Aebus 2012

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rbus anche quest’anno si ripropone per accogliere “Monumenti Aperti”, evento giunto ormai alla XVI edizione. La principale opera d’arte che che merita di essere visitata, assaporata, goduta è il nostro territorio, unico nel suo genere, che rappresenta davvero un monumento aperto alle emozioni di chi ama scoprire i tesori della natura, il fascino della memoria, il sapori antichi delle tradizioni eno-gastronomiche locali. Siete giunti in un territorio che si racconta da sé, che ha bisogno di un rispettoso silenzio per essere colto nelle sue forme, nei suoi profumi e nei suoi sapori; un territorio che dal centro urbano si apre verso il mare a testimoniare una storia ancora recente, un valore da conservare e trasmettere alle future generazioni. Giunti ad Arbus è d’obbligo la visita al Montegranatico e al Museo del Coltello, testimonianza della tradizione agropastorale che resiste alle tentazioni del tempo e alle contaminazioni della modernità. Tra i monumenti già sottratti all’abbandono e all’usura del tempo non potrete esimervi dal visitare la Foresteria, il Museo della Miniera ospitato presso l’Ufficio Geologico di Montevecchio, impreziosito di recente dalla donazione di documenti e gioielli da parte della famiglia Sanna Castoldi, erede di colui che oggi viene riscoperto come uno fra i più importanti imprenditori italiani del diciannovesimo secolo: Giovanni Antonio Sanna. Altro monumento momentaneamente non visitabile, ma che potra essere visitato successivamente, è il Pozzo Amsicora, in località Telle sulla strada tra Montevecchio ed Ingurtosu. Se poi deciderete di incamminarvi verso quell’angolo di Paradiso che risponde al nome di Piscinas, non tralasciate la visita alla Chiesa di Santa Barbara, patrona dei minatori, al Pozzo Gal e alla Laveria Brassey di Naracauli. Queste testimonianze di archeologia industriale vi racconteranno la storia gloriosa e controversa della nostra vicenda mineraria e potrete cogliere il senso di disappunto delle occasioni mancate di contro ai primi segnali di un processo di valorizzazione che attende decisioni forti. Se infine riterrete doverosa una passeggiata sulle dune di Piscinas o di Torre dei Corsari, monumenti aperti tutto l’anno, docili ai capricci del vento, attenti a non calpestare qualche cespuglio di elicrisio: rischiate l’inebriamento! Benvenuti ad Arbus! Gli operatori turistici e della ristorazione sperano di ospitarvi nelle proprie strutture per farvi apprezzare i sapori i della cucina di classe e quelli antichi della tradizione contadina. Francesco Atzori Sindaco di Arbus Gianni Lampis Assessore alla Cultura

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Il Comitato Scientifico Regionale Consiglio Regionale della Sardegna Claudia Lombardo Maria Santucciu Regione Autonoma della Sardegna Assessorato al Turismo Luigi Crisponi Artigianato e Commercio

Assessorato alla Pubblica Istruzione, Sergio Milia Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport

Direzione Regionale per i Beni Culturali Maria Assunta Lorrai e Paesaggistici della Sardegna Sandra Violante

M.I.U.R. Ufficio Scolastico Regionale Enrico Tocco per la Sardegna Rosalba Crobu

Comune di Cagliari Massimo Zedda Enrica Puggioni

Provincia di Cagliari Angela Maria Quaquero Ufficio Regionale Francesco Tamponi Beni Culturali Ecclesiastici

UPI Sardegna Francesco Putzu

ANCI Sardegna Cristiano Erriu Umberto Oppus Università degli Studi di Cagliari Giovanni Melis Università degli Studi di Sassari Attilio Mastino Pinuccia Simbula Imago Mundi Associazione Culturale Fabrizio Frongia Armando Serri onsorzio CAMU’ Centri d’Arte e Musei Francesca Spissu C Giuseppe Murru Società Cooperativa Sociale Il Ghetto Alessandro Piludu Nicoletta Manai

Confesercenti Regione Sardegna Marco Sulis Confcommercio Sardegna Gavino Sini

Agenzia Nazionale Gianpiero Liori Sviluppo Autonomia Scolastica

Sardegna Solidale Roberto Copparoni Centro Servizi per il volontariato

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urismo, identità e cultura, una combinazione ideale per una terra depositaria di tradizioni millenarie. Oltre che da spiagge bianche e mare cristallino, i viaggiatori sono sempre più attratti da manifestazioni e itinerari culturali e da località d’arte della Sardegna. Una recente indagine conferma il trend, nel primo semestre 2011 nell’Isola è cresciuta del 20% la frequentazione di luoghi di interesse storico – artistico, un dato con pochi confronti in Italia. Fra le motivazioni alla vacanza, spiccano le visite al patrimonio artistico e monumentale: ‘uno scrigno di tesori’ composto in Sardegna da antichi palazzi e castelli, basiliche e musei, parchi minerari e archeologici, e disseminato sull’intero territorio. Un patrimonio da preservare innanzitutto, poi da riscoprire per i sardi e, nel contempo, da condividere con i visitatori con l’accoglienza della quale l’Isola è capace. Da condividere con itinerari culturali, come appunto Monumenti aperti, evento che suscita suggestioni ed emozioni uniche. La domanda turistica è orientata alla ‘memoria’ e alla cultura, perciò la Regione Sardegna promuove l’architettura storico - artistica, simbolo di identità, così da assecondare anche il profilo moderno dei nostri visitatori, culturalmente preparati, rispettosi e desiderosi, oltre che di ‘vivere’ l’unicità di paesaggi incantevoli, anche di conoscere beni culturali e manifestazioni tradizionali. Luigi Crisponi Assessore regionale del Turismo, Artigianato e Commercio

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nno dopo anno, Monumenti Aperti rappresenta un momento importante che va oltre la semplice manifestazione culturale. È la condivisione della conoscenza del nostro patrimonio di cultura, di memoria e di storia condivisa. È la consapevolezza che i beni culturali rappresentano veramente noi stessi, la nostra espressione artistica e creativa, interprete dell’epoca che li ha visti nascere. È la testimonianza di quanto la cultura non sia un bene privato, ma collettivo, che aspetta di essere riscoperto, esposto, valorizzato, divulgato, fruito. Con Monumenti Aperti si vive un momento popolare e di festa dove un pubblico sempre più attento e consapevole delle potenzialità del nostro patrimonio artistico-architettonico, diventa protagonista della storia della nostra Isola. La promozione del nostro grande patrimonio culturale si è trasformata nel corso degli anni, proprio grazie a questa manifestazione, in un momento festoso e popolare che raduna giovani e meno giovani, studiosi della materia e semplici curiosi, studenti e volontari culturali. Tutti ugualmente coinvolti in un’attesa opportunità di arricchimento storico e culturale dove il nostro passato e il nostro presente si fondono per dare a tutti la consapevolezza che dobbiamo tramandarlo gelosamente, nel migliore dei modi, alle generazioni future. Sergio Milia Assessore regionale della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport monumentiaperti

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Pozzo Gal Frazione di Ingurtosu

Pozzo Gal, deve il suo nome al cognome di un dirigente della Penarroya, che intorno agli anni venti, gestiva le miniere tramite la Società Pertusola. La sua messa in funzione era finalizzata alla coltivazione in sotterraneo del filone Brassey, scoperto durante la sua presidenza nella società Gennamari ed Ingurtosu da Lord Thomas Alnut Brassey. Questo filone è la continuazione del filone Montevecchio coltivato nelle omonime miniere e con la sua estensione di 8 Km rappresentò la più importante manifestazione metallo genica filoniana della Sardegna. Il recupero del sito produttivo di Pozzo Gal rappresenta il primo e più importante intervento del Comune di Arbus nel programma di valorizzazione di testimonianze dell’archeologia industriale. Il programma di rinascita della miniera ai fini didattici e turistici si collega ad altri interventi sul sito di Ingurtosu che hanno l’obiettivo di disegnare un primo sistema di accoglienza del visitatore e del turista ed una immersione immediata nella storia della miniera e della sua gente. Le tecniche impiegate per la rappresentazione visiva ed emotiva rappresentano un opera unica nel contesto dell’animazione culturale e si avvicinano più ad una performance artistica che semplicemente all’uso innovativo di tecnologie e metodi di narrazione visiva e multimediale. Pozzo Gal rappresenta quindi un ruolo importante e centrale nel percorso di scoperta delle attività minerarie di Ingurtosu.

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Foresteria di

Montevecchio Frazione di Montevecchio

La Foresteria per gli ingegneri e dirigenti della miniera, costruita a Montevecchio nel 1930 insieme al fabbricato destinato agli alloggi degli impiegati, rappresenta un complesso unitario dove gli intenti di rappresentatività sono espressi con il lessico dell’eclettismo di fine secolo; fatto di ambienti spaziosi, ariosi loggiati d’ingresso e apparati decorativi che sono tipici delle residenze urbane dei quartieri ottocenteschi delle grandi città. L’edificio, a pianta regolare, si sviluppa su tre livelli, con una regolare e simmetrica distribuzione degli spazi. Una zoccolatura in pietra caratterizza l’attacco a terra, che si conclude con una cornice alla quota d’imposta delle finestre al piano terra. Archi e lesene caratterizzano tutti i prospetti, definendo partiti e aperture. Il coronamento, sottolineato da una cornice decorata a doppia modanatura, è costituito da tetti a padiglione con struttura lignea e finiture in tegole marsigliesi. L’edificio, che non ha subìto nessun importante intervento di ristrutturazione in epoca successiva all’edificazione, venne chiuso nel 1991. Attualmente la Foresteria ospita, in alcuni suoi locali, una splendida collezione di diorami (Collezione Dellaca’), riproducenti la vita mineraria in varie epoche. Uno splendido percorso didattico di impareggiabile intereresse che stimola e affascina il visitatore, guidandolo in un entusiasmante viaggio nel mondo minerario.

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Casa Museo del

Coltello Sardo Via Roma 15

La Casa Museo del Coltello Sardo si trova ad Arbus, in via Roma al n. 15 ed è stata ideata e realizzata dal noto coltellinaio Paolo Pusceddu. Sposato e padre di due figli, Pusceddu acquisisce l’arte di trattare i metalli fin da bambino sotto la guida del padre Mario, maestro fabbro ferraio. Dopo un esperienza a Brescia, inizia a lavorare a vent’anni nell’officina paterna. Sono anni in cui Paolo affina l’arte di forgiare i metalli e di realizzare i coltelli. Nasce così l’idea del marchio “L’Arburesa” con l’intento di far rivivere le lame a “foggia antica” tipiche della zona. Per due volte Pusceddu costruisce il coltello a serramanico più grande del mondo e si guadagna la pubblicazione nel libro dei Guiness dei primati. Nel 1996 la vecchia casa paterna, restaurata con rispetto dell’originaria struttura settecentesca, diventa la “Casa Museo del Coltello Sardo” che ogni anno viene visitata da migliaia di turisti e scolaresche. Nel Museo sono esposti “in bella vista” anche i due enormi coltelli a serramanico citati. La Casa Museo è divisa in quattro sale. Nella prima di esse (al piano terra) si trovano i coltelli antichi (un centinaio) che ripercorrono la storia del coltello sardo. Spiccano alcuni pezzi di grande valore storico, fra i quali una “leppa sarda” o busachesa, in dotazione alle truppe regolari del Giudicato d’Arborea, risalente al XIV secolo. Nella seconda sala si possono ammirare circa 150 esemplari. Al piano superiore, sono esposti i prodotti dei più rappresentativi coltellinai contemporanei della Sardegna, alcuni celeberrimi, altri meno noti, ma non per questo meno abili dei primi. La terza sala, al piano terra, propone i migliori prodotti della coltelleria “L’Arburesa”: tutti pezzi unici e da collezione, tra cui alcuni di eccezionale valore artistico. La quarta e ultima sala, sempre al piano terra, è la ricostruzione di un antico laboratorio di fabbro.

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Chiesa di

Santa Barbara Frazione di Ingurtosu

La chiesa di Santa Barbara in Ingurtosu, che si erge tra gli alberi ed il verde della macchia mediterranea, da lontano con il suo stile insolito e il suo snello campanile, richiama alla memoria un suggestivo paesaggio alpino. Al piazzale circostante si accede per mezzo di una lunga scalinata in granito; la chiesa è divisa da tre navate, la cui volta centrale è sostenuta da quattro colonne di granito che ne accentuano l’altezza. Per la sua edificazione, il Papa San Pio X offrì 20.000 lire, spedendo la somma da Roma a Mons. Emanueli che successivamente consegnò all’Ing. Pavan, allora direttore della miniera, perchè si costruisse la chiesa e la casa canonica. Queste ultime, secondo accordi intercorsi tra la Diocesi e l’Amministrazione Mineraria, sarebbero restate sempre a “disposizione dell’autorità ecclesiastica” anche dopo la chiusura della miniera. I lavori di scavo iniziarono subito e la costruzione della chiesa, nonostante il rallentamento dei lavori a causa della Prima Guerra mondiale, fu inaugurata da Mons. Emanueli il 21 maggio 1916. Agli ultimi giorni di ottobre del 1977, un incendio doloso bruciò i paramenti e gli arredi sacri contenuti nella “paratora”, con la statua dell’Immacolata che troneggia dietro l’altare. Ad opera di un comitato spontaneo, nel 1977 vennero raccolti tra la popolazione dei fondi che servirono per le riparazioni più urgenti, sostituendo e rinforzando gli infissi e riparando le vetrate. Va pure ricordato che, dopo la Seconda Guerra mondiale, vennero costruite delle cappelle a Bau e Gennamari. Qualche anno dopo venne realizzata la Via Crucis che dalla chiesa, lungo un sentiero immerso nella folta e caratteristica vegetazione mediterranea, si snoda fino ad un complesso roccioso naturale, sul quale sono state erette le tre croci del Calvario e dal quale, provenienti da un laghetto posto a monte, scaturiscono le acque spumeggianti di una piccola cascata. Dal 1970 la Cappellania venne affidata alla parrocchia di Arbus; si officia attualmente solo durante le festività, offrendo un servizio ai pochi, ma imperterriti, residenti.

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Geologico, Museo Mineralogico e Museo Alberto e Giovanni Antonio Castoldi Ufficio

L’edificio sorge alla fine degli anni ’40 allo scopo di dotare di una sede adeguata il “Servizio Geologico Minerario” della Montevecchio – Società Italiana del Piombo e dello Zinco, servizio che si occupava dello studio del giacimento compreso nelle concessioni della società. Oltre ad ospitare il laboratorio mineropetrografico della miniera, l’edificio è stato voluto dalla società per l’esposizione a fini didattico – museali dei numerosi campioni di minerale provenienti dal giacimento della zona e da altri siti minerari ed inoltre per la redazione delle carte geologiche e dei piani delle miniere. Col tempo si è poi aggiunto un certo numero di campioni provenienti da varie località italiane visitate in occasione di escursioni e convegni dai diversi tecnici della miniera. Passato in proprietà al Comune di Arbus, l’immobile è stato ristrutturato nel 2004 dal Comune per renderlo fruibile ai visitatori. Nello stesso edificio ha sede il museo Alberto e Giovanni Antonio Castoldi, donata da Giulia Lenzi Castoldi al Comune di Arbus. E’ una collezione di oggetti raccolti e conservati da più generazioni della famiglia Castoldi, composta da accessori d’uso personale, reperti archeologici, gioielli sardi e pezzi d’antiquariato. L’esposizione si articola in quattro sezioni: oggetti d’uso maschili e femminili, reperti archeologici, gioielleria tradizionale Sarda. Il valore di questa interessante Collezione è quello di documentare gli usi e gli interessi di una “dinastia imprenditoriale” dell’alta borghesia che ha svolto un ruolo di primaria importanza nella vita economica italiana in generale, e particolarmente in quella sarda, tra la seconda metà dell’Ottocento e gli anni Trenta del secolo scorso.

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Pinacoteca

Florisserra Vinci Vico V Repubblica, 12

La Pinacoteca Florissera Vinci è ospitata in un’abitazione sita in Arbus in Vc. V° Repubblica n. 12, risalente al primo decennio del 1900. Ospita le opere dell’artista Giuseppe Florisserra, artista locale ideatore della tecnica di pittura denominata «goccismo», il cui lavoro ha ricevuto svariati riconoscimenti, anche internazionali I muri portanti del piano terra sono realizzati in pietra mentre quelli del primo piano sono in mattoni crudi, tipici dell’edilizia locale dell’epoca. Nel cortile d’ingresso sono visibili delle sculture. Al piano terra sono in esposizione 16 quadri mentre al primo piano si possono ammirare 45 quadri e 6 sculture, oltre che visitare lo studio di lavoro dell’artista.

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Monte Granatico Vale la pena, per il Monte Granatico, dare alcuni cenni storici sulla funzione che queste strutture svolsero nell’arco di oltre tre secoli di attività. Istituiti nell’Isola all’epoca degli spagnoli, cioè nel periodo in cui vennero richiesti dagli Stammenti nel 1624, essi operarono stentatamente come Opere Pie, con finalità solo assistenziali, amministrate dai Parroci sotto la guida delle varie Curie. A tal proposito, è illuminante come la “Cofadria de la Capilla de Itria”, disponesse già nell’ottobre del 1647 degli introiti derivanti da censi che ne comprovano l’esistenza come Opera Pia nel Villaggio d’Arbus almeno da quella data. Durante l’amministrazione Piemontese, dopo numerose iniziative e progetti formulati, tra il 1760 ed il 1763 cominciarono a sorgere in tutti i Villaggi i Monti Granatici. Essi crebbero, dopo un inizio stentato, adottando l’autofinanziamento per il tramite delle “roadie”. Il Monte Granatico, tra alterne vicende, giungerà sino alla fine dell’ ‘800, trasformandosi poi in Cassa Ademprivile che comprese anche gli uffici delle Casse Provinciali di Credito Agrario, per giungere al 1928, quando venne creato l’Istituto di Credito Agrario per la Sardegna, oggi Banco di Sardegna. In tale veste, sino alla fine degli anni ‘60, continuò il prestito del grano agli agricoltori, al tasso, sempre in grano, del 6%, ma ormai i tempi cambiavano rapidamente. Il grano non rappresentava più la merce di scambio e neppure l’elemento fondamentale per l’alimentazione, per cui terminava l’attività di questa “banca con monetazione in natura” che sin dal 1769, se non prima, era valsa a garantire la sopravvivenza dei nostri avi. Nel 1989 il caseggiato viene acquistato dal Comune che, con un contributo regionale, ne opera la ristrutturazione, togliendo il superfluo aggiunto nel corso di tanti anni e mettendo in luce l’originaria costruzione. Così, oggi, dopo averlo costruito a prezzo di tanti sacrifici oltre tre secoli fa, gli Arburesi hanno riconquistato un pezzo del loro passato. E’ importante sottolineare che, con decreto del Direttore Regionale per i Beni Culturali e e Paesaggistici della Sardegna n. 18 del 10.03.2009, l’edificio è stato dichiarato «Bene di interesse culturale storico artistico».

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Mostra di archeologia subacquea

I relitti di Pistis

Allestita nei locali del Montegranatico vi é la mostra di archeologia subacquea che presenta i risultati delle indagini archeologiche subacquee effettuate nelle località costiere di Pistis e di Is Arenas S’acqua e S’ollastu dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano. A breve distanza dallo splendido litorale sabbioso sono stati rinvenuti tre distinti contesti archeologici sommersi, due di epoca romana, risalenti rispettivamente al II sec. A.c. E al II sec. D.C. Di notevole interesse risulta il terzo contesto, una nave spagnola di fine XVII secolo. I nove cannoni di ferro scoperti nel 2005 a breve distanza dalla riva hanno permesso di individuare grazie agli scavi del 2009 vari materiali di bordo e alcuni Reali d’argento risalenti al sovrano Carlo II; parte delle monete sono state coniate in messico. Storie di uomini e di mare, di commerci e di bottiglie, che attraverso la mostra subacquea e la mostra restituiscono alla suggestiva Marina di Arbus ulteriori ed importanti elementi di interesse.

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Ingurtosu

Palazzo della Direzione

Il monumentale Palazzo della Direzione della miniera di Ingurtosu, venne progettato e costruito dall’Ing. J.G. Bornemann. Questi, formatosi nella scuola mineraria di Freiburg, nel 1857 fu nominato presidente del consiglio di amministrazione della “Sociétè civile des mines d’Ingurtosu et Gennamari”. Fu lui l’ispiratore del progetto del Palazzo della Direzione della miniera di Ingurtosu. La costruzione dell’edificio durò diversi anni, durante i quali si apportarono numerose variazioni al progetto originario. I lavori vennero conclusi dall’Ing. Viktor Bornemann, direttore della miniera dal 1884 al 1894. L’edificio costruito sotto la direzione dell’Ing. Hoffmann, richiama la tradizione costruttiva Nord-Europea, in particolar modo il castello di Wartburg, dell’ XI secolo, sito ad Eisenach in Germania. Il riferimento a questa architettura tedesca è un omaggio all’Ingegnere Bornemann, originario appunto di Eisenach. All’interno del palazzo, furono installati gli uffici della Direzione della miniera di Ingurtosu, i laboratori nonché l’abitazione del direttore. Tutto restò immutato per l’intero periodo dell’attività della miniera di Ingurtosu. Nel 2001 il Palazzo della Direzione è stato restaurato. L’edificio dell’ex direzione di Ingurtosu, si trova all’ingresso nordorientale dell’abitato di Ingurtosu, sulla strada proveniente da Montevecchio, e con il suo grande arco, che passa sopra la suddetta strada, costituisce una simbolica porta d’accesso al villaggio minerario. L’impianto planimetrico del Palazzo della Direzione d’Ingurtosu è formato da un volume a pianta a “C” articolato in due distinti corpi, entrambi impostati su piante ad “elle”. L’articolazione volumetrica dell’edificio segue l’andamento del rilievo su cui è attestato. Il corpo di fabbrica principale della Direzione d’Ingurtosu si sviluppa su cinque livelli fuori terra, l’ultimo dei quali è rappresentato dal sottotetto, con i primi due piani addossati al pendio. Al corpo principale si uniscono i due piani del corpo minore alla quota del livello stradale. L’ingresso principale è posto sul fronte est e vi si accede da un terrazzamento in muratura ad opus incertum. I prospetti sono caratterizzati dal paramento murario lasciato a vista. La ricchezza decorativa dell’edificio è data dall’uso sapiente del granito arburese. 12

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