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Da piccolo

farò lo scie nziato!

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POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – 70% NE/PD € 20,00 - copia singola € 7,00 Autorizzazione del Tribunale di Padova numero 4093 del 21 novembre 2013 ISSN 2284-0761 - ISBN 978 88 5495 003 0 - Quadrimestrale - Numero 16 - gennaio 2019

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E N O I Z U L O e L’EvV t n e d n e r p r o s o i g g ia un

AL CENTRO IL POSTER O CON L’ALBERONE ZI DELL’EVOLU ! A UMAN

E in p iù.. LE AV . una storia VENT URE D a fumetti! MAX, I MAR PLAN IE E M C E L’AN K AX TENA TO C OMU NE

IN QUES TO NUM ERO: l’evoluzi one del la vita Terra tr sulla a storie , curiosi scoperte tà e


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Il lungo cammino dell’

EVOLUZIONE Cos’abbiamo in comune noi che viviamo qui in Italia con chi abita in altri Paesi in giro per il mondo? Semplice: siamo tutti esseri umani. Abbiamo due occhi, due orecchie, una bocca e un naso. Stiamo in piedi su due gambe e abbiamo anche due braccia. Abbiamo i capelli, chi più e chi di meno ma li abbiamo. Anche dentro il nostro corpo siamo uguali: abbiamo un cervello, un cuore, due polmoni, lo stomaco e così via. Possiamo vivere in case diverse, parlare lingue diverse, avere stili di vita diversi e anche avere la pelle di colore diverso, ma non importa: siamo sempre tutti esseri umani. Affascinante vero? E siamo molto più legati di quello che possiamo immaginare: abbiamo tutti gli stessi antenati che risalgono a migliaia, anzi milioni di anni fa. Solo che tanto tempo fa non eravamo esattamente così come siamo ora, forse eravamo un po’ più pelosi e gobbi, con colori diversi… Negli anni siamo cambiati: siamo evoluti per arrivare ad essere la specie Homo sapiens di oggi.

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di Agnese Sonato (redazione)

Un intricato percorso

L’evoluzione è un cambiamento che hanno avuto tutti gli esseri viventi nel corso della storia, sia animali che piante o microrganismi. Proprio tutti.. Il percorso dell’evoluzione però non è stato lineare: le specie non sono venute una dopo l’altra, alcune sono vissute in contemporanea, poi delle specie sono evolute fino ai giorni nostri mentre altre si sono estinte. L’evoluzione, più che una scala da un essere vivente iniziale a uno finale che è il migliore di tutti gli altri, è un percorso intricato in cui non sopravvive il più forte o il migliore! Sopravvive chi riesce ad adattarsi meglio all’ambiente in cui vive evolvendo delle strategie che la rendono adatta a sopravvivere.


MA LE SCIMMIE, SONO NOSTRE PARENTI? Forse hai sentito dire che “gli esseri umani vengono dalle scimmie” e se cerchi la parola “evoluzione” su Internet, probabilmente troverai delle immagini che suggeriscono proprio questo. Queste immagini ominini (si rappresentano spesso una serie di “ominini” chiamano proprio così!) in fila indiana, partendo da uno scimmione peloso e ricurvo, si passa a esseri sempre meno pelosi e più simili a noi, fino ad arrivare a Homo sapiens, bello dritto, muscoloso, con meno pelo e con un cervello più grande. Sembra che da una prima specie un po’ primitiva e “scimmiesca” siamo passati ad un’altra un po’ meglio della prima, poi a un’altra ancora, e così via fino alla specie migliore in assoluto, cioè noi. E sembra proprio che le specie siano arrivate una dopo l’altra, senza mai incontrarsi.

In realtà le cose non sono andate proprio così... vediamo perché! rappresentare r e p ta a s u ine più Ecco l’immag egli esseri umani: ! l’evoluzione dcompletamente sbagliata un’immagine

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di Andra Meneganzin (Dottoranda in Evolution Ecology and Conservation)


Vivere sulla terra è... complesso

di Marco Barbujani (redazione)

Facciamo un tuffo nel mare: ecco un enorme banco di pesci! Se ci avviciniamo a uno di loro possiamo osservare come ogni pesce stia nuotando ma anche come tutti i pesci sembrano muoversi tutti insieme, come se si fossero messi d’accordo. Ecco, se poi il pesce prende paura e cambia direzione per scappare da noi… tutto l’immenso gruppo cambia direzione e si allontana con lui! Sembra incredibile, ma l’insieme dei movimenti di tutti i pesci produce il movimento dell’intero banco, che così si muove un po’ come un unico grande pesce. Il banco di pesci è un sistema complesso: sappiamo dove può andare un pesce spaventato (è facile: cerca di allontanarsi da noi), ma non è facile descrivere il comportamento di tanti pesci. Per dire come si comporterà l’intero banco bisogna guardarlo come un sistema unico. Usciamo dall’acqua, e davanti a noi ci sono una spiaggia, il mare con i suoi abitanti e il cielo con le nuvole. Quello che vediamo è un ecosistema, cioè l’insieme degli esseri viventi, del loro ambiente e di tutto quello che succede tra gli esseri viventi e l’ambiente.

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Sullo sfondo: un banco di pesci nel mare che si comporta come un sistema complesso.


INTERVISTA a Samir Suweis

di Marta Carli (redazione)

Ecco come “smontiamo” un sistema complesso A volte il mondo è complesso, così complesso che pare impossibile riuscire a studiarlo. Eppure, alcuni scienziati hanno trovato il modo di studiare questa complessità. Samir Suweis, un giovane fisico che lavora all’Università di Padova, ci spiega come. Samir, cosa sono i sistemi complessi? Ci puoi fare qualche esempio?

Un sistema complesso è composto da tanti elementi che possono interagire tra loro. Le caratteristiche dei singoli elementi, però, non ci aiutano molto a capire come si comporta il sistema globalmente. Un esempio è il cervello che è fatto di tante cellule (i neuroni). Non basta conoscere bene i neuroni per spiegare come funziona il cervello: bisogna studiarlo in modo diverso, considerando anche i miliardi di miliardi di connessioni tra i diversi neuroni.

E qui entrate in gioco voi. Ci spieghi cosa fate?

Noi siamo specializzati nella cosiddetta “fisica statistica”. La fisica statistica cerca di collegare le proprietà “globali” di un sistema con quelle delle piccole parti che lo compongono: è proprio l’approccio che ci vuole per studiare un sistema complesso.

Ma come si fa?

Bisogna trovare un modo per descrivere il sistema nel suo insieme, capire quali sono gli aspetti importanti e quali invece si possono approssimare o trascurare. Poi bisogna riuscire a descrivere con la matematica queste informazioni per collegarle correttamente tra loro.

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Il gruppo dei ricercatori del Labo ratorio di Fisica Interdisciplinare dell’U niver sità di Padova. Samir è il primo da destra, accanto ad Anna Tovo.

SAMIR SUWEIS

“Sono un ricercatore al Dipartimento di Fisica e astronomia all’università di Padova. Mi è sempre piaciuto ‘mettere il naso’ in altre branche della scienza: dopo la laurea in fisica ho fatto un dottorato in Ingegneria Ambientale. Faccio parte del Laboratorio di Fisica Interdisciplinare (LIPh) e mi occupo di studiare i sistemi complessi che si trovano in vari ambiti scientifici (ad esempio l’ecologia) usando l’approccio della fisica statistica.”


LO SCIENZIATO

di Ilaria Ampollini (Dottoressa di ricerca in Storia della scienza)

IL PAPÀ DELL’EVOLUZIONE Nome:

Charles R ober t Darwin

Nascita: 1 809 Morte: 188 2 Nazionalità : Inglese Segni parti colari: Curioso di alla ricercanatura, sempre delle origin i

La nave Beagle

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Siamo a Cambridge, in Inghilterra, ed è il 1831. Charles Darwin è un giovane studente universitario, iscritto al corso di teologia (studia cioè il pensiero religioso), ma la sua vera passione sono le scienze naturali. Intanto al porto di Plymouth, una cittadina nel sud dell’Inghilterra, la nave Beagle è pronta a salpare per una missione di cinque anni, alla scoperta di luoghi lontani, fino ad allora poco o per nulla sconosciuti: le isole Galápagos. Il capitano Fitz Roy è alla ricerca di qualcuno a cui affidare l’incarico di raccogliere e analizzare le specie vegetali e animali che avrebbero incontrato lungo il tragitto. Un fortunato passaparola lo porta proprio al nostro Charles. A soli 22 anni, Darwin parte per un viaggio straordinario, durante il quale ha la possibilità di scoprire e osservare moltissimi esemplari di piante e animali, iniziando anche a maturare le sue teorie su quello che osservava. Ma, si sa, le cose importanti e difficili richiedono tempo. Così è solo nel 1859, ben 23 anni più tardi, che esce L’origine delle specie. In questa famosissima opera, Darwin parla della selezione naturale e sostiene anche che ci sia un antenato comune da cui sono derivate tutte le specie animali... uomo compreso. L’ipotesi per l’epoca era piuttosto rivoluzionaria, diversa da quello che si pensava e a Charles creò un bel po’ di problemi. Oggi però riconosciamo l’idea di Darwin come la migliore teoria che spiega l’evoluzione degli esseri viventi sulla Terra, e quindi la nostra origine.


o p r o c o r t s o n l I voluzione racconta l’e Anche l’uomo, come tutti gli esseri viventi, si è evoluto nel tempo. I tratti che oggi ci caratterizzano sono il risultato di un lunghissimo sviluppo e tutti ci portiamo addosso le tracce dell’evoluzione. Eccone alcune!

di Sarah Libanore (redazione)

BOCCA PICCOLA

Masticare il cibo cotto è facile, per questo la nostra mandibola e i nostri denti hanno dimensioni piccole. Un tempo non era così: ce ne possiamo accorgere grazie ai denti del giudizio. Essi erano utili quando il cibo era molto più duro e la nostra bocca più ampia; oggi invece lo spazio è diventato troppo stretto per questi denti, che spesso ci fanno chiamare il dentista!

APPENDICE

La parte finale del nostro intestino non riesce ad assorbire nutrienti. Forse era utile molto tempo fa, quando ancora ci nutrivamo di foglie: facendo un confronto con gli erbivori, infatti, notiamo che questa parte del corpo in loro è molto sviluppata.

PELI

Il pelo protegge gli animali dal freddo e allo stesso tempo, rizzandosi, li può far sembrare più grossi e minacciosi (pensa a quando i gatti soffiano di fronte a un pericolo). I nostri peli però sono troppo pochi e sono ormai diventati inutili. 34


Una specie in viaggio

di Marta Carli (redazione)

Ecco perché le migrazioni sono un motore dell’evoluzione

La storia dell’uomo è una storia di viaggi: se gli esseri umani non fossero partiti dall’Africa, noi non esisteremmo. È proprio nel continente africano, infatti, che sono comparsi i primi uomini e donne. Un giorno alcuni di loro decisero di esplorare nuovi territori e così, poco alla volta, popolarono il resto del mondo. Questi spostamenti di tante persone da un luogo all’altro si chiamano migrazioni. La storia non è tutta qui. Gli esseri umani sono partiti dall’Africa più volte. Tra un continente e l’altro ci sono stati altri viaggi, altre migrazioni, e ogni volta i “migranti” si sono mescolati con le popolazioni precedenti. In questo modo, oggi sulla Terra abitano tanti popoli diversi: alcuni sono strettamente imparentati tra loro, altri invece hanno antenati comuni molto lontani.

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Le migrazio ni sono un o dei “mo dell’evoluzio tori” ne. Quando c i si sposta e trova a dove ci s r vivere in un nuovo ambie i un po’ alla nte, volta si cam bia: ci si ev Questo è ve olve. ro per tutte le specie, no per l’uomo. n solo Studiare le migrazioni esseri viven degli ti è fondam entale per c non solo il p apire assato delle specie, ma a il loro futuro n che .


LA SCIENZIATA

di Ilaria Ampollini (Dottoressa di ricerca in Storia della scienza)

LA SIGNORA DEI FOSSILI UN AMICO FEDELE

La caccia ai fossili era pericolosa e Mary doveva recarsi su scoglie re a picco sul mare e riuscire a estrarre i fo ssili in condizioni spesso estreme. Durante una tempesta, il suo cagnolino che l’accom pagnava sempre morì, mentre Mary si salvò per un soffio.

Il Plesioraurus fossile disegnato da Mary

Un fossile di cacca! Q uesta è coprolite e fu Mary A nning ad accorgersi per prima che si trattava di...cacca fossile! Stud iandola attentamente potrem mo anche sapere quale animal e l’ha fatta milioni di anni fa!

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Nome:

Mary Ann ing Nascita: 1 799 Morte: 184 7 Nazionalità : Inglese Segni parti colari: il suo cagn ch iamava olino si Tray Mary Anning nasce in una famiglia molto povera alla fine del 1700 a Lyme Regis, un piccolo paese affacciato sul mare nel sud dell’Inghilterra. In questo tratto di costa, un tempo interamente sommersa dal mare, le scogliere erano, e lo sono ancora oggi, molto ricche di fossili. Fin da bambina, la nostra Mary, guidata dal padre, si diverte a riconoscere e a estrarre i fossili dalle rocce. Quando il padre muore, Mary ha solo 11 anni e, aiutata dal fratello e dalla madre, continua a raccogliere i fossili, per poi venderli a turisti o appassionati, guadagnandosi così da vivere. Come la maggior parte delle donne dell’epoca, Mary aveva frequentato poco la scuola ma la sua passione per i fossili era così forte che la portò a studiare e a imparare moltissime cose da sola. Arrivò così a dare importanti contributi alla scienza dei fossili. Insieme al fratello, scoprì persino i fossili di specie fino ad allora sconosciute, come il Plesiosaurus, un rettile marino estinto risalente al Giurassico, cioè a circa 150 milioni di anni fa! Quando morì, a soli 47 anni, erano in pochi a conoscere il suo lavoro e il suo nome rimase a lungo nell’ombra: a quell’epoca si pensava che le donne non dovessero dedicarsi alla scienza e di conseguenza i loro contributi spesso non venivano considerati. Ma anche se per molto tempo non si è parlato di Mary Anning, il suo lavoro fu utile a molti e oggi Mary è ricordata come uno dei volti più importanti della paleontologia, che è proprio lo studio, attraverso i fossili, delle specie vissute molto tempo prima di noi.


Quanto temp o ser ve io ndar cale Il ? e r e lv o v e r e p della vita di Francesco Suman (Dottore di ricerca in Evolutionary Biology)

Il nostro Pianeta è molto vecchio: ha più di quattro miliardi e mezzo di anni. Ma quando è cominciata la vita sulla Terra?

Le prime forme di vita comparvero probabilmente più di 3 miliardi e mezzo di anni fa, vicino alle bocche di vulcani che allora si trovavano sul fondo degli oceani. A quel tempo la Terra era continuamente sconvolta da tempeste, terremoti ed eruzioni vulcaniche. Per i primi due miliardi di anni l’atmosfera era completamente diversa da quella attuale e quasi nessuna creatura che abita oggi la Terra avrebbe potuto sopravvivere. Perché? Perché mancava un gas prezioso: l’ossigeno che respiriamo per vivere! Furono dei piccolissimi organismi azzurrognoli chiamati “cianobatteri” i primi a produrre ossigeno, a partire da circa due miliardi e mezzo di anni fa. Allora la Terra era abitata da organismi semplici, per lo più composti da una sola cellula. Capitò però che alcune di queste cellule scelsero di unirsi e non lasciarsi mai più, e questo avvenne in maniera… strana. Infatti circa due miliardi di anni fa un batterio fu “mangiato” da una cellula che però non lo uccise: il batterio rimase all’interno della cellula e da allora quella fu la sua casa. Nacquero così delle cellule complesse (gli eucarioti) con un nucleo ben distinto dal resto della cellula. Poi si formarono organismi dotati non più di una sola cellula ma di molte cellule (come noi!), che iniziarono a differenziarsi ed evolvere, dando vita al regno animale, al

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sulla Terra


INTERVISTA a Guido Barbujani

Quei testoni dei nostri antenati

di Marco Barbujani (redazione)

Anche la nostra specie si è evoluta! E oggi gli scienziati continuano a scoprire cose nuove sulla nostra evoluzione: ne abbiamo parlato con Guido Barbujani, professore di Genetica all’Università di Ferrara.

Professore, cos’è diventata la nostra specie rispetto alle specie primitive? Tante cose. Per fare un esempio, pensate all’Uomo di Neanderthal, una specie umana arcàica (cioè antica) che è vissuta fino a circa 29 mila anni fa. Se guardate i resti fossili, sembra che gli uomini di Neanderthal fossero più bassi e robusti di noi, ma con la testa leggermente più grande. Rispetto a questi esseri umani, noi abbiamo meno pelo e la nostra fronte è più piatta. Se provate a mettervi una mano sulla fronte sentirete che il vostro cranio scende dritto da dove avete i capelli fino agli occhi. Un Uomo di Neanderthal, invece, aveva una grossa “tettoia” sopra gli occhi e forse sarebbe riuscito a tenere una matita in equilibrio sulle sopracciglia!

L’Uomo di Neanderthal si è estinto per “colpa” dei nostri antenati? Studiando i fossili abbiamo capito che, nelle zone dove si sono “incontrati”, gli uomini di Neanderthal hanno abitato contemporaneamente ai nostri antenati Homo sapiens solo per qualche millennio e poi sono scomparsi. Durante quel periodo la nostra specie ha prevalso e si è diffusa. Forse trovava più cibo, sopravviveva di più e quindi faceva più figli rispetto agli uomini di Neanderthal. Però è difficile dire bene perché sia andata così e ci sono molte ipotesi. Guardando le differenze tra gli scheletri delle due specie, in particolare le ossa delle spalle (le clavicole), sembra che l’Uomo di Neanderthal non riuscisse a ruotare il braccio

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Guido Barbujani


Galápagos

di Laura Paneghetti (redazione)

il laboratorio della Natura Immaginate delle isole coperte da una ricca vegetazione verde brillante, al fianco di altre isole completamente spoglie, fatte solo di rocce nere e marroni. Immaginate anche che queste isole siano abitate da animali dall’aspetto buffo e unico, che non si trovano in nessun altro posto nel mondo. Ecco, avete appena immaginato le isole Galápagos!

Uno dei paesaggi di queste isole

Lo vedi quel puntino rosso? Le Galápagos si trovano lì

Le Galápagos sono un arcipelago (cioè un gruppo di isole) immerso nel blu dell’Oceano Pacifico, a circa 1000 chilometri al largo della costa dell’Ecuador, in Sud America. L’arcipelago include 13 isole principali più un centinaio di altre isole più piccole. Queste isole si sono formate da eruzioni vulcaniche, che in alcuni punti continuano ancora oggi.

Noi siamo qui, in Italia

paesi e alla scarsa presenza dell’uomo, molti di loro si sono sviluppati in maniera unica e non si trovano in nessun altro luogo del Pianeta!

Tra gli animali tipici delle Galápagos ci sono i leoni marini, le iguane di terra, le iguane marine (sono le uniche al mondo!), le tartarughe giganti, le sule dai piedi azzurri, la fregata magnifica, una specie Le Galápagos sono un posto speciale, perché si particolare di pinguino e di cormorano e tante trovano proprio dove si incontrano tre correnti specie di fringuelli. oceaniche diverse. Questa caratteristica ha creato un ambiente perfetto per la vita di molti animali, sia marini che terrestri. Qui gli animali e le piante regnano sovrani e, grazie alla lontananza da altri

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Nessuna Razza Conosciamo animali che possono essere classificati in razze ben distinte, basta pensare ai cani o ai cavalli. Ma, allora, le razze esistono anche nella specie umana? La risposta che oggi vede d’accordo tutti gli scienziati è: assolutamente no! Partiamo dalla definizione di “razza”. Per razza si intende il gruppo di tutti gli esseri viventi di una stessa specie che hanno caratteristiche simili. Se hanno caratteristiche diverse, allora si può parlare di razze diverse. Però usare differenze tra gli esseri umani come il colore della pelle, degli occhi o dei capelli per dividerci in razze… è sbagliato. Perché?

di Gioia Alfonsi (biologa evoluzionista)

FACCIAMO UN PASSO INDIETRO... La storia è cominciata nel 1700 quando Carlo Linneo, un medico e naturalista svedese, cercò di classificare gli esseri viventi, ma fece un grosso errore: divise gli essere umani in cinque razze diverse. Le cose cambiarono solo quando Charles Darwin mise in discussione questa teoria a fine 1800. Poi, dopo molti anni di dibattito, gli scienziati dimostrarono quello che già Darwin aveva ipotizzato. Molti studi sul DNA umano, infatti, mostrarono una cosa davvero sorprendente: ciascuno di noi ha il DNA praticamente uguale a quello di qualunque altro sconosciuto, proveniente da qualunque parte del mondo! Le differenze sono troppo piccole, e allora per gli esseri umani non ha senso parlare di razze.

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Non posso fare a meno di te

La Simbiosi di Kira Karelina (redazione)

In natura gli organismi viventi interagiscono tra loro a vari livelli: per alimentarsi, per riprodursi, per aiutarsi... E c’è un’interazione molto molto stretta, che dura a lungo e che può avvenire tra due o più organismi: è la simbiosi. Vi ricordate Nemo, il pesce pagliaccio che nuota in mezzo agli anemoni nel famoso cartone animato Walt Disney? Ecco, i pesci pagliaccio sono conosciuti, oltre che per il loro simpatico aspetto, per una cosa molto particolare: la simbiosi con alcune specie di anemoni di mare. Ma cosa vuol dire? Questi pesci trovano rifugio tra i tentacoli dell’anemone perché a loro le punture dell’anemone non fanno male, mentre ai loro predatori sì. In questo modo i pesci pagliaccio si proteggono dai predatori e ricambiano “l’ospitalità” delle anemoni portando parte del cibo che catturano proprio tra i tentacoli dell’anemone che se ne nutre. Questa è una simbiosi! Ci sono poi le formiche tagliafoglie americane che riescono a nutrirsi grazie a un fungo che coltivano nelle gallerie del loro formicaio. Questo fungo fornisce alle formiche le sostanze nutritive di cui hanno bisogno e le formiche raccolgono pezzi di foglie dagli alberi per alimentare questo fungo col quale vivono in simbiosi.

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Sullo sfondo: un esempio di simbiosi in cui gli uccelli stanno sul corpo dell’animale per cibarsi dei parassiti che trovano lì


Nel prossimo numero...

LE NEUROSCIENZE Maggio 2019 n. 17

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Nella foto: parti della materia bianca del cervello di un topo. L’immagine è stata fatta con la tecnica ch iamata Diffusion Tensor Imaging (DTI)

May 2019 n. 17

NEUROSCIENCE In the next issue...


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