Gareth Knight - Tarocchi e magia

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Gareth Knight

TAROCCHI E MAGIA Il tesoro delle immagini Prefazione di Emanuele Mocarelli Traduzione di Mariavittoria Spina

SPAZIO INTERIORE


Gareth Knight Tarocchi e magia titolo originale: Tarot & Magic traduzione: Mariavittoria Spina revisione: Patrizia Giuliodori © 1986, 2012, Gareth Knight © 2016 Spazio Interiore Tutti i diritti riservati Edizioni Spazio Interiore Via Gabrino Fondulo, 59 • 00176 Roma www.spaziointeriore.com redazione@spaziointeriore.com Copertina a cura di Francesco Pandolfi I edizione: febbraio 2017 ISBN 88-97864-96-7

Sebbene siano state prese tutte le possibili precauzioni durante la preparazione di questo libro, l’editore non si ritiene responsabile per eventuali errori o omissioni, né per eventuali danni provocati dall’utilizzo delle informazioni ivi contenute. La pubblicazione di tale opera, in nessuna sua parte può essere considerata quale invito alla sperimentazione di tali tecniche e sostanze, né alla violazione di alcuna norma del vigente ordinamento giuridico, nazionale e internazionale.


indice

Prefazione di Emanuele Mocarelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 Capitolo 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 l’evoluzione dei tarocchi Capitolo 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 l’immaginario degli onori dei tarocchi Capitolo 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

il linguaggio delle immagini nella disposizione dei tarocchi

Capitolo 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143

il percorso iniziatico dei tarocchi

Capitolo 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163

rituali e divinazione con i tarocchi

Capitolo 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179

viaggio al centro: lavorare con gli archetipi

Capitolo 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249

l’albero mistico dei tarocchi

Capitolo 8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259

immagini e numeri degli arcani minori

Capitolo 9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 277

la quadruplice struttura degli arcani maggiori


Capitolo 10

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Capitolo 11

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Capitolo 12

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un approccio narrativo agli arcani minori preparativi per la divinazione metodi divinatori


A mia madre e a mio padre ovunque siano nel viaggio verso la Terra del Desiderio del Cuore



prefazione

di Emanuele Mocarelli

Storie infinite: Gareth Knight e i Tarocchi Il rapporto di Gareth Knight con i Tarocchi inizia nei primi anni ’60 del secolo scorso. All’epoca, in verità, “Gareth Knight” non era ancora nato, e l’Autore firmava con il nome anagrafico: Basil Wilby. Un editore americano contattò la Society of Inner Light, associazione iniziatica fondata da Dion Fortune, per ristampare due titoli della celebre occultista, chiedendo contestualmente introduzioni aggiornate: il compito di scriverle fu rifilato al giovane Wilby, che svolgeva gratuitamente il ruolo di bibliotecario part-time presso la Society, cui era affiliato dal 1953. Con esito positivo, evidentemente, se l’editore gli commissionò subito dopo un libro sull’Albero della Vita che includesse una trattazione approfondita dei 22 sentieri che collegano le Sefirot: era necessario, quindi, affrontare lo studio dei Tarocchi, che però non godevano di ottima reputazione nella Londra occultista dell’epoca. L’Autore racconta che gli fu addirittura impossibile reperirne un mazzo e che si trovò quindi costretto a basare il proprio lavoro su una descrizione storico-comparativa delle carte da lui stesso compilata bibliograficamente. Wilby scelse di adottare, ripristinandole, le corrispondenze simboliche stabilite dall’Ordine della Golden Dawn. Il risultato di questo studio furono i due volumi della ponderosa opera prima del 9


trentacinquenne Gareth Knight, A Practical Guide to Qabalistic Symbolism, pubblicati nel 1965, l’anno che vide la fine del Concilio Vaticano ii e l’inizio della disastrosa escalation della Guerra del Vietnam. Oggi questo testo pionieristico – leggermente farraginoso – viene considerato un imprescindibile complemento di The Mystical Qabalah, il capolavoro di Dion Fortune dato alle stampe esattamente trent’anni prima; eppure non si dovrebbe dimenticare che Fortune non mostrò mai interesse per i Tarocchi e, nell’unico articolo sulla divinazione da lei pubblicato, preferì trattare della geomanzia. Tanto più interessante, quindi, ricordare che il progetto iniziale elaborato da Knight, poi ridimensionato per motivi economici, aveva il titolo più ambizioso di A Practical Guide to Occult Symbolism e prevedeva che ai due volumi fosse allegato un mazzo di Tarocchi esoterici: una decisione del tutto innovativa dell’Autore, convintosi nel frattempo che adoperare fisicamente le carte fosse indispensabile per lo studioso serio di Cabala. Knight in effetti progettò e fece illustrare dall’artista olandese Sander Littel un bellissimo mazzo, riuscendo però a darlo alle stampe solo vent’anni dopo. Nel frattempo, gli anni ’70 videro l’esplosione di una vera mania tarologica, con concomitante alluvione di prodotti di dubbia qualità. L’uscita tardiva del pregevole ma sfortunato incunabolo, il Gareth Knight Tarot (1984), passò quasi inosservata. Wilby era anche editor della coraggiosa rivista New Dimensions, da lui stesso fondata nel 1963. Il programma della pubblicazione, di cui uscirono sedici numeri, era di «promuovere una più ampia comprensione di ciò che l’occultismo rappresenta, e di aprire la via all’unità di intenti di tutte le scuole esoteriche». Basterebbero queste due imprese seminali a giustificare il ruolo di primo piano giustamente riconosciutogli nella storia dell’esoterismo del secondo Novecento. Fa tanto più piacere aggiungere che nel mezzo secolo trascorso Knight ha alacremente sviluppato la propria ricerca, dando alle stampe oltre quaranta

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titoli, molti dei quali divenuti testi di riferimento e tradotti nelle principali lingue europee; ancora oggi pubblica mensilmente posts: ne ho appena letto uno, datato 6 novembre 2016, dove si racconta con verve la vicenda dei contatti di Maître Philippe de Lyon, venerato taumaturgo – nonché Maestro di Gérard Encausse – con la famiglia dello Zar. Il lettore italiano può legittimamente chiedersi la ragione della quasi totale assenza di un autore di tanto rilievo dagli scaffali delle nostre librerie (uniche eccezioni La tradizione segreta nella leggenda arturiana e Tecniche occulte di magia pratica, ormai introvabili). Azzardo una risposta semplice. Basil Wilby, a.k.a. Gareth Knight, è un mago e un cabalista cristiano. Pur essendo il più autorevole erede e interprete del lascito della Fortune, di cui ha curato nel tempo la pubblicazione completa e criticamente accurata, non ha mai nascosto la propria vicinanza alle posizioni di C.S. Lewis, e ha alimentato la propria carriera di esoterista mediante un serrato dialogo con il sacerdote e poeta Anthony Duncan, come egli stesso racconta in Christ and Qabalah. Abbiamo dunque a che fare con un pensatore scomodo: un maestro capace di incarnare la tradizione magica con autorevolezza che trova oggi pochi (forse nessuno) termini di confronto, e che al tempo stesso rivendica il diritto di valorizzare le radici occidentali di questa tradizione, in aperta polemica con il seducente quanto sfocato sincretismo new age, di ascendenza teosofica. Chi voglia approfondire le rilevanti implicazioni teoriche e magiche di tale prospettiva, potrebbe studiare con profitto il suo testo capitale, Experience of the Inner Worlds. A Course in Christian Qabalistic Magic, del 1975. A me però interessa riportare, come esempio tra i molti della pregnanza di questo approccio, il commento dell’Autore alla carta del Diavolo, nel testo che il lettore ha tra le mani: La mancanza di carte dipinte a mano suggerisce che nel periodo rinascimentale le qualità malvagie

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Capitolo 1

l’evoluzione dei tarocchi

I Tarocchi sono un sistema strutturato di immagini magiche. Non si conoscono precisamente il luogo e la data della loro origine, anche se le prove storiche ci portano al periodo di poco precedente al 1450. Secondo alcuni, tuttavia, i Tarocchi sono molto più antichi e affondano le loro radici nell’antico Egitto; ma sebbene molte delle loro figure, in quanto immagini archetipiche, possano avere dei legami con la più remota antichità, le caratteristiche particolari del sistema dei Tarocchi indicano che si tratta di un manufatto del periodo rinascimentale, con profonde radici nei giochi di carte che all’epoca stavano diventando molto popolari. I Tarocchi sono arrivati fino a noi come parte di un gioco di carte, e non sono antecedenti ai mazzi di carte ordinari. Il gioco delle carte venne introdotto in Europa subito dopo il 1375: i primi riferimenti a esso sembrano risalire al 1377, mentre la sua diffusione in tutta Europa avviene entro il 1400. Nel 1392 Carlo iv di Francia commissionò il disegno di un mazzo di carte, ma non ci sono prove che si trattasse di Tarocchi, sebbene per qualche tempo nella Bibliothèque Nationale quelle carte vennero confuse con i Tarocchi Gringonneur della metà del xv secolo. I Tarocchi sono caratterizzati dalle ventidue carte che oggi

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chiamiamo Onori,1 in origine chiamate Trionfi, i quali vengono nominati per la prima volta nel 1422, mentre il termine tarrochi, da cui deriva la parola tarocchi, non compare prima del 1516. Un’altra caratteristica dei Tarocchi, anche se molto meno conosciuta, riguarda l’introduzione della carta della Regina. In origine le figure erano Re, Cavaliere e Fante. Nei semi delle carte dei Tarocchi del Quattrocento venne introdotta la Regina che, nel corso del tempo, nei mazzi moderni di carte da gioco ha sostituito il Cavaliere presente nelle carte del Trecento. I semi in origine erano soltanto Spade, Bastoni, Coppe e Denari. Tuttavia, quando il gioco delle carte si diffuse in Francia, Svizzera e Germania, vennero introdotte delle modifiche nei semi, che poi furono accettate a livello nazionale e che abbiamo ereditato: sono Picche, Fiori, Cuori e Quadri nelle odierne carte francesi, apparse per la prima volta nel 1480. I semi di Foglie, Ghiande, Cuori e Campanelli delle carte tedesche e quelli di Scudi, Ghiande, Rose e Campanelli delle carte svizzere comparvero tra il 1430 e il 1460. I semi che associamo ai Tarocchi sono quelli italiani e sembrano aver avuto origine dalla dominazione turca in Egitto, con possibili radici in Persia o perfino in India. Alcune carte da gioco al Museo di Istanbul presentano dei semi di Spade ricurve o Scimitarre, Coppe, Denari e Bastoni curvi che potrebbero derivare dalle mazze da polo. Nella tradizione italiana del disegno dei semi esiste una forte tendenza a raffigurare spade e bastoni ricurvi con estremità a spatola, il che potrebbe derivare dalle carte degli egiziani mammalucchi, importate probabilmente attraverso Venezia. In esse compaiono tre Figure, ma disegnate in modo astratto a causa dell’iconoclastia musulmana che proibiva la riproduzione grafica di figure umane. 1. In inglese trump cards, dove trump deriva dalla parola italiana trionfi, ma che come locuzione assume il significato di “briscola” o “asso pigliatutto”, e quindi designa le carte dal punteggio più elevato, dette solitamente onori nei giochi di carte come il bridge. [N.d.T.]

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La teoria comune secondo cui furono gli zingari a portare in Europa sia le carte da gioco che i Tarocchi non sembra molto fondata, dal momento che gli zingari non arrivarono nel vecchio continente prima del 1417, periodo in cui il gioco delle carte era già noto da quarant’anni. Inoltre, la prima citazione dei Trionfi, sebbene di poco più tarda, sembra associata ai circoli degli aristocratici. In tutti i riferimenti agli zingari precedenti al xix secolo non si trova alcuna menzione del fatto che predicessero la fortuna attraverso le carte. La loro particolare specialità era invece la chiromanzia. In effetti, la predizione della fortuna con le carte non sembra aver avuto luogo prima della metà del xviii secolo, e l’utilizzo successivo da parte degli zingari sembrerebbe essere stato il risultato dell’influenza dei gorgio2 su di loro, e non il contrario. I primi esempi di Tarocchi o Trionfi che abbiamo risalgono all’incirca al 1450. In questo periodo la meditazione sulle immagini magiche era oggetto di grande interesse, a causa della traduzione delle opere ermetiche greche effettuata da Marsilio Ficino sotto il patrocinio di Cosimo de Medici. Si pensa che numerose opere di Botticelli siano state commissionate con intenti magici. Si potrebbero citare la Primavera, la Nascita di Venere e Venere e Marte come esempi di quadri con possibili riferimenti magici, mentre per la sua Fortezza, ovvero la Forza, Botticelli potrebbe essersi ispirato proprio agli Onori dei Tarocchi. Le carte dei Visconti-Sforza sono un esempio tipico dei numerosi mazzi di lusso, dipinti a mano e decorati in foglia d’oro, che perfino nelle mani dei principi più ricchi e amanti dello sfarzo sembra improbabile siano stati utilizzati per giocare a carte. Se si fosse trattato di oggetti d’arte ideati per essere esposti – e pare che fossero molto popolari come doni di nozze – avrebbero potuto essere usati anche per la meditazione, come immagini 2. Termine utilizzato dagli zingari per indicare le persone non gitane. [N.d.T.]

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magiche, da parte di coloro che erano a conoscenza della loro valenza esoterica. Perfino i papi a quei tempi si interessavano di magia, a volte con discreto entusiasmo. Uno dei metodi di magia naturale raccomandati da Marsilio Ficino era collocare in certi disegni o configurazioni lumi o altri simboli per contrastare le forze astrologiche infauste o i disordini psicologici; gli Onori dei Tarocchi sarebbero stati delle figure ideali da utilizzare a questo scopo. Comunque, tra il 1450 e il 1480, vi sono prove evidenti del fatto che, qualunque fosse il loro possibile utilizzo magico, i Trionfi erano entrati definitivamente in uso come carte da gioco. Un documento noto come Manoscritto Steele, risalente a quel periodo, riporta il sermone di un prete domenicano contro i mali del gioco d’azzardo; in tale sermone si elencano, in sequenza numerata, gli Onori dei Tarocchi. Vale la pena riportare quell’elenco, perché esso conferma che allora si utilizzavano le stesse immagini che sono arrivate fino ai giorni nostri. Scopriamo anche che si trovavano in una successione diversa rispetto a quella più tarda: 1) El bagatella 2) Imperatrix 3) Imperator 4) La papessa 5) El papa 6) La temperantia 7) L’amore 8) Lo caro triomphale 9) La forteza 10) La rotta 11) El gobbo

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12) Lo impichato 13) La morte 14) El diavolo 15) La sagitta 16) La stella 17) La luna 18) El sole 19) Lo angelo 20) La iusticia 21) El mondo 22) El matto sine nulla


Questa sequenza numerata è interessante perché costituisce l’unica prova di cui disponiamo dei nomi e dei numeri degli Onori in uso a quei tempi, nomi e numeri che non appaiono sulle prime carte dipinte a mano, né nei primi mazzi stampati risalenti all’incirca al 1475. Nella principale tradizione di disegni di carte dei Tarocchi, il primo mazzo non italiano che ci rimane è il mazzo Catelin de Geofroy del 1557. Si tratta di un manufatto stravagante, copiato da un mazzo di lusso disegnato dall’illustre incisore Virgil Solis nel 1544, con soltanto tre semi – leoni, falconi e pavoni – e con soli sette Trionfi sopravvissuti. Tuttavia, questo mazzo frammentario è storicamente rilevante perché i suoi Trionfi sono numerati secondo la sequenza che ai giorni nostri è diventata la norma. Tra il 1500 e il 1750 la storia dei Tarocchi per lo più coincide con quella delle carte da gioco popolari. Sebbene il gioco abbia avuto origine in Italia, la Francia divenne il paese di maggiore produzione di carte, con Rouen e Lione come noti centri di esportazione dei mazzi in Spagna, Inghilterra, Portogallo, Svizzera e nelle Fiandre nel tardo xvi secolo. I registri delle tasse ci forniscono una chiara indicazione dell’importanza di quell’industria: nel 1595 le carte venivano prodotte a Parigi e nel 1599 a Nancy. Nel 1608 i produttori di Lione provarono a far sopprimere la crescente industria rivale di Marsiglia. Tuttavia, nel 1631 Marsiglia ricevette un editto reale per le sue attività e divenne il principale centro di produzione di carte, che esportava perfino in Italia. È così che i Tarocchi di Marsiglia divennero un modello moderno ampiamente accettato. Nel 1622 un gesuita commentava che in Francia si giocava più ai Tarocchi che agli scacchi; a quel tempo l’industria era così bersagliata da leggi sulle tasse che alcuni imprenditori abbandonarono la Francia per aprire fabbriche in Svizzera, nella Savoia e perfino in Inghilterra.

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Il Matto Immagini dipinte a mano Il Matto del Visconti-Sforza ha l’aspetto di un trasandato idiota. È vestito di stracci, dalla calzamaglia bucata gli escono i piedi scalzi e ha sette piume tra i capelli. Il volto mal rasato ha un’aria assente, su una spalla porta un lungo randello. Nelle carte Gringonneur il Matto assomiglia più a un pagliaccio con un ampio ghigno sulla faccia dall’espressione fatua. Porta un cappello a punta con orecchie d’asino ed è vestito da giullare, pur avendo le gambe nude. Gioca con una fila di palline o di campanelli; ai suoi piedi quattro ragazzi raccolgono delle pietre per tirargliele. Il Matto D’Este è simile, ma meno vestito, essendo praticamente nudo, a eccezione di un copricapo che somiglia al convenzionale tricorno da buffone di corte: presenta infatti una punta centrale adornata di campanelli e lunghi lati simili a orecchie cadenti. Il Matto inoltre porta un bastone cui sono attaccati dei ninnoli sferici. Prima tradizione di carte stampate In un mazzo parigino del xvii secolo il Matto è vestito in modo più completo da buffone di corte e porta un bastone con sopra una finta testa di giullare che fissa intensamente. Nei Tarocchi di Marsiglia è vestito in modo simile, ma porta una borsa appesa al bastone appoggiato sulla spalla. Utilizza un bastone da passeggio ed è tallonato da un cane (si veda la Figura 2). Versioni esoteriche Oswald Wirth raffigura Il Matto in modo molto simile alla carta marsigliese, sebbene l’animale che lo tormenta sia felino e non canino. Sullo sfondo compaiono un obelisco caduto e un coccodrillo.

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il matto Figura 2

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Mentre la faccia della figura di Wirth sembra rozza e stupida, A.E. Waite ne sottolinea l’innocenza tipica della giovinezza e mostra il Matto mentre sta per cadere da un precipizio in montagna. Sulla spalla porta una borsa con sopra un occhio, tenendola con una mano mentre nell’altra ha una rosa bianca. Accanto a lui, un cagnolino bianco salta di gioia. L’Alba Dorata sottolinea ancora di più l’innocenza dipingendo il Matto come un bambino nudo, che tende la mano per cogliere una rosa dorata da un albero, accompagnato da un lupo nero, o da un cane lupo, al guinzaglio. Commento Nel gioco dei Tarocchi il Matto ha un ruolo speciale, dal momento che con la sua designazione come numero Zero non gli viene assegnato alcun punteggio nella graduatoria degli Onori. Invece la sua funzione è quella di sovvertire tutte le regole, di conseguenza non viene mai giocato casualmente: il giocatore che lo pesca lo mostra soltanto al momento opportuno e questo lo esonera dal dover cedere una carta che preferisce giocare più tardi. Per tale motivo spesso viene chiamato anche scusi, la scusa. È naturale supporre che il Matto sia l’ultimo Onore sopravvissuto nel mazzo convenzionale di carte da gioco, in cui oggi compare, con una funzione molto simile, come Jolly. Tuttavia, sembra che tra le due carte non ci sia alcuna linea diretta di discendenza. Il mazzo ordinario di carte da gioco non ha mai avuto un Jolly o una carta speciale simile, poiché questa è stata introdotta in America soltanto nel xix secolo. Comunque, coloro che possiedono una qualche esperienza del potere magico degli archetipi dei Tarocchi, e della realtà dell’idea platonica di un universo magico dietro al mondo fisico, saranno disposti ad ammettere che il Matto esprime sempre la volontà di reinventarsi o riscoprirsi, quindi tra gli Onori è troppo importante per poter essere ignorato.

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La comprensione del suo ruolo speciale e della sua rilevanza prosegue nella tradizione esoterica moderna. Manly P. Hall suggerisce che il Matto contiene tutti gli altri Onori. Nell’illustrazione a tutta pagina della sezione sui Tarocchi del suo Secret Teachings of All Ages, tale concetto è raffigurato in modo piuttosto impressionante con un’immagine degli altri Onori che, formando una piramide, si sovrappongono al corpo del Matto stesso. Anche A.E. Waite ne parla, sebbene nel modo cauto caratteristico del suo stile, riferendosi al fatto che rappresenti il Mondo e dicendo che si tratta del simbolo «più eloquente». Il Mondo fatto carne, secondo una concezione cristiana esoterica dei Tarocchi, certamente avrebbe tutte le caratteristiche del Matto: l’apparente insignificanza e follia, che in realtà costituiscono un potere e una saggezza in grado di trascendere la realtà quotidiana del mondo umano. Nel suo romanzo The Greater Trumps, Charles Williams sottolinea questo ruolo del Matto descrivendo la stanza segreta in cui vengono custoditi i modelli originali delle immagini. Ovviamente si tratta di una condizione interiore molto reale, sebbene per le convenzioni del genere letterario nella storia narrata essa venga descritta come un luogo fisico. All’interno della stanza, sopra a un tavolo su cui sono disposti i simboli degli Arcani Minori, le figure degli Onori si muovono in un’infinita danza che si autoalimenta, avvolti in una nebbia dorata e producendo un lieve brusio. È un’immagine molto evocativa, al punto che vale la pena anche solo disporre le carte fisicamente sopra un tavolo e meditare su di esse. Le carte parlano più ad alta voce a coloro che “giocano” concretamente con esse. Secondo la descrizione della stanza segreta, il Matto si trova al centro degli Onori in movimento, come punto focale stabile e Signore della Danza. Tuttavia, quando il personaggio di zia Sibilla osserva il tavolo, vede che in effetti il Matto sta danzando in mezzo alle altre carte. Sibilla rappresenta la

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Capitolo 4

il percorso iniziatico dei tarocchi

Il lavoro pratico con gli archetipi dei Tarocchi è essenzialmente una questione di utilizzo dell’immaginazione. I primi sforzi potrebbero anche rivelarsi vani o soggettivi, almeno in apparenza. Ma perseverando nell’uso dell’immaginazione, prima o poi si svilupperà un nuovo senso della percezione che si apre su uno o più mondi oggettivi diversi da quello fisico. Ci sono vari mezzi per allenarsi a utilizzare l’immaginazione in questo modo, ma tutti essenzialmente incarnano lo stesso procedimento. Il simbolismo ancillare e l’ordine strutturale delle immagini sono di gran lunga meno importanti di quanto molti studiosi pensino. Per questo ha poco senso arrovellarsi per capire se le attribuzioni di Eliphas Lévi siano superiori o inferiori a quelle dell’Alba Dorata o viceversa. È meglio scegliere un particolare sistema che si ha già a disposizione e che risulta congeniale a chi lo usa. I risultati pratici che si raccoglieranno mettendolo in pratica forniranno la base dell’esperienza personale sulla quale costruire le proprie mappe dei mondi interiori. L’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata aveva una tecnica chiamata Cristalloscopia nella Visione dello Spirito. I dettagli si possono trovare in The Golden Dawn di Israel Regardie, ma a nostro avviso le istruzioni e il metodo sono estremamente

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scomodi, poiché comportano l’utilizzo frequente di sigilli planetari codificati come mezzo per controllare la memoria, i vagabondaggi della mente, le interferenze psichiche e altri possibili vicoli ciechi o false piste. Potrebbe essere affascinante per certi temperamenti, ma è un po’ come guidare un’auto d’epoca invece che una moderna. Per esperienza personale posso dire che presto si sviluppa un istinto che fa capire quando si sta andando fuori strada e, anche se occasionalmente si percorre un vicolo cieco, di solito si tratta di un’esperienza istruttiva, che comunque offre spesso la possibilità di ritentare. Le probabilità di incontrare serie difficoltà sono piuttosto remote, a patto di non essere sotto l’effetto di droghe o sull’orlo della nevrosi. È la volontà spirituale e l’intenzione, più che le formule prese da un libro, a governare efficacemente i piani interiori. Storicamente, da questa tecnica dell’Alba Dorata, nella Tradizione Occidentale si è sviluppato il cosiddetto pathworking o “percorso iniziatico”, che nella sua forma originaria di solito consisteva nell’immaginare di percorrere uno dei Sentieri dell’Albero della Vita. Questo in effetti rimane un eccellente metodo formale di allenamento. In generale, ci si costruisce un punto di partenza, una “composizione del luogo” in una Sefirah, di solito sotto forma di un qualche tipo di tempio, poi si procede e si immagina di incontrare un Onore dei Tarocchi adeguato per quel percorso. A metà del Sentiero, ci si aspetta di incontrare una corrispondente lettera ebraica e qualunque altro simbolismo o realizzazione personale associati a essa. Alla fine del Sentiero, giunti al cancello che conduce alla Sefirah successiva, si troverà un appropriato segno astrologico. Di fatto, se queste pietre miliari del simbolismo non appaiono naturalmente una dopo l’altra nel percorso, le si visualizza intenzionalmente. L’utilizzo magico dell’immaginazione consiste nel mettere abilmente insieme la visualizzazione deliberata di una struttura formale

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simbolica e la capacità di consentire alle immagini di emergere spontaneamente. Quali simboli siano appropriati per un certo Sentiero è una questione di riferimento a varie tavole di corrispondenze. Il mio A Practical Guide to Qabalistic Symbolism fornisce molte informazioni dettagliate a riguardo. Con notevole sgomento lo studioso più eclettico scoprirà grandi differenze tra le varie fonti esoteriche riguardo a quali siano le migliori attribuzioni. Questa apparente confusione non dà all’occultismo una buona reputazione agli occhi dell’estraneo dalla mente logicamente orientata, o a quelli del principiante avvezzo alle strutture più o meno stabili del piano fisico. Tuttavia, quello che all’uomo saggio di questo mondo potrebbe sembrare un’insopportabile cortina di fumo intellettuale, è un oceano di delizie che fluttua libero per coloro che hanno sviluppato la capacità di nuotarci dentro. E i piani interiori, come il mare, hanno le loro leggi, tanto inesorabili quanto quelle del mondo fisico, ma diverse da esse. Non ultimo, hanno una sconcertante fluidità. Tutto questo viene dimostrato nel glifo del Caduceo di Mercurio in cui i serpenti intrecciati, che a tratti si uniscono e si separano, mostrano l’alternarsi di rigidità e fluidità nella cognizione e nell’esistenza a livello fisico, astrale, mentale intuitivo e spirituale. I livelli fisico e mentale sono relativamente rigidi, quelli astrale e intuitivo sono fluidi (si tratta del vecchio principio alchemico duale di solve et coagula); a livello spirituale, invece, si spiegano le ali, oltre le quali si trovano le teste dei Serpenti della Saggezza, dove la verità si può esprimere nella coscienza quotidiana soltanto in forma profetica o altamente poetica. Questo esempio dovrebbe ribadire la futilità di un eccessivo intellettualismo riguardo alle immagini e alle attribuzioni. La Stanza del Tesoro delle Immagini deriva la sua ricchezza simbolica dal livello astrale, fluido o immaginativo, compreso meglio dall’intuizione – che si muove liberamente – che non dall’intelletto categorizzante.

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Capitolo 6

viaggio al centro: lavorare con gli archetipi

Indipendentemente dai risultati che possono aver avuto sui vari livelli della realtà oggettiva o sulla coscienza di chi ha partecipato, certamente il rituale e il percorso iniziatico che abbiamo descritto hanno avuto un effetto inatteso sul celebrante principale, dandogli un impulso creativo di grande intensità per circa un’ora ogni mattina nelle successive tre settimane, il che ha prodotto come risultato il seguente viaggio. Si tratta di un lungo lavoro con tutti gli Onori dei Tarocchi per prendere contatto con l’essenza spirituale o il Sé Essenziale di ogni partecipante. È un lavoro troppo lungo e potente per essere svolto interamente in un’unica sessione, ma può essere suddiviso in fasi nel corso di un seminario di un giorno o di un fine settimana, oppure essere fatto una volta a settimana, se il gruppo si incontra regolarmente. Per questo motivo il viaggio è stato suddiviso in “rami” con l’aggiunta delle indicazioni dei punti di entrata e di uscita per coloro che intendono utilizzarlo in fasi successive. A ogni uscita si ritorna semplicemente e dolcemente coscienti del mondo fisico, come viene descritto alla fine del capitolo sul percorso iniziatico. Rientrando, si ricostruisce l’immaginario immediatamente precedente al momento dell’uscita, visualizzando il luogo in cui ci si trovava.

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Di nuovo, lo scopo di questa sequenza non è soltanto quello di fornire del materiale per il lavoro pratico, ma anche di dimostrare la flessibilità e vastità del potere degli archetipi dei Tarocchi. La lettura dovrebbe essere lenta e riflessiva, preferibilmente a voce alta (oggigiorno raramente ci si rende conto del potere della parola pronunciata) e con un chiaro e nitido coinvolgimento dell’immaginazione (la fonte del potere interiore), se si vuole trarre il massimo dalla consultazione individuale. Potrebbe anche essere utile registrare la lettura, in modo da poterla riascoltare in seguito e meditarci sopra. Ad ogni modo, è probabile che i migliori risultati si ottengano svolgendo il lavoro in piccoli gruppi.

Primo ramo: (Il Matto, Il Mondo e La Luna) Stiamo percorrendo una stradina di campagna. È estate, il sole è alto nel cielo e ci scalda, gli uccelli cinguettano allegramente. Il profumo dei fiori di campo ci raggiunge attraverso le siepi. È un’idilliaca scena di campagna. Dopo una svolta sulla stradina ci troviamo davanti a una casetta di campagna. Ha il tetto ricoperto di paglia, le finestre ad abbaino e nel suo ordinato giardino crescono tanti colorati fiori di campo, calendule, non ti scordar di me, e un alto cespuglio di malvarosa che ricopre tutta la parete sul retro. Attorno all’ingresso c’è un pergolato sul quale crescono rose bianche e rosse. Ci avviciniamo alla porta e suoniamo la piccola campanella d’argento appesa accanto all’uscio. Dopo qualche minuto sentiamo dei passi provenire dall’interno e la porta viene aperta da una vecchia signora con un vestito a fiori che ci accoglie con un sorriso amichevole. Sembra che ci stesse aspettando, perché ci invita subito a entrare. Entriamo nella casetta e la vecchia signora ci indica una scalinata. Siamo coscienti della sensazione di grande pace dentro

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questa casa e dell’atmosfera di gioia e amore. Salendo la scala, arriviamo su un piccolo pianerottolo e davanti a noi vediamo un’altra scala che va a finire dentro una botola nel soffitto. La signora ci fa segno di continuare a salire e, mentre ci apprestiamo a muoverci, ci mette qualcosa in mano. È una carta. La guardiamo e scopriamo che si tratta di una delle Figure dei Tarocchi, quella che rappresenta meglio il nostro sesso e temperamento. Saliamo la scala fino in cima e ci ritroviamo in una piccola camera. Al centro del pavimento è disegnato un cerchio attorno al quale ci sediamo. Dietro e di lato la luce filtra attraverso minuscole finestre poste in alto tra le gronde della casa. Dal lato opposto c’è una porta, leggermente socchiusa, che conduce a un’altra parte del sottotetto, ma dietro di essa tutto è completamente buio. Sediamo in meditazione e ci rendiamo conto di essere in un luogo a volte noto come Casetta del Gioco Perduto. Presto, dopo aver regolarizzato il respiro e aver trovato una posizione comoda e rilassata, sentiamo dei tonfi provenire dalla scala di sotto, come se un piccolo animale stesse salendo a balzi i gradini. Guardiamo verso l’apertura e vediamo apparire una faccia appuntita e pelosa: è un cane dalla pelliccia maculata. Entra nella stanza e ci guarda con aria carica di aspettativa, la lingua a penzoloni e uno sguardo birichino. Non abbiamo il tempo di chiederci come ha fatto ad arrivare qui o da dove, perché è subito seguito da qualcun altro. Attraverso la botola vediamo prima la testa, poi le spalle e infine il resto del corpo di un giovane uomo dall’aspetto allegro: ha i capelli biondo chiaro, indossa un mantello e dei pantaloni da equitazione variopinti. Porta un bastone alla cui estremità è appesa una borsa di maglia. Si siede a gambe incrociate tra di noi e mette giù la borsa, che sembra piena di oggetti ingombranti. Il suo cane prende posto accanto a lui. Il giovane si guarda attorno, fissando a turno ognuno di noi. Siamo intensamente

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coscienti del contatto personale che crea con i suoi occhi azzurri pieni di allegria e che sembrano capaci di scrutare profondamente in ognuno di noi. Ci dice: «Benvenuti nella casa di mia madre. Questa è la Casetta del Gioco Perduto e io sono il Povero che non ha alcun luogo dove posare il capo; il Mendicante che vaga nelle strade in cerca dell’amore di stranieri; il Matto, perché nessuna persona assennata farebbe queste cose; perfino il Pazzo, perché molti non vedrebbero alcun senso in ciò che ho da dirvi. Per i saggi del mondo io sono infantile a causa della mia fede nel vero e nel bene, ma la pensano così proprio perché io sono un Innocente. E l’innocente, la vergine e il puro non vengono ben visti in un mondo di corruzione. Quando i figli e le figlie della Terra sono giovani, hanno ancora l’innocenza. Ecco perché dovete diventare come bambini piccoli per entrare nel regno dei cieli. Io sono come il pifferaio che chiama tutti i giovani di cuore invitandoli a seguirlo e a unirsi alla sua danza. Perché sono io il Signore della Danza e il Vincitore di tutti i Giochi. Seguitemi, e vi mostrerò un gioco che si trova al di fuori del vostro spazio-tempo». Si alza, mentre il suo cane scodinzola eccitato attorno a lui, saltando e toccandogli la schiena con le zampe. Il giovane rovista nella sua borsa scura ed estrae quattro oggetti dorati luccicanti. Sul pavimento rovescia una catasta di foglie che sembrano prese da un alloro verde, ma sono grosse e lucenti e hanno un aspetto robusto, come se provenissero da un albero molto speciale che magari cresce soltanto nel giardino di quella casa. «Dovete aiutarmi a costruire un cerchio di foglie attorno alla porta. Aiutatevi con questi spilli» ci dice, e passa a ciascuno di noi un pacchetto di brillanti spilli d'argento che sembrano brillare di luce propria. Ci organizziamo per circondare la porta che conduce all’attico con una ghirlanda ovale di foglie. Il giovane prende i quattro oggetti dorati e li colloca ai quattro angoli della porta. Ciascuno di essi è una piccola placca con incisa un’immagine diversa. In alto a sinistra mette quella con la testa raggiante di

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un uomo, in alto a destra quella con un leone dorato, in basso a destra quella con un’aquila dorata e in basso a sinistra quella con un toro dorato. «Adesso» dice il giovane, quando la ghirlanda è ormai completa, «è il momento di utilizzare la vostra immaginazione. Perché non potete attraversare questa soglia incolumi con i vostri corpi ordinari, dal momento che rimarreste sempre nel vostro spazio-tempo e cadreste sul pavimento. Quando avete salito i gradini per arrivare in questo posto, mia madre ha dato a ciascuno di voi una carta. Guardatela attentamente. Poi chiudete gli occhi e immaginate di non essere più nei vostri corpi, ma nella figura della carta che tenete in mano e che tiene davanti a voi una spada, una bacchetta, una coppa o un medaglione magico. Adesso aprite gli occhi e seguitemi». Apriamo gli occhi del nostro corpo immaginario e ci ritroviamo a essere proprio come ci è stato descritto. Guardiamo verso la porta e scopriamo che il Matto l’ha già attraversata. «Seguitemi» giunge l'eco della sua voce come un grido lontano miglia e miglia, proveniente da uno spazio simile a un'ampia caverna. I nostri movimenti sono veloci come il pensiero e ci ritroviamo quasi immediatamente ad aver già attraversato la ghirlanda ovale e la porta. Il Matto è molto avanti rispetto a noi, ma si vede ancora in lontananza come una minuscola figura argentata che si allontana rapidamente. Tutt’attorno giunge l’eco di una risata e ci ritroviamo a vorticare in uno spazio vuoto di colore blu, in cui ci sono milioni di stelle. Siamo entrati nello spazio interiore. Il Matto è così distante ormai che è diventato solo un punto di luce. Per qualche istante la sua figura lontana si vede più brillante delle stelle e delle costellazioni sullo sfondo, ma presto diventa un tutt’uno con la schiera di astri dei cieli. Adesso potrebbe essere una stella qualunque tra le miriadi in movimento attorno a noi. Ci chiediamo perché ci ha lasciati e dove dovremmo andare. «Dove volete andare?» domanda una voce accanto a noi.

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