a piena voce

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numero 0 - dicembre 2011 - € 1

GIORNALE TOSCANO

DI

CONTROINFORMAZIONE

NO AL GOVERNO DELLE BANCHE

Mario Monti: salvatore della patria o curatore fallimentare?

Si usa dire, in gergo capitalista, che l’Italia è una grande azienda. Anche se l’espressione ci fa specie, utilizzeremo questo paragone per descrivere la situazione italiana. Da che mondo è mondo, una azienda che in fondo all’anno spende il 120 % di quello che incassa non è messa bene. Se a questo ci si aggiunge un debito consolidato verso gli istituti di credito che ormai ammonta a 2000 miliardi di Euro, l’azienda in questione dichiarerebbe immediatamente fallimento. Ma siccome l’Italia non è la botteghina sotto casa che vende carabattole, ma la settima potenza capitalista del mondo e la terza economia europea, prima di dichiarare fallimento si tenta il tutto per tutto. Liquidato Berlusconi con una manovra speculativa sui titoli Mediaset ( -25% in due giorni) l‘oligarchia finanziaria ha piazzato al governo del paese, o per meglio dire a capo del CDA dell’azienda Italia, un proprio uomo: Mario Monti. Ex collaboratore di Goldman Sachs, ex membro della commissione europea e fervente cattolico, Monti è considerato da tutti l’uomo giusto per risollevare le sorti dell’azienda Italia. Ma siamo veramente sicuri che il suo compito sia questo? siamo sicuri che a questo signore plurimiliardario e plurimandatario stia a cuore il bene del Paese? Più che alla figura di salvatore della patria il ruolo di Mario Monti assomiglia sempre più a quello di liquidatore di azienda. Un curatore fallimentare imposto dal tribunale finanziario europeo che avrà lo scopo di garantire alle banche la riscossione dei debiti contratti dal nostro paese in venti anni di neo liberismo. C’è da aspettarsi che, nel perfetto stile aziendalistico i crediti dovuti verranno rimborsati attraverso la svendita totale del patrimonio pubblico e collettivo in una gigantesca asta giudiziaria.

PER UN FRONTE UNICO ANTICAPITALISTA

di Ruggero Rognoni

L’ ultimo anno è stato attraversato da svolte epocali, sociali e politiche per vasti strati della popolazione mondiale. In pochi mesi abbiamo assistito alla caduta delle dittature in Tunisia, Egitto e Libia. I processi rivoluzionari democratici hanno sconvolto tutta l’ area del Mediterraneo e sono tuttora in atto in un susseguirsi di fiammate rivoluzionarie e contraccolpi contorivoluzionari. A livello mondiale il capitalismo si trova ad affrontare la sua peggiore crisi strutturale da molti decenni, iniziata alla fine del 2007 che è ben lungi dall’ essere risolta. Una crisi generata dalla sovrapproduzione di merci, dalla ricerca spasmodica di mercati anche tramite le guerre imperialiste, dalla conseguente riduzione del profitto (in quella che Marx definiva la legge fondamentale del capitalismo cioè “la caduta tendenziale del saggio di profitto”). Una crisi che ha visto il passaggio della ricerca del profitto sempre meno attraverso la produzione e lo scambio di merci, ma attraverso la speculazione finanziaria con rapidi giochi di borsa sul valore fittizio delle monete, dei titoli azionari, dei titoli di stato. Un vero gio-

co al massacro dove il capitalismo ha trasferito i suoi centri di potere “dalle fabbriche alle banche”, dalla produzione alla speculazione. Per fare questo si è mobilitata la borghesia, sua classe sociale di riferimento, nella costruzione di nuovi strumenti politici di potere come gli organismi governativi sovranazionali in programmi sempre di più autoritari. Organismi governati dal potere finanziario che si è trasformato in potere politico. Addirittura gli stessi Stati occidentali in forte crisi di liquidità si sono trovati sull’ orlo del fallimento dovendo “piazzare” i propri titoli a dei tassi di interesse sempre più alti. Un vero vortice drammatico dove a farne le spese sono i settori sociali più deboli: quello dei lavoratori salariati, dei disoccupati delle grandi masse di migranti. Sulle loro spalle si trova tutto il carico di questo DEBITO forzoso con la cancellazione dei diritti e il ritorno dello sfruttamento selvaggio come quello della fine del 1800. In questo quadro sussistono anche altri fattori importanti: l’ impossibilità sistemica di “riformare” il capitalismo in una visione socialdemocratica, la distruzione ambientale nello sfruttamento selvaggio delle risorse naturali, l’ uso delle guerre

imperialiste e l’ estrema debolezza o la mancanza di riferimenti anticapitalistici per il movimento della classe lavoratrice internazionale. Servirebbe contro questo attacco epocale un’ altrettanto forte risposta epocale. E’ la nostra difficile ma non impossibile prospettiva: quella della costruzione di una vera opposizione di classe anticapitalistica. Il governo “bonapartista” berlusconiano è stato sostituito dal governo Monti come distillato del potere della borghesia: potere bancario, potere ecclesiastico vaticano, potere militare imperialista, tecnocrazia confindustriale. Un governo con un consenso popolare vastissimo e la dimostrazione dell’ esistenza della limitatissima coscienza di classe dei lavoratori. Per sostituire un “governo reazionario” la gran parte del consenso di massa dei lavoratori è andato anche culturalmente a favore di un “patto con il diavolo” rappresentato dal suo “nemico di classe”di sempre: la borghesia. Qual è quindi il nostro compito per affrontare questa “catastrofe”? La realizzazione di un forte programma anticapitalistico riassunto in 5 punti......

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editoriale CINQUE PUNTI PER UN

FRONTE ANTICAPITALISTA ..... Continua da pagina 1 1)No al pagamento del debito pubblico alle banche. I 90 miliardi di debiti che lo stato regala alle banche devono essere annullati come i 70 miliardi versati annualmente dagli enti locali. E le risorse così liberate debbono andare al lavoro, alla sanità, alla scuola. In Toscana il Monte dei Paschi,Banca Intesa San Paolo e altri gruppi finanziari insieme a Confindustria controllano le scelte politiche della giunta regionale imponendo progetti inutili e dannosi come il rigassificatore al largo delle coste livornesi, le pericolose discariche o gli interventi sulla TAV. 2) Le banche e le assicurazioni vanno nazionalizzate, senza indennizzo per i grandi azionisti, e sotto controllo dei lavoratori, creando un’unica banca pubblica. In questo modo verrebbero sgravate le famiglie dai mutui e dagli oneri della richiesta di prestiti per sopravvivere alla crisi. Per colpire la grande criminalità e l’ evasione. A favore dei bisogni collettivi, e non del profitto di pochi. Senza la nazionalizzazione delle banche, continuerebbero i privilegi della chiesa Cattolica responsabile tramite lo IOR di incontrollate speculazioni finanziarie. 3) Va istituito il controllo operaio sulla produzione a partire dall’abolizione del segreto commerciale e dall’apertura dei libri contabili delle aziende. Tramite il segreto vengono nascosti malaffari di ogni tipo. Inclusi i costi della pubblica corruzione. Un esempio fra gli altri: Finmeccanica sotto indagine in questi giorni, (fortemente presente in Toscana con diversi punti produttivi Ansaldo Breda,Wass,Selex) per aver elargito “fondi neri” alla politica complice degli affari del mercato delle armi. 4) Vanno nazionalizzati i grandi gruppi capitalistici dell’industria, senza indennizzo e sotto controllo operaio, a partire dalle aziende che licenziano, colpiscono i diritti sindacali, che inquinano colpendo la salute dei cittadini. E’ un provvedimento indispensabile per bloccare i licenziamenti, riorganizzare la produzione, ripartire il lavoro fra tutti, avviare una riconversione dell’economia a fini ecologici e sociali, secondo un piano democraticamente definito. FIAT non sarebbe in grado di rompere ogni rapporto sindacale come sta compiendo attualmente il suo A.D. Marchionne. In Toscana non si sarebbero mai realizzati inceneritori alla diossina come quelli di Pietrasanta,Scarlino o Montale. 5) Va varato un grande piano di opere sociali di pubblica utilità che dia lavoro e risani le condizione di larga parte della società italiana. Si avrebbe un forte calo della disoccupazione ripartendo il lavoro verso un indirizzo sociale, utilizzando i fondi liberalizzati dalla nazionalizzazione delle banche. Il risanamento ambientale, energie alternative, riparazione della rete idrica, sviluppo della rete ferroviaria, messa in sicurezza dell’edilizia scolastica e residenziale, estensione della rete ospedaliera sarebbero al primo posto.

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DISASTRI ANNUNCIATI

di Paolo Vannucci Appare quasi superfluo chiamare in causa il Governo per i recenti disastri con morti, feriti e immani distruzioni di beni, verificatisi in Lunigiana, alle Cinque Terre e Genova negli ultimi giorni, ma facendo seguito a quelli dello scorso anno ( tre morti a Massa) e degli anni precedenti nel nostro territorio. Il vecchio adagio “Piove, governo ladro”, dovrebbe essere aggiornato in “Piove, governo ladro ed assassino”. Questo non lo diciamo solo noi, irriducibili sovversivi, ma anche le autorità preposte alla sicurezza del territorio e della vita dei cittadini; dalla Pretura di Massa, ad esempio, subito dopo il disastro di Aulla è partita una denuncia contro “ignoti” per omicidio colposo. Inutile aggiungere che questi “ignoti” sono invece i soliti noti, ossia i politici che a livello centrale e periferico assecondano i diktat dei poteri forti, ai quali non interessano nulla la tutela del territorio e la vita dei loro cittadini, bensì i profitti che ricavano con i loro loschi affari; così si spiegano, a fronte di ridicoli investimenti per la tutela del territorio (in questo campo veniamo dopo la Romania ed il Portogallo), quelli molto più redditizi, ad esempio, per il Ponte sullo Stretto (la Mafia ringrazia), per la TAV in Val di Susa (vedere cosa ne pensano gli abitanti) e soprattutto e come sempre, per gli armamenti. Scrive un noto analista (Antonio Mazzeo) “…senza contare la guerra a Gheddafi, le missioni militari all’estero costeranno a fine 2011 un miliardo e mezzo di euro; un insostenibile spreco di denaro imposto

dai fabbricanti d’armi del complesso Finmeccanica e dal colosso degli idrocarburi ENI, le due holding che con il loro potere finanziario condizionano pesantemente le scelte di politica industriale, estera e della difesa. Come insostenibile è il livello raggiunto dalle spese militari: sempre nel 2011, il solo bilancio del Ministero della difesa ammonta a 20.556.850.000 (venti miliardi e mezzo) di euro, 192 milioni in più del bilancio 2010”. Per rendere più comprensibili queste cifre, diciamo che un solo caccia bombardiere F -35 Lightning della Lockeed Martin (ne saranno costruiti più di un centinaio a Cameri, Novara) costa, nudo, circa 114.000.000 di €; con i sistemi d’arma montati il prezzo raddoppia, arrivando a 228 milioni di €, equivalenti a 441 miliardi di vecchie lire. La spesa per un solo F 35 basterebbe per costruire un’ ottantina di asili nido, quella per due sarebbe sufficiente per costruire ed attrezzare un moderno ospedale (fonte Emergency) come quello di Carrara, che invece sarà chiuso per … “razionalizzare i costi della sanità” (messi in crisi, peraltro, dalle note ruberie dei dirigenti provinciali). Non crediamo sia possibile porre fine a questa politica perversa, senza una radicale rivoluzione di questo irrazionale, infernale e profondamente antidemocratico sistema; è possibile però rivolgersi alla popolazione della nostra provincia, perché faccia pressione sulle istituzioni locali, a partire dai sindaci e dal Prefetto, affinché reperiscano con ogni mezzo i fondi necessari per la messa in sicurezza del nostro territorio; ad esempio rivedendo tutto il

disciplinare relativo all’ estrazione del marmo, una delle principali fonti di ricchezza della nostra provincia, nonché del dissesto idrogeologico della stessa: è secondo noi immorale che i concessionari (non padroni!) delle cave distruggano le nostre montagne, senza alcun ritegno e controllo, per i loro profitti, pagando ai Comuni una tassa ridicola; è ora che il nostro marmo sia estratto sotto il controllo di chi lo lavora! I proventi della tassa marmi potrebbero così servire, assieme a quelli derivanti dal recupero dell’ evasione della stessa, a finanziare i lavori per la messa in sicurezza del territorio, magari impiegando gli operai licenziati dalla Eaton, dai N.C.A. e dalle altre fabbriche in crisi. Altri fondi potrebbero essere recuperati ESPROPRIANDO il terreno delle industrie straniere e nazionali che chiudono (Eaton “USA e getta” N.C.A., etc.), rilanciando attività produttive compatibili con la realtà economica della Provincia. Ai politici che si muovono solo all’ interno delle “compatibilità di sistema”, e che giudicano utopistiche queste semplici e ragionevoli proposte, ricordiamo che la gente è stanca delle loro promesse e delle loro bugie (come hanno dimostrato le palate di fango contro Matteoli ad Aulla), e che in tutto il mondo sta montando la protesta contro un sistema economico perverso ed obsoleto, il capitalismo. Il P.C.L. di Massa Carrara esprime il proprio cordoglio e la propria solidarietà per i cittadini della Lunigiana e della Liguria che hanno perso la vita e/o le loro proprietà, e sarà a fianco delle popolazioni colpite che rivendicano i loro diritti.


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interni

PROSPETTIVE E SCENARI DELLA LOTTA

di Mario Capecchi

DOPO IL 15 OTTOBRE

Sono passate ormai alcune settimane dalla manifestazione del 15 ottobre a Roma e questo ci consente di fare alcune considerazioni su quella giornata, ponendole però all’interno di una critica di fondo nei confronti di quella sinistra istituzionale più o meno radicale, e dunque in una dimensione prettamente politica. Per prima cosa vogliamo riaffermare con ancor maggiore convinzione la validità della proposta generale contenuta nel messaggio “Noi il debito non lo paghiamo”, che insieme ad altre organizzazioni abbiamo lanciato e portato all’interno della manifestazione degli “indignados”. Il continuo e ormai irreversibile aggravarsi della situazione economicofinanziaria, peraltro facilmente prevedibile, non fa altro che rafforzare le nostre ragioni e rendere ancor più evidente la necessità e l’urgenza di agire in quella direzione. Sappiamo che quella sinistra svolge la sua azione politica in funzione di un suo ritorno al governo, nel quadro di quell’alternanza tipica di un sistema democratico borghese. E questo significa agire all’interno di quel sistema politico senza mettere in discussione le sue basi. Per cui non ha alcun interesse a indirizzare la protesta verso “il potere” in quanto tale e verso quei “palazzi del potere” che ambisce un domani a occupare. In questa cornice vanno inserite quelle decisioni prese dal coordinamento della manifestazione, che hanno comportato la rinuncia ad ogni ipotesi di una sua diversa caratterizzazione, privilegiando così il classico corteo di protesta. Questo ha sicuramente facilitato anche il prodursi di quegli stupidi e deprecabili episodi di vandalismo che si sono verificati nella prima fase della manifestazione. Il Partito Comunista dei Lavoratori si è confermato anche in questa occasione come il più attento e il più sensibile nei confronti della realtà. Infatti, in un documento del 25 settembre aveva già ammonito: ”.. Proprio il rifiuto pregiudiziale a

rivendicare il diritto a marciare verso i palazzi del potere, a preparare organizzativamente e unitariamente la gestione di piazza di questa rivendicazione, rischia questo sì di spianare la strada a iniziative minoritarie .., slegate da una logica di massa, a tutto danno dell'impatto politico del 15 Ottobre”. Un altro punto da considerare riguarda il ruolo svolto dai “movimenti“. I quali, proprio per le loro caratteristiche specifiche, sono facilmente soggetti a essere in qualche modo condizionati o strumentalizzati dalle forze di quella sinistra, che si accreditano sempre come sostenitrici delle loro ragioni salvo poi tradirle una volta raggiunto il potere. Ciò che è avvenuto in un passato più o meno recente è più eloquente di qualunque argomentare. Riteniamo che occorra agire in direzione opposta, alzando il livello dello scontro politico e indirizzarlo proprio verso i suoi centri di potere; e che per questo sia necessario e imprescindibile che anche i movimenti, pur nella loro autonomia, si muova-

no in quella direzione. Un’altra considerazione, sul tema della violenza. E anche qui Trotsky, al quale ci sentiamo orgogliosamente vicini, ci ispira e ci offre un prezioso aiuto col suo splendido libello “La loro morale e la nostra”. Con quel riferimento, più sommessamente, noi vogliamo far risaltare la falsità e l’ipocrisia di quel continuo e assillante richiamo alla “non violenza”. Urlato in maniera parossistica nelle piazze da quella sinistra, assume il significato di un messaggio lanciato verso i detentori del potere, per rassicurarli che quelle piazze destinate a diventare sempre più calde con l’aggravarsi della crisi, saranno tenute agevolmente sotto controllo. La stessa disponibilità a collaborare con le forze di polizia in questo compito e l’aberrante ricorso alla delazione, ne costituiscono la miglior conferma. Tutto questo contribuisce ad accreditarsi come sicuramente affidabile anche agli occhi della grande finanza internazionale, che, per continuare a fare i propri loschi affari

sulle spalle dei proletari, ha bisogno di anestetizzarli, di tenerli tranquilli e il più lontano possibile da ogni movimento di ribellione e di rivolta. Concludendo, quella sinistra tiene molto a ri-conquistare il Palazzo anche in funzione di un potere che di fatto rimarrà fine a se stesso. Per questo motivo agisce per incanalare ogni protesta verso quelle ormai innocue manifestazioni caratterizzate da lunghe passeggiate sulle strade di Roma, con palloncini, fischietti e magari un fiore in mano, che assumono paradossalmente e in maniera tragicomica gli aspetti di una festa. Non può esservi garanzia migliore per i veri poteri dominanti. Riteniamo che sia necessario lasciare definitivamente i sogni e le chiacchiere ai poeti e agli opportunisti, con tutte le loro mistificazioni e ipocrisie, e, all’opposto, proporre e mettere in atto altre forme di lotta in direzione e in funzione di una rivolta sociale che, parafrasando Marx, è la sola levatrice della storia.


lavoro e sindacato PISTOIA:

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L’ANSALDO BREDA E IL SUO FUTURO

di Gobborosso La situazione per l’AnsaldoBreda si sta facendo sempre più complicata e pericolosa nei suoi esiti. Sono ormai passati quattro mesi da quell’annuncio shock di dismissione dell’azienda da parte dell’Amministratore Delegato della holding Finmeccanica, Giuseppe Orsi. Ricordiamo che Finmeccanica è controllata dal Tesoro con oltre il 30 per cento di capitale azionario. Durante questo periodo, tutte le Istituzioni locali hanno preso solenni impegni con i lavoratori per scongiurare ogni ipotesi di ridimensionamento dell’azienda. Le RSU hanno organizzato una serie di scioperi con manifestazioni per le vie cittadine. La stanca ripetizione di una classica ritualità. Sappiamo bene però che la loro incidenza sulle scelte di Finmeccanica è praticamente nulla. Le ultime dichiarazioni di Orsi al mondo della finanza ne sono una chiara conferma. Quella «ristrutturazione [che] va effettuata a prescindere da chi sarà il proprietario finale» è funzionale a quell’«impegno assoluto» al deconsolidamento di AnsaldoBreda. Nell’immediato, le conseguenze di quella annunciata ennesima riorganizzazione, che sarà illustrata entro un paio di settimane, è facile pre-

LOTTA DI CLASSE:

Trenitalia all’annunciato acquisto di nuovi treni regionali. Una commessa sulla quale i lavoratori contavano molto per consolidare il loro posto di lavoro e per creare nuova occupazione. Peraltro, è presumibile che questa situazione molto difficile venga ora ulteriormente aggravata dalle decisioni che prenderà il gauleiter Monti. Sappiamo che uno dei pilastri della sua azione governativa sarà costituito dalla privatizzazione di tutte le aziende pubbliche, fra le quali rientra certamente anche Finmeccanica.

vedere che ricadranno sulle spalle dei lavoratori in termini di nuovi esuberi, nuova CIG, e nuove vessatorie condizioni di lavoro. Mentre all’orizzonte, nella migliore delle ipotesi, si profila una nuova proprietà che sicuramente non sarà italiana; con le tragiche conseguenze, anche se diluite nel tempo, di una prevedibile delocalizzazione. I lavoratori hanno già pesantemente pagato le conseguenze di scellerate scelte strategiche. Anche nel recente passato, nonostante una serie di

accordi, sempre più penalizzanti nei loro confronti, raggiunti con l’azienda, si sono trovati i soli a rispettare gli impegni reciprocamente presi. Gli investimenti promessi non sono arrivati, e addirittura quella commessa per i Treni ad Alta Velocita, che avrebbe costituito un’importante occasione di lavoro e dunque anche di un miglioramento dei bilanci, è ancora in fase di stallo. A tutt’oggi, quella commessa, non è ancora entrata in produzione. In questa cornice va inserita la rinuncia sine die di

QUALE FUTURO PER LA FIOM?

di Daniele Caboni

RSU- FIOM Continental Per capire cosa succede nelle fabbriche è necessario ricordare i principali avvenimenti politico-sindacali dall’ultimo congresso Cgil del 2010 e cosa nello specifico questi avvenimenti significhino per la Fiom. Il XVI congresso Cgil vede confrontarsi due mozioni: quella di maggioranza “i diritti e il lavoro oltre la crisi” primo firmatario Epifani, e “la Cgil che vogliamo” firmatari tra gli altri Landini, Cremaschi e Rinaldini.“La Cgil che vogliamo” chiede più iniziativa sulla lotta alla precarietà, la lotta contro le firme separate a livello di categoria e confederali e chiede di riformare la burocrazia interna in modo da alleggerire gli apparati centrali a favore di un decentramento delle risorse. La rete28aprile partecipa attivamente al Congresso all’interno de “la Cgil che vogliamo” la quale ne esce minoranza con poco più del 17% dei consensi.Nella Fiom, “la Cgil che vogliamo” prende invece attorno al 70%. Per la prima volta la sinistra sindacale non è solamente presente come minoranza nelle varie categorie della Cgil, ma addirittura come mozione maggioritaria nella Fiom, dove Landini e Cremaschi stanno con posizioni diverse in maggioranza e dove la minoranza fa capo alla mozione Epifani-Camusso. La situazione politica in Cgil è ribaltata all’interno della Fiom. Nella manifestazione del 16 Ottobre la Fiom apre ai movimenti, discute con gli studenti di precarietà e chiede alla Cgil un vero sciopero generale,

Per combattere e scongiurare queste drammatiche prospettive, crediamo che sia illusorio e molto pericoloso affidarsi ancora alla politica di basso profilo e alla moderazione sindacale, imperniate sulle compatibilità di sistema. Crediamo, all’opposto, che sia necessario abbandonare quelle blande e inconcludenti forme di protesta finora attuate, e iniziare una pratica di lotta corrispondente alla grave sfida epocale lanciata dal capitalismo finanziario. E alla sua dichiarazione di guerra senza esclusione di colpi, occorre che i lavoratori si contrappongano in maniera adeguata con tutti i loro mezzi a disposizione. Che solo all’interno di una vera lotta di classe possono dare risultati concreti e duraturi.

che faccia da sponda ai movimenti e alle aspettative dei lavoratori, il quale però arriva mesi più tardi, ormai depotenziato di quella spinta propulsiva che lo caratterizzava quando il “ferro era caldo” e poteva fermare Marchionne. Il paradosso è che la Cgil dà ragione alla Fiom quando non firma contratti devastanti per i lavoratori e rifiuta le nuove regole imposte da Confindustria, ma dà ragione anche alla Flai (alimentaristi) e Filcams (commercio) che invece le firmano. La Fiom dice anche che il modello Marchionne non è cosa che coinvolge 2 o 3 stabilimenti Fiat, ma sarà il nuovo modello di relazioni sindacali per tutto il mondo del lavoro e per questo è necessario lo sciopero generale. Come è andata la storia si sa: la Fiom è rimasta inascoltata, Marchionne in

questi giorni sta finendo di portare a casa l’annullamento del contratto nazionale e la privazione del potenziale di lotta della Fiom, mentre le isolate lotte di pugni di lavoratori a nulla possono valere contro l’offensiva di Confindustria e della Fiat. La Cgil, ancora una volta, a parole dice di essere con loro ma nei fatti richiama a un dialogo che attacca ancora di più gli operai in termini di salario e di potere contrattuale.Peggio ancora firma con Cisl e Uil il protocollo del 28 giugno 2011 che accetta punti importanti del piano Marchionne, primi su tutti le deroghe ai contratti nazionali in termini di orario e le limitazioni al diritto di sciopero, tanto da ricevere i complimenti della BCE. In questo quadro si sviluppa la discussione sulla piattaforma per il rinnovo contrattuale dei metalmec-

canici che vede un riavvicinamento di Landini e Camusso in quanto la piattaforma, che la Fiom presenta da sola per ovviare all’ennesima firma separata di Fim e Uilm, propone i punti che la Cgil e la Fiom avevano detto di non voler accettare, come il rinnovo triennale e le limitazioni al diritto di sciopero. L’assemblea dei delegati Fiom a Cervia vara la piattaforma con 506 favorevoli, 1 contrario e 7 astenuti. La rete 28 aprile interviene criticamente ma alla fine accetta di votare Si per non uscire dalla maggioranza e impedire che si crei una nuova maggioranza interna con il sostegno della “minoranza Camusso”, andando a perdere di fatto l’unica categoria di sinistra all’interno della Cgil. In tutta Italia ci sono realtà che in ordine sparso hanno votato contro la piattaforma, come ad esempio la Piaggio, ma queste risposte isolate creano nuove fragilità, per cui le burocrazie attaccano e strumentalizzano le risposte dei lavoratori. La strumentalizzazione in questo senso è funzionale a quanti vogliono Cremaschi e noi fuori dalla maggioranza Fiom, per normalizzare la categoria pur avendola a sinistra.Un bel da fare quello della rete 28 aprile in Fiom: cercare di impedire derive moderate nel quadro appena descritto. E ancora una volta i fatti sono chiari: piattaforma arretrata o avanzata che sia, non è supportata dalle lotte né della Fiom, né della Cgil. La Fiom non riconosce il potenziale che detiene ed ha paura di giocare l’ultima sua carta, quella decisiva, quella che potrebbe cambiare il corso della storia: il conflitto.


pagina 5 DOSSIER ANTIFASCIMO:

antifascismo

LA FONDAZIONE RSI DI TERRANUOVA BRACCIOLINI

di Martina Giustelli Il 26 agosto 1986 La Nazione scriveva: “Nascerà una piccola Predappio nel bel mezzo del Valdarno aretino.” Infatti, un paio di mesi prima, un gruppo di reduci repubblichini aveva acquistato, ad un prezzo stracciato, una grande villa nella frazione Cicogna, a Terranuova Bracciolini, per farne una Fondazione - istituto storico, sacrario della Repubblica di Salò. Col passare degli anni questa Fondazione si è evoluta in qualcosa di molto più complesso e pericoloso, affiancando all’attività storica e commemorativa quella palesemente politica, puntando sulla formazione delle giovani leve, alle quali “passare il testimone” del credo fascista. Dietro la maschera della ricerca storica e della conservazione di documenti e cimeli dell’epoca, si nasconde infatti un’ organizzazione strutturata in delegazioni regionali, dalle quali a loro volta, con un vero e proprio sistema a scatole cinesi, si dipanano pseudo-associazioni culturali, disseminate in tutta Italia, le cui parole d’ordine sono sempre le stesse: Tradizione, Disciplina, Stirpe, Corporativismo, Cameratismo. La delegazione romana è quella che fa da padrona. Ne è presidente Bruno Lazzarotto, un anziano e ricco imprenditore, fondatore del gruppo bancario Capitalia. Ma chi ne muove le fila è Piero Cappellari, ricerca-

tore storico e ufficiale riservista dell’ Esercito, autore di pubblicazioni nelle quali la storia è completamente stravolta al fine di riabilitare i repubblichini, infangando la memoria dei partigiani per ribaltare il ruolo di vittime e carnefici. Le attività della Fondazione spaziano dalle conferenze e seminari su temi ricorrenti come la “mistica fascista”, “il cameratismo”, “il patrimonio della RSI”, ai campi di formazione, che si tengono una volta l’anno in primavera, nei quali si fa anche addestramento fisico. I partecipanti ai seminari ed ai campi, tutti meticolosamente “selezionati”, provengono dalle realtà giovanili dell’estrema destra: Casa Pound, Forza Nuova,

Militia, non mancano neppure i naziskin. Oltre alla pubblicazione di un periodico cartaceo, Acta, nel quale si trovano soprattutto vecchi documenti del ventennio, la Fondazione RSI, ormai al passo coi tempi, si avvale per la propria propaganda di siti internet, blog e forum di discussione, dai quali è possibile farsi un’idea di quali siano le vere finalità di questo covo.. Viene da chiedersi: come è possibile che da 25 anni continui ad esistere una struttura del genere, che addirittura può avvalersi dei finanziamenti del 5x1000 in quanto riconosciuta come Onlus? La risposta sta nel compiacente silenzio delle istituzioni. Se inizialmente i partiti dell’epoca, dal PCI

alla DC, ma anche le varie associazioni e l’Anpi, reagirono con grande clamore, furono riuniti consigli comunali straordinari, intercomunali, provinciali, dove ogni volta veniva approvata all’unanimità (tranne il Movimento Sociale) una mozione in cui si condannava il fatto che tale istituto fosse proprio nella Provincia di Arezzo, medaglia d’oro alla Resistenza, e per di più nel comune di Terranuova Bracciolini raso al suolo dai nazisti, nel giro di poche settimane, inspiegabilmente lo sdegno e la protesta lasciarono il posto al silenzio ed all’indifferenza delle istituzioni. Così oggi, nonostante da un quarto di secolo la Cicogna venga periodicamente invasa da fascisti della peggior specie, provenienti da tutta Italia, il 99% dei cittadini valdarnesi è completamente all’oscuro dell’esistenza della Fondazione RSI e delle sue attività. Dallo scorso anno i compagni aretini del Coordinamento Antifascista Antirazzista Toscano hanno iniziato una campagna di controinformazione e di denuncia, con il fine di far chiudere la Fondazione. Ma i Sindaci del territorio e la Provincia di Arezzo, lavatisi la coscienza con una iniziale formale condanna della Fondazione per le pesanti pressioni degli antifascisti, si sono poi riadagiati nell’indifferenza, continuando di fatto a legittimare l’esistenza di questo covo fascista, che, di questo passo, resterà lì in eterno.

GARFAGNANA: LA PROPOSTA RIVOLUZIONARIA PARTE DA GORFIGLIANO di Alessandro Ferri La sera del 29 Ottobre scorso, la Garfagnana si è illuminata di rosso, un rosso rivoluzionario, un rosso che vuol portare "innovazione" in una terra che ha dimenticato la necessità della lotta di classe. E' Gorfigliano, situato ai piedi della catena montuosa delle Alpi Apuane e posizionato all'estremo Nord di quella straordinaria terra, il paese scelto per questa importante iniziativa, organizzata dal Partito Comunista dei Lavoratori, dal titolo:"Garfagnana Revolution". E' in quella sera che i militanti del PCL garfagnino hanno voluto ricordare la Rivoluzione Russa, attraverso la partecipazione di movimenti sindacali e associazioni antifasciste. Nella bellissima sala congressi "Pietro Ferri", addobbata per l'occasione con bandiere rosse che invitavano alla ricostruzione della Quarta Internazionale e dove al centro di queste spiccava una bellissima falce e martello, si respirava finalmente aria nuova, aria rivoluzionaria, un'aria che portava i partecipanti a spasso nel tempo attraverso citazioni di Lenin e Trotsky, si respirava aria di cambiamento descrivendo atti storici avvenuti 94 anni orsono. E' in quell'occasione che il Pcl Garfagnana ne ha approfittato per far chiarezza sulla propria posizione politica, visto che fino a quel momento in molti si erano avventurati in analisi e giudizi al limite del ridicolo. Evidenziando l'immenso piacere di militare in un Partito realmente comunista, il quale permette di uscire finalmente da quell'idea comune che essere comunisti vuol dire Pace and Love, vuol dire essere costituzionalisti, vuol dire

sottostare al centrosinistra abbandonando definitivamente la lotta di classe, e ribadendo la loro opposizione verso qualsiasi coalizione formata da partiti borghesi, siano essi di centrodestra o centrosinistra, il Partito Comunista dei Lavoratori ha avvallato la chiara intenzione di costruire un vero percorso di svolta del movimento operaio e sindacale: di metodi, programma, direzione. Al grido di " Proletari di tutti i paesi, Unitevi!" il partito rivoluzionario garfagnino ha sottolineato quanto sia grave abbandonare definitivamente la lotta come si sta verificando in Garfagnana ed in tutta la lucchesia di fronte al più grande e brutale attacco portato a segno dalla borghesia, dai suoi interessi, dai suoi partiti, in quanto tutto ciò comporterà il suicidio della classe lavoratrice. Per i militanti del PCL, rimanere inermi di fronte all'azione di Casa Pound, dove i militanti possono agire indisturbati e addirittura essere protagonisti di servizi televisivi su Noi TV (televisione locale lucchese), sembra alquanto irreale; inoltre sostengono che la classe lavoratrice garfagnina si è arresa, delegando tutte le sue speranze su partiti politici padronali che hanno sostenuto il modello Marchionne, che collaborano con Confindustria, che hanno creato lo stato attuale del precariato e dove questi trovano il costante sostegno di forze pseudo comuniste. Ed è a questo punto che viene lanciata la vera proposta: "Il nostro progetto - dice il coordinatore garfagnino è di ricollocare tutto il movimento dei lavoratori, delle lavoratrici, degli

studenti, dei pensionati, dalla giusta parte, quella che gli spetta, lavorando affinché abbandoni quella schiera di politicanti da poltrona sempre pronti a versare lacrime di coccodrillo. Unire la lotta attraverso un percorso anticapitalista-antifascista e comunista che risponda con la medesima forza e in egual misura all'offensiva dei padroni. Convinti che non stiamo proponendo niente di assurdo, ma un qualcosa che faccia finalmente emergere l'esigenza di una concreta lotta, che abbia come unico obbiettivo finale la trasformazione dell'attuale macelleria in giustizia sociale, invitiamo la cittadinanza garfagnina ad unirsi a noi per la costruzione di un vero percorso di svolta costruendo i Consigli, ossia, nuovi organi politico-istituzionali rappresentativi dei Lavoratori". In sostanza è stata una serata all'insegna di un fondamentale ricordo storico, dove paradossalmente si è potuto intravedere l'unico spiraglio futuro che possa realmente condurre ad una concreta giustizia sociale.


giovani e studenti

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STUDENTI E LAVORATORI:

IN PIAZZA CONTRO IL CAPITALISMO

di Francesco Vacca

al portone d’ingresso del palazzo con su scritto:

“Il popolo deve capire che non bisogna soltanto far cadere un dittatore, ma anche il sistema”

“Più criminale fondare una banca che rapinarla”, sottolineando il fatto che un governo di banchieri non porrà fine all’ azione speculativa delle banche, ma bensì la legittimerà con leggi a favore di privatizzazioni e liberalizzazioni del lavoro a spese di noi Lavoratori e Studenti. Altri interventi sono stati effettuati in piazza Duomo (in lingua inglese) e in piazza Stazione, dove è intervenuto Riccardo Antonini, il ferroviere licenziato da FS perché ritenuto in conflitto di interesse in quanto consulente dei familiari delle vittime della strage di Viareggio.

Ernesto Guevara. Gli Studenti e i Lavoratori che hanno manifestato Giovedì 17 Novembre a Firenze in occasione dello sciopero generale dei Cobas e della giornata internazionale per il diritto allo studio, lo hanno capito bene. Alla manifestazione erano presenti Studenti, Cobas, il movimento di Lotta per la Casa, Occupy Firenze e i Lavoratori dell’Ataf, che stanno portando avanti una raccolta firme contro la privatizzazione del servizio di trasporto pubblico fiorentino. Occupy Firenze è il movimento degli Indignati fiorentini che da Venerdì 11 novembre ha occupato piazza SS Annunziata dove vengono svolte regolarmente assemblee e laboratori di vario tipo. E’ stato lanciato l’appello a tutte le realtà, partitiche e movimentiste, di unirsi per combattere assieme lo

stesso nemico comune: il sistema capitalista. Il Corteo ha voluto seguire un percorso diverso dal solito, passando da quartieri limitrofi alle piazze destinate al turismo, coperte da una maschera di ricchezza e sfarzo che troppo spesso nasconde la realtà sociopolitica del paese. Le idee sono forti e chiare: “Riappropriamoci del quartiere combattendo il degrado voluto da una classe dirigente menefreghista che pensa solamente a rimpinzarsi le tasche a

spese del Popolo”. Durante il percorso i manifestanti, passando dalla sede di Banca Italia in via dell’Oriolo, hanno tenuto un significativo intervento sul neo governo Monti ed hanno affisso uno striscione

“ E’ più criminale fondare una banca che rapinarla”

Il Corteo è terminato in piazza di Bambine e Bambini di Beslan dove è stato rilanciato il messaggio di Unità per tutte quelle realtà con obbiettivi Anticapitalisti, Antifascisti e Comunisti.

LA QUESTIONE GIOVANILE E STUDENTESCA:

NECESSITA’ DI UNA DIREZIONE RIVOLUZIONARIA

di Giacomo Cei Il 2011 è sicuramente stato un anno caratterizzato a livello internazionale dalle numerosissime proteste di massa. Queste proteste, nate dal vento delle rivolte nord africane contro regimi pluriennali come quello di Ben Ali in Tunisia e di Moubarack in Egitto, si sono rapidamente diffuse in tutto il continente Europeo, a cominciare dalla Spagna, negli Usa e persino in Israele. Cioè che salta subito all’occhio, oltre l’imponenza numerica di queste mobilitazioni e le parole d’ordine sorprendentemente avanzate, è la larga partecipazione a queste delle giovani generazioni. Dopo decenni in cui i giovani erano spariti dalla scena politica, accusati di qualunquismo e di indifferenza politica, finalmente sembrano mostrare la voglia di riappropriarsi del dibattito pubblico, soprattutto per quello che concerne il loro futuro. Non è un caso infatti che la crisi capitalista vada proprio a colpire maggiormente le nuove generazioni sobbarcando loro i costi enormi di un debito pubblico ormai insopportabile. Parallelamente a questo fardello generazionale, i giovani sono oggetto di attacco continuo per quanto riguarda la precarizzazione selvaggia

del mondo del lavoro, la disoccupazione dilagante, il problema della casa, e non ultimo lo smantellamento sistematico della scuola pubblica. Proprio partendo da questa ultima questione, il Partito Comunista dei Lavoratori, sta cercando di impostare il proprio lavoro politico nelle giovani generazioni. Il movimento studentesco, oltre ad aver rappresentato in passato uno dei principali motori dello scontro di classe, gioca oggi un ruolo fondamentale nell’avanzamento della lotta nel nostro paese. Lungi dal rappresentare un surrogato della classe operaia, il movimento studen-

tesco ha dimostrato però negli anni scorsi di poter assumere un ruolo chiave nelle mobilitazioni nazionali, andando proprio a sopperire al vistoso arretramento della lotta sindacale. Gli esempi più lampanti delle potenzialità enormi del movimento studentesco sono sostanzialmente due: il 14 dicembre 2010 durante la mobilitazione contro il governo, e la manifestazione del 16 Ottobre quando questo si legò alla FIOM in una delle manifestazioni più partecipate degli ultimi anni. L’intervento all’interno del movimento studentesco deve essere

quindi, per un partito rivoluzionario come il PCL, uno dei principali terreni di intervento. Occorre quindi che il partito, oltre a produrre un analisi esaustiva della questione giovanile e studentesca, individui le linee principali di intervento e si doti rapidamente di strutture intermedie organizzate con le quali operare. In questo quadro si è svolta fino ad oggi la discussione della Commissione Giovani, istituita dal secondo Congresso, e in questa direzione va la scelta dell’ultimo comitato politico di convocare il prima possibile una conferenza nazionale dei giovani militanti del PCL. Questa conferenza, la quale dovrà prevedere dei passaggi di discussione preliminari a livello regionale, dovrà elaborare definitivamente le nostre modalità di intervento in un settore che si mostra quanto mai variegato ed eterogeneo, dimostrando di saper bilanciare al meglio la massima fermezza dei principi con il massimo della flessibilità tattica. Riuscire ad intervenire con nostre strutture organizzate nel movimento studentesco, guadagnando la fiducia di settori sempre più ampi dello stesso, impedirne le derive avventuriste, moderate o di destra, imprimendo invece una direzione rivoluzionaria, sempre più legata alla lotta operaia, è il compito del partito e dei suoi giovani militanti.


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internazionale

IL RUOLO CONTRORIVOLUZIONARIO DEL KKE IN GRECIA:

DOCUMENTO DELL’ASSEMBLEA POPOLARE DI PIAZZA SYNTAGMA

di “Assemblea popolare di piazza Syntagma, 21/10/2011” Dopo Varkiza , il Politecnico, la Scuola di Chimica (1979) il dicembre 2008 e una serie di altri casi, la realtà ancora una volta rivela il ruolo del Partito che tradisce sistematicamente le lotte popolari. E se fino ad ora hanno strangolato, con le loro cariche politiche ogni sciopero generalizzato e determinato in tutti questi anni, se hanno insultato tutte le rivolte come una “provocazione”, d’ora in poi la storia dimostra che non sono “semplici errori politici”, ma una posizione consapevole e coordinata per difendere la dittatura parlamentare e dei rapporti capitalistici finanziari e sociali. Questo è quello che hanno fatto ieri (20/10), troppo, anche se fino a quel punto hanno chiamato il popolo alle manifestazioni per il rovesciamento del governo. Invece di proteggere chi circondava il parlamento ne hanno protetto il regolare funzionamento, hanno agito ancor più barbaramente della polizia, spaccando le teste e consegnando manifestanti alle forze della repressione. La cosa peggiore che hanno fatto è stato di legittimare lo Stato, che ha ucciso uno dei loro compagni, accusando dell’omicidio una certa violenza parastatale. Da ieri, in modo definitivo e irreversibile, il cosiddetto “Partito Comu-

nista” non è altro che una barriera contro il tentativo di seppellire il cadavere parlamentare. Qualsiasi essere umano libero che lotta per la propria dignità in questi giorni cruciali deve individuarlo politicamente come un bersaglio. Questa frase non deve essere letta come una scissione nel movimento. Potremmo avere problemi comuni e obiettivi comuni con gli elettori del “Partito Comunista”, ma la politica e la pratica della leadership dalle cui labbra pendono segue gli ordini del governo e degli inviati del FMI e UE della BCE. Non abbiamo mai marciato fianco a fianco con loro, non saranno mai con noi.

Dobbiamo tutti tenere presente che il “Partito Comunista” agirà come una quinta colonna del regime dittatoriale, sperando ancora una volta di afferrare qualche briciola dal tavolo parlamentare, proprio come ha fatto nel 1990. La posizione di tutti i gruppi politici, siano essi parlamentari o non, che ha sostenuto gli atti del “Partito Comunista”, sia indirettamente che con il loro silenzio, o direttamente con le loro dichiarazioni, è altrettanto condannabile. Fino a quando questi partiti rimangono all’interno di un parlamento composto di destinatari degli ordini della Troika e continuano a ricevere i loro stipendi

LIBIA:

grassi, sono interamente corresponsabili di quello che è successo finora e di quello che verrà. Il loro voto negativo al memorandum e le leggi votate insieme rivelano con precisione il loro ruolo nella dittatura: fornendo l’alibi della democrazia e della pluralità delle voci, sostengono completamente il parlamento di rappresentanti, in modo che il popolo impoverito continui a contare i voti in ogni seduta fissa e predeterminata di voto delle leggi che cancellano il suo futuro – e al tempo stesso, sono alimentati con l’illusione che qualcuno parli in loro nome e nel loro interesse. Così, lasciano l’opposizione ai professionisti della politica, e non sentono il bisogno di reagire immediatamente e di persona. Qualsiasi voto, anche per i partiti extraparlamentari di “estrema sinistra” alle elezioni nazionali e locali non è altro che olio negli ingranaggi [della macchina] e una legittimazione della “correttezza” della dittatura parlamentare. Dal 25 maggio, quando ci siamo radunati in piazza, abbiamo rivelato che la democrazia diretta è la capacità di ciascuno di noi di partecipare, di consultarci l’un l’altro, di modellare le idee insieme in modo autonomo, lontano dalle etichette ideologiche o parlamentari. Resteremo qui, contro il loro parlamentarismo e la loro burocrazia fallimentare

ELEZIONI ARGENTINE: CONTRORIVOLUZIONE E LEGGE DI MERCATO GRANDE RISULTATO DEL PARTIDO OBRERO di Sergeyev Artem Con la morte di Gheddafi si è chiusa una vecchia pagina di storia mediterranea fatta di interessi tra imperialismo occidentale, fonti energetiche e le conseguenze di una dittatura spietata. La rivoluzione libica iniziata all’ inizio del 2011 è stata utilizzata dall’ imperialismo occidentale per prenderne il controllo. La natura controrivoluzionaria della direzione politica della rivoluzione libica sotto il CNT ha consegnato di fatto alle potenze occidentali la continuità dell’ imperialismo nel paese affossando le legittime aspirazioni democratiche di un popolo che può emanciparsi solamente attraverso il successo di un programma anticapitalistico. Ma solo all’ interno delle contraddizioni della rivoluzione/controrivoluzione è possibile far emergere elementi di un programma marxista rivoluzionario e antimperialista. La NATO non può controllare il territorio libico ed ora iniziano i primi problemi di gestione del potere all’ interno del Consiglio Nazionale Transitorio. I combattimenti che hanno visto protagonista la città As Zawiya, cittadina a 30 km da Tripoli dove da metà novembre sono scoppiati scontri violenti fra miliziani fedeli al Cnt

e miliziani della tribù al-Warshfana ne sono la dimostrazione. Contemporaneamente appare come garante degli interessi occidentali la sinistra presenza del Qatar, simbolo di democrazia e di libertà made in USA. Chi meglio dell’ Emiro del Qatar può fungere da gendarme armato nella gestione degli affari delle potenze occidentali assetate di petrolio e con la volontà di trarne tutto il profitto possibile? In questi giorni i vari comitati d’ affari affollano Tripoli e Bengasi come al Bazaar. Si fanno affari di tutti i generi. In prima fila dall’ italia per il mercato delle armi Finmeccanica e le sue fabbriche di elicotteri, l’ ENI alla ricerca di affari sul fronte delle fonti energetiche, UNICREDIT per recuperare vecchi crediti. Il capitalismo internazionale in crisi ha bisogno dei conflitti e delle sue macerie per rigenerarsi. La Libia oggi purtroppo non è il solo territorio da depredare, anche sull’ IRAN cominciano a soffiare minacciosi i venti di guerra. In Egitto, Siria, Yemen e nella stessa Palestina il fermento non si è assopito. E’ proprio di questi giorni il ritorno di forti fiammate rivoluzionarie e della conseguente repressione. La necessità di una svolta anticapitalista e anti imperialista in tutta l’ area diventa assolutamente indispensabile.

di Marcelo Ramal Con le votazioni conclusesi il 23 ottobre, il Frente de Izquierda y de los Trabajadores ha ottenuto un forte riscontro al suo proposito, proclamato durante tutta la campagna elettorale: lo sviluppo di una alternativa politica dei lavoratori su scala nazionale. Nelle votazioni il fronte ha ottenuto 660.000 voti, con ottimi risultati a Buenos Aires, Cordova, Salta e Neuquen. L'altro obiettivo che ci eravamo assunti, l'ingresso di deputati al congresso, non ha potuto essere raggiunto per soli 3.000 voti nella capitale e, nel caso di Buenos Aires, per una disposizione antidemocratica del regolamento elettorale imposta sotto la dittatura e mai revocata dalla " democrazia ".

sinistra indipendente dal governo e dai partiti capitalisti. Nella sua campagna elettorale, il Fronte ha unito le rivendicazioni operaie immediate a una prospettiva anticapitalista, e ci siamo fatti capire da milioni di lavoratori, giovani e cittadini. In questo modo abbiamo riscattato la tradizione della politica elettorale socialista, come campo di sviluppo politico della classe operaia. Nelle mani degli opportunisti, questo stesso strumento elettorale era servito come pretesto, in Argentina e nel mondo intero, per sperimentare tutte le combinazioni possibili di sottomissione ai partiti capitalisti. Il primo merito, in questo progetto è stato di esserci uniti, ossia di aver creato un polo unico di classe contro i partiti ed i blocchi capitalisti. In questo modo, abbiamo facilitato l'interesse e la comprensione dei lavoratori verso il nostro programma. Il mandato dei 660.000 voti del Fronte è molto chiaro: si lega con il programma ed i propositi politici della campagna elettorale.

Il successo del Fronte ha smentito le argomentazioni di quelli che attribuivano il risultato del 14 agosto ad una scelta opportunista o occasionale. Ora abbiamo ripetuto questo successo. È stato dimostrato che il voto del 14 non è stato solo un volto di difesa di un diritto de- (stralcio dell’ articolo di Marcelo mocratico, ma che questo diritto è Ramal da “Prensa Obrera”. Trastato rivendicato in una prospettiva duzione di Paolo Vannucci) politica ben definita: quella di una


cultura

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INIZIATIVE ED APPUNTAMENTI

VIAREGGIO: LA STRAGE IMPUNITA

Mese di Dicembre:

Mercoledi 7 Cena di autofinanziamen-

to del PCL Pistoia con Marco Ferrando presso il circolo ARCI Bonelle via Bonellina 235- info e prenotazioni 334 8687957

Lunedi 12 “né Monti, né Tremonti” Dibattito

con Marco Ferrando ore 21.00 presso Circolo ARCI via delle Porte Nuove 33 Firenze.

Venerdi 16 “fettunta

rossa”

cena a buffet € 5,00 ore 21:30 presso Archivio 68 via Orsini 44 Firenze - presentazione

del libro “i maiali si sono svegliati” intervengono Lu-

ciano Vasapollo (RdC) Ildo Fusani (SC) Ruggero Rognoni (PCL) Sandro Targetti (PRC) Augusto Scaglioso (PdCI)

Segnalaci iniziative culturali, ricreative e appuntamenti di lotta

Pubblichiamo di seguito una lettera scritta da un familiare delle vittime della strage all’amministratore delegato delle FS Moretti. Sono Andrea Maccioni. Forse il mio nome le dirà poco o niente. O forse lo collegherà all’immagine di quel ragazzo che da 28 mesi, insieme agli altri soci fondatori dell’Associazione “Il Mondo che Vorrei” ONLUS formata dai familiari delle vittime della strage di Viareggio del 29 Giugno 2009, gira l’Italia e manifesta con le foto di tre volti sorridenti appesi al collo. Quelli sono i volti di mia sorella e dei miei due nipotini che ho perso nella immane tragedia. Se li ricorda? Lo chiedo, perché per molti è più facile abbassare lo sguardo quando mostro quella foto in occasioni di manifestazioni o dibattiti. Tre vittime innocenti che, insieme ad altre 29 persone, ho e abbiamo “semplicemente” perso quella maledetta notte. Notizia diventata quasi banale, direi quasi di poco scalpore, in una società dove perdere drammaticamente un proprio caro sembra essere diventato un comun denominatore che lega molti cittadini. Ma le nostre vittime rimuoiono altre cento, mille volte di fronte a decisioni come la sua. Oggi, 7.11.11, appena terminato l’incidente probatorio tenutosi a Lucca, ha pensato bene di sferrare quello che io personalmente reputo

un colpo basso, ossia inviare la lettera di licenziamento al Sig. Riccardo Antonini, consulente tecnico di parte civile nell’incidente probatorio per la strage di Viareggio. Una persona colta, riflessiva, disponibile e talmente coraggiosa da non sottomettersi al ricatto del licenziamento piuttosto di aiutare i familiari della strage di Viareggio. Da un lato il Sig. Antonini, per me e per noi Riccardo, con la sua onesta ricerca di verità, dall’altro il potere che con armi impari, vuole tapparci la bocca. Mi stupisco della sua scelta. Lei stesso, a Genova, dichiarò di essere come noi alla ricerca della verità. Perché allora la scelta di allontanare il Sig. Antonini, una persona che si batte per quello che anche lei sostiene appunto essere il suo stesso obiettivo? Viviamo in una società in cui le persone vengono valutate con pesi e misure diverse. Siamo stati costretti a sentire per esempio, che per l’Ing. Licciardello, consulente tecnico nominato dal GIP e pagato da RFI, non esiste sudditanza psicologica e quindi può continuare regolarmente a svolgere la sua attività. Nel caso del Sig.Antonini invece si ritiene necessario un suo annientamento. Fosse stato Lei il giudice, l’Ing. Licciardello l’avrebbe “licenziato” dall’incarico? Non riesco a capire. L’unica cosa certa è che io sono stato costretto a giocare questa partita, anche se il mio sarà sempre il ruo-

lo del perdente, qualsiasi sia il suo esito. Perché sono io ad aver perso Stefania, Luca eLorenzo. Lei non ha perso niente. Siamo noi, familiari di 32 splendide persone, che nella tranquillità e sicurezza delle loro case sono state costrette a prendere un treno, senza pagare il biglietto, che li ha portati via per sempre. Dopo il disastro di Crevalcore il Sig. Armando D’Apote dichiarò che le ferrovie italiane, nonostante la tragedia del 07.01.05, erano le più sicure d’Europa. Poi lei, Ing. Moretti, dichiarò la stessa cosa anche dopo il 29.06.09, nonostante la strage di Viareggio. Quanti “nonostante” dobbiamo ancora subire perché i nostri cari la smettano di essere uccisi? Provo tanta rabbia e tanto dolore dentro di me, ma nonostante tutto credo in un mondo migliore, e nutro la speranza di poter raccontare a chi è rimasto, che nel nostro mondo c’è ancora chi ha il coraggio di lottare onestamente per i valori in cui crede, e chi viene punito per le proprie colpe. Pertanto Le chiedo di rivedere il Suo/ Vs. provvedimento nei confronti del Sig. Antonini. Spero in una Sua risposta, la meno retorica possibile, per favore. In fede Andrea Maccioni

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