Carloforte MA 2012

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nche quest’anno il Comune di Carloforte ha aderito all’iniziativa Monumenti Aperti inserita nell’ambito del Girotonno, rassegna enogastronomica internazionale sul tonno di qualità. Così nei giorni 2 e 3 giugno si incontrerà per le vie du paize un piccolo esercito di “ciceroni” che “tuteleranno” i monumenti, dalle piazze alle chiese passando per le mura e i fortini e diventeranno guide per adulti alla scoperta di un patrimonio sconosciuto. Il progetto, che all’Amministrazione è parso da subito un’occasione importante per avvicinare i ragazzi allo studio storicoartistico, alla promozione e alla salvaguardia dei monumenti della cittadina carolina, ha incontrato l’entusiamo e la piena collaborazione dei docenti della Scuola Secondaria di I grado che ne hanno ravvisato un significativo valore formativo per i ragazzi. L’idea è di far comprendere ai ragazzi la bellezza di un coinvolgimento civile ed emotivo verso un bene comune. La tutela dei beni culturali rappresenta oggi più che mai l’indicatore della perdita o dell’acquisizione della qualità della vita dell’uomo e dell’ambiente. È necessario preoccuparsi e investire nella direzione del recupero, del ripristino e della tutela dei beni culturali. Tali iniziative propongono di salvare la memoria, le sue più profonde radici culturali ed educare alla cittadinanza consapevole i giovani. Cosa significa consapevole? Significa imparare a riconoscere i beni culturali come emergenze monumentali e insieme manufatti antropologici, radicati nel tessuto culturale e sociale di una comunità, segno forte della sua identità e, al tempo stesso, veicolo di sentimenti di appartenenza, di solidarietà, di condivisione. La scuola si inserisce in tale prospettiva formativa indicando, quale strumento privilegiato per l’acquisizione delle proprie radici culturali e di atteggiamenti propositivi nei confronti del futuro, la conoscenza del bene culturale: Si è convinti che cittadino, infatti, è colui il quale costruisce la propria persona attraverso due assi educativi fondamentali, in tensione dialettica fra di loro e non conflittuale: l’educazione alla cittadinanza ovvero all’universalismo e l’educazione alla identità locale. L’esperienza maturata e i risultati positivi ci fan ben sperare Agostino Stefanelli Sindaco di Carloforte

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Il Comitato Scientifico Regionale Consiglio Regionale della Sardegna Claudia Lombardo Maria Santucciu Regione Autonoma della Sardegna Assessorato al Turismo Luigi Crisponi Artigianato e Commercio

Assessorato alla Pubblica Istruzione, Sergio Milia Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport

Direzione Regionale per i Beni Culturali Maria Assunta Lorrai e Paesaggistici della Sardegna Sandra Violante

M.I.U.R. Ufficio Scolastico Regionale Enrico Tocco per la Sardegna Rosalba Crobu

Comune di Cagliari Massimo Zedda Enrica Puggioni

Provincia di Cagliari Angela Maria Quaquero Ufficio Regionale Francesco Tamponi Beni Culturali Ecclesiastici

UPI Sardegna Francesco Putzu

ANCI Sardegna Cristiano Erriu Umberto Oppus Università degli Studi di Cagliari Giovanni Melis Università degli Studi di Sassari Attilio Mastino Pinuccia Simbula Imago Mundi Associazione Culturale Fabrizio Frongia Armando Serri onsorzio CAMU’ Centri d’Arte e Musei Francesca Spissu C Giuseppe Murru Società Cooperativa Sociale Il Ghetto Alessandro Piludu Nicoletta Manai

Confesercenti Regione Sardegna Marco Sulis Confcommercio Sardegna Gavino Sini

Agenzia Nazionale Gianpiero Liori Sviluppo Autonomia Scolastica

Sardegna Solidale Roberto Copparoni Centro Servizi per il volontariato

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urismo, identità e cultura, una combinazione ideale per una terra depositaria di tradizioni millenarie. Oltre che da spiagge bianche e mare cristallino, i viaggiatori sono sempre più attratti da manifestazioni e itinerari culturali e da località d’arte della Sardegna. Una recente indagine conferma il trend, nel primo semestre 2011 nell’Isola è cresciuta del 20% la frequentazione di luoghi di interesse storico – artistico, un dato con pochi confronti in Italia. Fra le motivazioni alla vacanza, spiccano le visite al patrimonio artistico e monumentale: ‘uno scrigno di tesori’ composto in Sardegna da antichi palazzi e castelli, basiliche e musei, parchi minerari e archeologici, e disseminato sull’intero territorio. Un patrimonio da preservare innanzitutto, poi da riscoprire per i sardi e, nel contempo, da condividere con i visitatori con l’accoglienza della quale l’Isola è capace. Da condividere con itinerari culturali, come appunto Monumenti aperti, evento che suscita suggestioni ed emozioni uniche. La domanda turistica è orientata alla ‘memoria’ e alla cultura, perciò la Regione Sardegna promuove l’architettura storico - artistica, simbolo di identità, così da assecondare anche il profilo moderno dei nostri visitatori, culturalmente preparati, rispettosi e desiderosi, oltre che di ‘vivere’ l’unicità di paesaggi incantevoli, anche di conoscere beni culturali e manifestazioni tradizionali. Luigi Crisponi Assessore regionale del Turismo, Artigianato e Commercio

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nno dopo anno, Monumenti Aperti rappresenta un momento importante che va oltre la semplice manifestazione culturale. È la condivisione della conoscenza del nostro patrimonio di cultura, di memoria e di storia condivisa. È la consapevolezza che i beni culturali rappresentano veramente noi stessi, la nostra espressione artistica e creativa, interprete dell’epoca che li ha visti nascere. È la testimonianza di quanto la cultura non sia un bene privato, ma collettivo, che aspetta di essere riscoperto, esposto, valorizzato, divulgato, fruito. Con Monumenti Aperti si vive un momento popolare e di festa dove un pubblico sempre più attento e consapevole delle potenzialità del nostro patrimonio artistico-architettonico, diventa protagonista della storia della nostra Isola. La promozione del nostro grande patrimonio culturale si è trasformata nel corso degli anni, proprio grazie a questa manifestazione, in un momento festoso e popolare che raduna giovani e meno giovani, studiosi della materia e semplici curiosi, studenti e volontari culturali. Tutti ugualmente coinvolti in un’attesa opportunità di arricchimento storico e culturale dove il nostro passato e il nostro presente si fondono per dare a tutti la consapevolezza che dobbiamo tramandarlo gelosamente, nel migliore dei modi, alle generazioni future. Sergio Milia Assessore regionale della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport monumentiaperti

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Chiesa della

Madonna dello Schiavo La piccola chiesa sorge in via xx settembre, sul lato sinistro provenendo dal lungomare. Si trova tra due palazzine di civile abitazione, ed è un piccolo santuario chiamato affettuosamente dai carlofortini “Gexetta du Previn” (chiesetta del pretino) in onore del giovane sacerdote: Don Nicolò Segni, che li seguì e li confortò, quando ridotti in schiavitù vennero portati a Tunisi dai Barbareschi. La storia di questa Madonnina, a cui la chiesa è dedicata, è ricca di fascino. Il 15 novembre 1800, si racconta che il giovane schiavo Nicola Moretto trovò a Nabel, presso Tunisi, una polena tra due alberi, uno di limone e uno di datteri, e che per lui tale visione, fu come un segno premonitore. La nascose gelosamente e l’affidò poi al “previn” con l’intento di riportarla in patria, una volta liberi. Così fu. La schiavitù terminò nel 1803, grazie anche all’intervento di alcuni sovrani, tra cui Napoleone ed il Pontefice di allora, che intervennero presso il Bey di Tunisi, per riscattare la comunità. Al ritorno in patria, si decise di dedicare alla Madonnina liberatrice, un oratorio la cui costruzione iniziò il 15 ottobre 1807 e fu completata, dopo varie interruzioni, nel 1815. Sopra il portale d’ingresso, nella parete interna, è custodito un organo a canne di scuola napoletana, che risale circa al 1850. Ha una tastiera a pannello di 45 tasti in 4 ottave, una pedaliera con 8 pedali, e “registri” verticali. È l’organo più antico della cittadina, retto da una balaustra in legno alla quale si accede tramite una scaletta a chiocciola. Dal settembre 1988, in occasione del 250° anniversario della fondazione di Carloforte, vennero traslate da Tunisi le spoglie di uno schiavo ignoto, che riposano sulla parete destra d’ingresso. Ogni anno, il 15 novembre, è festività solenne per la comunità; il simulacro della Madonnina viene portato in processione, per ricordare il periodo della schiavitù e della liberazione.

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Chiesa dei

Novelli Innocenti Sull’origine di questa chiesa si conoscono due versioni: una racconta che venne fatta costruire dal papa Gregorio IX nel 1236, durante le crociate, per ricordare il disastroso naufragio di alcuni giovani che perirono nel mare in tempesta in prossimità dell’isola nel 1212. I giovani erano partiti da Marsiglia con l’intento di giungere a Gerusalemme per liberare il Santo Sepolcro. Intento nobile il loro, ma mai giunto a compimento, che il destino ha però voluto che fosse ricordato. Un’altra versione leggendaria, e poco accreditata, lega l’origine al viaggio che compì, al suo ritorno dall’Africa, l’apostolo Pietro, che fece sosta nella piccola isola per riposare. Per ricordare l’illustre personaggio, che ha dato nome all’isola, venne edificata la chiesetta intitolata in suo onore S. Pietro. Si sa che l’edificio è la più antica costruzione di Carloforte, testimoniato dal primo nucleo di Tabarchini che vi trovarono il luogo di culto, e dalla presenza del piccolo campanile a vela, sul lato sinistro dell’edificio. La chiesetta sorge su un’altura, in località Pozzino-Fontane, rimane ancora oggi in periferia rispetto al centro abitato. Ricostruita e restaurata nel 1796 dalla nota famiglia Porcile, venne aperta al culto il 14 novembre dello stesso anno). L’impianto originario venne ampliato ed è quello che tuttora vediamo. Venuta a mancare la famiglia Porcile, col tempo la chiesa iniziò a decadere sia d’importanza, perché tutte le funzioni religiose si svolgevano ormai nella chiesa parrocchiale, sia nella struttura muraria. Nel 1986 venne riabilitata e considerata “monumento nazionale” dalla Soprintendenza alle Belle Arti di Cagliari. All’interno della Chiesa si conservano le spoglie dei giovani innocenti ritrovati sulla spiaggia dell’isola nel lontano 1212, le spoglie dell’ammiraglio Vittorio Porcile, di Agostino e del sacerdote Andrea, figli del conte Giovanni Porcile. La chiesa ha nella parte antistante un piccolo sagrato recintato da cinta muraria. Attualmente viene aperta al pubblico in poche occasioni, come per esempio per la festività di S. Pietro ed altre ricorrenze.

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Chiesa di

San Carlo La costruzione dell’attuale chiesa di San Carlo risale al 1773. Nel 1775 vennero completati i primi lavori di muratura, grazie anche al notevole aiuto finanziario e la mano d’opera fornita dalla popolazione, guidata nell’esecuzione dei lavori dall’ingegnere Viana; responsabile dell’impianto urbanistico del nascente centro abitato. Aperta al culto nel 1797, venne completata con il campanile posto sul lato sinistro dell’edificio, in posizione secondaria rispetto alla facciata; esso ha base quadrata e termina restringendosi. In origine conteneva quattro campane, una di queste recuperata da un bastimento, lesionata dal tempo, cadde il giorno di S. Pietro del 1909. La chiesa, oggi parrocchia, è in stile neoclassico e si trova in prossimità della piazza Repubblica nel centro abitato. La facciata, semplice ma elegante, ha al centro un portale ligneo sormontato da un piccolo frontone. L’interno è formato da una sola navata, divisa dall’abside da una balaustra in colonne marmoree policrome, sul cui ingresso sono posizionati due piccoli leoni. Alcuni scalini mettono in rilievo l’altare maggiore, sopraelevato rispetto al resto della pavimentazione, il quale in una nicchia in alto, conserva la statua del santo protettore. L’altare originario in pietra fu sostituito con uno in marmo. Tutta la chiesa, nel corso del tempo, è stata arricchita di decorazioni, fregi e statue, grazie alla generosità dei cittadini che hanno fatto numerose donazioni.

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Cine Teatro

Cavallera L’imponente e ampia costruzione di forma rettangolare, su più piani, sorge, per chi arriva sulla sinistra del lungomare. È un edificio con pietra a vista che sembra incompleto nella sua costruzione nota anche come “Casa del proletariato” o come “Palassiu” (nel dialetto locale). Venne iniziato nel 1920 e completato nel maggio del 1922, per ospitare le prime organizzazioni sindacali dei battellieri e di altre categorie di lavoratori, con scopi assistenziali e previdenziali. Il 2 marzo del 1922 infatti si era costituita una cooperativa con 1800 soci, che elesse il Consiglio d’Amministrazione composto da 9 rappresentanti il cui presidente fu Giuseppe Cavallera, personaggio noto a Carloforte per aver istituito nel 1897 una “lega di resistenza” tra battellieri che venivano sfruttati disumanamente e mal pagati e che spinse a riscattarsi, organizzando le prime forme di lotta attraverso scioperi. Per questa sua attività sindacale venne condannato e arrestato, ma il suo sacrificio permise ai carlofortini di ottenere migliori condizioni di lavoro. Per questi motivi l’edificio è dedicato a lui che fece tanto per la comunità, al quale rimase legato affettivamente tanto da chiedere di esservi sepolto. Giunse nell’isola da Cuneo nel 1897 come medico curante e subito rimase colpito dalle tristi condizioni dei galanzieri, che lavoravano nelle miniere del Sulcis-Iglesiente gestite da padroni francesi, inglesi e belgi. Nel 1898 sposò una ragazza di Carloforte, Anna Vassallo da cui ebbe sei figli; eletto sindaco nel 1906, fu costretto poi, per impegni politici, a trasferirsi a Roma dove fu deputato e senatore. Morì nella capitale nell’agosto del 1952.Col tempo, quando tali organizzazioni sindacali persero il loro ruolo, l’edificio venne trasformato in cine teatro diventando un luogo di svago per la comunità. Il piccolo teatro ha da sempre ospitato note compagnie di operetta, attori e cantanti famosi. Se l’esterno è spoglio, l’interno è elegante e sobrio allo stesso tempo. È in stile liberty con ampio palcoscenico e spaziosa platea; lungo tutti i lati si trovano le logge o gallerie, rette da lunghe colonne, con inferriate liberty che danno leggerezza e spaziosità alla sala.

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Cinta Muraria Difendere la piccola isola che si trova a sud-ovest della Sardegna, era in passato un vero e proprio problema sia per la sua collocazione geografica, che per le sue coste, spesso prese di mira dalle incursioni barbaresche. Si decise di erigere il primo fortino di avvistamento e di difesa nel 1738, ma solo nel 1768, venne iniziata la sua costruzione con pietra locale e blocchi di trachite; esso venne chiamato “Torre Vittorio” in onore del Principe Vittorio Amedeo III di Savoia, prossimo Re di Sardegna. Aveva lo scopo di difendere la zona sud, pianeggiante e di facile approdo. Quest’unica torre però non servì a difendere l’isola dall’invasione francese nel 1793, per cui la costruzione non fu più usata a tale scopo. Ancora oggi esiste nello stesso sito, in località Spalmadoreddu, un edificio sede dell’Osservatorio Astronomico, di notevole importanza scientifica, per la posizione favorevole occupata nella collina e la visibilità stellare che consente. Dopo il 1798 si sentì maggiormente l’esigenza di difendere l’isola per cui nel 1806 venne iniziata la costruzione di una cinta muraria che racchiudesse tutto il centro abitato. Nel 1806 iniziarono i lavori di costruzione del 1° fortino, in prossimità del lungomare, chiamato Emanuele in onore del Re. I lavori continuarono per tanti anni, perché il progetto prevedeva una cinta muraria impegnativa nella lunghezza, intercalata da fortini e da porte che venivano chiuse al tramonto e riaperte all’alba. L’opera fu completata solo nel 1914, anche se ormai la sua funzione era venuta meno. Dal 1816, infatti, le incursioni barbaresche si fecero meno frequenti per cui le torri, persero il ruolo di difesa cadendo così in stato di abbandono. Furono in parte messe in vendita e acquistate sia dal Comune che da privati cittadini, che le trasformarono in civile abitazione. Solo il forte “della Sanità” restò al Demanio per sistemarvi la Regia Guardia delle Gabelle, trasformato poi in Lazzaretto. Nel 1924 si stabilì di demolirlo e di utilizzarne le pietre per costruire la diga sul porto. Stesso destino subì anche il forte S. Carlo nel 1928. A demolire gli altri fortini ci pensò l’incuria e il tempo. Resta oggi visibile il Santa Teresa. Recentemente le mura esistenti sono state restaurate e vi è stata aperta un’ampia porta destinata al transito delle auto, segno dei tempi.

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Castello Forte Carlo Emanuele Prigione Portale del

Sulla parte alta del paese, all’incrocio tra la via Genova, nota come “Ripa du Pimpina” e la via Marconi, già via Stendardo, sorge il Forte Carlo Emanuele, in origine “ porta d’accesso alla cittadella o castello”. Risale al 1738, venne edificata nel giro di poco tempo, forse un mese, perché vi dovevano trovare urgente riparo uomini e armi per la difesa della comunità. La costruzione ancora solida e robusta, sorge su uno sperone roccioso, consta di due piani, 7 vani e un ampio cortile interno. Era il primo edificio in muratura, che i Tabarchini realizzarono circondandolo di abitazioni in legno, che furono però distrutte da un incendio nel 1739. Tale costruzione si salvò e col tempo fu adibita a vari usi. Sino al 1807 in prossimità di tale edificio, veniva issato lo Stendardo Sabaudo, in onore del re. In prossimità del fabbricato, si trova l’antica Cisterna del Re che serviva al pubblico approvvigionamento idrico. Essa si trova al di sotto di una casa privata e non è perciò visibile dall’esterno. Come Cisterna del Re è invece erroneamente nota la costruzione in muratura ad est del forte, a pianta quadrata, con arcate laterali, che reggono una cupola tonda. Questa risale ai primi del 1900 ed è un’altra cisterna che con la prima non ha nulla a che fare. Poiché risultava insufficiente alla comunità, venne successivamente costruito, nel 1790, un cisternone, un edificio più ampio, di forma rettangolare, aperto lateralmente da arcate arricchite da fregi e decorazioni, che davano all’architettura un aspetto importante. Vi convogliavano le acque del canale del Generale, unico corso d’acqua allora esistente. Nel 1965 tale edificio venne demolito, per essere sostituito da una moderna costruzione che cancellava, così, un originale monumento della storia locale.

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Monumento ai

Caduti

Piazza Pegli, dove attualmente si trova il monumento ai caduti, prima degli anni ’30 era una zona periferica scarsamente abitata e circondata da campi coltivati. Il Monumento venne edificato per volere di un emigrato carlofortino, Antonio Ferrando. La costruzione fu iniziata tra il 1930-31 e ultimata il 4 giugno 1932. Internamente vi fu collocato un cippo quadrato sui cui lati vennero posizionate lastre marmoree con incisi i nomi dei caduti carlofortini nella prima guerra mondiale. Il monumento si ergeva isolato nel campo, e restava fuori mano sia per la popolazione che per i visitatori della cittadina. Per questo negli anni 1959-60, essendosi esteso il centro abitato intorno a Piazza Pegli l’amministrazione comunale decise di dare una sistemazione più degna al monumento. Fu così smontato e trasferito al centro della piazza. Nel rimontarlo venne alleggerito di quei simboli e quelle scritte che ricordavano il fascismo: dalla cima in alto vennero tolti l’ornamento finale e dall’interno il cippo centrale, per avere più spazio e posizionare negli angoli interni altre lastre in marmo e commemorare così, anche i caduti della Seconda Guerra Mondiale. L’ornamento finale è stato ricollocato all’inizio del 2010.

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Saline

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Le Saline Nel 1770 il governo Sabaudo pensò di sfruttare in maniera razionale gli stagni trasformandoli in salina artificiale grazie al progetto del misuratore Andrea Golla. L’attività delle saline fece sentire il suo peso sull’economia del paese a partire dal 1774 incrementando l’attività portuale con imbarcazioni cariche di sale pronte a salpare per Genova, Nizza, Savona. Più tardi nel 1882 l’Intendenza Generale del Regno bandì un appalto per la “costruzione di un canale con il suo ponte nelle saline di Carloforte”. Il canale servì a difendere le saline dalle alluvioni sia al trasporto del sale. La produzione di sale cessò nel 1998. L’immissione di acqua dal mare inizia nel mese di marzo,. Alla fine di Agosto termina la campagna salifera. Ancora oggi continua l’attività del mantenimento dell’equilibrio idrologico delle caselle salifere le cui acque ospitano una varia e ricca fauna avicola. Tale “zona umida” è sito di alimentazione, riproduzione e svernamento di numerose specie di uccelli migratori. Si possono vedere fenicotteri rosa che trovano il loro alimento preferito, l’Artemia salina, piccolissimo crostaceo che conferisce a questa specie la vivace colorazione rosa del piumaggio; Avocette, Cavalieri d’Italia, Il raro Gabbiano corso, Aironi e Garzette.


Ex Mercato Civico

EXME’

L’edificio è situato nella via XX settembre, la via commerciale principale della cittadina, a pochi metri dalla chiesetta della Madonna dello Schiavo. L’area in cui sorge ospitava in precedenza l’abitazione del dott. Gioacchino Porcu, medico proveniente da Cagliari, che esercitò a Carloforte la sua professione nella seconda metà del 1700; alla sua morte, avvenuta nel secondo decennio del 1800, questì lasciò la sua proprietà alla Congregazione del Santissimo Sacramento. Fu nel 1929 che il Comune l’acquisì, conseguentemente alla vendita che ne era stata fatta. In quel periodo a Carloforte si era sentita l’esigenza della costruzione di un mercato civico, dato il bisogno di poter disporre di un locale dedicato alla vendita di beni alimentari, tra i quali i prodotti ittici, fino a quel momento avvenuta per la strada, in modo particolare nella piazza del paese. I lavori iniziarono nel 1930 e durarono quasi un ano e mezzo. Il mercato così costruito lavoro a pieno ritmo per diversi anni, con un calo nell’ultimo periodo della sua esistenza, fino al 2005, anno in cui smise di funzionare. Venne quindi demolito e ricostruito col nome di Exmè, che per un paio d’anni ha funzionato come sala congressi. Dal 2009 lo stabile è principalmente la sede della Biblioteca Comunale, ma continua ad essere usata anche come sala conferenze. Il suo aspetto esteriore ha conservato le caratteristiche di quello originale del mercato, avendo subito solo alcune modifiche nella struttura superiore in inferriate, sostituite di sana pianta con materiale nuovo e modificate leggermente nello stile. Internamente, invece, oltre alla completa ristrutturazione che include anche la pavimentazione, ora in legno, sono scomparse le strutture che ospitavano i vari venditori ed è stato creato un parziale locale soppalcato.

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Società Mutua Il 17 novembre 1901 nasce con la prima assemblea di 200 soci la Società Mutua. Le agitazioni e le proteste dei lavoratori che trasportavano il minerale avevano determinato la divisione tra i lavoratori in cappe nere e cappe bianche. Se le cappe nere erano animate e tenute insieme dalle idee socialiste, le cappe bianche non avevano ancora un’etichetta politico-sociale. Per dare un aiuto e un’organizzazione a questa fazione sorge la Mutua di Soccorso e Previdenza con lo scopo di “.. sussidiare e beneficiare gli associati in caso di malattia, di provvedere alle pensioni vitalizie per la vecchiaia, di promuovere e favorire l’incremento del commercio e delle industrie locali”. Ci si preoccupò dell’istruzione dei soci e dei figli, fu istituita una scuola di musica e la costituzione di una banda musicale. Si faceva sempre più forte la necessità di costruire un edificio sede sociale e del teatro. Il 20 settembre 1908 si fece la cerimonia di posa della prima pietra sull’angolo delle vie Venezia e XX Settembre. Alla fine del 1909 sede sociale e teatro erano pronte. Nel 1912 l’installazione di un impianto cinematografico nel teatro segnò l’inizio dell’attività cinematografica a Carloforte. Gli anni che vanno dalla prima guerra mondiale alla fine della seconda vedono travagliate vicende e momenti di crisi, non ultimo quello dei debiti. Nel 1955 il teatro fu rinnovato per l’avvento del cinemascope e più tardi la presenza del Bar cinema e la gestione della telefonia pubblica crearono nuovi introiti. Dopo i lavori di ristrutturazione conclusasi nel 2007, il locale è stato riconsegnato alla comunità per ricominciare un età di splendore.

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