Puglia in febbraio 2012

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L’ editoriale

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La Puglia vista da Antonio Stornaiolo Un ricordo che non vale mille lire

s torie Uomini e aziende che non hanno niente intesta Alla ricerca di una “Estate indiana” Il volto orientaledi Hollywood Bollywood, un altro cinema

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Noi e gli indiani

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Bit, la Puglia si mette in vetrina

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Renzo Arbore, la musica per tutta la vita

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Pitti uomo veste pugliese

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Chef Antonio De rosa Cuochi si nasce

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La Puglia si veste bene a Firenze con Sciamat Un papillon di stile conquista il mondo Bari è in Fermento

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Il Gruppo Casillo protagonista di Identità Golose 2012 L’oro di Lecce si colora di rosso

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c ultura

San Valentino non solo cioccolatini e regali Puglia bruciata La continua ricerca del paradosso d’arte Sfogliando la Puglia

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s entieri L’allegria e i corriandoli protagonisti del Carnevale Massafra Corato Putignano

Lavoro, quali opportunità

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s pettacoli Orgagliosamente settanta La nobiltà della musica arriva in Puglia Dal web alla Tv, cresce il successo di “chiamami”

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L’agenda di febbraio

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l avoro

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s port La vittoria è donna anche da queste parti Le “gallette rosa” vogliono imparare a volare Cras Taranto missione Tricolore La Polis in testa al giro di boa

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Puglia in Anno V n. 1 • febbraio 2012 Periodico free press Registrato c/o Tribunale di Bari

L’editoriale

fabio Paparella

al n. 3 dell’1 febbraio 2008 Direttore responsabile Fabio Paparella Immagini Osvaldo Negro (Ricerca immagini) Stock.xchng - www.sxc.hu In copertina:

Più aperti, verso l’alto

Deepika Padukone Redazione pif@publimediasud.it I-70122 Bari Via Abate Giacinto Gimma, 163 ----------------------------------------Editore Publimediasud S.r.l. info@publimediasud.it www.publimeidasud.it Pubblicità Publimediasud S.r.l. Responsabile Ufficio Commerciale Stefania Verardi Graphic Design ed Editing Publimediasud S.r.l. Stampa Grafica 080 Italy - 70026 Modugno (Ba) Via dei Gladioli 6 - Z.I. ASI Lotto F1/F2

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Ed eccoci qui, pronti per una nuova stagione. Ci eravamo lasciati con la promessa di iniziare un nuovo anno alla grandissima, con tante novità. Abbiamo lavorato sodo per raggiungere il nostro obbiettivo e speriamo che il prodotto finale vi piaccia. Ma partiamo con ordine. La testata, il bigliettino da visita di un magazine, è stata rivoluzionata mettendo in evidenzia la parola “in” che è lanciata verso l’alto, verso il meglio, perché il nostro vuole essere, ancora di più di quanto sia stato sino ad ora, il giornale delle eccellenze pugliesi. Ovviamente non trascureremo le cose che non vanno o ciò che questa regione può fare per migliorare, ma vogliamo offrirvi le storie personali e aziendali, farvi conoscere i volti e le attività che hanno dato o daranno lustro alla nostra regione, anche al di fuori dei confini. Avremo un occhio di riguardo anche per le nuove tendenze e il loro svilupparsi in Puglia o grazie ai pugliesi. Insomma, abbiamo fatto un grande sforzo per realizzare un giornale più arioso, aperto verso i nostri lettori, ricco di curiosità e di un nuovo aspetto grafico. Non vi sfuggirano, sfogliano questo numero, alcune novità assolute come la presenza di proposte di itinerari brevi per conoscere e far consocere al meglio la nostra Terra ma anche una rubrica per comprendere il mercato del lavoro reale, quello che realmente c’è e non quello che tutti vorrebbero, grazie alla preziosa collaborazione del dottor Enzo Ielpo, esperto del settore. Attraverso questa rubrica speriamo di potervi offrire concretamente nuove opportunità. Vedremo... A proposito di collaborazioni preziose... non posso non ringraziare a nome di tutta la redazione l’amico Antonio Stornaiolo che da questo numero ci onora della sua preziosa firma. Avrà campo libero per scrivere sulla Puglia e noi siamo ansiosi di goderci i suoi commenti. In questo nuovo puglia in continueranno a trovare spazio la cultura e gli spettacoli con la seguitissima agenda degli eventi e daremo maggior spazio alle letture made in puglia ospitando oltre ai libri anche i vostri racconti. Che dire... Noi ce la stiamo mettendo tutta e questo è solo l’inizio di una lunga stagione. Numero dopo numero cercheremo di introdurre novità con l’auspicio che questo nuovo giornale vi piaccia. Contiamo di non fermarci per ora. Seguiteci e non vi pentirete.

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La Puglia vista da

antonio stornaiolo

Un ricordo che non vale mille lire Ah, la lira! Oggi invece c’è l’euro. Assai difficile da gestire. E per questo –dopo dieci anni- si stanno ancora organizzando seminari. Partecipano tutti. Onorevoli, governatori, sindaci, cittadini comuni. Ognuno con la certezza di diventare presto “perito” in euro. Essì, perché è questa la sorte che ci aspetta. I corsi vengono tenuti da banchieri senza scrupoli, insegnanti inflessibili che non perdonano. Se sbagli, loro ti fregano. Accipicchia se ti fregano! Entrano in classe e subito interrogano. Roba da buco nello stomaco. “Allora vediamo… Amati, Barbanente, Blasi, Divella, Emiliano… ecco, Emiliano”. Il banchiere sta per fare la domanda quando bussano alla porta. E’ il governatore Vendola. “Mi scusi, ma ho perso il treno e così eccomi in ritardo…”. “Vendola si vada a sedere e mi raccomando, in futuro non perda altri treni che già insieme a Minervini ne avete persi tanti”. “Dunque, caro Emiliano –riattacca il prof- veniamo a noi. Poniamo il caso che lei coltivi percochi. Un giorno ne coglie cinque da un albero e va al mercato per venderli. Se ne vende ognuno a cinquanta centesimi di euro, quanto ricava in tutto?”. “Neanche un euro”. “Come neanche un euro?”. “Professore, ha fatto l’esempio sbagliato. Io con la fame che tengo quei percochi neanche li faccio arrivare al mercato, io me li mangio prima ancora di partire!”. L’intera classe scoppia a ridere. Tutti tranne il Prof che lo guarda stizzito. “Adesso voglio sentire Fitto”. L’ex ministro si alza per rispondere. “Caro Fitto, mi faccia un assegno in euro”. Il ragazzo di Maglie impallidisce. ”Come, un assegno? Ma scusi, il corso non è a gratis? E poi con i tagli che ci stanno facendo allo stipendio da parlamentare io proprio non ce la faccio…” e senza forze crolla sulla sedia. Subito Tatarella, suo vicino di banco, prova a rianimarlo con degli schiaffetti, ma visto che non accenna a riprendersi, ne approfitta per fargli un palliatone. Il Prof interviene: ”Tatarella la smetta! E lei, Fitto, si tranquillizzi. Le ho chiesto di farmi un assegno solo per testare la sua preparazione, tutto qui”. Fitto riprende colore. Viene quindi il turno del Presidente dell’Acquedotto Pugliese. “Monteforte, quanto costerà in euro dal primo gennaio un litro d’acqua?”. “Milioni, Professore, milioni. Dalle nostre parti non cambierà niente. L’acqua continuerà a costarci un casino”. L’insegnante annuisce, poi nota un’alunna all’ultimo banco. “Signora Poli Bortone ma cosa fa si trucca in classe?”. “Sì. Problemi? E com’è, io non mi posso colorare il viso ed invece lei e quelli come lei potete truccare bilanci ed estratti conto senza che nessuno dica niente? Ennò, la legge dev’essere uguale per tutti!”. Per fortuna arriva la ricreazione. Tra una polacca ed un cornetto, tutti ricordano i bei tempi della lira. Quando con cinquantamila lire in tasca eri ricco per davvero. Giorni felici.

www.antoniostornaiolo.it

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Il successo di Housefull e la partita del turismo pugliese

Alla ricerca di una

L’industria dle cinema ben si collega a quella del turismo se si è sufficientemente pronti a sfruttare le occasioni. In Puglia nei prossimi mesi potrebbe aprirsi un nuvo mercato turistico, grazie anche al prezioso lavoro di Afc Il cineturismo, ossia l’attitudine a visitare una località perché la si è vista in un film, è un fenomeno per sua natura sfuggente: alcune volte, come a Los Angeles, con i suoi tour negli studios e fra le abitazioni dei divi, è il cinema stesso ad essere oggetto di visita; altre volte, come nel caso di Kastellòrizo, o Castelrosso, ultima isola del Dodecaneso che dista poco più di un miglio dal porto turco di Kas, la località viene preservata e valorizzata soprattutto come set cinematografico: l’isola di Mediterraneo ha come “mirabilia” attrattivi la casa di Vassilissa proprio come Itaca ha l’ipotetica casa di Laerte. Ed anche a Cefalonia Nicholas Cage, Penelope Cruze e il mandolino del Capitato Corelli hanno lasciato più di una traccia. E tuttavia questi isolati esempi sono del tutto marginali rispetto, ad esempio, all’impressionante impennata di flusso turistico verificatasi nei luoghi del Codice da Vinci, dallo stesso cenacolo leonardesco di Santa Maria delle Grazie (vi serve una raccomandazione robusta, se volete visitarlo entro

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l’anno) alla tomba di Newton a Westminster. I sentieri dell’immaginario sono numerosi e tutt’altro che scontati. Ciò che possiamo dire con buona attendibilità è che il cinema ha un ruolo significativo nella costruzione e nel consolidamento di un brand turistico, specialmente sui mercati remoti. In questo senso l’occasione rappresentata da Housefull andrebbe colta. “Housefull”, gioco di parole fra “casa piena” e “utile e funzionale”, è una produzione di Bollywood, il principale distretto produttivo cinematografico indiano, ed è una commedia musicale vagamente inconsistente. La trama, vaghissimamente imparentata con la pellicola francese Per sfortuna che ci sei, è più che altro il pretesto per cucire fra loro canzoni e balletti in scenografie lussuose ed esotiche (un po’ come avveniva per le grandi scalinate bianche su cui folleggiavano Fred Astaire e Ginger Rogers). Akshay Kumar e Deepika Padukone, i due protagonisti principali del film diretto da Sajid Khan (stiamo parlando di tre astri di prima

grandezza del cinema boolywoodiano) vivono parte della loro commedia sentimentale in Puglia, più precisamene sul Gargano, nella cornice sontuosa di Baia delle Zagare e di altre località del promontorio. Una location che è il risultato di diverse attività, come spiega il direttore di Apulia Film Commission Silvio Maselli nell’intervista che pubblichiamo in questo numero, e che ha avuto un esito travolgente e per certi aspetti inaspettato. Housefull è stato costruito per essere un blockbuster, e i numeri del mercato indiano sono ciclopici rispetto all’Italia: ma che il film diventasse il secondo incasso di sempre nella storia del cinema indiano, e fosse quindi visto da oltre quattrocento milioni di persone era difficile da prevedere. Il successo di questo film è tale da spalancare al sistema turistico pugliese le porte di un mercato immenso? Certamente no; ma di sicuro apre uno spiraglio per una partita vitale. Cerchiamo di capire perché. Da un lustro a questa parte il borsino turistico della Puglia ha fatto registrare il magazine dell’eccellenza pugliese


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“Estate indiana” indici al rialzo: un fatturato complessivo più vicino ai quattro che ai tre miliardi di euro, una collocazione in graduatoria che oscilla fra la quarta e la sesta, un primato assoluto nel Sud. Merito di un “marchio” consolidato come il Gargano, ma anche dell’impetuosa crescita del Salento e della nuova strategia aeroportuale avviata con il formidabile potenziamento degli scali di Palese e di Brindisi. Per mantenere questi risultati, però, alla luce della generale contrazione dei consumi in corso nel nostro Paese e in tutta l’Eurozona, è giocoforza rivolgersi ai mercati emergenti, fra i quali hanno un posto preminente quelli del cosiddetto Bric (Brasile, Russia, India e Cina). La Puglia, da questo punto di vista, partecipa della generale inettitudine del Mezzogiorno ad attrarre quote significative di turisti provenienti dall’estero: rispetto ad una quantità stabile di arrivi in Italia che si attesta intorno ai 43 milioni, la nostra regione riesce ad accoglierne poco più di uno; un dato che, nella sua pochezza, corrisponde tuttavia febbraio duemiladodici

ad oltre il venti per cento di quanti sono accolti annualmente dal Sud e dalle isole. Nel nostro immaginario collettivo, educato da decenni di iniziative benefiche, emergenze sanitarie e assistenziali, l’India è soprattutto un paese di poveri e di mendichi, che certamente non scarseggiano. Ma l’economia indiana ha il secondo ritmo di crescita del pianeta, secondo solo alla Cina: è previsto che il suo Prodotto Interno Lordo superi quello italiano entro il 2018. La media borghesia indiana, cioè quella parte di popolazione che ha stili di vita, possibilità di reddito e abitudini di consumo paragonabili a quelli europei, ammonta ad oltre cento milioni di persone. Un mercato immenso, per l’appunto; rispetto al quale un film, sia pure melenso e poco memorabile (ma non è che con i nostri vari “Natale a…” noi si faccia una figura migliore), può rappresentare un grimaldello significativo. Non certo per vendere il pacchetto della singola struttura di ricezione, e forse nemmeno per proporre “soggiorni in Puglia” tout court, ma per inse-

rire uno spicchio di Puglia in flussi turistici dall’India all’Italia e all’Europa che sono in costante crescita. È abbastanza difficile che qualcuno si faccia un viaggio di dodici ore in aereo per gli arenili di Otranto e le falesie garganiche, per quanto sublimi. Ma tra una fotografia del Partenone, una salita sulla Tour Eiffel e una passeggiata in gondola a Venezia, una settimanella di Puglia la si può incastrare (avete presente i pacchetti New York-Caraibi che trovate in vendita nelle agenzie di viaggio). Specialmente se nelle nostre strutture ricettive la capacità di parlare inglese diventa la regola e non l’eccezione, se si evita di proporre una costata fiorentina a un indù o un bel piatto di prosciutto e melore a un musulmano. Perché l’immaginario è una cosa; ma poi c’è quello che non solo le donne, ma nemmeno le pellicole cinematografiche dicono: che l’industria dell’accoglienza, per essere tale, passa per la conoscenza.

Enrico Ciccarelli

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Il volto orientale di Hollywood Bollywood, Kollywood e Tollywood fanno del cinema indiano una industria solida e alternativa allo strapotere a stelle e strisce L’industria cinematografica indiana è oggi la più vasta e fiorente al mondo. Produce ogni anno un migliaio di lungometraggi (per avere un termine di paragone, il doppio di quanti se ne producono negli Stati Uniti) e un numero ancora superiore di cortometraggi. Sostenuta da un pubblico assiduo e fedelissimo, favorito dalla diffusione relativamente scarsa delle altre forme di intrattenimento e da un costo dei biglietti bassissimo (quello più caro è di pochi centesimi di dollaro), ha un tasso di crescita, che è stato lasciato sostanzialmente indenne dalla crisi, che sfiora il 17%, un livello che può essere paragonato solo al settore dell’Information and Communication Tecnology, ed occupa circa sei milioni di persone. Va tuttavia considerato che è improprio considerare il cinema indiano una “cinematografia nazionale” sull’esempio di quelle europee: questo perché l’India è un subcontinente, non una nazione, e le sue differenze linguistiche (nel Paese sono parlati oltre cento idiomi) si riflettono in diversi centri di produzione. Quando parliamo di Bollywood, quindi, non parliamo della totalità dell’industria cinematografica, ma solo del distretto produttivo ubicato a Mumbai (quella che un tempo gli occidentali chiamavano Bombay), che è sicuramente il più rilevante, ma non l’unico. Vi si producono i film in lingua Hindi e Urdu (la lingua ufficiale del Pakistan). Ma hanno numeri ragguardevoli anche Tollywood, come viene chiamato il distretto cinematografico dell’Andhra Pradesh, collocato ad Hyderabad, che produce pellicole in lingua Telugu, e Kollywood, con sede a Kodambakkam, dove si girano film in lingua Tamil, che sono anche quelli con maggiore diffusione fuori dall’India, nel Sud-Est asiatico. A Tollywood ha fra l’altro sede lo studio cinematografico più grande del mondo, la Ramoji Film City. Insomma, il cinema indiano ha fatto molta strada da quel lontano 1896 in cui vennero proiettate a Mumbai le prime pellicole dei fratelli Lumière. Merito, si diceva, di un favore popolare durevole e ubiquo: in India vengono staccati ogni anno biglietti per oltre due miliardi e mezzo di dollari, e sono quasi i tre quarti di quelli venduti

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Deepika Padukone, la regina di Bollywood Deepika Padukone (5 gennaio 1986) è una delle più importanti e belle attrici di Bollywood. Nata in Danimarca (a Copenaghen), torna in India, a Bangalore, Karnataka, all’età di 11 anni. Di origine Chitrapur Saraswat Brahmin, è di lingua madre Koknani. Figlia di un giocatore di livello internazionale di Badminton e di una agente di viaggio, ha intrapreso per prima la carriera sportiva, diventando una giocatrice di livello nazionale di badminton. Le sue soddisfazioni però arrivano dal mondo della moda. Scelta come testimonial internazionale da una nota casa di cosmetica (Maybelline) sfila sulle passerelle di tutto il mondo con grande successo, guadagnandosi il titolo di “modella dell’anno” al quinto festival annuale “Kingfisher Fashion Award”. Diventa testimonial anche della Kingfisher Airlines, Levi Strauss e Tissot. La sua carriera cinematografica inizia nel 2000, con piccole una piccola parte in una produzione Tamil, ma il suo vero esordio è nel 2006 con la pellicola in Kannada “Aishwarya”. L’anno dopo debutta a Bollywood, con il celebre “Om Shanti Om”, nel ruolo della protagonista, che le vale la nomination come miglior attrice protagonista ai Filmfare Award e la vittoria nel Fimfare Best Female Debut Award. Ad oggi ha girato per Bollywood 13 film. Attualmente sta girando “Race 2” e “Rana”. R.M. il magazine dell’eccellenza pugliese


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Bollywood,

un altro cinema Lello Petrone, giovane lavoratore nel mondo del cinema, si è approcciato per la prima volta al cinema indiano

In alto Sajid Khan, regista di Houfull, durante le riprese a Mattinata; A sinistra altra immagine del set cinematografico durante i lavori; In basso la bella Deepika Padukone, protagonista del film.

nell’intera Asia. Secondo le stime del Central Board Certification of India, ogni cittadino indiano (sono un miliardo e cento milioni) va al cinema in media una volta al trimestre; sempre per avere un paragone, in Italia la media è di una volta all’anno per un cittadino su tre. Il film caratteristico delle produzioni indiane era il cosiddetto masala movie. Con questo termine, ci dice il critico Marco Restelli “si intende quel meta-genere cinematografico (mix di sentimentalismo sopra le righe, dramma, azione, danze, etc) che è stato il marchio di fabbrica del melodramma musicale di lingua hindi, chiamato con il nome della mistura di spezie (masala appunto) comunemente usata nella cucina indiana.” Ma negli ultimi anni il cinema indiano ha acquisito maggiore spessore e maggiore maturità di linguaggio: e se ne sta accorgendo anche il mercato europeo.

Enrico Ciccarelli

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È il secondo maggior incasso della storia del cinema indiano, uscito in 750 sale con oltre 400 milioni di spettatori, Housefull il film girato sul Gargano con il sostegno e il contributo di Apulia Film Commission. Le spiagge di Vieste e Mattinata fanno da sfondo alla locandina e alle cartoline del film che Apulia Film Commission ha sostenuto e finanziato attraverso sia il Film Fund che il Fondo di Ospitalità per un contributo totale pari a 120.000 euro. A raccontare l’impatto con una realtà molto diversa dalla nostra ci ha aiutati Lello Petrone, per l’occasione al casting e organizzatore di scene di massa. Questa è stata la sua prima esperienza con il mondo di Bollywood. È stato difficile adattarsi ad un modo di lavorare diverso da quello a cui eri abituato? «Sicuramente c’è stato bisogno di tempo per comprendere a pieno i ruoli perché loro hanno un modo di lavorare differente dal nostro, lavorano a “compartimenti stagni”, ognuno ha un ruolo ben definito e spesso non inLello Petrone contri mai chi lavora in un altro reparto. In Italia può succedere che tutti fanno tutto e per questo motivo si finisce col conoscere l’intera troupe». Una curiosità: gli attori del film che atteggiamento avevano con voi? «Con noi italiani erano molto cortesi e disponibili. Con la loro troupe...beh dipende da con chi avevano a che fare, però non credo fosse una questione di altezzosità da star, credo fosse una fatto di natura sociale. Da loro è ancora ferreo il sistema a classi e come nella loro realtà quotidiana chi fa parte di una classe superiore non ha rapporti con chi appartiene ad una classe inferiore; lo stesso avviene sul set. Credo che con noi avessero un atteggiamento tranquillo perché, forse, ci ritenevano loro pari».

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La società di produzione indiana ha speso decine di milioni di dollari per Housefull, una cosa inimmaginabile da noi. «Possiamo anche dire centinaia di milioni. Ma per loro è normale, così come per paesi come Inghilterra o Stati Uniti. Una nostra grande produzione equivale, in termini di investimento, ad un loro film di nicchia. Ma è un modo di fare cinema diverso, per noi è un arte e basta, per loro è un’arte in una vera e propria industria; il loro obiettivo è quello di portare il film in giro per il mondo e non solo nel proprio paese, di conseguenza vanno in contro a incassi stratosferici. Inoltre il fatto di investire tanto in un film significa avere a disposizione attrezzature per noi impensabili: per esempio in Housefull si girava con tre macchine da presa per la stessa scena. Noi, a volte, se ne abbiamo due significa che stiamo facendo un film iperfinanziato. Oppure, a livello di personale, c’erano manovali pagati per una sola ed esclusiva mansione: ricordo che, per esempio, c’era una persona addetta solo a reggere lo specchio di un attore». Per concludere, come hai reputato questa esperienza? Ti ha lasciato qualcosa a livello professionale e umano? «È stato meraviglioso. Da un punto di vista professionale ho capito che si può fare cinema in un altro modo rispetto a quello a cui siamo abituati. Dal punto di vista umano è stata un’esperienza spettacolare. È stato bellissimo vedere ogni attore, operaio o chiunque altro divertirsi nel fare il proprio lavoro. La cosa incredibile è che non vedi nessuno lamentarsi, anche se ha dei ritmi frenetici. Capisci subito come tutti abbiano la consapevolezza che stanno facendo un lavoro bello, quasi fossero dei privilegiati».

Andrea Dammacco

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Noi e gli

indiani Silvio Maselli, direttore di Apulia Film Commission, parla dell’esperienza dell’operazione “Housefull”

Malgrado non abbia ancora trentasette anni, Silvio Maselli, il direttore dell’Apulia Film Commission, può essere definito un punto di riferimento per questi organismi (normalmente regionali, ma ne ha uno anche la Provincia autonoma di Bolzano) creati per incentivare ed attrarre le produzioni cinematografiche ed audiovisive. Non per caso è stato di recente nominato presidente dell’Associazione Nazionale Film Commission. Dal suo ufficio al Cineporto di Bari ha gestito la complessa operazione che ha portato i bollywoodiani di Housefull sulle coste del Gargano «Avevamo già avuto rapporti con altre produzioni indiane, ma non con Bollywood, come viene chiamato comunemente il grande distretto produttivo cinematografico che fa capo a Mumbai. Il contatto con i produttori di Housefull è avvenuto tramite la Scrix, una società di produzioni esecutive che lavora a stretto contatto con l’universo indiano». Perché avete pensato al Gargano? «In realtà la sceneggiatura originale del film prevedeva che si girasse a Londra e in Grecia, che è l’ambientazione ‘mediterranea’ che i registi indiani prediligono. I panorami del Gargano, con le loro rocce a picco sul mare e il candore del loro tufo carsico, sono i più somiglianti all’area dell’Egeo. È venuto quindi naturale pensare al nostro promontorio».

importante in termini di impegno». Perché? «Perché Apulia Film Commission non è solo un finanziatore di film, ma un fornitore di servizi. Quando una produzione di un Paese che non fa parte dell’area Schengen sceglie la Puglia, noi forniamo loro assistenza logistica, burocratica, doganale. Un lavoro che è piuttosto complesso con una produzione che viene dall’India». Quali sono state le complessità specifiche? «Vanno dalla difficoltà di trascrivere correttamente il nome e il cognome di ogni singolo partecipante della troupe (normalmente in numero doppio rispetto a quelle europee) al lavoro necessario per sdoganare gli alimenti, perché preferiscono portare tutto con loro anziché abituarsi alla cucina del paese ospitante, fino all’ingresso in Italia delle attrezzature di produzione».

Ci si può a t t e n d e re un ritorno concreto in termini turistici da una pellicola di così forte impatto popolare? «Sicuramente sì, ma è difficile fare una stima precisa. I film normalmente concorrono con molti altri fattori a determinare una scelta turistica. Come Apulia Film Commission abbiamo un approccio più marcatamente di sostegno all’industria che di incentivo al turismo. Secondo uno studio della Fondazione Rosselli, per ogni euro di contributo

Un film come Housefull è un formidabile strumento di promozione del terriotiro garganico

Quanto è costato Housefull all’Apulia Film Commission? «Molto meno di altre produzioni: tra contributo di ospitalità e quota di film fund, il film ha ricevuto in tutto centoventimila euro, in cambio dei quali non abbiamo avuto solo una generica visibilità, ma anche un’esplicita citazione nell’ambito della pellicola, con un personaggio che accoglie i protagonisti dicendo loro ‘Benvenuti in Puglia’. Il contributo economico, comunque, non è stato forse la voce più

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Silvio Maselli, direttore di Apulia Film Commission

pubblico, le produzioni ne investono sul territorio 6,3. Ci sembra una proporzione importante e vantaggiosa. Tuttavia è indubitabile che un film come Housefull, il secondo incasso di sempre nella storia del cinema indiano, rappresenti un formidabile strumento di promozione del territorio garganico e italiano più in generale».

Enrico Ciccarelli

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Bit, la Puglia si mette in mostra La rassegna fieristica milanese come ogni anno offrirà agli addetti al settore occasione di contatti privilegiati con buyer internazionali. Una opportunità per sviluppare il proprio incoming che gli imprenditori pugliesi non si lasceranno sfuggire ‘Puglia, terra di racconti’ è lo slogan scelto quest’anno dalla Regione Puglia per presentare agli operatori turistici e alla stampa specializzata, in occasione della Bit di Milano, la propria offerta turistica integrata per il 2012, dal mare all’enogastronomia, dalla natura alle tradizioni religiose, dallo sport agli eventi culturali, musicali e di spettacolo. La partecipazione della Puglia alla kermesse internazionale conferma l’ottimo stato di salute del settore, uno dei più importanti per l’economia regionale, accreditata da un costante trend di crescita che colloca il brand ‘Puglia’ ai primi posti delle destinazioni turistiche per il mercato italiano ed estero. Avere tutto per poter essere competitivi a livello internazionale può non essere sufficiente per diventare un polo di attrattiva turistica. Se un film, sia pure di successo e visto da milioni di persone in tutta l’Asia (come raccontiamo nelle pagine precedenti) rappresenta un ottimo biglietto da visita, tutto il resto deve essere costruito. La Puglia è pronta per ricevere turisti da

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tutto il mondo? Sono i nostri operatori turistici in grado di parlare con tutti? Si sta lavorando per inserire l’offerta-Puglia all’interno dei pacchetti dei grandi tour operator mondiali? Tutte domande a cui è difficile dare una risposta. Di certo possiamo sottolineare come in Puglia non si sta con le mani in mano. Ma sapere cosa fare, con chi parlare, di cosa e come agire è una ricetta che trova sempre una sua difficile realizzazione. Per essere considerati, allora, bisogna essere presenti. Ed anche quest’anno, in quella che è la vetrina più importante del settore (insieme alla kermesse estiva di Rimini), la Bit di Milano, la Puglia è ben presente con un proprio stand e con i propri operatori turistici ed istituzionali. Perché il primo passo per poter essere “offerta” è farsi conoscere. Abbiamo bellezze che non sono seconde a nessuno. Bisogna mettersi il vestito delle grandi occasioni e farsi guardare da chi, poi, deciderà dove mandare i propri clienti, e deciderà come convogliare i principali flussi turistici verso l’Italia e, speriamo, verso la Puglia.

Ecco allora il senso della partecipazione (istituzionale e non certamente a titolo gratuito) della Puglia alla Borsa Internazionale del Turismo di Milano, in programmazione da giovedì 16 a domenica 19 febbraio alla Fieramilano di Rho. E la Puglia ci sarà, dunque. Ancora una volta con una offerta turistica d’eccellenza, in grado di spaziare dalla gastronomia alle bellezze paesaggistiche, dall’intrattenimento culturale al mare, dal divertimento per i più giovani ai grandi monumenti, dai siti tutelati dall’Unesco ai percorsi naturalistici, dal turismo religioso agli spettacoli. Ne abbiamo per tutti i gusti e, spesso, anche per le tasche meno “capienti”. Dobbiamo però continuare a presentarci in Italia come all’estero. Sempre più come “brand” e “prodotto unico” e sempre meno come accozzaglia di operatori e di prodotti che puntano ad una mera sopravvivenza. La Puglia merita certamente di più. Si tratta, semplicemente, di saperselo “conquistare”.

Roberto Mastrangelo

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Agenzia Puglia Imperiale, andare oltre nel segno della memoria Per il dodicesimo anno consecutivo, ma con nuovo concept, una continua indagine sul campo, un trend di turisti in crescita e la volontà di andare oltre. Nel segno della memoria. Ecco la ricetta dell’Agenzia Puglia Imperiale Turismo per la BIT 2012, “Il Turismo della Memoria in Puglia Imperiale”, un viaggio alla ricerca dei luoghi della Storia: sono gli antichi mestieri, sapori, riti religiosi, pietre, castelli e cattedrali, pagine di storia che parlano di viaggi e di ritorni, non solo con la mente. Sono questi i temi “caldi” scelti per il ricco calendario di eventi, che vedono coinvolti insieme al Presidente dell’Agenzia Puglia Imperiale Turismo, Luigi Simone e del Presidente della Provincia di Barletta-Andria-Trani, Francesco Ventola,

anche i sindaci e gli Assessori al Turismo dei Comuni di Andria, Barletta, Bisceglie, Canosa, Corato, Margherita di Savoia, Minervino, San Ferdinando, Spinazzola, Trinitapoli e Trani. A pochi metri, nello stand promozionale di Puglia Imperiale, pubblico ed operatori del settore troveranno ad accoglierli “gli entusiasti”: sono i fieri custodi del proprio tesoro fatto di arte, di storia, di cultura e di paesaggio, con una gran voglia di raccontarlo e farlo conoscere in tutto il mondo. Luoghi di epiche disfide, di matrimoni fra principi e principesse, di crociati in partenza, di immagini impressioniste che fotografano la natura incontaminata, da visitare a bordo di antichi convogli che viaggiano insieme ai pensieri. E fanno il giro del mondo: a

questo proposito passato e futuro si intrecciano virtualmente, dato che la presenza della manifestazione milanese sui principali social network, completa e amplia ulteriormente su scala mondiale i contatti possibili, rendendo protagonisti globali i temi proposti. In questa edizione, infatti, è particolare l’attenzione al mondo dei nuovi media sensibili al tema delle vacanze e dei viaggi, per raccontare le tendenze e le novità di più grande impatto. Dopo aver celebrato i 10 anni del marchio europeo “Puglia Imperiale”, l’Agenzia Puglia Imperiale Turismo alla Bit di Milano scopre orizzonti sempre più internazionali, per maggiori opportunità di business mirato. Passato e futuro, attraverso il presente.

Roberto Mastrangelo

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MA IL SUD CREDE NEL TURISMO? Alla Bit hanno accesso come visitatori sia gli operatori professionali che il pubblico dei viaggiatori. Quest’anno gli operatori di settore hanno a disposizione 3 intere giornate per stabilire nuovi contatti. Il pubblico può visitare gli stand solo sabato 18 e domenica 19 febbraio. Secondo le statistiche dell’organizzazione i visitatori della fiera sono per 40% viggiatorie e per il restante 60% operatori. Fra gli operatori poi, solo il 20% è data da agenzie di viaggio. Dal punto di vista geografico le statistiche ci dicono che la maggioranza degli operatori sono del Nord (68%), 20% del Centro e solo il 12% del Sud, dato molto basso se si considera che è la parte di territorio che dovrebbe investire maggiormente nel turismo.

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Patroni di Puglia presente alla Bit milanese Non solo mare e sole, ma anche una offerta ampiamente differenziata, per fare della Puglia una protagonista del turismo internazionale. Continua, infatti, il percorso di promozione del progetto Patroni di Puglia, riguardante le feste patronali della Regione Puglia, parallelo all’iniziativa “La Settimana Santa in Puglia”, in collaborazione con l’Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo della regione Puglia. Le feste padronali, recensite in una guida

completa (in tutto 80), sono state suddivise in 5 categorie: sagre a mare, carri trionfali, pellegrinaggi, cortei storici e i fuochi. Dopo il lancio promozionale dello scorso 11 novembre 2011 nella sede della Provincia di Taranto, il progetto verrà presentato ufficialmente alla Bit. Si tratta di un progetto di promozione turistico, religioso e culturale, un excursus lungo i ricchi sentieri della tradizione popolare e della produzione storico-tradizionale della Puglia, la cui

lettura passa dal folklore alla poetica della narrativa popolare, dai rituali ai culti religiosi. Questa promozione integrata, partendo dagli eventi religiosi e culturali, consentirà anche di valorizzare le particolari attrattive naturalistiche, enogastronomiche e produttive in generale, di scoprire territori ricchi di storia e tradizioni, favorendo un turismo sostenibile destagionalizzato, moltiplicando le opportunità e le occasioni di sviluppo sociale e culturale della Regione Puglia.

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Renzo Arbore, la musica per tutta la vita Arbore ancora una volta fa incetta di applausi a Taranto e intanto ci parla della sua sconfinata passione per il clarinetto e per il jazz e per il Sud

È stato facile riconoscere il re della musica napoletana e del clarinetto, Renzo Arbore, mentre salutava numerosi fans per le vie di Taranto. Il concerto nella bella città pugliese si era appena concluso; il profumo del sud suonato dall’Orchestra italiana e cantato dalla sua voce, vibrava ancora nell’aria. Le tre ore di musica, intervallati da barzellette, sketch, racconti personali, e momenti di riflessione, non hanno contraddetto la “premessa-promessa” dell’artista, «sarà un concerto sentimentale». Oltre alle famosissime Reginella, O’ Sarracino, Malafemmina, non sono mancate alcune delle sue canzoni, Il clarinetto e Ma la notte, intonate anche dal pubblico. Come di consueto, il re della musica italiana d’autore, ma anche del piccolo schermo da ormai 50 anni, è entrato in stretto contatto con i presenti in sala, emozionandoli e rendendoli protagonisti. Nella splendida cornice del Teatro tarantino, oltre alle note dei mandolini contaminati da sonorità blues, rock e country, ha regnato anche un’atmosfera serena e positiva. Il grande Maestro, infatti, non ha risparmiato parole confortanti rivolte all’attuale crisi del Paese «noi pugliesi abbiamo una marcia in più, siamo “operativi” e capaci di rialzarci dinanzi alle difficoltà e non smetteremo di sperare». È stato un altro successo per Renzo Abrore e l’ Orchestra italiana, quasi interamente composta da altri pugliesi, che dal 1991 portano in alto il nome della nostra regione sino a Tokyo, New York, Toronto, Parigi, Londra, San Paolo, Buenos Aires e Mosca. Per questo, abbiamo voluto chiedergli come nasce il suo rapporto con la musica, quanto è forte quello con la Puglia e la Campania, i segreti del suo successo e tanto altro ancora.

anzi, tutto: cantante, musicista, attore, conduttore televisivo e radiofonico, sceneggiatore, regista, disjokey, talent scout, testimonial della Lega Filo d’oro, Presidente dell’ Umbria Jazz. Ma qual’era il suo sogno da bambino? «Io sono partito dalla mia città, Foggia, con l’idea di fare il musicista, era il mio sogno. Ho capito subito che la mia vita sarebbe stata legata alla musica». Come è avvenuto il suo successo negli altri campi dello spettacolo? «Piano piano. Andando a Napoli, ho cominciato a lavorare nei locali, ma non pensavo di fare l’intrattenitore perchè avevo una timidezza antica, ero “uaglione”, il meno intraprendente e il più timido del gruppo che stava lì per imparare. Con il tempo ho superato questa timidezza e mi è venuto naturale cominciare a parlare negli altri mestieri, come intrattenitore, regista, conduttore».

La musica è la colonna sonora di tutta la mia vita.

Maestro Arbore, Lei ha fatto di tutto,

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Come si definirebbe? «Un clarinettista, quello che volevo fare quando ho cominciato; cioè suonare il clarino, avere gli applausi diretti dal pubblico e cantare le canzoni napoletane. Ho fatto anche le orchestre con le quali mi divertivo a suonare il jazz; diciamo che la musica è la colonna sonora di tutta la mia vita e se posso fare una confidenza, dalla musica, in particolare dal jazz, ho imparato a fare spettacolo, ho studiato il gusto di improvvisare e l’ho fatto in radio, televisione, e al cinema, con Benigni».

adattandola ai giorni d’oggi. La sua attualizzazione ha reso quella musica una lingua, un modo di essere che era stato etichettato. Perchè ha scelto di rappresentare il suo sud? «Innanzitutto perchè sono un uomo meridionale, poi perchè ritengo che la musica di tutti i paesi del sud, non soltanto italiani, sia la musica piu’ interessante; i paesi del sole sono piu’ passionali, forse drammatici in alcuni momenti, pero’ anche piu’ allegri rispetto a quelli del nord. Ritengo che il nostro sud abbia una grande solarità, abbiamo dei problemi, è vero, ma dal punto di vista artistico esiste una grandissima creatività». Nato a Foggia e cresciuto a Napoli. Se fosse rimasto nella sua città natìa, sarebbe cambiato qualcosa, secondo Lei? «Questo si. Diciamo che oggi le capitali della comunicazione, cinema ed editoria sono Roma e Milano, mentre Firenze, Napoli, Bari sono ottimi punti di partenza. Pero’, la gavetta la si fa proprio nelle nostre città. L’unica gavetta che ho fatto è stata quella con gli amici, a Foggia, con i quali ho suonato e dai quali ho imparato. Adesso sono Presidente dell’Umbria Jazz. Insomma, diciamo che per arrivare bisogna avere le fondamenta». Classe 1937, 74 anni all’anagrafe, molti di meno sul palco. Qual è il segreto?

Con 15 artisti quasi tutti del sud, porta in giro per il mondo, la canzone napoletana, rivisitandola, il magazine dell’eccellenza pugliese


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«Il fatto di fare un lavoro artistico, ci obbliga a controllare il peso e la ginnastica che fai sul palco per tre ore e mezzo , è praticamente una palestra, come i viaggi e tutto cio’ che comporta l’ attività artistica. Devo dire la verità, sono abbastanza fortunato a fare questo tipo di lavoro e non un altro; credo che il vero segreto sia avere un po’ di positività, ecco. Noi meridionali spesso ci portiamo dietro un po’ fatalismo , “così doveva andare il mondo”, e invece dovremmo essere più positivi, a volte».

aspettano. Ho piu’ una certa impazienza che emozione, ti dico la verità e l’ impazienza è un buon segno perchè vuol dire che non vedi l’ora di far vedere al pubblico l’orchestra, soprattutto all’estero, perchè lì non ci conoscono bene ed è bello dire: “adesso vi faccio vedere chi sono io” (sorride- n.d.r.)». Che cosa hanno in comune la Puglia e la Campania per Lei , oltre il sole? «La Puglia e la Campania hanno una cultura comune, compresa la musica. La mia colonna sonora, già dall’infanzia, era la musica napoletana, ma c’è una caratteristica della pugliesità che è maggiore: l’operosità. Noi pugliesi vogliamo imporci, lavorare e ottenere dei risultati; certe regioni del nostro meridione sono un po’ piu’ restie , un po’ piu’ “comode”, noi, invece, abbiamo delle qualità che non dobbiamo sottovalutare».

Una canzone per descrivere la Puglia? Amara terra mia di Modugno.

Prima di salire sul palco, si e m o z i o n a ancora? «Certo, sempre. Domenico Modugno mi diceva “guai a non emozionarsi perchè questo si comunica anche al pubblico”. Poi, ci sono alcune mete che ti emozionano particolarmente, come il tetaro Petruzzelli di Bari. Da giovane, con gli amici, consideravamo il teatro barese la “meta della terra promessa”, perchè era rservato alle grandi occasioni e quel ricordo adolescenziale rimane ancora. Poi, salire sul Petruzzelli che ha avuto quelle vicissitudini, vederlo completamente restaurato, con un pubblico esigente, accende particolarmente l’emozione. Io cerco di salire sul palco sicuro di quello che regalo al pubblico, anzi di dare più di ciò che si febbraio duemiladodici

I pugliesi e i campani la contendono, ma lei dentro, si sente più napoletano o foggiano? «Bella domanda (sorride). Foggiano, perchè non dimentico le mie radici e il mio percorso, ma anche Napoli fa parte della mia vita.Sono luoghi magici, mete importanti». Prima di diventare il Re della musica italiana, ha mai dubitato o

Chi è Renzo Arbore Lorenzo Giovanni Arbore, poliedrico personaggio radio-televisivo, attore,showman e musicista, nasce a Foggia il 24 giugno 1937. Nella sua lunga carriera artistica è riuscito a coniugare radio, musica, cinema e televisione, mantenendo intatto il proprio personaggio. Dopo la maturità, si trasferisce a Napoli, dove si laurea in giurisprudenza, ma è nella sua città natia che muove i primi passi da musicista sino a divenire, in breve tempo, popolare. Ha lavorato con i più grandi artisti italiani e stranieri ed è tra i personaggi più amati dal pubblico.

Le hanno mai fatto dubitare del suo talento? «No, questo no, ma c’è stata qualche invidia, quello sì, anche da parte degli artisti napoletani perchè tra di loro sono molto invidiosi, non si amano e, quindi, ho faticato, però …. (sospira)». Scelga una canzone per descrivere la sua Puglia «Amara terra mia, di Modugno che scrisse con un mio amico foggiano, Spadaccino; una canzone sulla Puglia antica, amara, inconfondibile».

Annalisa Tatarella

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La Puglia si veste bene a Firenze con Sciamat Ottimo bilancio per le aziende pugliesi che hanno esposto a Pitti immagine. La sartoria bitontina fondata da Valentino Ricci in pochi anni è diventata una delle più belle espressioni del l’abbigliamento “su misura“ made in Italy Abiti come pezzi della propria personalità. Giacche come veicolo per far conoscere fin dal primo sguardo le proprie idee, per parlare di sé anche solo attraverso una scelta apparentemente banale come quella di un capo di abbigliamento. È questa la filosofia di Sciamat, brand che nasce nel 2002 per volontà del suo fondatore, il giovane avvocato bitontino con la passione per la moda Valentino Ricci, e che quest’anno, esponendo presso Pitti Uomo, porta una ventata di gusto ed eleganza pugliese anche nella più importante fiera di moda maschile d’Italia. Il nome dà già un impronta chiara al marchio: “Sciamat” non è altro che il nome della mossa che nel gioco degli scacchi indica lo scacco matto, la vittoria sì, ma anche l’azzardo, il rischio, il tentativo coraggioso di rovesciare lo status quo per arrivare in alto. E l’azienda Sciamat è partita proprio da questa idea, dalla voglia di creare abiti in cui far confluire tutta la tradizione del made in Italy ma facendo una scommessa nei confronti della sua clientela. Niente più prodotti in serie, né catene di montaggio che offrono l’estrema spersonalizzazione dell’abbigliamento, bensì cura per il dettagli, produzione su misura e tutta

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l’eleganza dell’eccellenza. Ci dice Silvana Ricci, moglie nonché stretta collaboratrice del fondatore: «Il Pitti resta sempre l’unico grande palcoscenico in grado di rappresentare nelle sue varie prospettive l’eleganza maschile. Ed è forse l’unica location nella quale chi cerca qualcosa, verosimilmente, potrà trovarla. Certamente dipende da cosa cerca. In verità ci siamo sempre chiesti se il Pitti fosse per noi una manifestazione ideale, stante il fatto che siamo una bottega che produce artigianalmente un prodotto che oggi è senz’altro considerato un bene di lusso e quella del Pitti è sicuramente, per gli addetti ai lavori, una grande vetrina commerciale. In verità noi di commerciale abbiamo ben poco. Tuttavia, vi si avvicenda l’intero mondo e tra questi c’è chi trova in noi quello che ha sempre desiderato: studio, ricerca, stile, manualità, in una parola un prodotto unico e si accontenterà di averlo in limited edition. A rendere vincente un prodotto oggi più di ieri è la qualità, il rispetto di procedure che garantiscano al cliente con trasparenza quello che sta comprando e quindi cosa sta pagando. Questo per noi fa la differenza. Quindi il vantaggio di questa manifestazione è, e resta sempre, la grande visibilità data dal fatto che, in quei giorni, l’intero mondo fatto di esperti e non esperti ha l’opportunità di conoscere il tuo lavoro». Insomma, la Puglia ancora una volta di-

mostra di aver ben capito su quali elementi puntare, e questa azienda sembra avere in tasca la perfetta ricetta anticrisi: «Lo stile, le forme, le linee, quelle possono piacere oppure no; ma quello che non deve mancare mai è rendere l’interlocutore, il committente, partecipe fino in fondo all’oggetto della sua committenza. Continua la Signora Ricci - Quindi in un mercato dove ormai si produce di tutto e di più e dove ci sono prodotti clonabili di qualunque specie, a vincere non è il prodotto da “solo” ma tutto quello che c’è dietro e dentro di lui: la passione, la ricerca, l’amore verso il proprio lavoro, un “profumo” quasi sconosciuto alle nuove generazioni abituate a cercare il prodotto fashion del momento».

Daniela De Sario

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Un papillon di stile conquista il mondo Dopo essere stato indossato anche dallo showman Fiorello, il farfallino dei tre giovani coratini ha conquistato Firenze Nati proprio nell’edizione 2010 di Pitti Immagine, questo trio di creativi coratini non possono che essere grati ad una manifestazione che è stata una vetrina così importante per il loro marchio. Antonio Patruno Randolfi, Luigi Arbore e Massimo Mazzilli sono le tre anime di Cor Sine Labe Doli, piccolo gioiellino dell’imprenditoria nostrana che, già a partire dal nome, dimostra di aver deciso di puntare con determinazione ad un vasto mercato internazionale senza per questo perdere di vista le sue radici: “Cor Sine Labe Doli”, infatti, che alla lettera vuol dire “Cuore Senza Macchia di Tradimento”, non è altro che il motto della città natale dei tre soci fondatori, Corato. Ed è proprio in questo gioco di commistione passato-presente che emerge la natura del marchio: il prodotto simbolo di “Cor Sine Labe Doli”, cioè quello che li ha portati alla ribalta alla scorsa edizione di Pitti, altro non è che un papillon, espressione della moda maschile più classica e tradizionale, ma reinterpretato con materiali assolutamente inediti, ossia la ceramica e il metallo. «Cosa ha reso un prodotto come il nostro come un progetto vincente?” - ci dice Luigi Arbore, Sales & Marketing Manager di “Cor Sine Labe Doli” - Difficile saperlo, si possono fare solo delle ipotesi. Credo che il prodotto giusto, geniale e innovativo, differenziante e spesso anche di qualità, faccia l’80%. In più se un prodotto è Made in Italy 100% come il nostro, si parte ancora più avvantaggiati». Quindi la ricetta del successo, in qualche modo, è ancora quella di coniugare l’esperienza consolidata del made in Italy con le idee, la stravaganza e l’originalità, per

porre sul mercato dei prodotti che si distanzino quanto più possibile dall’ordinario. E in questo il team di Cor Sine Labe Doli ha di sicuro fatto centro! In poco meno di due anni hanno conquistato una clientela vasta e trasversale, rivolgendosi sia a chi ama uno stile pulito e classico, sia a chi vuole osare e magari lasciar spuntare il papillon dal collo di una polo invece che dalla solita camicia. Inoltre sono stati addirittura al collo di Fiorello nello show più seguito della stagione, Il più grande spettacolo dopo il weekend! Ma la loro linea cresce ancora, e in occasione di questa edizione di Pitti Uomo è stata presentata Sir Winston, camicia da uomo sia bianca che nera in cui la particolarità è tutta nei bottoni, chiaramente in ceramica. E per le donne, da sempre consumatrici di moda numero uno? La creatività di Cor Sine Labe Doli accontenta anche loro, proponendo pochette raffinate ed eleganti e chiaramente Femina, un papillon declinato al femminile. Unica nota stonata, ancora secondo Luigi Arbore? Il contesto politico. «Se dal punto di vista sociale, siamo riusciti a trovare degli appoggi, a trovare chi credesse in noi, dal punto di vista politico no! Noi siamo giovani, e rappresentiamo una giovane azienda, ma cosa fanno le nostre istituzione per noi? Nulla. Men che zero! Eppure abbiamo anche provato a sottoporre la nostra attività ai finanziamenti regionali del caso, ma la risposta è stata picche. E allora? Allora abbiamo deciso di fare tutto da soli. Mordaci e determinati». E noi non possiamo che far loro i complimenti!

Pitti, stile e il savoir vivre da oltre cinquant’anni Pitti Immagine organizza fiere internazionali ed eventi di comunicazione in tutti i settori della moda, con l’obiettivo di selezionarne e presentarne i prodotti di alta qualità e gli stili più innovativi, evidenziarne la rilevanza sociale e culturale e i contenuti di ricerca. La sua origine risale agli inizi degli anni Cinquanta con le prime sfilate organizzate a Firenze nella Sala Bianca di Palazzo Pitti e con la successiva costituzione (1954) del Centro di Firenze per la Moda Italiana, attualmente holding di un vasto e ramificato gruppo di società che operano a sostegno del sistema moda italiano - e di cui Pitti Immagine fa parte. Fulcro delle manifestazioni di Pitti Immagine è la Fortezza da Basso di Firenze che si estende su una superficie di 59.000 metri quadrati. Per l’edizione 2012 è stato realizzato un percorso articolato in 12 sezioni e con oltre 1000 marchi; inoltre hanno partecipato 28 aziende pugliesi tra cui Angelo Nardelli di Martina Franca, Harry & Sons di Noci e Joe Rivetto di Barletta. Pitti risulta essere un punto di riferimento sulla scena internazionale, come dimostrano i numeri dell’ultima edizione: oltre 23.100 i compratori all’ultima edizione invernale dei quali 7.700 i buyer (33,3% del totale) dall’estero in rappresentanza di tutti i negozi e i department store più importanti del mondo. Pitti Uomo è la vetrina ideale scelta dalle migliori aziende per la presentazione delle nuove collezioni e di nuovi progetti speciali. Crescono, infatti, le richieste di realizzare eventi e presentazioni in Fortezza, sempre più contesto privilegiato dove intercettare i top buyer e la stampa internazionale.

Il papillon di Fiorello

Daniela De Sario

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Il papillon di Cor sine labe doli è stato indossato anche da uno dei colli più popolari e prestigiosi dello Star system italiano, Saro Fiorello.

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Bari è in Fermento

La birra ha una nuova casa È nato a Bari il primo beer shop pugliese e si preannuncia come un posto di sicura tendenza, dove poter gustare un’ampia selezione di birre provenienti dai maggori Paesi produttori. Abbiamo intervistato per voi gli ideatori di questa attività per saperne di più

Nel capoluogo pugliese, c’è fermento, anzi, “Fermento”, il primo ed unico beer shop pugliese che offre più di 300 birre di qualità. Nel locale, situato nella zona di Poggio Franco, si respira un’ atmosfera internazionale e ogni dettaglio riporta al mondo birraio, persino la carta da parati. I proprietari sono due giovani pugliesi, Michele Pesce e Rosario Piergiovanni che abbiamo intervistato degustando una birra belga alla ciliegia. Cosa vuol trasmettere al cliente, Fermento? «Movimento, evoluzione, trasformazione. Speriamo che la novità venga apprezzata; in Italia vi sono altri beer shop, ma in Italia e a Bari siamo gli unici».

«Attualmente da sette Paesi: in predominanza, dal Belgio, seguita dalla Germania,Francia, Stati Uniti e Italia».

Hanno una stagione? «Si, ci sono delle birre che si chiamano “season”, in francese vuol dire stagione, appunto, che vengono prodotte a maggio con una una gradazione particolare che permette un’ottima conservazione della birra da consumarsi in ottobre». Quanti gradi contiene la birra più alcolica? «Dodici gradi, in realtà, ci sono molti esperimenti delle case birraie, specialmente in Belgio e in Inghilterra, dove vengono eseguiti affinamenti particolari che elevano i gradi della birra sino a 18, 20. Sono birre più difficili da bere e costano parecchio, ma non sono le più richieste».

Come si caratterizza il vostro negozio di birra rispetto a quelli esistenti al Nord? «Noi offriamo un surplus: qui la clientela può intrattenersi, degustando birre abbinate a prodotti tipici di qualità, ossia formaggi ricercati, d.o.p.».

Da Fermento si possono trovare birre dal gusto particolare? «Qui si può degustare una birra aromatizzata alla ciliegia, al miele o, se si preferisce, al cioccolato. Sono tantissime».

Come nasce Fermento? «Dalla passione e dall’esperienza; abbiamo una birreria da dieci anni, propri qui vicino. Anche lì abbiamo sempre cercato di trasmettere al cliente il concetto della degustazione».

Su questi scaffali c’è anche una birra pugliese, vero? «Si, “Nova” e presto ve ne sarà almeno una per ogni regione italiana. Prima, però, le degusteremo tutte, insomma, ci prestiamo spesso a questo sacrificio (sorride n.d.r.)».

In quanto tempo avete realizzato il progetto? «In due mesi, anche se l’idea ci frullava in testa da un paio d’anni». Fermento raggiunge anche le case dei clienti? «In un certo senso, sì; tra poco sarà possibile anche acquistare il materiale per fare la birra nella propria abitazione». Le birre vengono da tutto il mondo?

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Da Fermento ci si può recare anche attraverso il web? «Il nostro sito è in costruzione. Presto le birre si potranno acquistare anche online, stiamo anche pensando di fare e-commerce». il magazine dell’eccellenza pugliese


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Come confezionate i vostri prodotti? «In modo originale. Rosario, presto futuro produttore birraio, è appassionato anche di falegnameria , oltre che di consulenza, e per i clienti ha realizzato delle cassette da asporto da riempire nel modo che si preferisce, per fare e farsi un regalo, personalizzato». Il negozio di birra ha gli stessi orari di un negozio di abbigliamento? «I nostri sono flessibili in quanto ci si può intrattenere. Siamo aperti dalle 10.00 alle 15.00 e dalle 17.30 alle 22.00. Organizziamo anche serate di degustazione». Ditemi una cosa che della birra, in pochi conoscono? «L’importanza della spillatura che, se corretta, consente di eliminare l’anidride carbonica. Inoltre, in molti, chiedono la birra senza schiuma che, invece, ne protegge il sapore».

Dove FERMENTO

via Mauro Amoruso, 59 Bari 080.561.19.36

C’è fermento da Fermento? «Per ora si. Chi entra da Fermento per la prima volta è un po’ confuso, ma dopo ne rimane affascinato ed affezionato».

Annalisa Tatarella

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Chef Antonio De Rosa

cuochi si nasce Quando la creatività è anche in cucina “Mi piace pensare alla mia cucina come una cucina emozionale, che con il totale coinvolgimento di tutti i sensi riesca ad appagare non solo il palato”. È quanto afferma Antonio De Rosa dal 1994 Excutive Chef dell’ Hotel Mercure Villa Romanazzi Carducci, ambasciatore del «made in Puglia», vincitore alla fiera del libro di Parigi per il miglior libro al mondo sulla cucina mediterranea, che per quest’ anno ripropone una raccolta di 100 ricette della migliore tradizione levantina. D’ altra parte il legame tra il cibo e le emozioni è noto fin da tempi remoti; un sapore gradevole o un profumo appetitoso possono persino evocare sensazioni e ricordi inattesi . Chef, qual è il cibo della sua infanzia? «La cucina di mia nonna. Mi ritorna in mente l’odore del ragù che preparava la domenica nella sua cucina ed il rito che mi vedeva impegnato all’ età di cinque anni nell’ impresa di spezzare zitoni e di grattugiare il pecorino romano. Ancora oggi a casa di madre si mangia rigorosamente pasta liscia». La cucina è sacrificio e passione.

Come mai ha intrapreso questa professione? «Credo sia una sorta di vocazione. E’ una passione. Avevo 4 anni e sul letto giocavo ad impastare il pane. Dicevo già che avrei fatto il cuoco». Che cosa caratterizza la sua cucina? «Mi piace sperimentare, mettere insieme sapori ,contaminare, ma nel massimo rispetto di chi consuma. I sapori devono essere riconoscibili. Voglio pensare che la prima considerazione che un cliente debba fare davanti ad un piatto sia che è buono, prima ancora di con cosa o com’ è preparato». Oltre alla tradizione pugliese di quali altre influenze risentono le sue ricerche gastronomiche? «La mia formazione ha una connotazione fortemente mediterranea. Per me il Mediterraneo è un’unica grande regione. Uno spazio senza confini. Mi piace sentirmi pugliese, ma anche un po’ mediorientale, un po’ nordafricano. Di fatto queste terre hanno più punti di contatto di quelli che riusciamo a sentire. Credo che la cultura della cucina mediterranea sia un’unica grande cultura. Poi per tanti motivi si prendono strade diverse, ma ci sono elementi che accomunano, specie dal punto di vista della materia prima. Pensiamo all’ olio d’ oliva, al grano, alla frutta secca». Com’è cambiata la cucina negli ul-

La ricetta Cozze farcite con riso basmati e zucchine Procedimento

Pulire le cozze, raschiarle e lavarle accuratamente. Aprire le cozze a mezza valva da crude; Riempire le cozze con la farcia di riso; Accomodare le cozze in una tegame di terracotta con un filo di olio extra vergine d’oliva; Condire con la cipolla rossa tagliata a spicchi, le falde di pomodoro tagliate in grossi cubetti, il sedano affettato; Aggiungere il rametto di timo ed un mestolino di brodo vegetale; Coprire il tegame di terracotta e cuocere in forno a 160°; Servire le cozze tiepide con la salsa di cottura e le verdure.

Per la farcia

Cuocere il riso Basmati a mezza cottura; Raffreddare il riso; Tagliare la zucchina a cubetti; Cuocere in padella con olio e aglio tritato; Condire con il sale, il pepe, il prezzemolo la menta tritati; Unire la zucchina al riso; Legare con il parmigiano, il pecorino e le uova. Completare con cubetti di pomodoro.

Ingredienti Kg.1 cozze

Per il ripieno delle cozze: Gr.200 riso basmati Gr.200 zucchine Gr 40.parmigiano + gr.20 pecorino n.2 uova + gr.50 falde di pomodori rossi sale q.b + pepe q.b + prezzemolo gr.10 foglie di menta q.b. Per la salsa: olio extra vergine d’oliva gr.40 gr.200 pomodori rossi scottati, pelati e privati dei semi gr.100 cipolla rossa + gr.150 sedano timo gr.2 +

timi anni? «Negli ultimi anni è cambiata la consapevolezza con cui un piatto è stato preparato. Prima si cucinava quasi per inerzia, più tradizione. Oggi c’è più conoscenza. La cucina non è più un fatto empirico, è diventata più tecnica. Certo la tecnologia aiuta, agevola, velocizza le procedure, ma bisogna avere certa consapevolezza per usarla. E poi è cambiata la preparazione del pubblico. Prima si accostava alla tavola in maniera casuale. Oggi c’è una conoscenza dei prodotti, della materia prima e a questo hanno contribuito i mezzi di informazione che hanno costruito un pubblico competente. L’ interesse alla tavola si è creato perché la disponibilità degli alimenti di ogni genere ed origine, fermo restando che per tante aree geografiche mangiare è ancora una necessità e troppe volte un miraggio, ha portato la gente ad essere stufa del cibo, abituata a trovare tutto sugli scaffali, così non mangia più perché ha fame, ma perché quello del ristoro è un luogo di partecipazione». Qual é il suo piatto «d’ affetto»? «Gli spaghetti con le cozze agli ‘ 70. La pasta estratta dall ‘ acqua col forchettone ed il sugo preparato con pomodoro tirato in padella insieme all’ olio extra vergine d’ oliva e tanto aglio, posato sulla pasta bianca, rigorosamente non mantecata. E poi le classiche orecchiette con le cime di rapa fatte alla vecchia maniera, con cipolle ed acciughe». La ricetta a cui è più affezionato? «Quella che preparo per mio figlio. Cuscus o spaghetti di soia saltati in padella con l’olio e le verdure». Il futuro della tradizione agroalimentare sembra essere ancora promettente grazie anche alle iniziative di outcoming promosse dalle organizzazioni territoriali e di settore. Ma la cucina tradizionale vera e propria subisce cambiamenti continui. Hai una ricca esperienza in giro tra i fornelli di tutto il mondo. Come si riesce a coniugare il passato alle nuove tendenze? «Quando faccio cucina tradizionale sono dell’ idea che debba essere rigorosa. E’ una cucina che sta un po’ scomparendo perché i gusti si sono evoluti. Pensa al classico riso patate e cozze. Oggi preparare questa pietanza col pecorino romano, significa non farla mangiare. Ma sono dell’ idea che nel rispetto del gusto di chi si siede a tavola la tradizione debba essere considerata anche se discorde col la sempre più ricercata estetica del piatto che in questi casi entra in secondo piano».

Maria Pia Ferrante RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il Gruppo Casillo protagonista di Identità Golose 2012 La società di Corato, leader mondiale dell’agroalimentare, è presente a Milano al congresso di cucina e propone nuovi sapori e usi inediti per la semola di grano duro rimacinata. Mentre andiamo in stampa va di scena a Milano l’ottava edizione di Identità Golose (dal 5 al 7 febbraio). Questa edizione ruoterà intorno alle materie prime, alla riscoperta della semplicità per ridare importanza agli ingredienti stessi. Molto forte il segnale lanciato dal congresso milanese, che chiede la scelta alimentare non basata sul risparmio ma nell’intelligenza in cucina che porti a scegliere sapori diretti a cui poi ogni singolo chef darà le proprie sfumature. Il Gruppo Casillo, leader internazionale nella filiera agroalimentare del grano duro, sarà sponsor di Identità Golose 2012, con le due società Selezione Casillo e Agricola del Sole. Con la sua partecipazione all’ottava edizione del Congresso la storica Società con sede a Corato in provincia di Bari, città vocata all’eccellenza dell’agroalimentare in Puglia, intende far conoscere e apprezzare la bontà dell’utilizzo della semola di grano duro rimacinata in ambiti insoliti, come la pasticceria e la pizzeria. Un team di professionisti dell’arte culinaria e di chef pugliesi di primo rango (fra cui Pietro Zito, Peppe Zullo e Felice Sgarra) dimostreranno come la semola di grano duro rimacinata, utilizzata generalmente per la produzione di pane, possa diventare - in particolari selezioni - il valore aggiunto anche per la preparazione di dolci, conferendo al prodotto non solo una maggiore fragranza, ma anche tutta la ricchezza rappresentata dalle sue elevate e certificate

proprietà nutrizionali. All’interno dello stand si susseguiranno inedite e golose degustazioni di nuove specialità dolciarie, preparate per la tre giorni milanese dal maître patissier Vincenzo Benvenuto della Caffetteria Del Viale di Altamura. La partecipazione della società Selezione Casillo a Identità Golose 2012 mette in campo collaborazioni e partnership con attori di rilievo nel mondo agroalimentare pugliese e tra loro, in primis, il Consorzio Campo nato dall’unione di agricoltori con aziende agricole ubicate nel territorio murgiano. Associatisi con molini, panifici e pastifici della stessa zona, operano tutti in filiera corta per offrire al consumatore finale la garanzia di poter gustare un prodotto tradizionale di eccellenza, sano e dalle elevate proprietà organolettiche. L’Agricola del Sole mira ad affermare un nuovo concetto di qualità basato sui valori di freschezza, genuinità, stagionalità e autenticità. Una società giovane e dinamica che in occasione di Identità Golose 2012 intende far conoscere la ricchezza e la genuinità dei prodotti più tipici del territorio pugliese. Prodotti di eccellenza nei quali è racchiuso il gusto deciso della nostra terra: tarallini, chianchette, mandorle, bruschette, pasta trafilata al bronzo, confetture, olio extra vergine di oliva prevalentemente di cultivar coratina e vini prodotti con uve autoctone. La semola utilizzata per la linea dei prodotti Agricola del Sole proviene prevalen-

In foto l’impianto di molitura di Corato; in basso Pasquale Casillo, amministratore del Gruppo (Archivio fotografico del Gruppo Casillo).

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Curiosità

A seguire l’azienda coratina nella tre giorni ci sarà la troupe di Buon Vento, il format mediatico dedicato alla promozione e valorizzazione della terra di Puglia, e vedranno la partecipazione della conduttrice Sabrina Merolla e del regista Mario Raele.

temente da grano coltivato nel tavoliere delle Puglie e nelle sue sterminate distese imbiondite dal sole: una terra antica e arida, ma viva, fatta di profumi e sapori indelebili, che continuano a solcare le vite e le aspirazioni di coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere e catturare le emozioni della terra. La semola rimacinata di grano duro Selezione Casillo incontra l’arte pasticciera, in un nuovo traguardo dell’innovazione gastronomica che parte dalla Puglia. O.N.

Il Gruppo Casillo Con una capacità di macinazione e movimentazione di oltre 2 milioni di tonellate/annue di grano, il Gruppo della famiglia Casillo rappresenta uno dei maggiori “Market Maker” del mondo nel settore del grano duro. La società Selezione Casillo è un’azienda leader nella vendita di sfarinati di altissima qualità, confezionati in sacco e destinati al mercato delle pizzerie, pasticcerie, panifici e pastifici. Il business si concentra su un sistema di offerta innovativo, costituito da una serie di servizi in grado di soddisfare tutti gli attori che entrano a far parte della filiera. Con Agricola del Sole, azienda agricola nata nel 2010, il Gruppo propone una linea di prodotti enogastronomici, le cui materie prime sono prodotte o coltivate direttamente in azienda. I prodotti da forno Agricola del Sole sono realizzati esclusivamente con semola di grano duro anziché farina, seguendo autentiche ricette.

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L’ oro di Lecce

g usto Chiacchiere, dolci e croccanti golosità

si colora di Rosso

La leccese BioLyco ha sviluppato un processo produttivo che tramite il riutilizzo integrale dello scarto riduce l’ impatto ambientale Ufficialmente si chiama Solanum Lycopersicon, ma oggi tutti lo chiamano pomodoro. Tutti o quasi. Regione che vai, nome che trovi. Celeberrima la sua performance in versione “pummarola” che su un fondo di aglio olio, cipolla e carne perde la connotazione napoletana per vestire la tradizione pugliese del ragù. Pomo d’oro, giallo-oro in origine come ricorda il nome (sono ancora dorati certi pomodorini sferici d’una varietà più rustica che si appendono per l’inverno fuori delle case di campagna), è diventato rosso più che mai. Questa solanacea originaria dell’America Latina ha trovato in Italia il terreno ed il clima ideale per la sua coltivazione. Ma il pomodoro, che per secoli ha rappresentato l’ ingrediente segreto di pozioni magiche per i suoi “poteri afrodisiaci” è oggi un gustoso ingrediente della cucina mediterranea e soprattutto un alleato della buona alimentazione. Il suo segreto? E’ da scoprire nella buccia. Il licopene infatti è il carotenoide responsabile della colorazione rossa dei pomodori maturi ed è uno dei più potenti antiossidanti presenti in natura. Un’ importante ed insolita caratteristica di questo principio attivo consiste nel potenziamento della sua efficacia quando è sottoposto a fonti di calore. Per semplificare: anziché distruggersi con la cottura, la molecola di licopene è meglio assorbita dall’ organismo così da concentrarsi nel sangue in maggiore quantità. Studi condotti dall’ Ohio a Roma hanno dimostrato che nel doppio e triplo concentrato in vendita sugli scaffali dei supermercati è contenuta una quantità di licopene 10 volte superiore a quella del pomodoro maturo fresco e crudo. Alcune industrie impegnate nella lavorazione e commercializzazione di prodotti alimentari hanno proposto sul mercato la passata di pomodoro arricchita di licopene puntando sull’ efficacia preventiva ed antiaging della molecola. Ma gli studi effettuati su questo carotenoide hanno dimostrato che è in grado di contrastare efficacemente l’azione dei radicali liberi ed il conseguente danno cellulare tanto che sembra avere un ruolo importante nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e di alcuni tipi di tumore epiteliale quali, in parti-

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colare, il cancro alla prostata. In generale, perché il licopene produca il suo effetto protettivo sul cuore, il pomodoro deve essere portato a cottura così da aumentarne l’ assimilazione come anche avviene associandolo a cibi che contengono grassi come gli oli vegetali. Per essere efficace da solo, dovremmo assumerne la quantità contenuta in un chilogrammo di pomodori o, in alternativa, in 100 grammi di concentrato. Per questo è importante puntare sul mercato del licopene che a livello nazionale è paradossalmente importato. Come mai se l’ Italia è uno dei maggiori produttori di pomodoro e spesso si ha difficoltà a smaltire i derivati della produzione industriale? Fino a qualche tempo fa la causa è stata rappresentata dalla difficoltà del metodo estrattivo. Già da qualche anno però una ricerca, condotta Dipartimento di Ingegneria Chimica della “Sapienza”, si è posta come obiettivi primari la comprensione dei fenomeni responsabili delle basse rese di estrazione del licopene con le tecnologie tradizionali, eh ha sviluppato in collaborazione con la sede leccese della società BioLyco, un processo innovativo di superare tali limiti. Il processo produttivo sviluppato da BioLyco consente il riutilizzo integrale dello scarto della lavorazione industriale del pomodoro riducendo praticamente a zero l’ impatto ambientale e consentendo l’ estrazione di questa importante principio attivo a bassi costi. Una grande iniziativa dell’ azienda che in Puglia si propone di commercializzare elementi nutritivi partendo dagli scarti/ residui solidi della lavorazione industriale che altrimenti avrebbero un valore commerciale nullo. L’ oro si sa, è un evergreen, anche quando si colora di rosso.

L’occhio del goloso non può non soffermarsi almeno per un attimo, in periodo di Carnevale, su quei dolci croccanti e sottili che fanno bella mostra di se’ in tutte le pasticcerie. Una sottile sfoglia di farina e uova fritta in abbondante olio, rigorosamente extravergine d’oliva, e spolverata generosamente di zucchero a velo. La ricetta delle chiacchiere è la più tipica e anche la più semplice fra i dolci di Carnevale... Possiamo trovarla in tutta Italia, anche se chiamata con nomi diversi: in Friuli si chiamano grostoli, in Emilia sfrappole, in Veneto galani, nelle Marche - frappe, in Toscana cenci, chiacchiere in Campania ed in Puglia. La preparazione è semplicissima: basta mescolare 500 grammi di farina con 2 uova, 50 grammi di burro, 2 cucchiai di zucchero. Aggiungere nell’impasto la scorza di un limone, dell’anice (o grappa o altro liquore a volontà) ed un pizzico si sale fino ad ottenere un impasto abbastanza elastico. L’impasto così ottenuto va steso sottile. Quindi bisogna tagliare dei rettangoli con a rotella dentellata, dando la forma voluta, tradizionalmente quella rettangolare. Friggere in olio bollente, spolverare con zucchero a velo e gustare, rigorosamente con gli amici in allegria.

Maria Pia Ferrante RIPRODUZIONE RISERVATA

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Gli amici di Puglia in

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I panzerotti prelibatezza per ogni occasione Delizia nata per il carnevale , il panzerotto è ormai un piatto apprezzatto non solo in Puglia e non solo nelle grandi occasioni Piccoli, grandi, rotondi o triangolari, ripieni di carne, tonno, acciughe, ricotta forte o semplicemente mozzarella e pomodoro. Da mangiare caldissimi o anche freddi. A pranzo o a cena. Comprati in una rosticceria come spuntino nella pausa pranzo o davanti ad un film con gli amici. I panzerotti sono uno dei piatti forti della nostra tradizione culinaria. Un “rito” che il turista non può farsi sfuggire per nessuna ragione. Una volta si usava preparare i panzerotti soltanto per le feste di carnevale o per la notte di capodanno. Oggi invece si prepa-

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rano in ogni occasione, si trovano in quasi tutti i buffet e si servono anche come componente di un ricco antipasto o, nella forma mignon, con l’aperitivo. I panzerotti rappresentano senza alcun dubbio uno dei piatti forti della cucina pugliese. Esportati soprattutto da nostri corregionali in tutto il mondo, hanno trovato terreno fertile soprattutto nel nord Europa e Oltreoceano. Ma sempre più vengono apprezzati e gustati anche in Italia. Ormai non è troppo difficile scovare delle panzerotterie pugliesi a Milano o a Roma, tra una kebabberia e un ristorante cinese. Il ripieno più classico è quello con pomodoro e ricotta salata e/o ricotta forte o mozzarella, ma le varianti non mancano. L’unica accortezza è di farne sempre in abbondanza, perché uno tira l’altro, ed anche se dovessero avanzare, il giorno dopo sono ancora ottimi per un pranzo o uno spuntino veloce.

COME SI FANNO

Setacciate la farina su una spianatoia, disponetela a fontana e versatevi sopra il sale, l’olio e il lievito sciolto in un po’ di acqua tiepida. Aggiungete un po’ alla volta il resto dell’acqua e impastate fino ad ottenere un composto consistente, quindi continuate ad impastare fino a quando la pasta sarà

La Preparazione per 15 500gr di farina 00 1 cubetto di lievito di birra da 25 gr; 1 cucchiaio raso di sale; 4 cucchiai di olio evo; acqua tiepida qb (circa 700 gr).

liscia. A questo punto procedete al taglio della pasta per formare delle palline della grammatura voluta. Coprite con un panno e lasciate lievitare per circa un’ora lontano da correnti d’aria. Stendete ogni pallina con il matterello in dischi di mezzo cm di spessore, farciteli a piacere e chiudeteli a mezzaluna. Premete bene i bordi con le dita e poi con una forchetta. In una padella dai bordi alti fate scaldare abbondante olio e quando è pronto tuffatevi 2-3 panzerotti alla volta, rigirateli appena immersi, quindi ad intervalli regolari fino ad ottenere una leggera doratura, quindi metteteli a sgocciolare su carta assorbente.

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g usto DAI UN FUTURO

A 1500 BAMBINI

ABBANDONATI IN VIETNAM

“Ciao sono La Pina, questa volta non vi parlerò di musica. Mi trovo in Vietnam, nel Villaggio SOS di Da Lat. Qui bambini orfani o abbandonati trovano una casa, una mamma SOS, dei fratelli, una scuola e assistenza medica. Ma hanno bisogno ancora di molto, dai materassi, alle coperte, ai letti, al materiale scolastico, alle cure. Cambia il destino di 1500 bambini abbandonati manda subito un SMS”.

invia un sms al numero

45501

dall’1 al 18 febbraio

dona 2 euro da cellulari e 2 o 5 euro per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa.

La Pina

SOS Villaggi dei Bambini Onlus

Ufficio di Milano: Via Durazzo 5 - 20134 Milano T +39 02 36533320 - F +39 02 56804567 febbraio duemiladodici info@sosvillaggideibambini.it - www.sosvillaggideibambini.it

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il calore di una casa per ogni in bambino

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inserzione redazionale

Niko Allegretti quale è il suo ruolo all’interno della Società BMI? «Opero e sono socio di questa Società dal 2000. La denominazione precedente era Gruppo Alka nel 2005 è diventato Gruppo BMI. Sono state unificate in un unico marchio tutte le attività realizzate in passato. Abbiamo dato vita alla costituzione di più servizi rivolti a soddisfare le molteplici esigenze delle aziende divenute nostre clienti. In ognuno di questi abbiamo sempre inserito tutto il nostro know how e sopratutto la nostra specializzazione nel trading che con il tempo e l’esperienza acquisita oggi ci vedono sicuramente leader sul mercato. Per saperne di più sul nostro passato vi consiglio di visitare il nostro sito: www. gruppoalka.it. Oggi mi occupo prevalentemente della direzione del trading e curo personalmente tutti i corsi di formazione continuativa rivolti alla preparazione delle risorse umane che si vogliono specializzare in questa attività. Tra i frequentatori dei corsi ho anche dei laureandi che come tesi di laurea portano il “barter”. Per me questo è motivo di grande orgoglio e soddisfazione. Mi occupo di curare e progettare circuiti di barter conto terzi chiavi - in mano dato che ci sono imprenditori e società interessate ad intraprendere l’attività di barter e si rivolgono a noi per avere assistenza e consulenza in materia». Niko Allegretti è proprio di barter che vogliamo parlare con Lei: espandere le vendite senza affrontare investimenti nell’area commerciale e

nella logistica azzerando ogni rischio finanziario è realizzabile con il barter? «Assolutamente si e si può tradurre con una formula matematica basata sull’enunciato per cui il barter è la variabile che applicata a un’azienda moltiplica all’infinito le sue potenzialità di business. Con il barter per un’azienda acquistare significa per forza e automaticamente vendere quindi fare più fatturato e più profitti. Più l’azienda acquista meno debiti contrae e più gode di liquidità finanziaria. Posso affermare con assoluta certezza che applicare il barter significa: più acquisti... più vendite... più profitto... più sviluppo!» Risulta tuttavia un po’ difficile comprendere in pieno un’idea vincente che invece è molto semplice? «Stiamo vivendo in un momento storico molto favorevole alla diffusione del barter in italia. Nei prossimi anni le aziende subiranno più cambiamenti di quanti ne abbiano visti negli ultimi cinquant’anni. Gli imprenditori italiani sono aperti a sfide e a nuove strade che conducono a grandi vittorie. Il barter è sicuramente una di queste nuove strade. La difficoltà principale

una volta scoperto il barter sta nel comprenderne tutte le implicazioni ed entrare nell’ordine di idee di applicarlo regolarmente alla propria attività poi la strada è tutta in discesa. Ma attenzione come dice un mio caro amico: “sapere come si fa a fare il pane non vuol dire di saperlo fare”. All’inizio è necessario avere una giusta impostazione di base per applicare al meglio il sistema barter. Del resto una ventina di anni fa il leasing è arrivato in italia come un nuovo strumento finanziario applicabile in aiuto alle aziende ed era visto con sospetto e diffidenza! Oggi chi non utilizza il leasing?» Dottor Allegretti a proposito di comprensione qual è la differenza tra il barter bilaterale e il barter triangolare e il barter multilaterale? «Gli scambi bilaterali portano innegabili vantaggi immediati solo a due soggetti ma presentano difficoltà e limiti quali il possibile squilibrio tra le controparti e la non facile reperibilità delle opportunità. L’operazione è chiusa e fine a se stessa e così le triangolazioni comportano svantaggi per l’azienda nelle sue politiche di marketing e di prezzo. La

formula di barter multilaterale invece risulta la soluzione ottimale in quanto si applica in un mercato privilegiato, gestito e controllato da un soggetto regista (gestore) che con un approccio neutrale e strategico impedisce il verificarsi di effetti negativi quali la cannibalizzazione del mercato e sopratutto favorisce l’incontro di domanda e offerta». Ma fino a che punto si può generalizzare offrendo uno strumento che riunisce strategie commerciali finanziarie e gestionali? Il barter sembra offrire per ogni singolo caso soluzioni estremamente specifiche ed individualizzate? «Poichè si tratta di un business universale e dimensionalmente infinito è applicabile a qualsiasi contesto. Un discorso a parte va fatto per le materie prime e per diverse ragioni. Il barter è applicabile su qualsiasi tipologia di prodotto e per qualsiasi necessità». C o n c r e t a m e n t e come avviene un’operazione di barter? «In un circuito di barter ben organizzato funziona così: l’azienda che ha la necessità di acquistare dei prodotti manda la richiesta al gestore del circuito il quale gira al trader di competenza la richiesta; il trader individua all’interno del circuito aziende possibili fornitori dei prodotti richiesti e ottenuta la disponibilità a fare un offerta di vendita gira l’offerta


più aziende che operano anche nello stesso settore onde creare la più ampia scelta di prodotti differenziati tra di loro in termini di qualità e prezzo seppur appartenenti allo stesso settore merceologico. In fine non va dimenticato in tutto questo la logistica e cioè l’ubicazione delle aziende».

stessa all’azienda acquirente. Una volta conclusa positivamente la trattativa con l’intermediazione del trader le due parti firmano per accettazione l’ordine e il venditore provvede alla consegna dei prodotti alla parte acquirente. Il gestore e il trader sono il punto di riferimento di tutta l’operazione dalla richiesta alla conclusione dell’ordine e il gestore funge da consulente anche per gli aspetti contabili. Il gestore risulta creditore e debitore rispettivamente del venditore e dell’acquirente dei totali importi delle operazioni di acquisti e vendite effettaute dai partner all’interno del circuito stesso. In due parole questa è una sintesi dell’operazione». Scusi ma, quindi, si deve alimentare costantemente un circuito di barter? «Il circuito di barter deve essere sempre in costante crescita in termini di inserimenti di nuove aziende reperite dai promotori in tutti i settori merceologici. Non si possono individuare settori predominanti ma sicuramente devono essere inserite nel circuito

ta annuale. Oltre a questo il vero profitto continuativo sarà ricavato dall’importo applicato dal gestore ai partner nella misura dalla commissione applicata in percentuale sul totale degli importi degli scambi che avverranno all’interno del circuito tra i partner».

Dottor Allegretti quale è l’interesse economico da parte di un imprenditore o di una società che vuole dedicarsi all’attività di barter? «Costituire un circuito di barter può diventare un grandissimo businesss in termini di profitto soprattutto se gli interessati pos-

Può darci un esempio con dei dati su cui ipotizzare l’eventuale introito economico? «Certo su base triennale un conteggio molto indicativo e semplice potrebbe essere questo: ipotizzando che un costituente circuito di barter possa contare su un numero di mille partner da inserire nel circuito

sono avvalersi di fonti privilegiate per il reperimento dei partner da inserire nel costituente circuito; come per esempio: associazioni di categoria - cooperative consorzi - istituti assicurativi finanziari e bancari etc. Il gestore può stabilire una somma quale quota di affiliazione al circuito questa somma può anche essere una quo-

il primo anno e altri mille il secondo anno e altri mille il terzo anno l’importo della quota stabilita dal gestore quale quota di affiliazione andrà moltiplicato per mille il primo anno per duemila il secondo anno per tremila il terzo anno. Se si calcola che nel primo anno di affiliazione al circuito i partner possano compiere almeno

tre operazioni in acquisto ed obbligatoriamente anche altre tre operazioni di vendita si genereranno in totale seimila operazioni il primo anno che sommate alle dodicimila del secondo anno e alle diciottomila del terzo anno formeranno un totale di trentaseimila operazioni nel triennio. Se ad ogni operazione applichiamo un valore medio cadauna di cinquemila euro il totale del movimentato dalle transazioni sarà pari a centoottantamilioni di euro. Su questo totale importo il gestore avrà un ulteriore profitto risultante dal totale dalla commissione applicata in percentuale». Dr. Allegretti ringraziando per il tempo e la cortesia che ci ha concesso vuole aggiungere altro? «In un mondo mercato che rende sempre più difficile il vivere e soprattutto estremamente sfiancante l’intraprendere una qualsiasi attività imprenditoriale spero di essere stato utile a tutti con questa mia piccola e semplice delucidazione sul sistema barter. Considero sempre che la prima fase o primo approccio rivolto a strumenti che destano interesse e curiosità sia quello della “cultura” per poi passare alla fase del “pensiero”. Non a caso nei miei corsi di formazione inserisco degli step: “barter cultura” e “barter pensiero”. Per quanto mi riguarda sono già da tempo nella fase “barter mania”. Come afferma Demostene è necessario interpretare e cavalcare i mutamenti! Grazie a voi e buon lavoro a tutti!»

Compro, pagando vendendo

Come pagare gli acquisti necessari per l’attività con la vendita dei prodotti dell’attività


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San Valentino

non solo cioccolatini e regali Da quasi quattrocento anni, il 14 febbraio, dopo la Messa solenne, viene portata in processione la statua lignea dorata del Santo, adorna d’alloro e di agrumi. Anche le vie del paese sono adorne del colore e della fragranza delle arance San Valentino, patrono degli innamorati e soprattutto delle aziende produttrici di cioccolatini, gadget, articoli da regalo e quant’altro viene acquistato per la ricorrenza, ha sul Gargano una residenza privilegiata. Anzi, a dar retta alle leggende, sarebbe stato uno dei primi estimatori del promontorio, al punto da volervisi stabilire in qualità di patrono. Vico del Gargano è infatti affidato alle sue “cure” celesti dall’anno del Signore 1618, quando i maggiorenti vichesi decisero che San Norberto, un religioso tedesco fondatore dell’Ordine Premostratense (da Prémontré, la cittadina francese dove fu istituito), non svolgeva molto bene il suo compito: in particolare non andava bene il raccolto degli agrumi, che era a quel tempo il principale asset dell’economia vichese. Fu così che una delegazione di maggiorenti della città si recò a Roma, onde ottenere dal Papa l’autorizzazione alla sostituzione di San Norberto con un altro santo a cui votarsi. La tradizione dice che, mentre i garganici passavano per le catacombe, il capofila urtò contro un braccio che sporgeva dal sepolcro del Vescovo di Terni San Valentino, martirizzato sotto Aureliano. Questo segno del cielo fece sì che le reliquie del Santo fossero traslate a Vico e che venisse eretta in suo onore l’omonima Chiesa, con il suo caratteristico altare adorno di arance. Visto che fra le diverse e controverse tradizioni che hanno dato a San Valentino uno speciale rapporto di protezione verso gli innamorati c’è la leggenda di un matrimonio celebrato fra due giovani amanti infelici, i fiori d’arancio e i conseguenti frutti appaiono particolarmente appropriati. Vico condivide questo patronage con Bussolengo, Pozzoleone e Quero, oltre che naturalmente con Terni, ma è probabilmente il luogo dove il giorno di venerazione del santo ha maggior rilievo. Da quasi quattrocento anni, il 14 febbraio, dopo la Messa solenne, viene portata in processione la statua lignea dorata del Santo, adorna d’alloro e di agrumi. Anche le vie del paese sono adorne del colore e della fragranza delle arance, in un tripudio di verdi, di gialli e di arancioni che

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nella fredda luce dell’inverno garganico fa spicco sul grigio-marrone dell’arenaria del bellissimo centro storico di Vico. Ma la processione è solo il culmine devozionale di manifestazioni che durano per almeno una settimana, prevedendo esposizioni e rassegne d’arte, fiere, convegni. Alla metà di febbraio di ogni anno, Vico festeggia non solo un Santo patrono, ma gli innamorati tutti. Ai quali è fra l’altro dedicato lo stretto budello del Vicolo del Bacio, una stradina lunga trenta metri e stretta

in media meno di cinquanta centimetri, che vicino al Palazzo della Bella offre un rifugio discreto ai sospiri e alle passioni di quanti si vogliono bene. E se le complici angustie dell’architettura non sono considerate sufficientemente accoglienti, c’è sempre l’ombreggio del gigantesco leccio monumentale del Convento dei Cappuccini. Anch’esso, come il legame fra San Valentino e Vico, ha circa quattro secoli.

Enrico Ciccarelli

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Puglia bruciata Il fotografo Nicola Amato mette in mostra la Puglia sfeggiata dalla mano dell’uomo Giovedì 16 febbraio si chiude un’interessante esposizione fotografica all’Alliance Française di Bari a cura di Nicola Amato, fotografo professionista dal 1980 che collabora con case editrici nazionali ed estere producendo servizi fotografici a tema e fornendo immagini d’archivio. Promotore di iniziative culturali, si dedica anche alla pittura, sperimentando un’ideale fusione tra questa e l’immagine fotografica. Il fotografo barese ha realizzato una serie di scatti dedicati al territorio pu-

gliese, visto sotto l’aspetto del cambiamento imposto dalle trasformazioni delle condizioni ambientali del nostro territorio. La costante presenza delle nuove tecnologie e la mancanza di controlli adeguati, fa subire al nostro paesaggio abusi e violenze a volte irreparabili, denunciati in modo attento e puntuale da Amato. Il fotografo ritrae paesaggi deturpati a livello ambientale da copertoni, frigoriferi sparsi per le campagne, i resti di un incendio e la prepotente presenza delle pale eoliche. Nonostante la

Alcuni scatti della mostra allestita da Nicola Amato, in alto Monopoli nel rogo del 2009, qui sotto Vieste nel 2007.

tematica molto forte, Amato riesce a catturare la bellezza della natura, anche nel caso dello scatto post incendio, che trasmette la denuncia sulla brutalità del gesto compiuto, ma che nello stesso tempo descrive in modo poetico i colori di ciò che ne resta. «Quello che resta dopo un incendio in un bosco, immagini monocromatiche e sinestetiche è spaventoso, tutto muore così velocemente e tutto si confonde, lasciando solo un odore acre di terra bruciata. - afferma Amato- Essendo un fotografo di case editrici, fin dall’inizio ho rappresentato le bellezze del territorio in maniera particolare, anche se parallelamente volevo documentarne anche i disastri. Questo progetto è nato verso la fine degli anni Novanta in collaborazione con il prof. Giorgio Nebbia, con la realizzazione di un libro che si chiamava “La società dei rifiuti” in cui si analizzava il problema dell’inquinamento e del recupero dei rifiuti. Questo progetto è andato avanti per molti anni ancora e con l’avvento del digitale ho analizzato e fotografato queste situazioni a partire incendi dolosi, per finire con le pale eoliche sotto sequestro oppure abbandonate. Il tema di Terre Brûlée prosegue con il fotovoltaico, in un’immagine in particolare c’è un pannello sopra un tendone di uva. Non sono contrario al fotovoltaico, ma a volte gli eccessi sul territorio sono abbastanza evidenti, poiché il paesaggio si sta trasformando con le nuove tecnologie. Infine ho parlato di un inquinamento ormai accertato come quello di Taranto e della nave di Lesina, che dopo 20 anni si trova ancora arenata e crea problemi ambientali in quanto il mare rigetta i rifiuti, tra cui anche le balene, che vengono a morire sulle nostre coste».

Isabella Battista

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La continua ricerca del paradosso d’arte Cristiano De Gaetano e i suoi tipi umani tra realtà e astrazione. Al giovane artista tarantino piace scombinare continuamente le carte, in un viaggio nel cassetto dei ricordi dove i particolari fanno la differenza Contaminare la realtà con la finzione, in maniera tale da non poter distinguere più l’una dall’altra, dando vita ad un mondo di immagini vere e pure, allo stesso tempo, così sottilmente “cerebrali”, cariche di allusioni, input e significati che rimandano ad una realtà diversa. È forse questo il filo conduttore dell’arte di Cristiano De Gaetano. Figlio d’arte (il padre Walter è artista di indiscusso talento), nasce a Taranto nel 1975, si diploma all’Accademia delle Belle Arti di Bari e, sin da fanciullo, affianca il più esperto genitore nell’impegno creativo, con una precoce capacità, però, di rendersi autonomo ed indipendente nella realizzazione delle sue idee. Pittura, scultura, fotografia, installazione, tutto e il contrario di tutto: De Gaetano non si fa scrupolo di avventurarsi in percorsi sempre diversi, quasi a certificare una onnivora fame d’arte. Impegnato con personali e collettive in Italia e all’estero, s’inserisce presto nel panorama artistico più interessante e conquista pieno consenso da parte della critica. Nelle sue opere scopriamo personaggi anonimi, ritratti in pose studiate o istintivamente svogliate, dagli sguardi assorti; abiti e acconciature d’epoca; colori sgargianti, alternati a inserti in bianco e nero. È un repertorio di tipi umani e situazioni che si offrono all’obbiettivo o al pennello (e perfino alla cera pongo) tra realtà e astrazione. Essi sembrano guardarci, ma in realtà non ci vedono, sembrano affiorare dal passato e poi si scopre essere amici o familiari dell’artista. Certamente invitano alla riflessione. A Cristiano De Gaetano piace scombinare continuamente le carte, cerca l’ambiguità là dove ci aspetteremmo una definizione chiara dell’immagine, persegue il paradosso con studiata determinazione, anche se spesso lo nasconde abilmente. È così che l’artista ci consente di entrare nel cassetto dei ricordi, di riflettere sull’implacabile cambiamento dei consumi, di ripensare alle nostre esperienze, comparandole con quelle degli altri. Volti e situazioni volutamente insignificanti, scorci distratti, racconti potenzialmente iniziati e finiti nel solo istante della loro presa pittorica: ogni personaggio ed ogni scena sono isolate nel tempo, estratti dalla normale sequenzialità e intrappolati fuori, ben oltre i rifugi dei ricordi. In questi lavori, è ogni singolo particolare a suggerire la forza di un tempo che sembra essere riuscito definitivamente a vincere la memoria, per diventare magia dell’arte.

Antonio Verardi

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La torre di guardia

del mare azzurro di Bari Progettato dall’Architetto Baffa e terminato da Vincenzo Chiaia, il Palazzo della Porvincia di Bari è uno dei più bei esempi di architettura del ventennio fascista

Sorto durante il ventennio fascista, l’edificio rientra nel piano di opere pubbliche varato nel 1924 per risolvere problemi di edilizia cittadina e contrastare la forte disoccupazione del primo dopoguerra. Inoltre, costruito sul lungomare sud della città, chiude, come una sorta di imponente quinta teatrale, l’edilizia retrostante, simbolo di una brutta, affrettata e disordinata crescita urbanistica. Il progetto iniziale del Palazzo fu affidato a Luigi Baffa, capo dell’Ufficio Tecnico Provinciale di Bari dal 1931. Questi, ispirandosi ad alcuni illustri esempi di palazzi civili italiani (come Palazzo Vecchio a Firenze o Palazzo Pedrocchi a Padova), costruì un edificio coerente con l’ambiente lagunare. Il prospetto, prospiciente il mare, è caratterizzato da un ampio porticato, scandito da arcate rette da colonne in granito rosso, che pausano un vasto e luminoso spazio e insistono su archi a tutto sesto. All’esterno, spicca una torre, detta dell’Orologio, alta 63 m, che, insieme al parziale svuotamento del piano terra e le diffuse bucature sulla superficie muraria, rimanda alla tradizione architettonica veneta. I quattro piani del palazzo sono serviti da uno scalone d’onore che offre spunti di riflessione interessanti: inizialmente la rampa di accesso attraversava il portico in profondità; nella versione definitiva, invece, la struttura mostra uno stile quasi “neo romanico”, estremamente singolare. Variazioni rispetto al progetto originario furono apportate anche alla Torre dell’Orologio, dedicata ai “Martiri della Grande Guerra” e della “Rivoluzione Fascista”. Pensata per elevarsi fino ad un’altezza di 48,50 m, venne, in seguito, innalzata di circa 14 m, cosa che ha prodotto un sensibile squilibrio tra le masse, ma ha conferito alla torre una realtà visiva autonoma e distinta. Per le strutture murarie del palazzo fu previsto l’uso di materiali locali, quali la pietra calcarea e il tufo carparo, mentre per i rivestimenti delle facciate si previde l’uso della pietra di Trani alternata ai febbraio duemiladodici

mattoni. Nel 1933, alla morte del Baffa, l’Amministrazione Provinciale lo sostituì con Vincenzo Chiaia, il quale apportò al progetto originario sostanziali modifiche, sia nelle dimensioni, che nella scelta dei materiali. Le attenzioni dell’architetto vennero spostate sugli ambienti di rappresentanza del palazzo, per i quali le ditte concorrenti nella gara d’appalto furono invitate a conformarsi ad uno stile che veniva definito “rinascimentale modernizzato”. La pavimentazione prescelta fu il marmo verde con fondi a mosaico policromo; pareti e arredamenti furono realizzati prevalentemente in legno di noce, mentre per i tendaggi fu scelto un elegante broccato. Nel periodo bellico e post bellico il Palazzo ha subito ristrutturazioni, determinate da vicende connesse alla guerra in corso. Diversi episodi ebbero, infatti, sul Palazzo conseguenze dirette: il bombardamento

degli stukas tedeschi sulla città di Bari, il 2 dicembre 1943; l’esplosione della nave “Henderson” nel porto, il 9 aprile 1945; l’occupazione della torre da parte del Comando di Difesa del Porto, in quanto postazione strategica e, nell’immediato dopoguerra, l’utilizzo dei locali del palazzo da altri Enti pubblici per la grave penuria di alloggi. Dagli anni 60 in poi la struttura del palazzo è stata completata da altre più moderne modifiche strutturali. Il Palazzo della Provincia di Bari si pone come uno dei più importanti edifici degli anni 30 e, sin dall’epoca della sua creazione, godette di un notevole favore presso la classe dirigente, forse proprio perché conteneva una sottile marcata carica eversiva, rispetto al monumentalismo pasticciato di tante altre espressioni architettoniche del regime.

Antonio Verardi

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fogliando la Puglia rubrica a cura dI Fortunata Dell’Orzo e Annalisa Tatarella

Ma quant’è cinegenica la Puglia

Sajd Khan, il regista indiano che ha scelto il Gargano per il suo film Housefull, non è stato il primo e di sicuro non sarà l’ultimo a intuire enormi capacità “cinegeniche” nella nostra regione. Che la Puglia sia bella (e potrebbe essere bellissima se solo facessimo più attenzione al territorio e al lindore delle città) lo hanno scoperto, e da un pezzo, tanti uomini e donne a 35 mm. Esistono numerose pubblicazioni su tale argomento, alcune delle quali potrebbero piacere anche a chi di cinema non mastica se non la pura fruizione, spaparanzato in una multisala o davanti allo schermo domestico. Oggi segnaliamo Cineasti di Puglia, un libro Adda del 2006. Scritto da Alfonso Marrese, Maria Antonietta Abenante e Vito Attolini, in 350 pagine offre un ricchissimo repertorio, con schede e filmografie, di professionisti del cinema nati in Puglia. Si parte dal cinema muto e si arriva ai giorni nostri. Suddiviso in 204 schede, il libro annovera ben 50 registi, 107 attori, 16 sceneggiatori, 17

Cineasti di Puglia

AUTORE AA.VV. CASA EDITIRCE Adda Editore Pagine e prezzo 350 pp. 18,00 €

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musicisti, 8 produttori, 5 operatori, 1 scenografo e due teorici della settima arte. Le schede di ogni cineasta sono accompagnate da una ricca filmografia, completa di cast. Sapevate che Regina Bianchi, l’immensa attrice edoardiana, da tutti immaginata napoletana verace è originaria di Lecce? O che Teo Teocoli sia nato a Taranto? Nel libro ovviamente si parla di Rodolfo Valentino, nato nel 1895 a Castellaneta da padre italiano e madre francese e di Ricciotto Canuto, famoso critico cinematografico, nato a Gioia del Colle nel 1877. In appendice alcune storie che sin dalla nascita hanno contrassegnato il cinema pugliese, a cominciare dal racconto del signor Fiorini, fotografo barese, che nel 1894 stendeva un lenzuolo sulla porta del suo negozio e mandava immagini con un rudimentale proiettore alimentato a energia elettrica. Questo testo ha avuto un sequel (sempre per Adda e sempre con gli stessi autori), nel 2007, dedicato alle rassegne cinematografiche pugliesi. Davvero imperdibile.

Due buone letture sulle tradizioni Non c’è nulla di più taroccato (e taroccabile) della cosiddetta cultura popolare. In Puglia e ovunque si spacciano per millenarie “tradizioni” che a stento toccano il mezzo secolo o anche meno. Un po’ come quando ti presentano un menù medievale a base di patate e pomodori. Per fortuna la regione è ricca di studi seri, attendibili e alla portata di chiunque voglia saperne un po’ di più sul buon tempo antico, sia da un punto di vista antropologico che puramente demologico. Segnaliamo qui due opere che vale la pena avere fra i propri scaffali. Puglia mitica del proverbi, di Giuseppe Interesse, edito da Schena nel 1994 e continuamente ristampato. Un piccolo tesoro di tradizioni autentiche e documentate che ricostruisce usi e costumi attraverso quel distillato di saggezza popolare che sono i proverbi. Si trova on line su circuiti Ibs e Amazon. L’altro è Lunari di Puglia, scritto da Vito Maurogiovanni, Vittorio Stagnani e Nino Lavermicocca, edito da Progedit, Bari, nel 2006. Qui è il tempo a scandire fatti, detti, usanze. I lunari erano una volta, uno strumento utile per segnare attraverso le fasi lunari il ritmo delle feste e del lavoro, dei piaceri e dell’impegno. Un testo che presenta la Puglia che non conosciamo più: un percorso tra flora e fauna, prodotti tipici, sapori e gastronomia, ma anche una visita ai santi, un itinerario tra masserie, musei e cattedrali, feste, sagre e tradizioni, che si snoda mese per mese illustrando i mille volti e le atmosfere sempre diverse di questa regione. Puglia mistica

Lunari di Puglia

AUTORE

AUTORE

Giuseppe Interesse

AA.VV.

CASA EDITIRCE

CASA EDITIRCE

Schena Editore

Progedit Editore

Pagine e prezzo

Pagine e prezzo

350 pp. 18,00 €

224 pp. 16,00 €

il magazine dell’eccellenza pugliese


c ultura Effetto Puglia Oltre venti contributi da parte di intellettuali, uomini e donne di cinema e spettacolo, pugliesi e non. Si va da Franco Cardini ad Albano, da Lina Wertmuller a Franco Cassano: e tutti concordano sulla straordinaria capacità degli scenari pugliesi di essere e creare cinema. Il testo è della Laterza, ristampato nel 2009 anche sull’onda della nascita dell’Apulia Film Commission, l’agenzia regionale per il Cinema. Dieci itinerari filmico-geografici che hanno suscitato entusiasmo di moltissimi appassionati della settima arte e hanno creato un nuovo genere di turismo, quello che ripercorre le scene di film famosi come Lamerica o il Giovane Toscanini di Franco Zeffirelli. Per un Puglia che non è solo la memoria un poco kitsch di Rodolfo Valentino, ma rappresenta un pezzo vivo e importante del cinema, non solo italiano: come ben sanno i fan di Clint Eastwood e dei sui ponti di Madison County.

La Puglia dell’accoglienza Profughi, rifugiati e rimpatriati nel Novecento Nel 2006 la Progedit di Bari dava vita ad una collana dedicata alla ricostruzione della memoria condivisa della regione, con accurato apparato di documenti, spesso inediti. Questo libro esamina diversi casi ed episodi che testimoniano questa capacità della Puglia di segnare una sua presenza operosa nello scacchiere geopolitico del Mediterraneo. All’indomani dell’8 settembre 1943la Puglia manifestò questo suo spirito di accoglienza a ex internati, rifugiati, sfollati di diverse nazionalità, in particolare ebrei e slavi. Qui approdò una umanità dolorante che aggiungeva alle ferite della guerra quelle inferte dall’esilio. Il volume è il racconto di questi esodi, dello sradicamento e della persecuzione, ma anche la descrizione della macchina della solidarietà: fatti spesso ignorati dalla storia ufficiale, che confermano nella Puglia una vocazione storica e geografica al dialogo con i popoli.

Puglia insolita Un libro sui luoghi misteriosi della regione, una sorta di collezione delle stranezze, vere o presunte di cui la Puglia, come ogni altra regione Italia, è costellata. Itinerari non scontati, dal Gargano al Salento, raccolti e raccontati da chi ha il viaggio nelle vene insieme al gusto del dettaglio e del particolare, di solito disatteso dalla maggior parte di noi. Non mancano le leggende, legate ad apparizioni sacre, di cui il nostro territorio è costellato: solo in Puglia, infatti, abbiamo una Madonna del Pozzo (a Capurso in provincia di Bari) ed una Vergine del Vomito (a Siponto, nei pressi di Manfredonia), la prima di sicuro frutto dell’arrivo dei monaci basiliani in fuga dagli iconoclasti, la seconda splendida e allucinata scultura in legno che sarebbe piaciuta a Picasso, nel cui sguardo carico di sacro stupore i moderni vedono i drammi legati alle migrazioni e alle guerre sparse nel pianeta.optas di ommod quis dolupta inis aut et et quo te reium ius enis aut mod qui cus aut repre delibus

Non lontano da qui Il nuovo libro di Massimo Cacciapuoti, “Non molto lontano da qui”, è stato definito un romanzo generazionale che fa meditare sulla paura di crescere e affrontare le responsabilità, attraverso le vicende di Giacomo Rossi, un trentenne che solo dopo la morte del padre, si interroga sui valori della vita e su se stesso. E’ il “noi” che lo terrorizza e Alice è l’amore che per immaturità si lascerà sfuggire una prima volta, per poi inseguirla. Ci sono anni in cui Giacomo non vive, ma si lascia vivere dagli eventi. Quando ritorna a casa,, ricostruisce i rapporti con i familiari, ma è allora che perde suo padre, il cui lutto lascerà una scia di sensi di colpa. Ciò spingerà Giacomo a trasformare la vecchia vineria di famiglia in un moderno wine bar. Per il protagonista, pero’, è solo l’inizio; si troverà a fare i conti con il concetto di amore eterno, ma la felicità è “non molto lontano da qui”, anche se a volte non riusciamo a vederla ma quel che è peggio, non vogliamo viverla.

La Puglia dell’accoglienza

a cura di

La Puglia a colori

Non lontano da qui

Vito Antonio Leuzzi

AUTORE

AUTORE

Roberto Campanelli

Massimo Cacciapuoti

CASA EDITIRCE

Giuliano Esposito CASA EDITIRCE

CASA EDITIRCE

CASA EDITIRCE

Edizioni Laterza

Progedit

R. Campanelli Editore

Garzanti libri

Pagine e prezzo

PAGINE E PREZZO

PAGINE E PREZZO

PAGINE E PREZZO

246 pp. 20,00 €

368 pp. 20,00 €

80 pp. 15,00 €

189 pp. 27,60 €

La Puglia a colori

febbraio duemiladodici

Puglia insolita, Roberto Campanelli Editore 2007.

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L’allegria e i coriandoli protagonisti del Carnevale Da questo numero vi proporremo dei percorsi per conoscere meglio e far consocere il “Tacco d’Italia” dandovi anche utili segnalazioni. Non potevamo non iniziare con le manifestazioni carnescailesche che contagiano la regione di allegria e gusto La festività di Carnevale è molto famosa in Puglia per la sua storia e il programma delle manifestazioni è davvero molto ricco. Il periodo che precede la Quaresima e ci porta alla santa Pasqua viene anche abbellito e vivacizzato dalle decorazioni carnevalesche, i dolci tipici come le bugie e le chiacchiere, oltre alle maschere tipiche della regione. Le manifestazioni di maggiore interesse relative a questa festa sono le sfilate di gruppi mascherati e di carri allegorici, costruiti con la cartapesta. I personaggi, in particolar modo quelli di grandi dimensione, si muovevano con movimenti generati delle leve mosse da uomini sostituiti attualmente attraverso il ricorso a macchinari che fanno muovere automaticamente i carri. PUTIGNANO Il Carnevale di Putignano è uno dei più famosi ed antichi carnevali d’Italia. Secondo la tradizione, ha origini antichissime che risalgono alla fine del Trecento, al tempo in cui i Cavalieri di Malta, che governavano la zona, trasferirono da Monopoli a Putignano i resti di Santo Stefano per proteggerli dai Saraceni. Per celebrare l’arrivo delle reliquie, i contadini lasciarono i campi, si imbrattarono il viso di farina e recitarono versi, satire e scherzi. Questa è l’origine delle Propaggini, che caratterizzano il Carnevale di Putignano. La maschera caratteristica del Carnevale di Putignano è Farinella, il cui nome deriva dall’antica pietanza locale. Oggi è un giullare di corte con vestiti colorati ma in passato, ai tempi della sua creazione negli Anni ‘50, era vestito di bianco e verde e indossava un cappello a tre punte che rappresentava i colli che circondano la città. Dagli anni Trenta del Novecento il Carnevale di Putignano ha assunto le caratteristiche attuali, con riti tradizionali e la famosa parata dei carri allegorici. I festeggiamenti iniziano il 26 dicembre con lo scambio del cero, una cerimonia durante la quale si dona un cero alla chiesa, allo scopo di chiedere perdono per i peccati che verranno commessi durante il carnevale. Segue la festa delle Propaggini, che rievoca l’evento del 1394, con gruppi vestiti da contadini e con utensili da lavoro che cantano versi rimati in dialetto, che riguarda-

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CORATO PUTIGNANO MASSAFRA

GALLIPOLI

no l’anno trascorso e ironizzano sui potenti del paese. Dal 17 gennaio, i giovedì si ironizza su alcuni ceti sociali; il 2 febbraio si tiene la Festa dell’Orso, con una performance teatrale in cui un orso, secondo la tradizione, prevede il clima per il resto dell’inverno. La vigilia del martedì grasso si tiene l’Estrema Unzione , in cui un corteo mascherato in abiti sacerdotali impartisce una benedizione per le vie del paese. Il martedì grasso si concludono i festeggiamenti con la sfilata di carri allegorici e il Funerale del Carnevale, rappresentato con maiale di cartapesta, simbolo degli eccessi del periodo appena trascorso, che viene bruciato nella piazza principale. Infine, la festa termina con la Campana dei Maccheroni, in cui viene issata una grande campana in cartapesta con la quale si scandiscono gli ultimi minuti del Carnevale. MASSAFRA Anticamente a Massafra, come attestano alcuni documenti settecenteschi, si usava celebrare il cosiddetto “Carnevaletto”, che consisteva in un rito riparatore di tre giorni per le offese arrecate a Gesù durante la manifestazione. Il Carnevale di Massafra inizia per tradizione plurisecolare il 17 gennaio, giorno in cui ricorre la festa di Sant’Antonio abate

(chiamato a Massafra Sant’Antonio del fuoco, o Sant’Antonio del porco), da cui deriva il detto popolare: “De Sant’Antuone, maschere e suòne”. In questa giornata, i contadini, i massari e le donne di casa, conducevano il loro bestiame all’annuale cerimonia della benedizione degli animali domestici e da lavoro, che veniva impartita nello spiazzo antistante l’antica chiesa rupestre di Sant’Antonio abate. Dal 17 gennaio, le feste si ripetevano a ritmo serrato tutte le domeniche e i giovedì di carnevale, ognuno dei quali assumeva un proprio nome ed un particolare significato. Si avevano così: il “giovedì dei monaci”, il “giovedì dei preti”, il “giovedì dei cornuti” (o degli sposati) e per ultimo il “giovedì dei pazzi” (o dei giovani). Seguiva il “giovedì della cattiva” (cioè della vedova), che coincideva con il primo giovedì di Quaresima. CORATO Il Carnevale coratino è una delle manifestazioni storiche promosse ed organizzate dalla Pro Loco “Quadratum”. Il 2009 Corato ha feil magazine dell’eccellenza pugliese


s entieri steggiato la trentesima edizione di questo evento che negli anni ha acquisito grande importanza e fama sino a divenire la festa carnascialesca di riferimento di tutto il nord barese. Grandi feste spontanee affollavano il centro cittadino nei giorni del Carnevale già verso la fine dell’Ottocento e nei primi del Novecento. A memoria di tale tradizione restano solo vecchi racconti e le due maschere de “U Panzone (il Panzone) e de “La Vecchiaredd” (la Vecchierella). Quella del Panzone è la maschera più antica del carnevale coratino. Gli abiti, simbolo della borghesia agraria potente e prepotente che si contrapponeva agli umili e poveri lavoratori della terra, si tramandano di generazione in generazione in un numero ristrettissimo di famiglie. Il Panzone è allegoria di una ricchezza prepotentemente ostentata, e di una falsa generosità che i coratini del tempo che fu scelsero come simbolo del sovvertimento sociale caratteristico già delle antiche feste pagane latine di cui è erede il Carnevale. La Vecchierella, maschera importata forse dalla tradizione carnascialesca napoletana, tradisce, invece, nell’aspetto, un forte legame con le “Quarantane”, le vecchiefantoccio che si usavano bruciare prima della Quaresima, e deriverebbe, quindi, dai riti misterici della tradizione pagana. In una interpretazione più spicciola, però, la maschera rappresenterebbe la forza della vecchia generazione, che porta sulle spalle quella nuova ancora debole e indifesa.

“The king of the Carnival... show must go on “ carro del team Lapenna vincitore del Carnevale di Massafra della scorsa edizione (foto Luigi Serio).

GALLIPOLI Il Carnevale di Gallipoli, arrivato alla sua settantunesima edizione, è un evento che si ripete ogni anno nella città. Le strade si riempiono di maschere e di coriandoli, carri allegorici e gruppi mascherati sfilano su Corso Roma diffondendo allegria e gioia alle migliaia di persone che attendono il loro passaggio ai bordi della strada. Una figura del carnevale di Gallipoli che

Nella foto a sinistra: Carnevale di Putignano 2012, uno dei carri mascherati sfila lungo le vie del Comune barese

riaffiora e rivive ogni anno è “Lu Tidoru“. Questo personaggio era un soldato che per festeggiare il carnevale, tornò nella sua amata città, e nel periodo del suo ritorno, era usanza abbondare con il febbraio duemiladodici

cibo prima di iniziare il digiuno quaresimale. Il giovane si abbuffò così tanto da morire per soffocamento. Questa scena rivive ancora oggi durante le sfilate dei gruppi mascherati, con il passaggio del carro funebre contenente la bara di “lu Tidoru”, circondato da persone che piangono ed urlano disperate per la perdita del caro.

Isabella Battista

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Massafra Massafra, è un comune di 32.448 abitanti e si trova in provincia di Taranto. Il territorio massafrese va dalla Murgia tarantina fino al mar Ionio e presenta una grande varietà di paesaggi. É solcato da una serie di gravine e di lame di origine carsica. L’abitato si è sviluppato intorno a due di queste, la gravina di San Marco e quella della Madonna della Scala.

La gravina di San Marco

Il Santuario Madonna della Scala Il Santuario della Madonna della Scala è situato all’interno della gravina omonima ed è accessibile tramite una maestosa scalinata di 125 gradini, che secondo la tradizione popolare non possono essere contati, in quanto risulta un numero differente a seconda della salita o della discesa da esse. La devozione verso la Madonna della Scala trae origine dal “Miracolo delle Cerve”: secondo leggenda alcuni pastori videro questi animali soffermarsi ripetutamente presso un masso tufaceo sul quale si conservava una raffigurazione affrescata della Vergine, resto di una piccola cappella crollata. L’evento, ritenuto un segno miracoloso, diede vita a pellegrinaggi devozionali e alla costruzione di una chiesa, in seguito sostituita da quella attuale. All’interno della gravina, oltre al Santuario si trovano oltre 200 nuclei abitativi dell’originario villaggio. Sono presenti molte varietà di piante, alcune molto rare, che gli antichi ritenevano essere medicamentose. All’estremità sud, detta “Gravina di Calìtro”, vi è il santuario seicentesco della Madonna di Tutte le Grazie e i resti di tre chiese rupestri: Santa Maria Maddalena, Santa Parasceve e Sant’Eustachio.

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L’attual ecentro urbano di Massafra è costruito e sovrapposto all’antico nucleo ipogeo e si espande lungo la gravina San Marco. Il villaggio rupestre sembra essere stato abbandonato nel XV secolo, per ragioni sconosciute, per la vicina gravina della Madonna Scala in un agglomerato meno popoloso, chiamato “Galitro”, fino al XVIII secolo. Nei villaggi sono ben evidenti i segni di una primitiva organizzazione urbana fatta di percorsi, sentieri, rampe di scale, depositi di sementi, sistemi di canalizzazione e raccolte dell’acqua piovana, strutture produttive quali frantoi e trappeti. Nella gravina di San Marco si trovano tre chiese di grande rilievo: Santa Marina, San Marco e la più nota cripta della Candelora, con soffitto articolato in fantasiose coperture; nella più scenografica gravina della Scala si ricordano, invece, il mistico santuario della Madonna della Scala, la chiesa rupestre Madonna della Buona Nuova, le misteriose grotte del Ciclope e del mago Greguro.

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Corato

Il territorio di Corato, con una superficie di 167,73 km², si estende sulle pendici orientali delle Murge. Prevalentemente roccioso o semiroccioso, è caratterizzato da ampi spazi aperti nei quali domina la vegetazione spontanea, interrotti da aree coltivate prevalentemente a vigneto, oliveto, mandorleto e seminativo.

Dolmen chianca dei paladini

Necropoli di San Magno A circa 13 Km da Corato in direzione sud-sudest, è stata portata alla luce una necropoli di sepolcri a tumulo. L’area centrale della necropoli si estende in senso nord-sud per circa 2 Km e in senso est-ovest per circa 1 Km. La struttura delle tombe presenta nel mezzo una cista prevalentemente rettangolare e abbastanza ampia contornata sia da blocchi che da lastre più o meno megalitiche tanto da sembrare, se non autenticamente dolmenica, di tipo dolmenico e chiaramente collegabile alle ciste del richiamato sepolcro dolmenico a tumulo della tarda età del bronzo. Nelle tombe sono stati rinvenuti oggetti in bronzo e in ferro e vasellame prevalentemente frammentario sia di impasto che acromo e dipinto in stile geometrico in argilla depurata, tra cui spicca una coppetta di tipo greco-orientale proveniente dal sepolcro numero 12 databile tra l’ultimo quarto del VII e il primo quarto del VI sec a.C.: si tratta di prodotto d’importazione o, comunque, d’imitazione locale da Metaponto o da Siris che trova numerosi riscontri nei complessi vascolari apulomaterani. Anche il repertorio vascolare, sia pure frammentario, ha offerto sufficienti elementi di identificazione e di collocazione culturale e cronologica dei sepolcri esaminati.

Il dolmen è un sepolcro collettivo, espressione di clan o gruppi organizzati che, nella prima metà del II millennio, dominavano le nostre comunità. La costruzione di queste enormi strutture rientra in un vasto fenomeno diffuso, sia pur con varianti culturali, nell’area mediterranea e nell’Europa occidentale. Il dolmen, o tomba a galleria, è un monumento funerario del XIV sec. a.C. costituito da grandi lastre di pietra messe verticalmente nel terreno e ricoperte da un lastrone di copertura. Tale struttura era preceduta da una galleria, costituita anch’essa da lastre di pietra disposte in successione su due file parallele. La leggenda racconta che il dolmen di Corato sia stato realizzato da giganti che volevano dare prova della propria forza.

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Putignano

VI SEGNALIAMO...

Putignano è situata a 40 chilometri a Sud-Est di Bari, nel cuore di una zona collinare di notevole interesse paesaggistico che comprende i Trulli di Alberobello e le Grotte di Castellana.

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strada comunale Cacciottoli 1, Tel. 080.491.21.97

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vico G. Altavilla, 8 - 70014 Conversano Tel. +39. 080.495.96.68 - +39. 335.49.67.91 - Fax +39.080.495.17.40

Gastronomia Piatti tipici del luogo sono: le orecchiette con melanzane e uova; i cavatelli con sugo di pomodoro fresco e cacioricotta; le fave bianche con cirri di vite; le cicorielle campestri con farinella (miscela di orzo e ceci tostati); le polpette di pane; il grano con olio e formaggio (u tredd); i vermicelli con ragu’ di papera; il calzone di cipolla; le melanzane o zucchine ripiene; l’agnello con patate e lampascioni al forno; pane, acqua e sale (pezzetti di pane raffermo conditi con acqua, olio, sale, pomodoro e origano). Tra i dolci: tarallini bolliti (semplici o al peperoncino, all’anice, ai semi di finocchio ecc.), intorchiate, panzerottini ripieni di marmellata o pasta reale (cazunceddr), dolci di mandorle, sasanelli al vincotto, occhi di S. Lucia e vranvllecch (pasta per taralli tagliata a tocchetti e ricoperta di giulebbe); nel periodo natalizio si preparano pettole fritte (ricoperte con zucchero e cannella o con vincotto) e “cartellate” (con miele o vincotto); tipici dolci pasquali sono, invece, i “ciucciarelli” (biscotti all’uovo ricoperti di giulebe).

VISITA ANCHE CASTELLANA GROTTE, CONVERSANO E ALBEROBELLO

Il Borgo antico Il centro storico di Putignano è ricco di palazzi signorili e di antichi conventi, e conserva per gran parte una struttura urbanistica tipicamente medioevale. Questo è caratterizzato da una piazza principale, Piazza Plebiscito, sulla quale si affacciano la Chiesa Madre, il Palazzo del Balì (sede nel medioevo dei Cavalieri di Malta) e il Sedile (sede del governo cittadino ed attualmente occupata dalla Pro Loco) con orologio e stemma della città sulla facciata. Sempre nel borgo antico è possibile visitare la chiesa Santa Maria La Greca, il monastero e la chiesa di Santa Chiara nonché alcuni altri esempi di architettura religiosa minore come le chiesette di Santo Stefano, Santa Maria di Costantinopoli, San Lorenzo, La Maddalena. Al di fuori del centro storico si possono visitare la Chiesa e il convento dei Carmelitani, oggi sede del Municipio.

Grotta del Trullo Di notevole interesse storico e speleologico e’ la “Grotta del trullo” (a 500 m. dall’abitato sulla statale per Turi): si tratta di un bellissimo esempio di carsismo (azione chimica e meccanica delle acque piovane su rocce idrosolubili) con numerose stalattiti e stalagmiti. Scoperta casualmente nel 1931 durante alcuni lavori di scavo,è stata la prima grotta pugliese ad essere attrezzata per visitatori; la grotta è infatti una delle poche cavità turistiche che presenta un caratteristico accesso dall’alto. I trulli attraverso i quali si accede nel sottosuolo sono circondati da un ampio giardino, da

un parco giochi e da impianti sportivi. Preziose testimonianze di civilta’ rupestre sono due grotte, di minori dimensioni, ma importanti dal punto di vista storico-religioso: quella di S. Michele a Monte Laureto (a 3 km sulla statale per Noci) con affreschi, altari e una statua dell’Arcangelo realizzata da Stefano da Putignano (sec. XVI) e quella della Madonna delle Grazie situata ai piedi di un’antica masseria in un’ampia zona di boschi. febbraio duemiladodici

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s pettacoli

Orgogliosamente

settanta

La Camerata musicale barese giunge al suo settantesimo anno di attività e propone un calendario di tutto “prestigio” Una stagione densa di eventi, questa, per la Camerata Musicale Barese, la quale proprio a cavallo tra il 2011 e il 2012 festeggia il suo 70° anniversario. Un’edizione definita dagli stessi organizzatori “Prestige”, soprattutto per via dei molti nomi di importanti artisti che si sono avvicendati sui palcoscenici dei teatri coinvolti già a partire dall’inaugurazione (tenutasi il 25 ottobre con la Russian Academic Symphony Orchestra) e che continuano ad esibirsi. L’importanza di questo momento celebrativo per Bari è immensa: nel corso di tutti questi anni di lavoro tutti i direttori artistici hanno sempre cercato di dare il massimo, dovendo spesso confrontarsi e scontrarsi con difficoltà di ogni genere e tipo, tra le quali non va certamente scordato il vuoto durato ben 18 anni conseguente all’incendio doloso del Teatro Petruzzelli, storicamente il palcoscenico di punta di tutte le manifestazioni legate alla Camerata Musicale Barese. Adesso, per fortuna, il Petruzzelli è tornato al suo antico splendore e torna ad accogliere, insieme ovviamente ad altri teatri del capoluogo pugliese, artisti provenienti da tutte le parti del mondo, per poter dare spazio alla “musica” in ogni sua declinazione possibile: da quella classica, che ha sempre il suo posto d’onore, al jazz, un genere che la Camerata ha cercato di valorizzare e far conoscere fin dai suoi esordi, quando erano ancora in pochi a ritenerla degna di considerazione ad alti livelli. E non è forse “musica”, e come tale da proteggere, quella elettronica e psichedelica che fa da sfondo alle esibizioni oniriche, complesse e suggestive dei Momix? E vogliamo non apprezzare le musiche folcloristiche che ci trasportano istantaneamente in luoghi lontani (come le danze caucasiche del Balletto Nazionale della Georgia che si è esibito il 13 dicembre, o la tragedia spagnola della Compagnia Antonio Gades che sarà al Petruzzelli il 25 febbraio)? L’organizzazione della Camerata Musicale Barese sa, quindi, di dover andare di pari passo anche con la danza come espressione fisica inscindibile dalla musica; in fase di preparazione del calendario della “stagione Prestige” è stato conseguen-

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La Carmen della Compagnia Antonio Gades fotografata da Javier del Real

temente dato ampio spazio a compagnie di balletto e a Febbraio, esattamente il 19, sarà possibile assistere ad un’esibizione che ha raccolto consensi ovunque nel mondo. Si tratta dell’ Emiliano Pellisari Studio con il balletto Inferno, un suggestivo e camaleontico avvicendarsi di immagini, contorsioni, acrobazie, psichedelici effetti di luce e suono che trascinano in poco più di un’ora lo spettatore nel centro dei gironi danteschi, incontrando i personaggi più significativi che popolavano questo aldilà confuso e caotico, reso ben più vicino alla dimensione del sogno piuttosto che a quella della realtà anche e soprattutto grazie ai costumi e alle coreografie di Noemi Wolfsdorf. L’augurio è che si possa sempre continuare a valorizzare la nostra città contando sulla Camerata e sui suoi soci, affinché Bari conquisti e mantenga un posto di primo piano nel panorama dello Spettacolo su scala nazionale.

Daniela De Sario

per approfondire cameratamusicalebarese.it

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s pettacoli

La nobiltà della musica arriva in Puglia

Il 17 e il 18 febbraio i due attesi concertoi di Paolo Conte. Il cantautore piemontese si esibirà al Petruzzelli.

Uno degli appuntamenti indubbiamente più attesi nel palinsesto della stagione della Camerata Musicale Barese è quello con Paolo Conte, al punto che per soddisfare le numerosissime richieste del pubblico è stata fissata una data aggiuntiva oltre a quella prevista in calendario per il 17 febbraio, ossia il 18: due serate consecutive in cui gli affezionati baresi e non del cantautore di Asti potranno godersi l’esibizione nella suggestiva cornice di uno dei teatri di punta della manifestazione della Camerata, il Petruzzelli. L’affluenza massiccia e la corsa all’acquisto dei biglietti ha più e più ragioni: innanzitutto, Paolo Conte ha incluso Bari tra le pochissime tappe italiane della sua tournee in giro

Avanti così

Raphael Dopo l’Eurostar Award vinto nel 2011 con oltre ventimila votii provenienti da fan di tutta Europa, continua a crescere il gradimento del giovane jazzista urbinate.

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per il mondo. Inoltre, Conte è stimato universalmente come uno dei personaggi di spicco della musica italiana “di qualità” fin dagli anni ’60. Oltre ai raffinati ed indimenticabili brani ai quali presta la sua voce, egli è anche autore di vere e proprie pietre miliari della canzone: chi non conosce, infatti, capolavori come Azzurro cantata da Adriano Celentano e Messico e Nuvole di Enzo Jannacci? In occasione del concerto al Petruzzelli, Paolo Conte delizierà il pubblico con diverse esibizioni tratte dal suo ultimo album, Nelson, dedicato al suo amato cane scomparso da poco e dotato, per stessa ammissione dell’artista “di uno straordinario orecchio musicale”. Nelson contiene anche un’altra

Bari capitale del jazz?? Forse capitale è un’esagerazione, ma di certo gli appassionati pugliesi di questo genere musicale così eccentrico e raffinato da un bel po’ di tempo non restano a bocca asciutta: è transitato di qui anche il “fenomeno” Raphael Gualazzi, nome d’arte di Raffaele Gualazzi, il quale sta girando per l’Italia con un tour sponsorizzato dall’Eni. L’azienda ha infatti sempre puntato molto sul giovane talento del ragazzo di Urbino, il cui brano Don’t stop era stato scelto come colonna sonora degli spot di Eni Gas & Power prima ancora che Raphael diven-

dedica speciale, cioè quella a Renzo Fantini, storico produttore e collaboratore deceduto prima dell’uscita dell’album. Le atmosfere sonore sono pregne di jazz allo stato puro, ma con contaminazioni in più lingue (si spazia, quindi, dall’italiano allo spagnolo, dal francese al dialetto napoletano), in perfetta sintonia con ogni brano. Concludendo, la città di Bari accoglierà con calore un artista a tutto tondo che il mondo ci invidia, e in particolar modo la Francia, che nel gennaio 2011 gli ha conferito la massima onorificenza per la città di Parigi, la Grande medaille de Vermeil.

tasse noto. Alla celebrità è poi arrivato, in seguito alla vittoria nella sezione Giovani del Festival di Sanremo, nel 2011 con il brano, accompagnato dal piano Follia d’amore, la stessa canzone che in versione inglese (“Madness of love”) l’ha portato a rappresentare l’Italia dopo anni di assenza all’Eurovision Song Contest di Düsseldorf, aggiudicandosi il secondo posto dopo il trionfatore Azerbaijan. La Francia è stata più rapida di noi ad individuare in Raphael Gualazzi colui che avrebbe riportato in auge il jazz, mescolandone gli aspetti più classici appresi negli studi in

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conservatorio a sonorità rapide e pop in pieno stile Jamiroquai: infatti il suo vero debutto, prima ancora di quello sul palco dell’Ariston, lui l’ha avuto al Sunside Club di Parigi, storico tempio del jazz. Permane comunque il fatto che, seppur con un solo album all’attivo, intitolato Reality and Fantasy, Raphael Gualazzi è già diventato un mito, e per molti giovani artisti rappresenta un esempio su come la passione per la musica, lo studio e il puro talento siano sempre i migliori ingredienti per giungere al successo, sia di pubblico che di critica. D.D.S.

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Dal web alla Tv, cresce il successo di “Chiamami” La frizzante fiction del regista Michele Pinto approda su Antenna Sud dopo i consensi su Youtube Gli autori raccontano attraverso gag ironiche e scanzonate le vicessitudini della nostra regione A furia di puntare in alto, qualcosa viene fuori: questo è sicuramente quello che è successo ad una produzione pugliese fortemente voluta e capitanata dal regista ruvese Michele Pinto. Stiamo parlando di Chiamami, una fiction completamente made in Puglia, che nasce come progetto per il web (ed infatti è proprio tramite un canale su Youtube che i primi episodi si sono diffusi, mentre adesso possono essere seguiti dai pugliesi sparsi in tutto il mondo, anche grazie all’ausilio dei sottotitoli in inglese) e che via via ha conquistato terreno, approdando su Antenna Sud, la più grande emittente locale d’Italia. Attualmente gli stessi autori hanno in cantiere una seconda produzione, intitolata Bishonnen, dai toni più cupi e dark, fino a note addirittura “fantascientifiche” come vengono definite dallo stesso Pinto, che sempre si sforza di esplorare nuove possibilità e di non cadere in produzioni banali e scontate. rurgica alla crisi lavorativa che fa sì che, “Chiamami”, al contrario, è caratteriz- nonostante svariati limiti fisici e una certa zato da una verve ironimancanza di savoir faire ca e da un clima dove le con le donne, i tre sturisate abbondano, anche denti protagonisti debse fanno da sfondo alle bano lanciarsi nell’imesilaranti gag dei tre proprobabile carriera di tagonisti (uno tra tutti, il gigolò per dare una mano divertente Massimilia- da non perdere all’amico ammalato. no Tedeschi) le tante Il salto di qualità della problematiche della no- dal lunedì al venerdì alle fiction è stato anche posstra regione: dalla ma- 23,15 su Antenna Sud sibile grazie al patrocinio lasanità che costringe il della Regione Puglia quarto amico ad andare e ad un finanziamento all’estero per una delicata operazione chi- di 25.000 euro che Pinto & compagnia si

sono aggiudicati partecipando al bando Bollenti Spiriti: è innegabile che al di là della storia in sé e per sé, “Chiamami” assolva anche alla funzione, di certo gradita agli enti locali, di promuovere le bellezze e le eccellenze regionali, portandole alla conoscenza di un pubblico sempre più vasto. Non è certo un caso che i tre gigolò portino le loro clienti a visitare gli scorci più suggestivi della Puglia, né tanto meno a godersi i manicaretti e le delizie tipiche della nostra terra, no?

Daniela De Sario

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Ritornano i giochi di un tempo Al Granteatrino Casa di Pulcinella si torna indietro nel tempo con la fiaba di Emanuele Battista dal titolo Iune mond’a la lune. Lo spettacolo, atto unico in vernacolo barese, racconta in chiave di rivisitazione la Bari degli anni Cinquanta del secolo scorso vista dalla strada con i personaggi che la popolavano: il calzolaio, l’arrotino, il riparatore di ombrelli e venditori ambulanti, oltre ai giochi di strada e ai bambini, veri protagonisti della fiaba. Il numeroso cast

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della compagnia teatrale Amici del Sipario infatti è composto da 24 interpreti, di cui 12 ragazzini che si divertono a giocare sul palcoscenico con i giochi di un tempo. Lo spettacolo va in scena ogni sabato alla Casa di Pulcinella fino al 31 marzo ed eccezionalmente di domenica il giorno 1 aprile. È consigliata la prenotazione. Infotel: 3357826236; (Pagina Facebook Amici del Sipario).

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La nuova rivoluzione rosa, con ComicA, donne da ridere Fino al 10 marzo l’appuntamento al Teatro Forma di Bari con quattro esilaranti attrici La rivoluzione al femminile risale agli anni 70, e questo lo sappiamo bene: ma ora, proprio adesso, nel 2012, sembra partirne un’altra, tutta tinta di rosa. Stufe di vedere che dal teatro più scalcinato fino ai palchi più celebri come quello dello Zelig di Milano, lo spazio per le attrici donne che vogliono ruoli divertenti è così ristretto, è spuntata l’idea di creare una rassegna che dimostri una volta per tutte che la comicità è femminile, e non solo da un punto di vista grammaticale. Stiamo parlando di ComicA. Donne da ridere una rassegna di teatro comico tutto al femminile che si sviluppa su scala nazionale, coinvolgendo nei teatri di tutta Italia artiste del calibro di Anna Mazzamauro e di Claudia Penoni (la “deprimente” attrice di finti film polacchi con Leonardo Manera), avendo come madrina ufficiale la comica per eccellenza della tv italiana, Luciana Littizzetto.

Dal 4 febbraio al 10 marzo il Teatro Forma di Bari aprirà le porte a quattro esilaranti attrici: Rita Pelusio sarà nella serata di apertura con “Pianto tutto”, poi Cinzia Leone il 24/2 con “Mamma sei sempre nei miei pensieri. Spostati!”. Nello spettacolo della famosa attrice romana l’esecuzione sarà spesso interrotta dalle false telefonate dell’anziana madre invadente, come per dimostrare l’impossibilità di recidere il cordone ombelicale anche una volta che si è cresciute e si dovrebbe essere ormai autonome. La rassegna procede ancora il 3 marzo con Anna Meacci in “Caldane” (tipica espressione pugliese per indicare le vampate di calore a cui sono soggette le donne una volta entrate in menopausa) e si conclude il 10/3 con l’esibizione di Barbara Foria in “Meglio un uomo oggi che un marito domani”.

Daniela De Sario

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Il Ttp continua a mietere successi L’obbiettivo è rendere lo spettacolo fiore all’occhiello della Puglia , volano per l’economia e attrattiva turistica Il Teatro Pubblico Pugliese fa sempre più parlare di sé: nato come un progetto di nicchia è ora diventato uno dei più grandi circuiti di teatri in Italia, comprendendo come soci 56 comuni sparsi in tutte le sei province pugliesi: inutile dire che finalmente qualcosa si è mosso, e qualcuno si è reso conto di come spettacoli, cultura e una serie di proposte su vasta scala per abbracciare i gusti dei più disparati tipi di spettatori vadano a braccetto con il turismo e lo sviluppo della nostra meravigliosa terra. L’obiettivo è rendere lo spettacolo il fiore all’occhiello della Puglia, sfruttarlo come volano per l’economia e come calamita per i turisti. Il progetto, grande ed ambizioso, adesso ha allargato i suoi confini ed è giunto a Roma a fine gennaio per la rassegna, patrocinata appunto dal Consorzio Teatro Pubblico Pugliese, Puglia In Scena, la quale ha lo scopo di portare sul palco romano del Piccolo Eliseo (un febbraio duemiladodici

palcoscenico di tutto rispetto) le migliori eccellenze dello spettacolo e del teatro made in Puglia, uno tra tutti lo spettacolo Il Paradosso del Poliziotto e Intervista Impossibile a Tex Willer dell’ormai celeberrimo autore Gianrico Carofiglio. E per chi resta in Puglia? Il calendario del Teatro Pubblico Pugliese, che a gennaio ci ha deliziati portando al multisala Showville Elio Germano con il monologo Thom Pain, per il mese di febbraio ci offre un’altra grande star direttamente dal grande schermo. Si tratta di Stefano Accorsi, volto arci-noto del cinema italiano, che sarà al Multisala Showville il 12 e il 13 febbraio in un adattamento di un grande classico, l’ Orlando Furioso. Saranno anche passati secoli e secoli da quando è stato scritto, ma il tema dell’amore in tutte le sue declinazioni e gli intramontabili dissidi tra ragione,sentimento e passione che portano a perdere il

senno restano sempre attualissimi. Il 18 febbraio al Teatro Forma di Bari (e poi il 24 a Nardò, il 25 a Torre Santa Susanna e il 26 a Massafra) sarà la volta di un altro testo teatrale che ha conosciuto mille e più rifacimenti, Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare, con adattamento e regia di Antonio De Nitto. Si chiude il mese di febbraio il 23 e il 24 con Open Day, ancora presso il Multisala Showville, di Angela Finocchiaro e Michele di Mauro con regia di Ruggero Cara; uno spettacolo divertente ma tagliente, fatto di graffiante ironia e di spietata critica allo stile di vita delle famiglie moderne, sempre alle prese con brillanti piani per il futuro dei loro figlioli, ma poco orientati a guardare al presente.

Daniela De Sario RIPRODUZIONE RISERVATA

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s pettacoli L’agenda di febbraio CASTELLANETA (TA) TEATRO VALENTINO H. 21,00 - Ingresso € 8 e € 15

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BARI TEATRO PETRUZZELLI

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H. 21,00 Ingresso da € 25 a 100 +prev.

PAOLO CONTE in concerto si replica il 18 febbraio

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CONVERSANO (BA) TEATRO NORBA H. 20,30 - Ingresso € 8 e € 17

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SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE info su altre date su

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BARI TEATRO FORMA H. 21,00 - Ingresso da € 15 a € 25

TEORIE DI VOLO Concerto jazz

info info@nelgiocodeljazz.it BARI TEATRO DI CAGNO H. 21,00 - Ingresso a € 10 e € 15

DOTTOR CAOS prosa

replica 19 febbraio alle 20,00

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Prosa D. Caprioglio, P. Quattrini

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s pettacoli Segnalaci i tuoi eventi, invia una mail con oggetto “agenda” a pugliain@gmail.com AIO

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BARI TEATRO FORMA H. 20,00 - Ingresso € 25 e € 35

JAMES TAYLOR QUARTET in concerto info www.teatroforma.org BARI TEATRO FORMA H. 21,30 - Ingresso a € 25 + prev.

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BARI FIERA DEL LEVANTE Ingresso libero

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H. 22,30 Ingresso a € 8,00 +prev.

BUGO LIVE + Dj set info www.bookingshow.com

EUGENIO BENNATO

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FASANO (BR) TEATRO KENNEDY H. 21,00 - Ingresso a pagamento

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info 080.441.31.50 BARI TEATRO PETRUZZELLI

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COMPAGNIA ANTONIO GADES in CARMEN

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Opportunità La dissocupazione aumenta in tutta Europa. In Italia i “senzalavoro” sono quasi il 9%. Eppure ci sono ancora diverse opportunità lavorative che in pochi riescono a cogliere. Ne abbiamo parlato con Enzo Ielpo esperto in risorse umane che dal prossimo marzo avrà uno spazio su “Puglia in” per parlare delle possibilità che i giovani talenti pugliesi hanno per trovare una occupazione A partire da questo numero, Puglia in consterà di una nuova rubrica dedicata al lavoro. La sua mission è quella di segnalare le offerte e le opportunità esistenti e concrete sul territorio pugliese. Non a caso, ci siamo rivolti a Enzo Ielpo, specialista in risorse umane, esperto in materia di lavoro ed opportunità, spesso innovatore nel settore della ricerca e selezione da oltre venticinque anni a fianco degli imprenditori, specialmente del sud Italia. Crede fortemente nei giovani talenti ed è impegnato su molte iniziative di orientamento professionale per i giovani in cerca di occupazione; ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui il premio per la qualità e l’innovazione della formazione in azienda. Molte le sue docenze all’interno dei master per risorse umane per conto di Intrapresa, Centro studi Comunicare L’impresa, Spegea Confindustria ed altri; è, inoltre, formatore specializzato in tecniche persuasive, leadership, riorganizzazione aziendale nei momenti di cirticità come questa. Direttore Ielpo, spesso si sostiene che non ci sia lavoro. Quanto è vero? «Non sempre, a volte capita che non ci sia il lavoro che si cerca o che si cerchi un lavoro come riempitivo della propria giornata. Quello che spesso non c’è, è la consapevolezza che alla fine di un lavoro vi sia un’opportunità. Questo è un concetto che sfug ge,

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specialmente ai giovani. Occorre che l’ occupazione venga intesa in termini “causativi”, cioè positivi». Cosa racconterà su questa rubrica a partire dal mese di marzo? «Innanzitutto, voglio segnalare le offerte concrete, il lavoro che c’è e che dal giorno dopo si può cominciare a svolgere, le aziende a cui mandare il proprio curriculum sapendo che verrà letto, e se il profilo è spendibile verrà certamente ricontattato». La Sua attenzione sarà rivolta a chi o a cosa, specialmente? «Alle aziende. Capovolgerò il metodo che è alla base della ricerca del lavoro. Solitamente, viene detto cosa cercano i giovani, ma non cosa cercano le aziende, far capire perché continuano a licenziare e come esse desiderano formare il nuovo staff interno in un momento di contrazione e riorganizzazione come questo». Un approccio diverso, il Suo, quindi. «Indubbiamente. Voglio parlare del lavoro che c’è e non dire quello che dovrebbero fare i giovani; sarei come un genitore che impone al proprio figlio

@ scrivete a: enzoielpo@bancamente.it Enzo Ielpo risponderà alle Vostra mail

di fare un determinato lavoro, invece di indicare quello che può scegliere di fare tra le professioni disponibili facendone notare gli aspetti positivi. E’ questo il mio obiettivo». Su quali categorie lavorative intende, maggiormente, soffermarsi? «Tutte, a volte vengono sminuite categorie molto valide per dar spazio a quelle meno concrete sul mercato perché poco appetibili nelle aziende». Proporrò, pertanto, offerte di lavoro non solo vere, ma anche specialistiche, senza dimenticare i riferimenti e i link delle aziende che andrò, di volta in volta, ad indicare.

Annalisa Tatarella

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anche da queste parti Se ne parla soltanto quando vincono. Eppure ogni anno ricoprono d’oro internazionale il nostro palmares sportivo. Ma per loro spazio nei grandi media, nelle televisioni, sui giornali, quasi non ce n’è, fagocitati come siamo dal Dio calcio, che comanda finanche i palinsesti televisivi. Ma a loro tutto questo poco importa. Sudano, lavorano sodo, sgobbano nelle palestre, in piscina, sulle piste, per strada, sulle pedane. E sono quasi sempre donne. Negli ultimi anni la tendenza italiana è che i migliori risultati sono sempre in rosa. Guai, quindi, a parlare di sesso debole. Per fortuna ci sono loro a tenere alta la nostra bandiera. Pallavolo, pallanuoto, nuoto, short track, sci alpino, tennis, scherma… e sicuramente abbiamo dimenticato qualcosa. Lo sport femminile in Italia a meno di sei mesi dalle Olimpiadi di Londra promette di essere la miglior fucina per il nostro medagliere. E quasi come se ci fosse un’attenta regia dietro le nostre migliori atlete, a volte capita che le vittorie si radunano nell’arco di poche ore, costringendo gli appassionati a dividersi tra i comunque rari canali satellitari che hanno tempo e possibilità di mandare in onda gare di sport “poveri”. Naturalmente tra una partita di calcio ed un moviolone… Bisogna però ricordarsi come se siamo vincenti, e se il tricolore spesso e volentieri riesce a svettare sul podio di competizioni europee ed iridate lo dobbiamo ad atlete straordinarie, che hanno fatto della regolarità e dell’abitudine alla vittoria una specie di karma. Una cosa è certa: si tratta di donne dal profilo vincente. Carolina Kostner, Arianna Fontana e le ragazze del Setterosa, da ultimo, hanno trionfato nelle rispettive discipline, portando in alto il tricolore. La Kostner, fin da piccolissima identificata troppo negativamente come la “cugina” della campionessa Isolde, ha saputo costruirsi tra lacrime e lavoro, una personalità forte e combattiva come mai in passato. Da dolce anatroccolo in lacrime ha saputo reinventarsi magnifico cigno tricolore, capace di sbaragliare la concorrenza

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s port europea per distacco, e di importi nei campionati europei di Sheffield. E’ diventata una sicurezza, ed ha saputo trasformarsi nella pattinatrice più elegante del lotto internazionale, riducendo al limite quelli che sono i suoi difetti: la mancanza di troppa potenza nei salti e la tenuta psicologica. Ma ad iniziare la pioggia di ori del 2012 è stato il Setterosa agli Europei di Eindhoven, guidato dal ct Luigi Conti, che ha stracciato la Grecia con un formidabile 13-10 in finale. Le Azzurre hanno conquistato il quinto titolo continentale, confermandosi una delle squadre da battere nelle prossime Olimpiadi e mettendo in acqua tanta grinta, una determinazione fuori dal comune e la solita organizzazione tattica tipica delle squadre italiane. Infine, ci sono atlete che non perdono mai il vizio di primeggiare. Nello Short Track c’è da registrare, a questo proposito, l’ennesima impresa di Arianna Fontana, che si è aggiudicata la vittoria nei 3000m, riuscendo così a salire sul gradino più alto del podio in 3 gare (500, 1500 e 3000 mt). E come dimenticare le tenniste? Con la brindisina Flavia Pennetta e Francesca Schiavone a cui si è agigunta, lieta novella delle ultime settimane, anche l’esplosione di Sara Errani, che stanno imponendo il made in Italy in tutto il mondo. Roba da campionissime, insomma. Non si può parlare più di quote rosa nei podi dello sport, giacché da anni i risultati più lusinghieri stanno arrivando dalle donne (vedi anche alla voce Federica Pellegrini, senza tralasciare

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le ragazze della scherma, o quelle della pallavolo). Bisogna soltanto gioire, ancora una volta, la supremazia delle sorelle d’Italia, accomunate da un unico destino, quello di primeggiare in Europa, in un momento in cui il sistema paese arranca e fatica a guadagnare credibilità. Ma le sorelle d’Italia sono tantissime. Ed anche la Puglia ne è piena. A partire dalla Pennetta e dalla Vinci gli esempi si moltiplicano in tutti gli sport. Pallavolo, atletica leggera, calcio femminile, lotta libera e karate… c’è solo l’imbarazzo della scelta. Eccellenze spesso dimenticate. Storie che meritano di essere raccontate. Ci proveremo in questo numero e nei successivi.

Roberto Mastrangelo

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Chi è Flavia Pennetta Flavia Pennetta, nata a Brindisi il 25 febbraio 1982, è stata la prima tennista italiana nella Top Ten della Wta nel 2009. Gioca con il rovescio a due mani e il dritto di destro. Preferisce le superfici veloci ed il suo colpo migliore è il rovescio incrociato. Ha raggiunto la finale in un torneo Wta per 21 volte (9 titoli e 12 sconfitte), mentre in doppio vanta 14 successi , tra cui l’Australian Open del 2011, e 13 finali perse (Us Open del 2005). Vanta anche tre titoli di Fed Cup vinti con la Nazionale Italiana (2006-2009-2010). Nel doppio è stata nel 2010 al numero 1 del ranking mondiale Wta. il magazine dell’eccellenza pugliese


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Le “gallette rosa”

vogliono imparare a volare Caslcio femminile, le ragazze della Pink Sport Time Bari lottano per un posto nei play off di serie A2 C’è una Bari che vince nel secondo campionato nazionale di calcio a undici. Non ha la fisicità di Borghese, una storia centenaria alle spalle, o i numeri del “San Nicola”. Conta centocinquanta, duecento tifosi al massimo, che arrivano al campo sportivo Sante Diomede del quartiere San Paolo alla spicciolata e senza il bisogno d’accelerare il pranzo domenicale, per evitare code al botteghino. Eppure, in quanto a seguito, organizzazione e simpatia, non ha nulla da invidiare ai ragazzi di Mr. Torrente. È la Bari calcio femminile e si chiama Pink Sport Time. Nata nell’agosto del 2001 per iniziativa di un gruppo di ex atlete, la società delle “gallette rosa” intende valorizzare e diffondere la cultura e la pratica dello sport al femminile attraverso la pallacanestro e il calcio e punta alla preparazione ed alla formazione di squadre giovanili secondo le diverse categorie previste dalla Figc e dalla Fip alle quali la società, che ha sede

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a Loseto, è regolarmente affiliata. Sono ventidue le atlete della prima squadra, sessanta le tesserate totali, comprendendo la Primavera e le altre formazioni giovanili. Lo staff è di tutto rispetto e si avvale della collaborazione di tecnici, medici, addetti stampa, webmaster ecc. Una società che sogna al presente, ma pensa al futuro. Grazie allo sviluppo della “cultura sportiva”, la Pink Sport Time promuove, infatti, scopi e finalità sociali al fine di esaltare i valori educativi collegati ad attività ricreative, sforzandosi di garantire, anche nella pratica sportiva, pari opportunità e dignità al mondo femminile. È di tre anni fa, per esempio, il progetto Play Pink, che ha coinvolto un centinaio di giovani atlete in condizioni di disagio economico. Dalla stagione 2009/2010 la Pink è anche scuola calcio qualificata, una delle poche del settore al Sud. Lo scopo è quello di costruire in casa le future campionesse e, più semplicemente,

dare continuità a un movimento che, per poter vedere le stelle, ha sempre bisogno di nuove energie e fresco entusiasmo. Già l’anno scorso la squadra aveva fatto bene, ma l’arrivo di 3-4 elementi di categoria, la voglia di stupire del gruppo e la cura dei classici dettagli che fanno fare il salto di qualità, hanno permesso di sognare una bella favola: le ragazze allenate dal duo Isabella Cardone e Luigi Pappagallo competono attualmente con le squadre più forti del campionato, come quelle di Napoli e Roma e, al termine del girone d’andata, si sono assestate al sesto posto in classifica. Il girone di ritorno sarà avvincente e vivrà sulla lotta per la conquista dei play off: la speranza è che finalmente i galletti…anzi le gallette… baresi si facciano rispettare.

Antonio Verardi

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Cras Taranto missione Tricolore

Qui di fianco Angela Gianolla, classe ‘80, playmeker del Cras Taranto;

Dopo la cocente sconfitta in finale contro schio quest’anno la squadra tarantina ci riporva. A metà regular season è in testa alla classifica. Peccato per l’eliminazione dalla Eurolega femminile È stata la prima squadra ad effettuare la “tripletta italiana”, vincendo nel corso della stessa stagione 20022003 lo Scudetto, la Coppa Italia e la Supercoppa italiana. Detiene il record di 16 vittorie consecutive iniziali (del decennio 2000-2010) in Regular Season assieme alla Phard Napoli. Il Cras Taranto negli ultimi anni ha inanellato risultati soddisfacenti in campo italiano, vincendo tre campionati, tre Super coppe italiane e una Coppa Italia, gli manca ancora il giusto spessore per ottenere risultati anche in Europa ma intanto anche quest’anno è in lotta per cucirsi al petto lo scudetto tricolare. Oggi si trova in un momento cruciale della stagione il Cras Trantato, squadra di basket femminile che è, al momento, in testa alla regular season. Il calendario del girone di ritorno ha riservato al Cras capolista una serie di trasferte delicate e pure passando brillantemnte in casa della diretta concorrente per il titolo, Schio, è troppo presto per festeggiare. Il campionato è lungo e i play off offrono sempre sorprese. Fino ad oggi, comunque la squasra tarantina ha mostrato di essere una squadra competitiva e ben organizata. Il roster ha buone soluzioni offensive e buone rotazioni che permettono alle giocatrici di non consumarsi. Purtroppo, a nulla è servita la vittoria di Rivas in Europa e il cammino della compagine rossoblu si è fermato: «Il Cras paga certi passi falsi passati – commenta il play Angela Gianolla – e dispiace fermarci qui in Eurolega. Ma la ragione è nella difficile costruzione del gruppo. Adesso ci concentriamo sull’Italia, dove cercheremo con entusiasmo di centrare il doppio obiettivo di Italia ed Eurolega». Questa l’analisi di, dopo la vittoria su Rivas. «Questa affermazione dice che il Cras è concentrato e punta ad arrivare lontano. Ma per farlo dovremo centrare la continuità». Non ci resta che seguire la compagine di coach Roberto Ricchini sino in fondo.

RICCHINI, UN COACH VINCENTE Appena arrivato a Taranto nel 2008 ha vinto il campionato. Roberto Ricchini (in basso)è un vincente. Nella città dei due mari ha vinto due scudetti e due Supercoppe italiane. Dal 2011 è anche il coach della Nazionale femminile italiana per portarla al successo. Al suo fianco avrà Giorgia Sottana (in basso), play del Cras e della Nazionale. Nel tondo il pivot americano Kia Vaughn che all’All Star Game sarà loro rivale.

Osvaldo Negro

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Taranto fra le stelle

Con Ricchini, Sottana e Vaughn all’All Star Game Il prosimo 14 febbraio si svolgerà a Parma, per la terza volta consecutiva, l’All Star game femminile nella ormai consueta formula italiana che vede la nazionale azzurra affrontare una selezione delle migliori straniere presenti nel campionato di serie A1. Roberto Recchini nelle vesti di coach della Nazionale potrà contare tra le altre anche della “tarantina” Giorgia Sottana, classe ‘88, alta 177 cm e alla sua prima stagione in rossoblu. Tra le stelle straniere la il play tarantino sfiderà il pivot americano Kia Vaughn sua compagna di squadra in campionato.

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Polis in testa al giro di boa La squadra coratina campionessa d’inverno con Gioia del Colle e Manfredonia alle calcagne il giorne di ritorno sarà una lunga battaglia per la promozione La Polis Caseificio Maldera di Corato, ha chiuso in testa il girone di andata del girone A del campionato regionale di pallavolo femminile di serie C. Le ragazze di coach Filaninno sono ormai una vera squadra, un vero gruppo, anche grazie agli innesti di Tania Simionato e Lucia La Torre. La prima è un centrale e arriva direttamente dalla serie B molfettese, la seconda ha 24 anni, è di Manfredonia e gioca come “universale”, ovvero può ricoprire tutti i ruoli. La Polis si sta distinguendo nel panorama pallavolistico barese, nonostante le difficoltà economiche che attanagliano tutti gli sport minori. Infatti, la compagine coratina resta una delle poche società del nord barese che porta alto il nome della pallavolo locale. Tutto questo è possibile grazie all’impegno del presidente Giuseppe Maldera. La stagione, però, è ancora lunga e capitan Caterina e company dovranno difendersi da agguerrite avversarie come il Gioia del Colle o il Manfredonia. Sono proprio loro le dirette inseguitrici del Corato, che tenteranno di ostacolare la scalata della squadra guidata da Pino Filannino. Una squadra coesa, equilibrata, composta da atlete valide ma soprattutto inclini a dare sempre il meglio di sé. Le ragazze hanno acquistato la giusta consapevolezza, tanto che Roberta Valente, centrale nella squadra neroverde afferma: «I risultati raggiunti ci danno vincenti non soltanto per il primato in classifica ma anche e soprattutto per la determinazione e la continuità che abbiamo dimostrato nel perseguire il nostro obiettivo. La nostra forza è proprio il gruppo e questo sta venendo febbraio duemiladodici

fuori partita dopo partita». Daniela Masciale, il libero, classe ’90 ha già la maturità di una veterana e parla di gruppo e viso aperto: «È stato proprio nel corso delle ultime partite che abbiamo dimostrato di essere un gruppo unito, coeso, determinato a portare a casa punti importanti. Essere una squadra significa aiutarsi a vicenda e noi questo lo abbiamo fatto sempre. Non

ci sono stati alibi o sguardi timorosi, abbiamo affrontato le partite a viso aperto. Avevamo il dovere di fare del nostro meglio e ci siamo riuscite. E così faremo nelle prossime sfide cercando di trasformare ogni vittoria in un passo verso il traguardo, possibilmente senza mosse false».

Osvaldo Negro

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In alto Roberta Valente in una fase di gioco sotto rete; Qui sotto, il capitano della Polis, Caterina mentre si appresta a “schiacciare”.

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