Lidia Fassio - Simbologia di Venere

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Lidia Fassio

SIMBOLOGIA DI VENERE Valori, gusti, scelte e relazioni affettive

SPAZIO INTERIORE


Lidia Fassio Simbologia di Venere © 2019 Lidia Fassio © 2019 Spazio Interiore Tutti i diritti riservati Edizioni Spazio Interiore Via Vincenzo Coronelli, 36 • 00176 Roma www.spaziointeriore.com redazione@spaziointeriore.com editing Elisa Picozza illustrazione in copertina Francesco Pipitone progetto grafico Francesco Pandolfi i edizione: gennaio 2019 ISBN 978-88-94906-24-0 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, archiviata o trasmessa in qualsiasi forma o attraverso qualunque mezzo, inclusi quelli elettronici, meccanici, di fotocopiatura o di registrazione, senza l’autorizzazione dell’editore.


A Lara, che porta sorriso e armonia nella vita



INDICE

introduzione

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Venere in astrologia e nel tema natale • Gli aspetti di Venere

- PARTE PRIMA Capitolo 1

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il mito di venere-afrodite

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Il mito di Venere • Venere e l’amore • Venere e l’Anima dell’uomo

Capitolo 2

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la funzione archetipica di venere

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Il simbolismo di Venere • La fase edipica • I rapporti umani • Venere in psicosomatica

Capitolo 3

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venere negli elementi

Venere nell’elemento Fuoco • Venere nell’elemento Terra • Venere nell’elemento Aria • Venere nell’elemento Acqua

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- PARTE SECONDA Capitolo 4

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Capitolo 5

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Capitolo 6

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Capitolo 7

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Capitolo 8

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Capitolo 9

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gli aspetti venere-sole

gli aspetti venere-luna

gli aspetti venere-mercurio gli aspetti venere-marte gli aspetti venere-giove

gli aspetti venere-saturno Capitolo 10

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Capitolo 11

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Capitolo 12

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gli aspetti venere-urano

gli aspetti venere-nettuno gli aspetti venere-plutone


INTRODUZIONE

Venere in astrologia e nel tema natale Come ho già avuto modo di illustrare,1 i pianeti personali – Mercurio, Venere e Marte – sono così chiamati perché accompagnano l’Io nella sua lenta e graduale strutturazione e crescita, a partire dal momento in cui inizia a formarsi e per tutta la durata della vita. Se i due luminari, Luna e Sole, rappresentano il nucleo centrale della nostra personalità – dotato di una parte ricettiva e sensibile a energia yin, ben sintetizzata dalla Luna, e di una parte attiva e dinamica a energia yang, rappresentata dal Sole – l’Io ha comunque bisogno di appoggiarsi anche a questi tre archetipi personali, che prestano la loro collaborazione affinché l’individuo riesca a orientarsi, adattarsi e inserirsi a pieno titolo nel consorzio umano, conquistando ciò che serve alla crescita e all’affermazione della personalità. Vassalli dei luminari, Mercurio, Venere e Marte sostengono quindi l’Io nel delicato processo di riconoscimento di sé e di adattamento e crescita, agendo tra loro in successione e in stretta interdipendenza e collaborazione. 1. L. Fassio, Simbologia di Mercurio, Spazio Interiore 2018.

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Venere, in quanto pianeta personale, si occupa dunque della nostra identità. Anzi, è decisamente fondamentale nella sua formazione: una corretta lettura di ciò che ci dice attraverso il nostro tema natale è quindi imprescindibile affinché ci presti il suo prezioso aiuto nel cercare autenticità e verità. In effetti, è proprio attraverso Venere, l’amore e la relazione con l’altro che possiamo scoprire meglio chi siamo; il problema è che la proiezione che facciamo sul partner ci abbaglia al punto da pensare che ciò che vediamo appartenga effettivamente all’altro, senza accorgerci che invece ha il volto dei nostri fantasmi peggiori o delle qualità che dobbiamo sviluppare. Di qui, la necessità di procedere a un esame dettagliato e approfondito di questo archetipo, in maniera da poterlo conoscere in profondità e utilizzarne al meglio le grandi potenzialità. Come tutti i pianeti – esclusi i luminari – Venere ha tre sedi. La prima è in Toro, sede in cui simboleggia la costruzione del senso del proprio valore personale, così come nasce e cresce all’interno di ognuno di noi. Da questa fondamentale traccia iniziale si formerà lentamente una prima immagine di sé, che sarà di importanza cruciale perché farà sentire l’individuo amato o, al contrario, non degno di esserlo. Conosciamo fin troppo bene i problemi di chi non si è sentito amato: individui che si trovano, a volte per tutta la vita, ad avere un bassissimo senso del valore di sé e a pensare di essere inadeguati dal punto di vista relazionale. Peter Schellenbaum parla di un vero e proprio “marchio” prodotto dalla mancanza d’amore. Pertanto, quando analizziamo la Venere astrologica dobbiamo contemporaneamente valutare la casa ii, perché le prime tracce del senso del valore di sé e di autostima si costruiscono in quella sede, attraverso i pianeti che hanno colà i propri domicili: x e Venere. Lesioni sulla casa ii e su Venere tendono a fotografare un ambiente che non ha confermato il soggetto e che anzi gli ha trasmesso valori non adatti a lui, proba-

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bilmente inducendolo – pur di sentirsi amato e riconosciuto – a tradire se stesso e a portare con sé grandi ferite narcisistiche. La mancanza d’amore o il ricevere un amore non corrispondente ai propri bisogni provocano una traccia profonda e difficile da superare, poiché anche da adulti sollevano costantemente dei dubbi rispetto alla possibilità di essere amati. Non essere stati valorizzati equivale a non essere riconosciuti, e questo lascia un grande senso di inadeguatezza e l’idea di non avere sufficienti risorse per affrontare la vita e l’amore. In casa ii si forma il valore di sé partendo proprio dall’idea di essere piaciuti e di essere stati amati: questi sentimenti sono importantissimi per integrarsi affettivamente nell’ambiente e per comprendere e strutturare quei valori personali che da adulti dovranno guidare le nostre scelte. Il secondo domicilio di Venere è nel segno del Cancro – cosignificante della casa iv – dove incontra la Luna. Questa fase è molto importante perché consente al bambino di costruire dentro di sé la costanza oggettiva, introiettando gradualmente le figure protettive parentali. Tale delicato passaggio gli consentirà di mantenere la stabilità emotiva anche quando le figure di riferimento si assentano per brevi periodi. In pratica il bambino introietta la stabilità della relazione e non ha più paura di essere abbandonato. In questa fase il piccolo entra in relazione con il padre e quindi esce dalla diade mamma-figlio per avventurarsi nel primo grande triangolo della vita che aprirà la strada alla fase edipica. In pratica in questo secondo domicilio Venere contribuisce a strutturare il senso di identità, consentendo al bambino di entrare nella prima vera relazione: egli chiude infatti con le istanze fusionali e si mette in gioco sentimentalmente, scambiando affetti ed emozioni con entrambi i genitori. Ovviamente in questa sede introietta anche i valori familiari e distingue sempre più ciò che lo gratifica da ciò che lo fa star male.

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Il domicilio primario di Venere è però in Bilancia e nella cosignificante casa vii, vera e propria sede relazionale. Qui ritrova X come secondo pianeta, ma trova anche Urano – che il mito vuole suo padre – con tutti i suoi simboli di diversità e di bisogno di separazione e individuazione (pur trattandosi sempre di un pianeta che guarda ai rapporti umani e alla cooperazione). Il soggetto è qui chiamato a mediare con i bisogni degli altri, in particolare con quelli delle persone con le quali intreccia relazioni. Per far questo dovrà imparare l’arte del compromesso, riconoscendo che la diversità altrui è interessante e fornisce stimoli e desiderio di conoscenza. Mettere in comune potenzialità, condividere progetti e scambiare sentimenti sono le prerogative di Venere in questa sede. Per far questo bisognerà acquisire un senso di etica e definire una scala di valori personali che guideranno l’individuo nelle tante scelte della vita. In questa sede Venere favorisce relazioni basate sulla pariteticità e sulla negoziazione dei bisogni individuali, il che spingerà a lavorare per ritirare le proprie proiezioni in modo da creare rapporti scevri da aspettative e pretese non plausibili. In questo strano gioco di specchi ognuno imparerà a riconoscere le parti di sé che erano state accantonate e rifiutate iniziando così il vero processo di individuazione. La difficoltà nell’instaurare buone relazioni si annida proprio nella problematicità dell’accettare che, nonostante si voglia fare un percorso insieme, si è due persone distinte e separate. Venere in Bilancia non ammette stati di fusionalità in cui l’altro diventa una sorta di proprietà o di propaggine di sé, e la cui la visione è deformata da continue manipolazioni. L’amore ha bisogno di distacco perché solo così ognuno può continuare a nutrire la propria identità pur condividendo affetti e progetti con un altro essere umano. Se Venere ha lesioni nel tema o se vi sono opposizioni sull’asse i-vii è probabile che vi siano residui di dipendenza affettiva

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che mettono a dura prova il distacco e la maturità necessari a comprendere che l’altro non è lì per noi, ma vuole semplicemente fare un tratto di strada insieme a noi. Venere vuole relazioni mature, e per ottenerle ha bisogno che gli individui siano due, fuori dall’illusione delle due metà che si completano a vicenda. Venere si trova quindi per due volte legata a x in Toro (segno in cui c’è l’esaltazione di Giove) e in Bilancia, dove incontra anche Urano, e una volta in Cancro dove si lega alla Luna. Come meglio vedremo nel prosieguo, nella prima sede si trova nell’elemento Terra, nella seconda in Acqua e infine nel suo elemento privilegiato: l’Aria. Per le prime due volte è in segni governati da energia yin, mentre in Bilancia l’energia è yang. Sappiamo che l’elemento Aria è mentale, razionale e relazionale, ma anche che è attivo: il mito ci dice che è sempre Venere a scegliere e ad attrarre l’altro, e questo ci consente di comprendere che l’amore non è qualcosa “che capita”, ma qualcosa cui l’anima anela; per ottenerlo, essa si muove e produce richiami molto precisi che qualcuno interpreterà in maniera altrettanto precisa. L’Aria vuole essere in relazione. Noi nasciamo in relazione e dovremmo venire al mondo sotto la spinta di un atto d’amore; in seguito dovremmo vivere all’interno di una relazione d’amore di cui far parte a tutti gli effetti. L’amore ci rende straordinari poiché ci mette in grado di catturare suggestioni altrimenti sconosciute e di vivere al meglio del nostro potenziale. Ma quando l’amore non c’è ricadiamo nell’ordinarietà e nel limite. Il compito dell’amore è di portarci oltre noi stessi, o meglio oltre il territorio conosciuto: in una parola, come vogliono sia Venere che la Bilancia, l’amore vuole portarci a desiderare nuovamente completezza e armonia. Dal suo domicilio primario in Bilancia, Venere ci ricorda che le relazioni sono basate su gusti personali, su scelte razionali e sulla capacità di valorizzare prima se stessi e poi gli altri; e che

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sono mosse dal desiderio di superare quel senso di separazione che l’Io sperimenta dalla nascita in poi cercando punti di condivisione con le persone che ci piacciono, che amiamo e con le quali desideriamo entrare in un rapporto di reciproco scambio e di cooperazione. In questo Venere è inconfondibilmente diversa dalla Luna, che invece ricerca sempre la fusione emotiva sperimentata nella diade madre-bambino; Venere ha bisogno di relazioni paritetiche, che possono instaurarsi solamente qualora entrambi gli individui abbiano acquisito il senso di separazione e cerchino spazi di condivisione all’interno della diversità reciproca; nel tema natale ci mostra ciò che intendiamo per amore, ma questa parola non avrebbe alcun senso se non fosse stata sperimentata nell’infanzia sotto forma di abbracci, calore, desiderio di scambio e sensazioni di piacevole benessere. Purtroppo però, se – nella primissima parte della vita – quando il bambino cominciava a manifestare i suoi gusti e i suoi desideri, questi non sono stati rispettati; o peggio, se ha avuto la sensazione che fossero sbagliati, l’Io avrà lavorato per rimuoverli, falsarli e sostituirli con altri maggiormente accettati da chi si prendeva cura di lui. Questa è una delle motivazioni per cui da adulti, nonostante ciò che crediamo a livello cosciente, possiamo trovarci a conquistare persone e attrarre situazioni che poi non producono alcun benessere perché in esse non ci sentiamo valorizzati o non riusciamo a sentire l’unione, ma solo la solitudine. Ogni volta che facciamo una scelta sbagliata sperimentiamo una sorta di malessere interno, che genera un senso di svuotamento; è allora che dobbiamo riflettere sui gusti e sui valori, nonché sulle ragioni per cui attraiamo ciò che non va bene per noi e che sembra sottrarci valore anziché aumentarlo. Venere ci può aiutare perché il segno che la ospita nel nostro tema natale può indicarci quali sono le cose che dobbiamo ricercare per rientrare in contatto con lei.

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PARTE PRIMA



Capitolo 1

IL MITO DI VENERE-AFRODITE

Il mito di Venere Il mito di Venere è decisamente antico e ci parla di due diverse sfaccettature di questa divinità: una molto arcaica e collegata alla grande dea di derivazione mesopotamica Ishtar, e l’altra – forse più recente – legata alla cosmogonia ellenica, che la vede nascere dall’incontro tra la spuma del mare e il seme dei testicoli tagliati di Urano. Si tratta qui di una divinità che non ha madre e che viene chiamata Afrodite Ourania. Questa divinità sembra legata al segno della Bilancia e all’elemento Aria: bellissima, distaccata, asettica, formale e assolutamente razionale, da Platone viene considerata la dea dell’amore puro. È questo il lato della dea che governa l’estetica e l’etica, molto vicino all’ideale delle cose e al senso dell’armonia. Dal punto di vista simbolico si tratta della funzione che consente di riallacciare i ponti tra il mondo terreno e il mondo spirituale, ricomponendo la separazione violenta avvenuta nella lotta tra Saturno e Urano. Suoi fedeli amici sono Eros (Amore) – che in alcune ricostruzioni del mito viene visto come suo figlio – e Imeros (Desiderio). Secondo la cosmogonia ellenica, dopo la nascita Afrodite fu portata a Citera e poi di lì a Cipro, dove venne accolta dalle Ore e

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condotta al cospetto degli Immortali, dai quali fu subito accolta. Contrariamente a quasi tutte le altre divinità femminili, che venivano scelte o addirittura rapite dai loro uomini, lei fu sempre libera di scegliere chi sposare. Secondo alcuni miti, fu proprio lei a scegliere Efesto, un dio brutto e storpio che però era capace di lavorare magnificamente l’oro e di creare meravigliosi gioielli che poi lei indossava. Forse fu proprio la combinazione tra bellezza e tecnica a dare vita all’arte. Sul piano psicologico questo lato di Afrodite consente di ricomporre, attraverso la relazione erotica, quel senso di perfezione che si è interrotto al momento dell’identificazione, allorché ognuno di noi è diventato uomo o donna, perdendo quel senso di totalità da cui invece ha avuto origine la vita. Per questo il suo simbolismo si lega alla Bilancia e alla cosignificante casa vii che, nel tema natale, parlano del modo in cui si intendono le relazioni. Vi è poi anche un altro mito, molto più recente: quello di Afrodite Pandemos, figlia di Zeus e Dione. Anche lei è legata a Eros, ma il suo simbolismo sembra essere più ordinario, più carnale, legato all’ambito della sensualità e della sessualità; astrologicamente è qui più vicina al segno del Toro e alla casa ii, dove la sensualità è più predominante. Platone diceva che questa divinità governa l’amore volgare. Si tratta però di una divisione estranea alla mitologia più arcaica, che in questa divinità vedeva al massimo un’ambivalenza. Alcuni miti parlano di una divinità duplice che alla fine deve integrare i due poli. In pratica Platone sostiene che Afrodite simboleggia, nella sua dualità, una doppia possibilità: quella reintegrativa e unificante da un lato, e quella separativa e dualizzante dall’altro. Che, a ben guardare, sono le due anime della dea. Afrodite, pur avendo scelto Efesto come sposo, non gli fu mai fedele. I suoi amanti furono innumerevoli e venivano scelti sia tra i mortali che tra gli dèi. L’amante più noto di Afrodite

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fu Ares, da cui ebbe parecchi figli; ma ebbe rapporti anche con Ermes, da cui nacque l’Ermafrodito, e con molti umani, tra i quali Anchise – da cui nacque Enea – e Adone, che alcune versioni vogliono ucciso dalla gelosia di Ares. Del resto possedeva il cinto magico, lo strumento che la rendeva irresistibile e le era molto invidiato dalle altre divinità femminili. Dei suoi figli si occupò poco in prima persona, ma fu sempre pronta a proteggerli in caso di problemi. È dunque evidente il carattere libero di questa divinità, che scelse sempre chi amare e che non fu mai “scelta”. Ella ispirava amore, e questo a volte creava armonia e pace, mentre altre volte conflitti e dolore. Basti pensare alla guerra di Troia, che fu scatenata a seguito di un suo intervento diretto: fu lei, in cambio della mela d’oro, a dare a Paride l’amore di Elena, moglie di Menelao; questi, per reclamare la sua sposa, scatenò una delle guerre più violente del passato, che portò alla distruzione totale della dinastia di Priamo ed Ecuba. Possedeva una forte capacità decisionale, che non esitava a mettere in pratica. Si pensi alla sua ingerenza nel rapimento di Persefone: fu infatti lei a decidere che era tempo che la ragazza lasciasse l’abbraccio materno e a complottare in tal senso con Giove e Ade; e fu sempre lei a decidere di dare vita alla statua di Galatea, forgiata da Pigmalione. Sovente mostra un lato tutt’altro che armonioso. In alcuni frangenti diventa pericolosa e vendicativa, soprattutto quando non viene onorata o riconosciuta: nel mito di Eros e Psiche, ad esempio, Afrodite si mostra inizialmente crudele nei confronti della ragazza, colpevole solo di essere troppo bella e di aver suscitato la sua invidia e la sua rabbia. È pur vero però che lei simboleggia l’amore e non la fusione e che, a differenza della Luna, non è interessata alla simbiosi e alla fusione, ma alla relazione cosciente che può esserci solamente dopo una scelta razionale: infatti, le pene che inflisse a Psiche la costrinsero a scegliere Eros

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e a combattere per averlo, conducendo la giovane a una scelta amorosa consapevole. Dunque Psiche viene in qualche modo messa alla prova, quasi che la dea volesse da lei uno sforzo evolutivo per renderla meritevole di stare a fianco del figlio. Anche nel mito di Fedra accade qualcosa di simile, perché si chiede all’amore di diventare maturo e di abbandonare l’idea che lo si possa trovare senza una precisa scelta razionale. La dea, quindi, in molte occasioni mostra anche una notevole ombra: molte donne, nel mito, sono vittime della sua rabbia e cadono preda di amori terribili, non ricambiati o nati all’interno di situazioni impossibili e svalutanti. Molto dipenderà dal valore che la donna riesce a dare a se stessa: quando questo è assente, Afrodite soffre e farà soffrire la donna. Senza dubbio si tratta di un archetipo che può lavorare in modo creativo o distruttivo: gli dèi non sono teneri (soprattutto con coloro che non li onorano) e il mito li mostra crudeli e vendicativi. Afrodite non fa eccezione, e allo scopo utilizza il sentimento e la sessualità per cui nega l’amore, rendendo impotenti gli uomini o frigide le donne. Quando si parla di "vendetta" siamo di fronte a un blocco in cui la divinità non consente l’evoluzione e impone una sofferenza. Il mito di Venere è di estremo interesse perché mostra non solo la potenza dell’amore – il sentimento che lei ispira – ma anche come questo possa agire in due differenti, per non dire opposte, direzioni: da un lato può produrre cambiamenti e trasformazioni in grado di spingere gli individui a scendere nelle profondità delle loro anime e a conoscersi veramente; dall’altro può generare sconvolgimenti e drammi – soprattutto quando non tiene conto del fatto se la persona amata sia libera o impegnata – e provocare caos e disordine nella vita delle famiglie. Le donne segnate da Afrodite sono particolarmente attraenti

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e hanno un fascino potente, in grado di stregare gli uomini: sono dotate di grazia e carisma, ed esercitano un vero e proprio magnetismo irresistibile. Tutto ciò può essere accompagnato anche dalla bellezza, ma non necessariamente: il fascino, infatti, è un misto di sensualità, grazia e intelligenza, e può quindi appartenere a donne che, sebbene non siano particolarmente belle, sanno toccare l’anima altrui. Eppure Afrodite ci ricorda anche che l’amore non è facilmente conciliabile con i vincoli che le strutture sociali e familiari tendono a imporre. Esso prorompe e quando accade può generare esperienze estatiche e terrifiche al tempo stesso. L’amore vero unisce il sacro e il profano, come d’altronde unisce esperienze del corpo e dell’anima. Dice Aldo Carotenuto: «L’eros consente alla psiche di trasformarsi, lo fa attraverso le fatiche, le traversie, la sofferenza cui ci sottopone: sono richiesti una pazienza e un coraggio tipicamente femminili, la pazienza della lunga gestazione e il coraggio di dar vita a nuove forme di sé, dando forma al proprio desiderio. Eros ci seduce per renderci più umani». Celebri sono le schermaglie tra Afrodite ed Era (sposa di Zeus e dea del matrimonio), che di certo non la amava e che l'accusava di irrompere con la sua seduzione nell’equilibrio delle famiglie creando destabilizzazione e dolore. Jean S. Bolen, in Le dee dentro la donna (Astrolabio Ubaldini 1991), pone Afrodite in una sezione a sé, e la definisce alchemica perché la sua natura non può essere ricondotta né alla categoria delle dee vergini, né a quella delle dee vulnerate: ella infatti possiede sì qualcosa di entrambe, ma ha anche dei tratti squisitamente personali che la rendono unica. È ricettiva come le dee vulnerate che vivono per il rapporto, ma è anche concentrata e indipendente come le dee vergini. Simboleggia e incarna il potere di trasformazione che possiede l’amore quando coinvolge due corpi e due anime, generando completezza e armonia.

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