The Bulb - la lampadina ad incandescenza

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indice la storia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 l’uso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 le influenze sulla società . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 il rapporto prossemico-relazionale. . . . . . . . . . . . . . . . . 29 l’iconografia e il rapporto simbolico. . . . . . . . . . . . . . . . . 35 il rapporto con il marketing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

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storia “Candele e lampade in disputa chiassosa hanno ricoperto i sussurri delle albe. Le morbide lune non hanno più potere sopra di noi, le luci dei lampioni sono più eleganti, più aspre”. Vladimir Majakoskij

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’elettricità e la luce oggigiorno sono ormai parte integrante della nostra vita e del pae-saggio stesso in cui viviamo al punto che vengono considerate scontate sia in casa sia nel posto di lavoro. tuttavia non bisogna dimenticare che fino ad alcuni secoli fa l’uomo si trovava a lottare costantemente con l’oscurità. L’uomo è vulnerabile, perché nel buio non è dotato di un sistema visivo che può aiutarlo ad orientarsi, e pertanto ha sempre cercato espedienti in grado di soddisfare questa sua carenza. Solo con la seconda rivoluzione industriale, collocabile storicamente alla seconda metà dell‘800 vi fu l’avvento dell’illuminazione, concepita principalmente per lavorare durante la notte, che ben

presto trasformò sia dal punto di vista sociale e economico la vita dell’uomo tanto che a pensare oggi a un eventuale blackout equivale a pensare di poter paralizzare il mondo intero. Prima d’iniziare a vedere come l’evoluzione dell’illuminazione e delle fonti elettriche è giusto fare una breve specificazione su cosa s’intenda con il termine “lampada a incandescenza”. La definizione più comune di quest’invenzione è quella di fonte luminosa artificiale prodotta dall’emissione di fotoni da parte di un filamento metallico surriscaldato per effetto del passaggio di corrente elettrica.

prime sorgenti luminose L’uomo primitivo non è mai riu-

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scito a utilizzare fonti luminose, ma adattava i propri bisogni e necessità ai momenti diurni, in cui la luce del giorno gli favoriva ogni azione; egli organizzava la sua giornata in modo da sfruttare al massimo il tempo a disposizione, prima che calasse il buio. I primi tentativi d’utilizzo di sorgenti luminose risalgono all’Homo Erectus, il quale tentò di controllare il fuoco e successivamente anche di ottenerlo attraverso delle pietre o legni secchi. Com’è noto la scoperta del fuoco fu casuale e generò stupore e paura, ma grazie alla loro intelligenza, essi capirono in poco tempo quali benefici ricavare da quell’elemento. Inizialmente il fuoco era utile come una fonte di calore per riscaldarsi, come strumento per allontanare gli animali e difendersi dalle aggressioni; solo in un secondo momento venne utilizzato per illuminare durante la notte, grazie alla creazione di torce ottenute dal legno resinoso degli alberi Da questi rudimentali arnesi l’uomo apprese una nuova valenza del fuoco: poteva pro-cacciare il cibo anche nelle ore seguenti

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al tramonto del sole allontanando allo stesso tempo gli animali più pericolosi; poteva poi usarlo anche come fonte di energia per cuci-nare le carni delle sue prede per farle diventare più saporite. Man mano che le conoscenze tecniche aumentavano, anche gli utensili diventavano migliori: le torce che dapprima erano costituite da legni ed arbusti(spesso conifere) vennero sostituite da legni cosparsi di pece e di grasso animale.

lucerne greche e romane Il passo successivo dell’evoluzione per giungere invenzione dell’illuminazione elettrica, risale a circa 400.000 anni fa. Sono infatti di questo periodo i primi artefatti rudimentali simili a delle lampade a olio costituite da pietre, corni, conchiglie riempite con grasso animale e successivamente con grasso vegetale o oli. La forma era naturalmente semplice: si trattava di ciotole chiuse e modellate in terracotta, o in vetro soffiato, dotate di manico per impugnatura, foro centrale per la carica d’olio e nell’estremità

un beccuccio da quale usciva la fiammella alimentata dall’olio posto all’interno. Sia durante l’età greca che romana possiamo trovare questo tipo di lampada, elementare per quanto riguarda la tecnologia ma molto efficiente nella sua funzione. Bastava infatti riempire la ciotola per garantire la piccola fiammella per un gran numero di ore. Nel 2600 a.C. vennero realizzate lampade in alabastro a forma di conchiglia, il cui utiliz-zo si estese in tutto il mondo rimanendo immutato sino al XVIII secolo.

le candele Dopo le lucerne iniziò la gloriosa epoca del lume delle candele nonostante venissero utilizzate già al tempo degli Etruschi e probabilmente anche dagli antichi Egizi. Realizzate utilizzando del grasso animale mista a paglia vennero successivamente fatte in cera d’api, diventando la diretta evoluzione delle torce primitive resinose. Con il passare degli anni vennero migliorate, aumentando qualità e prestazione, mantenendo allo stesso tem-


po anche un costo ridotto. Nella seconda metà del XIX secolo verrà introdotta la paraffina nella costruzione delle candele al posto della cara d’api e del sego; la prima candela “moderna” prese luce nel 1818 quando i francesi Braconneau e Simonin inventarono la candela stearica.

innovazioni sulle lampade Le prime lampade ad essere realizzate furono quelle a olio, che beneficiarono in un breve arco di tempo notevoli miglioramenti tecnici: nel 1765 a Meissen (Sassonia) venne sviluppata una lampada a pompa e solamente vent’anni dopo il fisico ginevrino Ami Argand diede il proprio nome ad una evoluzione del dispositivo, realizzata con stoppino tubolare e cilindro di vetro. Gli sviluppi successivi risalgono verso la fine del secolo successivo, quando l’olio iniziò a essere sostituito con altri combustibili come il petrolio e i suoi derivanti. La rivoluzione industriale aveva spinto, infatti, a ricercare nuove tecnologie più economiche per l’illuminazione abbandonando

l’utilizzo dell’olio vegetale: costoso ed appiccicoso. A Ginevra, nel 1809 venne ideata anche la lampada astrale o “sinombra”, che spandeva una luce a forma di stella senza proiettare fastidiose ombre. La possibilità di regolare la fonte di illuminazione si ebbe dal 1836, quando venne inven-tata la lampada a regolatore (o a moderatore), in cui il flusso del combustibile era dosato da un tubo montante e da una molla di compressione.

lampade sia in una villa aristocratica che nelle case più povere. Welsbach, chimico e inventore austriaco scoprì infine che il nitrato di cerio, aggiunto a un’inte-

Nel 1847 James Young studiando la composizione delle candele e i principi della materia con cui erano fatte creò il primo olio di paraffina, una miscela d’idrocarburi solidi, in prevalenza alcani, le cui molecole presentano catene con più di 20 atomi di carbonio. Ricavata dal petrolio, si presenta come una massa cerosa, biancastra, insolubile in acqua e negli acidi: con queste innovazioni la lampada si trasformò da una semplice sorgente d’illuminazione primitiva ad efficiente dispositivo che si diffuse in tutti gli strati della società. Infatti in età Vittoriana era possibile trovare le

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sfruttata a livello commerciale dallo scozzese William Murdock, che nel 1803 illuminò il cantiere della fabbrica Boulton & Watt, dove egli stesso lavorava, nel quartiere di Soho a Londra.

laiatura di asbesto impregnato di nitrato di torio dava luogo a uno strato di ricopri-mento in grado di emettere una forte luminosità da incandescenza per riscaldamento da fiamma gassosa. Con esso Auer von Welsbach realizzò una reticella avvolgi-fiamma che, circondando una fiamma poco luminosa del bruciatore Bunsen, era in grado di emettere per riscaldamento un’intensa luce bianca. La lampada ad olio di paraffina venne pressurizzata e dotata quindi di un mantello incande-

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scente che riusciva a fare un maggior spettro d’illuminazione, aumentando l’aurea della fiammella.

utilizzo del gas La scoperta dell’infiammabilità dei gas avvenne alla fine del XIX secolo. Il tedesco Jan Pieter Minckelers nel 1783 studiò tale proprietà e per primo ad usò un lampadario a gas di carbone per illuminare l’aula dove insegnava ai suoi allievi. L’invenzione venne però

Naturalmente, considerando che i costi di questo tipo di lampade rispetto alle candele e a quelle a olio erano molto più accessibili, si pensò a centralizzare il gas nelle città. Ad avere quest’idea fu il tedesco Winzer, uomo d’affari che risiedeva a Londra. Egli diede vita, nel 1807, alla Compagnia Nazionale della Luce e del Calore, riscuotendo sin da subito molto successo nell’ambito commerciale tanto che la società divenne nel 1812 la maggiore società di gas del mondo. Un ulteriore passo in avanti avvenne nel 1887 quando nacquero le famose lampade a gas a mantello, quelle con l’inconfondibile mantello di vetro bombato e allungato che ancora oggi si possono trovare nei mercatini. La luminosità, grazie allo stoppino di tessuto resistente al calore e al mantello di vetro creavano una luce vivida e piacevole, ma


non ancora abbastanza soddisfacente in ter-mini di qualità. Il gas utilizzato era a base di acetilene: una miscela tra acqua e carburo di calcio, ottima per illuminare le case in modo più sicuro.

lampade elettriche ad arco I primi esperimenti con l’elettricità furono eseguiti utilizzando l’illuminazione come carico elettrico intorno al 1902 quando Alessandro Volta inventò la pila e Humphry Davy iniziò a studiare il comportamento dei metalli portati all’incandescenza. Davy studiò principalmente il platino e l’iridio, che grazie alla loro duttilità permettevano di essere ridotti con facilità a filamenti sottili. Purtroppo non erano in grado di assicurare una sufficiente durata, una volta attraversati da corrente elettrica, per essere impiegati a scopo commerciale. Nello stesso anno, Davy scoprì anche il principio dell’arco elettrico e nel 1808 ne fece una dimostrazione davanti alla Royal Institution di Londra senza ottenere successo. L’applicazione elettrica dei suoi studi, diventò possibile solo con l’utilizzo dei

generatori di corrente che verranno inventati dopo il 1950. La lampada ad arco di carbone divenne disponibile all’incirca nel 1850 e raggiunse la perfezione funzionale solo a fine secolo. L’incapacità di regolare l’intensità luminosa delle fonti di luce permetteva il loro impiego solo all’interno di capannoni industriali, grandi negozi, stazioni ferroviarie; insomma grandi aree e spazi che potevano ospitare questi oggetti ingombranti e che potevano disporredi adeguata disponibilità economica per sopperire al costo di mantenimento.

nelle quali era necessario l’uso di effetti luminosi e nel 1858, vide per la prima volta venne montata come luce segnaletica di un faro, a South-Foreland in Inghilterra.

l’arrivo del tungsteno Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del ‘900, anche se era risaputo ormai che per realizzare

Jandus e Marks furono gli ideatori dell’arco elettrico; lo racchiusero in un’ampolla di vetro in modo tale da diminuire l’effetti della luce e allo stesso tempo il consumo del car-bone. La prima applicazione pratica della lampada ad arco avvenne nell’illuminazione di scene teatrali: il suo debutto avvenne nel 1849 a Parigi con la prima dell’opera di Giacomo Meyerbeer, “Le Prophète” nella quale fu usata per simulare il sole. Da questo momento in poi fu utilizzata in ogni rappresentazione

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una lampada a incandescenza era necessario l’utilizzo di materiale con elevata temperatura di fusione ed evaporazione, che per ottenere una durata accettabile del filamento metallico era necessario rendere il vuoto all’interno dell’ampolla, vi erano ancora molti problemi legati alla progettazione e studio delle lampadine elettriche. Nel 1879 si ebbe la prima importante innovazione quando Thomas Alva Edison usò un filamento di cotone carbonizzato, con il quale accese con successo una lampada che funzionò per la straordinaria durata di 40 ore. La lampada che presentò il 31 di dicembre di quell’anno entrò in produzione e fu commercializzata dalla Edison Lamp Company. La prima lampadina a incandescenza venne accesa il 4 settembre 1882 alle ore 15 ne-gli uffici del New York Times di Manhattan da Edison stesso. Gli articoli dei giornalisti, il giorno dopo, si dedicarono alle nuove le luci come “tenui, calde, uno spettacolo per gli occhi” e sottolinearono quanto poco calore emettessero rispetto alle vecchie lampade a gas.

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Edison sosteneva che l’energia termica sprecata con le lampade a incandescenza, fosse solo un quindicesimo di quella sprecata con una lampada a gas: le innovazioni che egli fece, furono molto importanti per l’evoluzione della lampadina ma soprattutto per l’energia elettrica. Il suo genio fu combinare una semplice lampadina al sistema di distribuzione dell’energia elettrica da lui perfezionato, rendendo di pratico impiego l’illuminazione elettrica anche nelle abitazioni. Nel 1882 la società iniziò a produrre elettricità per uso casalingo nella città di New York e da quel momento l’illuminazione elettrica si diffuse rapidamente nelle abitazioni e le industrie di tutto il mondo: Edison gettò le basi per un enorme sviluppo dell’umanità. Edison non fu l’unico a portare avanti studi sperimentali: anche in Inghilterra Joseph Wil-son Swan di Newcastle-on-Tyne presentò una lampada incandescente alla Royal Socie-ty battendo così Edison di 6 mesi. Non si trattava di lampade con l’efficienza molto elevata, come quelle oggi

in commercio, ma era di circa 3 o 4 lm/W con una durata di un centinaio di ore. Il rapito sviluppo del mercato spinse anche Gerard Philips a produrre nel 1891 lampade a filamento di carbone ad Eindhoven: nacque così l’industria omonima che in pochi anni diventò una delle maggiori società di produzione di lampade elettriche al mondo. La prima lampadina “moderna” con filamento al tungsteno venne realizzata alcuni anni dopo; si scoprì infatti che il tungsteno poteva essere il materiale adatto ad irradiare luce. Studi dimostrarono che la potenza assorbita della luce emessa per ogni watt era superiore, sino al doppio, di quella del filamento di carbone. Il solo ostacolo era quello di lavorare il tungsteno per ottenerne dei filamenti molto sottili. La società Siemens riuscì nell’intento e nel 1910 produsse le lampade chiamate Wotan; due anni dopo l’americano Irving Langmuir scoprì che l’evaporazione del filamento con il conseguente annerimento del bulbo di vetro in cui era rinchiuso, si potevano diminuire grazie all’utilizzo


di un gas inerme. Nel 1913 vennero commercializzate le nuove lampade, che decretarono al contempo l’uscita dal mercato di tutti i modelli precedentemente realizzati. Soltanto cinquant’anni altri studi portarono una coppia di americani, E.G. Zubler e F.A. Mosby, ad aggiungere al gas inerme inserito nel bulbo, una piccola quantità di alogeno; inventarono le lampade alogene dotate di ancora maggiore durata del prodotto, di mag-gior potenza e ancor più ridotto rischio di annerimento del bulbo. un ridotto annerimento del bulbo.

no, individuando nell’illuminazione una delle maggiori cause: essa rappresenta infatti circa un quinto dei consumi di elettricità delle famiglie. Le lampadine a risparmio energetico riducono infatti il consumo totale di elettricità di una casa del 10-15%, con un risparmio complessivo per l’Europa di 40 miliardi di kilowatt/ora all’anno (cioè il consumo annuo di un paese come la Romania).

Quando tutte le lampadine a incandescenza tradizionali saranno state gradualmente riti-rate dal commercio nell’UE, i consumatori potranno fra tanti prodotti alternativi, come le lampadine a incandescenza alogene, le lampadine fluorescenti compatte e infine quelle a LED che rappresentano la più moderna tecnologia nel campo dell’illuminazione.

l’addio all’incandescenza Dall’anno della loro diffusione commerciale le lampadine a incandescenza hanno sempre riscontrato consenso da parte del mercato. Nel 2009 l’Unione Europea ha però deciso di ritirarle dal mercato entro la fine dell’anno 2012 in modo da favorire di quelle a basso consumo. La motivazione principale che ha portato a tale scelta è stata la necessità di ridurre le emissioni di CO2 di circa 15 milioni di tonnellate all’an-

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il suo

uso Una nuova tecnologia trova sempre uno spazio in cui poter essere applicata, ma non tutte hanno lo stesso impatto progressista. La lampadina ha cambiato il mondo, personale ed industriale, ed ha oggi una tale diffusione da essere diventata un elemento “nascosto� e dato completamente per scontato.

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a lampada ad arco con elettrodi in carbone fu la prima lampadina elettrica che consentì un ampio sviluppo dell’illuminazione. Questo tipo di dispositivi era particolarmente adatto alle applicazioni che richiedevano elevata potenza luminosa, come i fari ed era quindi impiegata in capannoni industriali, stazioni ferroviarie e in altre grandi aree pubbliche. La prima applicazione pratica della lampada ad arco fu l’illuminazione di scene teatrali. Come abbiamo sottolineato debuttò con successo nell’opera di Giacomo Meyerbeer, “Le Prophète”, nel 1849 a Parigi, dove fu usata per simulare il sole; successivamente, fu utilizzata in tutte le opere e balletti dove erano necessari effetti luminosi.

Nel 1858, fu utilizzata, per la prima volta, anche nel faro di South-Foreland, vicino a Do-ver, Inghilterra in sostituzione della lampadina a gasolio. La diffusione, piuttosto rapida della lampadina nel diciannovesimo secolo, aveva favorito lo sviluppo di una fiorente industria. L’inventore Moses G.Farmer di Salem, Massachusetts, USA, noto per un rilevante proget-to di dinamo, già dal 1858 aveva illuminato una camera della sua casa per un periodo di diversi mesi, realizzando cosi il primo impianto di illuminazione domestica ad incande-scenza. Le lampadine a filamento esposto vennero invece utilizzate in Francia nelle miniere. In Russia il porto di S. Pietroburgo fu illuminato nel 1872 da

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Lodyguine con circa 200 lampadine a incandescenza, realizzate con un blocchetto di carbone in un’ampolla di vetro riempita di azoto. Thomas Alva Edison, realizzo una lampadina affidabile e adatta a una produzione di massa, per i costi minori e la durata maggiore rispetto a quelle inventate in epoca prece-dente. La lampadina che Edison presentò in pubblico il 31 dicembre dell’anno 1879 aveva il filamento

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di carta di alta qualità carbonizzata; e fu proprio questo tipo di lampadina che cominciò a produrre nel 1880 creando la Edison Lamp Company. L’illuminazione elettrica artificiale rivoluzionò le abitudini della popolazione perché rese le città illuminate anche di notte, estendendo la vita anche durante le ore di buio. Il sistema dei trasporti fu il primo a beneficiare di questa invenzione, sia per quanto ri-guarda gli

ambienti (porti, stazioni ecc.) che per quanto riguarda i mezzi (navi, treni, au-tomobili e biciclette). Londra e New York furono le prime città ad utilizzare le lampadine introdotte da Swan e Edison per illuminare la rete stradale: nacquero quindi reti elettriche in grado di ampliare i possibili utilizzi della lampadina anche per l’illuminazione interna di ogni stabile esistente e raggiungibile. L’espandersi dell’uso della lampadina permise quindi di limitare


anche i rischi d’incendio. Nel 1900 inoltre la lampadina a filamento, con una piccola variazione (aggiunta di ma-gnesio) venne utilizzata come flash nelle macchine fotografiche, stimolando uno svilup-po anche in questo settore. Nel mondo dello spettacolo la lampadina fece il suo debutto, ed ancora oggi è uno stru-mento fondamentale per la realizzazione di ogni luce utilizzata per i vari campi artistici. Il teatro, la

televisione e il cinema dipendono fortemente dalla possibilità di utilizzare luci. Infine nell’era moderna, anche l’elettronica sfrutta in tutte le sue forme la possibilità fornitegli dalle varie tipologie di lampadine. I giocattoli, i dispositivi elettronici, gli elettrodomestici, i quadri di controllo e altri dispositivi sono tutti dotati di luci e spie luminose che assolvono diverse funzioni.

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le

influenze sulla società

L’invenzione della lampadina portò grandi cambiamenti nella società del diciannovesimo secolo, rivoluzionando i comportamenti e le abitudini dell’epoca, migliorando lo stile di vita e rendendo le città più sicure.

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egli ultimi anni del XIX secolo vi fu la sorprendente scoperta della lampadina. Tale scoperta ebbe non poche conseguenze nella società del tempo. Per prima cosa, l’invenzione della lampadina contribuì alla creazione nelle più grandi città europee, di una rete elettrica in grado di fornire energia elettrica a tutte le case della città, da qui l’evoluzione del concetto di rete evoluto fino ai nostri giorni con le reti di comunicazione digitale alias, internet.

il negozio moderno Con la scoperta della lampadina è avvenuta anche un’evoluzione dell’illuminazione negli spazi commerciali. La nascita del negozio moderno

avviene appunto grazie all’invenzione della lampadina ad incandescenza verso metà dell’800. Il vecchio negozio che evocava scambi commerciali e baratti all’interno di una società preindustriale, viene sostituito dal negozio moderno showroom, termine che ne descrive alla perfezione la funzione ossia quella di mostrare la merce. I negozi ora grazie alle lampadine, possono estendere e ampliare verso l’interno le superfici espositive. In origine infatti le merci erano esposte sulla strada o vicino all’entrata per consentire alla luce naturale di illuminare meglio la merce. Con l’arrivo della luce elettrica e le migliorie nell’elaborazione del vetro utilizzato per le vetrine, cresce l’importanza delle vetrine

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per una vera e propria messa in scena della merce.

l’illuminazione pubblica Con l’avvento delle lampadine elettriche, le città si illuminarono, di giorno e anche di notte, non vi era più dunque una forte distinzione da giorno e notte, le azioni che facevi di giorno e non potevi fare di notte per mancanza di luce naturale ora potevano essere fatte anche di notte grazie

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alla luce artificiale. Si riscontra inoltre un incremento dell’urbanizzazione in questo periodo, ossia di una mi-grazione dalle campagne, dove non c’erano sistemi d’illuminazione elettrica, verso le città ormai diventate “monumenti di luce”. Parigi ottenne il primato per l’imponenza del sistema d’illuminazione cittadina e venne nominata ville lumiere. Tutte le strade di Parigi erano illuminate di notte da lampadine elettriche creando nella città un’atmosfera onirica e che ha accompagnato tutto quel periodo storico nominato bella epoque. L’illuminazione pubblica fu un grande progresso tecnologico per l’epoca e portò dei cambiamenti nelle consuetudini e nelle abitudini delle persone. Prima della lampadina non vi era la consuetudine di uscire di casa di sera se non stret-tamente necessario o in occasioni particolari, l’illuminazione a gas non era fortemente presente in tutte le vie della città che di sera risultava praticamente avvolta dalle tenebre. Queste tenebre che avvolgevano le città favorivano la grande presenza di criminali-

tà. A causa della criminalità che come un vampiro compariva con le tenebre nelle città europee, le persone erano scoraggiate dall’uscire di sera, per cui la giornata di un cittadino di metà 800, si concludeva dopo cena o dopo aver letto un libro o giocato a carte . Con l’introduzione della luce artificiale, le strade si illuminano anche di notte, la criminalità diminuisce e si sposta nelle periferie non ancora illuminate e le persone iniziano a uscire volentieri la sera, anche solo per passeggiare.

produttività e sicurezza In un periodo storico nel quale le città e l’industrializzazione, assumevano sempre più importanza per la società, le lampadine hanno contribuito all’aumento delle ore produttive giornaliere nelle fabbriche, ora infatti si c’era la possibilità di lavorare anche di notte. Le lampadine hanno anche contribuito a una diminuzione drastica degli incendi sia nelle case che nelle fabbriche. Gli incendi furono un annoso problema nella metà dell’800, causa di questi


incendi molto spesso era una lampada a gas che poteva facilmente cadere e dare fuoco a una intera casa o fabbrica costruite quasi interamente da materiali infiammabili. Con le lampadine a filamento, questo fenomeno non avveniva e rendeva quindi più sicure le case dell’epoca. In pratica i primi cambiamenti portati dall’introduzione della lampadina furono principalmente legati alla possibilità di svolgere attività al buio e di rendere più sicure le città di notte, debellando la criminalità e diminuendo il numero d’incendi.

luce e buio Nel corso degli anni le evoluzioni tecnologiche portate alla lampadina e l’abbattimento dei prezzi al dettaglio, resero l’illuminazione artificiale una realtà di massa nella prima metà del novecento. In quel periodo in Europa stavano nascendo molti regimi totalitari i quali obbligavano il coprifuoco alla popolazione. Il coprifuoco in pratica consisteva nel vietare alla popolazione di uscire di casa dopo una data ora della sera e il divieto di accen-

dere luci in casa. Questo ordine veniva dato per evitare che i cittadini potessero complottare alle spalle del regime oppure attuare controinformazione rispetto al regime. Il coprifuoco venne inoltre utilizzato nella prima e soprattutto nella seconda guerra mon-diale per minimizzare le possibilità di essere vittime dei bombardamenti aerei, il nemico infatti non vedendo fonti luminose sul territorio, non poteva conoscere con certezza l’ubicazione dei centri urbani da bombardare. Il coprifuoco in pratica nega di utilizzare i vantaggi ottenuti grazie alla tecnologia; vedere al buio, possibile grazie alla lampadina, è dunque un vantaggio che in caso di coprifuo-co può portare a conseguenze negative. In una situazione di coprifuoco, si manifesta un ritorno alle abitudini dell’epoca pre-industriale dove uscire di notte è rischioso e sconsigliato.

succubi della luce artificiale Dopo un secolo e mezzo di utilizzo della luce artificiale, siamo ormai dipendenti da essa, basta

solo un blackout di pochi minuti per mandare la popolazione nel panico. Il buio è sempre stato considerato una fonte del male o qualcosa di cui aver paura, basti pensare che da piccoli siamo terrorizzati dal buio e dall’uomo nero, la lampadina ha avuto il merito di sconfiggere in parte questa paura e di portare la luce nelle tenebre cambiando cosi i nostri comportamenti e stili di vita.

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il

rapporto prossemico-relazionale La luce modifica le nostre relazioni, i nostri incontri e il nostro modo di porci nei confronti degli altri. La lampadina ha ribaltato il rapporto tra il buio e la luce permettendoci di dare un valore positivo persino all’oscurità , modificando le stesse relazioni e ponendole sotto i riflettori dell’era elettrica.

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a prossemica è la disciplina che studia ed analizza il rapporto di spazio tra due interlocutori che si trovano in una situazione di comunicazione. Ogni persona ha infatti uno spazio personale, esprimibile in termini di distanza, difeso e personalizzato da ognuno di noi. Esso è impiegato in maniera diversa a seconda di quale rapporto intercorra con l’altro con cui siamo in relazione. L’area più intima è quella più prossima a noi, a circa 45 centimetri, mentre fino ad un metro e poco più gestiamo la nostra area personale che, una volta superata, svela la nostra zona pubblica. Quando entriamo in comunicazione con qualcuno, in base al grado di relazione che abbiamo con esso, gli permettiamo di en-

trare in una di queste aree; maggiore sarà la confidenza tra noi e minore sarà lo spazio che potrà separarci. Difficilmente ci esporremo con persone con le quali abbiamo contatti sporadici e ancor meno con chi è totalmente estraneo a noi; un conoscente o un amico intimo, invece potranno avere con noi una maggiore vicinanza, che si tradurrà anche in un contatto fisico. Nonostante vi siano delle differenze culturali nell’anatomia della prossemica, questo fenomeno accomuna tutti gli esseri umani. La lampadina si inserisce in questo contesto perché è uno strumento che ha variato il comportamento relazionale delle persone, soprattutto nel mo-

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mento in cui interagiscono. Prima dell’avvento della luce elettrica, come è stato già evidenziato, non si riusciva ad ottenere ambienti rischiarati in modo naturale e le candele o le altre fonti di illuminazione a combustibile non riuscivano ad essere delle risorse omogenee e potenti. La luce era quindi necessaria nel momento in cui ci si incontrava per parlare ed essendo soffusa, non permetteva agli interlocutori di distanziarsi molto l’uno dall’altro; era necessario vedersi e quindi ci si sporgeva verso la fonte luminosa, raccogliendosi attorno ad essa. Vedere un lume in lontananza significava aver trovato un luogo abitato, un punto in cui trovare una persona o un gruppo di individui; questo poteva essere un aspetto positivo, nel caso in cui si cercasse ristoro o aiuto, ma anche negativo se si temeva una minaccia o se si cercasse riservatezza. Nella sfera privata, l’intimità era vissuta al buio delle camere perché il lume di candela era consuetudine delle locande e dei tavoli casalinghi, come delle grandi

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stanze delle abitazioni. Con l’avvento dell’energia elettrica e l’invenzione della lampadina la gestione della distanza personale è cambiata, almeno per quanto analizzabile nella società occidentale. La nuova fonte luminosa, più potente, omogenea e fredda ha permesso di dare via ad un cambiamento radicale: i luoghi pubblici, così come le abitazioni, hanno iniziato ad essere sempre più rischiarati dall’installazioni di lampioni e luci. Il momento sociale viene vissuto sotto le fonti luminose, mentre il buio acquista un valore d’intimità che prima possedeva solo per contingenza; la candela diventa un oggetto romantico, affascinante e misterioso, adatto ad un rapporto più intimo. Il buio esterno è pericoloso, mentre se vissuto nelle mura domestiche ha una valenza di riservatezza, di intima segretezza. Gli incontri che avvengono alla luce sono quelli più lontani dalla sfera intima, che raramente vive la sua massima espressione in luogo pubblico; i grandi gruppi, gli amici, i conoscenti e gli incontri di lavoro invece trovano posto

sotto una qualsiasi fonte luminosa moderna. Un esempio di questo cambiamento è il significato che assume il termine “incontro al buio”; prima dell’avvento dell’illuminazione elettrica sarebbe stato sicuramente solamente pericoloso, senza avere alcuna accezione “piccante” di quelle che possiede oggi. La luce continua in ogni caso ad avere il compito di rivelare gli intenti malvagi, di svelare ai nostri occhi quello che si cela nell’oscurità; coloro che hanno intenti criminali ed i mostri si muovono infatti al buio, di notte. La luce inizialmente era uno strumento per scacciare queste paure, illuminando e svelando; oggi però anche la letteratura ed il cinema hanno modificato i classici cliché dell’horror. Sempre più spesso infatti, le creature mostruose vengono attirate dalla luce e non più respinte da essa.


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iconografia e

rapporto simbolico Fin dalle origini il concetto di ‘luce’, sintetizzabile nell’oggetto della lampadina, ha motivato immediati collegamenti alla dimensione dell’intelletto e della genialità. Ecco una rassegna delle più significative frequenze: dalla pittura al cinema, dalla letteratura alla religione, dalla filosofia al quotidiano.

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metafora e simbolo di un’idea È a partire dall’Illuminismo, corrente filosofico-letteraria del XVII secolo, che il campo etimologico della luce viene metaforicamente ricondotto a quello della ragione: ecco il “secolo dei lumi”, il “lume della ragione”, all’insegna della volontà di illuminare la mente dell’uomo attraverso quest’ultima. L’idea fa chiarezza, svela l’essenziale, scopre le verità assolute,ponendo come base del suo metodo la critica della scienza e della ragione stessa. Da qui la metafora più aggiornata della lampadina che si accende, che illumina la parte buia, trasmette luce, genera chiarezza, diffonde conoscenza o intuisce l’idea geniale. Infatti, correlato alla metafora “idea – luce” è il significato traslato di “lampadina” come oggetto che rappresenta la “creatività”, “l’ispirazione” o il “colpo di genio”: una delle iconografie classiche della lampadina raffigura proprio questi concetti.

simbolo di illuminazione L’enorme cambiamento sociale introdotto dall’uso della lampadina ha fatto in modo che nell’immaginario collettivo moderno la lampadina sia diventata il simbolo stesso dell’illuminazione o indicatore comune di una fonte luminosa. Molteplici sono gli usi che si possono

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elencare: indicatore dell’interruttore per l’accensione dei fari negli autoveicoli e nei motoveicoli; programmi preimpostati delle fotocamere digitali, impostazioni per i luoghi chiusi; interfaccia domotica; interfaccia programmi digitali;

simbolo di un brand Sono molteplici le aziende e studi grafici che utilizzano la lampadina come simbolo del proprio brand. La lampadina viene utilizzata per esprimere il concetto di idea, attribuendo pertanto all’azienda (normalmente uno studio grafico-creativo) le caratteristiche di creatività, innovazione e genialità.

nei cimiteri In questo caso la lampadina ha sostituito la candela, la luce come metafora di vita dopo la morte,speranza, luce che illumina il cammino del defunto nell'aldilà e che rappresenta allo stesso tempo il ricordo dei vivi.

iconografia artistico-pittorica nei fumetti - Edi, l’aiutante di Archimede Nei fumetti l’oggetto lampadina è rappresentato da Edi, l’aiutante di Archimede Pitagorico, personaggio dei fumetti Disney. Il nome Edi, utilizzato nella versione italiana, deriva dall’abbreviazione di T. Edison, inventore della lampadina. Edi è un piccolo robot, con la testa a forma di lampadina, che aiuta Archimede a capire il funzionamento delle sue invenzioni e trovarne i punti deboli.

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metafora di “bisca” e mistero Un altro modello iconografico codificato vede la lampadina come unica fonte luminosa all’interno di quei particolari ambienti che rimandano alle sale da gioco clandestine, alle partite di poker tra personaggi loschi. In questi casi è interessante osservare come il fascio luminoso sia solitamente proiettato al centro della tavola o della scena, lasciando in penombra tutto il resto. Anche scene di vita quotidiana e borghese possono prevedere una raffigurazione analoga, ad esempio nel caso di cene o riunioni di famiglia, questa volta ad indicare l’intimità di un nucleo.

nell’immaginario futurista di Giacomo Balla Con Giacomo Balla il tema della luce artificiale diviene un soggetto privilegiato, in linea con la poetica del futurismo: luce come energia, come slancio e velocità,come lotta contro la cultura classicista e simbolista, luce contro la dimensione chiaroscurale dei romantici. Oltre a questo, oggetti come lampade e lampioni che in una prima fase di studi si legano potentemente alla dimensione urbana, divengono poi i soggetti privilegiati di un approccio analitico rispetto al raggio luminoso, tradotto nell’accostamento di segni rapidi e frammentati, che da un nucleo chiaro e potente si irradiano attraverso una scomposizione cromatica.

iconografia cinematografica nei film horror Nell’ambito dei film horror, con particolare attenzione per quelli girati in prima persona, i fasci di luce direzionati e focalizzati divengono veri e propri strumenti di meta comunicazione. Ricordiamo Blair Witch Project dove solo un fascio di luce illumina la zona attorno al personaggio, lasciando tutto il resto buio. In questo caso l’interpreta-

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zione del contrasto è immediato: la luce contro il buio, ovvero il bene contro il male.

la torcia del ladro/spia Altri spunti iconografici sono rappresentati dall’immagine del ladro che di notte entra con la pila in casa, o della spia di turno che entra di soppiatto in un ambiente per cercare documenti segreti. La scena è generalmente illuminata solamente da questo tenue fascio di luce, sinonimo di segretezza e trasgressione alle regole.

luce dell’interrogatorio del “3 grado” La forte luce emanata dalla lampadina che illumina il fuorilegge, portandolo in primo piano, al centro dell’attenzione, facendolo sentire a disagio. Un modo per costringerlo a confessare e per incutergli timore.

il faro del carcere Il forte fascio di luce che percorre il perimetro del carcere, che cerca/ segue il fuggitivo. Metafora del controllo, della ricerca.

il faro-richiamo di Batman Il faro con il simbolo di Batman che illumina la notte a Gotham City, ovvero la richiesta d’intervento del supereroe per sconfiggere i nemici.

il faro marittimo Il fascio di luce che emana il faro avvisa i naviganti della presenza della terra, li conduce nella notte, aiuta la navigazione e indicano punti di riferimento. È pertanto associato a un’idea di guida e di sal-

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vezza; nelle iconografie pittoriche viene molte volte inserito in scene di tempesta.

l’occhio di bue del teatro Il fascio di luce illumina solamente il personaggio, concentra l’attenzione del pubblico su di esso, lo segue nei movimenti. In questo caso diviene vero e proprio strumento di direzione registica.

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il

rapporto con il marketing Vendere un oggetto significa vestirlo di caratteristiche che lo rendano appetibile e gustoso per i consumatori. La lampadina è ormai diventata un bene primario e fondamentale, quasi scontato. Ma il suo valore è spesso maggiore della sua funzione

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L

a lampadina è un oggetto che, grazie ai suoi 130 anni circa di storia, è ben radicato nell’immaginario collettivo; questo fa si che essa sia uno strumento fondamentale per l’illuminazione odierna, ma la rende tuttavia un soggetto nascosto nel settore dell’illuminazione. Essa infatti non è più frequentemente pubblicizzata in quanto tale, perché i prodotti che in realtà sono protagonisti, sono tutte le lampade, i lampadari e simili. La lampadina infatti ormai è un’icona, un elemento fondamentale che ormai viene dato per scontato e che si trova all’interno dei prodotti di settore: viene pubblicizzata o comunicata solamente se vi è una qualche innovazione tecnologica del bulbo. Un nuovo materiale, una nuova forma o

delle nuove caratteristiche prestazionali sono infatti i pretesti per realizzare una nuova comunicazione: cosa che non avviene molto spesso. Questa rappresenta quindi la difficoltà più grossa nell’analizzare il rapporto che quest’oggetto ha con il marketing; difatti è molto più frequente il trovare la lampadina come elemento iconico e grafico all’interno di campagne pubblicitarie o piani di comunicazione che vendono altri prodotti o servizi. L’azione di marketing può essere analizzata sotto diversi aspetti, scomponendo il suo agire in vari campi che sono stati teorizzati da diversi studiosi come le diverse “p” del marketing: prodotto, promozione, packaging, pubblicità, ecc.

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il prodotto Come sottolineato in precedenza, la lampadina ad incandescenza ha smesso di pubblicizza-

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re se stessa quando è diventata un elemento funzionale degli oggetti d’arredamento che permettevano l’illuminazione casalinga. Perdendo la necessità di essere comunicata, ha pian piano variato alcune sue caratteristiche o il suo aspetto per avere delle qualità che la rendessero più appetibile e ne giustificassero la promozione. La forma è sempre stata oggetto di variazioni creative, che le hanno permesso di diventare sempre più un’estensione ergonomica dei lampadari, delle abat-jour e di ogni altro dispositivo di illuminazione; non solamente la forma del bulbo, ma anche gocce affusolate, avvitate su se stesse, con motivi che richiamano il mondo floreale o gli stili artistici. Ancora oggi, l’originaria lampadina ad incandescenza sia stata ormai mandata in pensione da qualche anno, si possono trovare sul mercato lampade di forme molto differenti, a seconda dell’uso e delle necessità di illuminazione che gli ambienti hanno. Anche le dimensioni ovviamente variano, e con l’introduzione moderna delle lampadine a led, abbiamo raggiunto le minori

dimensioni mai raggiunte. La potenza di irradiazione è un’altra qualità che permette di scegliere una lampadina rispetto ad un’altra, anche se si tratta di una decisione che viene presa rispetto alle necessità personali e non per un reale vantaggio; l’ottica del risparmio energetico (argomento entrato in voga alla fine degli anni ‘90, e che si inserisce dentro all’ambito ecologico) si colloca però in questo processo decisionale, e può essere un valore aggiunto dotato di forte appetibilità. Oggi è possibile scegliere anche la tipologia di lampadina che si preferisce ed avere così un controllo della spesa energetica per l’illuminazione; il neon, il led, l’alogeno sono solo alcune alternative tecnologiche che permettono di illuminare a costo ridotto rispetto alla lampadina ad’incandescenza. Ovviamente ogni tipologia ha i suoi punti di forza e le sue debolezze, ma la scelta in ogni caso ne guadagna. Negli ultimi anni è nato anche un altro uso dell’illuminazione, che sfrutta luci led coniugandole con alcuni principi della cromoterapia e unendo il tutto in lampade


dal design moderno e ricercato. Si tratta di lampade che illuminano angoli di ambienti e pareti con lo scopo di trasmettere sensazioni di benessere, di relax e tranquillità. Sicuramente la lampadina non è un prodotto che risponde a bisogni così vari, generalmente si limita al calore ed all’illuminazione, ma ha saputo trovare un certo sviluppo di marketing sfruttando le sue variabili costruttive e gli elementi che era possibile modificare di sé stessa.

il packaging La confezione della lampadina ha sempre avuto alcune componenti

progettuali standard che si sono perpetuate fino ad i giorni nostri, restando costanti nel tempo. La confezione tipica è un astuccio in cartoncino (di dimensione adeguata a quella del prodotto che contiene) stampato, realizzato tramite fustellatrice industriale, che avvolge la lampadina fornendole un’esigua protezione. Le variazioni solitamente includono fori (frontali o alle volte laterali) che permettono di vedere il prodotto, siano essi al vivo o provvisti di copertura in plastica trasparente; ovviamente anche la grafica applicata alla confezione è differenziabile. La forma e le dimensioni degli astucci in cartoncino variano a

seconda della dimensione e della forma degli oggetti che contengono, talvolta assumono forme geometriche più sinuose rispetto ai classici parallelepipedi, ma la sostanza non cambia. La particolarità delle confezioni delle lampadine è che non proteggono adeguatamente l’oggetto, pur avvolgendolo; la confezione in cartoncino infatti non è adeguata a proteggere il prodotto da urti e compressioni, nonostante questo sia molto fragile. Alcune variabili nella creazione delle confezione riguarda casi più creativi dove, la forma della lampadina o alcune sue particolari caratteristiche, hanno fatto si che il packaging venisse re-

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alizzato in materiali più rigidi e protettivi.

pubblicità ieri Le correnti artistiche hanno influenzato molto le rappresentazioni grafiche in ogni epoca storica; la nascita della lampadina, durante il periodo dell’industrializzazione coincideva con lo sviluppo della grafica dei primi manifesti. Stampe semplici e composizioni di elementi su sfondi pieni di colore o monocromatici, sono le prime pubblicità

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stampate delle lampadine che è possibile recuperare; esse pubblicizzavano l’oggetto in quanto tale e nominavano sempre la marca, in un cliché comunicativo proprio delle prime pubblicità. Alcuni esempi, soprattutto quello della AEG (grafica curata da Peter Behrens), sono delle vere e proprie icone.

pubblicità oggi Nella pubblicità stampata o negli spot televisivi, la lampadina viene raramente rappresentata come soggetto della comunicazione, ma quasi sempre utilizzata come elemento iconico; molte delle campagne stampa attuali che rappresentano l’oggetto in questione, ne sfruttano infatti la sua connotazione a fini comunicativi e il fatto che essa sia un simbolo universalmente riconosciuto che richiama alla mente di ciascuno alcuni precisi significati. Non mancano infatti esempi di come l’iconografia della lampadina ad incandescenza viene sfruttata per evidenziare tematiche ecologiche (nel caso degli spot video, questa connotazione è molto frequente); a seconda

del contesto può infatti significare spreco energetico oppure attenzione al risparmio della stessa elettricità . La simbologia dell’oggetto è quindi molto più forte oggi, della sua funzione stessa.


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Amedeo BAZZANI, Silvia BIOLO, Ivan MANARA, Nicola MONTAGUTI, Marco PROVOLO



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