Missioni OMI 11 2015

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Prezzo di copertina € 2,40 - agosto-settmbre 2015 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM/68/2012

Attualità

Dossier

Fatti

200 anni

Ricordo di Nelson Mandela a due anni dalla morte

Verso la conclusione dell’anno della Vita consacrata

Giovani e Oblati a Milano in visita a EXPO 2015

La comunità è missionaria

MISSIONI

RIVISTA MENSILE DI ATTUALITÀ MISSIONARIA

OMI

n. 11 NOVEMBRE 2015

CONSACRATI

Quale missione oggi?


SOMMARIO MISSIONI OMI Rivista mensile di attualità fondata nel 1921 Anno 22 n.11 novembre 2015

attualità

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Parlare di Dio con l’arte di Fabio Ciardi OMI

La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250

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Ricordo di un rivoluzionario di Alfonso M. Bruno, Zenit

EDITORE

Provincia d’Italia dei Missionari Oblati di Maria Immacolata Via Tuscolana, 1721 00133 Roma

Terra Santa

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Notizie in diretta dal mondo oblato

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testi e foto di Angelica Ciccone

news

REDAZIONE

Via dei Prefetti, 34 00186 Roma tel. 06 6880 3436 fax 06 6880 5031 pax1902@gmail.com

a cura di Elio Filardo OMI

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Mgc news

DIRETTORE RESPONSABILE

Pasquale Castrilli REDAZIONE

fatti

Salvo D’Orto, Elio Filardo, Gianluca Rizzaro, Adriano Titone COLLABORATORI

Claudio Carleo, Giovanni Chimirri, Fabio Ciardi, Gennaro Cicchese, Angelica Ciccone, Luigi Mariano Guzzo, Thomas Harris, Luisa Miletta, Sergio Natoli, Michele Palumbo

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Giovani a Expo

di Pasquale Castrilli OMI

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Il bene che tocca il cuore di Gennaro Fava MC

PROGETTO GRAFICO E REALIZZAZIONE

missioni

Elisabetta Delfini STAMPA

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Lettere al direttore

Tipolitografia Abilgraph - Roma

Lettere dai missionari

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FOTOGRAFIE

Qui Uruguay, Qui Guinea Bissau

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Si ringrazia Olycom www.olycom.it UFFICIO ABBONAMENTI

Via Tuscolana, 73 00044 Frascati (Roma) tel 06 9408777 - Valentina Valenzi valentina.valenzi@omi.it · annuo digitale: 13 euro · annuo cartaceo: 20 euro · annuo cartaceo+digitale: 30 euro · annuo di amicizia: 50 euro Da versare su cc p n. 777003 Home Banking: IBAN IT49D0760103200000000777003 intestato a: Missioni OMI Rivista dei Missionari OMI via Tuscolana, 73 00044 Frascati (Roma) Finito di stampare ottobre 2015 Reg. trib. Roma n° 564/93 Associata USPI e FESMI www.missioniomi.it www.facebook.com/missioniomi

dossier

Vita consacrata risorsa per la missione della chiesa

DOSSIER

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Nell’anno della Vita consacrata, presentiamo una riflessione sul contributo dei religiosi all’opera evangelizzatrice della chiesa di Mimmo Arena OMI arenomi52@gmail.com

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una foto per pensare

foto di Giovanni Chimirri, gio.chimirri@gmail.com testo di Luisa Miletta, luli89@libero.it

Piacer e affanno

UNA FOTO PER PENSARE

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Il bello di una tempesta è la quiete, dopo. La quiete è il silenzio del sereno, l’odore di rugiada sulle foglie degli alberi, le goccioline sul vetro della finestra mentre guardi fuori e ti accorgi che tutto tace, che tutto è pulito e fresco. La tempesta però è un passaggio necessario, per avere il sole a volte bisogna passare dalla pioggia. E ciò non vale solo per la natura, ma anche per noi: abbiamo bisogno del dolore per godere meglio del piacere, del vento forte per apprezzare i momenti di quiete della propria vita, dell’angoscia per vivere meglio le gioie quotidiane. Leopardi diceva “piacer figlio d’affanno”, ed è proprio dall’affanno che passa Dio per ridarci la pace.

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MISSIONI

editoriale di Pasquale Castrilli OMI pax1902@gmail.com

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Parole nuove

Prezzo di copertina € 2,40 - agosto-settmbre 2015 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM/68/2012

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Attualità

Dossier

Fatti

200 anni

Ricordo di Nelson Mandela a due anni dalla morte

Verso la conclusione dell’anno della Vita consacrata

Giovani e Oblati a Milano in visita a EXPO 2015

La comunità è missionaria

MISSIONI

RIVISTA MENSILE DI ATTUALITÀ MISSIONARIA

OMI

n. 11 NOVEMBRE 2015

CONSACRATI

Quale missione oggi?

istrutturazione, unificazione, riqualificazione, commissariamento… Sono parole decisamente inusuali per la Vita consacrata, quello stato di vita che ha il suo fondamento nella Sequela Christi con i voti di povertà, castità e obbedienza. Sembrerebbero termini più adatti all’economia o alla sociologia e invece negli ultimi tempi sono stati affiancati alla Vita consacrata che vive un tempo di crisi e certamente di nuove opportunità. L’età media dei membri delle congregazioni e degli istituti si alza, le grandi case diventano un peso e hanno necessità di essere meglio collocate, il numero delle vocazioni, soprattutto nell’emisfero nord del mondo, è in decrescita, le province religiose di alcuni istituti hanno vissuto dei veri e propri tracolli finanziari, in aumento il numero di coloro che lasciano la Vita religiosa … Di tutto questo si sta parlando nell’anno che la chiesa ha voluto dedicare alla Vita consacrata (30 novembre 2014-2 febbraio 2016) e che si avvicina alla sua conclusione. Il suo termine si intreccia con il Giubileo della misericordia indetto da papa Francesco, dandogli idealmente il testimone. Come se la Vita religiosa dicesse a sé stessa e al mondo che ha bisogno di comprensione, perdono, purificazione.

Le parole nuove stanno dando una visibilità al cammino che i consacrati vivono in questa fase storica, aiutandoli ad un sano realismo e a dare un volto a quella “fedeltà creativa” (ritornello frequente di questi ultimi decenni) che è sempre una meta da raggiungere. Anche la missione di portare Cristo alle genti, affidata alle persone consacrate, ha bisogno di essere rinnovata per arrivare con maggiore immediatezza alle periferie esistenziali di cui parla spesso, in questi anni, il successore di Pietro. La Vita religiosa porta nel suo DNA freschezza, profezia, comunione e audacia e ha sempre aiutato la chiesa ad avere un’anima ben sintonizzata su Cristo, primo missionario del Padre. Dal 9 al 13 novembre una rappresentanza della Vita consacrata italiana sarà presente a Firenze al V Convegno nazionale della chiesa italiana dal titolo “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Ci auguriamo che la testimonianza dei religiosi sia umile e incisiva e che la loro voce sia accolta e ascoltata. La chiesa italiana e universale è chiamata a farsi carico delle istanze che abitano oggi questo stato di vita, definito da papa Giovanni Paolo II “tanto rilevante” nella chiesa (Vita consecrata, n.2). C’è bisogno delle parole nuove che la stimolano ad essere più autenticamente e profondamente se stessa.

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lettere al direttore

MISSIONI

“SVEGLIATE IL MONDO!” Il convegno per giovani consacrati Creatività, nuovi percorsi, strade, forme di obbedienza ed autorità, fraternità e collaborazione. Sono alcune delle espressioni nate dal dialogo, dallo scambio in assemblea o nei piccoli laboratori di condivisione, dalle chiacchierate in metropolitana. Tutto questo all’interno del grande convegno “Svegliate il mondo”, l’evento, svoltosi a Roma dal 15 al 19

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settembre, fortemente voluto da papa Francesco per i giovani consacrati del mondo, all’interno dell’anno della Vita consacrata. Non si ha memoria recente di un evento di questa portata, che ha visto la partecipazione di oltre seimila consacrati, appartenenti a circa 500 istituti, provenienti da oltre 130 Paesi del mondo. Uno spaccato di chiesa giovane, colorato e in festa ma, allo stesso tempo, capace di confrontarsi su temi delicati

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e basilari per l’esperienza della vita consacrata oggi. Il convegno ha dato a tutti i partecipanti la possibilità di riflettere sulla situazione presente e futura della vita consacrata, oltre ad essere un’occasione irripetibile di incontro tra amici di vecchia data, compagni di studi o di cammino incrociati per qualche tempo e poi lasciati in nome dell’obbedienza e della missione. Le mattinate trascorse in Aula Nervi hanno registrato la presenza del cardinal Joao Braz de Aviz, prefetto del dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, e del segretario, l’arcivescovo Josè Rodriguez Carballo, entrambi protagonisti di

interventi lucidi e mai banali. Nei pomeriggi, è stata data a tutti la possibilità di condividere la vita e poi le impressioni su quanto ascoltato in mattinata, divisi in piccoli laboratori sparsi per la città di Roma. La condivisione poi proseguiva con la celebrazione dell’Eucarestia, in diverse parrocchie. Uno dei momenti più forti della settimana è stato l’incontro con papa Francesco. La capacità del pontefice di entrare in empatia con la platea ha permesso un incontro franco e libero. E il papa non le ha certo mandate a dire a chi pensa che la vita consacrata sia una vita fatta di comodità, a chi pensa che essa sia il


MISSIONI OMI DIGITALE

luogo delle chiacchiere fatte alle spalle dei confratelli e delle consorelle, a chi vive la propria consacrazione senza il sacro fuoco APPUNTAMENTI PER I GIOVANI A MARINO Anche quest’anno il Centro giovanile di Marino Laziale (Roma) offre ai giovani in contatto con i Missionari OMI la possibilità di incontri di formazione cristiana e missionaria. Ecco i prossimi appuntamenti. 27-30 dicembre: incontro per giovani dai 18 anni in su (maschile e femminile) 2-5 gennaio 2016: incontro per giovanissimi di scuola superiore (maschile) Per informazioni e prenotazioni ci si può rivolgere a p. Roberto Bassu OMI, chiamando il numero 069387300 o scrivendo a robertobassu@tiscali.it

dell’amore per Gesù. “C’è una libertà che viene dallo Spirito e una libertà che viene dalla mondanità”, ha detto Francesco, invitando i giovani consacrati a fidarsi dello Spirito Santo, a sognare, ad evitare di essere persone sterili e rigide, a non sentirsi migliori degli altri, in nessuna circostanza. Il lungo intervento di Bergoglio si è concluso con un invito alla preghiera. “Noi adoriamo il Signore? Tu, religioso o religiosa, hai la capacità di adorare il Signore? La preghiera di adorazione silenziosa (…) è il contrario di quel rispecchiarsi proprio del narcisismo. Adorazione, voglio finire con questa parola: siate donne e uomini di adorazione.” Gianluca Rizzaro OMI

Un giorno da ricordare nella storia del nostro mensile. Il 1 ottobre 2015 Missioni OMI è sbarcato sul digitale. È infatti possibile consultare integralmente il fascicolo mensile cliccando http://missioniomi.ita. newsmemory.com. È anche possibile leggere la rivista su tablet e smartphone scaricando la app Missioni OMI. La versione digitale resterà di libero accesso fino al 31 dicembre per far conoscere questa nuova possibilità di lettura e per testare la qualità del prodotto. Dal 1 gennaio 2016 sarà possibile sottoscrivere un abbonamento alla sola versione digitale versando una quota di 13 euro. Invitiamo i visitatori ad inviarci commenti e suggerimenti per migliorare queste nuove funzioni. Nell’ultima pagina di questo numero e sul sito www.missioniomi.it. si possono consultare tutte le nuove proposte di abbonamento. Dal sito è possibile versare la quota di abbonamento anche tramite PayPal. Gli abbonati della rivista che risiedono all’estero riceveranno quasi totalmente la versione digitale che facilita la consultazione, evita ritardi nella consegna e abbatte i costi. P. Giovanni Zevola scrive dalla Cina: “Grazie di cuore per la versione digitale, così riuscirò a dare uno sguardo alla nostra bella rivista e non solo tutto in una volta quando vengo in Italia per vacanza! Complimenti per i notevoli progressi e grazie davvero per il bel servizio”. Ci affidiamo all’attenzione di voi lettori, sia per il rinnovo annuale dell’abbonamento che per la diffusione di queste nuove modalità di accesso alla rivista.

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attualità

Parlare di Dio con

l’arte

L’

di Fabio Ciardi OMI ciardif@gmail.com

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ultimo numero della rivista internazionale Oblatio (2015/2) è dedicato agli Oblati e l’arte. Non è stato facile comporlo, non perché manchino gli artisti tra i Missionari Oblati di Maria Immacolata, ma perché ogni Oblato, in un certo senso, è un po’ un “artista”! Ogni missionario è chiamato a comunicare una Verità che, per sua natura, è tutt’uno con la Bellezza. Annunciare la parola è un’arte. L’annuncio della parola diventa spesso un canto. La parola si visualizza poi nell’immagine e si materializza nell’architettura. È il cammino dell’incarnazione: il Dio invisibile si rende visibile nel volto di Cristo, eikôn, “icona-immagine” divina perfetta (cfr. Col 1, 5). L’avevano ben compreso sant’Eugenio e i suoi primi missionari. Ogni loro missione al popolo richiedeva l’arte oratoria, il canto, la teatralità di alcune cerimonie… Già nel 1826 sant’Eugenio fece stampare una Raccolta di canti e di preghiere ad uso dei Missionari Oblati di Maria, detti di Provenza. Fu seguito da molti altri Oblati, che scrissero inni e pubblicarono raccolte di canti nelle diverse lingue, per coinvolgere nella preghiera i nuovi cristiani. Tra i tanti possiamo ricordare Alfred Chambeuil che pubblicò in lingua montagnese (1853), Jean-Régis Déléage in maskégon (1860), Nicolas Burtin in mohawk (1873), Mons. Jules-C. Cénez in sisuto (1898), Constant Chounavel in tamil (1896) e in singalese (1911), Joseph Hippolyte e Swaminader Gnanaprakasar ancora in tamil (1902 e 1903), Henri Jacobi in nama o hottentot (1908), Léon Carrière in otchipwé (1910), Jean Guidard in algonchino (1914-1916). Nel campo della musica la storia delle missioni oblate conosce dei veri e propri musicisti. P. Pierre Nicolas (1812-1903) “principe dell’armonia”, come lo chiamava mons. Léonard Berteaud, vescovo di Tulle, promosse un rinnovamento musicale nell’ambito pastorale, pubblicando una Raccolta di Cantici ritmati (Paris, 1885). Simon Scharsch (1860-1928) ha pubblicato molte composizioni sacre, tra cui


In apertura, Zdenek Cizkovsky OMI (Repubblica Ceca), Crocifissione. Qui a fianco da sinistra in senso orario: Wilfried Joye OMI (Sudafrica), Penso a te durante la notte; Joseph Tsuda Sueho OMI (Giappone), Paesaggio; Fans Claerhout OMI, (Sudafrica), Mietitura

possiamo ricordare Jesu dulcis amor meus e Jesu dulcis memoria. L’Università di Ottawa, retta dagli Oblati, in risposta al Motu proprio di Pio X e alla Costituzione Divini cultus di Pio XI, nel 1831 istituì una “Scuola di musica religiosa”. L’attenzione per un’evangelizzazione capace di colpire i sensi fisici, oltre quelli dell’anima, è attestata dall’uso di altre “arti”. Ne è un esempio mons Grouard, buon decoratore e artigiano, che in Canada si improvvisa pittore, senza pretese, per amore della sua gente: “Come riposo, ho iniziato a dipingere un quadro di Nostro Signore deposto dalla Croce. Non oserei parlare di questo lavoro, peraltro privo di qualsiasi valore artistico, se non avessi visto i frutti di edificazione. Dopo aver

finito la pittura, un vecchio meticcio, commosso, è caduto in ginocchio davanti all’immagine e ha cominciato a recitare tutte le preghiere che sapeva. Questo apprezzamento per me valeva di più di un premio a una mostra d’arte”. Anche P. Petitot, glottologo, antropologo, geografo, si presenta come decoratore e sculture. Intaglia altari e dipinge immagini sacre nelle cappelle degli eschimesi: “Più che tra le nazioni civilizzate, in queste terre di missione l’uomo ha bisogno di qualcosa che parla al suo cuore, nella sua immaginazione, attraverso gli occhi”. Per questo sceglie gli ornamenti liturgici più preziosi, le musiche più belle. Occorre infatti “parlare allo spirito e al cuore di queste persone semplici della foresta, portare il cielo sulla terra per loro e far loro gustare quella gioia e quella bellezza che il loro cuore duro e la loro povera immaginazione non hanno conosciuto”. Le stesse motivazioni apostoliche animano p. Chounavel, versato nell’arte oratoria, musicista, pittore. Al termine della missione a Trincomalee, nello Sri Lanka, dipinge lo stendardo della confraternita maschile di san Giovanni Battista con l’immagine del Precursore. Dipinge inoltre le stazioni della via crucis e altri grandi quadri. Occorrerebbe menzionare gli Oblati che hanno lavorato per valorizzare

e salvaguardare l’arte indigena. Un esempio per tutti: a p. Charles Arnaud, dopo cinquant’anni di lavoro missionario tra gli autoctoni del nord est canadese, si deve l’allestimento del museo di storia naturale nell’Università cattolica di Ottawa, a p. Louis Doazan quello della cultura contadina in Corsica. Parlando del presente troveremmo un non minor numero di Oblati dediti a musica, pittura, scultura, architettura, cinema. Vi sono artisti con una notorietà a livello mondiale, Frans Claerhout e Wilfried Joye in Sudafrica, Joseph Tsupa Sueho in Giappone. Ma anche scrittori e poeti come James Flavin negli USA, René Fumoleau in Canada, Andrzej Madej in Tuskmenistan… L’evangelizzazione non può fare a meno dell’arte. Nel messaggio che Paolo VI consegnò agli artisti in piazza San Pietro l’8 dicembre 1965 alla chiusura del Concilio, si legge: «Il mondo in cui viviamo ha bisogno di bellezza per non oscurarsi nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che mette la gioia nel cuore degli uomini, è il frutto prezioso che resiste all’usura del tempo». Il 7 maggio 1964 li aveva convocati nella Cappella Sistina e aveva lanciato loro la sfida: «carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità». È una sfida che anche i missionari hanno raccolto. n

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attualità

Ricordo di un

RIVOLUZIONARIO

A due anni dalla morte un ricordo di Nelson Mandela, testimone, statista e politico. La sua comprensione del rapporto tra forze antagoniste di Alfonso M. Bruno, Zenit

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l’arcivescovo

La morte di Nelson Mandela, il 5 dicembre 2013, ci ha ricordato che ci sono voluti tre grandi leader per abolire l’apartheid in Sudafrica: Mandela, Hurley e l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu. Ricordiamo quanto Paddy Kearney scrisse nel 2009, nella biografia di mons. Hurley, Guardiano della Luce, sulla collaborazione tra Hurley e Mandela. Quando Hurley fu trascinato davanti a un tribunale, nel febbraio 1985, e minacciato con il carcere, perché aveva pubblicato “fatti non rispondenti al vero”, riferendosi all’azione della polizia, Mandela scrisse dalla prigione: “Mons. Hurley è spesso nei miei pensieri, soprattutto ora. Voglio che lo sappia”. Quando, nel 1994, Mandela iniziò il mandato di primo presidente del Sud Africa, eletto democraticamente, Hurley era lì, ospite speciale. Kearney ha scritto: “Lo considerava il secondo grande momento della sua vita, dopo il Vaticano II”. In una lettera al suo amico Petalo O’Hara, ha descritto questa circostanza: “L’inaugurazione è andata meravigliosamente bene, ognuno ha giocato il proprio ruolo alla perfezione... La folla si è sciolta in una febbre gioiosa. L’atto finale è stato salutato da ventun colpi di cannone, e dal volo di aerei con sei aeromobili, che lasciavano dietro a sé scie con i colori della bandiera del Sudafrica. La folla era sbalordita. La nostra forza aerea gridavano i cittadini africani… Alle 15 ci siamo diretti verso l’aeroporto, felici per aver partecipato a questo evento, forse il più grande nella storia del Sudafrica”. Quando p. Jude Pieterse incontrò mons. Hurley dopo l’inaugurazione, notò “un entusiasmo che non aveva mai conosciuto in lui prima: straripante! In tempi normali, si controllava, ma quel giorno, esprimeva una gioia straordinaria”. Nel 1999, il presidente Mandela conferì a Hurley l’Ordine di Merito e Servizio (I Classe). Quando mons. Hurley morì, il 13 febbraio 2005, suor Marie-Henry Keane, che da giovane suora domenicana aveva seguito le sue lezioni sul Vaticano II, l’ha definito “il Nelson Mandela della chiesa”. Ora insieme si rallegrano per il crescente sviluppo della giustizia, della verità e delle opportunità del Sudafrica. Harry Winter OMI

Denis Hurley OMI

A

lla morte di Nelson Mandela, il 5 dicembre 2013, tutti i commenti e gli editoriali si sono soffermati su tre aspetti della sua personalità. L’ex presidente è stato in primo luogo un martire, inteso nel senso originario della parola, e cioè un TESTIMONE. Questa è sicuramente un’eredità positiva, perché va dato atto a Mandela di avere proclamato e cercato tenacemente di attuare l’idea dell’eguaglianza tra gli esseri umani, quando tutto il mondo la affermava,

Ho imparato che il coraggio non è l’assenza di paura, ma il trionfo su di essa. L’uomo coraggioso non è colui che non si sente impaurito, ma colui che vince la paura ma si preferiva mettere tra parentesi per quieto vivere - essendo il Sudafrica il Paese dell’oro, dei diamanti e di tante altre risorse del sottosuolo - il fatto che un principio ormai così scontato vi veniva addirittura negato in linea di principio. È giusto dunque riconoscere che Mandela ha pagato un prezzo enorme perché la teoria divenisse realtà.

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In alto Mandela riceve il premio Nobel per la Pace nel 1993. In basso con il capitano della squadra di rugby sudafricana vincitrice del mondiale 1995

In secondo luogo, si ricorda l’ex presidente come STATISTA, per avere guidato una transizione democratica, non diretta a traghettare i suoi concittadini, come stava avvenendo in tante altre parti del mondo, da una dittatura ad uno Stato di Diritto, ma volta a cancellare un’ anacronistica supremazia razziale che sembrava impossibile da abbattere con mezzi politici e negoziali. I Boeri, l’etnia bianca dominante ma non collegata con un potere coloniale, distaccati ormai da secoli dalla madre patria europea, forti di un’interpretazione di origine calvinista della Bibbia per cui la ricchezza ed il potere

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costituivano un dono di Dio attribuito nell’immanenza storica, il meritato riconoscimento per la loro giusta fede, si consideravano titolari di una funzione messianica, come l’antico Israele. Era quasi impossibile rinunziare ad una supposta missione che si fondeva con la loro identità nazionale: quella stessa missione che aveva motivato la resistenza contro gli Inglesi ai primi del Novecento. Mandela, nella transizione sudafricana, agì soprattutto come mediatore, forte della propria autorità morale, e di un Paese inventato dai bianchi in funzione della loro supremazia seppe fare un Paese arcobaleno,

L’educazione è il più grande motore dello sviluppo personale. È grazie all’educazione che la figlia di un contadino può diventare medico, il figlio di un minatore il capo miniera o un bambino nato da una famiglia povera il presidente di una grande nazione. Non ciò che ci viene dato, ma la capacità di valorizzare al meglio ciò che abbiamo è ciò che distingue una persona dall’altra la cui composizione etnica particolarmente variegata finì per riflettersi nel nuovo assetto costituzionale. Non vi è dunque dubbio sulla sua funzione di statista. Egli fu tuttavia anche un abile POLITICO, che ad una minoranza spaventata seppe offrire non soltanto la mancanza di ogni atteggiamento di rivalsa da parte dei neri, ma anche una partecipazione adeguata nella nuova ripartizione del potere: se la politica in virtù del principio di maggioranza diveniva prerogativa della sua gente, ai Boeri sarebbe rimasto il potere economico, grazie al controllo della ricchezza mineraria. Il Mandela martire, statista e politico non devono farci però dimenticare che egli rimase sempre un rivoluzionario. L’accettazione del pluralismo politico è dunque da giudicare alla stregua di una sorta di contraddizione tra la teo-


attualità

Per il Sudafrica e per il mondo

«Quando ho appreso la morte di Mandela, la mia prima reazione è stata di gratitudine. La gratitudine per tutto quello che Nelson Mandela ha fatto per il Sudafrica, e anche per il mondo». Furono le parole del card. Wilfrid F. Napier, arcivescovo di Durban, in un’intervista al quotidiano francese La Croix all’indomani della morte di Nelson Mandela. «Quest’uomo era un modello. Incarnava l’umiltà e aveva grande rispetto di tutti coloro che lo circondavano» ebbe modo di dire il cardinale. Ai funerali del leader sudafricano che si tennero il 10 dicembre, parteciparono capi di Stato e di governo provenienti da tutto il mondo. La cerimonia funebre fu introdotta da una momento di preghiera interreligiosa. I vescovi sudafricani invitarono i parroci a suonare le campane delle loro chiese a mezzogiorno del giorno seguente, 11 dicembre, per onorare la memoria del leader della lotta antiapartheid e primo presidente del Sudafrica democratico.

ria e la prassi, in un personaggio rimasto dichiaratamente ed ostinatamente fedele alla sua formazione giovanile marxista? Non necessariamente, perché Mandela mantenne del marxismo, e praticò in modo impareggiabile, la capacità di calcolare i rapporti di forza. Ed il rapporto di forza relativo allo specifico sudafricano era da inquadrare in una visione prima continentale, e poi mondiale. L’anomalia razzista del suo Paese si manteneva in quanto i Boeri sapevano vendere bene all’Occidente, ma soprattutto all’America (obiettivo, questo, sempre più difficile quanto più aumentava negli Stati Uniti l’influenza della comunità di origine africana) la loro opposizione al comunismo. E proprio la caduta del comunismo venne sfruttata da Mandela, grande sportivo e buon conoscitore delle tecniche del corpo, come la sua grande occasione, in quanto la vittoria dell’Occidente poteva costituire quella forza avversa che bastava canalizzare per ottenere la vittoria: i Boeri non potevano ormai più presentarsi come i campioni dell’anticomunismo nel Continente Nero. Si stava però anche

Sono fondamentalmente un ottimista e non so se ciò dipenda dalla mia natura o dalla mia educazione. L’ottimismo è anche tenere la testa alta e continuare a camminare. In molti momenti cupi la mia fede nell’umanità è stata messa duramente alla prova, ma non volevo e non potevo cedere alla disperazione, perché quella strada mi avrebbe portato alla sconfitta e alla morte

determinando una evoluzione nei rapporti di forze mondiali, con il declino dell’Occidente e con l’emergere delle potenze extraeuropee: questo rendeva obsoleto ogni atteggiamento oppressivo verso i bianchi; era infatti inutile per i neri trasformarsi da perseguitati in persecutori quando la parte avversa era posta di fronte ad un declino inarrestabile del suo vecchio potere. Bastava, secondo Mandela, lasciar fare alla storia. Il resto è cronaca degli ultimi anni, con il capitale cinese che sottomette inesorabilmente l’Africa, puntando proprio sul controllo delle risorse minerarie, mentre l’Occidente batte dovunque in ritirata. Amato dalla sua gente, Mandela è stato anche rispettato dagli Europei e dagli Americani per la sua magnanimità: senza però nulla togliere alla sua indubbia grandezza d’animo, si tratta piuttosto della visione strategica di chi ha saputo capire la storia; il presidente non ha mutato il rapporto di forze, ha però compreso e sfruttato le possibilità aperte all’azione politica dal suo cambiamento. n

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attualità

Terra Santa

Alla scoperta della vocazione missionaria Testi e foto di Angelica Ciccone angelica.ciccone@gmail.com

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Il Tabor L’incontro con Dio Il monte Tabor è il luogo in cui avviene l’episodio della trasfigurazione di Gesù raccontato nei tre Vangeli sinottici. All’inizio del 1900 l’architetto italiano Antonio Barluzzi vi costruì un santuario la cui struttura ricorda le famose “tre tende”. All’origine di tutto c’è il nostro incontro con Dio. Come i discepoli sul Tabor abbiamo fatto l’esperienza entusiasmante e sconvolgente della presenza di Dio nella nostra vita. È una scoperta così grande che vorremmo rimanere in questo stato di felicità per sempre. Ma siamo chiamati a scendere dal monte e portare quell’esperienza nel quotidiano della vita.

La Geenna Dio che ci cambia la vita Era una valle dove nell’antichità venivano gettati e bruciati da un fuoco continuo immondizia e cadaveri a cui non era concessa la sepoltura. Gesù si riferisce a questa valle come luogo di perdizione eterna a causa dei propri peccati. Oggi è in gran parte edificata e appare come una zona verdeggiante accanto a Gerusalemme. Come questa valle, un tempo luogo tormentato e oggi piccolo paradiso per gli occhi, anche noi grazie all’incontro misericordioso con Dio rinasciamo a vita nuova. Non è il nostro peccato a definire ciò che siamo, ma è l’amore di Dio che ci trasforma in persone nuove.

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Ein Kerem Raccontare a tutti la propria gioia A pochi chilometri dalla città vecchia di Gerusalemme, Ein Kerem è la località dove secondo la tradizione abitavano Elisabetta e Zaccaria. Vi sorge la chiesa della Visitazione, costruita dal Barluzzi nel 1955, che ricorda la visita di Maria alla cugina Elisabetta. Se l’incontro con Dio ci ha rivoluzionato l’esistenza, non possiamo tenere questa gioia solo per noi. È il momento di partire, di uscire dalle nostre comodità e testimoniare con la vita le ”grandi cose che ha fatto in noi l’Onnipotente”.

La chiesa del Pater Noster Nessuno è escluso dall’annuncio La chiesa sorge sul monte degli Ulivi, sul luogo in cui Gesù insegnò ai discepoli la preghiera del Padre Nostro. Lungo i muri interni ed esterni della struttura si susseguono i riquadri sui quali è scritta questa preghiera in più di cento lingue e dialetti diversi. “Fino ai confini del mondo”, diremmo noi. Se siamo tutti figli dello stesso Padre allora non possiamo accontentarci solo di quelli più vicini a noi. Il Regno di Dio è per tutti. Lavoriamo, dunque, per evangelizzare il nostro piccolo ambiente, ma con lo sguardo e il cuore aperti al mondo intero.

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attualità La grotta del latte Avere Maria come sostegno A Betlemme c’è una grotta dove, secondo la tradizione, ha abitato la Sacra Famiglia appena dopo la nascita di Gesù. Nell’allattare, Maria avrebbe perso una goccia di latte dal seno che, caduta a terra, colorò di bianco tutta la roccia. È qui che vengono in pellegrinaggio con fede tante donne che non hanno latte o che non riescono ad avere figli. Essere cristiani, essere missionari, non è facile. Viviamo molte gioie ma allo stesso tempo sperimentiamo tante volte l’aridità della fede, lo scoraggiamento, la tristezza, la lontananza di Dio. È quando viviamo la sterilità dell’annuncio che possiamo ricorrere a Maria. Siamo certi che ci darà, da buona madre, il nutrimento per crescere ed essere coraggiosi testimoni.

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Vita consacrata risorsa per la missione della chiesa

Nell’anno della Vita consacrata, presentiamo una riflessione sul contributo dei religiosi all’opera evangelizzatrice della chiesa di Mimmo Arena OMI arenomi52@gmail.com

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uando oggi si dice missione si intende per lo più un compito che viene affidato a qualcuno per fare qualche cosa. In questo senso la missione è molto simile alla vocazione. Nella vita tutti dovremmo avere una missione, una vocazione di grande valore da realizzare per dare senso alla nostra vita. Tutti i cristiani in forza del loro battesimo hanno la missione di te-

stimoniare e annunciare la Parola del Vangelo del loro Signore. Parola che li ha salvati, liberandoli dai loro egoismi e immettendoli nella vita nuova dell’amore, e che può continuare a portare salvezza al resto dell’umanità in termini di pienezza di vita e di gioia. La vita consacrata ha pure la sua missione specifica da compiere che per un verso è simile a quella di tutti i battezzati.

Mentre per un altro verso se ne discosta, grazie soprattutto alla vocazione speciale delle persone consacrate che comporta un donarsi totalmente a Dio per mettersi completamente a servizio della chiesa.

Una vasta schiera di uomini e donne Cosicché, quando oggi si parla di vita

LA SUORA IRACHENA CHE HA SVEGLIATO IL PA

Suor Diana Momeka, religiosa domenicana di Mosul cui era stato rifiutato in un primo momento il visto dalle autorità Usa, è intervenuta all’assemblea di Washington di Salvatore Cernuzio (Zenit)

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Ha avuto una forte risonanza il discorso che suor Diana Momeka, religiosa domenicana irachena a Mosul, ha rivolto al Parlamento statunitense riunito a Washington il 13 maggio scorso. Con coraggio e umiltà, testimone degli orrori vissuti nel suo paese ma anche della speranza del suo popolo, la suora - a cui le autorità Usa avevano rifiutato in un primo momento il visto, come riferito dall’agenzia Asia News - ha denunciato il “genocidio umano


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in 5.000 per

Sono stati più di 5.000 i giovani consacrati e consacrate provenienti da ogni parte del mondo (tra cui Iran, Filippine, Costa d’Avorio, Zimbabwe) che sono arrivati a Roma dal 15 al 19 settembre, per partecipare all’Incontro mondiale dei giovani consacrati e consacrate, dal titolo Svegliate il mondo- Vangelo, Profezia, Speranza, organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica nell’ambito dell’Anno della Vita consacrata. Il Convegno ha avuto come finalità: vivere un’esperienza di formazione attraverso un approfondimento biblico, teologico-carismatico ed ecclesiologico degli elementi fondamentali della Vita consacrata; offrire uno spazio di condivisione della propria realtà, dei desideri e delle

svegliare

il mondo

consacrata (o di vita religiosa) si intende lo stato di vita delle persone consacrate caratterizzato dal fatto che esse hanno scelto di seguire il Signore più da vicino. Per questo si donano a Lui consacrandosi con i voti di povertà, castità e obbedienza che si impegnano a osservare vivendo insieme in una comunità, come gli apostoli e i cristiani dei primi tempi del cristianesimo. È

aspettative formative, celebrare e testimoniare la bellezza della propria vocazione. Ogni mattina i giovani si sono incontrati nell’Aula Paolo VI in Vaticano per ascoltare e riflettere sui temi della vocazione, della vita fraterna e della missione; il pomeriggio si sono riuniti in diverse parti di Roma per momenti di dialogo e condivisione e la sera hanno preso parte agli itinerari proposti: il cammino dell’annuncio (notte missionaria al centro di Roma), il cammino dell’incontro (itinerari con alcune organizzazioni socio-ecclesiali: Caritas, Comunità di Sant’Egidio, Talitha Kum), il cammino della bellezza (visite guidate ai Musei Vaticani e alla Cappella Sistina). Tre gli eventi aperti a tutti: la veglia di preghiera in piazza San Pietro presieduta dall’arcivescovo segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di vita apostolica (CIVCSVA), mons. José Rodríguez «««««

da notare che queste persone consacrate al Signore al fine di ripercorrere la sua vita e la sua missione, formano una schiera di quasi un milione di individui raggruppati in circa 3000 famiglie religiose secondo la spiritualità trasmessa loro dai rispettivi fondatori e fondatrici. Per queste ragioni la chiesa, nei suoi documenti, non fa che elogiarle. Tan-

to più che esse apportano alla chiesa un di più di energia missionaria in quanto la loro esistenza in mezzo a noi esprime una grande varietà di modi di seguire il Signore: chi imitandolo mentre prega, chi imitandolo mentre predica, chi mentre guarisce, chi mentre accoglie i poveri. Di modo che esse ricompongono ai nostri occhi, come i tasselli di un mosaico, la figura del

RLAMENTO USA SUL “GENOCIDIO” DEI CRISTIANI e culturale” che subiscono i cristiani in Iraq da quel ‘maledetto’ giugno 2014 quando un gruppo di terroristi, in seguito autoproclamatosi Stato Islamico in Iraq e in Siria (Isis), ha invaso la piana di Ninive, trascinando “l’intera regione sull’orlo di una terribile catastrofe”. Catastrofe che suor Diana ha vissuto in prima persona, vedendosi passare davanti agli occhi scene di inaudita barbarie: uomini, donne, bambini “sradicati e cacciati a forza”, costretti a lasciare le proprie abitazioni “con nient’altro che i propri vestiti”; edifici demoliti, chiese depredate e bombardate, reperti archeologici

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««««« Carballo, OFM (15 settembre), la celebrazione eucaristica nella Basilica di S. Pietro presieduta dal Prefetto della Congregazione, il cardinale João Braz de Aviz (19 settembre), una serata di musica e testimonianza in piazza S. Pietro (18 settembre). Il 19 settembre ha avuto luogo una celebrazione in memoria dei santi e dei martiri della Vita consacrata, una preghiera itinerante partita da Santa Maria in Aracoeli, che ha attraversato il Carcere Mamertino e i Fori Imperiali per arrivare al Colosseo. All’incontro in Vaticano hanno partecipato anche numerosi Oblati. Tra essi anche p. Fabio Ciardi che ha parlato ai partecipanti. Nel corso del suo primo intervento, il 16 settembre, p. Fabio ha affermato che “essere giovani vuol dire essere aperti al nuovo, liberi da pregiudizi, incondizionati nella donazione, disponibili alla divina avventura dello Spirito, con davanti il futuro di Dio, i suoi infiniti orizzonti”. È l’invito

Signore, la sua presenza di maestro, fratello e amico che salva, sottraendo dal male e sospingendo a fare del bene a tutti. Esse hanno, sì, vestiti diversi, ma quello che li accomuna è la scelta di seguire il Signore più radicalmente e riprodurlo attualizzato nel mondo di oggi. Così facendo, sono di stimolo a tutti per ricercare i valori essenziali

su cui poggiare la loro vita al fine di costruire il Regno di Dio e diventano pure segno delle realtà future, quelle che non passano. Sicché, non ci sorprende sentirci dire dai documenti ecclesiastici che lo stato di queste persone (che è bene sapere sono donne per più dell’80%) costituisce un dono speciale per la chiesa;

e luoghi sacri, patrimonio dell’umanità, ridotti ad un cumulo di macerie. “La persecuzione che la nostra comunità si trova a fronteggiare è la più brutale della nostra storia”, ha affermato la domenicana, sottolineando che “piano dello Stato islamico è di svuotare la terra dai cristiani e ripulire il terreno di ogni minima prova che testimoni la nostra esistenza nel passato”. Un genocidio, appunto. Non meno cruento di quelli che la storia annovera tristemente e che continua a svolgersi ogni giorno, sotto gli occhi di tutti, ormai da più di un anno. Con l’assalto dell’Isis alla città di Mosul, i jihadisti si sono impadroniti “di una città dopo l’altra”, mettendo la popolazione cristiana della regione “davanti a tre alternative: convertirsi all’islam; pagare un

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ad avere il coraggio di fidarsi di Dio e lasciarsi guidare dal suo Spirito, come una matita, come un pennello nelle mani dell’Artista. Come fare? “Ascoltare e vivere la Parola di Dio ha spiegato p. Fabio - colloquiare con lui in maniera amorosa nella preghiera; esercitarci nella carità fattiva verso tutti, specialmente i poveri e gli ultimi”. Il 18 settembre, al termine della mattinata, p. Fabio ha esortato i giovani a seguire l’esempio dei loro fondatori e fondatrici, uomini e donne capaci di “cogliere valori laddove gli altri vedono solo disvalori, di riconoscere bellezze dove altri non sono in grado di scorgerle”. È chiesta a ciascuno la stessa capacità creativa, l’audacia e intraprendenza dei fondatori, la capacità di conoscere e comprendere la società in cui si vive, di lavorare insieme per dare risposte ai bisogni dell’uomo. “Non abbiamo soltanto una grande storia da raccontare - ha concluso p. Fabio citando S. Giovanni Paolo II - ma anche una grande storia da costruire”.

che esse sono “nel cuore stesso della chiesa” come “parte integrante” della sua vita; e che il loro modo di vivere vuole essere come uno “spazio umano abitato dalla Trinità”, prolungamento della sua comunione, come dice il documento Vita consecrata (Giovanni Paolo II, 25 marzo 1996). Si può intuire che il dono della vita consacrata è

tributo (jizya) allo Stato islamico; abbandonare le città”. Da giugno 2014 in avanti, ha affermato la suora, “più di 120mila persone si sono ritrovate sfollate e senza casa nella regione del Kurdistan irakeno, lasciandosi alle proprie spalle il loro patrimonio e tutto ciò per cui avevano lavorato nel corso dei secoli. Questo sradicamento, la depredazione di ogni bene appartenuto sino ad allora ai cristiani, li ha resi profughi nel corpo e nell’anima, strappando via la loro umanità e la loro dignità”. “Non solo siamo stati derubati delle nostre case, proprietà e terre, ma è stato distrutto anche il nostro patrimonio”, ha proseguito, ricordando crimini come la distruzione di preziose aree archeologiche, anche di carattere sacro, come Mar Behnam e Sara, un monastero del IV


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secolo, o l’antichissimo monastero di San Giorgio a Mosul. In mezzo a questi drammi, non manca “la speranza”, ha affermato suor Diana. “Grazie a Dio” e grazie anche alla chiesa che “nella regione del Kurdistan si è fatta avanti e ha curato in prima persona i cristiani sfollati, facendo davvero del proprio meglio per far fronte al disastro”. “Gli edifici appartenenti alla chiesa - ha raccontato Momeka - sono stati aperti e messi a disposizione per fornire un riparo agli sfollati; hanno fornito loro cibo e altri generi di prima necessità, per far fronte ai bisogni immediati della gente; hanno anche fornito assistenza sanitaria gratuita”. Inoltre, “la chiesa ha lanciato appelli cui hanno risposto molte organizzazioni umanitarie, le quali hanno fornito aiuti alle migliaia di persone

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In alto, religiose congolesi ad un corso di formazione alla comunicazione. In basso p. Fabio Ciardi parla ai giovani religiosi nell’Aula Paolo VI in Vaticano

destinato ad arricchire dei suoi benefici anche la missione della chiesa.

Il contributo dei religiosi nella storia Sempre, in ogni epoca della storia della chiesa, le persone consacrate hanno svolto un ruolo profetico, in particolar modo nel settore della missione. Sono state loro più di ogni altro a imprimere slancio alla missione della chiesa

in situazione di estremo bisogno. Oggi - ha detto la religiosa - siamo grati per tutto ciò che è stato fatto, con la maggior parte delle persone che hanno trovato un riparo in piccoli container prefabbricati o in alcune case”. Ma il lavoro da compiere è ancora tanto. La suora irachena si è rivolta pertanto alla comunità internazionale e al governo degli Stati Uniti, elencando una serie di iniziative da adottare “con la massima urgenza” affinché si possa “ripristinare, riparare e ricostruire la comunità cristiana in Iraq”. Anzitutto, ha detto, bisogna “liberare le nostre case dalla presenza del sedicente Stato islamico e favorire il nostro rientro”; poi deve essere promosso “uno sforzo comune e coordinato per ricostruire ciò che è stato distrutto - strade, acqua, forniture elettriche, ivi compresi i nostri monasteri

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diventandone protagoniste in prima persona e apportandovi un contributo d’eccellenza. Pensiamo al Monachesimo africano e orientale (III-IV secolo) dove i monaci offrivano spazi e tempi di ospitalità utili all’evangelizzazione e alla catechesi dei loro visitatori; ai monaci benedettini del VII secolo che

e le nostre chiese”. Infine bisogna “incoraggiare le imprese per contribuire alla ricostruzione dell’Iraq e del dialogo interreligioso”. Tutto questo, secondo suor Momeka, “può essere fatto attraverso le scuole, le accademie e progetti pedagogici ed educativi mirati”.


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partivano su mandato del papa a evangelizzare i territori europei ancora ignari del Vangelo; agli Ordini Mendicanti (Domenicani e Francescani per intenderci) che ben presto, nonostante le distanze e le difficoltà di viaggio dell’epoca (XIII secolo), porteranno il Vangelo fino in Cina, a Pechino. E poi ci sono i religiosi e le religiose che dal XV al XVIII secolo hanno contribuito alla diffusione del Vangelo nelle Americhe, in Africa, Asia e Oceania, rendendosi attori, come certi gesuiti famosi (Ricci, De Nobili…), di esperienze innovative d’inculturazione. E, infine, c’è la magnifica fioritura di congregazioni religiose, esclusivamente missionarie o di altro genere, che nel corso del XIX secolo hanno portato il Vangelo in ogni angolo della terra dando fisionomia alla chiesa come noi la conosciamo oggi. Tra l’altro è in questo periodo che è nata anche la congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Anch’essa, dal 1841 in poi, ha contribuito all’evangelizzazione del Nord America, Canada, a Sri Lanka e nel Sud Africa sotto la guida audace del suo fondatore sant’Eugenio de Mazenod. Certo, storicamente parlando non tutto è stato sempre perfetto nel modo di vivere la missione. Purtroppo, si sa che i missionari, come uomini e donne del loro tempo, portavano con loro certi pregiudizi culturali che delle volte erano in contraddizione col messaggio di amore che erano inviati ad annunciare, ma, per la grazia di Dio che trasforma ogni male in bene, i frutti dell’albero missionario sono sotto gli occhi di tutti. E sono così tanti in quantità e qualità da portarci a ringraziare grandemente il Signore.

Dedicarsi totalmente alla missione A questo proposito è interessante rileggere quanto scrive Vita consecrata:

«Nella loro chiamata - precisa questo documento - è quindi compreso il compito di dedicarsi totalmente alla missione; anzi, la stessa vita consacrata, sotto l’azione dello Spirito Santo che è all’origine di ogni vocazione e di ogni carisma, diventa missione, come lo è stata tutta la vita di Gesù. Si deve dunque affermare che la missione è essenziale per ogni Istituto, non solo in quelli di vita apostolica attiva, ma anche in quelli di vita contemplativa». Del resto, aggiunge questo stesso documento, la missione «prima di caratterizzarsi per le opere esteriori, si esplica nel rendere presente al mondo Cristo stesso mediante la testimonianza personale. È questa la sfida, questo il compito primario della vita consacrata! Più ci si lascia conformare a Cristo, più lo si rende presente e operante nel mondo per la salvezza degli uomini. Si può allora dire che la persona consacrata è “in missione” in virtù della sua stessa consacrazione, testimoniata secondo il progetto del proprio Istituto. La vita religiosa, inoltre, partecipa alla missione di Cristo con un altro elemento peculiare e proprio: la vita fraterna in comunità per la missione. La vita religiosa sarà perciò tanto più apostolica quanto più intima ne sarà la dedizione al Signore Gesù, più fraterna la forma comunitaria di esistenza, più ardente il coinvolgimento nella missione specifica dell’Istituto». A questo punto ci possiamo rendere conto che la vita consacrata, come la chiesa, è tutta missionaria. E possiamo anche dedurne che la chiesa e la vita consacrata sono chiamate a coltivare, e sempre a rafforzare, la loro dimensione missionaria, perché possano collaborare adeguatamente alla realizzazione della missione di Cristo. Altrimenti, la chiesa e la vita consacrata saranno perdenti, poiché mancanti d’un elemento essenziale al loro pieno sviluppo. n

I consacrati nel mondo

Riportiamo di seguito alcune statistiche, desunte dall’ultimo Annuario statistico della chiesa, sulla presenza dei consacrati e delle consacrate nel mondo, indicando gli aumenti o le diminuzioni rispetto all’anno precedente. I sacerdoti religiosi sono nel mondo 134.752. Consolidando la tendenza degli ultimi anni, crescono in Africa (+169) e in Asia (+768) rispetto all’anno precedente, mentre le diminuzioni interessano America (-477), Europa (-742) ed Oceania (-38). I religiosi non sacerdoti sono aumentati anch’essi rispetto all’anno precedente arrivando al numero di 55.314. Aumenti si registrano in Africa (+53), Asia (+138), Europa (+137) ed Oceania (+81), l’unica diminuzione è in America (-180). Si conferma la tendenza alla diminuzione globale delle religiose, che sono complessivamente 702.529. Gli aumenti sono, ancora una volta, in Africa (+727) e Asia (+2.167), le diminuzioni in America (-4.288), Europa (-9.051) e Oceania (-232). I membri degli Istituti secolari maschili sono complessivamente 711, con un aumento in tutti i continenti: Africa (+2), America (+28), Asia (+21), Europa (+7), invariata l’Oceania. I membri degli Istituti secolari femminili sono 24.702. Aumentano in Africa (+37), America (+225) e Asia (+74) mentre diminuiscono in Europa (-196) ed Oceania (-2). fonte: agenzia FIDES

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Notizie in diretta dal mondo oblato

messaggi Lesotho e notizie Centenario della morte di Joseph Gérard OMI dalle missioni a cura di Elio Filardo OMI eliofilardo@omimissio.net

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I

Missionari Oblati di Maria Immacolata del Lesotho hanno appena concluso le celebrazioni per il centenario della morte del beato Joseph Gérard OMI. In questa occasione mons. Gerard Lerotholi, arcivescovo di Maseru, ha scritto che l’apostolo di Basuto “lascia un’eredità di santità e la semplicità della vita. Egli incarna i valori religiosi oblati e il carisma del Fondatore. È il miglior esempio di ciò che significa essere Oblato. Egli, infatti, è stato una brava persona, un uomo di preghiera. Ha vissuto radicalmente i suoi voti. È stato un missionario interamente dedicato al suo compito, un apostolo in quanto ‘mandato’. È stato inviato in Lesotho e non è più tornato al suo paese natale, la Francia. È morto nel suo paese d’adozione nel 1914” ed è stato beatificato da Giovanni Paolo II il 15 settembre 1988. (fonte: omiworld.org)


Indonesia L’incontro della Gioventù oblata

L’

edizione 2015 dell’Incontro della Gioventù oblata indonesiana (TERAMO), tenutosi dal 25 al 30 giugno nel nord del Borneo, ha riunito 472 partecipanti provenienti da 10 parrocchie oblate. Altre due parrocchie vicine, Mensalong e Sebuku, fondate dagli Oblati e poi consegnate alla diocesi, hanno aderito all’iniziativa. Ad aprire TERAMO (teramoindonesia.org) secondo la tradizione della cultura tribù locale Tidung, c’era mons. Yustinus Harjo Susanto, MSF, arcivescovo di Samarinda, insieme all’amministratore apostolico della diocesi di Tanjung Selor e a p. Antonius Rajabana, provinciale degli Oblati d’Indonesia. Alla prima celebrazione eucaristica hanno partecipato anche altri sacerdoti diocesani, segno del sostegno da parte della chiesa locale nei confronti della manifestazione giovanile. Il programma è stato improntato sul tema “Uno spirito nuovo che si esprime nella compassione per i poveri”. I seminari e gli incontri di gruppo per la condivisione della fede sono stati guidati dai laici, mentre p. Antonius Rajabana ha aiutato i partecipanti a riflettere sullo spirito e i valori Oblati. L’incontro si è concluso con la celebrazione eucaristica presieduta da p. Rajabana il quale, nell’omelia, ha cantato una canzone indonesiana dal titolo “Sampai Akhir” (Fino alla fine) per dire che gli Oblati si impegnano a camminare sempre con i giovani, ad accompagnarli e a sostenerli. Dopo la messa, la fiaccola di TERAMO è stata consegnata al distretto OMI di Balikpapan (Borneo orientale) che organizzerà il prossimo incontro della Gioventù oblata nel 2019. (fonte: omiworld.org)

L’ACCOGLIENZA DEI MIGRANTI “Invitare a prendere in seria considerazione, con coraggio e, in pari tempo, con prudenza evangelica, l’appello del papa, perché “ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia (di profughi, ndr)”. Lo scrive p. Alberto Gnemmi in una lettera circolare dello

scorso 7 settembre indirizzata alla famiglia oblata. Facendosi eco dell’appello di papa Francesco per l’accoglienza dei profughi il superiore provinciale suggerisce che “ogni nostra comunità, così come ogni parrocchia dove siamo presenti, debba ascoltare in profondità quest’appello e compiere un sincero discernimento. Per questo, invito i parroci a consultare i confratelli di comunità, i consigli parrocchiali, gli uffici delle curie diocesane preposti per i migranti, le parrocchie della medesima vicaria o settore, per giungere ad una decisione concreta e condivisa”. P. Gnemmi facendo riferimento all’anno del triennio oblato in preparazione al bicentenario della congregazione che tocca il tema della povertà evangelica afferma che esso “offre l’opportunità - non facile, ne sono profondamente consapevole - di essere interpellati su come dare forma nelle opere di carità alle tante parole evangeliche che ci rivolgiamo per la nostra conversione interiore”. Nella circolare il provinciale invita ad interagire “con gli altri Istituti religiosi presenti sul territorio (magari l’iniziativa può concretizzarsi in collaborazione con altri Istituti che operano nella stessa diocesi o nel territorio limitrofe, condividendo anche i costi economici), e con le chiese particolari nelle quali siamo inseriti, recependo direttive o iniziative messe in atto”.

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R.D. Congo

Italia

Primi passi dell’AMMI

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el suo primo anno di vita l’Associazione Missionaria Maria Immacolata (AMMI) del Congo si è dedicata soprattutto all’ampliamento del numero degli associati e al consolidamento dei gruppi esistenti. Finora i soci sono 107 e si prevedono nuove adesioni mediante il coinvolgimento di altre parrocchie oblate. È ormai conclusa la fase di studio dei progetti di autofinanziamento. I primi due saranno lanciati a Kinshasa e Kikwit entro la fine del 2015. Si lavora anche al regolamento interno che, dopo essere stato elaborato, discusso e approvato, in questo mese è stato sottoposto al Consiglio provinciale. Inoltre si intende proporre di migliorare il programma stabilito dall’assemblea generale tenutasi l’11 e il 12 luglio 2014. (fonte: omiworld.org)

Spagna

Veglia di preghiera per i rifugiati

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omenica 13 settembre, nella chiesa dei Martiri Oblati a Pozuelo, si è svolta una veglia di preghiera per i profughi di Siria e Iraq ispirata alla traccia di riflessione “Ospitalità e giustizia” proposta dalla Conferenza spagnola dei religiosi di Madrid. Alla veglia ha partecipato un gruppo di persone che di solito frequentano la chiesa nei giorni festivi, alcuni giovani di Aluche e le suore di San Giuseppe di Cluny. È stato significativo sentirsi solidali con le migliaia di persone che fuggono dal loro paese e cercano rifugio in Europa. (fonte: nosotrosomi.blogspot.com)

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Le nuove attività del Centro la Famiglia

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arà la Sala del Giogo, inaugurata poco prima dell’estate dal Centro La Famiglia per essere luogo di pace, incontro e confronto per le coppie di sposi e le famiglie in crisi, a ospitare le nuove iniziative di formazione in programma per il nuovo anno pastorale. Due, in particolare, i percorsi proposti in questa “oasi”, con una chiesa dove poter pregare e una tavola dove riunirsi per parlare, aperta nella casa dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, in via dei Prefetti 34 a Roma. La prima iniziativa ha preso il via sabato 10 ottobre. Destinatarie: le coppie di sposi che desiderano riscoprire la bellezza del matrimonio e crescere nel loro rapporto attraverso la conoscenza di sé, dell’altro e di Dio, in relazione al sacramento celebrato. A fare da filo conduttore, il tema “Famiglie al centro. La Misericordia visita la tua casa”. In calendario una serie di incontri mensili fino a giugno 2016 guidati dal presidente del Centro p. Alfredo Feretti; al centro, appunto, il tema della misericordia, ma anche quello del dono del corpo e della vita. Nel mese di ottobre è partito anche il secondo percorso mensile, sul tema “Rafforzare la capacità di amare”, dedicato a quanti si trovano in situazione di separazione e divorzio o vivono nuove unioni. È iniziato domenica 11 ottobre, sempre con la guida di p. Alfredo, che spiega: “La ferita della separazione domanda sempre la ricostruzione della nostra capacità di amare. E questa è anche la risposta alla domanda profonda di senso che sembra vacillare nei momenti più difficili”. fonte


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Semplicità e accoglienza

Galeotto fu il movimento e chi lo visse! Quasi contemporaneamente alla nostra conoscenza e all’inizio della nostra frequentazione, è iniziato il nostro cammino nell’MGC (per Federica era già iniziato, sebbene da poco; Alessandro vi si è avvicinato per lei, ma soprattutto per

sé nel corso del primo anno di fidanzamento). Consideriamo una grazia aver potuto vivere i momenti forti della nostra crescita nella fede e nella maturità, non da soli, nel senso non solo come “singoli”, ma anche accompagnati dai nostri compagni di comunità e di vita. Il cammino nell’MGC e come famiglia oblata ci ha fatto prima crescere

come persone e, di conseguenza, anche come coppia. Ci ha insegnato a vivere avendo come specchio l’altro, provando a mettere sempre Gesù tra noi. Ha dato la base a quella che poi è diventata la nostra famiglia: semplicità, accoglienza e cuore aperto… una casa fondata sulla roccia. Federica e Alessandro, Prato

UN CAMMINO

a due

Il cammino del Movimento giovanile Costruire non si fa sempre da soli. Spesso è un cammino a due, mano nella mano, per coppie che si formano lungo la strada o che iniziano insieme a far parte del movimento. Questo a volte - ma neanche poi così poche - risulta essere una marcia in più per quei ragazzi e ragazze che, crescendo, trovano la propria vocazione insieme nel matrimonio. Questo mese abbiamo scelto di chiedere ad alcuni sposi, che hanno fatto un percorso più o meno lungo all’interno dell’MGC prima del fatidico “sì”, di raccontarci se e come mai questo cammino è stato importante per prepararsi a costruire una famiglia insieme. Andrea Cuminatto

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Famiglia aperta

Ero già nell’MGC da qualche anno quando ho incontrato Roberto, ed era chiara in me la volontà di trasmettere ad altre persone il dono della scoperta dell’Amore di Dio. Uno dei progetti per mettermi in gioco era la famiglia. Ma non avevo previsto che i miei stessi desideri erano condivisi anche da lui: due mondi e due progetti si sono incontrati e si sono fusi per diventare una cosa sola. Sin da subito è stato chiaro che la nostra famiglia avrebbe respirato lo spirito dell’MGC e che sempre sarebbe stata aperta al prossimo. È stato naturale per noi passare dall’MGC all’AMMI, un po` come il figlio che diventa padre, che ha responsabilità e bisogno di formazione diverse, ma sempre conservando il suo spirito. È proprio questo che non mi ha abbandonato e che ha alimentato in me il desiderio di far vivere ai ragazzi di oggi la stessa gioia che avevo vissuto io. Quest’anno io e Roberto abbiamo festeggiato 20 anni di matrimonio. Attualmente Roberto è a Roma per lavoro, e la sera quando ci sentiamo per telefono gli racconto dei nostri figli e di tutti i ragazzi dell’MGC che sono impegnati nelle diverse attività, perché sento che lo spirito del movimento ci tiene saldi nell’amore e allarga il nostro progetto all’altro. Olga e Roberto, Taranto

Accompagnati spiritualmente

Con Antonio ci siamo conosciuti ed abbiamo vissuto il nostro fidanzamento nella comunità MGC di Messina. È stato importante per noi scoprire e vivere la dinamica

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dell’unità e della comunione che ci hanno mostrato come sia possibile una condivisione profonda della vita e delle scelte che facciamo. Adesso che siamo sposati da dieci anni, più che allora, il rischio è di dare per scontate queste cose tra noi, e la dis-unità è dietro l’angolo: basta parlarci un po’ di meno, ascoltarci di meno, pregare di meno e… litigare di più! In questi anni io ed Antonio ci siamo detti spesso che una cosa fondamentale per il nostro cammino come persone e come coppia è stata, ed è tuttora, l’accompagnamento spirituale, cioè avere delle persone che si sono messe con noi davanti a Dio per capire quale sia la Sua volontà per noi. In genere si è sempre trattato di missionari oblati, ma

anche di laici dell’AMMI e delle Cooperatrici Oblate Missionarie dell’Immacolata (COMI). Una volta cominciato il discernimento, ha iniziato a coinvolgere tutti gli ambiti della nostra vita: il lavoro e il matrimonio, l’educazione delle nostre figlie e la scelta di vivere il carisma oblato in comunità anche in età adulta come laici associati all’AMMI. Domenica e Antonio, Roma


mgc news

e nella chiesa. Dunque il movimento ci ha accompagnato nei due passaggi fondamentali della nostra vita: la scelta del fidanzamento e quella del matrimonio, scelte vissute nel confronto con gli assistenti di zona e alla luce della volontà di Dio. Grazie al cammino che abbiamo fatto, abbiamo vissuto

il fidanzamento come un tempo di crescita e di approfondimento della conoscenza reciproca. Nel periodo del fidanzamento il movimento ci ha aiutato a non chiuderci come coppia ma ad avere uno sguardo aperto al prossimo, a non appoggiarci l’uno a l’altra, ma a fondare le radici del nostro rapporto in Dio. Così abbiamo cercato di costruire le fondamenta della casa sulla roccia di cui parla Gesù nel Vangelo, ed oggi, sebbene il nostro cammino nel movimento è terminato, siamo comunque consapevoli di fare parte di una famiglia, la famiglia oblata, che continuerà ad accompagnarci nella crescita come famiglia cristiana. Chiara e Luigi, Santa Maria a Vico (Ce)

disposizione di entrambi a camminare secondo il progetto di Dio. La cosa bella di farlo insieme, nella condivisione di una vita matrimoniale, è che quando prevale la fatica, l’altro ti dà una spinta per continuare a camminare. Questa è l’altra grande eredità che ci portiamo dall’MGC: da solo non ce la fai, hai bisogno degli altri, della comunità. Anche il cammino nell’AMMI, come

l’MGC, è una chiamata personale. Per noi significa dire sì al nostro posto nella chiesa, perché Dio ci ha donato un carisma specifico. Abbiamo la grazia di vivere insieme questa appartenenza, che ci permette di continuare a crescere nella nostra identità cristiana. Allo stesso tempo, il cammino nell’AMMI ci dà gli strumenti per vivere il carisma come famiglia, con uno stile missionario, di apertura, servizio, testimonianza e di condividere questo percorso con altre famiglie che cercano di essere fedeli al Vangelo nella loro vita quotidiana. Angelica e Giovanni, Roma

Fidanzamento “missionario”

La nostra storia, a partire da quella personale, passando per quella di coppia, per giungere infine a quella di famiglia, è strettamente legata al Movimento Giovanile Costruire e quindi ai Missionari Oblati di Maria Immacolata. Negli anni di formazione abbiamo capito l’importanza del discernimento, di trovare la nostra vocazione, di uomo e di donna, nel mondo

Seguire il progetto di Dio Il cammino MGC è prima di tutto un cammino individuale, una risposta personale a seguire Gesù secondo un determinato stile di vita: quello del carisma oblato. L’MGC è stato per noi il luogo nel quale crescere come persone e allo stesso tempo scoprire la vocazione che Dio aveva pensato per ciascuno di noi. Alla base della nostra famiglia c’è questa

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una foto per pensare

Piacer

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foto di Giovanni Chimirri, gio.chimirri@gmail.com testo di Luisa Miletta, luli89@libero.it

e affanno Il bello di una tempesta è la quiete, dopo. La quiete è il silenzio del sereno, l’odore di rugiada sulle foglie degli alberi, le goccioline sul vetro della finestra mentre guardi fuori e ti accorgi che tutto tace, che tutto è pulito e fresco. La tempesta però è un passaggio necessario, per avere il sole a volte bisogna passare dalla pioggia. E ciò non vale solo per la natura, ma anche per noi: abbiamo bisogno del dolore per godere meglio del piacere, del vento forte per apprezzare i momenti di quiete della propria vita, dell’angoscia per vivere meglio le gioie quotidiane. Leopardi diceva “piacer figlio d’affanno”, ed è proprio dall’affanno che passa Dio per ridarci la pace.

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fatti

Giovani a

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EXPO


A Milano con giovani e Oblati alla scoperta dell’esposizione universale 2015 di Pasquale Castrilli OMI pax1902@gmail.com

C

apelli lungi, sorriso sul volto, tenuta estiva, Susanna ci attende alla stazione. Sarà la nostra compagna di viaggio in questi tre giorni milanesi alla scoperta di Expo 2015 e della città di Milano. Siamo un gruppo di 14 persone: 10 giovani di Messina e una dalla Romania, 3 missionari Oblati di Maria Immacolata. Il nostro gruppo ha risposto all’invito del Servizio di pastorale giovanile della diocesi di Milano che lo scorso anno aveva spedito in tutt’Italia un invito ai gruppi parrocchiali e dei movimenti mettendo a disposizione le strutture della diocesi - oratori, parrocchie e centri giovanili - per accogliere persone che volessero visitare Expo 2015. Nelle intenzioni dell’Ufficio per i giovani della diocesi ambrosiana c’era anche l’intento di favorire una conoscenza reciproca, una sorta di gemellaggio. «Come giovani del Movimento giovanile Costruire di Messina abbiamo deciso di accogliere quest’opportunità con entusiasmo», dice Agata Sparacino.

I partecipanti I giovani che hanno risposto all’invito sono stati 11 di età compresa tra i 19 e i 26 anni. La maggior parte proveniva dalla parrocchia Maria Regina degli Apostoli di Messina, affidata da 6 anni alla cura pastorale dei Missionari Oblati di Maria Immacolata.. «Abbiamo deciso di vivere questa esperienza quando, a marzo, siamo venuti a conoscenza della conveniente iniziativa, proposta dalla diocesi di Milano, di ospitare a prezzi più che accessibili, i gruppi parrocchiali che avrebbero visitato Expo», racconta entusiasta Pierluigi Dell’Acqua. Una ragazza del gruppo proveniva dalla Romania insieme a p. Damian Cimpoesu della comunità di Mărăcineni. Ha completato il gruppo Petr Dombek, scolastico della Repubblica Ceca attualmente allo scolasticato oblato di Vernicino. Un gruppo internazionale, dunque, che ha avuto modo di conoscersi e condividere: i pasti, le code per visitare i padiglioni di EXPO, alcuni momenti di preghiera…

ripercorrendo

Il primo padiglione che abbiamo visitato a Expo è stato il PADIGLIONE ZERO all’interno del quale viene descritta l’evoluzione dell’alimentazione nella storia dell’uomo e il suo rapporto con il pianeta, dalle prime tecniche di agricoltura, all’allevamento e la pesca, fino a giungere all’industrializzazione. Terminata la visita del Padiglione Zero, ci siamo incamminati lungo il decumano ed abbiamo iniziato la visita dei padiglioni. Siamo riusciti a visitarne poco più di una dozzina, un numero esiguo rispetto alla proposta. Questo è stato dovuto sia alla grandezza di alcuni di essi sia alla grande affluenza delle persone ai padiglioni più rappresentativi. Abbiamo alternato quelli maggiori (ARGENTINA, REGNO UNITO, AUSTRIA, MAROCCO, RUSSIA) a quelli minori che consentivano un accesso immediato ed una visita rapida (COSTA D’AVORIO, VIETNAM). Il padiglione che ha colpito maggiormente la nostra attenzione è stato sicuramente quello dell’AUSTRIA la cui esposizione consisteva in una fresco viale alberato il cui tema principale era la dicotomia fra aria e vita. Anche il padiglione della RUSSIA ci ha affascinato molto, non tanto per l’esposizione in sé, quanto piuttosto per la sua maestosità e per la terrazza posta nel punto più alto di tutta la struttura e, quindi, per il panorama offerto. Naturalmente non è mancata una rapida, ma dovuta visita al padiglione della SANTA SEDE e all’ “ALBERO DELLA VITA”. Nei giorni successivi abbiamo visitato Milano, dal CASTELLO SFORZESCO alla basilica di SANT’AMBROGIO, patrono della città, per finire con il maestoso DUOMO, dedicato santa Maria Nascente, simbolo assoluto della città. Di esso abbiamo goduto di una visita completa, dal suo interno alle terrazze passando per le cripte. Lasciata la Lombardia ci siamo diretti verso ROMA. Abbiamo pernottato nella casa oblata a Marino Laziale e ammirato i più grandi capolavori che la storia ha edificato nella città. La basilica di SAN PIETRO, PIAZZA NAVONA, l’ALTARE DELLA PATRIA, PIAZZA DI SPAGNA e il COLOSSEO. Abbiamo anche potuto godere di una meravigliosa vista panoramica del cuore della città dalla casa generalizia dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Pierluigi Dell’Acqua

expo 2015

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Il Centro giovanile Stoà La struttura che è stata assegnata al gruppo è stato il Centro giovanile Stoà (www.stoabusto.it) di Busto Arsizio (Va), una bella casa nata alcuni anni orsono ubicata a 300 metri dalla stazione ferroviaria e dunque facilmente raggiungibile. Il Centro - stanze da letto, saloni, refettorio e una bella cappella nel sottotetto - è a disposizione dei giovani delle 13 parrocchie della città, ma anche di gruppi diocesani e da fuori diocesi. Nel corso dell’anno pastorale offre incontri di preghiera, eventi culturali e artistici e la possibilità di esperienze residenziali. «Durante la nostra permanenza abbiamo avuto modo di conoscere questo nuovo ambiente e i ragazzi che ve ne fanno parte.- dice Agata - Con loro abbiamo avuto modo di confrontarci, scoprendo che la realtà ambrosiana ha molte proposte per i giovani: incontri di catechesi, momenti di convivenza, persino mostre per dare la possibilità a giovani artisti di esprimersi». Una cena ci ha permesso di incontrare alcuni giovani di Stoà e il loro assistente don Giovan-

La missione a Expo 2015 Il padiglione della Santa Sede, come anche quello della famiglia salesiana, ha offerto ai visitatori uno spaccato molto rappresentativo del mondo missionario, in particolare dell’impegno nel settore della nutrizione. Una presenza “sobria” e “minimalista”, ma dalla forte carica simbolica. Era stato descritto così il padiglione della Santa Sede nella conferenza stampa del passato 14 aprile. Il padiglione, dal titolo “Non di solo pane”, è stato promosso, realizzato e gestito in collaborazione tra Pontificio Consiglio della Cultura, Conferenza episcopale italiana e diocesi di Milano. Quella di Milano non è stata la prima partecipazione della chiesa cattolica ad un’esposizione universale: la precedente risale al pontificato di Pio IX, quando la chiesa cattolica

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fu presente all’Expo di Londra del 1851. In un padiglione dalle dimensioni ridotte (circa 300 metri quadrati), la Santa Sede, ha permesso ai visitatori di Expo 2015 di vedere foto e filmati di varie nazioni dei sud del mondo, veicolando il suo messaggio di sempre, a partire dall’attenzione ai più deboli e al loro diritto naturale alla nutrizione. Rispondendo ad una domanda dell’agenzia stampa ZENIT sulla valenza “missionaria” del padiglione, il card. Gianfranco Ravasi, nel corso della conferenza stampa di presentazione aveva sottolineato che il suo messaggio non sarebbe stato solo di “evangelizzazione” ma di “annuncio tout court, di kerygma”, rivolto anche a “non credenti”, trattando di “temi universali che toccano le coscienze dell’intera umanità”. Il padiglione


fatti

ni Patella per conoscersi e condividere i cammini. Nella condivisione e nel clima sereno intoniamo convinti “Vitti na crozza” e “O mia bela Madunina”.

EXPO 2015 I nebulizzatori d’acqua sono frequentati da tutti: intere famiglie cercano refrigerio mentre si tenta di visitare quanti più stand possibili. Il padiglione dell’Italia ha una coda di un’ora e mezza che viene opportunamente evitata dal nostro gruppo. Molti del gruppo visitano il padiglione dell’Austria che ha riprodotto un intero bosco alpino al suo interno. Tanti visitano i padiglioni di Brasile, Giappone, Russia, Cina e Kazakistan. Quest’ultima nazione ospiterà Expo nel 2017. «Fin da subito siamo rimasti notevolmente impressionati dall’incredibile affluenza di gente proveniente da tutto il mondo - soprattutto dal lontano oriente! - e dalla maestosità dei padiglioni piuttosto che della loro bellezza, originalità e dalle attrattive che proponevano», dice Pierluigi. «Expo ci ha offerto un misto di emozioni tra stupore e ottimismo legate all’impegno che il

mondo sta prendendo riguardo a una problematica che ci fa tutti protagonisti: l’alimentazione. Ogni Paese, per quanto ci è stato possibile “vistarlo”, ci ha offerto il proprio punto di vista riguardo a questo argomento talvolta sorprendendoci per l’originalità della trattazione», dice ancora Agata. Ci dividiamo in piccoli gruppi a seconda degli interessi per esplorare il tema di questa edizione di

Expo: “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita” Entriamo anche al padiglione della Santa Sede che ha all’esterno la frase evangelica “Non di solo pane vive l’uomo”. L’indomani visitiamo Milano: la pinacoteca di Brera, il Castello sforzesco, sant’Ambrogio, il Duomo… Siamo stanchi, ma contenti di aver vissuto giorni di apertura e di presa di coscienza. n

- aveva aggiunto il porporato - è inteso come un luogo di “dialogo interreligioso”, in considerazione del “simbolo rilevante che il cibo ricopre in tutte le culture religiose, anche nella sua negazione”. Uno degli scopi dell’Expo, aveva sottolineato mons. Domenico Pompili a nome della CEI, è “migliorare la food security”, tenuto anche conto che in Italia, 4 milioni di persone (al 70% cittadini italiani) vivono sotto la soglia della povertà, con un “numero di indigenti in continuo aumento”. A fronte di questo fenomeno, la risposta della chiesa è nelle “quasi 15.000 strutture caritative territoriali che attraverso i pacchi alimentari, le mense o altre forme di intervento offrono aiuto a chi ne ha bisogno”. Da parte sua, monsignor Luca Bressan dell’arcidiocesi di Milano, aveva ricordato che la presenza della chiesa all’Expo avrebbe vissuto un momento topico per la solennità del Corpus Domini.

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fatti

Il bene che tocca il

cuore

Alla ricerca dei più poveri a Bucarest, capitale della Romania

di Gennaro Fava MC

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N

ell’apostolato di strada il primo passo è fare conoscenza con i senza domicilio fisso, i barboni, i giovani che vivono nei canali sotterranei della città, cominciando a costruire una relazione di amicizia e fiducia. Si tratta di persone che hanno problemi di dipendenza dall’alcool, dalla droga, patologie di tipo psichico o fisico. La maggior parte delle persone che sono in strada hanno perso la fiducia non solo nella società e nelle istituzioni pubbliche, non solo nelle relazioni familiari e in quelle con gli altri, spesso hanno smarrito la fiducia anche in Dio e in sé stessi. Hanno perso la fiducia in un futuro migliore e nel fatto che la vita è un dono bello, che va apprezzata e vissuta bene. Molti hanno un’immagine brutta e negativa di loro stessi. Sono stati disprezzati ed inconsciamente si disprezzano. L’alcool e la droga servono da anestetizzante, attenuano il dolore interiore. Di fatto


la comunità di

La comunità di Bucarest dei FRATELLI DELLA CARITÀ è stata aperta nel settembre 2004. I primi due fratelli alloggiavano in un appartamento di due camere. Una di esse era divisa a metà da una tenda, al di là della quale c’erano qualche tappeto per inginocchiarsi ed il tabernacolo. Quando Madre Teresa parlava dell’avvio di una nuova comunità diceva che era stato aperto “un nuovo tabernacolo”. Col tempo i fratelli hanno imparato la lingua, è stata costruita una casa, ed oggi sono una comunità di cinque consacrati. Oltre alle faccende di casa come cucinare, fare le pulizie, la spesa, il loro apostolato comprende tre aspetti: andare in strada, il Centro diurno e il Centro residenziale.

bucarest

le ferite interne, quelle del cuore, sono molto più profonde e dolorose di quelle esterne e degli acciacchi dell’età. Molti sono segnati da storie tristi come l’abbandono da parte dei genitori, la vita in orfanotrofio e poi la strada. Purtroppo, rifugiarsi nell’alcool o nella droga non fa che creare un problema in più. Noi invitiamo quelli che incontriamo per strada a venire al Centro diurno della nostra comunità. Il Centro diurno apre alle 8.30 e lì ognuno può fare la prima colazione, la doccia, cambiarsi, lavare i vestiti sporchi, intrattenersi chiacchierando e giocando a scacchi. Alle 12 celebriamo la messa con tutti i presenti e poi ci mettiamo a tavola per il pranzo, tutti insieme, così come Gesù si sedeva a mensa con quelli che venivano a lui. Quelli che erano, così com’erano. Invece di dire “cambia, sii migliore e poi ti accolgo”, il nostro principio è: “ti accolgo e ti accetto così come sei.

Poi, sentendoti accolto e accettato, sarai stimolato a cambiare e ad essere migliore”. Le persone che vengono da noi sono invitate ad avere un comportamento ed un linguaggio rispettoso, gentile, amabile. Quando si sentono rispettate e amate, più facilmente rispettano e ritrovano la propria dignità di persone e di figli di Dio. Col tempo abbiamo accolto alcune persone in modo stabile. Alcuni ci chiedono di restare, altri li invitiamo noi a fermarsi. Uno perché malato, un altro anziano, un altro diversamente abile. Così si è creato il Centro residenziale. Viviamo insieme alle persone residenti in un clima di famiglia chiedendo a ciascuno di collaborare secondo le proprie capacità. Si tratterà di pelare le patate o le carote, di fare le pulizie o di uscire per la spesa. Loro lavorano con noi e noi con loro. Stare insieme e aiutarsi a vicenda, in un clima rispettoso, è un vero toccasana per

le ferite interiori ed il disprezzo di cui parlavamo. La sera, prima di andare a letto, concludiamo la giornata con la preghiera, perché la nostra missione non mira soltanto a dare cibo, vestiti, un tetto, un letto, medicine, e altro. Fare questo è bene, ma non è sufficiente se non tocchiamo il cuore, se non permettiamo a Gesù di farlo a modo suo. “Non di solo pane vive l’uomo”, per questo si tratta di aiutare ciascuno a ritrovare la dignità e la bellezza di essere figlio di Dio, amato da Dio, di cominciare a vivere una vita nuova e di percorrere un’altra strada.

La storia di Gianni Sposato, con due figli e un lavoro, Gianni viveva una vita normale. La figlia maggiore va a vivere all’estero e là si sposa. In seguito anche la moglie si trasferisce all’estero. Una separazione fatta senza litigi, con un semplice arrivederci. Intanto anche l’altra figlia

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fatti

La missione dei Fratelli della Carità “Vieni, sii la mia luce! I poveri, i bambini di strada non mi vogliono perché non mi conoscono. Tu devi portare me a loro e loro a me”. Con queste e altre parole Gesù invitava Madre Teresa di Calcutta a uscire dal convento in cui si trovava e a fondare un nuovo istituto di suore. Madre Teresa ebbe più visioni e locuzioni interiori con le quali Gesù le affidava una nuova missione. Così, nel 1950, nasce la Congregazione delle Missionarie della Carità. Nel 1963, Madre Teresa fonda anche il ramo maschile, i fratelli Missionari della Carità. La congregazione dei Fratelli Missionari della Carità è un Istituito di religiosi non preti con circa 400 membri distribuiti in 70 comunità. Soprattutto in India, ma anche in Africa, America del Nord e Sud, Estremo Oriente ed Europa. La missione dei fratelli può essere descritta come un incontro. Si tratta di facilitare un incontro tra Gesù e i poveri. “Tu devi portare me a loro e loro a me”, diceva Gesù a Madre Teresa. È evidente che per essere mediatore tra Gesù e i poveri, è necessario essere in stretto contatto con l’uno e con l’altro. In altre parole la chiamata è a vivere una profonda vita di preghiera e unione intima col Signore e, al tempo stesso, un servizio concreto ai poveri. Madre Teresa ripeteva spesso: essere “contemplativi in azione”. Ogni giorno i fratelli trascorrono circa tre ore e mezza in preghiera. Il resto del tempo è dedicato all’apostolato.

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si sposa e segue la sua strada. Gianni comincia a bere nella speranza di sopraffare la solitudine e l’abbandono. ma, di fatto, è sopraffatto dall’alcool. A lavoro arriva ubriaco una, due, tre e più volte ed è licenziato. Finisce i soldi, non paga il fitto ed è messo fuori. È così che diventa barbone, alcolizzato e vive diversi anni in strada. Ci conosciamo e comincia a frequentare il nostro Centro diurno. Poi, un giorno, arriva col ventre ingrossato, le gambe gonfie e giallino in viso. Riesce a stento a camminare. Lo accogliamo come residente e chiamiamo l’ambulanza. All’ospedale dicono che se avessimo aspettato solo un paio di giorni, Gianni sarebbe morto di cirrosi. Gli estraggono diversi litri di liquido e dopo qualche giorno lo dimettono. Torna da noi e si riprende gradualmente. Sta con noi quasi un anno e, in questo periodo, ci occupiamo anche dei suoi documenti, dalla carta d’identità alla pensione. Oggi Gianni anni vive in una casa di riposo per anziani e viene spesso ad aiutarci. È un ottimo volontario. Da aiutato è diventato aiutante. Inoltre, ha anche ripreso i contatti con i parenti, con sua sorella e le figlie. Recentemente ha rivisto sua nipote che ha 12

anni. Non la vedeva da molto tempo. Mentre era da noi, Gianni veniva spesso in cappella e pregava con noi il rosario, partecipava all’adorazione e alla messa. Poi, un giorno, mi ha detto: “fra Gennaro, desidererei confessarmi e comunicarmi. Ti prego parla col parroco”. Gli ho chiesto: “quando ti sei confessato l’ultima volta?”. Mi ha risposto: “non mi sono mai confessato”. Ho parlato col parroco e Gianni ha fatto la sua prima confessione all’età di 58 anni. E’ così che rispondiamo all’invito di Gesù “devi portare me a loro e loro a me”. n


lettere dai missionari

MISSIONI

OMI

Missionari in tempo di guerra È un momento difficile per noi in Europa orientale. Nessuno avrebbe potuto immaginare che nel 21° secolo ci sarebbe potuta essere una guerra e che le persone si sarebbero uccise a vicenda. I paesi del mondo e limitrofi sono stati sorpresi all’inizio, ma ora che più di un anno è passato, abbiamo l’impressione che il mondo non è molto interessato al conflitto in Ucraina. Qui la gente muore ogni giorno, più di 600mila vittime; molte famiglie hanno perso la casa. Il conflitto non è ancora finito, ma possiamo immaginare che cosa il futuro ha in serbo: la nostra gente attende di vivere una terribile sofferenza psicologica. Gli Oblati in Ucraina sono coinvolti in questa situazione insieme alla gente. Cerchiamo di

consolare, stare con coloro che hanno perso i figli e che hanno paura per il futuro. Raccogliamo anche cose per i rifugiati; chiediamo alla gente di aprire le case a chi bussa. Condividiamo cibo e altri aiuti con chi è nel bisogno nelle case della nostre comunità. Due volte alla settimana, fr. Sebastian Jankowski fornisce cibo in sei posti di Kiev per oltre 300 senzatetto. P. Rafal Strzyzewski è stato sulla linea di difesa in Ucraina orientale per fornire cibo, per essere vicino ai soldati e parlare con loro. Ha parlato con tante persone il cui desiderio è che la guerra finalmente finisca. Solo Dio sa quando ciò avverrà. Per aiutare le persone a vivere in un momento così difficile, la delegazione in Ucraina ha iniziato un concorso basato sulla conoscenza

della vita di S. Eugenio de Mazenod. Per fare questo, abbiamo pubblicato un terzo libro in ucraino del nostro Fondatore: “Ha scelto i poveri” Questo libro parla dei difficili 11 anni di esilio di sant’Eugenio de Mazenod ed è molto utile per gli ucraini, perché dimostra come si può vivere in un momento difficile. Molti, tra cui bambini, adolescenti e giovani adulti, in particolare delle parrocchie oblate, hanno preso parte al concorso. Il primo premio per i giovani adulti è stato un viaggio a Aix-en-Provence; per gli adulti, un pellegrinaggio a Roma; e per gli adolescenti, una bicicletta. Come modo speciale di vivere il Triennio oblato che porta al 200 ° anniversario della nostra fondazione, gli Oblati stanno offrendo ritiri di

tre giorni in 80 parrocchie dell’Ucraina. Pavlo Vyshkovskyi OMI

Tornando a Solignac 70 anni fa i primi Missionari Oblati arrivavano a Solignac, facendo rivivere la vecchia abbazia. Erano circa un centinaio i giovani, desiderosi di partire per la missione, sulle orme degli apostoli di Gesù, come aveva chiesto loro sant’Eugenio de Mazenod. In attesa dell’invio in missione, abbiamo studiato tra quelle antiche mura filosofia, teologia, Bibbia. Insieme abbiamo pregato in quella magnifica chiesa abbaziale. Abbiamo insegnato il catechismo

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MISSIONI

e animato messe nelle parrocchie vicine. Molti di noi hanno fatto parte della squadra di calcio locale. E poi c’erano i fratelli oblati: tutti i lavori, in casa, nell’orto, nella stalla, erano affidati a loro: impossibile nominare tutti questi cari fratelli. Formavamo una comunità vivace, gioiosa, fraterna. Non abbiamo dimenticato nulla, nemmeno il paese dove siamo cresciuti come Oblati. Centinaia di missionari sono partiti da Solignac per portare la Buona Novella di Gesù nel mondo! Molti sono stati missionari qui, perché la Francia era

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OMI

diventata un vero e proprio “paese di missione”: la fede si era addormentata nel cuore di molti cristiani. Diversi Oblati hanno partecipato a grandi missioni popolari. Altri hanno percorso la Creuse in roulotte, di villaggio in villaggio. Altri sono andati a condividere le difficili condizioni di vita e di lavoro degli operai. Ognuno potrebbe raccontare le gioie e le fatiche del proprio ministero. Nel CamerunCiad, dove molti di noi sono stati inviati, abbiamo visto nascere ovunque (ci sono circa 60 gruppi etnici nel nord del Camerun!),

comunità cristiane meravigliose. In questo momento, la giovane chiesa del nord Camerun vive una grande prova, ma resiste nonostante la crudeltà di Boko Haram che ha provocato i primi martiri: catechisti, un responsabile di comunità, semplici fedeli. In Laos, la missione più difficile. Lì fino al 1975 si è vissuto in clima di guerra. Diversi missionari sono stati uccisi a causa del Vangelo e per le loro attività religiose e caritative a favore dei poveri. Papa Francesco ha da poco riconosciuto il martirio di un sacerdote diocesano

laotiano, 6 nativi laotiani, 4 missionari delle Missioni Estere di Parigi (MEP) e 6 Oblati. Dopo l’espulsione, è rimasto nel Laos un solo Oblato, mons. Jean Khamsé, attuale vescovo della capitale Vientiane. Dio aveva promesso che la sua parola non sarebbe tornata a Lui senza aver dato frutti: in Vietnam da 10 anni sta fiorendo una bella missione con circa 60 Oblati! Come Gesù ha continuato a percorrere città e villaggi, dopo il suo fallimento a Nazareth, anche la missione oblata continua. François Carpentier OMI www.oblatfrance.com


lettere dai missionari

MISSIONI

OMI

Se Dio ama i poveri

Qui Uruguay di Giuseppe Calderone OMI peppecalderone@gmail.com

Sono arrivato in Uruguay da alcuni mesi e sono a pieno contatto con la cultura uruguayana, la gente, gli usi e i costumi, la fede. Chi ha sentito parlare dell’Uruguay saprà che é uno tra i paesi più secolarizzati del mondo. Due piccoli episodi. Durante la missione in un piccolo villaggio dell’interno dell’Uruguay, durante la festa finale della missione un ragazzo si avvicina e mi chiede: “Cos’é quel dischetto bianco che mangiate alla fine della preghiera?”. Non credo ci sia bisogno di commenti. Ho trovato una frase sul muro

di una casa sul percorso verso una cappella di Ciudad del Plata: “Si Dios ama a los pobres, como sería si los odiara?” (Se Dio ama i poveri, come sarebbe se li odiasse?). In un primo momento mi ha fatto pensare al pessimismo presente nella società, ma cogliendo la provocazione, mi sono chiesto: il Dio che

annuncio, il mio modo di essere missionario, fanno vedere che Dio ama i poveri? Ho riflettuto sulla gioia del Vangelo di cui parla papa Francesco e ho pensato che piuttosto che farmi prendere dal pessimismo della frase, grazie a questa ho la possibilità di sperimentare e far sperimentare la gioia.

battesimi, la maggior parte di adulti. Anche quest’anno il numero sarà più o meno uguale. Di tutto questo ringraziamo Dio, e nello stesso tempo gli chiediamo il dono della perseveranza per quelli che entrano a far parte della sua famiglia. La costruzione della chiesa è

cominciata e speriamo che, entro un anno o poco più, possa essere completata. La Guinea Bissau, dopo un lungo periodo di instabilità, sta sperimentando un po’ di pace e di progresso. Il Presidente della Repubblica accogliendo nel palazzo presidenziale tutti i religiosi e le religiose della Guinea Bissau, radunati per la visita del cardinale João Bras de Aviz, ha ringraziato i religiosi per la loro presenza e per l’aiuto che danno al paese. È un segno della volontà di instaurare un clima di pace e collaborazione.

Qui Guinea Bissau di Celso Corbioli OMI celsocorbioli@omimissio.net

Ritorno alla stabilità Da alcuni anni mi trovo in una parrocchia di Bissau, la capitale di questo piccolo

stato dell’Africa occidentale. Antula comprende una parte di città e una grande zona periferica. Gli abitanti di questa zona aumentano a causa del flusso continuo dall’interno verso la città. Di conseguenza anche i cristiani aumentano. L’anno scorso abbiamo avuto 360

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200 anni

In cammino verso i 200 anni dalla nascita dei

Missionari OMI

La comunità e missionaria “Il missionario, se non vorrà predicare invano, pregherà e farà pregare il divin Maestro dei cuori, perché si degni di accompagnare le parole del suo ministero con quella potente grazia che tocca e converte le anime”. (Eugenio de Mazenod)

Missionari Oblati

Costituzioni e regole oblate La Congregazione è tutta missionaria. Il suo primo servizio nella Chiesa è quello di far conoscere Cristo e il suo Regno ai più abbandonati. Essa porta la Buona Novella ai popoli che non l’hanno ancora ricevuta e li aiuta a scoprire i propri valori alla luce del Vangelo. Dove la chiesa è già impiantata, gli Oblati si dedicano ai gruppi che essa raggiunge di meno. Infatti, la nostra missione è quella di andare prima di tutto verso coloro la cui condizione richiede a gran voce la speranza e la salvezza che solo Cristo può dare pienamente. Sono i poveri dai molteplici volti: noi diamo loro la preferenza. (Costituzione 5)

CONDIVISIONE Come comunità, siamo come san Paolo? Io sono come san Paolo? Prego e faccio pregare, perché l’annuncio della Parola sia efficace? Come capire questi testi oblati per la nostra azione missionaria oggi? Quali sono le implicanze per noi come famiglia oblata?

IMPEGNO Prendo coscienza della presenza missionaria nel mondo di oggi, sviluppando l’amore per la chiesa e per la congregazione oblata.

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200 ANNI di Maria Immacolata

LA PAROLA DI DIO

1816-2016

“Guai a me se non annuncio il Vangelo!”. 1Cor. 9, 16-23

Il missionario, uomo di frontiera L’Oblato è missionario e il suo servizio è a favore dei poveri, dei più abbandonati.... «La Congregazione è tutta missionaria». L’affermazione è chiara, semplice, esprime bene la volontà di Eugenio de Mazenod. «Essere missionario», essere cioè mandato in missione di evangelizzazione. Il missionario è uomo di frontiera, colui che cerca di avanzare sempre, di andare più lontano. Lo zelo, l’audacia, la mobilità, la disponibilità sono le sue caratteristiche. (F. Jette, Homme Apostolique)

Missionari, le labbra di Gesù Cristo Come il divin Salvatore dobbiamo dire: «.È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio, per questo sono stato mandato» (Lc 4, 43). Ed anche noi, Oblati di Maria, siamo inviati dalla chiesa a predicare; questo è il nostro obiettivo, la nostra missione e il nostro

dovere. L’Oblato deve ripetere la parola di san Paolo: «è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!». Siamo missionari di nome e di fatto. Il nostro primo obiettivo è evangelizzare soprattutto i poveri. Qual è il mezzo? È soprattutto la predicazione della parola di Dio, ci dicono le nostre Sante Regole. (L. Soullier)


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Raccontare il Vangelo o la terra di Missione? Riviste missionarie nell’era di internet Ed. Progetto 2000, ed. Missionari OMI, 2014, 10 euro Un’inchiesta sull’informazione missionaria in Italia. Interviste a giornalisti che lavorano nelle carta stampata, sul web e in televisione, per fare il punto su come viene messa in pagina la missione in Italia oggi. Le interviste sono state in parte pubblicate su Missioni OMI tra il 2012 e il 2014.

Per richiedere il volume • Demetrio Guzzardi (Editoriale Progetto 2000, deguzza@tin.it, tel. 0984 34700) • Pasquale Castrilli OMI (pax1902@gmail.com tel. 090 315423)

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San Salvador in festa per la beatificazione del ‘suo’ martire

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Maria Immacolata, madre della comunità apostolica

OMI

n. 5 MAGGIO 2015

Gli OMI in Indonesia, Thaila ndia, Corea del Sud e Cina

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P. Andy Sensenig oblato in Alaska e maratoneta

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200 anni La comunità apostolica e la missione

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2015 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM/68/2012

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Verso il 200° anniversario dei Missionari OMI

Attualità Mons. Steckling OMI vescovo a Ciudad del Este, Paragu ay

n. 3 MARZO 2015

postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM/68/2012 Prezzo di copertina € 2,40 - giugno-luglio 2015 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento

fatti I giovani italian i e l’impegno politico

012 comma 1, C/RM/68/2 4 n.46) art. 1, in L. 27/02/200 353/2003 (conv. postale – D.L.

Il punto sull’informazione oblata europea

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IV Convegno missionario nazion ale a Sacrofano

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LA VOCE DEI MISSIONARI OBLATI DI MARIA

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Dopo 40 anni . i ric di mons. Stac ordi cioli

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