Ya'Acov Darling Khan - Giaguaro nel corpo, farfalla nel cuore

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Ya’Acov Darling Khan

GIAGUARO NEL CORPO, FARFALLA NEL CUORE Storia di un’iniziazione allo sciamanesimo quotidiano Traduzione di Marina Pirulli

SPAZIO INTERIORE


Ya’Acov Darling Khan Giaguaro nel corpo, farfalla nel cuore titolo originale: Jaguar in the Body, Butterfly in the Heart traduzione: Marina Pirulli revisione: Elisa Picozza © 2017 Ya’Acov Darling Khan © 2018 Spazio Interiore Originally published in 2017 by Hay House UK ltd. Edizioni Spazio Interiore Via Vincenzo Coronelli 36 • 00176 Roma www.spaziointeriore.com redazione@spaziointeriore.com copertina Leanne Siu Anastasi progetto grafico Francesco Pandolfi I edizione: novembre 2018 ISBN 978-88-94906-17-2 Tutti i diritti sono riservati.


Indice

Messaggio personale di Ya’Acov per l’edizione italiana di Ya’Acov Darling Khan . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Prefazione di Lynne Twist . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

Parte I i piedi per terra - Scoprire il cammino Capitolo 1 VERSO UNA PRIMA BATOSTA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 Capitolo 2 UN SOGNO PORTOGHESE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 Capitolo 3 NOTTE SULLA MONTAGNA DELLA PAURA Capitolo 4 DENTRO LA GROTTA DELLA MEMORIA

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Capitolo 5 LO SPECCHIO OSCURO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81


Parte II il fuoco dentro - Impegnarsi nel cammino Capitolo 6 QUANDO L’ALLIEVO È PRONTO... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 Capitolo 7 I PIEDI SANNO SEMPRE LA STRADA VERSO CASA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 Capitolo 8 SII FEDELE AL TUO CUORE Capitolo 9 MIA MAESTÀ IL ME

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Capitolo 10 LA PORTA DELLO SCIAMANESIMO . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141

Parte III l’acqua della vita - Diventare ricettivi Capitolo 11 RINASCITA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163 Capitolo 12 L’INIZIAZIONE DI UN SOGNO AMAZZONICO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175 Capitolo 13 INCONTRI CON LA MORTE

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Capitolo 14 LA PICCOLA QUESTIONE DEL POTERE E DELLA RESPONSABILITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201


Capitolo 15 OLTRE L’IMMAGINAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211

Parte IV aria di cambiamento Iniziazione allo sciamanesimo quotidiano Capitolo 16 DALLE CENERI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233 Capitolo 17 IN OGNI GENERAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243 Capitolo 18 LA CHIAMATA DEL COLIBRÌ

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Capitolo 19 LA VECCHIA SCUOLA FA SCOPPIARE LA BOLLA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265 Capitolo 20 DA MAESTRO A PRINCIPIANTE: SMEMBRATO, DISILLUSO E RINATO . . . . . . . . . . . . . . . . 277 Capitolo 21 GIAGUARO NEL CORPO, FARFALLA NEL CUORE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 291 Epilogo SCIAMANESIMO QUOTIDIANO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 307 Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 321 Risorse utili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 325



Questo libro è dedicato a sette persone straordinarie: mia moglie Susannah, nostro figlio Reuben, mia madre Angella, mio padre Brian, Bikko Máhte Penta, Jake e Eva Chapman. Susannah: la donna ineguagliabile che amo da più di trent’anni; una donna-medicina a tutti gli effetti, splendida cantante e autrice di numerosi dischi, insegnante bravissima e capace di ispirare. Più di chiunque altro mi sei stata accanto, spronandomi e sostenendomi durante questo viaggio. Abbiamo sempre danzato sul filo del rasoio, e nonostante tutte le volte che siamo caduti sei ancora qui, e siamo ancora insieme. Le parole non possono esprimere nemmeno lontanamente la gratitudine che provo per te, che con il tuo amore mi hai fatto diventare quello che sono. Sei la donna per me, lo sei sempre stata e lo sarai per l’eternità. Reuben: figlio adorato e luce dei miei occhi, come tua madre conosci il meglio e il peggio di me. Guardarti crescere, fino a diventare il magnifico ragazzo che sei, è stato ed è ancora il viaggio più meraviglioso che possa esistere. Tu mi hai insegnato a fare il papà, e non potrei essere più orgoglioso della persona che stai diventando. Vederti seguire il tuo cammino mi riempie di speranza per il futuro di tutti noi. Angella Carne, mia madre: il tuo amore e supporto costante, anche nei momenti più difficili, e la fiducia nella vita che mi hai trasmesso sono sempre rimasti al mio fianco. La tua gentilezza e la tua quieta saggezza sono stati il terreno su cui ho imparato a camminare. 9


Joseph Brian Carne, mio padre: sei stato la pietra che ha affilato la mia lama, la forza contro cui ho potuto misurare la mia. E anche se fino alla fine non abbiamo mai trovato un terreno comune, senza di te non avrei mai scoperto l’avventura che è diventata la mia vita. Mi manchi. Bikko Máhte Penta: la mia guida per tanto tempo rimasta invisibile; lo sciamano da cui ho imparato che la forza non vale nulla senza umiltà, che il potere si distilla dal paziente silenzio della terra, e che lo sciamanesimo è ciò per cui sono nato. Mi manchi anche tu. E infine il professor Jake Chapman e la dottoressa Eva Chapman, amici e punti di riferimento come non ne esistono altri. Mi avete incoraggiato a essere quello che sono, senza riserve, incondizionatamente, e al tempo stesso mi avete aiutato a tenere i piedi per terra e mettermi continuamente in discussione. E tutto questo me l’avete mostrato attraverso l’esempio, il migliore insegnamento che esista al mondo.

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MESSAGGIO PERSONALE DI YA’ACOV PER L’EDIZIONE ITALIANA

Cari tutti, sono felicissimo che il mio libro sia stato tradotto in italiano e voglio esprimere la mia gratitudine agli editori, Giovanni ed Elisa Picozza di Spazio Interiore, per la gentile attenzione e l’impegno con cui si dedicano a portare nel mondo libri come il mio. In quest’epoca moderna, in cui il mondo è caratterizzato da tanta solitudine dello spirito, infelicità e disconnessione, lo sciamanesimo quotidiano può aiutarci a ricordare la realtà di ciò che siamo in quanto esseri umani, ciò a cui siamo connessi e ciò che è più importante per noi. Certo, mi rendo conto che lo sciamanesimo è spesso guardato con sospetto. Alcuni lo considerano pericoloso, oppure nient’altro che una stravaganza da hippie per gente priva di senso pratico che vive nel mondo della fantasia. Nulla di più lontano dalla verità. Lo sciamanesimo è sempre stato un’attività concreta e motivante, per la quale non è affatto necessario credere negli spiriti, negli stati di trance o nelle vite precedenti. Lo sciamanesimo contemporaneo riguarda l’esperienza diretta; ci insegna come accedere al potere della nostra immaginazione per farne il migliore uso possibile. Noi tutti, che ne siamo consapevoli o no, utilizziamo il potere della nostra immaginazione quando ci raccontiamo la storia di chi siamo e cos’è per noi la vita. Molti di noi operano su sistemi operativi obsoleti, che ci impediscono di 11


scoprire e mettere in atto il nostro potenziale di esseri umani. Nella mia esperienza, dopo trent’anni di pratiche sciamaniche, posso affermare che attraverso l’impegno e l’esercizio costante (nonché una gran quantità di emozionanti avventure, risate e lacrime) sono arrivato a vivere una vita che va molto oltre ciò che all’inizio avrei potuto immaginare. Non sono io a essere speciale; ho semplicemente trovato la mia strada, e l’ho seguita. E in questo libro ho voluto raccontare, nel modo più onesto possibile, le esperienze vissute durante il cammino. Sarò sincero: non è stata una passeggiata. Ma se ne avessi la possibilità, non cambierei una sola virgola di quello che è stato. Ho avuto la fortuna di trovare sulla mia strada insegnanti straordinari, di grande umanità; sono stati loro a incoraggiarmi perché accettassi il mio ruolo di sciamano. Su questo punto ho sbattuto la testa per molto tempo, finché non mi sono sentito pronto a prendere posizione e definire chiaramente cosa significhi essere uno sciamano per me. Il libro racconta proprio questa storia. Come in qualunque professione, nello sciamanesimo sono presenti molti aspetti con cui non desidero essere identificato. Non sono per le soluzioni istantanee o le avventure di una sola notte. Ciascuno dei paesi in cui ho lavorato negli ultimi trent’anni occupa un posto speciale nel mio cuore, e finché le gambe mi reggeranno ho intenzione di tornarci e continuare a creare spazi in cui le persone possano ricordare chi sono e cosa hanno da offrire. È questa la vera gioia della vita. Scoprire la nostra medicina, i nostri doni, e condividerli. Assumerci il rischio di rivelare chi siamo e guarire la sofferenza che tutti ci portiamo nel cuore da generazioni, a causa di ferite di ogni tipo. I livelli di violenza che si stanno manifestando nelle istituzioni religiose e scolastiche hanno provocato in molti un brusco risveglio. È una violenza derivata da quella frattura tra corpo e spirito che ci ha portati a considerare la nostra sessualità, l’energia stessa della creazione, come un peccato. La pratica sciamanica ci insegna a rispettare la 12


vita, a rispettare l’unione tra femminile e maschile da cui ognuno di noi è stato generato. Ci insegna a mettere in atto il nostro potere creativo, utilizzandolo responsabilmente a servizio della vita. Ci ricorda che siamo noi ad appartenere alla vita, e non la vita o questa Terra a esserci state date per farne ciò che desideriamo. Infine, ci ricorda la natura indomita e selvaggia che abbiamo dentro, la saggezza e la disciplina per saperla usare nel migliore dei modi, e l’amore per la vita che è la fonte di ogni grande dono. La nostra specie sta camminando sul filo del rasoio tra la vecchia storia, fondata sulla politica del “noi e loro” e sulla separazione dalla rete della vita che ci sostiene, e una nuova storia che invita tutti noi a risvegliarci, maturare e prendere il nostro posto come cittadini globali. Nei miei viaggi in giro per il mondo, dall’Artico all’Amazzonia, dall’Oriente all’Occidente, incontro sempre più persone che stanno aprendo gli occhi su un sogno nuovo. Sono davvero convinto che, se scegliamo di farlo, noi umani possiamo diventare su questa Terra una presenza ecologicamente sostenibile, socialmente giusta e spiritualmente evoluta. E sono anche convinto che la strada per arrivarci consista nel mettere insieme il meglio della nostra saggezza collettiva, proveniente da tutta la varietà di conoscenze che esistono al mondo. È importante il patrimonio che le popolazioni indigene del pianeta hanno in serbo per noi. Sono importanti le scoperte degli scienziati. È importante la sapienza racchiusa in tutte le grandi tradizioni del mondo. E il contributo dello sciamanesimo fa anch’esso parte di questo grande e misterioso enigma chiamato “vita sulla Terra”. Credo fermamente che lo sciamanesimo racchiuda una componente essenziale per il risveglio della nostra specie, ovvero il riconoscimento di come, attraverso il corpo, siamo connessi alla Terra che vive sotto i nostri piedi. Nel corso della storia siamo riusciti a risolvere problemi che sembravano impossibili. La sfida globale dei cambiamenti climatici ha la potenzialità di spingere tutti gli esseri umani a fare 13


fronte comune, e a darsi da fare per creare un nuovo sogno qui sulla Terra. Credo che per tutti noi sia arrivato il momento di alzarci in piedi e difendere il pianeta e tutte le sue creature. E uno dei modi migliori che conosco per condividere questa idea è raccontarvi una storia. Lo scopo di una buona storia è quello di aiutare ognuno a conoscere la propria; ecco il motivo per cui ho scritto questo libro. So che dentro ciascuno di voi risiede la forza vitale della creazione: la saggezza del corpo, del cuore e della mente, unite insieme a formare una pista d’atterraggio perché proprio voi possiate essere qui sulla Terra e condividere quello che siete. Voi siete importanti. Quello che sognate è importante; quello che fate è importante. E io so che, se scegliete di farlo, potete imparare a seguire il flusso intelligente della vita che vi attraversa e porta a tutti noi il meglio di quello che siete. Questa Terra vi canta all’orecchio mentre vi sostiene. Il sole si alza ogni mattina e vi invita a risplendere. L’aria che respirate è preziosa; l’acqua della vita dentro di voi è in attesa di insegnarvi a fluire insieme alla vita stessa. Da molti anni visito regolarmente l’Italia per offrire il mio lavoro e insegnare la Movement Medicine, una forma di meditazione in movimento che io e mia moglie Susannah abbiamo sviluppato negli ultimi trent’anni. Sono davvero felice di vedere adesso una prospera comunità di persone di ogni genere che utilizzano la pratica nella loro vita quotidiana. Per questo la mia gratitudine va innanzitutto a Maria Grazia Bambini, che ci ha invitati a portare il nostro lavoro per la prima volta a Padova. La sua opera è stata proseguita da Silvana Rigobon, diventata poi la prima insegnante italiana di Movement Medicine. Lei è la “madre” della comunità di Movement Medicine Italia, e le sono molto grato per l’impegno instancabile con cui si prodiga per portare questa medicina nel suo paese. Poco dopo si è unita a lei Tamara Candiracci, un’altra donna forte e saggia che è diventata un pilastro della Movement Medicine in Italia. E sono lieto di annunciarvi che la comunità italiana dei professionisti in 14


Movement Medicine sta crescendo ancora, poiché sempre più persone decidono di formarsi per poter portare questo lavoro alla propria comunità. Qualunque sia la vostra storia, da ovunque proveniate, la forza indomita della natura è viva e vitale dentro di voi. Ho visto persone trovare il coraggio di guarire da ogni tipo di ferite. Davanti ai miei occhi, svariate migliaia di individui hanno ricordato chi sono veramente. Bisogna soltanto essere disposti a lasciarsi cadere dal tetto di se stessi e abbandonarsi nell’abbraccio del Grande Mistero. Siete pronti a danzare? Ya’Acov Darling Khan Settembre 2018

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Parte I I PIEDI PER TERRA Scoprire il cammino

Capisci di essere innamorato [della vita] quando non riesci a dormire perché la realtà è migliore dei tuoi sogni. Dr. Seuss



Il canto dello sciamano echeggia nella quieta aria notturna, e l’intera foresta rimane in ascolto. Un giaguaro sta andando a caccia. Nell’aria volteggia una farfalla di un azzurro irreale. Il lieve mormorio dello scacciapensieri è un ritmo che risuona nel silenzio. Lo seguo fin dove mi può portare. Sento cantare una canzone, con una voce incredibilmente acuta la cui dolcezza è puro balsamo per il cuore. Si espande contemporaneamente in tutte le direzioni. Attraverso il canto, lo sciamano percepisce i cuori di tutti i presenti. Le loro storie vengono dolcemente portate alla luce perché siano riconosciute, purificate e guarite. Ogni storia ha la propria nota, e lo sciamano continua a cantare finché la cacofonia diventa armonica, come la canzone della foresta. Solo allora lo sciamano cessa il suo canto. Da tanto tempo desideravo sentire questa canzone, e ora i miei occhi traboccano di lacrime. Quando li apro, mi ritrovo in una stanza con il pavimento di legno. I quarantaquattro danzatori si stanno fermando. Tutto è immobile, nella stanza come nel mio cuore. In quel momento mi rendo conto che la canzone è mia. È passata attraverso di me. Sono diventato un “osso cavo”. Susannah, adorata moglie e compagna di questa lunga avventura, e David, un amico di vecchia data, mi stanno guardando. Lo sentono anche loro. 31


Lanciando un’occhiata intorno alla stanza, vedo che i danzatori sono profondamente immersi ognuno nel suo viaggio. Non si sono accorti di nulla. E allora capisco che è accaduto davvero. La canzone dello sciamano di cui andavo in cerca per il mondo è finalmente arrivata.

# È l’inizio della primavera 2003. Siamo in Artide già da tre giorni. A detta di Anka avevamo bisogno di lasciare che quest’aria pulita ci purificasse dal rumore della città. Lei è una donna sami forte e robusta, che in realtà non conosco molto bene. Non so se fidarmi di lei. Ieri sera, mentre facevamo la sauna nel nostro piccolo chalet, ha cercato di sedurmi. Il mio “no” è stato molto chiaro, eppure ho dovuto ripeterlo due volte. Da allora ho iniziato a chiedermi se tutto quello che mi ha detto è vero. L’avevo incontrata qualche mese fa a Oslo, in Norvegia; era una dei quarantaquattro partecipanti a un seminario di cinque giorni nel quale insegnavo danze sciamaniche. Il mio trovarmi lì in quel ruolo era la dimostrazione che la vita ha un grande senso dell’umorismo. In passato non ero mai stato un gran ballerino, se non dopo qualche bicchiere di troppo, e anche in quel caso ballavo solo sulle note di Welcome to the Monkey House del poco noto gruppo musicale Animal Magnet. Eppure la danza mi aveva chiamato, era diventata la mia maestra e la mia guida. Fin da bambino ero sempre stato alla ricerca di un modo per comprendere e utilizzare al meglio le mie esperienze di vita. Non è così per tutti? Inizialmente, quello che sperimentavo mi sembrava normalissimo. Non vedevo nulla di straordinario nel parlare con la mia defunta bisnonna che se ne stava seduta in cima alle scale, finché non mi resi conto che, per la maggior parte delle altre persone, parlare coi morti era tutt’altro che normale. Da allora, il mio viaggio mi aveva portato in molti luoghi 32


del mondo. Lungo il cammino avevo incontrato e seguito alcuni eccezionali maestri; le conoscenze che erano venuti a condividere infiammavano di luce la loro anima, facendoli brillare come stelle nell’oscurità. Ma al di sopra di tutti loro, negli ultimi dodici anni c’era sempre stata una presenza, quieta ma costante come una roccia primitiva, profonda e penetrante come le radici di una vecchia betulla bianca. La sua voce, calma e sommessa, ricordava il luccichio delle acque increspate di un fiordo. Io lo chiamavo “il Vecchio del Nord”. Davo per scontato che fosse una figura onirica, l’archetipo interiore del Saggio; invece mi sbagliavo. Era un essere umano in carne e ossa, ed ero arrivato fin lì per incontrarlo. Come tutte le storie del genere, anche questa era iniziata molti anni addietro. Mentre percorrevamo l’ampia strada maestra, con la tundra artica che sfrecciava davanti ai nostri occhi su entrambi i lati, la mia mente viaggiava a ritroso nel tempo. Se l’uomo che stavamo per incontrare non fosse stato quello che immaginavo, le fondamenta su cui avevo costruito tutta la mia vita sarebbero andate distrutte. Mi dibattevo in un oceano di dubbi e sensazioni, ma, a un livello più profondo, il quieto mormorio di un canto sciamanico mi infondeva calma. Nonostante le destabilizzanti incertezze che mi tormentavano, dentro di me sapevo che si trattava proprio dell’uomo che da tanti anni mi faceva da guida. Senza che l’avessi chiamato, mi si era presentato in sogno la settimana prima che io e Susannah tenessimo il nostro primo seminario di danze sciamaniche. L’idea di fare l’insegnante mi terrorizzava. Non sapevo assolutamente se sarei stato in grado di guidare e assistere i danzatori; io stesso, in materia di danze estatiche, mi sentivo appena uscito dall’asilo. Inoltre, come già detto, che io imboccassi la strada dall’insegnamento attraverso la danza era un vero e proprio scherzo del destino. Ed ecco che quella notte, mentre riposavo dopo un’altra giornata di intensi preparativi per il nostro primo evento di “Life Dance” nell’am33


bito del neonato Five to Midnight Gaia Dance Project, mi comparve lui: una quieta presenza dagli occhi di renna, che suonava il tamburo e cantava con una voce che mi arrivava direttamente al cuore: «Sta’ tranquillo. Va tutto bene. Io sono con te». Non osai chiedergli chi fosse; non volevo spezzare l’incantesimo del sogno. Mi limitai a rimanergli seduto accanto, ascoltando il suo tamburo e la sua canzone. E lui restò con me per l’intera settimana, presentandosi ogni notte nei miei sonni agitati per infondermi fiducia con il suo canto. Anche dopo che io e Susannah avevamo cominciato a insegnare, continuò a offrirmi guida e supporto ogni volta che chiudevo gli occhi. Finii per fare affidamento su di lui. Quando entravo in una stanza per guidare un viaggio sciamanico, lui immancabilmente era lì, costante come il battito del mio cuore. Col passare del tempo mi aveva aiutato sempre più. Spesso mi faceva capire cosa stavano provando le persone con cui lavoravamo, mi metteva in guardia contro i pericoli o mi dava consigli specifici riguardo al lavoro da fare col gruppo. Per i primi dieci anni in cui l’avevo avuto accanto, non mi era mai passato per la testa che potesse essere una persona in carne e ossa. Adesso, invece, stavo per incontrarlo. Eravamo atterrati tre giorni prima all’aeroporto di Alta, nel nord della Norvegia. Anka mi aveva indicato il volo da prendere, dicendo che mi avrebbe raggiunto quando l’aereo avesse fatto scalo a Trondheim per imbarcare passeggeri. Erano trascorsi sei mesi dal seminario in cui ci eravamo incontrati. Aveva danzato con potente intensità, e diverse volte l’avevo vista cadere in trance e contattare i suoi spiriti. Era una sciamana anche lei, esperta in molte tecniche occidentali ma profondamente legata alle tradizioni del suo popolo, i sami. Alla fine del seminario mi si era avvicinata per ringraziarmi. Poi mi aveva fatto una domanda apparentemente semplice: «Non hai una storia da raccontarmi?» Ero rimasto un attimo in silenzio. Due anni prima, dietro 34


consiglio di una mia insegnante, mi ero messo alla ricerca del Vecchio del Nord. Non so perché, cominciai a raccontare ad Anka questa storia. Mi chiese com’era fatto, e io descrissi non solo lui, ma anche la sua casa e il luogo in cui si trovava; l’avevo visto molte volte nei miei sogni e nelle visioni. Dopo avermi ascoltato, annuendo, lei mi rispose in tono pragmatico: «Sì, lo conosco. Ti porterò da lui». Il cuore mi saltò fino in gola; ero contemporaneamente sbigottito ed entusiasta. Possibile che fosse vero? Anka non aveva finito. «Ti avviso, però: ti metterà alla prova. Potrebbe anche rifiutare di incontrarti, dopo che abbiamo viaggiato fin lassù. Scoverà i tuoi punti deboli e li colpirà senza pietà. Vorrà sapere di che pasta sei fatto». Il solo pensiero che lei potesse davvero conoscere quell’uomo e sapere dove trovarlo mi dava un incoraggiamento più che sufficiente ad affrontare le prove di cui parlava. Il fatto è che io non volevo nulla da lui; desideravo solo incontrarlo faccia a faccia per ringraziarlo di tutto il sostegno che mi aveva dato negli ultimi dieci anni. Inoltre sapevo che se si trattava veramente di lui, incontrandolo avrei fugato ogni dubbio della mia mente razionale sulla possibilità che questa faccenda dello sciamanesimo appartenesse più al mondo della fantascienza che a quello della realtà quotidiana. Così adesso, dopo aver lasciato la cittadina di Kautokeino – quella del nostro “incidente di percorso” in sauna – Anka e io stavamo viaggiando in auto verso il confine finlandese. Avevamo trascorso le prime due notti nel minuscolo villaggio di Láhpoluoppal, ospitati da un’amica di Anka che scriveva libri di fiabe per bambini. Per scrivere utilizzava la sua lingua madre, così da contribuire a mantenere in vita il linguaggio sami. Sua figlia stava facendo un tirocinio come avvocato; ambiva a lavorare nell’amministrazione locale di Karasjok. Da loro avevo appreso qualcosa in più sulla storia del popolo sami, purtroppo 35


non meno terribile rispetto alle storie di altre popolazioni indigene venute a contatto con il mondo “civilizzato”. La prima notte che ero lì, avevo sognato di andare a caccia di renne insieme al Vecchio. L’ambientazione era strana, con un edificio dal tetto curvo e inclinato che ricordava un trampolino da sci. E a un certo punto, continuando la caccia, ci ritrovavamo di fronte un enorme trampolino proprio nel mezzo della città, completamente fuori posto. La mia guida sciamanica mi stava insegnando a cacciare. Di lì a poco riuscivamo a catturare e uccidere una renna; le strappavamo il cuore dal petto e lo mangiavamo. Io ero vegano già da molti anni: mangiare il cuore di una renna era una deviazione alquanto sorprendente dalle mie abitudini alimentari! Ma il Vecchio mi aveva parlato a lungo del rapporto tra la renna e il popolo sami, spiegando che era simile alla relazione che avevano gli indiani delle Grandi Pianure nordamericane con il bisonte. La renna, per i sami, era un animale sacro; cacciarla e mangiare la sua carne era un esplicito segno di benvenuto su quella terra. Il giorno successivo, Anka aveva deciso che era il momento di telefonare al Vecchio per chiedergli se potevamo andare a trovarlo. Lui non parlava inglese, ma dal tono della voce non mi sembrò affatto contento. «Che sta dicendo?» domandai. «Vuole sapere quanti anni hai». «Trentanove». Anka glielo disse. Ci fu una pausa, poi la vidi allontanare il telefono dall’orecchio mentre lui abbaiava una risposta in tono burbero. «E allora?» «Ha detto: “Digli di tornarsene a casa”. Non ne può più di questi giovanotti che vanno da lui per tempestarlo di domande idiote. Dice che non vuole vederti». Non potei fare a meno di ridere. Non so perché; in effetti non c’era nulla di divertente. Avevamo percorso migliaia di chi36


lometri per andare da quell’uomo, e lui mi mandava via prima ancora di avermi incontrato. Eppure dentro di me provavo un senso di sicurezza. Per quanto mi riguardava, quella notte eravamo andati a caccia insieme. Chiesi ad Anka di riferirglielo. «E digli, per favore, che saremo da lui domani dopo l’ora di pranzo» aggiunsi. Si udì una risata, e Anka annuì col capo. «Dice che va bene. Ci incontreremo domani». «Prima prova superata» pensai soddisfatto. Per fortuna Anka mi aveva avvertito. Mentre riprendevamo il viaggio, lei si mise a cantare quello che in lingua sami si chiama yoik: un canto tradizionale attraverso cui gli esseri umani possono comunicare con qualunque spirito, che sia una persona, una pietra, un luogo o uno dei tanti spiriti che popolano quelle terre vaste e selvagge. Mi disse che stava cantando lo yoik del Vecchio, in modo che lui sapesse che ci stavamo avvicinando. Rimasi in ascolto, immergendomi completamente nella melodia. Una parte nel profondo di me riconobbe quel canto, e il mio cuore accelerò i battiti. Mentre avanzavamo verso sud, allontanandoci dallo chalet, con enorme stupore vidi proprio nel mezzo della città lo strano edificio e il trampolino da sci che mi erano apparsi in sogno. Tutto, in quel viaggio, mi sembrava in qualche modo familiare. Il confine tra sogno e realtà era indistinto, e in certi momenti non ero sicuro di essere veramente sveglio. Dopo non molto, svoltammo dietro un angolo e ci ritrovammo nello scenario che ormai da dieci anni conoscevo perfettamente. «È questo!» esclamai quasi urlando dalla gioia. «Mio Dio, ma è proprio vero?» Mi diedi un pizzicotto e guardai i palmi delle mie mani, come avevo imparato a fare nei sogni lucidi per distinguere la realtà dall’immaginazione. Le mie mani erano perfettamente normali, 37


quindi ero sveglio, sveglissimo, senza alcun dubbio. Eppure mi trovavo dentro il mondo dei miei sogni. Ecco laggiù la casetta di legno con la terrazza affacciata sul fiume. Anka accostò per parcheggiare. Il cuore mi batteva all’impazzata; tentai invano di respirare profondamente per calmarmi. Uscimmo dall’automobile e ci incamminammo verso la casa. Vidi il piccolo lavvu, una struttura quasi identica al tepee dei nativi americani, e la catasta di corna di renna, che ormai conoscevo bene come la mia stessa casa. C’era anche il piccolo altare rotondo di pietra. Sulla terrazza stava in piedi un omino, con lo sguardo rivolto verso il fiume. Non si girò subito. Alzò gli occhi verso il cielo, e in quel momento comparve una splendida aquila che lanciava il suo richiamo. Dopo aver risposto con un cenno del capo, l’uomo si voltò. Era lui. Proprio lui. Non credevo ai miei occhi. Dopo averlo raggiunto, Anka ci presentò: «Bikko Máhte Penta, questo è Ya’Acov Darling Khan. Ya’Acov, questo è Bikko Máhte». Stringendogli la mano, guardai negli occhi l’uomo che per tanti anni era stato la mia guida e la mia fonte di ispirazione. Lo conoscevo così bene, eppure non l’avevo mai incontrato prima. La mia mente si ribaltò in una serie di capriole, per poi atterrare stabilmente a testa in giù. In quel momento di profonda commistione tra il mondo dei sogni e la cosiddetta realtà, la mia vita cambiò per sempre. Quello che stava innegabilmente succedendo segnava la fine di ogni parvenza di controllo che la mia mente razionale si era tanto sforzata di mantenere. Ci sedemmo tutti e tre sulla panca di legno di Bikko Máhte. Mi ero preparato tanti discorsi, ma adesso sentivo che in realtà non c’era nulla da dire. Così, rimanemmo seduti sotto il cielo sconfinato e il freddo sole artico, mentre il fiume danzava accanto a noi e il vento cantava tra gli alberi. 38


YA’ACOV DARLING KHAN Ya’Acov Darling Khan ha sentito fin da giovanissimo il richiamo dello sciamanesimo, inteso come connessione concreta e tangibile con il mondo degli spiriti. Ha inseguito questo richiamo per tutta la sua vita adulta, studiando e praticando con molti talentuosi insegnanti dall’Amazzonia al Circolo Polare Artico. È stato riconosciuto come sciamano praticante da diversi sciamani anziani appartenenti alla tradizione europea dei sami e alle popolazioni amazzoniche achuar e sápara. Ya’Acov è il co-creatore della Movement Medicine, una pratica sciamanica corporea e contemporanea, e gestisce la School of Movement Medicine insieme a sua moglie Susannah. La scuola offre un programma completo di corsi in tutto il mondo e online, nonché un programma di apprendistato e una formazione professionale. Dal 1989 gira il mondo per incoraggiare migliaia di persone ad andare oltre i vecchi schemi e le aspettative limitanti, e scoprire se stesse e i propri talenti attraverso lo sciamanesimo corporeo. Il suo percorso lo ha portato a incontrare e collaborare con persone straordinarie. I suoi seminari di Movement Medicine, frequentati da persone di ogni genere, hanno un approccio pratico e contemporaneo capace di donare ispirazione e nuovo potere. Insieme a Susannah, Ya’Acov ha scritto il libro Movement Medicine: How to Awaken, Dance and Live your Dreams (edito da Hay House) e prodotto il cd Movement Medicine cd 1. Potete ascoltarlo anche nei cd della Long Dance, 21 Gratitudes e Another 21 Gratitudes. Giaguaro nel corpo, farfalla nel cuore è il suo secondo libro. www.schoolofmovementmedicine.com



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