Approfondimenti Manifesto MCE - 5 Rispondere ai bisogni, garantire i diritti di Simonetta Fasoli

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Manifesto pedagogico del Movimento di Cooperazione Educativa Approfondimenti

5. Rispondere ai bisogni, garantire i diritti di Simonetta Fasoli

Nello spirito del dettato costituzionale è sancito il diritto alla conoscenza, nelle sue varie declinazioni, come inalienabile prerogativa della persona, dalla nascita e per tutto il corso della vita. Possiamo a ragione affermare che esso non è solo un diritto costituzionale ma è anche costitutivo della stessa soggettività. Da questo scaturisce una filiera che comprende il diritto all'istruzione e il diritto all'apprendimento in tutti i contesti, formali ed informali, in cui si attivano i processi, nell'ottica dell'apprendimento permanente. Siamo sul terreno dei diritti sociali che, insieme ai diritti politici e ai diritti civili, formano la trama connettiva della nostra Carta costituzionale. Ebbene, i diritti sociali, tra i quali il diritto alla conoscenza assume una funzione essenziale, considerato sia in se stesso sia come fattore generativo di altri diritti, sono manifestamente sotto attacco, per il duplice effetto di una crisi strutturale di dimensioni planetarie e di scelte politico-strategiche di stampo neoliberista. Sta passando l'idea, neanche tanto strisciante, che i diritti sociali, affermati sul piano teorico, possano essere affievoliti sul piano della costituzione cosiddetta "materiale". Le istituzioni del welfare sono sempre più contratte, a partire dai "servizi alla persona" (sanità, scuola, formazione): tutto all'insegna del segno "meno". Ma un diritto non prevede gradazioni: o viene garantito pienamente o viene negato in quanto tale. Se guardiamo alle politiche della conoscenza sotto la specie del diritto, dobbiamo dunque mettere in discussione gli interventi che seguono la logica del rapporto costi/benefici, di tipo puramente mercantile. Uno dei fenomeni che rappresentano in modo più eclatante lo smantellamento dei diritti è sicuramente la precarizzazione del mondo del lavoro, che nel caso degli operatori del mondo della conoscenza si presenta, come sappiamo, in modo endemico e strutturale. E' un esempio illuminante per comprendere come la negazione di un diritto porti con sé la sottrazione di altri diritti: ognuno può capire come una prestazione di lavoro segnata dalla precarietà incida direttamente sulla qualità dell'esperienza lavorativa e al tempo stesso sulla qualità dei processi di insegnamento-apprendimento che sostanziano il diritto alla conoscenza, in tutti i contesti e in tutte le fasi della vita. Non dimentichiamo che il tempo è la variabile determinante dei fenomeni educativi che sottostanno al bene immateriale della conoscenza. Dal versante di chi opera nella filiera della conoscenza, la condizione di precarietà, frammentando il lavoro, altera proprio l'esperienza del tempo, cui viene sottratta la dimensione decisiva del futuro, della progettualità. Dal versante di chi apprende, viene a mancare la continuità stessa del progetto, della relazione educativa che per noi e per tutti coloro che sono impegnati in educazione è parte integrante ed irrinunciabile del processo di insegnamento apprendimento. Nonostante i dati critici strutturali sui quali ci siamo, sia pure sinteticamente, soffermati, i soggetti che operano nella scuola reale e nelle realtà educative informali e non formali dell’extrascuola 20


Manifesto pedagogico del Movimento di Cooperazione Educativa Approfondimenti cercano di mantenere saldo un progetto complessivo, affrontando le difficoltà e sopportando la fatica, le pressioni esterne, i tagli e il venir meno di risorse strutturali necessarie. Tuttavia ci sembra evidente che la posta in gioco sia troppo alta per essere affidata soltanto alla tenacia e alle capacità dei soggetti, per quanto dobbiamo anche a questa loro "resilienza" se ancora oggi la scuola e l'insieme delle realtà che assumono sul territorio una funzione educativa rappresentano un luogo di presidio di democrazia, di pensiero critico, di emancipazione. Pensiamo perciò che, insieme ad un "Patto per il lavoro" sia indispensabile impegnare i decisori politici, ad ogni livello, ad un "Patto per l'educazione". Da tempo le politiche della conoscenza, in tutte le articolazioni, non sono più all'ordine del giorno di programmi politici e di iniziative culturali di largo respiro; al massimo, se ne afferma la priorità come un mero esercizio di retorica politica, cui non seguono fatti concreti. Il sistema della Scuola, dell'Università e della Ricerca, insieme al variegato ambito della formazione, è stato oggetto di interventi frammentati, o, se sistemici, improntati ad una pura logica di contenimento della spesa, spesso con interventi privi di razionalità gestionale. Il rozzo criterio per cui "con la cultura non si mangia" (luminosa affermazione di un ministro del governo berlusconiano) ha prevalso sul principio basilare per cui l'investimento sui soggetti, sulla loro formazione e in definitiva sulla cultura è, anche a medio termine, il più efficace rispetto agli stessi sistemi produttivi. A conferma di tutto questo si aggiunge la mancanza di una politica strategica generale e diffusa della formazione, assente da anni. (link a: necessità di formazione iniziale e in servizio, ruolo delle associazioni professionali, ….)

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