PLaNCK! - Approfondimento insegnanti/201402 - La velocità della luce

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LA VELOCITÀ DELLA LUCE Il valore della velocità della luce nel vuoto è c=299.892.458 m/s, cioè circa 300.000 km/s. La misura della velocità della luce è un capitolo importante della fisica. Fin dall’antichità si capì che la velocità della luce era molto grande, ma non infinita; tuttavia, per misurarne il valore e conoscerne le proprietà sono stati necessari molti secoli. Come si fa a misurare c? Potremmo pensare di misurarla come una velocità media, calcolando il rapporto tra una distanza percorsa e il tempo impiegato a percorrerla. Essendo c molto alta, dovremo utilizzare grandi distanze, oppure tempi brevissimi. Ad esempio, se vogliamo che il tempo misurato non sia più piccolo di un secondo, la distanza utilizzata dovrà essere di almeno trecentomila chilometri: superiore alle distanze terrestri! Se ci limitiamo alle “nostre” distanze, invece, avremo a che fare con intervalli di tempo dell’ordine di 10-4 s (un decimillesimo di secondo). Al giorno d’oggi misurare questi intervalli è possibile, e la velocità della luce è conosciuta con altissima precisione (undici cifre significative). Ma una volta non era così… Misure astronomiche Le prime misure furono eseguite nel 1656 dall’astronomo Rømer. Il suo metodo si basava sugli “occultamenti” dei satelliti di Giove (gli stessi osservati da Galileo). Il pianeta Giove ha quattro satelliti, che entrano nella sua ombra ogni volta che fanno un giro, e quindi non sono più visibili (sono “occultati”) dalla Terra. Si può misurare facilmente l’intervallo di

tempo

tra

due

successivi

occultamenti. Rømer misurò la durata

media

intervallo. osservò all’anno,

per

sei

l’intervallo appare

media,

successivi

questo

Successivamente, che,

occultamenti alla

di

sei

mentre mesi

mesi

tra

gli

inferiore per

i

appare

superiore alla media. Perché? Il fatto è che la luce impiega più tempo ad arrivare ai nostri occhi quando la Terra, a causa del suo moto attorno al Sole, è più lontana da Giove (secondi sei mesi) rispetto a quando è vicina (primi sei mesi) (FIGURA 1). Rømer usò questo fatto per misurare la velocità della luce. Infatti, la differenza tra il minimo intervallo misurato e il massimo intervallo misurato deve essere uguale al tempo impiegato dalla luce per percorrere la distanza tra il punto della sua orbita più vicino a Giove e quello più distante: questa distanza non è altro che il diametro dell’orbita terrestre. Si sa che il raggio dell’orbita terrestre è circa 300 milioni di chilometri, e si misurò la differenza tra il massimo e il minimo intervallo misurato tra due occultamenti: circa 1000 s. Per ottenere c, bastava dividere la lunghezza del diametro dell’orbita terrestre per questo intervallo di tempo: 300 mila km al secondo.


Luce tra i denti La prima misura “terrestre” fu eseguita da Fizeau nel 1849. Il suo esperimento è illustrato nella figura. Fizeau utilizzò una ruota dentata che poteva girare ad alta velocità attorno al suo asse. Una sorgente produceva un fascio di luce che veniva messo a fuoco sul bordo della ruota. Oltre la ruota, il fascio veniva focalizzato su uno specchio; esso rifletteva indietro la luce, che poteva così essere osservata dallo sperimentatore. Se la ruota è ferma e posizionata in modo tale che la luce passi attraverso il “buco” tra due denti della ruota, la luce percorre senza ostacoli

il

l’osservatore

cammino, vede

e

un’immagine

della sorgente. Succede la stessa cosa se la ruota gira lentamente: infatti, data l’alta velocità della luce, quando essa torna indietro ritrova ancora lo stesso “buco”, anche se la ruota si sta muovendo. Se però la ruota gira abbastanza velocemente, può succedere che la luce, che “all’andata” passa tra due denti, al “ritorno” trovi invece il dente successivo, e quindi non riesca a raggiungere l’osservatore. Sapendo la velocità della ruota, il numero di denti e le distanze in gioco (dell’ordine di 10 km) si può stimare la velocità della luce (nell’aria). Una costante fondamentale Uno degli esperimenti più famosi e significativi fu condotto da Michelson e Morley. Provarono che la velocità della luce è indipendente dalla direzione lungo cui viene misurata, dimostrando così che la luce si propaga nel vuoto e non in un qualche “mezzo” (al tempo si pensava che esistesse l’ “etere”). Se ci fosse

stato

l’etere,

infatti, esso avrebbe risentito

della

rotazione della Terra e la velocità della luce sarebbe stata diversa misurandola in diverse direzioni. L’esperimento,

che

sfruttava il fenomeno dell’interferenza

tra

due fasci di luce che percorrevano cammini simili, ma in direzioni perpendicolari tra loro, mostrò che il tempo impiegato dalla luce per percorrere i due cammini era lo stesso, indipendentemente dalla direzione. Una conseguenza fondamentale di questo esperimento è che la velocità della luce nel vuoto è una costante in tutti i sistemi di riferimento inerziali. La luce, quindi, si comporta in maniera abbastanza diversa rispetto agli oggetti che conosciamo. Nella nostra esperienza, è ovvio che un uomo che cammina lungo una passerella in movimento (come quelle degli aeroporti) va più veloce rispetto a un


uomo che cammina con la stessa velocità, ma fuori dalla passerella. Per la luce non è così: il valore della velocità della luce misurata da uno scienziato sulla torre di controllo e da un astronauta in moto a migliaia di km/s è sempre lo stesso! Il valore della velocità della luce infatti dipende solo dalle caratteristiche dello spazio, e lo spazio resta lo stesso sia che ci muoviamo, sia che stiamo fermi. Deviazioni colorate Le caratteristiche però cambiano se ci spostiamo dal vuoto a un “mezzo”. In un mezzo, la velocità della luce diminuisce tanto di più quanto più è alto l’indice di rifrazione del mezzo (una proprietà fondamentale di tutti i materiali). A causa della diminuzione di velocità, un raggio di luce che passa da un mezzo con indice di rifrazione più basso a uno con indice di rifrazione più alto (ad esempio dall’aria al vetro) viene deviato: è il fenomeno della rifrazione. L’indice di rifrazione dipende dalla lunghezza d’onda della luce: questo è, ad esempio, il principio della dispersione della luce in un prisma. L’indice di rifrazione del vetro per il violetto è più altro rispetto all’indice di rifrazione per il rosso: la luce violetta viene rallentata di più e quindi viene anche deviata di più rispetto al rosso: ecco che avviene la separazione dei colori. Più veloci della luce? Non si può andare più veloci della luce nel vuoto. Se si potesse, verrebbe violato un principio fondamentale: il principio di relatività di Einstein, che dice che “le leggi della fisica sono uguali in tutti i sistemi di riferimento inerziali”. Forse non lo comprendiamo subito, ma violare questo principio porterebbe a contraddizioni importanti. Significherebbe che le leggi della fisica cambiano se ci troviamo in un treno che viaggia a velocità costante oppure se siamo fermi! Di recente, un esperimento condotto tra il CERN di Ginevra e i Laboratori Nazionali del Gran Sasso sembrava aver rivelato dei neutrini (un tipo di particella fondamentale) con velocità superiore a quella della luce. Questo avrebbe significato che la teoria della relatività era incompleta e quindi bisognava estenderla. I ricercatori, però, hanno chiarito che si è trattato di un errore di misura.

Nei mezzi diversi dal vuoto, invece, può succedere che qualcosa viaggi più veloce della luce in quel

mezzo: accade ad esempio alle particelle “relativistiche”, cioè con velocità simili (ma comunque inferiori) a quelle della luce nel vuoto. Se la velocità della luce in quel mezzo è inferiore alla velocità della particella si ha un effetto simile al “superamento del muro del suono” da parte di un aereo: si chiama “effetto Cherenkov”.


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