A Piena Voce n. 2

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GIORNALE TOSCANO DI CONTROINFORMAZIONE

numero 2 febbraio 2012

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E’ L’ORA DELLA RISCOSSA OPERAIA ! L’11 FEBBRAIO TUTTI A ROMA CON LA FIOM ! La manifestazione dell’11 Febbraio a Roma, indetta dalla Fiom, non riguarda solo le questioni legate ai diritti dei lavoratori messi in discussione dalle mire del Governo Monti e di Confindustria. Sarà anche un momento di resistenza contro la restaurazione dei peggiori strumenti utilizzati dal capitalismo nazionale ed internazionale per conservare il livello di profitto a seguito dalla sua peggiore crisi dopo quella del 1929. Le questioni dei diritti, del reddito, del welfare, dell’ abbattimento delle pensioni, sono legate alla lotta contro dell’attuale modello economico definito “liberista” e osannato dai centri di comando del potere. Solo la lotta di classe, e una sua organizzazione che metta in discussione tutto il “quadro generale”, può sostenere l’ attacco pesantissimo che stanno subendo gli strati sociali più deboli. Al tentativo epocale del capitalismo di riportare la storia indietro nel tempo è necessaria una risposta altrettanto epocale. In una sola frase potremmo riassumere così il nostro compito: “solo la rivoluzione cambia le cose”. Dobbiamo quindi portare questo concetto alla manifestazione della Fiom e non scendere in piazza solamente in difesa dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori ( ottenuto dopo lotte durissime alla fine degli anni 60 ) ma anche contro i progetti del Governo Monti di utilizzare i modelli di flessibilità già usati nel nord Europa. Tutti settori di classe devono portare nella manifestazione le loro specificità di lotta: sulle criticità ambientali, contro i rigurgiti reazionari, contro le guerre imperialiste ancora in corso ( vedi la questione dei bombardieri F35, del loro peso finanziario mai messo in discussione), contro la restaurazione oscurantista della Chiesa Cattolica, in difesa delle risorse di tutti contro la privatizzazione dell’acqua e dei servizi. La manifestazione di Roma è solo un passaggio di un percorso che può diventare importantissimo, maggiore è il livello di obbiettivi avanzati che riusciremo a mettere in campo. Dobbiamo anche sconfiggere le visioni rinunciatarie delle dirigenze sindacali che invece di mettere in campo una forza combattiva e generale con forme di lotta continuate, dividono spesso le forze indebolendo notevolmente la risposta del movimento dei lavoratori. Nelle prossime settimane lo scontro diventerà ancora più forte ma il Partito Comunista dei Lavoratori sarà sempre insieme al movimento operaio per rafforzare la lotta generale.

IL MONDO DEL LAVORO IMPUGNI I FORCONI!

di Giacomo Cei

L’intero Paese è una polveriera. Le misure “salva Italia” architettate da un presidente del consiglio nominato e non eletto, Mario Monti, hanno sortito i primi effetti devastanti negli strati popolari: aumento di tutti i generi di prima necessità ( causato dall’innalzamento dell’IVA) aumento vertiginoso del prezzo dei carburanti e delle tariffe dei servizi come i biglietti del treno, dei pass autostradali e di tutte le bollette in generale. A questo dobbiamo aggiungere l’innalzamento dell’età pensionabile, il blocco degli adeguamenti delle pensioni al caro vita, la disocupazione dilagante e la privatizzazione di ogni tipo di servizio pubblico. Il fatto che il signor Monti si lanci, parallelamente a questa operazione di risanamento dei conti pubblici ottentuta gravando esclusivamente sulel spalle dei ceti medio-basssi, in un’altra bizzarra operazione di “liberalizzazione” del mercato non serve che a suscitare il riso. Dopo trenta anni di liberismo selvaggio e di new economy, i quali hanno portato il paese allo sfascio, il signor Monti ci viene a dire che la ricetta per uscire dalla crisi ( del liberismo) è attuare delle liberalizzazioni? Nemmeno avessimo vissuto fino ad oggi in una repubblica sovietica. A questa baggianata delle liberalizzazioni e della riforma delle professioni non hanno creduto affatto le cosiddettte categorie ( tassisti,

autotrasportatori, pescatori) i quali hanno attuato molte proteste contro il governo alcune anche importanti come blocchi autostradali, occupazioni, scioperi selvaggi. Il caso più emblematico è quello della Sicilia dove si è sviluppato l’ormai famoso “movimento dei forconi”. Composto per lo più di piccoli imprenditori e potentati locali, imperniato su rivendicazioni di minimo come la riduzione dell’IVA e una maggiore autonomia regionale, il movimento ha bloccato per giorni l’intera isola. La natura piccolo borghese e corporativa del movimento di forconi non è da mettere in dubbio, anzi, in certi casi lo stesso movimento è stato diretto da esponenti della destra fascista come Forza Nuova, o della mafia stessa. Tutto ciò non deve però servire a sminuire la realtà di fondo: la grande maggioranza della popolazione è colpita direttamente dalla crisi e dagli effetti delle manovre governative. Tutto ciò si inserisce in un fenomeno più ampio e articolato che è la proletarizzazione del ceto medio. In Italia, secondo dati ISTAT, negli ultimi anni, si è letteralmente ribaltato il rapporto tra ceto medio e proletariato riportando quest’ultimo al 50% della popolazione a fronte di 45% di ceto medio e 5% di ceto benestante. Il peggioramento generale delle condizioni di vita porta i vari piccoli commercianti, professionisti e imprenditori, ad avvicinarsi nelle azioni e nei comportamenti a quelli

del proletario. Di per sè, però, il ceto medio, anche se inscena proteste corporative o di mantenimento dei propri interessi, non potrà mai rappresentare una classe rivoluzionaria. Esso assume, invece, un ruolo rivoluzionario solo se parallelamente alla sua azione rivendicativa piccolo borghese, si sviluppa alla sua sinistra un’azione rivendicativa diretta del proletariato e della classe operaia. Solo allora, in presenza di un’alternativa concreta di sistema, il piccolo commerciante, il tassista, l’autotrasportatore, potrà smettere di barcamenarsi tra i il proletario e il borghese, e schierarsi a favore del cambiamento. In caso contrario le sue revindicazioni resteranno perennemente conservative e corporative. Quello che manca oggi in Italia non sono certo le potenzialità o le condizioni per creare un alternativa di sistema. Quello che manca è appunto quell’azione rivendicativa diretta della classe operaia, che irrompa nello scenario politico e sociale gettando le base per la costruzione di un sistema sociale e produttivo alternativo. Non è più tempo di stare a guardare le fabbriche che chiudono o i padroni che ci licenziano. E’ il momento della riscossa, il momento di irrompere prepotentemente nello scenario politico con un nostro programma operaio autonomo da quello di Monti e della BCE. E’ il momento che anche il mondo del lavoro impugni finalmente i forconi!


editoriale FUSTI TOSSICI IN MARE: I RESPONSABILI SI DEVONO DIMETTERE

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AUTOSPED LIVORNO:

UNA PICCOLA LOTTA CONTRO UNA GRANDE HOLDING

di Ruggero Rognoni Continua la mobilitazione a Livorno e Pisa per ottenere la bonifica del disastro ambientale provocato da piu’ di 40 tonnellate di sostanze tossiche disperse in mare il 17 dicembre I sindaci e le maggiori autorita’ politiche responsabili della sicurezza ambientale e dei cittadini si devono dimettere Per 12 giorni i sindaci di Pisa e Livorno, responsabili della sicurezza e salute dei cittadini, hanno tenuto nascosto la perdita dalla nave Eurocargo Venezia Grimaldi in un tratto di costa imprecisato tra Livorno e Pisa di più di 40 tonnellate di composti chimici altamente pericolosi e tossici (pare costituiti in gran parte da ossidi di Cobalto Molibdeno e Nichel infiammabili e pericolosi al contatto) contenute in fusti metallici. Perdita avvenuta durante una tempesta mentre partita dal porto di Catania viaggiava verso il porto di Genova. Questo è quello che è emerso dai documenti ufficiali riportati in questi giorni dagli organi di stampa. Dal 17 dicembre 2011 le amministrazioni comunali, provinciali e regionali sapevano quello che era accaduto. Ma quello che risulta di enorme gravità è questo: Per 12 giorni hanno tenuto tutto nascosto alla cittadinanza. Non hanno attivato la procedura di protezione civile e tanto meno hanno diramato allarmi per eventuali spiaggiamenti dei fusti. Non hanno attivato nessuna azione per la localizzazione precisa dei fusti tossici e quindi ad oggi non si conosce la posizione di mare interessata. Non si sono attivati per conoscere l’ esatta composizione del carico indicata genericamente nella documentazione dalla sigla internazionale (codici UN 3191 e IMDG 4.2 e la sigla COMO) anche se la compagnia Grimaldi parla di Cobalto, Nichel, Molibdeno infiammabili all’ aria, cancerogeni e ustionanti. Ad oggi non si sanno quali contromisure verranno prese per la bonifica di un tratto di costa frequentato tutto l’ anno da migliaia di frequentatori. Ad oggi non sono state effettuate analisi biochimiche alla fauna, flora marina ed acqua marina. Queste omissioni hanno i sé delle pesantissime responsabilità politiche che vanno anche a coprire i principali responsabili della sicurezza della Regione Toscana. QUESTI SONO DEI CRIMINI. Per questo motivo individuiamo nei Sindaci di Livorno e Pisa la loro precisa e indubbia grave responsabilità politica i merito. Gli unici atti possibili per chi sta mettendo a repentaglio la salute e la sicurezza dei cittadini, delle coste, dei territori sono le dimissioni immediate. Sono ancora tristemente note alla memoria delle popolazioni le tragedie del Moby Prince, quella di Viareggio e i disastri delle navi dei veleni Karan B e Deep Sea Carrier che hanno portato alla superficie le omissioni e la mancanza assoluta da parte delle amministrazioni della Toscana verso l’efficienza per la protezione civile e la difesa ambientale del territorio. Gli interessi di Confindustria diventano prioritari rispetto alla vita e la sicurezza dei cittadini. Queste responsabilità politiche devono essere denunciate.

di Sergeyev Artem La sospensione dal lavoro degli impiegati e degli autisti che operano nel ramo container della filiale Autosped di Livorno è iniziata alla mezzanotte tra il 15 ed il 16 gennaio 2012 ed è durata ad oltranza. La mattina di lunedì 16 è avvenuta una manifestazione fuori dagli uffici e nel piazzale di parcheggio dei mezzi. Nei giorni scorsi, la società aveva comunicato alle organizzazioni sindacali l’avvio di un processo di ristrutturazione, che prevedeva anche la chiusura della filiale di Livorno ed il trasferimento di tutto il personale che opera nel settore container nelle sedi di Castelnuovo Scrivia, La Spezia e Padova. Restava escluso dal provvedimento il personale che opera nella distribuzione dei carburanti. Lo scorso 5 dicembre, era stato siglato un accordo di tra sindacati ed impresa che parla di produttività. Secondo i rappresentanti sindacali FILT, il lavoro a Livorno non mancherebbe, anzi sul porto toscano opererebbero anche automezzi delle altre filiali di Autosped. Il lavoratori dell’ Autosped G Spa hanno presidiato la loro sede di Via Sacco E Vanzetti (angolo Via Aiaccia - dove c’ è il terminale del rigassificatore ) a Stagno

e nelle vie vicine. Hanno avuto l’ appoggio nella loro lotta dei militanti del PC Lavoratori tra i quali la stessa RSA . Questi lavoratori sono tutti dipendenti autotrasportatori del Gruppo Gavio . Dopo un tira e molla di accordi scritti, modificati rispediti al mittente, finalmente le parti sono arrivate ad un accordo accettabile, che parla di trasferimenti temporanei si, ma della sola gestione operativa, cioè il viaggio dell’autista lavoratore della filiale di Livorno sarà coordinato dagli operativi delle altre sedi, ma tuttavia vi saranno assegnati viaggi in considerazione della residenza dei lavoratori stessi, confermando che la sede a Livorno non chiuderà e che i lavoratori faranno sempre capo alla filiale stessa e vi rientreranno al fine settimana col mezzo aziendale,( diciamo una vittoria al 75% dei lavoratori). Rimane comunque il forte sospetto, dice il compagno Andrea, r.s.a. filt , che tenderanno a creare forti disagi ad alcuni lavoratori in trasferta, lui compreso, facendo sì che gli stessi col tempo, stressati dalle condizioni si arrendano e firmino le dimissioni, ma, dice sempre il compagno: “ non cascheremo nelle loro provocazioni.” Sono in trenta: hanno passato le prime notti di lotta fuori dagli uffici e

non mai ceduto. In alcuni momenti c’ è stata molta tensione tra i lavoratori in lotta e gli autisti delle cisterne bloccati non coinvolti nei provvedimenti. Infatti la direzione aziendale ha cercato provocatoriamente lo scontro tra gli stessi lavoratori. Questa è una lotta, sospesa per il momento sperando che rispettino gli accordi scritti, che necessita del massimo di solidarietà e sostegno perché i lavoratori Autosped di Livorno sono sotto il continuo ricatto dei “capetti” delle filiali del Nord Italia della Gavio che cercano in tutti i modi di delegittimare questa lotta e di dividerli. E’ un continuo gioco al massacro dove a farne le spese sono i lavoratori più politicizzati emarginati dalla direzione aziendale. Il PCL si è schierato subito in appoggio a questi lavoratori denunciando il comportamento dell’ azienda, sostenendo la lotta. Concludendo, diciamo che al momento i Lavoratori sindacato e azienda hanno sottoscritto un ‘accordo in data 31 gennaio, e sospendono ogni forma di agitazione e protesta, Le r.s.a confermano però la ripresa dell’agitazione con azioni significative se questo non verrà debitamente rispettato in ogni sua forma.


pagina 3 LA FERRIERA DI SAN GIOVANNI:

lavoro e sindacato

ESEMPI DI RESISTENZA DAL VALDARNO ARETINO

di Martina Giustelli

La Ferriera di San Giovanni Valdarno, nata alle fine dell’800, per la sua collocazione proprio nel centro del paese, accanto alla stazione ferroviaria, e per il semplice fatto che per tanti decenni ha costituito la principale fonte di lavoro della vallata, rappresenta una pagina importante per la storia del Valdarno e del suo movimento operaio. Oggi, sulle sue alte e lunghissime mura, si stanno scrivendo, a caratteri cubitali, i numeri degli 80 lavoratori a rischio licenziamento, perché oggi, a 140 anni dalla sua nascita, la Ferriera rischia di chiudere i battenti per sempre. Se ne andrebbe, con lei, il futuro di 80 lavoratori ed un glorioso pezzo di storia del nostro territorio. Qualche mese fa, infatti, la Afv Beltrame, l’ultimo dei vari gruppi industriali che si sono avvicendati nella proprietà della Ferriera, senza mezze parole ha comunicato ai dipendenti la volontà di chiudere. La reazione dei lavoratori è stata immediata. Organizzati con un presidio semi-permanente all’ingresso dello stabilimento, ci offrono un esempio di lotta e resistenza insolito per un piccolo paese della provincia aretina, ma che per la tenacia e la dignità con cui viene portato avanti, sta dando frutti inaspettati. Ci racconta la loro storia un RSU Fiom Beltrame: La ferriera ha una funzione importante all’interno della Beltrame, perché secondo voi l’azienda ha deciso di chiudere proprio questo stabilimento? Il nostro, in Italia, è il terzo stabilimento dell’AFV Beltrame. Gli altri due sono a Vicenza, che è la casa madre, e Torino. Entrambi hanno treni molto grossi e fanno gli stessi profili, producendo in pratica la nostra materia prima, mentre noi siamo il completamento della gamma, lavorando il ferro più piccolo. Per un’insolvenza di debiti verso le banche, l’azienda ha deciso di chiudere

lo stabilimento più piccolo, ossia il nostro. Secondo noi non è assolutamente giusto, visto che abbiamo un’alta produttività e andiamo in attivo con un terzo circa della nostra capacità produttiva. Abbiamo quindi fatto questo presidio perché non ci sembra opportuno chiudere, non siamo noi la causa delle perdite dell’azienda. Quale è stata la vostra reazione alla comunicazione dell’imminente licenziamento, e quali forme di lotta avete messo in atto? Quando ci hanno comunicato la chiusura della fabbrica, abbiamo subito, dopo qualche ora di logico smarrimento, deciso di creare questo presidio semi-permanente, dalle 8 alle 20. Non abbiamo occupato lo stabilimento perché siamo pochi operai, non saremmo riusciti a portarla avanti. Come state vivendo questo momento di incertezza? Come si vive? Si vive male: all’inizio tanta paura, smarrimento, perché purtroppo i nostri sogni di vita, di avere una famiglia, pagare il mutuo, ci sono cascati completamente ad-

LAVORATORI COMMERCIO: di Stefano Amidani In questi giorni si faranno le assemblee nei posti di lavoro per votare il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro delle Cooperative della Grande Distribuzione scaduto da gennaio 2011. Questo rinnovo giunge dopo la cancellazione della precedente piattaforma , già votata dai lavoratori, poiché nel frattempo era stato firmato il rinnovo del contratto del commercio privato,che conteneva importanti e pesanti cessioni di salario e diritti da parte dei lavoratori,da cui le imprese cooperative volevano un sostanziale adeguamento. Per spiegare le analogie con questo contratto che ha visto la firma di Cisl e Uil senza la firma della CGIL, andiamo ad elencare i punti dolenti del contratto e le similitudini con quello della grande distribuzione cooperativa

Argomento

dosso. Però quasi tutti, anche i capi reparto, hanno creduto in questa cosa e con l’aiuto dei sindacati, specialmente la Fiom, abbiamo messo su un impianto di resistenza e di lotta oltre le nostre aspettative. Sindacati, istituzioni, altri lavoratori e semplici cittadini: chi e come vi sta dando un appoggio concreto? La raccolta alimentare della Coop, l’aiuto del Sindaco di San Giovanni Valdarno e delle istituzioni hanno permesso che questa lotta si radicasse sempre di più. Colgo l’occasione per ringraziare tantissimo le istituzioni, i partiti che ci hanno sostenuto, il Vescovo che ci ha portato la sua solidarietà. Ringrazio tantissimo la Fiom e la CGIL che tutti i giorni sono qui con noi al presidio. Purtroppo gli altri sindacati sono venuti a mancare, speriamo che si uniscano anche loro alla nostra lotta. Sicuramente la dirigenza Beltrame non si aspettava tanto clamore, ci sono segnali di una loro inversione di rotta? Quando siamo andati al primo tavolo di trattativa con la Beltrame eravamo

in cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione, resistendo sulla nostra posizione, siamo riusciti a far fare un passo indietro alla direzione. Da lì le forze politiche sono intervenute ancora più massicciamente, prima il Comune, poi la Provincia, per arrivare a fare gli incontri direttamente in Regione. Siamo riusciti a firmare una cassa integrazione per crisi fino al 29 novembre 2012. Avevamo fissato il prossimo incontro a marzo, ma inaspettatamente il presidente della Regione Rossi ha convocato l’amministratore delegato Pinna, il quale prima di vedere Rossi è venuto da noi e stringendoci la mano ci ha detto “resistete”. Questo ci ha dato speranza, perché inizialmente volevano addirittura farci chiudere il presidio. Anche perché sembra ci sia stato un cambiamento nei vertici della proprietà e pare ora ci sia qualche apertura per continuare la produzione nella nostra fabbrica e forse addirittura la possibilità di tornare a fare qualche ora di lavoro già nel 2012. Tutto questo ha dato più forza al nostro presidio, facendo capire anche agli scettici che questa lotta sta funzionando, come è già accaduto in passato ai nostri colleghi, perché questa situazione si era presentata altre volte con altre proprietà. Ora aspettiamo un nuovo incontro a fine gennaio, inizio febbraio, dove porteremo le nostre proposte. E’ chiaro che se loro ci vogliono fare tornare sul posto di lavoro, noi chiederemo delle certezze. Ovviamente è come buttare una bistecca ai lupi affamati, non si può rifiutare di lavorare, però di certo chiediamo all’azienda di non trattarci come oggetti che ora le servono e poi butterà via. Che vi sentite di dire ai lavoratori toscani che si trovano in una situazione simile alla vostra? Abbiamo già detto a tanti rappresentanti RSU di altre fabbriche che se hanno bisogno di consigli, supporto morale e logistico, noi siamo disponibili. Fino dall’inizio ci è stata data tantissima solidarietà e noi siamo prontissimi a ricambiarla.

OGNUN PER SE, E MONTI PER TUTTI

Commercio privato Grande Distribuzione Cooperativa

Aumento salariale

85 € lordi in 6 rate al 4° livello

86 Euro lordi in 6 rate + conguaglio di 182 €

Orario di lavoro

Aumenti generalizzati per i nuovi assunti

Aumento a parità di salario per i nuovi assunti da 38 a 40 ore , raggiungimento della parità dopo 4 anni, definitivo per i lavori con contratto a termine.

Indennità di malattia

Dopo la 3° malattia in un anno 100% solo per i primi due certificati,50% fino al 4°, niente dal 5à in poi

Verrà creata una commissione aziende- sindacato per ciò che concerne la “morbilità” con lo scopo di trovare soluzioni per chi esce dalle medie.

Deroghe al CCNL

Si tramite il contratto di secondo livello

Si tramite il contratto di secondo livello

Permessi retribuiti

Cancellazioni, riduzioni per i nuovi assunti a regime solo dopo 4 anni

Cancellazioni, riduzioni per i nuovi assunti a regime solo dopo 4 anni

Lavoro domenicale

Aumento della giornate lavorative domenicali

Aumento della giornate lavorative domenicali

Queste in breve sono alcune delle norme vergognose contenute nel nuovo contratto della Grande Distribuzione Cooperativa che, numeri alla mano, ricalca quello del commercio privato e che recepisce in modo servile i vari diktat del collegato lavoro e degli accordi separati firmati dai notai della CiSL e della Uil. Mentre l’accordo in fieri ricompone in modo inequivocabile l’unità sindacale della triade CGIL-CISL-UIL ,accettando adesso ciò che prima si era rifiutato, scava un fossato senza fondo tra i lavoratori vecchi e nuovi ,che saranno promossi ad un maggior carico di lavoro con minor diritti ed un salario molto più basso nei confronti dei vecchi assunti. Detto in due parole mentre si predica e si applica l’unita tra i vari sindacati contemporaneamente si pratica la divisione tra i lavoratori , forti che il “dividi et impera” lascerà la protesta ai minimi termini. Ovviamente i disattenti lavoratori “stagionati” forti del fatto che molte delle norme repressive non li toccano da vicino, immaginiamo che si guarderanno bene dal muovere proteste, lasciandosi sfuggire un fatto

importantissimo: il costo molto competitivo dei nuovi assunti rispetto ai lavoratori in essere. Sottolineando il fatto che ormai l’articolo 18 non è più un tabù per nessuno per i partiti parlamentari(anzi lo stesso governo a più riprese ha invocato il “licenziamento facile con indennizzo”) è così irragionevole pensare che molte aziende procederanno ad alleggerire il proprio costo del personale liquidando anzitempo contratti onerosi di persone in essere da molti anni a vantaggio di nuovi assunti a costi e diritti zero? Oltretutto , anche se onestamente viste le premesse del contratto del commercio privato era impensabile pensare ad un contratto faraonico, questa bastonata si aggiunge alle stilettate nei reni inflitte dal governo dei banchieri fatto di aumento IVA,ICI,accise sui carburanti ,ed imposte regionali e comunali. Quindi ovviamente il discorso si risolve unicamente se la battaglia sarà attuata sia sul piano politico che su quello sindacale secondo la logica che ad un assalto frontale dei poteri forti solo una risposta uguale e contraria potrà assolvere allo scopo.


speciale elezioni comunali

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UN PROGRAMMA ANTICAPITALISTA PER PISTOIA

collinari e montane, e dunque verde pubblico è stata sacrificata per di Mario Capecchi candidato 1. Chiusura immediata di Casa zone anche per le condizioni sociali della soddisfare le esigenze, anche di busiPound e divieto d’insediamento fusindaco per il PCL turo di ogni altra associazione che popolazione residente o comunque a ness, di una società sportiva operanabbia il fascismo come uno dei suoi vario titolo interessata, molte volte te nel settore calcio, oltretutto deturPRESENTAZIONE riferimenti e/o che comunque del fa- penalizzata proprio dalla carenza di pando in maniera veramente oscena Il mio nome è Mario Capecchi. Sono nato a Pistoia il 13 giugno del 1949. Dopo aver ottenuto la licenza di scuola media inferiore nel febbraio del 1964 ho iniziato a lavorare in una nota azienda cittadina operante nel settore auto. Nel 1970, ho iniziato la mia attività privata nel ramo dei pubblici esercizi, praticata nel tempo in diversi locali di Pistoia o del circondario, coadiuvato anche dai familiari, fino alla cessazione definitiva avvenuta nel febbraio del 2010. Adesso sono titolare di una pensione di vecchiaia al minimo di 480,00 euro mensili. Sul finire del 2009 mi sono impegnato per dare vita alla sezione di Pistoia del Partito Comunista dei Lavoratori, della quale sono tuttora il coordinatore provinciale.

PROGRAMMA La mia candidatura a Sindaco del comune di Pistoia in rappresentanza del Partito Comunista dei Lavoratori, si caratterizza e si basa sulla proposta di un programma che, oltre alla tutela dei diritti elementari, fondamentali e irrinunciabili di ogni persona, si faccia interprete e vada incontro anche alle reali e concrete necessità specifiche della cittadinanza pistoiese. All’interno di questo quadro di fondo, che ritengo possa essere largamente condiviso dalla grande maggioranza della popolazione, penso che possano coesistere e amalgamarsi fra loro, e dunque non trovarsi in contrapposizione, ogni specifica aspirazione ad una esistenza individuale e collettiva condotta e vissuta con quella tranquillità sociale che già l’attuale livello scientifico e tecnologico raggiunto potrebbe facilmente garantire ed assicurare. Sono convinto però che questa garanzia possa e debba essere effettivamente esercitata e attuata, anche da parte dell’Amministrazione Comunale, soltanto se sganciata e resa autonoma dai condizionamenti imposti alla politica dal potere economico e finanziario in generale, e tanto più oggi, in modo particolare dal potere delle banche. Ritengo che non sia accettabile subordinare il raggiungimento e il mantenimento di quel livello di civiltà auspicato e condiviso dalla maggioranza dei cittadini, alle logiche delle Spa, pubbliche o private che siano, e dunque al soddisfacimento degli interessi privati di manager, o degli intrallazzi della peggior politica e/o dei profitti di una minoranza di soggetti sfruttatori, parassiti, speculatori, a cui quei poteri oggi dominanti fanno capo. E dunque, per operare una netta soluzione di continuità con quel sistema socio-economico in cui anche le passate Amministrazioni Comunali pistoiesi si sono largamente riconosciute e a cui si sono, e ancor oggi lo sono, palesemente uniformate nelle loro opzioni e scelte programmatiche, ritengo che sia necessario iniziare in tempi brevi a programmare un futuro per la città, e per tutto il territorio, a misura delle persone, e non a misura degli interessi corporativi di casta a livello politico, o imprenditoriali, in senso lato, a livello economico. In questo senso e in questa prospettiva ho sviluppato il mio programma, incentrato su una serie di punti base che ritengo imprescindibili sia sul piano etico e morale, sia sul piano strettamente amministrativo e a cui mi impegno, con tutti gli strumenti che avrò a disposizione, a dare la priorità attuativa:

scismo faccia apologia. 2. Drastica e significativa riduzione degli emolumenti e delle retribuzioni degli amministratori e dei dirigenti dei vari servizi comunali. Non è ammissibile chiedere sacrifici ai cittadini tagliando o riducendo i servizi essenziali e, allo stesso tempo, mantenere certi livelli retributivi francamente esagerati e ingiustificati, o comunque di privilegio. 3. Operare in assoluta continuità e uniformità con gli esiti referendari in ordine alla ripubblicizzazione dei servizi, in modo particolare a quelli che riguardano l’acqua. E comunque, in linea più generale, operare per uscire dalla logica delle Spa nell’affidamento dei servizi al cittadino, in qualunque campo trovino applicazione. 4. Operare per un recupero e un miglior utilizzo del patrimonio edilizio pubblico e privato in generale e di quello scolastico in particolare. Operare per rendere più efficienti e sufficienti i servizi pubblici per l’infanzia e per la scuola, superando la logica della sussidiarietà e comun-

quel servizio indispensabile. 7. Anche in diretta relazione a questo potenziamento del trasporto pubblico locale su ferro, assume una particolare rilevanza la difesa incondizionata del patrimonio costituito dalla Breda. Per questo ritengo che sia d’importanza vitale, anche per il tessuto economico e sociale di Pistoia, il mantenimento della proprietà pubblica dell’Azienda. e dunque la necessità di opporsi nella maniera più assoluta ad ogni ipotesi di una sua vendita o di un suo ridimensionamento. Ritengo perciò doveroso e prioritario dare un sostegno attivo, di qualunque tipo e a qualunque livello, a tutte le forme di lotta che i lavoratori riterranno necessarie per salvaguardare l’insediamento produttivo e il loro posto di lavoro. 8. Proprio sotto l’aspetto ambientale cui ho accennato in precedenza, operare diffusamente e in maniera capillare per verificare e fare in modo che i livelli di salute dei cittadini, di sicurezza abitativa, e quella più in generale dell’intero territorio comunale, siano tutelati e garantiti nella manie-

que demotivando e disincentivando, anche attraverso l’eliminazione di ogni contributo pubblico, il ricorso alle strutture private anche di carattere religioso. 5. Operare per un miglioramento e un potenziamento del trasporto pubblico, sia sulle tratte di collegamento con le zone esterne e ai margini del territorio comunale, sia su quelle cittadine. In questo contesto va inserito anche il progressivo allargamento della ZTL, supportato dalla realizzazione di nuovi parcheggi scambiatori e da un efficiente servizio continuativo di bus navetta. Parallelamente, l’assoluta contrarietà ad ogni ipotesi di nuovi parcheggi all’interno del perimetro cittadino, per esempio quello già programmato di piazza S. Bartolomeo. 6. Operare per un migliore collegamento, anche e soprattutto dei territori montani, con tutta l’area metropolitana attraverso il potenziamento e un maggiore e migliore utilizzo della rete ferroviaria, anche dando parallelamente priorità all’attuazione di quel progetto di raddoppio della linea ferroviaria Pistoia-Lucca-Viareggio di cui si parla ormai da decenni. In contrapposizione e in alternativa alla sciagurata scelta di una terza corsia autostradale, che avrebbe un terrificante impatto ambientale su un territorio già al limite di ogni ragionevole livello di sicurezza. Ritengo che un sostanziale ed effettivo miglioramento del TPL sia condizione essenziale per la difesa e il rilancio delle

ra più assoluta, e non siano in qualunque modo sacrificati sull’altare di quella specifica vocazione della città di Pistoia nel settore florovivaistico. A sostegno di questa finalità, penso all’incentivazione di una graduale se pur limitata riconversione di parte del territorio ora dedicata al florovivaismo a un uso più specificamente agricolo, sicuramente più in linea con la pubblica utilità e infinitamente meno impattante sotto il profilo ambientale. 9. E ancora sotto l’aspetto ambientale, operare per una maggiore razionalità nella produzione e nella gestione dei rifiuti privilegiando il riutilizzo e estendendo la raccolta porta a porta. Ottimizzare al massimo una vera e effettiva raccolta differenziata, in modo da ridurre progressivamente al minimo, e in prospettiva eliminare, il ricorso all’incenerimento per lo smaltimento dei rifiuti, causa delle micidiali emissioni di polveri sottili di varia misura, ormai riconosciute dalla scienza medica, come estremamente pericolose per la salute dei cittadini. 10. Operare per un ampliamento degli spazi pubblici riservati allo sport, alle aree a verde per l’infanzia e per gli anziani e più in generale per la totalità della cittadinanza, evitando inusuali commistioni fra le diverse necessità. Come, per esempio nel caso di Bonelle – una borgata all’immediata periferia della città –, dove una larga fetta degli spazi dedicati al

quel piccolo ma importante spazio di cui la comunità locale andava giustamente fiera. Come premesso, questi, in linea di massima, sono i pochi punti base su cui intendo articolare e orientare, nella più totale autonomia, la mia attività di Sindaco di Pistoia. Voglio precisare che questi rappresentano solamente e indicativamente quel minimo di provvedimenti che è comunque ora possibile mettere in pratica, nonostante e a prescindere dalla catastrofica politica di tagli agli enti locali messa in atto da tutti i governi di centrodestra o di centrosinistra che si sono alternati alla guida del Paese. Una scellerata politica perseguita con ancor più determinazione dall’attuale governo Monti, diretto rappresentante degli industriali e dei banchieri, che viene ipocritamente definito “tecnico “ per non evidenziare il carattere politico che assumono le misure antipopolari messe in atto, col vergognoso appoggio bipartisan, salvo qualche riserva di facciata, di quasi tutti i partiti istituzionali, compreso quelli che fino a ieri, se pur timidamente, si erano opposti ai governi Berlusconi. Sono convinto che la Comunità pistoiese abbia bisogno d’interventi più radicali e più incisivi in campo sociale, nel settore produttivo, nella tutela ambientale e, più in generale, in ogni settore in cui si trovi direttamente coinvolta e protagonista. Ma sono proprio le politiche messe in atto a livello centrale che lo impediscono, tagliando in maniera progressiva e sistematica le risorse necessarie e indispensabili. Di conseguenza, solamente un rovesciamento totale e completo di quelle politiche, può assicurare e garantire la realizzazione di quel programma più avanzato e più in linea con le necessità della cittadinanza pistoiese. Dubito che anche le altre forze (compreso quelle che, con un po’ di disinvoltura e in maniera approssimata, continuano a definirsi “comuniste”) o coalizioni politiche che si apprestano a sostenere una loro candidatura, sentano veramente il bisogno, e perciò vogliano impegnarsi – effettivamente e ad ogni livello –, per praticare quella svolta che ritengo fondamentale per la realizzazione di quegli obbiettivi più avanzati. Una svolta oltretutto resa ancor più necessaria anche a livello più generale, per impedire che il perdurare e il continuo aggravamento della crisi economica causata dal fallimento ormai conclamato del sistema capitalistico, solleciti quel “sistema” a scaricare ancora una volta sulle spalle dei cittadini, dei lavoratori e dei proletari i costi di quella catastrofe. È anche per promuovere e dare forza e sostegno a questi obiettivi politici più generali, che chiedo il voto ai cittadini pistoiesi. Un voto che comunque sarà utilizzato in totale autonomia, e dunque in assoluta e netta alternativa ad ogni altro schieramento politico di qualunque colore, unicamente per l’attuazione di quel programma che sinteticamente e indicativamente ho proposto. Con la consapevolezza, che intendo trasmettere a tutti gli elettori, che ciò rappresenta soltanto un primo passo in direzione di un altro ordinamento sociale, alternativo e in netta contrapposizione al capitalismo, che solo un partito comunista, e dunque coerentemente marxista rivoluzionario come il Partito Comunista del Lavoratori, può utilmente perseguire nella sua piena autonomia.


pagina 5 CARRARA:

speciale elezioni comunali

PERCHE’ SOSTENERE LA LISTA DEL PCL

di Paolo Vannucci candidato sindaco per il PCL

Il Partito Comunista dei Lavoratori è, a pieno titolo, l’unica “Sinistra che non tradisce”. Infatti, coerentemente con la tradizione marxista rivoluzionaria internazionalista, i nostri rappresentanti eventualmente eletti in qualsiasi Consiglio o Aula parlamentare, non possono ricoprire alcun incarico di governo, pena l’immediata espulsione dal Partito. Noi non crediamo, infatti, nelle elezioni borghesi e nel teatrino politico ad esse connesso: il compito dei nostri candidati, in caso di loro elezione, sarà quello di usare il Consiglio come una tribuna di notevole risonanza mediatica, per smascherare i trucchi e le manovre dei gruppi di potere, collocati a destra come a “sinistra”, e denunciarli implacabilmente ai cittadini e soprattutto ai lavoratori/trici e classi subalterne. Loro compito sarà anche quello di proporre soluzioni ai problemi sempre più drammatici quali il lavoro, la casa, lo sfruttamento e la tutela del territorio, servizi pubblici essenziali quali la sanità, l’assistenza agli anziani e ai disabili, l’istruzione, gli asili, la salvaguardia dell’ambiente, i trasporti. Problemi da sempre trascurati dalle amministrazioni precedenti di qualsiasi colore della Provincia e del Comune, tanto che, com’è noto, siamo all’ultimo posto nella graduatoria toscana relativa allo sviluppo economico, all’inquinamento, alla qualità della vita, ed ai primi per le morti dovute ai tumori. Non crediamo che un’Amministrazione Comunale collocata più “a sinistra” (né tanto meno a destra), possa risolvere i problemi fondamentali della nostra popolazione, perché i poteri dominanti che controllano la politica, l’economia e la società tutta, hanno a cuore solo i LORO PROBLEMI ed i LORO INTERESSI. Suggeriamo invece alcune possibili, ancorché radicali, soluzioni: - esproprio immediato e senza indennizzo delle industrie che chiudono e/o licenziano, in particolare di quelle che sorgono su territorio pubblico (Cave, Cantiere, Porto etc.) con loro conseguente inglobamento nel patrimonio comunale.

-ripubblicizzazione, in controtendenza, dei servizi essenziali come acqua, gas, elettricità e trasporti -potenziamento della Sanità e dell’Istruzione e conseguenti immediate sospensioni dei fondi illegalmente elargiti ad asili, scuole e servizi sanitari privati. -ricontrattazione delle concessioni per l’estrazione del marmo, sotto il controllo di chi ci lavora (i cavatori) e di esperti da loro scelti, ed immediato adeguamento delle tasse sull’estrazione, oggi ridicolmente basse, a fronte degli enormi profitti dei baroni del marmo “satrapi e marpioni”, dovuti anche ad una diffusa e sfacciata evasione. -abolizione del debito pubblico nei confronti delle banche, prime responsabili del disastro finanziario nazionale e mondiale, e già abbondantemente finanziate (e salvate) con denaro pubblico. -crediti agevolati a cooperative di lavoratori (vere, non di comodo per qualche furbastro), aziende a conduzione familiare, bed and breakfast, cooperative per servizi turistici, piccole imprese artigianali, O.N.L.U.S., che rilancino l’occupazione giovanile in un territorio ad alta vocazione turistica. -nuova politica del territorio: una più razionale pianificazione urbanistica, come la creazione di tutti i servizi e attività indispensabili alla cittadi-

nanza, dislocati nei vari quartieri. -nuova politica di edilizia popolare, con creazione di nuovi complessi edilizi, e conseguente assegnazione in base a rigorosi criteri di bisogno, da certificarsi attraverso dichiarazione complessiva dei redditi famigliari, al netto delle imposte. -ristrutturazione e riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico e delle aree di pertinenza, con possibilità per i vecchi affittuari di riscattare a un prezzo agevolato le abitazioni. Un’attenzione particolare dovrebbe essere dedicata alle sempre più numerose persone che purtroppo, nella nostra città, sono costrette a vivere per strada, in auto o in roulotte, a causa delle loro disperate condizioni economiche. Anche gli ex Mercati Comunali coperti del territorio, attualmente inutilizzati, potrebbero essere proficuamente usati per ospitare attività di piccolo commercio solidale “a km.0” (latte, ortaggi etc.), molto gradito dalla popolazione e con evidenti ricadute positive sul piano occupazionale. -creazione di centri di aggregazione popolare e giovanile, dove poter svolgere attività ricreative, culturali, politiche ecc., sganciate e al di fuori dei circuiti economico-affaristici privati e confessionali. -lotta al razzismo e alle discriminazioni razziali, sessuali, religiose e di altro genere; promozione del multi-

culturalismo, della tolleranza e delle differenze, attraverso corsi di alfabetizzazione per stranieri e no. -messa a punto di un piano straordinario di lavori socialmente utili, da svolgersi nel campo della manutenzione e della sicurezza dal punto di vista idrogeologico, ecologico e sismico del territorio comunale; ciò con l’impiego, naturalmente, di personale disoccupato da lungo tempo. Il tutto finanziato dai proventi delle concessioni degli agri marmiferi, adeguatamente riviste, e dal recupero della enorme evasione fiscale delle stesse. -estensione delle spiagge pubbliche, oggi ridotte a ridicole strisce-ghetto, oltretutto assediate e depredate dai bagni limitrofi (come da noi più volte denunciato), recuperando spazio anche dalle concessioni fatte alla Marina Militare e ad istituti religiosi, che le usano solo 1-2 mesi all’ anno. -realizzazione del porticciolo turistico rigorosamente COMUNALE, ovunque collocato, come in tutte le città della vicina Corsica e nella maggior parte delle città francesi, affinché gli introiti del turismo nautico finiscano nelle casse comunali e non in quelle dei soliti Paperoni. Aggiungiamo che, in caso di chiusura del Cantiere Navale di Marina (come purtroppo si sta profilando), il porticciolo potrebbe essere realizzato proprio nell’ area antistante, ponendo fine ad interminabili ed estenuanti polemiche sulla sua collocazione; naturalmente gli addetti al funzionamento dello stesso, alla manutenzione ed alla riparazione delle barche, dovrebbero essere prioritariamente scelti tra i lavoratori dei N.C.A. Proprio l’ ubicazione in territorio demaniale del Cantiere, dovrebbe favorire questa soluzione “pubblica”, tagliando le unghie ai soliti squali che già hanno dato buona prova dei loro appetiti con i loro progetti insensati (per i cittadini, non per loro) relativi a “Water Front”, Area Retroportuale, etc. I cittadini che intendono sottoscrivere la nostra lista (operazione necessaria per consentirci di partecipare a queste elezioni) possono trovare i moduli presso l’Ufficio Elettorale del Comune, presso il Circolo ARCI “Concasser” di Via S. Piero a Carrara, e presso la Pizzeria “Follemente” di Via Rinchiosa a Marina.

CASTIGLION FIORENTINO: DALLA DC AL PD NULLA E’CAMBIATO

di Giuseppe Mazzoli

Castiglion Fiorentino, paese di circa 11000 abitanti in provincia di Arezzo, dal dopoguerra fino a 18 anni fa feudo democristiano, poi in mano al Pd, ma la politica amministrativa del comune non è cambiata. Diciotto anni fa vinse le elezioni amministrative del comune una coalizione di centrosinistra composta dall'allora pds qualche ex dc e rifondazione comunista, tutti erano convinti che sarebbe cambiato il modo di gestire la cosa pubblica , fu solo un illusione causata anche dalle prime operazioni di sola immagine che fece quell'amministrazione . In realtà il solito sistema di amicizie e d' interessi privati dei vari signori locali, di piccoli e grandi favori, hanno portato all'attuale situazione . Un comune di piccole dimensioni con un buco di bilancio che si aggira intorno ai 10 milioni di euro. Tutto questo ha portato al massimo le aliquote delle tasse comunali , la privatizzazione del servizio mense scolastiche con il licenziamento delle donne che facevano il servizio di somministrazione

pasti,il taglio del servizio di trasporto scolastico e vari altri servizi di carattere sociale . Nell'ultima campagna elettorale in occasione delle elezioni amministrative del 2011 , come Partito Comunista dei Lavoratori abbiamo denunciato con fermezza questi metodi ,anche se ancora non era chiara l'entità del buco di bilancio , comunque sempre smentito dal centrosinistra fino alla sera dello spoglio delle schede, che dava sempre il centrosinistra vincente . Dopo pochi giorni dalla vittoria elettorale e malgrado fosse venuto a galla il dissesto finanziario , l'ex sindaco Paolo Brandi veniva premiato con la carica di presidente alla società Estra che gestisce il servizio gas ed altro nella provincia ,una multiutiliti , come si dice ora, un premio che valeva uno stipendio da 8000 euro mensili. Subito con un comunicato stampa abbiamo reso pubblica questa vergogna , sostenendo che a lui era stato trovato un lavoro di alto prestigio sopratutto per lo stipendio che percepiva , e in tanti anni non era stato

trovato un posto di lavoro per i tanti disoccupati giovani e non, compresi quelli dell'ex zuccherificio Sadam che ha chiuso i battenti ben otto anni or sono. Come conseguenza di questa vergogna abbiamo chiesto le sue dimissioni da tale incarico e anche quelle del sindaco entrante che era stato assessore al bilancio nell'amministrazione che ha creato il dissesto. Una piccola soddisfazione l'abbiamo avuta, dopo poco il nuovo sindaco si è dimesso dichiarando il dissesto, che inizialmente negava, e conseguentemente anche l'ex sindaco eletto presidente di Estra si è dimesso , perchè sospinto dal suo stesso partito ,il PD. Siamo consapevoli che non sia stato merito nostro le dimissioni di questi personaggi , comunque la nostra denuncia ha fatto clamore ,e molte sono state le dimostrazioni di stima e di condivisione di molti cittadini. Durante quella campagna elettorale ,come nelle precedenti , siamo stati accusati di favorire le destre presentandoci come lista autonoma. Poi i fatti ci hanno dato ragione, nell'ultimo consiglio comunale dove il sinda-

co del PD, che aveva appena vinto le elezioni presentava le sue dimissioni a causa dissesto finanziario , sono entrati nella sala consigliare esponenti di Forza Nuova , con bandiere facendo il saluto romano chiedendo a gran voce le dimissioni del sindaco, che ormai aveva già dato ,io subito mi sono scagliato contro gli amministratori sostenendo che questo era il risultato del loro buon governo , avevano fatto vincere le destre . Dal quel momento la nostra battaglia è continuata denunciando sulla stampa e sulle televisioni locali, che ci hanno dato spazio, le malefatte compiute da quell'amministrazione e le conseguenze che stanno ricadendo sulla pelle dei cittadini. Questa è l'ulteriore dimostrazione che il centro destra e il centro sinistra sono la medesima faccia della medaglia e che per i comunisti non esiste altra strada che la piena autonomia dai partiti borghesi. Non demordiamo e con le nostre poche forze cercheremo di ripresentarci anche alla prossima tornata elettorale di primavera in piena autonomia .


antifascismo e repressione VIA DEI CONCIATORI:

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TRENTA ANNI DI STORIA CANCELLATI DA RENZI

di Pao

La mattina del 19 gennaio, per volontà di Renzi, il sindaco che la destra ci invidia, si è compiuto l’ennesimo attacco agli spazi sociali della città di Firenze. Un dispiegamento spropositato di “forze dell’ordine”, in esecuzione dell’ordinanza firmata dal sindaco, ha sgomberato lo storico stabile di via dei Conciatori, vero e proprio patrimonio della sinistra e del movimento fiorentino. Si trattava infatti dell’occupazione più longeva della città. L’operazione ha richiesto diverse ore, grazie alla resistenza opposta da tutti i compagni disponibili, che si sono mobilitati per impedire lo sgombero. Alcuni militanti sono saliti sul tetto, mentre gli altri, schierati in strada, cercavano di sbarrare il passo agli sbirri, che avanzavano a suon di cariche e manganellate. L’immobile, di proprietà comunale, fu occupato nel 1980 da Democrazia Proletaria, la quale dal 1988 cominciò a pagare al comune un’indennità per l’uso dei locali. Ospitò poi Rifondazione Comunista dal 1993 al marzo 2011, e attualmente vi avevano sede diverse associazioni tra cui la Casa dei diritti sociali (che pagava circa 200 euro al mese di “affitto”), la Casa dei popoli, un’associazione di migranti senegalesi, oltre al Circolo Anarchico Fiorentino e ai militanti di Occupy Firenze. Insomma più di trent’anni di lotte sono passate da via dei Conciatori, e praticamente non esiste militante fiorentino che non abbia frequentato quei locali. Ma non si tratta di una questione sentimentale. L’episodio costitui-

sce un ulteriore tassello del disegno portato avanti dalla giunta Renzi, un disegno che, nel nome della lotta al “degrado” (ma in realtà nell’interesse dei peggiori gruppi affaristici e speculativi), prevede la realizzazione di una città-vetrina a misura di turista, tramite lo smantellamento di tutti gli spazi sociali, dei luoghi di aggregazione, delle realtà create da chi contro il degrado, quello vero (povertà, disoccupazione, razzismo, fascismo), lotta tutti i giorni, da anni. Un breve e incompleto excursus di questi due anni e mezzo di amministrazione Renzi ci dimostra con chiarezza quanto sia già avanzato lo stato di realizzazione di questo progetto. Renzi sgombera il mercatino mul-

tietnico sul lungarno Pecori Giraldi, l’ex ospedale Meyer, dove vivevano circa 150 persone, e il campo rom di S. Piero a Quaracchi; inserisce nella lista degli immobili da alienare quello occupato dal Centro Popolare Autogestito Firenze Sud; proibisce, nel centro della città, l’apertura di nuovi punti vendita di kebab e la vendita di alcolici dopo le 22 da parte dei piccoli negozi di alimentari, per lo più gestiti da immigrati di origine asiatica (perché a bere e mangiare bisogna andare nei locali, e pagare di conseguenza); sguinzaglia la polizia municipale in una vera e propria caccia ai venditori ambulanti africani; privatizza l’Ataf e pedonalizza il centro storico, facendo di Firenze

l’unica città turistica al mondo dove i monumenti non sono raggiungibili con i mezzi pubblici. E oggi Renzi e l’assessore alla casa Fantoni, sordi alle proposte alternative avanzate dalle realtà del “Progetto Conciatori”, che prevedevano una destinazione sociale dell’immobile (edilizia residenziale pubblica e auto-recupero attraverso la realizzazione di spazi di aggregazione), svendono lo stabile di via dei Conciatori. Perché di una vera e propria svendita si tratta, di un pezzo di patrimonio pubblico regalato dal comune ai privati. Quasi 1700 metri quadri in pieno centro storico, a due passi da piazza S. Croce, assegnati (in seguito a un’asta al ribasso), per la cifra irrisoria di circa 1150 euro al metro quadro, alla società Toscotre, che realizzerà un lauto guadagno costruendo un insediamento residenziale e vendendo i nuovi appartamenti a prezzi presumibilmente ben più cospicui (una casa in quella zona può costare anche 5000 euro al metro quadro).Così la sinistra fiorentina perde un pezzo importante della propria storia, un simbolo di anni e anni di lotte. Ma non per questo la lotta si arresta. Anzi questo ennesimo attacco evidenzia quanto sia urgente l’esigenza di rilanciare la lotta. Lotta per la casa, per il lavoro, per la dignità di tutte le persone, in una parola: per una città, e una società, diverse. Siamo certi che il movimento fiorentino, vittima da anni di una feroce repressione, di cui lo sgombero di via dei Conciatori costituisce l’ultimo episodio, saprà ancora una volta rispondere adeguatamente a quella esigenza.

CONTINUA LA LOTTA PER CHIUDERE CASAPOUND di Valerio Montesi Dopo i tragici omicidi compiuti a Firenze dal fascista Casseri, si alzano molteplici le voci che chiedono la chiusura di CasaPound. In questo contesto, anche nella provincia senese cresce l’indignazione e prende forma una campagna tesa ad allargarsi a livello regionale e mirante ad ottenere la chiusura di CasaPound attraverso una richiesta al presidente della regione e ai vari prefetti del territorio. Sulla spinta del CAAT locale, il documento viene sottoscritto da varie soggettività politiche regionali, con la volontà di estendere ancora di più la partecipazione al progetto. Senza elencare le 40 adesioni già pervenute, possiamo riassumere lo spettro politico coinvolto come un orizzonte che spazia dalla sinistra “radicale” a quella più istituzionale, coinvolgendo gruppi libertari e associazioni studentesche e curiosamente anche l’ANPI. E probabilmente è proprio sulla tipologia di cultura antifascista emergente da questa iniziativa che sarebbe utile interrogarsi, vagliando in questo modo anche la non poco problematica adesione del Partito Comunista dei Lavoratori. Ad una prima analisi il documento inquadra correttamente la questione: viene disvelata la reale natura politica del Casseri, la funzionalità dei gruppi fascisti rispetto ad un programma di distrazione delle masse dalle reali cause del sempre crescente malessere provocato dal contesto economico e sociale nel quale la crisi capitalista si fa sempre più irreversibile, altrettanto correttamente viene descritta la totale impunità di questi

gruppi, la loro agibilità politica garantita dalla destra governativa; ma proprio relativamente a quest’ultimo punto si denota la prima pesante ambiguità del testo e della visione politica sottesa. Grave è dimenticare le responsabilità di tutte le forze del centrosinistra nell’alimentare strumentalmente la xenofobia a fini elettorali, ma ancora più grave è il non attaccare frontalmente il ruolo di queste forze politiche nel processo di ristrutturazione autoritaria della società italiana, il loro prospettare esecutivi forti di manganelli contro il conflitto sociale, le loro città videosorvegliate e i loro lager per gli esuli delle devastazioni globali del capitalismo; queste forze si collocano pienamente nell’attuale

dispiegarsi del neo-fascismo, che è qualcosa che va ben oltre le dementi rievocazioni del Ventennio, qualcosa che infetta molto di più i vissuti degli sfruttati. Ma il vero punto debole di questa iniziativa risiede probabilmente nella metodologia proposta. Non solo alcuni di questi compagni considerano erroneamente alcune forze politiche e alcuni esponenti istituzionali come dei referenti, anziché come degli antagonisti, ma non si interrogano sulle reali conseguenze della chiusura di CPI a mezzo istituzioni e non tramite il conflitto. A tal riguardo proprio le precedenti esperienze senesi sono esplicative. Nel 2008 a Siena viene aperto un covo di CPI (Il Catenaccio) e i camerati pensano bene di inaugurarlo

con un concerto di gruppi neonazisti. Grande è l’indignazione di molti compagni, e dopo ripetuti appelli rivolti alle istituzioni e comunicati ai giornali il concerto salta, più che per una reale presa di posizioni delle istituzioni per la nostra capacità di fare terra bruciata intorno ai fascisti. Quale fu il vero portato di questa mobilitazione? Accettando le suppliche della Questura e dei consiglieri progressisti si decise di non organizzare un presidio ritenuto poco gestibile in termini di ordine pubblico, né furono proposte altre iniziative tese a produrre concreti anticorpi culturali antifascisti nel tessuto sociale della città, così l’iniziativa rimase confinata nei palazzi e si spense nella totale indifferenza della cittadinanza. Oggi come allora si rischia di perdere l’occasione di trasformare questa iniziativa in un concreto ciclo di lotte che possa risvegliare le coscienze degli abitanti di questa regione, oggi come allora si rischia di sacrificare l’autorganizzazione dei lavoratori, degli studenti e di tutti gli antifascisti in nome di un piagnisteo rivolto a delle istituzioni che sono solo l’altra faccia della medaglia del fascismo di CPI, oggi come allora si permette a questi signori di lavarsi la faccia nell’antifascismo, continuando impuniti nelle loro malefatte, anzi traendone ulteriore legittimazione. Così quando in futuro, una lotta democratica si rivolgerà contro di loro sarà opportuno rivolgere alle istituzioni dell’ Ordine Democratico Borghese la patetica implorazione: “per favore scioglietevi, in nome della Costituzione democratica che continuamente attentate”.


pagina 7 ULTIMI RIMASTI LEBOWSKI: Intervista al gruppo ultras Leboski

giovani e studenti

CALCIO E TIFO SOLO PER PASSIONE

un pò abbandonato il discorso stadio e sono molte le curve che un tempo si dichiaravano assolutamente apolitiche o addirittura con connotazioni sinistroidi ad essere diventate luogo di aggregazione e propaganda di movimenti politici di estrema destra.

Parlateci brevemente della vostra storia? quando sono nati gli Ultras Lebowski? Gli ultras Lebowski sono nati nel 2004 da un piccolo gruppo di “fondatori” che un giorno, leggendo una copia del “calciopiù” ha notato un articolo che parlava dell’ultima squadra classificata della Terza Categoria Fiorentina, spiegando come questa compagine di nome Lebowski fosse incredibilmente riuscita a non collezionare neanche un punto nella stagione ma che continuasse a scendere in campo con entusiasmo e voglia di giocare a pallone. Questi ragazzi, allora tutti intorno all’età di sedici anni, hanno semplicemente deciso di andare a sbronzarsi come matti e cantare cori per questa squadra disgraziata. Alla prima partita,nell’impianto del Porta Romana, i nuovi tifosi del Lebowski hanno avuto una animata discussione con gli stessi giocatori che,pensando ad una presa per il culo, sono andati a chiedere spiegazioni. Col passare dei mesi la cosa ha cominciato a prendere una piega vagamente seria: si è iniziato a cucire bandiere, striscioni, accendere torce e si è dato un nome a tutto questo: Drugati 2004 Lebowski. Sempre più ragazzi si presentavano il sabato pomeriggio nei campi più vergognosi della periferia fiorentina con l’unico sostanziale scopo di bere e divertirsi: questa è stata più o meno la storia iniziale dei Drugati fino a quando la maggior parte dei suoi partecipanti (compreso il gruppo Urban Kaos, nato poco tempo dopo) ha iniziato a sentire l’esigenza di dare un senso un pò più profondo e radicato a ciò che faceva: sostenere la propria squadra di calcio e portare avanti un vero e proprio gruppo Ultras, faccenda molto più complicata di quanto sembri. Con l’avvento delle leggi repressive e l’esperienza di diversi elementi nella curva Fiesole e in altre curve italiane, è stato sempre più forte il sentimento di appartenenza al fenomeno Ultras, così che alle riunioni del gruppo si iniziava a parlare di un certo cambiamento nello stile e nell’organizzazione della Curva Moana Pozzi. Cori più originali,tifo più coinvolgente,screzi e piccole risse con chi mancava di rispetto alla squadra e alla curva, coreografie studiate e striscioni eloquenti riempirono il bagaglio di ciò che sarebbe nato dopo che due importantissimi eventi non arrivassero a sconvolgere totalmente la Curva. I fatti di Colonnata e le seguenti accuse rivolteci dai giornali locali accesero all’interno del gruppo il bisogno di essere e mostrarsi più forti e compatti. Una settimana dopo, Gabriele Sandri venne ucciso da un agente della polizia stradale causando, oltre alla morte di un ragazzo di 27 anni, una scia di proteste in tutta Italia alla quale anche noi aderimmo, iniziando uno sciopero del tifo durato qualche settimana, nel quale ci prendemmo una sorta di “pausa di riflessione” e dalla quale uscimmo con un nuovo unico nome : Ultimi Rimasti Lebowski. Era il Marzo del 2008. Il gruppo ha seguito le sorti dell’ A.C. Lebowski per 2 splendide stagioni. Ma nell’Agosto 2010 qualcosa cambia. I rapporti con la squadra ini-

A Firenze negli ultimi tempi abbiamo assistito da una parte al declino numerico della curva Fiesole mentre dall’altra sono nate nuove esperienze nelle categorie dilettantiche (Lanciotto Campi, Lebowski), avete dei rapporti con questi gruppi?

ziano ad incrinarsi e dopo un’ estate di discussioni e riflessioni, gli URL e una costola di giocatori decidono di prendere un’altra strada: nasce il Centro Storico Lebowski, squadra fondata e gestita quasi totalmente dalla Curva, esperienza pressochè unica nel panorama dilettantistico italiano. La società del CSL è formata da frequentatori della curva o comunque dell’ambiente Lebowski (quasi tutti under 25), tre ragazzi diffidati sono stati inseriti nella rosa per permettergli di partecipare alle partite ricoprendo vari ruoli dirigenziali, nessun giocatore ha ricevuto un euro per indossare la maglia grigionera.

stadio, ma sicuramente tutte le componenti che hanno distrutto questo sport in modo irreversibile, hanno portato una disaffezione e un senso di ribellione che ha pesato molto nelle scelte e nei comportamenti anche di molti nostri componenti. Nonostante la repressione stia iniziando ad interessarsi in alcuni casi anche al calcio minore, siamo felici ed orgogliosi di muoverci in una categoria che non ci fa annegare nel nostro stesso essere e che (finora) non fa parte del “sistema calcio moderno”, anche se, come ribadiamo, non è stato questo il motivo né il fine della nostra nascita.

Cosa significa essere ULTRAS nell’era del calcio moderno, quello delle Pay Tv, degli ingaggi milionari, degli scandali e della corruzione?

Il vostro gruppo non ha mai nascosto di essere schierato sul fronte dell’antirazzismo e dell’antifascismo? cosa ne pensate dell’infiltrazione dell’estrema destra in molte curve italiane?

Questa è una domanda a cui è impossibile rispondere in modo semplice e sintetico. In linea di massima l’ultras, per definizione, affronta i suoi ostacoli, piccoli o grandi che siano, senza giungere a compromessi, cercando di far rispettare il proprio essere e la propria libertà di azione e di pensiero con le buone o con le cattive. Ma ovviamente tutto questo è stato reso pressoché impossibile dalla repressione a cui è da sempre sottoposto. Quasi nessuna tra le realtà Ultras in questo momento può definirsi davvero “pura”. C’è chi decide di opporsi con il tifo, chi con il silenzio, chi disertando trasferte e gare casalinghe, chi organizza iniziative di informazione, e chi semplicemente si lascia trasportare dagli eventi senza reagire o addirittura approfittandosi delle situazioni. Moltissimi sono i gruppi che, resisi conto di non poter più sopravvivere in modo coerente tra tessere,trasferte vietate si sono sciolti. C’è da dire che Pay TV, ingaggi milionari, scandali e corruzione nel calcio ci sono sempre stati e, particolarmente in Italia, il movimento Ultras non è mai riuscito ad organizzare qualcosa di concreto che comprendesse tutti i gruppi e le realtà, qualcosa che portasse a risultati reali o comunque positivi. Ogni singola azione fatta con uno scopo di protesta viene sistematicamente strumentalizzata dai media e/o non approvata da qualche altra tifoseria, ridicolizzata dalle società calcistiche, repressa dalla polizia con arresti e diffide. Dal canto nostro, la risposta naturale è stata la nostra nascita. I Drugati prima e gli UR poi, non sono nati per smettere di andare allo

Il nostro essere Ultras Lebowski non ha mai avuto bisogno di accoppiarsi in modo “ufficiale” ad un’identità politica:secondo il nostro parere, nel tifare e nel portare avanti un gruppo Ultras non si deve necessariamente riportare ogni sfaccettatura degli elementi che ne fanno parte.Per noi hanno parlato i fatti: da molti anni a questa parte le nostre riunioni,la quasi totalità delle feste di autofinanziamento e la creazione di materiale di tifo si tengono al Cpa Fi-Sud, punto di riferimento incrollabile della nostra storia,sia come gruppo, che come luogo di aggregazione e di lotta politica per buona parte dei membri degli Ultimi Rimasti. Per intendersi : il nostro modo di fare tifo che si altalena tra compattezza,carica alla squadra e assoluta idiozia, vede spesso l’apparizione dei colori simbolo dell’Africa,spesso abbiamo esposto striscioni di solidarietà in occasione di atti repressivi che coinvolgevano le realtà antifasciste di Firenze,abbiamo preteso il minuto di silenzio e confezionato di nostra mano i lutti nella partita del 17 Dicembre dopo l’uccisione di Samb Modou e Diop Mor ecc., ma non abbiamo mai cantato Bandiera rossa nè ne abbiamo sventolate durante le nostre partite. Per quanto riguarda la sempre maggiore presenza ed influenza della destra organizzata nelle curve, pensiamo sia un riflesso di ciò che è la società in questo momento: più fasci per strada, più fasci in curva. Più fasci in curva e in strada, più è la loro legittimazione, più alta la loro voce. Probabilmente molti ragazzi e realtà appartenenti all’area antifascista, hanno

Come dicevo prima, crediamo sia più che naturale che ci sia una sorta di “fuga” dalle serie maggiori dove regnano sponsor, tv e repressione. Una fuga che nasce dalla voglia di riassaporare il calcio nella sua vera essenza, nonostante ciò rispettiamo chi RESISTE con coerenza nel “calcio che conta”. A livello locale abbiamo, sia a livello di gruppo che personale, un bel rapporto di amicizia con i ragazzi della Brigata Lupi Neri con i quali sono frequenti gli scambi di visite. Sappiamo anche di gemellaggi internazionali degli U.L., ci potete raccontare qualcosa? Nel corso degli anni abbiamo stretto dei fantastici gemellaggi con la Vecchia Guardia Rondinella, gli Hamas Castellammare Juve Stabia, gli Ultras del Cecina e,ultimo solo in ordine cronologico con i Coloniacs, uno dei maggiori gruppi Ultras della Sudkurve del Colonia, che milita nella Bundesliga. Il gemellaggio è nato da alcune amicizie personali di alcuni nostri membri di origine tedesca e, come succede nei gruppi Ultras, dopo diverse visite a Firenze e a Colonia, il rispetto reciproco ha portato ad uno splendido gemellaggio che si consolida di giorno in giorno. Non è semplice legare con ragazzi che parlano una lingua sconosciuta e che hanno una cultura di curva diversa dalla nostra: loro sono rimasti assolutamente scioccati dalla nostra realtà e dal nostro modo di essere Ultras in una squadra di ultima divisione; noi siamo rimasti sbalorditi dalla loro maniacale dedizione alla loro squadra,alla città,ai loro simboli,alla gestualità e al linguaggio Ultras e al loro modo di combattere con grande coerenza e compattezza la repressione che anche in Germania sta iniziando a pestare duro. Ad esempio,alcuni mesi fa, in un delirio di privazione della libertà a cui in Italia siamo abituati,la società del 1°FC Koln ha vietato ai tre gruppi Ultras della curva di esporre qualsiasi tipo di striscione pena la diffida immediata.Per tutta risposta i Coloniacs,nella prima partita dall’entrata in vigore di questa assurda norma, hanno presentato allo stadio di fronte a 50000 persone uno striscione di solidarietà rispetto alle perquisizioni e alle indagini che ci hanno colpito dopo il 15 Ottobre, firmando lo striscione col proprio nome rischiando una diffida di gruppo che per fortuna non è avvenuta.Questi sono gesti di fratellanza e rispetto che segnano fortemente i rapporti tra gruppi e persone,e che non fanno che renderci sempre più fieri del gemellaggio con i ragazzi di Colonia.


cultura

INIZIATIVE ED APPUNTAMENTI

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SVENTOLA, BANDIERA ROSSA !

Mese di Febbraio: Sabato 11 Manifestazione FIOM in difesa della democrazia nei luoghi di lavoro. Partenza ore 14.00 Piazza della Repubblica Roma

Sabato 18 Festival del Cinema Cubano - Proiezione del Film Roble de Olor regia di Rigoberto Lopez, ore 21.00 presso Circolo ARCI CASCINE via Meucci 67 Empoli.

Sabato 25 Festa dei Lupi Neri e Virtus Fan - Concerto Malasuerte FI * SUD e Los Fastidios Presso Cantiere Sociale Cienfuegos Via Chiella 4 Campi Bisenzio

Domenica 26 Incontro con le organizzazioni antifasciste basche promosso dal CAAT. Presso campo sportivo Campi Bisenzio via Gramignano.

di Pablito Quasi tutti sono in grado di associare la bandiera rossa, magari quella con su impressi gli emblemi del lavoro, la falce e il martello, alla tradizione del movimento operaio e comunista internazionale. In pochi conoscono invece l' origine antica di questo vessillo. Sin dall'epoca romana il vessillo rosso, che simboleggiava il sangue, veniva issato e sventolato durante le battaglie per intimorire le legioni avversarie. Durante il diciassettesimo secolo la bandiera rossa fu adottata anche dalle formazioni piratesche, le quali la issavano al posto della classica Jolly Roger ( quella nera con il teschio ) ogni qualvolta il nemico rifiutava di arrendersi. In questo caso la bandiera rossa serviva a comunicare che in caso di vittoria in battaglia non sarebbero stati fatti prigionieri. Successivamente l'utilizzo della bandiera rossa assunse un significato meno tecnico e più simbolico, essa divenne emblema di sfida e di capar-

bietà, poiché veniva regolarmente innalzata sulle mura delle città e dei villaggi assediati per dichiarare la volontà di resistere fino alla fine. Protagonista dei moti rivoluzionari Parigini del 1789, e dell'ammutinamento dei membri dell'equipaggio della Royal Navy, che la issarono lungo il tamigi, la bandiera rossa si carica di carattere prettamente politico solo nel 1832 in Galles a Merthyr Tydfil, dove diviene il simbolo dei sanguinosissimi scontri tra i minatori e la polizia privata pagata dai proprietari delle miniere. I dimostranti, infatti, issavano su delle aste le camicie insanguinate dei loro caduti e sotto di queste si muovevano in corteo. Nelle settimane successive molti lavoratori del Regno Unito issarono bandiere rosse in segno di solidarietà con i lavoratori di Merthyr Tydfil, e quando la notizia dell'eccidio si diffuse, la bandiera rossa fu prima adottata dai lavoratori tedeschi e poi utilizzata in Francia dagli oppositori repubblicani alla Monarchia di Luglio. Nel 1871 la bandiera rossa viene

adottata dalla Comune di Parigi e quindi direttamente associata all'ideale socialista. Dopo la rivoluzione di Ottobre, nel 1917, la bandiera rossa con impressi la falce e il martello incrociati diviene la bandiera ufficiale del primo stato operaio della storia, quello sovietico, e di qui adottata a livello internazionale da tutti i partiti comunisti e operai. Oggi nel pieno della più grande crisi capitalista della storia, nel punto di massimo attacco delle classi dominanti ai lavoratori e alle giovani generazioni, occorre recuperare la simbologia e il significato di questo vessillo, sventolato da sempre nelle più cruente battaglie della lotta popolare, e delle rivendicazioni operaie. Un simbolo ancora oggi di sfida all'attuale sistema di sfruttamento, un baluardo di resistenza all'attacco ai diritti dei lavoratori, un grido di battaglia del popolo in armi e di ammonimento verso nemici della classe operaia: cambieremo il mondo e non faremo prigionieri!

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