Modulo 2010_10

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modulo pAROLE CHIAVE Zero Energy · Certificazione energetica · 31 dicembre 2020 · 31 dicembre 2018 · Fonti rinnovabili · Termoisolamento · Impianti ad alte prestazioni · Involucro isolato · Tetto ventilato · Tetto verde · Ventilazione passiva · Ventilazione buffer-space · Vetri basso-emissivi · Sistemi radianti a pavimento · Sistemi radianti a parete · Geotermia verticale · pompa di calore · Solare termico · Solare fotovoltaico · Classe A · Classe Zero Energy · Direttiva 2010/31/CE

Energia (quasi) zero: il 2020 è la data ultima per tutti gli edifici di nuova costruzione. Strategie energetiche, modalità di progetto. E luoghi comuni Laura Verdi

Negli Stati Uniti, a Los Angeles, un edificio “vetrina” dell'Energia Zero per il grande pubblico.

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In Germania, una fabbrica Zero Energy, premiata nel 2008 per l’immobile più efficiente dal punto di vista energetico di tutto il paese. La produzione di energia elettrica avviene grazie a 2000 metri quadri di pannelli fotovoltaici posti in copertura, mentre la produzione termica è garantita da una centrale termoelettrica alimentata a olio di colza supportata da un deposito geotermico di 100.000 l, con un risultato finale di un fabbisogno energetico totale pari a 0 kWh/m2.

l via dal Parlamento Europeo la nuova direttiva che disciplina la certificazione energetica e che sostituisce la Direttiva 2002/91/ CE, che sarà abrogata dal 1 febbraio 2012. La nuova Direttiva prevede la redazione di piani nazionali per l’aumento di "edifici a energia quasi zero" e detta le scadenze per la messa in pratica delle norme: entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a energia quasi zero, mentre per gli edifici pubblici questa data è anticipata al 31 dicembre 2018. Partito il count down quindi per gli immobili che non solo dovranno essere ad alto rendimento energetico, ma dovranno anche autosostenersi e produrre energia pari a quella consumata, o quasi. Complici le fonti di energia rinnovabili, impianti ad alte prestazioni, il termo isolamento e la domotica spinta.


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Mario Cucinella è un antesignano assoluto della sostenibilità, un testimonial a pieno titolo della progettazione energy conscius. Tra le sue opere nel 2004 il SIEEB, Sino Italian Ecological and Energy Efficient Building, nel campus dell’Università Tsinghua a Pechino e, nel 2008, il CSET, Centre for Sustainable Energy Technologies, nel campus dell’Università di Nottingham a Ningbo.

Il progetto della riduzione del 20% è ambizioso, ma realistico. La tecnica è già nelle nostre mani.

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lo chiede a MARIO CUCINELLA

Modulo: Un edificio a energia zero, vista comunque l’onerosità già della classe A, oggi sembra essere più una sorta di “manifesto” di progettazione energy conscious, che realistica proposta operativa. Quale potrebbe essere, oggi, al di là degli obblighi del 2018/2020, la reale dimensione operativa di un edificio zeroenergy? La scadenza del 2018/2020 si può considerare realistica? Mario Cucinella: Legato all’obiettivo di una riduzione dei consumi energetici del 20%, il progetto è molto ambizioso ma realistico. La difficoltà di attuazione dipende da alcuni fattori come ad esempio le modalità di lavoro delle imprese, degli investitori e anche dei professionisti italiani. Anche la parcellizzazione e l’eterogeneità del patrimonio edilizio nazionale, nel complesso piuttosto scadente dal punto di vista delle prestazioni energetiche, costituiscono un ostacolo e in questa fase anche solo intervenire sull’involucro e migliorarne le prestazioni sarebbe già un grande risultato. È un processo di cam-

biamento, piuttosto lungo, che deve quindi coinvolgere i vari attori e che si attuerà passo per passo e il primo passo è la scadenza del 2020. Noi stentiamo a partire e a parte alcune regioni virtuose, come la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Trentino, che si sono dotate di leggi proprie, manca nel quadro legislativo nazionale un coordinamento, come esiste in Francia, in Germania e in Gran Bretagna. Ci sono molte iniziative singole in questa direzione ma poco relazionate e il problema è più di natura politica, forse manca la volontà. Ma la tecnica è già nelle nostre mani e oggi c’è una domanda molto forte di edifici che consumano poco. Per quanto riguarda, poi, i costi maggiori di un edificio zeroenergy rispetto a un edificio “normale” è un’affermazione vera solo in parte. Se a fronte di un investimento iniziale leggermente più alto, circa del 10%, e imputabile agli impianti, il risparmio negli anni nella gestione degli edifici, soprattutto se si tratta di grandi complessi terziari, è decisamente superiore all’onere aggiuntivo iniziale.


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In Australia, realizzata con il 95% di materiali recuperati dopo un’opera di decostruzione-ricostruzione di una casa del diciannovesimo secolo, la Riddel Ecohouse, un edificio privato a Brisbaine nello Hill End, estremizza il concetto di materiali a km 0 e l’autosufficienza energetica. Completamente autosufficiente per quanto riguarda l’acqua, utilizza i 60.000 litri di pioggia filtrati e depurati, raccolti in serbatoi; le richieste energetiche vengono invece soddisfatte da pannelli fotovoltaici che producono 15kWh al giorno.

Risparmia energia, non consuma energia di rete, produce energia pulita per sé e per la rete. Se è Zero Energy

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l comune obiettivo di un edificio in classe A e di uno a Zero Energy è quello di risparmiare energia, ma l’edificio zero energy, oltre a essere autosufficiente dal punto di vista energetico - non usufruisce quindi degli apporti delle reti nazionali energetiche - produce anche energia da fonti rinnovabili, quindi energia pulita, la utilizza e l’eccesso lo reimmette in rete. Sono diverse anche le strategie per raggiungere lo scopo, tendenzialmente infatti l’edificio in classe A, oltre all’utilizzo di tecnologie di isolamento termico molto spinte, spesso costringe chi ci abita a degli stili di vita vincolati, ad esempio limitando la ventilazione naturale, quindi l’apertura delle finestre, per ridurre le dispersioni energetiche o anche riducendo le superfici finestrate e quindi la visuale dall’interno verso l’esterno. Secondo il professore Antonio Frattari, responsabile del Laboratorio di Progettazione Edilizia del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli studi di Trento, che ha concepito il progetto della casa zero energy a Felettano in provincia di Udine, “un edificio zero energy è un edificio in sintonia con l'ambiente, non consuma energia prodotta da fonti non rinnovabili, non costringe l’utente a procedure particolari durante la giornata, produce l’energia necessaria al suo funzionamento per garantire il benessere dell’utente, cede l’energia prodotta in eccesso alla rete”. La Zero Energy è, quindi, un concetto dinamico, difficilmente schematizzabile, riassumibile come un giusto mix tra le varie tecnologie: impiantistiche, di isolamento dell’involucro ma anche di progettazione consapevole e in sintonia con l’ambiente. Un contributo fondamentale viene fornito dalle fonti di energia rinnovabile come i pannelli solari e fotovoltaici, la geotermia e le pompe di calore, i mini impianti eolici e i materiali termoisolanti e i sistemi ETICS. La casa zero energy, per essere ancora più prestazionale, è anche intelligente e sfrutta al massimo le potenzialità offerte dalla domotica per attivare in modo autonomo le regolazione e l’accensione dei sistemi impiantistici ottimizzati rispetto alle condizioni al contorno. Ma, come risulta dai contributi raccolti, per ottenere la totale autosufficienza energetica, investendo quindi moltissimo a livello impiantistico, l’edificio rischia la diseconomicità, non riuscendo a ripagarsi degli investimenti iniziali. Eccetto che per gli edifici terziari, come afferma l’architetto


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Negli Stati Uniti, in California, il nuovo centro civico di Portola Valley: vanta un progetto particolarmente attento ai parametri di ecosostenibilità e ai ridotti consumi energetici. Completato nell’autunno 2008, è stato ulteriormente integrato a seguito di presentazioni all’amministrazione e di revisioni pubbliche ed elaborato con l’obiettivo di ottenere la certificazione Leed Platinum (Goring&Straja e Siegel and Strain Architects).

Cucinella nella sua intervista, per i quali il risparmio energetico annuo è talmente elevato per cui vale la pena investire di più inizialmente, a fronte di un rientro economico in pochi anni di esercizio dell’edificio. Per il resto focalizziamo l’attenzione su edifici energy conscius a energia quasi zero, più che zero energy, in cui il risparmio si ottiene dall’equilibrio tra la dotazione impiantistica, una corretta gestione e un adeguato isolamento dell’involucro. Non ultimo, come suggerisce Federico Butera sono da tenere sotto controllo tutti i consumi domestici, e non solo quelli relativi al riscaldamento ma anche i consumi elettrici dovuti all’illuminazione, alla ventilazione e al condizionamento.

Strategie energetiche Estate

Inverno

Impianti

Involucro isolato e massivo e pareti ventilate (lati maggiormente esposti) per dissipare il calore da irraggiamento

Involucro isolato e superfici vetrate con vetri basso emissivi

Sistemi radianti a parete e a pavimento

Tetto ventilato

Guadagno solare passivo con accumulo a pavimento (concentrazione della massa)

Geotermia verticale e pompa di calore

Ombreggiature per ridurre apporti termici

Serra

Solare termico e fotovoltaico

Ventilazione passante notturna per eliminare il calore accumulato durante il giorno

Forma dell’edificio studiata a protezione degli eventi atmosferici con superfici vetrate di Domotica dimensione ridotta a nord e incrementata a sud

Ventilazione buffer-space diurna con creazione Illuminazione naturale anche con utilizzo di di moti convettivi interni dovuti a differenze di schermi riflettenti temperatura e pressione d’aria Riduzione dei fenomeni di reirraggiamento, dovuti a riflessione dei raggi del sole sulle pavimentazioni, con la scelta di materiali forati o a bassa riflessione Tetto verde e schermature verdi

Obblighi di legge: modi e tempi Conversione a edifici 0 energy

31 dicembre 2012 e ogni 3 anni Pubblicazione da parte della Commissione europea dei progressi compiuti dagli Stati membri

2015 Perseguimento obiettivi di miglioramento

Entro il 31 dicembre 2018

Edifici pubblici di nuova costruzione

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Tutti gli edifici di nuova costruzione

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Entro il 31 dicembre 2020

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Scadenze previste dalla modifica alla Direttiva 2002/91/CE, Direttiva 2010/31/CE sul rendimento energetico in edilizia adottata dal Consiglio europeo il 14 aprile 2010


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La progettazione “corrente” porta di sicuro a costi alti, riducibili con diversi approcci. Da non sottovalutare i consumi interni (illuminazione, elettrodomestici) rispetto ai consumi di puro riscaldamento. Luoghi comuni da sfatare

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lo chiede a federico butera

Modulo: Un edificio a energia zero, vista comunque l’onerosità già della classe A, oggi sembra essere più una sorta di “manifesto” di progettazione energyconscious, che realistica proposta operativa. Quali le maggiori difficoltà in vista delle non lontane scadenze normative? Federico Butera: L’esperienza che ho acquisito partecipando alla progettazione e realizzazione dei due edifici a energia zero, mi porta a sostenere che una progettazione veramente integrata, in cui architetto e esperto energetico iniziano a dialogare senza prevenzioni fin dalle primissime fasi del processo progettuale, e che si avvale degli strumenti di valutazione più appropriati per ottimizzare le prestazioni, può fare costare un edificio a energia zero quanto uno in classe A progettato con i metodi correnti. Per metodi correnti intendo un progetto del tutto convenzionale in cui si imbottiscono i muri con abbondante isolamento, si mettono vetri super efficienti e si usa un impianto a pompa di calore con scambiatore geotermico, perché così dice l’impiantista e così sta scritto in tutte le riviste. Questo metodo porta a costi molto elevati, perché somiglia più a una ristrutturazione - anche se l’edificio non esiste ancora: si lavora, di fatto, su un archetipo

architettonico che è quello di un edificio “normale”, dello stesso tipo di quelli esistenti. E a questo edificio “esistente” bisogna fare avere prestazioni per le quali l’archetipo non era pensato. Il tutto costa enormemente. Dunque, sia la classe A e che il limite “energia zero” non sono necessariamente sinonimo di altissimo costo di investimento, e comunque il costo totale (investimento + esercizio) può facilmente essere più basso di quello di un classe C a buon mercato (si fa per dire), progettato col metodo della “ristrutturazione” di cui sopra. Un altro fattore che di solito rende costoso un edificio a basso consumo energetico è il sovradimensionamento degli impianti e la bassa qualità della loro progettazione. Progettare un impianto per un edificio a basso consumo significa: • Calcolare con la massima esattezza possibile il carico massimo realmente richiesto dall’edificio (e questo si può fare solo con la simulazione in regime dinamico); un impianto sovradimensionato non solo costa di più del dovuto, ma dà luogo a consumi più alti di uno correttamente dimensionato. • Valutare, a seguito della simulazione, quale è il tipo di generatore più adatto, dal punto di vista tecnicoeconomico. La pompa di calore geotermica, per esempio, non è necessariamente la soluzione energetica-

federico butera, professore ordinario di Fisica Tecnica Ambientale presso il Politecnico di Milano e coordinatore dell’unità di ricerca “Energia e ambiente costruito” del dipartimento BEST. Da oltre in trentennio svolge attività di ricerca, insegnamento, divulgazione scientifica e progettazione nel settore dell’uso razionale dell’energia e delle fonti rinnovabili nell’ambiente costruito.


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mente migliore: nelle località in cui la temperatura media della stagione invernale è superiore ai 7 °C, per esempio, una pompa di calore aria-acqua o aria-aria ha oggi delle prestazioni che si confrontano con quelle della pompa geotermica, e costa molto meno. • Dimensionare correttamente non solo il generatore, ma anche le tubazioni, le pompe e le ventole, avendo cura di minimizzare i percorsi e le portate di fluido, attraverso un attenta scelta delle temperature di funzionamento. • Utilizzare il più possibile sistemi di controllo e regolazione avanzati. Oggi il mercato offe già molto. Un equivoco (voluto) molto frequente è quello relativo alla definizione di edificio a energia zero. L’equivoco è tutto italiano, e deriva dal fatto che siamo ancora l’unico paese europeo a certificare gli edifici sulla base dei consumi di energia primaria per il riscaldamento e produzione di acqua calda. I consumi elettrici dovuti alla illuminazione, alla ventilazione e al condizionamento non vengono presi in considerazione (la direttiva del 2002, su cui si basano le nostre certificazioni, indica invece esplicitamente i consumi elettrici di cui sopra). Giocando su questo, molti soggetti sbandierano

come “a energia zero” edifici che compensano con fonti rinnovabili solo i consumi per il riscaldamento e la produzione di acqua calda; a volte anche del condizionamento, se c’è. La nuova direttiva, invece, è molto chiara in merito agli edifici “a energia quasi zero”: occorre che tutti i consumi vengono conteggiati, anche l’energia che serve per fare andare l’automobilina elettrica del bambino. Ciò è molto importante, anche perché con il ridursi della quota di consumo energetico dovuto al riscaldamento (effetto dei limiti imposti dalla certificazione energetica) e alla produzione di acqua calda (sempre più solare obbligatorio), il rapporto fra energia primaria consumata per produrre calore e quella (elettrica) consumata per le diverse apparecchiature elettriche ed elettroniche di casa si va abbassando. In un appartamento medio italiano oggi circa l’80% dell’energia consumata serve per riscaldare l’aria e l’acqua. E il consumo medio di questi appartamenti è dell’ordine di 160 kWh/m2 anno. Considerando che i valori limite imposti oggi riducono almeno a un quarto questo consumo, è facile verificare che i consumi prevalenti diventano quelli elettrici, ribaltando il rapporto.


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La qualità dell'abitare non dev'essere eliminata a fronte di estremismi energetici. La Casa Zero Energy è una realtà, non solo un manifesto di progettazione energyconscius. Il mezzo è l'ottimizzazione di tutte le variabili.

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lo chiede a ANtONIO FRATTARI

Modulo: Un edificio a energia zero, vista comunque l’onerosità già della classe A, oggi sembra essere più una sorta di “manifesto” di progettazione energyconscious, che realistica proposta operativa. Nel caso di Felettano? Quali le maggiori difficoltà in vista delle non lontane scadenze normative? Antonio Frattari: Un edificio Zero Energy è concettualmente diverso da quello di classe A perché, sebbene persegua lo stesso fine, risparmiare energia, non si limita a contenere i consumi energetici, che è sempre una buona cosa, ma produce energia pulita attraverso l’integrazione con dispositivi che sfruttano fonti energetiche rinnovabili. Mentre l’edificio di classe A raggiunge l’obiettivo con soluzioni costruttive complesse che ricorrono a sistemi di isolamento molto efficienti, ma complessi e costosi da realizzarsi, la casa Zero Energy ha una differente filosofia: produce energia rinnovabile, la usa per quel che serve senza porre eccessive limitazioni all’utente e dando alla rete quella in eccesso. Non è detto che essa sia più costosa di una classe A. Il suo costo di costruzione, nonostante la dotazione impiantistica, e il suo costo di gestione potrebbero essere equivalenti o addirittura inferiori. In una casa Zero Energy è importante ottimizzare il rapporto tra costo di costruzione e di gestione contenendo quelli di costruzione attraverso l’ottimizzazione dello sfruttamento dell’energia prodotta con modalità alternative anche, eventualmente, con l’impiego della Home Automation.

Nel momento dell’azione progetto la Zero Energy è pensata sull’uomo e sulle sue esigenze e l’abilità del progettista deve essere tale che le soluzioni costruttive ed energetiche non penalizzino il modus vivendi, ma garantiscano quella qualità della vita in termini di aperture, visuali, rapporto con l’ambiente circostante anche attraverso porte e finestre che talvolta in classe A sono negate per raggiungere la performance prefissata. Per me la Zero Energy è quell’edificio che è in equilibrio con l’ambiente, non consuma energia prodotta da fonti non rinnovabili, non costringe l’utente a procedure particolari durante la giornata, produce l’energia necessaria al suo funzionamento per garantire il benessere dell’utente, cede l’energia prodotta in eccesso alla rete, in definitiva è una casa in cui si vive bene perché in sintonia con l’ambiente A Felettano abbiamo voluto realizzare un edificio che rispecchiasse questo modo di abitare e fosse contemporaneamente una sfida perché si vuole dimostrare che è possibile raggiungere buoni livelli di qualità dell’abitare senza impoverire le risorse non rinnovabili, attraverso un corretto uso di quelle rinnovabili, con costi contenuti di costruzione e di gestione. Ora siamo pronti a monitorare il suo comportamento e quello degli utenti. Alla fine faremo i conti e vedremo se quello che abbiamo previsto è stato realizzato o se addirittura con la realtà siamo riusciti a superare le nostre previsioni. Cosa che penso sia credibile. In conclusione direi che parlare oggi di una Casa Zero Energy è una realtà operativa non solo una proposta di un “manifesto” di progettazione energyconscious.

antonio Frattari ingegnere è prorettore dell’Università di Trento con delega per i Progetti edilizi, direttore del CUnEdI - Centro Universitario Edifici Intelligenti dell’Università degli Studi di Trento e professore Ordinario di Architettura tecnica e Architettura del legno. E’ presidente del Comitato Tecnico Scientifico del Green Building Council Italia.


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Numeri … Zero Energy · Aree interne piano terra + primo piano · Porticati e terrazze

470 m2 lordi

125 m2 lordi

· Serra (piano terra e primo piano) 25 m2 (chiusi o paperti) Esterni 1230 m2 · Quantità di legname utilizzato 120 m3 strutture portanti + tamponamenti

860 m3 compensati marini, 200 m3 pavimenti, 83 m3 di fibra di legno, 44 m3 di sughero · Campo geotermico orizzontale: 300 m3 circa · Campo fotovoltaico produzione 14,5 kW · Cisterna di recupero acqua piovana 5000 litri di acqua

Smart Green Building : una casa “autonoma”, un sistema intelligente controllato attraverso un impianto domotico. A Felettano, progetto coordinato da Antonio Frattari

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i chiama Casa Zero Energy la prima casa intelligente realizzata a Felettano, in Friuli Venezia Giulia, grazie alla sinergia tra Gruppo Polo Le Ville Plus e il Dipartimento di Ingegneria Civile a Ambientale dell’Università degli Studi di Trento. Il progetto è stato coordinato dal professor Antonio Frattari, responsabile del Laboratorio di Progettazione Edilizia del Dipartimento. “Il progetto nasce con l’intento di creare un prototipo ripetibile”, dice Frattari, “con un’impostazione metodologica che permetta la misurazione del risparmio energetico ottenuto grazie alla gestione e al controllo attraverso un impianto domotico. ”Il sistema percepisce le oscillazioni climatiche esterne e regolamenta l’accensione e la temperatura interna oltre che chiudere o aprire i serramenti, controllandone anche gli elementi schermanti e l’illuminazione. Ma una casa Zero Energy non è solo una casa che consuma poco o nulla: è una casa pensata soprattutto per il benessere di chi ci abita, non solo legato al clima ma a tutti gli ambiti della percezione, partendo anche da un corretto posizionamento dell’edificio in rapporto con l’ambiente. Per questo motivo nella casa di Felettano, nonostante le finestre costituiscano sempre l’anello debole della catena nell’ottica del risparmio energetico, si è deciso di realizzare ampie vetrate per garantire una vista ottimale dell’esterno, prediligendo il rapporto con la natura. Rispetto al sito, la casa è stata posizionata verso il lato nord, in modo da lasciare la parte più ampia del giardino a sud. Il corpo principale della casa ha un tetto a unica falda inclinata verso nord, in modo da proteggere l’abitazione dai venti freddi e per lasciare la maggior superficie possibile esposta a sud. Il dislivello tra il tetto piano, che copre l’avancorpo a sud e la falda del tetto inclinata, lascia lo spazio per l’apertura di piccole finestrelle che, durante la stagione estiva, permettono la ventilazione notturna. Più ampie superfici vetrate sono invece state posizionate sulla facciata esposta a mezzogiorno che si apre sul giardino e sulla piscina, per per mettere n uon grado di illuminamento e irraggiamento durante i mesi invernali. Quest’ampia superficie vetrata è protetta da una serra esterna che, durante i mesi invernali, mantiene la temperatura a circa 10 °. Il prospetto nord è finestrato esclusivamente per garantire la ventilazione nei mesi estivi, mentre su quelli est e ovest sono state aperte finestre sufficientemente larghe per permettere una buona vista dell’esterno ma abbastanza ridotte da controllare l’apporto solare estivo. Sempre per sfruttare al meglio le opportunità offerte dal sito, l’angolo nord est è stato sagomato a forma di imbuto per incanalare la brezza notturna estiva in un’ apertura posizionata a nord nella zona delle scale. Le par-


ti opache dell’involucro hanno una trasmittanza di 0,2 ottenuta grazie all’utilizzo di pareti leggere in legno, isolate con fibra di legno, all’interno, e il sughero nella parte esterna, per le sue caratteristiche di resistenza a intemperie e umidità. La massa, per aumentare lo sfasamento termico, viene incrementata con l’uso di contropareti in gesso rivestito.Sui lati est e ovest sono state realizzate delle pareti ventilate in modo da dissipare il calore dovuto all’irraggiamento nelle zone difficilmente schermabili. Anche il tetto è di tipo ventilato, in modo che, grazie a una differenza di pressione tra l’aria riscaldata della camera d’aria e quella esterna, si crei un moto convettivo che allontana l’aria surriscaldata facendo entrare l’aria più fresca esterna. La maggior parte della massa viene collocata a pavimento, nel massetto, in cui è annegato un impianto a bassa temperatura che allontana il calore in eccesso. A Felettano sono state sfruttate al massimo le strategie naturali per il raffrescamento estivo, optando sulla ventilazione naturale con aperture strategicamente collocate in alto nella zona sud, in depressione rispetto alle brezze dominanti. Anche in assenza di vento, la casa si ventila da sola grazie all’effetto ventilazione-buffer space che attiva dei moti convettivi interni dovuti alla differenza di temperatura e della pressione, grazie alle doppie altezze e alle finestrelle poste in alto. Oltre al tetto ventilato, le altre parti della copertura utilizzano la tecnologia del tetto verde sia con funzione termica, durante l’inverno, che di raffrescamento durante il periodo estivo. Il verde è utilizzato anche per creare ombreggiamenti e schermare i raggi incidenti con angolo basso sui lati est e ovest della casa. Le scelte impiantistiche della Casa Zero Energy sono ispirati a criteri di massimo comfort e minimo consumo con l’utilizzo di energie pulite e rinnovabili e controllo climatico spinto. A pavimento e a parete sono stati utilizzati dei sistemi radianti per diffondere un calore omogeneo utilizzando la bassa temperatura di esercizio delle caldaie a condensazione tarate in uscita da 30 a 50 °, abbinate a sistemi che utilizzano le energie alternative come il solare termico e la geotermia


Uniamo le forze, moltiplichiamo le soluzioni

Dalla fusione di Europlast, Dalpex e Nicoll Italia nasce Nicoll SPA. Una scelta mirata a potenziare le risorse, grazie all’integrazione di tre marchi complementari, uniti per diventare un punto di riferimento importante del mercato italiano nei settori building, sanitary, energy, environment. www.nicoll.it

con pompa di calore. Gli elementi che compongono il sistema geotermico sono una sonda geotermica inserita nel terreno, una pompa di calore all’interno dell’edificio e una distribuzione del calore radiante a bassa temperatura, come i pannelli radianti. Il calore recuperato dal terreno tramite la sonda, integrata dalla pompa di calore, quadruplica il suo rendimento; infatti il liquido che ritorna dal terreno ha una temperatura costante tra i 10 e i 15 gradi, mentre la temperatura di utilizzo dell’impianto radiante è di 30, 35°, quindi la pompa di calore funziona per fare superare il gap di soli 20° . Mentre in estate l’acqua di raffrescamento circola a circa 7° con un salto termico di circa 8° rispetto alla temperatura del fluido di ritorno dal terreno. I pannelli solari termici forniscono soprattutto nelle mezze stagioni l’apporto gratuito di acqua calda per usi sanitari. L’apporto fornito dalla serra al riscaldamento invernale dell’edificio è stato calcolato facendo ricorso al metodo 5000 e al metodo contento nell’APPENDICE E della norma UNI EN ISO 13790:2008. Con il Metodo 5000, il guadagno netto dovuto alla presenza della serra nel periodo ottobre-marzo è di 3183 kWh. Con la norma UNI EN ISO 13790:2008, il guadagno netto dovuto alla presenza della serra nel periodo ottobre-marzo è di 2161 kWh. Se si considera la superficie netta riscaldata nei piani dell’edificio pari a circa A=390 m2, si ha un contributo medio annuale dovuto alla serra pari a P = 2161/390 = 5.54 kWh/m2 anno nel caso della norma UNI EN ISO 13790 e P = 3183/390 = 8,16 kWh/m2 anno nel caso di uso del metodo 5000 Valori che oscillerebbero tra circa 1/5 e 1/3 del fabbisogno energetico globale dell’edificio, pari a 28,05 kWh/m2 anno e che quindi abbatterebbero il fabbisogno energetico a 22,51 kWh/m2 anno o addirittura a 19,89 kWh/m2 anno. Esprimendo i valori in litri di gasolio equivalente l’edificio consuma circa 2 litri/m2 anno di gasolio, valore decisamente molto basso se confrontato con quello proprio dell’edilizia media esistente.


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Costi di esercizio ridotti, progettazione complessa, simulazioni dinamiche del comportamento energetico dell’involucro, controllo dei consumi elettrici. A Jesi, progetto di PACIFICO RAMAZZOTTI e Federico Butera

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ominciano a fiorire anche in Italia esempi di edifici a emissioni zero, o che almeno come tali vengono presentati. In realtà, se si va a guardare un po’ più da vicino, si scopre che la dizione “emissioni zero” si riferisce solo al riscaldamento, a volte anche al condizionamento, e alla produzione di acqua calda. In questi casi la dizione è impropria, perché in qualsiasi edificio si hanno anche consumi di energia per alimentare tutte le apparecchiature elettriche domestiche, per illuminare e per fare funzionare le pompe e le ventole dell’impianto di climatizzazione. Inoltre ci sono i consumi derivanti dalla cottura dei cibi. Non è una improprietà da poco, se si considera l’energia primaria che viene messa in gioco (tre volte il consumo elettrico) e le emissioni che ne derivano. Ad Angeli di Rosora (Jesi), Enrico Loccioni, un imprenditore lungimirante che opera nel settore dei sistemi di misura, controllo e regolazione ha realizzato una piccola palazzina residenziale totalmente a zero emissioni di CO2, che prefigura l’edilizia dello sviluppo sostenibile. Per arrivare a questo risultato l’involucro è stato ottimizzato attraverso una successione di simulazioni dinamiche del suo comportamento energetico, dimensionando tutti i componenti in modo da ottenere una bassissima di domanda di energia (meno di 15 kWh/m2 anno per riscaldamento e produzione acqua calda e ancora meno per il condizionamento). Una abitazione, si sa, non è occupata tutto il giorno; anzi, nel caso non infrequente in cui gli occupanti vanno al lavoro la mattina e rientrano la sera, per cinque giorni la settimana essa è occupata solo per 14 ore al giorno. Perché allora provvedere alla ventilazione (che in questo come in tutti gli edifici a basso consumo energetico è meccanica con recuperatore di calore) anche nelle ore in cui non serve? Per evitare ciò nei singoli appartamenti è stato installato un sensore di CO2, che indirettamente rivela la presenza di persone attraverso la loro respirazione. Se l’appartamento è vuoto, la ventola che attiva la ventilazione funziona solo per 10 minuti ogni ora (giusto per evitare la sensazione di aria stantia al rientro); quando è occupato funziona a piena potenza. Una ulteriore riduzione della domanda è dovuta alla presenza di un tubo sotterraneo nel quale viene fata passare l’aria esterna di ventilazione, in inverno solo quando la sua temperatura è inferiore a 15 °C, e in estate sempre. Grazie al fatto che il terreno già a 2-3 metri di profondità mantiene una temperatura costante vicina a quella media stagionale, l’aria viene preriscaldata in inverno e pre-raffrescata in estate. Il comportamento estivo dell’edifico è controllato da elementi di protezione solare mobili e comandati automaticamente (se si vuole anche manualmente) davanti alle finestre a est e a ovest. A sud – ai diversi piani – sono i balconi, una pergola e i collettori solari per la produzione di acqua calda a fornire l’ombreggiamento necessario. L’energia per il riscaldamento e il condizionamento viene fornita da una pompa di calore geotermica, che scambia col terreno attraverso tre sonde verticali da 100 metri ciascuna e alimenta i pavimenti radianti. In gran parte


dell’estate si prevede di fare uso del cosiddetto “free cooling”, raffreddando il pavimento senza fare uso della pompa di calore, dato che l’acqua proveniente dagli scambiatori geotermici è sufficientemente fredda per lo scopo. Per il controllo dell’umidità in estate è previsto un deumidificatore per appartamento, che è attivo quando è attiva la ventilazione. Val la pena di notare che, se si aprono le finestre, il sensore di CO2 rileva una concentrazione molto bassa grazie all’elevato numero di ricambi d’aria che si ha a finestre aperte, e il sistema di controllo disattiva la ventilazione meccanica, la deumidificazione e la pompa di calore, evitando inutili sprechi di energia. L’acqua calda sanitaria è prodotta per il 50% circa da un impianto solare e per il resto dalla pompa di calore. Si prevede che si farà uso solamente di lampade fluorescenti compatte di buona qualità. Inoltre in cucina è previsto che gli elettrodomestici siano tutti ad altissima efficienza, ma non solo. Considerato che sia nella lavabiancheria che – soprattutto – nella lavastoviglie la maggior parte del consumo elettrico deriva dal riscaldamento dell’acqua mediante resistenza, in ciascun appartamento il circuito dell’acqua calda si estende, come quello dell’acqua fredda, alla alimentazione di questi elettrodomestici che, quindi, dovranno essere del tipo a due ingressi. Sempre al fine di ridurre il più possibile il consumo elettrico, negli appartamenti si farà uso di apparecchiature elettroniche a basso consumo, quali televisori a cristalli liquidi e laptop invece di PC. Tutte le apparecchiature elettroniche verranno dotate di sistemi automatici per il controllo dello standby. Un ulteriore dispositivo, a cui si attribuisce una grande importanza, fa parte della dotazione di ogni appartamento: un display nel quale compaiono, o si possono richiamare, tutti i dati di consumo istantanei e cumulati nel tempo. Si prevede che questo dispositivo possa avere un ruolo molto importante nella formazione di un comportamento “virtuoso”. Il consumo elettrico medio per famiglia ad Ancona è di circa 2100 kWh/anno. Con tutti gli accorgimenti impiegati nella palazzina, il consumo elettrico non dovrebbe superare, secondo le valutazioni fatte, i 1.500 kWh/anno; per sicurezza, comunque, si è ipotizzato che esso si attesti sui 2.000. Tutti i consumi saranno monitorati, comunque, e già dopo il primo anno di occupazione si potranno avere dati


più attendibili. Tutti i consumi elettrici, compresi quelli dell’impianto di climatizzazione, sono coperti dall’impianto fotovoltaico integrato nella copertura dell’edificio; i consumi energetici per la cottura (mediante GPL) vengono compensati immettendo in rete l’equivalente in energia elettrica, fornita dall’impianto fotovoltaico. In conclusione, il consumo totale calcolato di energia elettrica della palazzina è pari a poco meno di 20.000 kWh/anno, corrispondenti a circa 1150 kg di CO2, qualora l’elettricità fosse fornita dalla rete. Nel nostro caso, invece, essa è tutta fornita da circa 150 m2 di collettori fotovoltaici (19,8 kWp) integrati nella copertura dell’edificio. La produzione elettrica fotovoltaica è superiore ai consumi, allo scopo di compensare, negli anni, l’energia incorporata nei materiali di cui è fatto l’edificio: l’impronta ecologica energetica della palazzina è uguale alla sua impronta geometrica – come negli organismi vegetali in natura. Infine, l’acqua piovana viene raccolta e utilizzata per tutti gli usi in cui non è necessario che sia potabile, ed è prevista sia la raccolta differenziata dei rifiuti che un forte incentivo al riuso dei contenitori. E veniamo alla convenienza economica. Il fotovoltaico, si sa, si ripaga in circa 10 anni grazie al conto energia. L’accurata progettazione, supportata da ottimizzazioni eseguite mediante simulazioni accurate al calcolatore, ha permesso di minimizzare gli extra costi sia nell’involucro che negli impianti. Si stima che i maggiori costi relativi all’involucro e all’impianto di climatizzazione, rispetto a una palazzina della stessa qualità realizzata secondo i limiti di consumo imposti dalla legge, si ripaghino in circa 10 anni. Stando così le cose, un edificio a emissioni zero come quello di Angeli di Rosora può costituire un investimento tanto remunerativo quanto gli impianti fotovoltaici. Perché allora si tratta di un esempio raro se non unico? Tre le ragioni principali. La prima è la mancanza di una ampio numero di esperienze che rassicurino chi investe. La seconda deriva dalla maggiore complessità della progettazione. La terza ragione è di ordine culturale. Chi compra un appartamento tende al minimo costo capitale, non pensando ai costi di esercizio: gas ed elettricità, che pure ci sono e che possono essere molto più bassi se si spende di più in una casa a più alta qualità energetica.


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