Approfondimenti Manifesto MCE - 6 L'approccio metodologico del MCE

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Manifesto pedagogico del Movimento di Cooperazione Educativa Approfondimenti

6. L’approccio pedagogico del MCE Nel mettere in pratica gli assi valoriali di riferimento e nel tradurli in modi di “educare”, il MCE propone un approccio pedagogico improntato alla centralità dei soggetti, all’attenzione ai processi, alla pratica della ricerca-azione. Ognuno di questi ambiti di riflessione e intervento porta con sé elaborazioni specifiche, atteggiamenti, pratiche consolidate nel tempo, che per poter essere efficaci e aderenti alla realtà che cambia, devono prevedere anche flessibilità, adattabilità, capacità di revisione critica.

I soggetti Il MCE è teso a elaborare idee e pratiche rispettose dei diversi bisogni formativi di cui sono portatori i soggetti che accedono all'istruzione e alla formazione. Si ispira ad una pedagogia che mette al centro la cultura dell'apprendente, la valorizzazione del suo percorso di crescita, l'efficacia dell'intervento educativo. In quest'ottica chi apprende non è un vaso vuoto da riempire di temi cognitivi e valoriali, né il portatore di una cultura passivamente introiettata. Egli può appropriarsi di un sapere significativo, ricco di senso in grado di suscitare il desiderio di ricercare altri saperi. Un sapere co-costruito giorno per giorno con i propri compagni e con l’educatore/insegnante, nel rispetto di un ritmo adeguato ai propri tempi di interiorizzazione. Solo così si può innescare un circolo virtuoso che produca una crescita culturale aperta sempre a nuove possibilità, e soprattutto laica e inclusiva.

I processi Il MCE accoglie, discute, analizza i contributi più aggiornati della ricerca pedagogica e psicologica dell'apprendimento che pongono in risalto stili cognitivi e modalità diverse dell’imparare nell’evento didattico, per dare rilievo non solo ai contenuti ma anche ai processi di apprendimento e alle strategie didattiche conseguenti. Mette al centro della propria proposta la capacità di interrogarsi sui fenomeni sociali, storici, scientifici, per individuarne le contraddizioni, gli stereotipi, i luoghi comuni, gli impliciti, per leggerli criticamente e provare a comprenderli. Privilegia il porre domande, piuttosto che il dare risposte, per insegnare fin da piccoli ad esprimere idee e opinioni, ad utilizzare punti vista e sguardi sul mondo che si arricchiscono nel confronto con gli altri, a capire che non ci sono risposte unilaterali alle problematiche affrontate. Il MCE valorizza la capacità di comunicare il proprio pensiero per tradurlo in oggetto di conoscenza, attraverso l’interazione dialogica e il confronto dialettico che si fanno abito mentale, costume di vita, modello di atteggiamento critico. 22


Manifesto pedagogico del Movimento di Cooperazione Educativa Approfondimenti La ricerca per una didattica viva È proprio l’attenzione ai processi cognitivi, metacognitivi, sociali, linguistico-comunicativi, che presiedono all’organizzazione della conoscenza che ha spinto l’MCE a rivisitare pratiche, a sperimentare e a innovare metodi e strategie didattiche. C'è ancora bisogno di riflessione sul come si fa formazione e sul senso di alcune pratiche, dentro e fuori dalla scuola. C'è bisogno più che mai di ricerca-azione, di momenti di confronto sui percorsi in cui si procede. E sempre maggiore è la necessità di educare nel senso maieutico di ex-ducere. A fronte di una didattica trasmissiva, il MCE persegue l’idea di una didattica viva, che sappia “tirar fuori” e susciti, con adeguati stimoli, processi di conoscenza consapevole e di maturazione della personalità. Ciascun bambino/ragazzo, ciascuna bambina /ragazza, porta con sé una storia, memorie personali e collettive, dei propri luoghi di vita. La classe o il gruppo in generale, possono diventare il luogo della condivisione e del racconto di vissuti ed esperienze personali dove sperimentare, attraverso l'ascolto e la narrazione, l'intreccio tra i processi cognitivi e gli aspetti emotivi e motivazionali della conoscenza.

Il rapporto tra emozione e conoscenza Nessun rinnovamento delle discipline e dell'organizzazione didattica si è operato nel Movimento senza situarsi e trovare senso nella dinamica della relazione educativa e della dimensione emozionale che passa nel rapporto con ciò che si apprende. Nella pratica MCE il livello cognitivo ed emozionale sono interconnessi, pertanto ogni soggettività è riconosciuta e accolta nella sua interezza mente-corpo. La corporeità è intesa come fonte primaria di ogni apprendimento e i ritmi di ciascuno sono da rispettare, come pure i diversi modi di conoscere e gli stili di apprendimento. Negli ultimi anni la scoperta dei neuroni specchio ha permesso di capire molte cose sulle basi neurobiologiche del comportamento umano. Di fatto danno una spiegazione scientifica alla nostra ipotesi di base sui meccanismi che permettono l’apprendimento, sul rapporto stretto e inevitabile tra conoscenza, corpo, cultura. Il processo di conoscenza e di comprensione del mondo avviene attraverso le emozioni che registriamo in noi stessi mentre viviamo esperienze più o meno significative, più o meno capaci di lasciare tracce, memoria, senso.

La relazione educativa Elemento nodale dell’azione educativa sta nella costruzione di “strutture di appartenenza” al gruppo. È importante la cura degli spazi e dei tempi, delle piccole ritualità che diventano significative nel contesto classe, che scandiscono e connotano tempi legati ad avvenimenti interni alla vita del gruppo, creando così il seme di una nuova memoria che serve da supporto per un agire collettivo proiettato nel futuro. È importante valorizzare gli aspetti comunicativi dell’azione educativa per costruire legami forti all’interno del gruppo. Per esempio ponendo al centro “la narrazione”, il “raccontarsi”, una tecnica che favorisce la scoperta di affinità e diversità e che consente di attivare presenza, ascolto, reciprocità, in un processo circolare di scambio tra chi narra 23


Manifesto pedagogico del Movimento di Cooperazione Educativa Approfondimenti e chi ascolta. È un dono al gruppo di una parte di sé, che induce a trovare le vie della comunicazione e della comprensione che favoriscono la coesione interna. È un modo per non perdere la propria identità personale in un’identità collettiva in continua definizione.

La pratica del laboratorio Il gruppo, quindi, è uno spazio relazionale e narrativo, è l' ambiente di apprendimento dove si generano idee, problemi, soluzioni creative e dove il discente assume un ruolo attivo nel processo di conoscenza. Il laboratorio è la forma didattica che rende un ambiente potentemente educativo e formativo. Vi si esercitano processi che danno centralità al soggetto che apprende, il quale “facendo”, “manipolando” contenuti/oggetti del sapere, prende coscienza delle connessioni tra i vari ambiti disciplinari, produce analisi, riflessione, rielabora conoscenze. È il luogo in cui si ricostruisce il senso e la decodifica dei linguaggi specifici con i quali natura e cultura ci parlano; si valorizzano i depositi di memoria collettiva che caratterizzano l’identità storico/ambientale di un territorio e delle persone che lo vivono. È il luogo dell’apprendistato cognitivo, che vede lo studente affiancato dall’adulto ad acquisire conoscenze e maturare responsabilità, consapevolezza, con una progressiva autonomia rispetto al proprio apprendimento. In questo modo anche lo studente più debole si mette alla prova e sperimenta progressivamente la propria autoefficacia. Il gruppo diventa una comunità che apprende: tutti, educatori/insegnanti ed allievi, assicurano una responsabilità congiunta di apprendere ed insegnare reciprocamente.

L’ambiente di apprendimento Ogni realtà educativa è ambiente di apprendimento. È il territorio, luogo fisico, geografico e sociale, con le sue risorse, le memorie, i codici culturali, le lingue e i dialetti, che simbolicamente vi coabitano; è l’insieme delle regole, scritte e implicite, che scandiscono i tempi e l’uso degli spazi, l’esplicitarsi dei ruoli e delle funzioni, il consolidarsi e l’evolversi delle ritualità e delle routine. Il gruppo, come micro-contesto nel contesto più ampio, riveste particolare rilevanza: è il luogo che contribuisce allo strutturarsi delle relazioni, ne condiziona la qualità, ne favorisce lo sviluppo in senso democratico, cooperativo e interculturale o, al contrario, ne inibisce le potenzialità creative e costruttive.

La cooperazione per una comunità di apprendimento Il MCE ritiene che ogni realtà educativa debba organizzarsi come una comunità di apprendimento. La pratica della cooperazione contraddistingue un’autentica organizzazione 24


Manifesto pedagogico del Movimento di Cooperazione Educativa Approfondimenti democratica del gruppo fondata su un modello di funzionamento sociale che valorizza la dialettica tra singolo e gruppo, permettendo una sintesi di livello superiore alla somma dei singoli. In un contesto di questo tipo sarà praticabile il confronto senza giudizio, la collaborazione e non la competizione, la cura dei processi decisionali, che non sarà delegata solo all'insegnante, ma assunta responsabilmente da tutti. L'organizzazione in comunità favorisce l'autonomia, l'etica della responsabilità e la valorizzazione del senso delle regole, della legalità e dell' impegno civico. Si impara ad argomentare, a negoziare, a decentrare il proprio punto di vista. La cooperazione costituisce inoltre il contesto coerente a sperimentare processi di autovalutazione personale e di gruppo, come metodo per imparare ad imparare. Per questo serve anche un lavoro di de-privatizzazione e messa in comune in termini cooperativi delle pratiche didattiche fra i docenti partecipi della comunità professionale. È così che pensiamo si garantisca a tutti una sostanziale inclusione, poiché tutti diventano una risorsa importante, anche quando la divergenza crea momenti di conflitto e genera situazioni di crisi.

L’acquisizione della capacità di gestione dei conflitti Il MCE guarda al conflitto relazionale e cognitivo non tanto come a una difficoltà o un ostacolo da superare, ma piuttosto come a una possibile risorsa. In questo senso, il conflitto diventa una situazione potenzialmente positiva, di apertura, che predispone al cambiamento e alla messa in discussione di valori assolutizzanti e di posizioni rigide, porta ad una maggiore coscienza di sé, degli stereotipi, dei pregiudizi e dei modelli culturali che incidono nel rapporto con gli altri e con il mondo. Il conflitto, se affrontato in modo costruttivo, consente dunque il progredire di tutti nel gruppo: tutti sono stimolati a osservare e ad analizzare le ragioni proprie e degli altri: le relazioni prendono forma e possono essere viste per quello che sono. Il conflitto riveste inoltre un ruolo fondamentale nel processo di comprensione e di acquisizione delle conoscenze, obbligando a non dare niente per scontato, a relativizzare le proprie ipotesi e ad assumere come possibili anche gli approcci e le soluzioni degli altri ai problemi che si incontrano. Diventa in tal modo il terreno dove concretizzare la capacità di mediazione e di cocostruzione di una cultura comune.

Un metodo/non metodo Diversamente da altre scuole di pensiero e di pratica educativa (come ad es. la Scuola Montessori o la Scuola Steineriana), che propongono un metodo codificato, al quale vengono rigorosamente formati i docenti che andranno ad insegnare in quelle scuole, iI MCE propone sostanzialmente un modo di porsi da parte del docente, che significa assumere un atteggiamento costante di auto-osservazione e di riflessività sul proprio modo di insegnare, che spinge costantemente a valutare in termini critici, prima ancora dei risultati, il contenuto, il processo e le 25


Manifesto pedagogico del Movimento di Cooperazione Educativa Approfondimenti premesse del proprio progetto educativo-didattico: in una parola il MCE propone la ricerca-azione. Si tratta di un metodo/non metodo fondato nelle sue premesse e prime formulazioni sulle tecniche Freinet, che danno valore “all’esperienza” in tutte le sue dimensioni e alla sua rielaborazione consapevole: “esperienza” di realtà immaginativa, cognitiva, sociale, storica, scientifica, matematica … Un approccio che stimola negli allievi l’attitudine a farsi e a porre domande, valorizzando le preconoscenze intuitive individuali, la capacità di fare ipotesi, di esplorare i territori della ricerca, di elaborare idee e progetti per il futuro. Che predispone le condizioni affinché si possano non solo acquisire le conoscenze, ma anche le capacità di saperle usare in modo che diventino competenze, con un’attenzione agli aspetti procedurali, di metodo: facendo osservazioni, ipotesi, confronti, stabilendo correlazioni, individuando somiglianze e differenze, cogliendo opposizioni e affinità, diversità di punti di vista … Un metodo/non metodo che ha acquisito la sua forza, la sua credibilità ed efficacia dal rimanere sempre aperto alle innovazioni e ai cambiamenti, generativo di idee e di pensiero, che si interroga sui mutamenti sociali, culturali, sulle contraddizioni che permeano la società in cui viviamo per capire il senso e la funzione dell’intervento educativo nel contesto attuale.

L’educatore/insegnante MCE Nella tradizione del MCE, l’educatore/insegnante che si ispira al metodo/non metodo della ricerca-azione così delineato, cerca di “percorrere anche strade diverse”, non cerca un “modello” di pensiero pedagogico da seguire, ma preferisce assumere un atteggiamento di ricerca e di sperimentazione personale di strumenti e di metodologie, che possano aiutare tutti i soggetti in apprendimento a migliorare la qualità e il senso dell’apprendere. Si accosta alla “cultura” nel senso più profondo del termine, quando essa determina curiosità, voglia di conoscere e genera idee, intrecci, paradigmi, rielaborazioni personali complesse e stimolanti da riportare nel proprio agire educativo come arricchimento per la costruzione di percorsi formativi originali. L’educatore/insegnante MCE sceglie di stare costantemente in un processo di formazione e auto-formazione lungo e faticoso, in cui non si chiedono e non si danno ricette, né tecniche preconfezionate per risolvere prontamente problemi di natura educativa o didattica. In questa dimensione la formazione assume l’elemento caratterizzante la propria professionalità, proponendo modelli di sapere non cristallizzati ma complessi, dinamici, costantemente in divenire, da verificare e mettere in discussione continuamente.

Il laboratorio adulto È il luogo privilegiato per questo tipo di formazione, che chiama l’educatore/insegnante a mettersi continuamente in gioco in prima persona, favorendo l’intreccio tra piano personale e 26


Manifesto pedagogico del Movimento di Cooperazione Educativa Approfondimenti piano professionale. In esso si valorizza il costante andirivieni tra il “fare” e il “pensare sul fare”, si apprendono nuove tecniche sperimentandole, si scoprono saperi che non si sapeva di avere, si dà valore agli inciampi e ai conflitti che consentono di incontrare veramente altro da sé e di cambiare punti di vista, si rintraccia il nesso tra emozione e conoscenza. La formazione a cui il MCE si riferisce è quella che anche l’Università dovrebbe offrire ai giovani insegnanti e che non si occupa solo degli aspetti teorici, ma anche di far sperimentare le buone pratiche da mettere in campo, creando mutui scambi formativi. All’interno della scuola e delle realtà educative, nella comunità di pratiche professionali, se si realizzassero laboratori di riflessione sulla propria azione educativa, si darebbe modo di stimolare processi di analisi, di confronto, di rielaborazione delle forme e dei contenuti, degli scopi della didattica. Si darebbe modo alla cultura pedagogica di crescere e di far diventare ogni realtà educativa un luogo di ricerca, sperimentazione e formazione.

La valutazione come valorizzazione Il MCE accoglie la concezione e la pratica di valutazione “formativa” codificata con la legge 517/1977 che ha abrogato voti e pagelle, sostituendoli, nella scuola dell’obbligo, da una scheda di valutazione e da giudizi analitici (nelle discipline) e globali (relativamente ad aspetti motivazionali, comportamentali e di maturazione complessiva del soggetto). Una valutazione che, accanto al giudizio sulla singola prestazione, si avvale di una serie di strumenti di rilevazione - osservazioni sistematiche, prove di verifica, conversazioni, fascicoli documentari, dossier, monografie … valutazione diagnostica, in itinere o intermedia - per approdare alla valutazione finale. È formativa in quanto segue e accompagna i processi, non si limita a registrare risultati; e in quanto è continuamente ridefinibile e spinge l’insegnante a tentare strategie diverse, a rivedere la propria azione educativa, la propria programmazione, a giustificare successi e insuccessi. In questo senso si iscrive in una pedagogia dell’esito formativo, del successo e non della classificazione notarile dei risultati degli alunni. Valutiamo l’errore, che va distinto dallo sbaglio, come l’inciampo che richiede assestamento, risorsa per la conoscenza, che dà allo studente una chiave di consapevolezza importante per comprendere e riflettere sulle proprie capacità e superare le proprie difficoltà. Pensiamo sia necessario che i docenti, di fronte alla verifica del mancato successo degli allievi attivino processi di l’autovalutazione del proprio repertorio di strategie di insegnamento e della propria competenza professionale per offrire una possibilità immediata di aiuto finalizzato a superare in itinere delle difficoltà. La causa del successo/insuccesso dell’alunno non può, perciò, essere attribuita soltanto alla capacità/incapacità dell’alunno, al suo elevato/scarso impegno, ... ma dovrebbe essere assunta come co-responsabilità del processo di insegnamento/apprendimento.

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