Baubau Natale

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Alla bambina che mi ha scritto: Caro Mirko, a luglio i miei genitori hanno portato in un canile il mio cane, non lo volevano piÚ. Ero triste, stavo tanto male. Ho chiesto a Babbo Natale di riportarmelo, e il giorno di Natale il mio cane è corso a leccarmi. Hai ragione, Mirko: i sogni si avverano.

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Tebaldo non vive in una gabbia stretta come i suoi amici, lui è l’unico che può andarsene in giro senza guinzaglio. Non c’è pericolo che possa scappare, Tebaldo è un cane da compagnia, educato e responsabile. Un carlino, di razza pura, comprato in un esclusivo negozio del centro per starsene in casa, coccolato e vezzeggiato dai padroni. Peccato che i padroni l’abbiano abbandonato la scorsa estate, dopo neppure un anno che era entrato a far parte della famiglia. Non c’era posto per lui nel villaggio turistico dove avevano prenotato per le vacanze. L’hanno piazzato davanti al canile Cagnetti &

Cagnoni, sotto il sole a picco. Un cartellino verde al collo: Mi chiamo Tebaldo, avete un posto per me?

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Sì, un posto per lui c’era e infatti Tebaldo vive lì da cinque mesi, in mezzo a un centinaio di compagni che non sono da compagnia, che abbaiano senza sosta, che non possono stare senza guinzaglio, sennò scappano, che fanno cacca e pipì ovunque, e che non sono stati comprati in un esclusivo negozio del centro. Per Tebaldo non è stato semplice ambientarsi. Lui che dormiva su una comoda poltrona, lui che mangiava i croccantini visti in TV, lui che profumava di bagnoschiuma al muschio bianco, per più di un mese se n’è stato in un angolino senza mangiare e bere, a guaire tutto il giorno. Ma poi il suo atteggiamento è cambiato, e ora non è più lo stesso carlino di quando è arrivato: è dimagrito, non profuma più di muschio bianco, si è abituato ai quattro croccantini secchi e senza sapore serviti in una ciotola di plastica vecchia, beve l’acqua che sa di metallo, si spaventa facilmente e non guaisce più.

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Ha imparato ad adattarsi. Ma una cosa non è cambiata: la sua fiducia nell’uomo che, prima o poi, lui ne è convinto, tornerà a riprenderselo. E allora, quando ci si mette, forte di questa convinzione, organizza cori di ululati da far tremare la luna. Il vecchio Tom, un pastore coi peli ingrigiti, lo chiama l’urlo del lupo. Tutti, lì al canile, rispettano Tebaldo. Lui non è un bastardino, è un cane da compagnia, conosce i segreti dell’uomo, non è selvatico, è intelligente e sa fare un sacco di giochi. Solo Gabo, un bracchetto con l’aria sempre arrabbiata, non sopporta Tebaldo, per questo suo nome così ridicolo, troppo umano, e poi perché Gabo detesta i cani da compagnia che, anche se vengono abbandonati, non odiano l’uomo.

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Questi cinque mesi comunque sono trascorsi in fretta e intanto è arrivato l’inverno. L’aria gelida si intrufola nelle gabbie del canile e non risparmia neppure la cuccia di Tebaldo, che si acciambella sul fondo tremando come una foglia. Non ha mai provato un freddo simile. Quando il padrone lo portava fuori a fare i bisognini, gli metteva la tuta impermeabile con i risvolti in pelliccia sintetica, caldi caldi. Come stava bene! A consolarlo, donandogli calore umano, ci pensano però Lea e Ricky. Loro sono due dei custodi di Cagnetti & Cagnoni e passano ogni giorno a trovare gli inquilini a quattro zampe. Sono due giovani volontari che portano il cibo, puliscono le gabbie, stendono la segatura e trascorrono interi pomeriggi insieme ai cani. Gratis e come riescono.

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Un ragazzo e una ragazza umani, ma più buoni degli altri umani, che hanno l’aspetto da uomo ma che potrebbero essere cani. Sono educati, non urlano e spesso si muovono addirittura a quattro zampe. Insomma, degli amici per gli animali del canile. Il loro arrivo è sempre una festa. I cani li accolgono scodinzolando. Ricky saluta sempre gioiosamente: «Ehi, che bello rivedervi! Lo so, volete che apra le gabbie. Non posso, Marta non vuole, fareste i vostri soliti disastri». E ride divertito. Anche se con Marta, la direttrice, non si deve proprio scherzare. Tebaldo ha la fortuna di essere sempre preso in braccio da Lea. «Bello il mio Teby, ti porterei a casa se potessi».

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Solo Gabo resta ogni volta sospettoso. «Bau bau, un giorno o l’altro vi daranno la lezione che vi meritate per l’inutile fiducia che riponete in loro» dice sempre ai compagni. «Sono uomini. E gli uomini sono tutti uguali». È un pomeriggio come tanti quando Lea e Ricky portano una brutta notizia: «Manca il cibo, amici. Noi non abbiamo più soldi. E poi, ehm… ehm… Marta… ehm… probabilmente… il canile sarà chiuso». Gabo abbaia furioso e ringhia contro i due ragazzi, rivolgendosi ai suoi compagni: «Bau, bau, bau. Sentito? Ve l’avevo detto. Mai fidarsi degli umani. Perché non siamo scappati sul serio quella volta? Ora moriremo di fame e sete». Scoppia un abbaiare come mai si è sentito prima. Il vecchio Tom cerca di calmare i compagni, ma la situazione è chiara, e nessuno ha intenzione di farsi prendere in giro ancora.

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Allora il vecchio pastore interviene con fermezza: «Bau bau. Non diamo la colpa a Lea e Ricky, loro non c’entrano. Siamo troppi e serve tanto cibo per sfamarci tutti. Non possiamo neppure scappare, allora sì che moriremmo, e non solo di fame, ma anche perché rischieremmo di essere schiacciati dalle macchine degli uomini. E poi ci ritroveremmo senza una casa. Siamo ormai abituati a vivere qui, non saremmo in grado di sopravvivere da soli là fuori. E i nostri cuccioli e le nostre compagne, che ne sarebbe di loro?» Gabo morde le sbarre della gabbia, vorrebbe ridurle in briciole per aggredire gli uomini che gli stanno distruggendo la vita. Ulula disperato, guardando la compagna Alef, una meticcia marrone, mentre allatta i due cuccioli. Tebaldo è in braccio a Lea e lecca insistentemente la sua guancia come per chiederle: “Che facciamo? Aiutateci!”

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Tebaldo ha perso i padroni, ora rischia di perdere anche i compagni a cui è ormai molto affezionato. «Scappiamo ancora, sul serio!» abbaia Gabo. L’intero canile risponde con un lungo BAUUU di approvazione. Ma il vecchio Tom interrompe subito l’entusiasmo e chiede: «Bau bau, scappare come quella volta?» Un silenzio improvviso cala sulle gabbie. «Cos’è successo quella volta?» domanda curioso Tebaldo, sempre in braccio a Lea. Lei, che non capisce nulla del dibattito in corso tra i cani, continua a coccolarlo. Tom inizia a raccontare: «Bau bau. Gabo era un po’ come te, Tebaldo». «Come me?» Tebaldo sobbalza. «Ehi, nonnino!» si arrabbia Gabo. «Non paragonarmi a quel pupazzo».

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«Be’, non della stessa razza, non ti hanno comprato in un negozio, ma eri un… tipo di… cane… da… compagnia» continua Tom. Tebaldo si mette a ridere. «Ah, ah, ah. Gabo, un cane da compagnia? No, questa è una barzelletta. Non ci posso credere, stai scherzando, vero?» «Mettiti la museruola,» lo zittisce Gabo, «carlino che non sei altro. Io non ero un animaletto da compagnia, ero un cane da caccia. Ero, e adesso non lo sono più. Tu, invece, vorresti continuare a essere da compagnia». Dopo lo sfogo, lascia di nuovo la parola a Tom, specificando però: «Ma non dire altre sciocchezze simili!» «Bau bau. Allora… Gabo era l’unico a poter girare libero nel canile, era educato e responsabile». «Era!» Tebaldo ride ancora.

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