto esposto nella circolare 14 e utilizzare come data quella dell’ultimo giorno del mese cui fanno riferimento le fatture (esempio: consegne nel mese di marzo con ddt del 5, 16, 23 marzo - data fattura 31 marzo) e inviare nei termini usuali del 15 del mese seguente. Ciò nella consapevolezza che: si tratta di una circolare e non di norma di legge che impone tale inaccettabile adempimento, e come tale è da ritenersi una presa di posizione di parte derogabile; la stessa circolare 14 avverte che «l’indicazione normativa va letta alla luce dei principi generali dell’ordinamento, tra cui quello di tenuta di un’ordinata contabilità, così che numerazione e registrazione dovranno sempre consentire di rinvenire con chiarezza il mese di riferimento (ossia di effettuazione dell’operazione) cui la fattura inerisce e in relazione al quale sarà operata la liquidazione dell’imposta». Condizione che viene certamente rispettata anche indicando la data di fine mese; nessun danno viene recato all’erario, anche solo in termini temporali di liquidazione; nessun ostacolo all’accertamento viene fatto a danno dell’amministrazione finanziaria; anche qualora venisse accertata come irregolarità, questa non potrebbe che essere qualificata come “meramente formale” (così come definita dall’articolo 10, comma 3 della Legge 212/2000) e quindi non sanzionabile. Purtroppo talvolta si è obbligati a forzare le indicazioni dell’amministrazione quando queste sono irragionevoli e dimostrano una totale mancanza di visione di quello che è la gestione amministrativa di un esercizio commerciale.


il libro

a cura della redazione

Un gioco

di chiaroscuro Narra la leggenda che Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio, avesse nascosto il nome del mandante del suo omicidio sul retro della sua ultima opera, il Martirio di Sant’Orsola. Come spesso accade quando si cerca di ricostruire la vicenda biografica di quei pochi, in grado di marchiare indelebilmente un’epoca, ci si imbatte in lacune e omissioni, più o meno volontarie, la cui ampiezza permette il subentrare della fantasia e delle dicerie, che tentano di assurgere al ruolo di verità storiche. Un meccanismo che non risparmia tanti grandi del passato e che, se portato alle estreme conseguenze, rischia di distorcere il dato storico. Quando invece dicerie e leggende vengono accolte per quello che sono, nella loro innocenza di aneddoti e fantasie, se accompagnate da una solida dose di sospensione dell’incredulità, si trasformano in irresistibili misteri, ingrediente fondamentale per ogni opera che si appelli alla curiosità e al desiderio di scoperta del lettore. È questo il principio fondante che anima L’ultimo respiro del corvo di Silvia Brena e Lucio Salvini: proporre una narrazione che sfrutti le zone d’ombra di una storiografia consolidata, trasformandole in segreti ed enigmi. Come i neri caravaggeschi esaltano la luce nelle composizioni, così gli aspetti meno chiari della sua vicenda biografica, romanzati e riletti, creano la base ideale per la costruzione della suspence e della tensione. Al centro del mistero sull’ultima opera del

Caravaggio una serie di personaggi: mercanti d’arte, galleristi, cardinali. Protagonista della narrazione Dante Hoffmann, critico d’arte la cui eccentricità ed ecletticità ricalca il prototipo quasi bohémien dell’uomo fuori dagli schemi e tormentato. Schema condiviso con l’altro protagonista, Caravaggio stesso. L’intreccio alterna, infatti, sezioni di racconto ambientate ai giorni nostri con le ultime vicissitudini del pittore, nel 1610. Confidando nel perdono del Papa, Caravaggio abbandona le coste spagnole e salpa alla volta del porto di Ostia, per poi venire intercettato e dirottato a nord in seguito a una trappola, che lo priverà dei quadri che stava trasportando come dono per il cardinal Borghese (uno dei suoi persecutori nelle alte sfere pontificie) e lo lascerà naufrago sulle coste della Maremma. Il meccanismo del continuo salto temporale permette al lettore di acquisire indizi e rivelazioni in modo progressivo, rendendolo quasi partecipe dell’indagine. L’andamento estremamente dialogico della storia invece - quasi teatrale nell’essere scandito da frequenti scambi tra i personaggi in scena - permette uno sviluppo scorrevole e non appesantito, impreziosito da sprazzi di erudizione pluridisciplinare: arte, storia, letteratura, sacre scritture, mitologia vengono proposte in un intreccio di rimandi e citazioni quasi necessari in un’opera di questo tipo.

Un thriller storico sulla misteriosa morte del Caravaggio, in linea con i dettami del genere

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di Luca Pani, @Luca__Pani, Università di Modena e Reggio Emilia, Università di Miami

L’empatia nel futuro digitale

Medici e pazienti uniti per superare la paura del vertiginoso progresso tecnologico La rivoluzione digitale - e in particolare l’avvento di robot e sistemi di intelligenza artificiale - ha, inutile negarlo, creato uno stato di ansia collettivo con percezioni distorte e contrastanti tra quelle di chi ritiene che l’automazione (si pensi alle auto che si guidano da sole) sia l’industria del futuro e quelle di chi teme che i robot minaccino la nostra autonomia e il nostro lavoro. Anche la sanità e i suoi processi organizzativi, per non parlare delle scienze mediche, sono da tempo invase da esempi di sistemi artificiali. I tempi non sono ancora maturi e molte novità non fanno davvero parte della nostra vita se non quando si leggono sui giornali, ma senza dubbio i sistemi salute non potranno fare a meno della rivoluzione digitale. I Servizi sanitari sono ormai saturi, avendo da tempo raggiunto i loro limiti originari di funzionamento, sia perché è cresciuta la domanda di prestazioni da parte dei cittadini (si pensi alle liste d’attesa), sia perché è sempre più necessaria l’integrazione di conoscenze molto diverse tra loro come genomica, farmacologia, biologia molecolare, diagnostica per immagini eccetera. Ma se dovremo affidarci all’intelligenza artificiale per proteggere e produrre salute umana, come sarà parlare con un algoritmo invece che con un medico? C’è stato insegnato che l’empatia, la chiave del rapporto medico-paziente, è la capacità di porsi nello stato d’animo dell’interlocutore, nello sfruttare quella porzione di cura “umana” intangibile che produce miracoli clinici e terapeutici. La digitalizzazione sembra escludere la com-

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passione, ma se fosse così l’intelligenza artificiale non dovrebbe avere un futuro e invece un futuro, seppur digitale, esiste. Nel suo ultimo libro (Deep Medicine: How Artificial Intelligence Can Make Healthcare Human Again) Eric Topol, direttore dello Scripps Research Translational Institute in California, descrive gli strumenti del futuro al servizio dei sentimenti del passato. L’applicazione più intuitiva dell’intelligenza artificiale in medicina consiste nell’uso di algoritmi a scopo diagnostico; per esempio in dermatologia, per riconoscere lesioni cancerose e, in modo simile, nella lettura di immagini in oftalmologia o radiologia. Ma esistono anche applicazioni non scontate, come in psichiatria, nel riconoscimento di fenotipi a partire da comportamenti digitali (uso dei social media o dello smartphone) o nella somministrazione di psicoterapie sviluppate da sistemi di machine learning. Per superare la paura dobbiamo (medici e

pazienti) immaginare la tecnologia al nostro servizio, dobbiamo svilupparla, non subirla. I sistemi digitali permettono l’analisi di dati che vengono dai nostri sensori indossabili, alcuni molto intelligenti, come il bracciale che segnala le fibrillazioni atriali, ma che allo stesso tempo devono essere integrati in un sistema decisionale, un algoritmo appunto, altrimenti tutti questi dati, che sono già grandi (big), diventano inutilmente troppi. I sistemi artificiali permettono di dare valore ai dati prodotti dagli strumenti diagnostici (una piattaforma genomica per esempio) o direttamente dai cittadini (wearables), creando un servizio che facilita il lavoro del medico e del farmacista e restituisce loro l’unico elemento più prezioso dei dati: il tempo di stare con i pazienti. Insostituibile nel processo di cura, grazie alle nuove tecnologie, l’empatia entra prepotentemente nell’era digitale e ci fa tornare umani.

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