Alejandro Jodorowsky, Gilles Farcet - Universo Jodorowsky

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Alejandro Jodorowsky Gilles Farcet

UNIVERSO JODOROWSKY Conversazioni su vita, arte, psicomagia e altri imbrogli sacri Traduzione di Silvia Tusi

SPAZIO INTERIORE


Alejandro Jodorowsky, Gilles Farcet Universo Jodorowsky titolo originale: La tricherie sacrée traduzione: Silvia Tusi revisione: Elisa Picozza © 2009 Alejandro Jodorowsky © 2017 Spazio Interiore Tutti i diritti riservati Edizioni Spazio Interiore Via Gabrino Fondulo, 59 • 00176 Roma www.spaziointeriore.com redazione@spaziointeriore.com progetto grafico Francesco Pandolfi illustrazione in copertina Michela Filippini I edizione: maggio 2017 ISBN 978-88-97864-98-1


indice

universo jodorowsky, quindici anni dopo . . . . . . . . . . . . . . 7 Prefazione di Gilles Farcet universo jodorowsky, 1989 Sotto il sole di Jodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 Dialogo del 1989 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Postfazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 ritorno all’universo jodorowsky, 2004 Il cammino della bontà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 Dialogo del 2003 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 c’era una volta jodo: testimonianze Premessa di Gilles Farcet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119 Il bravo dottore del rock . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 Intervista con Philippe Manœuvre

L’archetipo del padre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129 Intervista con Coralie Trinh Thi

L’ostetrico da un mondo all’altro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145 Intervista con François Boucq

Un grande senso del prossimo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163 Intervista con Arnaud Desjardins


La vocazione di una coppia è produrre una coscienza . . . . . . . 169 Intervista con Marianne Costa

Una vicinanza spietata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193 Intervista con Adan Jodorowsky

epilogo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203 Un piccolo atto di bontĂ


universo jodorowsky, quindici anni dopo Prefazione di Gilles Farcet

Nell’autunno del 1989 la casa editrice Dervy pubblicava La tricherie sacrée. Entretiens avec Gilles Farcet,1 un piccolo libro composto da conversazioni spontanee tra me e Alejandro Jodorowsky. Questo libretto ha conosciuto un destino sorprendente e non cessa, senza troppo clamore, di trovare nuovi lettori nel corso degli anni. “Jodo” aveva già una solida reputazione come sceneggiatore di fumetti, che lui si ostina a chiamare col loro nome americano: comics. Era altresì famoso, sia in Francia, suo paese d’adozione, che oltreoceano, come cineasta di culto, autore di film d’avanguardia. Lo era meno come particella libera e geniale della spiritualità. Particella libera e geniale sì, perché come altro definire quest’uomo? Tarologo? Ma non è soltanto questo, anche se le consultazioni oggi proposte nei numerosi caffè alla moda prendono le mosse dal suo Cabaret mistico e sono spesso organizzate dai suoi emuli. 1. Letteralmente, il titolo originale del libro significa: L’imbroglio sacro. Conversazioni con Gilles Farcet. In questa versione italiana abbiamo però scelto di intitolare l’opera Universo Jodorowsky. Conversazioni su vita, arte, psicomagia e altri imbrogli sacri, per trasmettere con immediatezza al lettore la molteplicità e poliedricità dei suoi contenuti. Le vere e proprie confidenze di Alejandro Jodorowsky, sollecitate dalle sapienti domande di Gilles Farcet, unitamente alle testimonianze di parenti e amici del geniale cileno, ricreano a beneficio del lettore lo stupefacente quanto caleidoscopico Universo della vita, della personalità e delle innumerevoli esperienze di Jodorowsky. [N.d.E.]

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Maestro spirituale? Anche se lui stesso ama descriversi come «un povero guru sfruttato dal business spirituale», Jodo non è e non si considera un maestro nel senso tradizionale del termine. Non appartiene ad alcun particolare lignaggio, anche se fa spesso riferimento ai maestri che ha incrociato sulla sua strada, come il Roshi zen Ejo Takata, la stregona Pachita o il misterioso Castaneda. Proprio come spiega in uno dei nostri dialoghi più recenti, quando si rende conto che una persona venuta per consultarlo avrebbe bisogno di entrare in contatto con un maestro spirituale, lui la orienta verso Arnaud Desjardins, perché non si considera adatto a proporre un cammino. Esoterista straordinario? Guerriero sempre pronto a estrarre dal cappello un atto psicomagico? Stregone atipico? Illusionista trascendentale? Ciarlatano sublime? In verità, in materia di percorso spirituale – come del resto in tutti gli aspetti della sua vita incredibilmente ricca – Jodorowsky è un essere fuori dal normale, uno di quei personaggi la cui esistenza è essa stessa un romanzo iniziatico. Per quanto la sua creatività sia rigogliosa e varia, è proprio su una vita interiore, un percorso propriamente spirituale che essa si fonda. Di questo percorso, il presente libro è stato la prima testimonianza decisamente importante. Giunto come un piccolo miracolo, questo libro è stato concepito quando il protagonista stava compiendo sessant’anni e per lui ha in qualche modo inaugurato una nuova era. Continuando a portare avanti le sue attività artistiche – essenzialmente i comics – Jodo si è fatto conoscere sempre di più da un certo pubblico per la sua dimensione di “mago”, come si era soliti dire a volte di Gurdjieff – con il quale ha in comune l’aver influenzato numerosi artisti – e come attestano le testimonianze che compaiono nella terza parte del presente volume. Universo Jodorowsky è stato anche il preludio a un altro libro realizzato a quattro mani, Psicomagia. Una terapia panica,2 nel 2. A. Jodorowsky, Psicomagia. Una terapia panica, Feltrinelli 1997.

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quale Alejandro ha avuto l’occasione di sviluppare la sua visione psicomagica. Vorrei qui condividere qualche ricordo dell’epoca successiva all’apparizione di quest’opera. Vedo Alejandro e Arnaud Desjardins nel momento del loro primo incontro, che ha avuto luogo nel mio domicilio parigino di allora. Mi ricordo un Arnaud sempre uguale a se stesso ma curioso, in veste di ex regista, di conoscere un cineasta, e altresì interessato, come discepolo sulla via – per quanto eserciti la funzione di maestro, Arnaud si vede infatti prima di tutto come discepolo – all’idea di avvicinare un personaggio fuori dal comune di cui aveva intuito la profondità attraverso la lettura proprio di questo libro; e rivedo un Alejandro che all’inizio della serata fa il timido, raccolto in un angolo nel suo costume viola, e che ripete in tono candido: «Io sono così... così impressionato di incontrare un essere come Arnaud! Io non sono che un pover’uomo, che fortuna inestimabile per un pover’uomo come me...» Il ghiaccio si è sciolto velocemente e la timidezza ha ceduto il posto a un Jodo in gran forma sotto gli occhi di un Arnaud raggiante di contentezza. Il cileno ispirato intraprende così un lungo discorso, a tratti incomprensibile quanto accattivante, a proposito delle Tartarughe Ninja – nelle quali all’epoca lui vedeva un’epopea esoterica («Tu comprendi, vero? Tutta l’esplicazione del mondo di oggi passa per le Tartarughe Ninja») – fino ai suoi ricordi di Keith Carradine – l’eroe del Kung-Fu – che gli faceva una fracassante dimostrazione di karate nel suo salone di Los Angeles, per ritornare infine al suo incontro magico con Castaneda... Quando, il mattino successivo, ho incontrato Arnaud dal suo editore, lui, che è sempre così misurato, prudente e non molto impressionabile – come colui che ha frequentato da vicino alcuni dei più grandi pilastri spirituali del secolo – mi dice con un sorriso da fanciullo: «La notte porta consiglio; lo confermo, sono meravigliato da questo Jodorowsky...» 9


È stato l’inizio di una relazione basata sul rispetto reciproco. Come ama dire Alejandro: «Ci si incontra reciprocamente nella propria onestà». E visto che siamo in argomento di guide spirituali, mi ricordo anche quel giorno di aprile del 1992 in cui arrivò Lee Lozowick, maestro americano e cantante rock’n’roll oggi relativamente conosciuto nel nostro Paese ma all’epoca totalmente sconosciuto. Appena sceso dall’aereo che lo portava dall’Arizona al suo primo soggiorno nel nostro paese, da me organizzato con estrema cura, mi apostrofò con aria risoluta: «Non voglio riposarmi. No rest! Voglio l’azione!» Poiché le persone che arrivano da un viaggio di circa quattordici ore, appesantito pure dal fuso orario, di solito aspirano soprattutto a cominciare il loro soggiorno dolcemente, avevo creduto fosse meglio non prevedere nulla di particolare per quella prima sera. Quindi, che cosa avrei potuto proporre? Come improvvisare ore stimolanti per un guru americano frenetico e il suo entourage di allievi, famiglia e amici? (Lui viaggia sempre con almeno una dozzina di persone...) La soluzione balenò improvvisa ed evidente: Jodo! A chi altri potevo telefonare all’improvviso per portargli in men che non si dica una tribù di americani adepti del rock sciamanico? «Hallo Alejandro?» «Ma certo, un guru americano! Portali ora, vi aspetto qui da me...» Fu così che Lee e il suo entourage passarono la loro prima sera parigina a Vincennes con una compagnia molto creativa poiché, oltre al maestro del luogo, trovammo lì nientemeno che Mœbius e Boucq, due maestri di comics riuniti con il loro sceneggiatore, mentore e amico. Ci sedemmo in cerchio sui cuscini in una parte della casa e improvvisammo una sorta di atelier spontaneo, guidati con brio da Jodo in un inglese fluente e canterino quanto il suo francese. Ognuno parlò della sua pratica, del suo modo di lavorare fino alla conclusione formulata da 10


Alejandro, tipica del suo humor sempre serio: «The problem is: we all agree!» («Il problema è che siamo tutti d’accordo!») La fine della serata vide Mœbius e Boucq piegati ognuno su un foglio di carta poggiato a terra, in procinto di fare un disegno per Lee; disegno oggi appeso nel refettorio del suo ashram in Arizona. Di questo periodo ricordo anche il momento di panico quando constatai che Jodo sembrava ignorare l’uso dell’agenda e non annotava niente, cosa che ci metteva – quando dovevamo assicurare impegni pubblici comuni – in situazioni decisamente destabilizzanti, anche se sempre istruttive. Se oggi può contare su Marianne, colei con cui condivide la sua vita, per ricordare i suoi appuntamenti, all’epoca non aveva una compagna stabile che badasse a queste cose. Così a volte mi capitava di dover far attendere una sala con parecchie centinaia di persone venute per lui e di andare a stanare Jodo – che aveva semplicemente dimenticato tutto – pregando che non fosse volato in Messico o partito per qualche altra avventura... Qualche immagine ancora, alla rinfusa: Jodo che consulta il suo magnifico diario dei sogni, un’enorme raccolta colorata in cui annota la sua vita onirica, da cui cade improvvisamente una lettera che, nel momento in cui la raccolgo, si scopre essere di John Lennon... Jodo al salone Marjolaine, che si pianta davanti a una sala conferenze piena di gente venuta, a causa di un errore di programmazione, ad ascoltare il dottor Woestlandt e che dichiara, regale: «Ascoltate... Io non sono quel dottor Westphaler per il quale voi siete venuti. Ma la persona non ha importanza. Io non volevo venire al Marjolaine, ma sono qui. Allora, visto che tanto sono qui, voi fate come se io fossi questo dottor Wiesen-Wiesen e ponetemi le domande. Io vi risponderò come se fossi tale dottor Wouf-Wouf...» Alla fine, quello che poteva trasformarsi in un relativo disastro finì in trionfo, con Jodo conteso dalla folla di nuovi ammi11


ratori in fila allo stand in cui si poteva trovare il libro di colui che il pubblico, inizialmente, attendeva: «Anche io comprerò il libro di questo dottor Westphallus...» Jodo che in pubblico sovverte tutte le regole dello “spiritualmente corretto” e improvvisa un atto psicomagico per dare una lezione a un’organizzatrice di conferenze che percepiva come avida (un episodio che racconterà lui stesso nel corso dei nostri dialoghi). Jodo che racconta di scherzi birichini e ne tira fuori un significato esoterico finendo per farci un libro, La sagesse des blagues (“La saggezza degli scherzi”)... Jodo che officia al suo Cabaret Mystique, davanti a un’ampia folla di aficionados venuti al solo scopo di partecipare a questo atelier rutilante e gratuito... Ad ogni modo, per me una cosa è certa: quali che possano essere i molteplici e a volte disorientanti aspetti del suo personaggio, Jodorowsky è un uomo buono, un genio gentile animato da un’intenzione generosa. E ora veniamo a questo libro: edizione ampliata della versione originaria apparsa nel 1989, Universo Jodorowsky oggi si compone di più parti. Conclusa questa prefazione, oggi il libro racchiude il testo integrale e non modificato della versione iniziale, comprese l’introduzione e la breve postfazione dell’epoca, seguito da un nuovo e più breve dialogo tra noi, nel quale facciamo il punto di questi quindici anni, e ulteriormente arricchito da una terza parte, che si compone di alcune testimonianze. Le prime sono quelle di quattro personaggi molto differenti tra loro che tuttavia hanno in comune l’essere stati segnati, per un motivo o per l’altro, dal loro incontro con Jodorowsky: ci tengo quindi a ringraziare Philippe Manœuvre, Coralie Trin Thi, François Boucq e Arnaud Desjardins che hanno voluto consacrarmi un po’ del loro tempo per rendere omaggio a Jodo. Credo che queste testimonianze siano davvero preziose per 12


delineare e mostrare ancora meglio la dimensione e l’universalità del personaggio. Ci sono poi le confidenze della sua compagna Marianne Costa e di uno dei suoi tre figli viventi, Adan. E infine, un’ultima piroetta jodorowskiana in cui l’intervistatore diventa l’intervistato. Ci tengo a ringraziare Lila Faure per il suo prezioso lavoro di sistemazione del testo della prima edizione e le Edizioni Dervy che hanno dato nuova vita a questo libro. Che la festa continui! Gilles Farcet

Charmes, gennaio 2004

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dialogo del 1989

gilles – Alejandro, tu mi sembri un personaggio straordinario, di quelli che si trovano nei romanzi d’avventura o nei racconti iniziatici. Cineasta, uomo di teatro, tarologo, sceneggiatore di fumetti, romanziere... sfuggi a tutte queste etichette per andare oltre, in uno spazio in cui il fantastico permea il quotidiano. Se non mi sbaglio oggi hai sessant’anni, giusto? jodo – Sessant’anni, esattamente! gilles – Chi sei a sessant’anni, Alejandro Jodorowsky? jodo – Bueno... è una domanda molto semplice e molto complicata. In generale non si guarda a se stessi in modo rigido, a partire da un punto fisso sul quale si è deciso di fermarsi. Ma si può portare su di sé uno sguardo per così dire preistorico, provare a vedere chi si era prima ancora di essere nati... Si può giudicare cosa si è stati dal punto di vista del dinosauro, del fiume, dell’albero, del magma. Ci si può giudicare dal punto di vista del creatore. Ci si può anche domandare cosa accadrà dopo la morte... Vedersi come un vecchio di mille, diecimila, trentamila anni... Oppure con i tratti di un essere eterno. Io mi vedo come un essere eterno. È una cosa che ho appreso. Ho superato la morte e mi vedo come l’essere collettivo che sarò, appartenente alla vita universale. Ecco come mi giudico. Ciò 27


vuol dire che io non mi giudico! Io mi amo! Ho un grande amore per me stesso. Non un amore narcisistico: ho un grande amore per me in quanto opera divina. Mi sento continuamente meravigliato di fronte a questa vita che sono, nel momento presente, qui e ora. Mi meraviglio di questa splendida illusione, questo gioco incredibile. Quindi, in effetti, io non ho età... Ma non ho nemmeno più un nome, ecco la verità. Del resto, non sono un essere umano ma una particella, un frammento della totalità. Capisci, è una questione di punti di vista. Tutto dipende da dove mi metto. Tu mi dici che ho sessant’anni; ma chi ha sessant’anni? L’universo non ha sessant’anni, ha un milione di anni. A volte ho un istante, altre un milione di anni. Parlo sinceramente. So che tutto questo può apparire come una specie di follia, ma quando si lavora su di sé, quando si estendono i propri limiti mentali, si arriva a sentire queste cose qui. Certamente porto in me un clown: questo clown ha sessant’anni e la sua esistenza è effettivamente cominciata nel 1929. È un poeta, un saltimbanco della vita. Lo amo molto e provo tanta compassione nei suoi confronti. Provo compassione anche per il mio corpo. Mi sento come un principe vestito da rospo. Vedo cadere i miei denti con la stessa melanconia che mi assale quando guardo le foglie morte durante l’estate indiana in Canada. Mi vedo con le rughe, mi vedo ingrassato. È un fenomeno che osservo accadere, come se mi trovassi di fronte a un paesaggio. Penso che vedrò passare la mia morte allo stesso modo, come un meraviglioso fenomeno naturale. È stupendo essere incarnati in un essere umano! È anche un grande divertimento, qualche cosa di molto comico. I drammi peggiori sono comici... In ogni caso, quando ci si sente come una creazione divina, non ci si può sentire che bene. gilles – Se si entra in questa logica siamo tutti delle creazioni divine, eppure lungi dal sentirci bene! Com’è possibile che tu, Alejandro, goda di questo privilegio? 28


jodo – Ho lavorato tanto per arrivarci, capiscimi! Non ho fatto che questo... Ho cominciato praticamente dalla nascita. Figlio di immigrati, sono nato nel Cile del nord... Ero buono, è un fatto; avevo questa qualità, che si accompagnava al desiderio di raggiungere una cristallizzazione spirituale. gilles – Hai provato tutto questo molto presto, già nella prima infanzia? jodo – Sì, molto presto... Mi ricordo una volta, a sei o sette anni, seduto davanti la porta del negozio di mio padre, che vendeva biancheria da donna. Stavo mangiando una banana. Un bimbo povero è passato correndo e ha strappato il frutto dalle mie mani. Non ho pianto, ma ho sentito pietà per quel bambino. E il giorno seguente mi sono seduto di nuovo con una banana, in attesa che me la rubasse. Il mio motore, quindi, è stato da subito la bontà. Allo stesso tempo, mi ponevo tutte le domande abituali: perché bisogna morire? Dio esiste? A diciott’anni, la coscienza della mia natura mortale mi è crollata sulla testa come un masso. Prima non me n’ero mai reso conto davvero. E sono andato per le strade urlando e piangendo che non volevo morire! A partire da quel momento, è stato necessario dissipare la mia angoscia. gilles – Hai ricevuto un’educazione religiosa? jodo – Per niente, anzi sì: sono stato cresciuto nella religione dell’ateismo. Mio padre era un fanatico della non-credenza, oppositore di tutte le concezioni spirituali dell’esistenza. Ecco da dove sono partito. Mi è toccato colmare questo vuoto ed esplorare il mio essere. Allora mi sono travestito, come un clown, e ho esercitato diversi mestieri come se ogni volta indossassi un costume: mi sono mascherato da marionettista, comico di music-hall, regista di teatro e di cinema, poeta, romanziere, autore di fumetti, artista, e via! 29


gilles – Sei stato da subito attirato dalla dimensione artistica dell’esistenza? jodo – Sì, dal teatro e dalla letteratura. Sono andato all’università come qualsiasi altro idiota, e poi ne sono stato disgustato. Allora ho cominciato la mia vita artistica, alla quale si è successivamente aggiunta la mia vita familiare. Anche la famiglia per me è stata una scuola, un lavoro di conoscenza di sé. E c’è voluto circa mezzo secolo affinché mi sentissi veramente bene. Prima non ho cessato di cercare, di muovermi attraverso tutte le culture, di entrare in contatto con dei maestri... A quarant’anni ho cominciato a trovare me stesso ed è a cinquanta che mi è sembrato di basarmi su una verità acquisita. gilles – Rimaniamo per ora al periodo della tua formazione. L’educazione spirituale è andata di pari passo con l’esperienza artistica? jodo – Sì, i miei primi maestri furono cinque grandi poeti cileni che hanno formato il mio spirito artistico. È stata una fortuna essere nato in Cile. Prima delle catastrofi politiche era un paese di poeti, un paese magico, come un’isola. Si era racchiusi tra la cordigliera delle Ande e l’oceano Pacifico, in un’atmosfera molto surrealista di follia collettiva. Nel pomeriggio, terminato il lavoro, i cileni si ubriacavano e la vita diventava una festa. Ci si immergeva in un clima di caos e di euforia totale. gilles – A che età hai lasciato il Cile? jodo – A ventitré anni. gilles – Cos’hai fatto fino alla tua partenza? jodo – All’inizio mi sono accanito a scrivere, ho cercato di in30


contrare poeti che affinassero il mio spirito artistico. Con loro ho appreso come recuperare la mia bellezza, quella che ognuno di noi porta dentro di sé. Poi, durante l’università, ho fatto il clown da circo. Ci si impegnava a rappresentare l’atmosfera della nostra epoca: i professori di filosofia non esitavano a comportarsi anche loro come dei clown, a rotolarsi per terra davanti agli allievi... La rivoluzione sessuale aveva avuto luogo in Cile molto prima che accadesse in tutto il resto del mondo... Era una festa permanente. Poi, dopo aver abbandonato l’università, mi sono dato alle marionette. Ho fondato il mio teatro, al quale si è aggiunto un coro universitario di ottanta persone. Il governo ci ha prestato una nave da guerra nella quale abbiamo potuto percorrere la costa settentrionale del Cile. Facevamo il giro delle compagnie minerarie: il coro cantava, poi io mettevo in scena la mia rappresentazione per gli operai e i loro figli. gilles – Qual era il tema degli spettacoli? jodo – Mi ispiravo ai testi di Garcia Lorca, oppure inventavo storie già molto simboliche. Ricordo la storia di una donna che si innamorava di un uomo la cui testa era uno specchio: per meglio dire, si innamorava del suo riflesso! Avevo anche immaginato di mettere in scena un minotauro-Cristo, con il coro dei clown Socrate e Platone. gilles – Sei rimasto marionettista fino all’età di ventitré anni? jodo – No, perché dopo tre anni consacrati alle marionette ho scoperto l’importanza degli attori in carne e ossa. Mi sono reso conto che la qualità di un attore era legata non tanto a quello che diceva quanto al sentimento che vi metteva. Ho cominciato a fare del teatro muto, della pantomima, fondando una compagnia che esiste ancora oggi. Sono arrivato a essere una grande celebrità in Cile, a capo di una troupe di quaranta persone. Ab31


biamo percorso il Paese... Ho svolto questo ruolo fino a quando non è sopravvenuta in me una crisi decisiva. In un dato momento, ho visto che avevo sfruttato tutte le possibilità offerte dal Cile e che, per andare avanti, occorreva partire. Ero giunto al limite massimo e non potevo più apprendere grandi cose. gilles – Sei arrivato molto giovane a ciò che molti cercano di ottenere in tutta la loro esistenza: vivevi ottimamente della tua arte, aveva conquistato un posto. jodo – Sì, come ho detto ero affermato. Avevo praticamente sistemato la mia vita. Ero fidanzato, non mi restava che sposarmi, fare dei figli e gioire della mia fama. Ma ciò mi appariva come un punto morto. Un giorno, bruscamente, ho annunciato alla mia compagnia che me ne andavo, lasciandogli tutto: possedevo un grande atelier, decori, costumi. Sono partito abbandonando tutti questi beni, con grande scandalo. Ho gettato il mio quaderno di indirizzi nel mare, distrutto tutte le mie foto... Ecco perché oggi non dispongo di alcuna immagine di me durante l’infanzia o l’adolescenza. Volevo che non restasse nulla. Non ho mai più rivisto né mio padre, né mia madre, né i miei amici dell’epoca... In realtà, soltanto ultimamente ho ritrovato mio padre, che ha ottantotto anni. A quell’epoca tagliai tutti i ponti e partii senza guardarmi indietro. gilles – La tua storia mi fa pensare a quella dei sannyasin, i monaci induisti che bruciano il documento d’identità, i vestiti, tagliano tutti i legami familiari e se ne vanno in giro senza meta. jodo – Sì, fu davvero un modo per chiudere con la vita e rinascere. gilles – Ciò va ben al di là della sensazione di stagnare professionalmente; tu hai vissuto una sorta di “morte a se stessi” di ordine mistico. 32


jodo – Esatto. Soffrivo enormemente di non trovare il divino, di non scoprire in me stesso l’amore cosmico. gilles – Sapevi che il divino esisteva? jodo – Volevo che esistesse! Da un lato non ci credevo, a causa della mia educazione. Pensavo di non raggiungere mai la fede. Dall’altro, aspiravo disperatamente a incontrare il divino. Vivevo nella paura costante della morte, tutto il mio essere si rivoltava alla prospettiva del trapasso. Cercavo una risposta, ma non la trovavo. Però occorre dire che all’epoca, all’inizio degli anni Cinquanta, ignoravo tutto dei mistici orientali, dello zen. gilles – Sai che il mistico indù Ramana Maharshi ottenne l’illuminazione dopo aver provato una terribile angoscia pensando alla morte? jodo – Ah sì? Ricordo il mio primo attacco di terrore di fronte alla morte, dopo una meravigliosa notte di festa in Cile. Dovevo avere diciannove anni. La nostra casa era bruciata, solo la mia camera era stata risparmiata! Con i miei amici avevamo allora fatto una festa immensa, la festa dell’incendio. Mi sono presentato con un mantello in fiamme, mascherato da incendio. All’incirca verso le tre o le quattro del mattino eravamo tutti ubriachi e ci siamo ritrovati al mercato a mangiare del formaggio. Nuotavo nella felicità. In un istante mi sono reso conto che tutti i miei amici sarebbero morti, che la città intera sarebbe morta, che la Terra e le stelle sarebbero morte... niente sarebbe stato risparmiato, soprattutto io. Fu una sorta di illuminazione negativa. Bruscamente tornato alla realtà, ho visto come la città fosse immersa nell’angoscia, quanto coloro che mi circondavano fossero preda di questa paura senza tuttavia farvi fronte. Da quel giorno, mi è toccato entrare in contatto con il divino per calmare il mio terrore. 33



Alejandro Jodorowsky, cileno, vive attualmente a Parigi. Cineasta, scrittore, autore di fumetti, saggista, drammaturgo, regista teatrale e studioso di tarocchi, ha creato il movimento Panico e ha girato film culto quali La montagna sacra, El Topo e Santa Sangre. Negli anni Novanta ha iniziato a studiare i Tarocchi di Marsiglia e a leggerli gratuitamente in un cafĂŠ di Parigi, consigliando il compimento di atti psicomagici, attraverso i quali dialogare con l’inconscio e sciogliere nodi e paure legate a traumi familiari. Â



Gilles Farcet, giornalista, scrittore, editore, musicista e produttore di France Culture, ha intervistato nell’arco della sua vita personaggi di rilievo tra cui Lawrence Durrell e Allen Ginsberg. Allievo di Arnaud Desjardins, porta avanti il messaggio del suo Maestro sia nell’ashram da questi creato a Hauteville, sia a Parigi e in Austria, sua attuale residenza.


Philippe Manœuvre è un giornalista e conduttore televisivo francese, specializzato in musica rock. È stato redattore capo delle riviste Métal Hurlant e Rock&Folk.

Coralie Trinh Thi è un’attrice porno, regista e scrittrice francese, nota per aver diretto il film Baise-moi e aver vinto il premio Hot d’Or, nel 1996, come migliore attrice porno europea.

François Boucq è un fumettista francese. Creatore di Jérôme Moucherot, Les pionniers de l’aventure humaine e Les Dents du Recoin, ha collaborato con le riviste Pilote e Fluide Glacial.


Arnaud Desjardins, formatosi con alcuni grandi maestri della filosofia induista, è stato un maestro occidentale e scrittore molto noto in tutta Europa.

Marianne Costa è una poetessa, scrittrice e attrice francese. Conduce seminari di Fictions Réparatrices, una disciplina a metà strada tra il lavoro su di sé e l’esplorazione artistica.

Adan Jodorowsky è musicista, cantante, attore e regista.



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