PLaNCK! 11 - Anteprima ITA

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Da piccolo

farò lo scie nziato!

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NUMERO

Poste Italiane SPA - Spedizione in abbonamento € 20,00 - copia singola € 7,00 Autorizzazione del Tribunale di Padova numero 4093 del 21 novembre 2013 ISSN 2284-0761 - ISBN 978 88 6787 729 4 - Quadrimestrale - Numero 11 - Maggio 2017

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IN REGA LO U

N POSTE R DA STAC CARE!

La TERRA

il pianeta e li ig v a r e m e ll de IN QUESTO NUMERO: Terremoti, vulcani fondali marini e molto altro ancora!

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PIÙ GRANDI I A A R E T T E L

Occhio alle bufale! Non mi riferisco alla femmina di quel mite quadrupede dal cui latte si ricava una mozzarella veramente speciale. Parlo piuttosto di quelle notizie infondate o palesemente false che a tutti capita di leggere sul web, sui giornali o di sentire in TV, magari senza accorgerci che sono menzogne. Le bufale, insomma. Perché ne vogliamo parlare anche su PLaNCK!? Perché rappresentano un problema grosso nella società di oggi e saperle riconoscere ed evitare è importante. Pensate che i Dizionari di Oxford hanno nominato “post-truth”, cioè post-verità, la parola dell’anno 2016. È un termine con cui si vogliono indicare quelle circostanze «in cui i fatti oggettivi sono meno influenti degli appelli a emozioni e credenze personali nel formare l’opinione pubblica». Avete capito? Se qualcuno ci dice per esempio che l’acqua di un fiume di montagna è trasparente, ma noi siamo convinti che sia inquinata e velenosa, nessun attestato di purezza dell’acqua, nessun test chimico sulla sua composizione potrà convincerci del contrario. E noi continueremo a crederla velenosa, persino di fronte a qualcuno che di fronte a noi la beve e non si sente male. Le bufale, naturalmente, sono sempre esistite, ma un tempo era più facile riconoscere una fonte credibile da una che non lo era, e chi aveva fama di serietà e rigore era attento a non perdere tale ruolo. Oggi

sembra non sia più così e ognuno va a cercarsi le notizie non presso le fonti più autorevoli ma presso quelle che confermeranno i propri pregiudizi. E sui social media è facilissimo trovare chi continua ad alimentare le bufale, contribuendo a diffondere la superstizione, la diffidenza verso la scienza e l’innovazione e alimentando la credulità nei confronti di pseudoscienze e teorie infondate. Esempi sono la convinzione che i vaccini provocherebbero l’autismo, l’idea che esistano cure miracolose contrastate dalla medicina “ufficiale”, il terrore che i vapori acquei rilasciati dagli aerei siano in realtà “scie chimiche” dannose alla salute, la possibilità di prevedere con esattezza l’insorgere di un terremoto… Credenze del tutto false, ma che si è visto sono impossibili da modificare semplicemente fornendo dati attendibili e corretti. Di fronte a fatti oggettivi che contrastano con le proprie convinzioni, insomma, le persone preferiscono ignorare la realtà e insistere nei propri errori. Per questo è importantissimo imparare già da ragazzi a riconoscere le fandonie e a smontarle, imparando un metodo, conoscendone la storia e imparando a usare le fonti in maniera corretta. Ed è proprio quello che da questo numero in poi cercheremo di fare insieme. Siete pronti a smascherare la prossima bufala? Massimo Polidoro

Massimo Polidoro è un giornalista, scrittore e divulgatore scientifico che fin da giovane si è interessato all’illusionismo, alla magia e all’occulto. Dopo avere conosciuto Piero Angela trascorre un periodo negli Stati Uniti imparando da James Randi, il più grande investigatore di misteri al mondo, a indagare i cosiddetti “fenomeni paranormali” e nel 1990 rientra in Italia. Al suo rientro è tra i fondatori del CICAP, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze e in seguito si laurea in Psicologia all’Università di Padova. Da questo numero di PLaNCK!, la bufala sarà scritta in collaborazione con Massimo Polidoro!

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Contributo NATO FUN D IO EZ

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Patrocinio

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Dipartimento di Scienze Chimiche

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Dipartimento di Scienze Chimiche

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LA TERRA Un pianeta in evoluzione di Marco Maggioni Laureato in Biotecnologie (Redazione)

Ti sei mai guardato intorno durante una gita in montagna? Mano a mano che sali verso la cima il panorama si apre, ai boschi si sostituiscono prati e poi nude rocce; vedi in lontananza altre cime innevate, valli profonde e strette, fiumi che scorrono e infine la pianura. Ti sei mai chiesto come sono nate le montagne? Come mai alcune zone della Terra sono pianeggianti? Perché i continenti hanno la forma che osserviamo sulle cartine geografiche e non un’altra? Tutte queste domande hanno da sempre interessato gli uomini, che da secoli studiano il pianeta Terra per cercare di scoprire qualcosa di più sulla sua struttura e la sua storia. I primi geologi studiavano le rocce, i vulcani e i fossili per scoprire qualche informazione sulla Terra. Oggi abbiamo imparato moltissime cose, anche grazie agli strumenti scientifici sempre più sofisticati. Sappiamo, per esempio, che il pianeta Terra è 10

molto antico: ha più di 4 miliardi e mezzo di anni! In tutto questo tempo la Terra non è sempre stata com’è oggi: all’inizio il nostro pianeta era una palla infuocata, con temperature altissime e senza vita. Nel corso del tempo le rocce superficiali si sono raffreddate, formando una “crosta” proprio come succede alla cera sciolta che si solidifica a partire dall’esterno. L’atmosfera (cioè l’insieme di elementi che costituiscono “l’aria” che c’è sul pianeta) all’inizio era irrespirabile, perché mancava l’ossigeno; solo il paziente lavoro di moltissimi organismi unicellulari ha portato, in centinaia di milioni di anni, alla formazione di un’atmosfera ricca di ossigeno. La vita complessa ha così potuto svilupparsi prima nel mare e poi sulla terraferma e sono arrivati i primi animali e le piante. Questi processi sono tutti legati tra di loro: la parte solida della Terra, con le rocce di cui è formata,

muta nel tempo (anche se molto lentamente): nascono montagne nuove, quelle vecchie si consumano fino ad appiattirsi, si formano nuovi oceani dove prima c’erano continenti. Ma queste modifiche influenzano anche il clima e gli esseri viventi, perché il pianeta è come una grande comunità in cui


LA TERRA È VIVA?

L’“Ipotesi Gaia” di Kira Karelina Laureata in Biologia e Gestione e Conservazione del Patrimonio Naturale (Redazione)

Un pianeta “colorato” Cosa rende la nostra Terra così unica rispetto agli altri pianeti del sistema solare? Quello che salta subito all’occhio è che la Terra è molto colorata rispetto agli altri pianeti: il bianco delle nuvole, l’azzurro degli oceani, il verde e il marrone delle terre emerse; tutti colori che noi istintivamente associamo alla vita. E infatti il chimico James Lovelock si chiese a lungo cosa rendesse speciale e diverso il nostro pianeta. La risposta era tutto attorno a lui: la vita! A partire da questa osservazione, Lovelock ha formulato una teoria sulla Terra che è ancora molto discussa fra gli scienziati e si chiama “Ipotesi Gaia”.

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James Lovelock

“Ga il n ia”, o “ o gre me de Gea”, c e alla a ass lla dea ra Ter ociat ra. a


“Dolce” viaggio al centro della Terra di Sarah Libanore Studentessa in Astronomia (Redazione)

Se potessimo dare un morso alla Terra, sarebbe un po’ come addentare un cioccolatino alla nocciola. Sicuramente ne avrai mangiato uno: la crosticina di cioccolato nasconde la crema morbida che circonda il croccante frutto centrale. Il nostro pianeta è molto simile: anche se non è fatto di cioccolato (purtroppo!), nasconde al suo interno diversi strati, proprio come il dolce cioccolatino.

Nucleo

È la nocciola nascosta al centro del pianeta. È composto da elementi chimici pesanti come ferro e nichel, solidi al centro e fusi nella parte più

Mantello

Occupa quasi metà del pianeta. Ha una temperatura così alta che le rocce sono tutte fuse: immagina un mare di magma che sta ribollendo come l’acqua per fare la pasta. Il magma è in continuo movimento: le parti più calde salgono e quelle più fredde scendono, rimescolando lo strato. Questi movimenti si chiamano moti

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COSA NASCONDE LA TERRA? Tra Terra cava e mondi fantastici: istruzioni anti-bufala di Agnese Sonato (Dottorato di Ricerca in Scienza e Ingegneria dei Materiali, Redazione) e Massimo Polidoro (CICAP)

Cosa c’è all’interno della Terra? Un nucleo, strati di magma… che domanda, lo sappiamo tutti! Eppure pensate che secondo qualcuno la Terra sarebbe cava, cioè vuota, con un altro mondo al suo interno, oppure con gli UFO. Qualcuno invece è convinto che ci sia un grande buco che collega Polo Nord e Polo Sud. In internet possiamo trovare queste ed altre strane teorie su come sia fatto l’interno della Terra! Ma come facciamo ad essere sicuri della risposta? Torniamo un po’ indietro. Il fatto che qualcuno pensi che la Terra sia cava non è una novità! Per secoli gli uomini hanno creduto che sotto terra si nascondessero meraviglie straordinarie e popolazioni misteriose. Ad esempio gli

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antichi egizi, i greci o i buddisti tibetani credevano che dentro il nostro pianeta si trovassero mondi fantastici, labirinti sotterranei o strane creature. Solo alla fine del 1600 l’astronomo inglese Edmund Halley, quando si accorse che la sua bussola a volte si comportava in modo strano, fece alcuni studi e formulò un’ipotesi vicina a quella che conosciamo oggi: la Terra è formata da tanti gusci che ruotano con velocità diverse e questo, secondo Edmund, causava gli strani comportamenti della sua bussola.

Da queste prime osservazioni sono stati fatti altri studi fino a capire com’è fatto l’interno della Terra. Ovviamente finché non si sapeva che cosa nascondesse la Terra al suo interno e finché non ci sono


Chi è e cosa fa...

il GEOLOGO? di Davide Quagliotto Laureato in Geologia e Geologia Tecnica

Ciao, sono un geologo! Qual è la mia missione? Scoprire come funziona la Terra e ricostruire la sua storia! Passiamo ogni giorno poggiando i piedi sul nostro pianeta, eppure è più facile osservare con un telescopio cosa succede ad anni luce di distanza da noi che vedere cosa sta accadendo qualche chilometro sotto di noi. Ci avevate mai pensato? È una bella sfida! Un geologo affronta questa sfida andando alla ricerca di tutto quello che gli può dare un’informazione in più: un minerale sconosciuto contenuto in una roccia che si è formata a grande profondità, il fossile di un mollusco che si trova solo in un certo luogo, una 20

successione rocciosa che cambia colore strato dopo strato, la forma unica di una montagna o le fontane di lava prodotte da un vulcano in eruzione. Il metodo con cui un geologo raccoglie questi dati e osserva i fenomeni naturali è importantissimo, ma è solo l’inizio del suo lavoro. Dopo aver raccolto i dati bisogna studiare, analizzare, simulare, creare dei modelli per ottenere dei risultati e infine trarre le conclusioni, sperando così di riuscire ad aggiungere un mattoncino in più alla conoscenza che abbiamo del nostro pianeta.

Grazie alle scoperte dei geologi possiamo anche affrontare problemi che ci riguardano da vicino: capire dove è meglio costruire una casa, costruire le strutture che possono proteggerci da frane e colate, capire come impedire alle onde di portare via una spiaggia o come bonificare un luogo contaminato da sostanze pericolose.


LO SCIENZIATO

NIELS STEENSEN (Copenaghen, Danimarca 1638 - Schwerin, Germania 1686) Impronte sulla pietra di conchiglie, di pesci e insetti, fiori e foglie, ma anche denti, scheletri di animali o addirittura tronchi d’albero conservati nella roccia: i fossili sono oggetti strani, talmente strani che ci sono voluti decenni di ricerche prima che gli scienziati riuscissero a spiegarne l’origine. Quando Niels Steensen -in italiano Niccolò Stenone- iniziò a dedicarsi a temi che oggi appartengono alla geologia, intorno al 1660, la maggior parte dei suoi colleghi pensava che i fossili fossero tipi molto particolari di pietre. Stenone invece ipotizzò che fossero piuttosto tracce del passato: resti di animali o di vegetali, che nel corso dei secoli erano stati coperti da strati di terreno, finendo per divenire parte della roccia. L’idea non era niente male. Ma cosa ci facevano allora fossili di conchiglie, di pesci e persino denti di squalo in alta montagna? Secondo Stenone, il ritrovamento di fossili marini in aree di montagna poteva significare una sola cosa: che i luoghi occupati dalle montagne erano stati un tempo sommersi dal mare. Bisognava allora immaginare, contrariamente a quanto si credeva allora, che la Terra non era sempre stata la stessa e che anzi era stata protagonista di profonde trasformazioni!

Fossile di dinosauro

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Il fossile di dente di squalo studiato da Stenone, da una pagina della sua opera intitolata “Elementorum myologiae specimen", del 1669.

Niels Steensen

Fossile di trilobite


DOSSIER

Terremoto! Vi è mai capitato di sentire una scossa di terremoto? È un’esperienza paurosa! L’energia che sprigiona la Terra è davvero fortissima, e alcuni terremoti sono capaci di distruggere intere città e provocare molte vittime. Purtroppo non sono prevedibili, ma è possibile conoscerli meglio per impare a conviverci!

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Disegnare il terremoto Scopriamo come funziona il sismografo

Da sempre l’uomo ha dovuto fare i conti con i terremoti. Non possiamo prevedere i terremoti; la scienza, però, ci ha insegnato un modo per “vedere” un terremoto e misurare l’energia che sprigiona. L’idea è di… disegnare il terremoto! Come? Con il sismografo! Come funziona un sismografo? La versione più semplice di un sismografo contiene un rotolo di carta che scorre. Al centro del rotolo c’è una specie di penna che, al passare del tempo, traccia un segno sulla carta. Se non ci sono scosse

di terremoto il segno è una linea dritta. Durante il terremoto, invece, la carta si muove sotto la penna e la linea non è più dritta, perché segue i movimenti del terreno. Alla fine abbiamo un disegno che si chiama sismogramma. Da questo disegno possiamo vedere sia quanto si è spostato il pennino durante il terremoto, sia quando si è verificato lo spostamento. In questo modo riusciamo a ricostruire i movimenti della superficie terrestre durante il terremoto e misurare l’energia sprigionata.

Ma la penna non si muove? La penna di un sismografo è collegata a una molla che assorbe i movimenti del terreno. In questo modo la penna resta ferma anche quando la Terra gli trema sotto.

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INTERVISTA a Mattia Bertin

Le case non crollano se ondeggiano come gli alberi! di Marta Carli Dottorato di Ricerca in Scienza e Ingegneria dei Materiali (Redazione) Nel 2016 l’Italia è stata colpita da due terremoti che hanno distrutto interi Paesi. Purtroppo, sono morte anche molte persone. Perchè i terremoti sono così pericolosi? È possibile fare qualcosa per proteggerci? Lo abbiamo chiesto a Mattia Bertin, ricercatore all’Università IUAV di Venezia dove si occupa di riduzione del rischio e piani di prevenzione. Mattia è anche un volontario della Protezione Civile ed è intervenuto in molte zone colpite da terremoti. Cosa succede ad una città quando arriva un terremoto? «Quando arriva un terremoto le nostre città si muovono in maniera disordinata. Le case e gli edifici oscillano, e, se non sono fatti molto bene, si rompono. I terremoti sono eventi naturali, come la pioggia o il vento, solo che, visto che la pioggia e il vento accadono spesso, ci siamo abituati e abbiamo imparato a proteggerci per non ammalarci». Anche in Italia dobbiamo essere pronti ai terremoti? Perché? «In Italia è importantissimo essere pronti ai terremoti, certo, perché 36

Mattia Bertin

siamo uno stato a rischio sismico. Questo significa che viviamo in un posto in cui è più probabile che un terremoto accada. Non dobbiamo però aver paura. Anche per il terremoto è possibile prepararsi e fare in modo che non ci faccia nulla quando arriva». Quali sono gli altri Paesi a rischio sismico? «Paesi come il Giappone o la California sono molto a rischio, ma si sono preparati molto bene, costruendo edifici sicuri e insegnando ai loro cittadini come comportarsi in caso di terremoto». Cosa serve per essere

pronti ai terremoti? «Le cose più importanti sono due. La prima è avere delle case sicure, capaci di ondeggiare in maniera elastica e di non rompersi quando arriva il terremoto. La seconda è preparare le persone a comportarsi in modo corretto per evitare di rimanere feriti». Cosa devono fare le persone, in caso di terremoto? «Le cose più importanti sono aspettare che il terremoto finisca, e solo dopo uscire all’aperto, distanti dagli edifici, e aspettare i soccorsi con calma e pazienza».


Vulcani di “casa nostra”

MARSILI Un gigante sotto il mare di Linda Lomeo Laurea in Scienze Geologiche (Università di Genova)

Sotto le onde del Mar Tirreno si nasconde un vulcano sottomarino. È lungo 70 chilometri, largo 30 chilometri e alto 3 chilometri. Questo gigante si chiama Marsili, e la sua sommità si trova a 500 metri dalla superficie del mare. Ma cosa accade quando a eruttare è un vulcano sottomarino, per di più di tali dimensioni? Dal punto di vista geologico ogni nuova eruzione genera la formazione di nuova crosta oceanica. Nuove rocce che vanno a costituire il nuovo fondale marino che per questa ragione è in costante espansione. In senso stretto quando si ha espansione del fondale marino quel mare viene definito Oceano e dunque geologicamente parlando il Tirreno è un Oceano in piena regola, anche se recenti studi hanno scoperto che dopo una fase di espansione il Mare Tirreno starebbe vivendo una nuova fase di chiusura. 46

Mar Tirreno

Sicilia


Un Vulcano nel CUORE Le meraviglie geologiche del parco di Yellowstone di Marta Carli Dottorato di Ricerca in Scienza e Ingegneria dei Materiali (Redazione)

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Rinfreschiamo il clima? Accendiamo un vulcano! di Marco Barbujani Laurea in Scienze Forestali (redazione)

Il clima del nostro pianeta dipende da molte cose… vulcani compresi! Nel giugno 1991, nelle Filippine, il vulcano Pinatubo si è risvegliato e, come una bottiglia di spumante, ha eruttato in modo esplosivo. Pensate che in poche ore la colonna di fumo è arrivata a 20 chilometri di altezza! Come sarà stata secondo voi l’estate successiva? Più calda, forse? Sembrerà strano, ma invece dopo l’eruzione ha fatto… più freddo. L’anno dopo (il 1992) la temperatura media sulla Terra era scesa di 0,6 gradi centigradi! Anche il 1993 in media è stato più fresco del solito; poi invece le temperature sono risalite. Com’è possibile? Questo breve raffreddamento è stato causato dalla nube di fumo uscita dal Pinatubo, un insieme di particelle solide e gas (in particolare i composti di zolfo) chiamato aerosol vulcanico. La gigantesca nube è salita fino alla stratosfera, a circa 20-25 chilometri di altitudine, e lassù si è… spalmata intorno al pianeta! Lì lo strato di aerosol si è comportato come un ombrello: per quasi tre anni ha respinto una parte dei raggi solari, lasciando la Terra leggermente più fresca. Poi si è dissolto e l’effetto è svanito. In passato ci sono state grandi eruzioni che hanno abbassato ancora di più la temperatura media della Terra, come nel caso del vulcano Krakatau (nel 1883), del Tambora (1815) o del Laki (1783).

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L’eruz i

(NOAA one del v u /NGDC , K. Jac lcano Pin kson, U.S. Air atubo Force)

Tutte le eruzioni raffreddano la Terra? No! Questo succede solo con le eruzioni di tipo esplosivo e che rilasciano nell’atmosfera grandi quantità di aerosol. Inoltre dipende anche da come si comporta la nube: spesso non riesce ad avvolgere abbastanza la Terra, o a rimanere sospesa abbastanza a lungo.


di Serena Maule Laurea in Lettere (Redazione)

Intanto possiamo leggere tutti gli aggiornamenti sul sito dove i ragazzi raccontano la loro esperienza: http://resetsvalbard.altervista.org

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Una spedizione scientifica artica: il primo obiettivo della classe 4 LUC del Liceo Filzi di Rovereto (TN) è stato raggiunto! Nel luglio 2016 il gruppo di giovani studenti che abbiamo conosciuto nel numero 9 è atterrato alle Isole Svalbard, le terre abitate più a nord del pianeta, per vivere in prima persona l’esperienza dei ricercatori oltre il Circolo Polare. I protagonisti del progetto RESEt, dopo più di un anno di preparazione e studi preliminari, si sono organizzati, hanno lavorato in gruppo, approfondito molte tematiche e raccolto dati direttamente sul campo. Parte dello studio ha riguardato la flora e la fauna: è stato avvistato anche l’orso bianco, ma fortunatamente solo da lontano! Un gruppo si occupava della geologia, prelevando campioni di rocce “anziane” e “giovani” e catalogando i fossili ritrovati. Il tema principale del progetto sono i cambiamenti climatici. I ragazzi si sono quindi occupati di fare diverse misure: - hanno messo dei sensori chiamati termocroni in luoghi diversi (anche in acqua e nel terreno!) per registrare la temperatura ogni 15 minuti per 7 mesi - hanno misurato la profondità del terreno con trivelle a mano fino ad arrivare al “permafrost” (come chiamiamo, in lingua inglese, lo strato sempre ghiacciato del suolo) - con il fotometro (un altro strumento) hanno verificato l’intensità della luce del sole. Ma questo è solo il primo passo! Gli studenti dovranno poi analizzare e studiare quello che hanno misurato… a che punto saranno arrivati?

R A IN LBA OL VA RT S CA OLE IS E LL DA

Una gita... polare!

I giov ani av ventu rieri!


CACCIA ALL’ORIGINE DELLA VITA

di Gianluca Pozza e Agnese Sonato Dottorato di Ricerca in Scienza e Ingegneria dei Materiali (Redazione)

Gli indizi? Alcuni sono sott’acqua! Come la superficie della Terra, anche gli oceani sono cambiati nel corso degli anni. Una prova di questi cambiamenti è la presenza delle dorsali oceaniche, cioè delle catene montuose vulcaniche… sul fondo del mare. Quando due placche della crosta oceanica si separano, il magma che c’è sotto la crosta esce e si deposita ai lati della frattura da cui è uscito, creando una montagna che può essere alta anche 2000 metri: è così che nasce una dorsale oceanica. Al centro della dorsale resta una faglia, cioè un grosso “taglio”. Studiando le dorsali oceaniche possiamo capire quali placche della crosta terrestre sono in movimento, ma possiamo ricavare anche altre informazioni importanti.

La formazione della dorsale oceanica Fumarola Magma che esce

Crosta oceanica Il DSV Alvin è stato il primo sommergibile a essere utilizzato per l’esplorazione dei fondali marini, in particolare per lo studio delle fumarole nere.

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Mantello


Giù dal vu

di Martina Tardivo Laurea in Ingegneria dei Materiali (Redazione)

Di corsa giù dal vulcano Tungurahua (in Ecuador)! Scendendo passerai attraverso quattro stazioni. Risolvile in ordine: ogni stazione ti darà un indizio per la successiva; alla fine scoprirai l’altezza del vulcano. Buon divertimento!

Il messaggio appena risolto ti indica che cosa devi leggere nel riquadro qui sotto. Troverai 4 cifre! Scrivile qui:

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2 Mescoliamo i colori! Ad esempio: il VIOLA si ottiene combinando il BLU e il ROSSO, quindi colora di blu e rosso i pezzi di cerchio intorno al viola. Usando il risultato della stazione 3 saprai associare un numero al blu e uno al rosso. Quale numero corrisponde invece al viola? Suggerimento: Mescolare i colori è come fare la somma…Ripeti l’operazione anche per gli altri cerchi e riporta nei quadrati qui sotto le cifre che hai trovato.

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Nello spazio! Settembre 2017


Into the space! September 2017


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