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Giudi iudicarie

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L’EDITORIALE

La Terra muore, sotto i colpi dell’Uomo di Adelino Amistadi

In questi ultimi mesi abbiamo visto immagini che difficilmente potranno essere dimenticate. Quel che è accaduto in Germania sembra la fotocopia di quello che ormai succede di frequente nel nostro Paese. Alluvioni come mai viste, decine di vittime, case e infrastrutture distrutte, ponti crollati e interi villaggi sommersi, alluvioni improvvise che ormai sono il flagello dell’intera Europa, accompagnate da temperature estreme che si registrano da tempo in Canada, con la fusione dei ghiacciai polari e con l’innalzamento del livello dei mari. Siamo di fronte ad un anomalo cambiamento climatico, molto più accelerato rispetto al passato, e che, diversamente dai secoli scorsi, dipende esclusivamente dalle attività produttive dell’uomo che spargono nell’atmosfera milioni di tonnellate di gas nocivi derivati dalla combustione e dall’uso improprio del territorio. Mai così tanta Co2. Nel 2019 le concentrazioni di Co2 erano le più alte degli ultimi 2 milioni di anni e quelle dei principali gas serra risultano le più elevate degli ultimi 800.000 anni; negli ultimi 50 anni la temperatura della Terra è cresciuta ad una velocità che non ha eguali negli ultimi 2.000 anni. Così dicono gli scienziati. E così accadono sempre più eventi senza precedenti un po’ in tutto il globo. . A pag, 10

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Mensile di informazione e di approfondimento

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ANNO 19 - SETTEMBRE 2021- N. 9 - MENSILE

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Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella

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FONDATO NEL 2002 - Distribuito da

Il presidente Ravelli: “La gestione faunistica venatoria è pro ambiente, non il contrario”

Caccia, doppiette pronte per il via alla stagione

Alle pagine 4 e 6

EUROPA

Tragedia Afghanistan e coscienza europea di Paolo Magagnotti La tragedia dell’Afghanistan che da giorni scorre impietosa davanti ai nostri occhi sugli schermi televisivi porta a chiederci - credo – se sia veramente possibile che esistano esseri umani senza cuore, senza coscienza, senza un briciolo di sentimento di pietà. È struggente vedere mamme che affidano, anzi, gettano nella disperazione loro bambini a soldati sconosciuti per un viaggio di incerto destino. A pag. 11

Attualità

Vasco a Trento, spot o trappola?

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Ragazzi, stress da rientro A PAGINA 16

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Rassegna Stampa

SETTEMBRE 2021

A cura della REDAZIONE

RASSEGNA STAMPA AGOSTO 2021

DALLE GIUDICARIE DALLA PROVINCIA Nuova Vita nella comunità GdG Lo scorso 21 agosto è entrata a far parte della comunità degli amici del Giornale delle Giudicarie una nuova Vita. Si chiama Rachele ed è stata data alla luce della nostra apprezzata coordinatrice di redazione Denise Rocca. Con quasi 3 chili di peso e 40 cm di altezza, la piccola, nata all’ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto, è in ottima salute ed anche la mamma sta benissimo. Mamma Denise e papà Luca Vigliocco stanno godendo la loro Creatura nella casa della città della Quercia. Il presidente, il fondatore, il direttore e tutti i collaboratori del Giornale del Giudicarie fanno giungere a Rachele e suoi genitori tanti cari auguri. Progetto per il mega-hotel alla Zangola, l’Asuc si prende 30 giorni per riflettere Tutto approvato nel direttivo dell’Asuc di Fisto. Ma non all’unanimità: 4 a 1, perché c’è stato un contrario. All’ordine del giorno c’era di fatto un unico punto: «Affidamento della concessione, mediante finanza di progetto, della progettazione, riqualificazione e successiva gestione di strutture ricettive con vari servizi annessi, denominate Zangola e Zangolina». In realtà l’approvazione della concessione è stata sospesa, perché nel frattempo sono state inserite clausole nuove, fra cui le linee guida dell’Anac, l’autorità anti corruzione. Approvati anche i verbali della commissione tecnica che ha analizzato la bozza di progetto ed il documento di concessione, commissione formata da due ingegneri (Gianfranco Pederzolli e Roberto Paoli) e da un commercialista, Michele Giustina. Se fra un mese non ci saranno obiezioni da parte dell’aspirante concessionaria (società formata da imprese e studi tecnici lombardi) si dovrebbe finalmente procedere. Anche se, come sostiene Pederzolli, tecnico di lungo corso, «la strada è ancora lunga. Perché è vero che il Comune di Pinzolo si è detto favorevole a modificare il piano regolatore, ma poi bisogna passare dai vari uffici, geologico, forestale, viabilità eccetera». Garavaglia a Pinzolo: “Green pass per la stagione invernale? Confronto in corso con Speranza” - Per il ministro del turismo Massimo Garavaglia, oggi a Pinzolo in Trentino, “il turismo sostenibile è il futuro del turismo, tant’è che se pensiamo anche allo sci e alla stagione invernale che sta per partire non dobbiamo più pensarla come le stagioni passate con grandi picchi e poi momenti di stasi, l’ideale sarebbe

avere sempre un flusso costante”. “La stagione sta andando parecchio bene, mare e montagna. È chiaro sentiamo ancora un po’ la mancanza dei turisti stranieri, però iniziano già da settembre a tornare americani e inglesi speriamo bene. Adesso ci concentriamo sulla stagione invernale, ci interessa partire subito bene”, così il ministro. Sul Green pass il ministro, intervistato dai giornalisti, ha detto che “può essere una soluzione. Ci siamo sentiti con il ministro Speranza e abbiamo deciso di vederci a breve, proprio per programmare per tempo. Serve ancora prudenza - ha aggiunto - non è ancora finita. Mi auguro comunque - ha aggiunto - che non serva più e che finisca la pandemia, ma finché c’è bisogna attrezzarci, per far lavorare tutti gli operatori”, ha concluso il ministro. Aperto lo sportello HandiCREA a Tione per fornire informazioni utili a persone con disabilità, familiari, operatori e tecnici - La Cooperativa HandiCREA, in convenzione con l’Assessorato alle Politiche Sociali della Provincia autonoma di Trento, gestisce lo Sportello Handicap e fornisce gratuitamente a persone con disabilità, familiari, operatori e tecnici, informazioni su: servizi e prestazioni rivolte alle persone in situazione di handicap; ausili finalizzati all’acquisizione dell’autonomia quotidiana; percorsi e recettività delle strutture alberghiere e del tempo libero; mobilità urbana ed extra urbana; abbattimento delle barriere architettoniche; adeguamento dei mezzi di trasporto, viabilità e percorribilità dell’ambiente esterno. Oltre che nella sede di TRENTO, HandiCREA è presente in vari punti del territorio tra cui a Tione presso la Comunità delle Giudicarie - Via Gnesotti 2, l’ultimo venerdì del mese dalle 10.00 - 12.00.

2021 Direttore Sanitario: ���������Cristantielli Patrizia

Sfoglia il Giornale delle Giudicarie su www.giornaledellegiudicarie.it Si ricorda che è possibile sfogliare il Giornale delle Giudicarie sul sito www. giornaledellegiudicarie.it aggiornato ogni mese con le notizie più importanti che accadono in Giudicarie.

Domenica 26 settembre, il referendum sul distretto biologico trentino Domenica 26 settembre i trentini sono chiamati alle urne per votare la proposta di istituire un Bio-Distretto sul territorio provinciale. ll Bio-Distretto è un’area geografica naturalmente vocata al biologico dove agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni stringono un accordo per la gestione sostenibile delle risorse, partendo proprio dal modello biologico di produzione e consumo (filiera corta, gruppi di acquisto, mense pubbliche bio). Ecco il quesito del referendum propositivo: “Volete che, al fine di tutelare la salute, l’ambiente e la biodiversità, la Provincia Autonoma di Trento disciplini l’istituzione su tutto il territorio agricolo provinciale di un distretto biologico, adottando iniziative legislative e provvedimenti amministrativi - nel rispetto delle competenze nazionali ed europee - finalizzati a promuovere la coltivazione, l’allevamento, la trasformazione, la preparazione alimentare e agroindustriale dei prodotti agricoli prevalentemente con i metodi biologici, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 228/2001, e compatibilmente con i distretti biologici esistenti?”. Il trentino Ruggero Tita conquista l’oro a Tokyo Mai un trentino aveva conquistato l’oro nelle Olimpiadi estive. Ci è riuscito, a Tokyo, Ruggero Tita, in coppia con la romana Caterina Banti. I due si sono imposti nella classe velica Nacra 17. Nato a Rovereto il 20 marzo 1992, il timoniere Ruggero Tita abita a Civezzano ed è laureato in Ingegneria Informatica. Enfant prodige della vela, ha iniziato a otto anni con le prime regate sul Lago di Caldonazzo e quando ne aveva 13 ha conquistato il titolo di campione italiano nella classe Optimist. Per lui anche il riconoscimento dell’Aquila di San Venceslao. L’arrivo in Trentino dei profughi afghani Sono arrivati il 25 agosto, alla base logistico addestrativa di Riva del Garda, i cittadini afghani del programma di accoglienza e smistamento che sta coordinando il governo nazionale. Si tratta di 110 persone, fra cui anche minori, che hanno viaggiato nella notte per arrivare in Trentino, dopo essere arrivate ieri mattina all’aeroporto di Fiumicino. Nella base di addestramento militare di proprietà dell’esercito i cittadini afghani osserveranno un periodo di quarantena al termine del quale - queste le indicazioni del Governo - saranno seguiti dal Ministero dell’Interno per tutte le procedure connesse all’accoglienza e per stabilire le future destinazioni. “Trentino Clima 2021–2023”: approvato il programma Si intitola “Trentino Clima 2021–2023” ed è il programma coordinato dall’APPA, l’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente, che porterà all’adozione di una “Strategia Provinciale di Mitigazione e Adattamento ai Cambiamenti Climatici”. Il documento aiuterà a

mettere in campo le opportune misure di contrasto ai cambiamenti climatici nella programmazione e nella pianificazione settoriale. L’APPA, in quanto struttura tecnica di riferimento, sarà responsabile del coordinamento e della realizzazione di ‘Trentino Clima 2021-2023’. Il programma, che era stato approvato in via preliminare a fine 2020 e in seguito sottoposto a verifica condivisa con le strutture e gli enti scientifici provinciali, definisce gli obiettivi, gli ambiti di lavoro e le attività concrete propedeutici alla costruzione della Strategia, nonché i soggetti coinvolti, i tempi previsti e i risultati attesi. Indennità per i lavoratori stagionali: prorogato al 15 ottobre il termine I lavoratori interessati, residenti in Trentino, devono aver avuto un contratto di lavoro a tempo determinato, in somministrazione, intermittente a tempo determinato o apprendistato stagionale della durata non inferiore a 30 giorni, in unità operative aventi sede in provincia di Trento, nel periodo compreso tra il 1° dicembre 2019 e il 18 maggio 2021, cessato involontariamente nel medesimo arco temporale. Nel caso di attività lavorativa svolta anche con datori di lavoro diversi per un numero di giornate pari almeno a 30, con più contratti di lavoro aventi tutte le caratteristiche sopra indicate, tali contratti devono essere intervallati tra loro al massimo da 15 giorni di interruzione. In questi casi, la cessazione involontaria deve riguardare l’ultimo dei contratti considerati.I lavoratori interessati, residenti in Trentino, devono aver avuto un contratto di lavoro a tempo determinato, in somministrazione, intermittente a tempo determinato o apprendistato stagionale della durata non inferiore a 30 giorni, in unità operative aventi sede in provincia di Trento, nel periodo compreso tra il 1° dicembre 2019 e il 18 maggio 2021, cessato involontariamente nel medesimo arco temporale. Nel caso di attività lavorativa svolta anche con datori di lavoro diversi per un numero di giornate pari almeno a 30, con più contratti di lavoro aventi tutte le caratteristiche sopra indicate, tali contratti devono essere intervallati tra loro al massimo da 15 giorni di interruzione. In questi casi, la cessazione involontaria deve riguardare l’ultimo dei contratti considerati. Trasporto pubblico: l’abbonamento per alunni e studenti è di 20 euro Per il prossimo anno scolastico 2021/2022, la Giunta provinciale ha approvato la tariffa di 20 euro per l’utilizzo dei servizi di trasporto da parte di alunni e studenti trentini, dalle scuole infanzia alle scuole secondarie di secondo grado, compresi i centri di formazione professionale e i centri socio educativi. L’abbonamento, in vigore dal 1° settembre 2021 al 31 agosto 2022, è di libera circolazione, ovvero tratta casa - scuola e con la possibilità di utilizzo di tutti i servizi di linea, bus, urbani ed extraurbani e treni nell’ambito provinciale.

Giornale delle Giudicarie, distribuito dalla Cooperativa Lavoro Il Giornale delle Giudicarie viene distribuito dalla Cooperativa sociale Lavoro, con sede in località Copera a Zuclo. Per segnalare critiche, suggerimenti, disguidi nella spedizione è possibile chiamare il numero della cooperativa: 0465-326420 oppure quello del Giornale delle Giudicarie, 0465322934, oppure via mail all’indirizzo: redazionegdg@yahoo.it.


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SETTEMBRE 2021

Tavola Rotonda: la caccia in Giudicarie

Nicola Beccari, consigliere nell’associazione cacciatori per Busa e Giudicarie Esteriori

“Sono rari i giovani che decidono di diventare cacciatori. Serve un’educazione ecologica” Quale è la situazione nella zona che rappresenta dal punto di vista ambientale e naturalistico? Alla base di una pacifica convivenza fra fauna e uomo vi è il rispetto e la conoscenza. Per convivere in pace con il mondo animale è fondamentale conoscere il comportamento e le abitudini della fauna selvatica. I cacciatori ricoprono in tal senso un ruolo importante quali veicolatori di informazioni precise, data la loro conoscenza puntuale dell’ambiente montano. Il territorio che rappresento è stato da sempre caratterizzato fortunatamente da una significativa salvaguardia dell’ambiente in quanto non sono presenti attività economiche che comportano un forte impatto da un punto di vista naturalistico. Per quanto riguarda la fauna locale negli ultimi anni si è registrato un sensibile aumento delle popolazioni di camosci in alta quota e di cervi ad altitudini meno elevate, a discapito però dei caprioli che sono

in costante calo. Ogni anno la caccia da alcuni viene molto criticata, ci spieghi quale è secondo lei il ruolo del cacciatore ai nostri tempi? Non è affatto idea di pochi che il cacciatore altri non sia che una persona con il fucile in mano, pronta ad abbattere qualunque cosa si muova, ma calandosi nella realtà della pratica venatoria tale teoria è facilmente confutabile in quanto il cacciatore è tra i frequentatori della montagna maggiormente conoscitori e rispettosi di essa e dei suoi abitanti. Al contrario dei tempi passati in cui la caccia assolveva il fondamentale compito di reperimento del cibo, al giorno d’oggi il ruolo essenziale del cacciatore è quello di controllare le popolazioni di animali che abitualmente popolano i nostri territori bilanciando al contempo la preservazione del patrimonio faunistico da un lato e la necessità di garantire

il mantenimento di un ecosistema quanto più equilibrato possibile, così da evitare che alte densità di animali causino danni all’ambiente. Il cacciatore è una fondamentale sentinella della montagna, sempre pronto a segnalare agli Organi preposti, qualunque anomalia riscontri. Negli ultimi vent’anni come è cambiata la platea interessata alla caccia nella sua zona? Ad oggi si sta perdendo la tradizione venatoria che ha da sempre caratterizzato le no-

stre valli e rispetto a vent’anni fa, sono rari i giovani che decidono di diventare cacciatori senza avere di qualche famigliare anziano a guidarli. C’è bisogno di educazione ambientale e di consapevolezza ecologica già a livello scolastico per diffondere una visione allargata dell’ambiente naturale già a partire dai giovani. Solamente attraverso il confronto, il dialogo costruttivo e lo sviluppo di processi partecipativi all’interno delle nostre comunità si possono superare quelli che sono gli scetticismi, i dubbi,

le preoccupazioni che vi sono nella popolazione. Un ruolo centrale d’informazione circa l’attività venatoria potrebbe ricoprirlo l’Associazione Cacciatori Trentini, la quale ha tra le proprie finalità tra l’altro, la promozione degli interventi finalizzati al miglioramento del patrimonio faunistico provinciale e degli ambienti naturali e allo sviluppo d’iniziative di carattere ecologico e culturale. Rispetto ad altre zone del Trentino e d’Italia, come è la convivenza fra fauna e uomo sul territorio? La caccia gioca un ruolo decisivo quando si parla di gestione faunistica. Ritengo sia fondamentale da un lato assicurare equilibrio e convivenza tra le diverse specie selvatiche e dall’altro tenere a debita distanza dai centri urbani gli animali che possono rappresentare un rischio per la sicurezza stradale, oltre che causare ingenti danni alle coltivazioni agricole. Una

gestione razionale e selettiva della caccia è un servizio importante da cui ne trae beneficio l’intero ecosistema. Cosa pensa della reintroduzione dell’orso nelle nostre vallate? A partire dalla reintroduzione dell’orso, il loro numero è aumento in maniera notevole soprattutto negli ultimi anni. La Provincia ha cercato, attraverso il lavoro delle squadre di monitoraggio, di intervenire qualora il comportamento dell’orso dovesse causare problemi in termini di pubblica sicurezza. Nonostante l’impegno profuso dall’ente provinciale, ritengo che sia giunto il momento per una nuova programmazione delle misure di convivenza tra orso e popolazione e di intervento, anche attivo, sui soggetti cosiddetti problematici, in considerazione anche del fatto che le politiche di rifusione dei danni arrecati dai plantigradi hanno purtroppo evidenziato non pochi limiti.

Piervito Botteri, consigliere nell’associazione cacciatori per la val Rendena

“Il cacciatore oggi è un alleato dell’ambiente” Quale è la situazione nella zona che rappresenta dal punto di vista ambientale e naturalistico? L’area del territorio Trentino che ho il piacere di rappresentare è quella spettacolare e unica dominata dai due massicci del Brenta e dell’Adamello-Presanella: un’area di altissimo pregio naturalistico, ambientale e paesaggistico che ospita una grande biodiversità ed è in parte ricompresa nel Parco Naturale Adamello Brenta. Un territorio vissuto che viene ed è stato gestito con attenzione e consapevolezza rendendolo un territorio affascinante e ospitale. La popolazione locale, tra cui anche i cacciatori, sono i veri interpreti di questo successo che vede nei numeri e, in generale, nello stato di salute della fauna il vero trionfo. Ogni anno la caccia da alcuni viene molto criticata, ci spieghi quale è secondo

lei il ruolo del cacciatore ai nostri tempi? Il cacciatore è strettamente legato a precisi ambiti di caccia chiamate riserve e vincolato a precisi programmi di prelievo frutto di attente valutazioni sullo stato delle specie ottenuto attraverso censimenti esaustivi. Il suo intervento controllato e puntuale è utile alla conservazione delle specie attraverso una gestione attenta e consapevole: se mi permette di citare un noto paragone la invito a vedere il cacciatore moderno come una sorta di consapevole giardiniere della natura che può contare su una lunghissima esperienza. Insomma un alleato dell’ambiente e parte attiva di una gestione attenta e rispettosa. Negli ultimi vent’anni come è cambiata la platea interessata alla caccia nella sua zona? I nostri associati scontano ancora, in termini generali,

un’età media piuttosto alta e sono per lo più uomini. Tuttavia negli ultimi anni c’è una sorta di cambio di tendenza ed oggi gli esami di caccia sono costellati di donne e giovani: un cambio generazionale che sta conducendo ad avere cacciatori ancora più coscienti, informati e che possono comunque avvalersi della tanta esperienza dei cacciatori

più competenti. E’ mia convinzione che cultura e formazione siano alla base di selettori etici: un progetto sul quale mi impegno ogni giorno. Tra chi la caccia non la pratica c’è fortunatamente una forte presa di coscienza del ruolo attivo del cacciatore nella conscia gestione dell’ambiente e anche della sua necessità.

Rispetto ad altre zone del Trentino e d’Italia, come è la convivenza fra fauna e uomo sul territorio? Fauna e uomo, forti di decenni di attenta gestione, hanno raggiunto una coesistenza matura e utile. L’uomo, in particolare il cacciatore, è attento ai bisogni della fauna e lavora instancabilmente anche fuori dal periodo venatorio per migliorare lo stato di salute degli animali ad esempio attraverso miglioramenti ambientali ed eventuale soccorso con i foraggiamenti invernali. Gli incrementi numerici della fauna sono la prova che il lavoro e la gestione sono ben eseguiti. In Trentino, anche se in generale vale per le zone alpine, vi è un approccio culturale e sociale più attento alla gestione venatoria che sconta decenni di esperienza che conduce ad una caccia educata e rispettosa.

Cosa pensa della reintroduzione dell’orso nelle nostre vallate? L’orso per il Trentino è una grandissima opportunità, specialmente dal punto di vista naturalistico e ambientale. E questo si riflette in maniera più che positiva anche nell’immagine del Trentino che noi tutti cerchiamo di valorizzare dal punto di vista turistico. La convivenza è possibile anche se la sua presenza però comporta notevoli disagi soprattutto, come abbiamo visto, a noi valligiani ed in particolare agli allevatori. La presenza di questo grande carnivoro, soprattutto nelle zone abitate dall’uomo, sta manifestando sempre più evidenti criticità. Ecco perché la Provincia che molti anni fa ne decretò la reintroduzione deve e dovrà curare in maniera sempre più maniacale le azioni di prevenzione e la gestione.


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Paolo Zanlucchi, direttore di Upt Tione

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Francesca Rinaldi, direttrice Cfp-Enaip di Tione

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Ogni anno la caccia viene molto criticata come pratica crudele e inutile, ci spieghi quale è secondo lei il ruolo del cacciatore? In effetti vi è chi pensa, o è indotto a credere, magari confondendo fra ideologia e fatti, che la caccia sia colpevole di apportare danni all’ambiente. Al contrario, la caccia, o meglio la gestione faunistica venatoria, presuppone l’utilizzo programmato delle risorse faunistiche con l’obiettivo di perseguirne la conservazione e il miglioramento, anche, ma non solo, attraverso un piano di prelievo, peraltro stabilito in base a severi criteri tecnici generalmente connessi alla realizzazione di censimenti e alla conoscenza, appunto, delle dinamiche della popolazione. Scopo della conservazione e della gestione è anche quello di ricostituire popolazioni selvatiche delle specie scomparse o di aumentare le consistenze di popolazioni già esistenti, cosa che i cacciatori e l’Associazione che rappresento hanno attuato nel tempo con convinzione e spesso con risorse finanziarie proprie: penso al riguardo alla reintroduzione del cervo, del camoscio, dello stambecco o della marmotta in diversi ambiti della provincia. Il cacciatore oggi assume altresì un ruolo fondamentale nella tutela, valorizzazione e mantenimento degli habitat delle specie selvatiche. Queste iniziative, volte appunto al miglioramento ambientale, portate avanti con serietà e dedizione direttamente dai cacciatori, si sono moltiplicate nel corso Quale è la situazione nella zona che rappresenta dal punto di vista ambientale e naturalistico? Sono rappresentante del distretto Chiese, dei cacciatori del Chiese, e sono orgoglioso di esserlo. Questo distretto, secondo me, è quello più “selvaggio”. Un fondovalle molto stretto, le pendici dei monti che sono a picco sopra i paesi, perciò un territorio molto difficile da curare e mantenere pulito. La vegetazione si è impadronita quasi totalmente delle piccole zone a prato di mezza montagna, ed ormai fa da perimetro alle aree urbane. Ammiro gli agricoltori e allevatori che, nonostante il grande sacrificio, presidiano ancora il nostro territorio. Le nostre montagne, fortunatamente, non sono prese d‘assalto dal cosiddetto “turismo di massa”, perché non avendo impianti di risalita, conquistare una nostra cima comporta partire dal fondovalle, perciò mediamente dai 400 ai 900 mt sul mare, quindi esclusivamente per buoni camminatori. Chi cerca pace e tranquillità non può fare a meno di visitare le nostre montagne. Ogni anno la caccia da alcuni viene molto criticata, ci spieghi quale è secondo lei il ruolo del cacciatore ai nostri tempi? Siamo ormai abituati, da diversi anni, ad una critica aggressiva e volgare che ci viene mossa da associazioni ambientaliste, che

Tavola Rotonda: la caccia in Giudicarie Stefano Ravelli, presidente dei 6mila cacciatori trentini

“La caccia è pure un patrimonio culturale, sociale ed economico da non disperdere” del tempo coprendo centinaia di ettari e impegnando, sia in termini finanziari che di ore di lavoro dedicate, un gran numero di volontari. Questi, insieme alla manutenzione di sentieri, ricoveri in quota e altro ancora, sono solo alcuni esempi di cosa i cacciatori fanno per l’ambiente e di quale sia il loro ruolo, tutto l’anno, non solo a caccia aperta e non solo prelevando, ma operando sempre secondo principi ispirati ad etica, scienza e conoscenza. Al riguardo non sono inoltre da trascurare le collaborazioni specifiche con il mondo agricolo e i progetti mirati per prevenire e contrastare il problema dei danni alle colture causati dalla fauna selvatica. La caccia, per tutto questo, costituisce un patrimonio culturale, sociale, economico da non disperdere e il cacciatore rappresenta con la sua attività, scientificamente sostenibile e regolata da norme particolarmente stringenti, uno dei principali attori della gestione territoriale e della tutela della biodiversità che merita pieno riconoscimento.

Come sta il movimento della caccia trentino? La caccia resta una realtà solidamente radica in Trentino. 209 sono le riserve comunali, riconosciute con legge regionale nel 1964, ma in origine costituite già dalla legislazione austriaca a metà Ottocento rispettando l’identità dei diversi comuni, l’integrità territoriale e riservando il doveroso rispetto alle comunità e ai singoli censiti. Nel cosiddetto regime riservistico si fonda dunque la peculiarità del mondo venatorio trentino che identifica il cacciatore alla residenza, cosa che contribuisce a creare uno stretto legame cacciatore-territorio. I mutamenti nel contesto sociale ed economico avvenuti negli ultimi decenni ed un certo distacco delle giovani generazioni dalle tradizioni e dalla cultura rurale di un tempo hanno inevitabilmente interessato anche il mondo della caccia. Nondimeno nell’ultimo decennio il numero di praticanti può considerarsi sostanzialmente stabile intorno alle 6.000 unità, anche se vi è una tendenza ad una riduzione progressiva dei

praticanti e all’aumento dell’età media degli stessi; fenomeni, questi, che l’Associazione sta monitorando per trovare le forme più opportune per quanto meno arrestare il trend in atto.

tipi di caccia, si pensi a quella alla avifauna migratoria da appostamento od alla stessa caccia alla lepre. È comunque da sottolineare che tutti i tipi di caccia conservano ancora oggi, nel 2021 un buon novero di appassionati (i segugisti sono più di mille; la caccia da capanno all’avifauna migratoria è ancora ben radicata in alcune valli del Trentino). Il territorio trentino consente infatti di cacciare un vasto novero di specie le cui popolazioni vivono e si riproducono consentendone un prelievo del tutto sostenibile. Specie nei contesti rurali del territorio provinciale la caccia è ancora percepita come un’attività naturale, tradizionale e sostenibile.

Negli ultimi vent’anni come è cambiata la platea interessata alla caccia in Trentino? All’aumento delle diverse specie di ungulati che popolano il territorio trentino è corrisposto un aumento, ancor più marcato rispetto al periodo precedente, dell’interesse verso questo settore venatorio e parallelamente è diminuito quello verso altri

Rispetto ad altre zone d’Italia, come è qui la convivenza fra fauna e uomo? La lunga tradizione di convivenza, mai venuta meno, con specie di mammiferi anche ‘importanti’ dal punto di vista dimensionale - e non solo - rende il territorio trentino particolare, nel contesto nazionale, a questo riguardo. La

stessa persistenza, ad esempio, di una specie dal forte impatto emotivo come l’orso bruno in Trentino occidentale testimonia un atteggiamento di fondo della popolazione locale di ‘abitudine’ alla presenza della fauna selvatica, che in molte parti del territorio nazionale è letteralmente sparita tra l’Ottocento ed i primi decenni del Novecento. Gli animali selvatici rappresentano per i trentini un qualcosa di familiare, di naturale appunto: i principali problemi in effetti sono rappresentati dal ritorno di specie, quali il lupo od il cinghiale, che si erano estinte per varie cause nel periodo sopraccennato od anche prima, e la cui ricomparsa necessita, anche qui, di un processo di riadattamento che può incontrare difficoltà. Il mondo dei cacciatori comunque, proprio per la sua conoscenza di base del mondo animale, rappresenta spesso una sorta di equilibratore rispetto a dibattiti e antagonismi precostituiti e spesso privi di solide fondamenta tecnico-scientifiche al riguardo.

Severino Nicolini, membro della giunta esecutiva dell’associazione cacciatori

“Il ruolo del cacciatore è di presidio sul controllo della fauna” personalmente ritengo siano troppo estremiste per intavolare un dialogo costruttivo con il mondo venatorio (vedi ex comitato faunistico). Sono più propenso a dare informazioni alla gente con dati che arrivano da censimenti della fauna effettuati con partecipazione di personale forestale, perciò ufficiali. La passione che anima noi cacciatori non è esclusivamente quella dello sparo, ma ci fa muovere quasi tutto l‘anno sul nostro territorio, curando sentieri che altrimenti andrebbero perduti, effettuando manutenzioni a baite di montagna, effettuando, con contributo dell‘associazione cacciatori, bonifiche in zone di particolare interesse ambientale che, con il tempo e la mancanza di monticazione, vanno piano piano a scomparire. Come dicevo precedentemente, abbiamo la vegetazione incolta fuori dalle finestre di casa nostra, di conseguenza anche la fauna selvatica si è avvicinata ai paesi, creando problemi sia

per le coltivazioni, con episodi di danni e conseguentemente di lamentele da parte del mondo agricolo e non solo, sia sulla viabilità stradale con parecchi investimenti fortunatamente fino ad ora solo con danni materiali. Ecco il ruolo del cacciatore, presidiare le nostre valli: osservare, segnalare e intervenire sul controllo della fauna. Negli ultimi vent’anni come è cambiata la platea interessata alla caccia nella sua zona? Dei 20 distretti del Trentino, il Chiese è quello dove si conta il maggior numero di cacciatori. Vent‘anni fa eravamo circa 680 cacciatori, nel 2006 siamo passati a 580, da allora fino ad ora ci muoviamo attorno ai 550. Anche quest‘anno circa una ventina di aspiranti cacciatori ha sostenuto l‘esame di abilitazione (anche 2 donne), alcuni con esito positivo altri no, vedremo verso la fine di agosto quanti ritireranno il tesseramento. Si nota un maggiore interesse di giovani, speriamo sia il segno di un’inversione di tendenza.

gnati per il controllo di questa specie e, agganciandomi ancora al ruolo del cacciatore, non oso immaginare come potrebbe essere la situazione altrimenti.

Rispetto ad altre zone del Trentino e d’Italia, come è la convivenza fra fauna e uomo sul territorio? Il Chiese, come si diceva prima, ha una situazione di folta vegetazione al limite del fondovalle, perciò con presenza costante di fauna nei pressi delle abitazioni e delle strade. Il cervo ha avuto un notevole incremento negli ultimi anni, e sta dando molti problemi lungo la statale che da Cologna porta a Storo per gli investimenti stradali.

Ci si sta muovendo per sperimentare sistemi di segnalazione per presenza animali a bordo strada. Il cinghiale negli ultimi anni ha avuto una notevole espansione in tutto l‘arco alpino, e su una buona parte di Trentino, come nel nostro distretto, sta creando problemi. Sappiamo benissimo che ha la maledetta abitudine di mettere il naso sotto terra creando danni, facendo così nascere lamentele sul territorio. Noi cacciatori siamo impe-

Cosa pensa della reintroduzione dell’orso nelle nostre vallate? L‘orso nel nostro distretto è segnalato spesso e volentieri, è un avvistamento ormai non troppo inusuale. Si avvistano soprattutto femmine con cuccioli. Gli allevatori sugli alpeggi qualche difficoltà la hanno, i piccoli apicoltori perdono la loro attività. Famiglie che frequentavano abitualmente la montagna, beh, non le incontri più. L‘orso può anche essere presente, però ritengo che se vogliamo avere allevatori e agricoltori che mantengano le loro attività di montagna, non possa esserci un’espansione incontrollata della specie, quando il danno è fatto poi è difficile tornare indietro.


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Walter Maestri, presidente A.D. Unione Sportiva Carisolo

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Territorio

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Incontro rovente tra i sindaci e i consiglieri provinciali giudicariesi

I temi caldi: Riforma istituzionale, ospedale e appalti pubblici Riunione a porte chiuse, e grande ostentazione finale di diplomazia. Come si dice? Sorrisi per la stampa. Ma qualche parola grossa deve essere volata, almeno ad ascoltare le indiscrezioni. Tuttavia non fra sindaci ed assessori, ma fra sindaci, ed in particolare fra il fumantino primo cittadino di Sella Giudicarie Franco Bazzoli e l’apparente (solo apparente) tranquillone sindaco di Tione Eugenio Antolini. Per il resto resoconti all’altezza della diplomazia: “Riunione serena e pacata per portare a conoscenza degli assessori le problematiche principali che viviamo. Una riunione prima delle vacanze estive”. Così il responsabile della Conferenza dei sindaci e guida di Pieve di BonoPrezzo Attilio Maestri. In realtà i problemi sono seri, molto seri. Tre quelli esposti ai rappresentanti della Provincia dai sindaci in cerca di interlocutori: la riforma istituzionale, l’ospedale e gli appalti pubblici. Andiamo per ordine, partendo dalla riforma istituzionale. Tradotto: nebbia fitta sul futuro delle Comunità di Valle. Eredi dei Comprensori di kessleriana memoria, quando in Provincia si progettava di avvicinare i servizi alle comunità locali (anche quelle periferiche), oggi sono

N

di Giuliano Beltrami

otte di Ferragosto, calda la spiaggia e caldo il mare... Così cantava cinquant’anni fa quel ragazzone di Gianni Morandi. Mentre ci si avvicinava a grandi falcate a Ferragosto anche la spiaggia politica delle Giudicarie si scaldava, perché davanti aveva (e ha) il mare dei problemi vissuti dai pubblici amministratori. E’ così che i sindaci hanno deciso di convocare i tre assessori provinciali delle

state di fatto svuotate di ogni contenuto, tanto da non funzionare più come interlocutori dei Comuni. Quella delle Giudicarie non ha nemmeno più il segretario. Insomma, siamo alla delegittimazione, in attesa di una riforma più volte annunciata, ma con la sensazione (per carità, una sensazione) che non si sappia da che parte esattamente prendere il sacco. Intanto sono commissariate con proroga. C’è chi vorrebbe un ritorno all’antico (rappresentanti eletti dai Comuni), ma invece pare che l’idea innovativa sia più semplice: Comunità di Valle gestita

dalla Conferenza dei sindaci. Anche in questo caso c’è una sensazione: che siano svuotate definitivamente a favore della Provincia. Il che significherebbe un ritorno plateale all’accentramento provinciale. Usiamo il termine plateale perché (occorre dirlo) non è che il decentramento pensato da Kessler sia stato realizzato compiutamente. Secondo tema: l’ospedale di Tione, ossia il grande malato che dovrebbe curare (e cura) i malati. Quanto si è scritto (inutilmente) su questa struttura? Tanto, e non solo sui giornali. Basti pensare all’inchiostro sprecato

Giudicarie, che rappresentano quasi per intero il territorio della Comunità di Valle (rimane fuori solo la valle del Chiese, che peraltro è la più popolosa). Sono Mario Tonina delle Esteriori (fra le altre competenze l’ambiente e la vicepresidenza della Giunta), Mattia Gottardi della Busa di Tione (Enti locali) ed il rendenero Roberto Failoni (che guida l’assessorato del turismo e dello sport). nei documenti ufficiali, non ultimo il protocollo d’intesa firmato fra il presidente della Comunità di Valle e i responsabili di Provincia e Azienda sanitaria nel 2016, quando da Piazza Dante era arrivato l’input chiaro: si chiuda il punto nascite di Tione perché non garantisce sicurezza (troppo pochi parti). Non rifaremo la storia delle raccolte di firme e degli incontri. Ricordiamo solo che il protocollo sancì (a parole, s’intende) l’indennizzo della Provincia verso i giudicariesi: voi accettate senza fare smorfie la chiusura del punto nascite e noi potenziamo il reparto di ortopedia, che per voi è strategico visto che avete le piste di sci, frequentate dai più fedeli clienti di quel reparto. Ah, il peso delle parole! Irri-

solti i problemi di personale (medico in particolare); investimenti non completati nonostante le promesse; mancanza del direttore. Quest’ultimo aspetto pesa. Fino al 30 giugno (giorno in cui è andato in pensione) c’era Egidio Dipede, che peraltro era un facente funzione. Lo abbiamo detto: l’ospedale resta un grande malato. D’altronde gli ultimi avvenimenti ci dicono che l’intera sanità trentina non è molto in forma. Infine, questione appalti. Su questo tema i sindaci giudicariesi hanno lanciato una proposta ardita: creare un’agenzia degli appalti e dei contratti in salsa locale. Ardita perché un’agenzia del genere esiste già: è l’Apac, l’Agenzia provinciale appalti e contratti. Ma è intasata, oberata, lenta.

Va detto che non è l’unica imputata per i ritardi e le lentezze nell’appaltare opere da parte dei Comuni. Ci sono anche le farraginosità burocratiche e (perché no?) pure, talvolta, la mancanza di idee. Sta di fatto che le risorse economiche in circolazione (a dispetto di quel che si pensa e che si dice) sono abbondanti, ma rimangono chiuse nelle casseforti delle banche. E i Comuni delle Giudicarie hanno chiesto agli assessori di accogliere la loro proposta di poter avere una stazione appaltante decentrata. Prenderà una decisione la Provincia? E che decisione sarà? I sindaci aspettano, mentre le casse dei loro Comuni (basta consultare i bilanci consuntivi) sono piene di soldi non spesi, come le casse dei Consorzi Bim. Nella calda notte d’agosto gli assessori non potevano dare risposte. Allora hanno preso tempo per ragionarci. Dopotutto, come sosteneva Maestri, quello d’agosto era solo il primo incontro, cui dovrebbero seguirne altri.


Politica Fra tutti gli interventi emersi ho trovato estremamente calzante quello firmato da Mario Cossali, il quale esasperando i toni ma nemmeno troppo si è spinto a parlare di colpo di Stato perpetrato minando alla base le comunità stesse. Ha ragione Cossali quando afferma che la democrazia viene messa in un angolo se si continuano a prolungare all’infinito gli ex Presidenti di comunità e si torna a riaccentrare tutto in capo alla Provincia e alla Giunta. Dove è finito il rispetto per le peculiarità territoriali e per i protagonismi, magari diversi ma certamente tutti meritevoli di essere seguiti e assecondati, delle valli trentine? Domande più che lecite se si pensa che le Comunità di Valle erano nate - da un’intuizione e dalla volontà dell’allora Presidente Dellai e dell’allora assessore Gilmozzi - quale occasione per i Comuni e i territori di ottenere non più deleghe, come avveniva per i comprensori, ma competenze dirette da esercitare con maggiore autonomia e responsabilità locale rispetto a Trento. Un’occasione enorme per sviluppare alla massima potenza l’autonomia, decentralizzando le scelte e rendendole sempre più locali, sentite e condivise all’interno del proficuo dialogo tra amministrazioni comunali e popolazioni. Una scelta certamente tecnica ma ancor di più politica; una vera scommessa di crescita che il Trentino rischia, che tutti rischiamo, di perdere e perdere male se non torneremo a par-

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La riflessione del consigliere provinciale UPT Piero De Godenz

«Comunità di Valle, basta ritardi» di Piero De Godenz Le Comunità di Valle continuano a rimanere, giustamente, sotto i riflettori. Lo confermano anche i numerosi interventi scritti da amministratori, ex amministratori e cittadini e pubblicati sulla stampa in queste ultime settimane. Credo che occuparsi di questo ente, relativamente giovane e già così lare e a pensare alla Comunità di valle come un cardine essenziale dell’assetto governativo provinciale. Si è visto, infatti, come anche il tentativo di superare le Comunità tramite le gestioni associate abbia trovato attuazione solo in parte. Il risultato non può essere uno stop all’infinito o una riforma frettolosa fatta sul finire di legislatura, come probabilmente si appresta a essere quelle paventata nel 2022, se tutti, amministratori provinciali e locali, gli stessi commissari, cittadine e cittadini, non lavoreremo ognuno secondo le sue competenze e possibilità perché le cose vadano diversamente. Personalmente ritengo, come ex amministratore comunale, ex consigliere comprensoriale e da consigliere provinciale, che i Comuni continuino a essere il fulcro della vita delle nostre

comunità territoriali ma anche come da soli essi non possano essere sufficientemente strutturati per la gestione di tematiche complesse quali l’urbanistica - che non a caso è sempre al centro delle discussioni sul futuro delle comunità e dove vanno cercate, e trovate, pianificazioni valide e non contrastanti - o, per fare altri esempi d’attualità, la gestione

“maltrattato” e rallentato sia una priorità e non mi riferisco soltanto alla necessità di superare l’ormai lunga e sterile fase del commissariamento ma anche alla scelta che il Trentino deve fare in ambito istituzionale: vogliamo andare avanti o retrocedere sia a livello politico che amministrativo?

dei rifiuti, l’organizzazione dei servizi socio-assistenziali e di quelli legati alla sanità l’emergenza Covid non è ancora purtroppo finita - e, ancora, la gestione delle scuole musicali e delle associazioni sportive e culturali comunali che in alcuni casi hanno bisogno di essere sviluppate su una scala di valle e non solo all’interno di un singolo pae-

se; ultima di questa lista ma non certo per importanza la partita, essenziale e strategica, della gestione dei contributi legati al Recovery Fund, per i quali molti comuni sono già in fibrillazione e, giustamente, molto preoccupati. Serve, non è superfluo dirlo, un ritorno alla politica intesa come capacità di governare processi e stabilire priorità; un esercizio della politica dove, nel fondamentale rispetto delle competenze di ogni amministratore, deve esistere la consapevolezza di una vera e sentita visione territoriale, capace di andare oltre i singoli campanili per operare giuste economie di scala e scelte condivise. Su tutto, elemento più importante, è necessario che le Comunità di valle tornino importanti per poter, sui territori e per i territori, migliorare la vita, i servizi e la prossimità dell’en-

te pubblico - o, meglio, degli enti pubblici se consideriamo Comuni, Comunità e Provincia Autonoma - alle cittadine e ai cittadini. Per arrivare a questo, auspico nuovamente, dato che lo sostengo da anni, che si possa giungere alla definizione di un nuovo assetto funzionale senza tenere ulteriormente in stand-by i territori. Abbiamo bisogno di sgomberare il campo e ridisegnare una cornice politica e istituzionale efficace ed efficiente, all’interno della quale sia possibile tornare a elaborare le risposte necessarie non solo ai complessi tempi che stiamo vivendo ma anche alle domande che, inevitabilmente, ci porrà il futuro. Per farlo servirà, ancora una volta, la saggia regia della Provincia che dovrà però essere in grado di cogliere e lasciare esprimere appieno i territori e in essi le Comunità di valle. Insomma, servirà tornare a fare il miglior uso possibile delle nostra Autonomia speciale. Non perdiamo questa occasione per invertire la tendenza.


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Cooperando

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Vaccinazioni, anche la Cooperazione fa la sua parte A Pinzolo riapre l’hub vaccinale l’11 e 12 settembre Una importante iniziativa messa in campo per sensibilizzare su questo tema, offrendo l’opportunità a ogni persona di potersi vaccinare contro il Covid19. La pandemia Covid-19 ha generato stati di ansia e turbamento in ampie fasce della popolazione, paura che si riflette anche nel discorso, pubblico e privato, sulla campagna vaccinale in corso. Paura e diffidenza sono infatti sentimenti molto presenti in questo momento nelle persone e anche se la fiducia verso la comunità scientifica (chi ne sa più di noi) dovrebbe emergere naturale, ci sono comunque perplessità. Sicuramente un motivo sta nel bombardamento che stiamo ricevendo su tutti i media da parte di professionisti o meno che dicono tutto e il contrario di tutto,

di Alberto Carli Nei fine settimana di sabato 11 e domenica 12 settembre sarà nuovamente attivo, a Pinzolo, l’hub Vaccinale inCooperazione, gestito dalla Federazione in collaborazione con il Comune di Pinzolo e altre realtà del panorama associazionistico locale (Sti Pinzolo Alta Rendena 118, Vigili del Fuoco Pinzolo, Carabinieri e Alpini in congedo). alimentando un clima di diffidenza rispetto allo stile comunicativo. In più oggi esiste anche un virus informatico, dell’informazione, potremmo dire che siamo stati infettati da un altro virus, quello di mis-informazione e disinformazione, legato alle modalità con cui oggi si diffondono le notizie e ai canali attraverso cui le fruiamo. In particolare, i social media hanno democratizzato la possibilità di dire la propria opinione, ponendo tutti i giudizi sullo stesso piano, contribuendo però a una diffusione mol-

to veloce delle “fake news” cioè di notizie false. Non da ultimo in un momento di cambiamento, di crisi e di instabilità, il nostro sistema emotivo è portato all’allerta, all’allarme, alla percezione della minaccia. Ma la paura o la diffidenza verso i vaccini è sempre esistita, tanto che l’organizzazione mondiale della sanità indica proprio “la paura al vaccino” una delle 10 minacce della salute mondiale. Eppure, negli ultimi 20 anni i vaccini contro dieci dei patogeni più diffusi, come quelli responsabili di mor-

Prosegue la campagna di vaccinazione in Trentino e si rafforza la collaborazione fra Provincia autonoma di Trento, Federazione Trentina della Cooperazione e l’Azienda provinciale per i Servizi Sanitari che oggi hanno sottoscritto un protocollo d’intesa per la predisposizione e la gestione di Hub vaccinali sul territorio trentino. billo, epatite B e polmonite, hanno salvato la vita a 37 milioni di persone, nella maggior parte dei casi bambini sotto i 5 anni di età. Un nuovo studio condotto della Scuola di Sanità Pubblica dell’Imperial College di Londra in collaborazione con molte altre università e centri di ricerca, ha stimato che grazie a questi farmaci saranno ben 69 milioni le vite salvate tra il 2000 e il 2030. Riguardo al vaccino Covid-19 c’è un certo numero di cittadini che di questi vaccini non si fida soprattutto perché ad oggi

non abbiamo molte certezze su quella che è la vera relazione tra un beneficio che è molto evidente, quello di avere una certa protezione, e il rischio. Ma è importante andare avanti con la campagna vaccinale, aumentare il ritmo delle vaccinazioni su tutto il territorio, senza esitare a ‘fare la cosa giusta’ sottoponendosi al vaccino per il bene della collettività. Sarebbe comunque utile sentire parlare un po’ di più anche delle azioni per rendere il nostro sistema sanitario sempre efficiente e in grado di garantire i servizi ai

cittadini, in considerazione del fatto che siamo ufficialmente in stato di emergenza sanitaria da quasi un anno e mezzo e perché no capire meglio quali sono i farmaci efficaci nel trattamento del Covid-19 e quali le terapie più indicate. La Cooperazione Trentina attraverso la propria organizzazione territoriale e le competenze acquisite dalla propria struttura e dalle cooperative che operano nel campo dell’assistenza socio-sanitaria, sta operando sul territorio a sostegno della campagna vaccinazione, in sinergia con il Coordinamento Provinciale Imprenditori, le realtà associative di volontariato sul territorio e con il sostegno finanziario di Promocoop Trentina Spa. Il protocollo ha dunque formalizzato e rafforzato un impegno già in essere.

L’EDITORIALE - di Adelino Amistadi

Continua dalla Prima Eventi meteorologici estremi come incendi, siccità, ondate di calore, nubifragi e inondazioni, eccezionali sia per la loro portata, la loro frequenza, il loro tempo e la loro posizione. Il tutto succede nell’indifferenza quasi totale dei cittadini, in gran parte male informati, pigri e presi da tutt’altre cose, in fondo la situazione climatica dovrebbe essere un problema dello Stato e non della povera gente. E così si va avanti, ma fino a quando? La situazione è più grave di quanto si possa immaginare. Secondo gli esperti che proprio in questi giorni hanno pubblicato un documento allarmante, abbiamo 12 anni di tempo per invertire la rotta del clima e ridare un futuro alla nostra presenza sul pianeta. E’ difficile crederci, ma di certo con il clima c’è poco da scherzare e credo sia ora e tempo che ci si occupi con serietà della tematica, prima che sia troppo tardi. Andando a ricercare le cause di una tale situazione sembra che l’uomo abbia fatto di tutto per accelerare il cambiamento climatico

La Terra muore, sotto i colpi dell’Uomo ed aggravare la pericolosità delle conseguenze. La deforestazione, processi di desertificazione, l’uso sempre più massiccio di combustibili fossili con milioni di auto e macchinari costantemente in funzione, l’allevamento di milioni di animali che sembrano essere fra i maggiori responsabili dell’innalzamento della Co2 con le loro petulenze, lo sconsiderato consumo di suolo, l’eccessiva presenza di costruzioni anche nei luoghi meno sicuri, l’imprigionamento dei fiumi e dei torrenti in argini e briglie inutili e dannose che non fanno che facilitare i disastri alluvionali. La cementificazione del suolo rende il terreno impermeabile così che le acque delle piogge non riescono più ad infiltrarsi nel terreno, come farebbero naturalmente, ma vanno ad ingolfare corsi d’acqua piccoli e grandi rendendoli pericolosi. Specialmente quando a fare da argine ai fiumi sono le case e le strade. Ormai, anche il più incredulo, dovrà ammettere come tutti questi fenomeni spesso funesti sono legati al cambiamento del clima ed alla sua estremiz-

zazione. E allora che fare? L’unica soluzione è azzerare o quantomeno eliminare in gran parte le emissioni dei gas nocivi. E’ quanto chiede l’Unione Europea a tutti gli stati Europei. Ancor più severo è quanto scrive nel suo ultimo rapporto l’Ipcc, Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento climatico delle Nazioni Unite: “Siamo al codice rosso per l’umanità, il peggio deve ancora venire e a pagarne il prezzo saranno i nostri figli e nipoti, più che

noi stessi...” La ricetta per riportare il termometro in equilibrio consiste nel dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 e portarle a zero entro il 2050. Se non si inverte la rotta il pianeta subirà conseguenze disastrose. Nel frattempo che scenario possiamo immaginare? I modelli meteo che in questi giorni girano un po’ su tutti i nostri giornali anticipano bene quel che potrà succedere nei prossimi anni: le perturbazioni a carattere violento saran-

no sempre più frequenti, più potenti, fuori stagione e anche in luoghi e regioni finora non coinvolte. Lo scioglimento dei ghiacciai ha gia causato il riversamento di miliardi di tonnellate di acque negli oceani, provocando l’innalzamento dei mari, con conseguenze talvolta irreversibili, fenomeno assai presente anche da noi. Rispetto agli anni ‘50, inoltre, ci sono state ondate di caldo più intense e frequenti nel 90% delle regioni del mondo che sono collegate alla scoppio di incendi vastissimi che stanno invadendo, oltre al nostro Sud anche gran parte dell’Africa e dell’Asia. Tutto questo se l’aumento della temperatura si limiterà a due gradi, perchè se andrà oltre le conseguenze saranno catastrofiche e irrimediabili. C’è da augurarsi che con i provvedimenti che molti Stati, compresa l’Italia, stanno per prendere, si possa rallentare e possibilmente diminuire la temperatura globale, anche se purtroppo occorreranno tempi lunghi per riportarci in sicurezza. Tanto per capirci, se azzerassimo di colpo tutte le emissioni serra, prima

di vedere scendere la curva delle temperature dovremo aspettare un tempo che non possiamo permetterci. Un altro segnale che non c’è davvero tempo da perdere. Per fortuna l’Italia è tra le nazioni più impegnate e più avanzate, è stato messo in atto un programma pensato con gli altri Paesi europei per accelerare la riduzione della temperatura. E tutte le politiche che saranno adottate con il Pnrr andranno in questa direzione. Purtroppo molto più dipende da quello che faranno i grandi Paesi (Usa, Cina, Russia…), dovranno cambiare strategia e farsi carico delle responsabilità che la loro riottosità potrebbe causare. E’ ovvio che la situazione e’ talmente difficile e pericolosa che ne siamo tutti coinvolti, accanto alla politica ognuno di noi deve fare la propria parte, cominciando dalla scuola, l’università, la stampa, ma anche dalla società civile che, se ben informata, non rimarrà indifferente e si farà sentire. Facciamo ognuno la nostra parte, la battaglia quasi vinta contro il Covi-19 dimostra come, quando si vuole , si può.


Europa

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Tragedia Afghanistan e coscienza europea di Paolo Magagnotti

Questi orribili, mostruosi talebani che in nome di una religione rendono invisibili e riducono a strumenti le più belle e magnifiche creature umane presenti su questa Terra; donne alle quali viene negata ogni dignità umana e legittime aspirazioni a vivere una vita che consenta loro di esprimere e affermare liberamente e sospinte dai loro desideri e sentimenti ciò che in questo modo ogni essere umano ha in cuor suo. Di fronte allo smarrimento nel vedere esseri umani senza coscienza ci conforta vedere che nel mezzo della tragedia vi sono altri esseri umani dalla cui coscienza esce l’esigenza, il desiderio e la forza di strappare dalla morsa dei criminali - come chiamarli diversamente - donne, bambini e uomini per portarli in salvo verso orizzonti, verso luoghi e Paesi a loro sconosciuti ad estranei ma dove almeno possono conservare la loro umana dignità. Dobbiamo tutti abbracciare e ringraziare quei militari, quei diplomatici e altre persone che li affiancano per l’impegno la generosità con cui tolgono dall’inferno sventurati

La tragedia dell’Afghanistan che da giorni scorre impietosa davanti ai nostri occhi sugli schermi televisivi porta a chiederci - credo – se sia veramente possibile che esistano esseri umani senza cuore, senza

coscienza, senza un briciolo di sentimento di pietà. È struggente vedere mamme che affidano, anzi, gettano nella disperazione loro bambini a soldati sconosciuti per un viaggio di incerto destino.

afgani con ponti aerei che dopo i voli ininterrotti che fra il 1948 al 1949 portavano alimenti e altri mezzi di sussistenza per garantire la sopravvivenza della popolazione di Berlino Ovest isolata dall’Unione sovietica nel mezzo della Guerra fredda non avremmo mai più voluto vedere. Dobbiamo riconoscenza e rendere merito alle forze dell’esercito italiano che in questa operazione di salvataggio si sono distinte in maniera straordinariamente encomiabile. Soldati italiani che, unitamente a commilitoni di altri Paesi occidentali, sono stati presenti per molti anni in Afghanistan per aiutare la popolazione e tentare di contribuire all’avvio di un processo di democrazia e libertà nel Paese. L’analisi del fallimento della presenza occidentale in Afghanistan richiede un’analisi che non può essere esaurita in poche righe e che dovrà servire non solo per affidare alla storia questa triste esperienza

pea, peraltro, che al di là di quanto sta scritto nei trattati su cui si basa, e nonostante i grandi risultati ottenuti dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi - la pace, in primo luogo - non è ancora riuscita ad assumere quel ruolo incisivo sul piano internazionale - senza trascurare limiti interni - che con le grandi potenzialità economiche, politiche e militari espresse nell’insieme Paesi che la compongono potrebbe esprimere. L’insieme dei Paesi, appunto; e qui sta l’interrogativo perché purtroppo gli Stati nazionali UE non hanno ancora voluto attribuire all’Unione europea quei poteri necessari affinché la stessa possa promuovere e gestire interventi ad azione all’altezza dei tempi. Per rapporto alla situazione dell’Afghanistan dobbiamo purtroppo riconoscere che l’Unione europea non ha nei fatti una politica estera, di sicurezza e difesa oggi più necessaria che mai. Nel

ma anche per comprendere analoghe situazione in altri Paesi per poi rapportarsi di conseguenza nell’agire. Noi europei, che viviamo, operiamo e ci muoviamo all’interno e all’esterno delle nostre comunità in condizioni di democrazia e libertà, con il riferimento a costituzioni, trattati e documenti nei quali si affermano solennemente valori e principi fondamentali per l’esistenza umana dobbiamo anche chiederci che cosa abbiamo fatto e, soprattutto che cosa dovremmo fare per il futuro nel rapportarci con situazioni difficili e di negazione della libertà e della dignità umana in altri Paesi dove i diritti di cui noi godiamo non sono per nulla garantiti. Dobbiamo pensare a quello che può e deve fare l’Unione europea; quell’Unione europea che è il più grande, e al tempo stesso affascinante progetto di unione di popoli su base democratica mai visto nella storia dell’umanità. Un’Unione euro-

VUOI E R A R U T T U R RIST ? O N G A B O U T IL

1952 i sei Paesi che facevano parte allora della Comunità europea del carbone e dell’acciaio firmarono il trattato istitutivo della Comunità europea di difesa fortemente voluta in primo luogo dal nostro grande statista Alcide De Gasperi, il quale vedeva in tale nucleo difensivo un presupposto fondamentale per portare all’unità la politica estera europea e giungere ad una vera e propria unione politica dell’Europa. Purtroppo l’iniziativa fallì per il voto contrario dell’Assemblea nazionale francese; un fallimento che De Gasperi a Sella di Valsugana pochi giorni prima della sua scomparsa intravedeva e soffriva fino al pianto davanti alla figlia Maria Romana pensando che se si perdeva quell’occasione sarebbero passati molti anni prima di averne un’altra simile. Attualmente l’Unione europea ha in base ai trattati su cui si fonda una politica estera di sicurezza comune;

piuttosto efficace potrebbe essere la “cooperazione strutturata permanente”, la cosiddetta PESCO. Purtroppo la realtà è molto diversa da quanto previsto nei trattati, anche perché in ultima istanza le decisioni si trovano davanti alla ghigliottina dell’unanimità. È da augurarsi che, a conclusione della Conferenza sul futuro dell’Europa, prevista per la prossima primavera, gli Stati nazionali mettano da parte un po’ di certo patologico orgoglio nazionale per consentire di avere nell’Unione europea una vera e propria politica estera e difesa comune; tenendo pure presente che al di là del doveroso impegno per soddisfare esigenze dei cittadini presenti al proprio interno, l’Unione europea ha la responsabilità di contribuire in maniera significativa a garantire condizioni di pace e stabilità a livello internazionale, oltre ai suoi confini. La coscienza europea rafforzi la sua forza nei confronti di chi coscienza non ha. E l’Afghanistan ne sia nuovi stimolo.

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Il Saltaro delle Giudicarie

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Ho fatto una ricerca che mi ha dato risultati roboanti: le famiglie italiane con un cane sono circa 7 milioni, ormai il 20% degli esercizi turistici accetta la presenza di cani, ed ogni estate vengono abbandonati a sé stessi circa 100.000 cani, anche se gli enti che difendono i diritti dei cani sono 450. Fatti un po’ di conti, con le famiglie italiane che sono circa 22 milioni, una famiglia su tre possiede un cane. Non poche direi. Io sono però convinto che siano aumentati di molto in questi ultimi anni, soprattutto osservando le sempre più numerose cachette di cane sui marciapiedi e lungo le stradine di montagna. La cosa mi lascia indifferente, mi preoccupa il fatto che le famiglie senza cani stanno diventando minoranza e la cosa mi preoccupa vista la crescente arroganza di chi li possiede. Certo che quando vedo un uomo o una donna passeggiare con un cane la mia mente va in fibrillazione. E mi chiedo:”Chi è al guinzaglio?” Infatti a me pare che sia il cane a condurre il proprietario in giro e non il contrario. Osservateli bene: il cane è sempre davanti al proprietario, accelera il passo ed il proprietario lo rincorre, all’improvviso si ferma e il proprietario si ferma, poi riparte sulla destra e il proprietario lo segue sulla destra...poi a sinistra, e tutti a sinistra,. Un cane educato dovrebbe comportarsi in modo contrario, cioè stare un passo indietro al padrone, sia

Vita con i cani “Vita da cani!” una frase antica come il mondo per significare una vita difficile, irta, piena di spine e difficoltà, ma negli ultimi tempi ha tutt’altro significato. Infatti possiamo tranquillamente dire che “vivere da cani” oggi non è per niente sinonimo di vita povera, vita grama, anzi, tutt’altro! Ormai i cani da compagnia, di tutte le razze e taglie, oggi conviventi nelle case di quasi tutti gli italiani, son ben che sia libero, sia che sia al guinzaglio, tanto per rispettare le gerarchie. La mia famiglia, quand’ero piccolo, possedeva cani e gatti in abbondanza, questo per dire che non ce l’ho con gli animali anzi. Ma ognuno dovrebbe stare al suo posto. Sono nato in una famiglia di contadini. Cani e gatti hanno sempre vissuto con noi, ma mantenendo un posto da “animale”, mangiavano i resti della tavola e ne erano contenti, tutto sommato ben tenuti, mai maltrattati, ma non imbambolati da baci e carezze come si tende a fare oggi. Negli anni ho potuto notare come sia cambiato il rapporto uomo-animale, tanto da sentir dire da più persone che il loro cane non è un animale, ma una “persona” di famiglia. Infatti non sono pochi i proprietari che che dicono all’animale in questione

“vieni dalla mamma...” o “vai dal papà...” quando lo si coccola in famiglia. Ancor peggio è quando un genitore lo si sente dire al cane “su...vai da tuo fratello!” mandandolo dal figlio (del genitore, non del cane!). Se fossi un figlio di quella famiglia mi sentirei offeso a morte. Insomma, oggi la maggior parte delle famiglie che hanno un cane lo trattano come

tenuti, eccome!, coccolati, ipernutriti da scatolette dal contenuto esotico, c’è persino il salmone dell’Atlantico, fra le scatolette di cibo pregiato. Chiariamo, non posseggo cani, sono solo un attento osservatore dei cani e dei loro padroni A proposito si dice ancora padroni o è politicamente scorretto?...perché quando si parla di cani bisogna stare attenti ai proprietari...si offendono facilmente.

un parente stretto, guai a toccarglielo, a parlarne male, sono ormai convinte di quanto sia giusta la storica frase, attribuita a Socrate, mica a uno qualsiasi: “PIU’ CONOSCO GLI UOMINI E PIU’ AMO GLI ANIMALI”. A questo punto addio confronto con il vicino di casa, è molto più facile parlare con il proprio cane che minimo ti adora, non ti contraddirà mai (anche perché non è ancora in commercio un cane parlante), ti è grato della pappa calda e del cestino per dormire, e non si metterà mai in concorrenza con la tua personalità. Naturalmente sto parlando dei cani d’appartamento, non dei cani-cani, quelli che vivono per strada e che conoscono ancora bene il rapporto di subalternità da tenere con l’uomo. I cani-cani sono ancora veri cani, secondo le regole antiche. Conosco un malgaro, mio amico, che ha un cane e una quarantina di vacche

in malga. Questo malgaro ama il suo cane e gli è molto utile perché lo aiuta quotidianamente nel suo lavoro. Guai se non avesse il cane con lui sulla montagna a radunar le vacche al pascolo. Lo comanda col tono di voce, lo zittisce con un comando se abbaia all’amico che lo va a trovare, e quando camminano insieme è sempre un passo dietro di lui. Lo tratta bene, ma non lo vezzeggia, lo nutre bene, ma non con croccantini e carne scelta, se piove lascia che sia il cane a cercarsi un riparo, d’inverno dorme nella stalla, comunque mai in casa. Lo cura se sta male, ma non piange se per qualche motivo lo si dovesse eliminare. Possiamo allora dire che questa persona non ami il suo cane perché non gli dice “vieni dal papà...” o perché lo sgrida quando non obbedisce, o perché non gli indossa il cappottino d’inverno? Purtroppo ci sono famiglie che esagerano, e non

sono poche. Queste persone lasciano che il cane si addossi con prepotenza a chi entra in casa abbaiando in modo assordante, è il cane che accoglie a modo suo l’ospite...a nulla valgono gli ordini “stai giù-sta giù...” detti sorridendo dai padroni di casa orgogliosi del loro cane maleducato, “...non ti preoccupare il cane non fa nulla...” e magari hai già il polso della giacca fatto a pezzi dai morsi del cane che non fa nulla. Quando poi si è a tavola, il cane è presente con il suo muso sulla gamba di qualche ospite e in un modo o nell’altro i padroni distribuiscono al cane bocconi dai loro piatti. Anche questo è permesso? Ma sono davvero queste le persone che amano gli animali? Un amore così profondo da metterli al prima posto rispetto al ospite-amico?A questo punto quando uno ti da dell’ “animale” dovremmo essere contenti come una pasqua. Porco cane che rottura ‘stì animali amici dell’uomo! Ho raccolto la “filippica” del sindaco Filippo sulla situazione canina del ventunesimo secolo a me del tutto sconosciuta. Il vostro Saltaro si scusa e farà presente nell’alto dei cieli la necessità di mettere ordine su questa terra che va di giorno in giorno sempre più alla rovescia. Rimettiamoci in carreggiata, torniamo ai giusti valori, non è mai troppo tardi, magari incominciando proprio dai cani... Amen


Porto franco

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Il cantante in Trentino a maggio

Vasco a Trento, per Fugatti uno spot o una trappola? Subito la grancassa provinciale ha detto che il concerto porterà nuova notorietà al Trentino con ricadute sia turistiche che economiche. Non ricordo chi ha sparato la cifra di 14-15 milioni di indotto. Incuriositi abbiamo interpellato il Resto del Carlino che, in occasione del concerto di Rossi nel 2017, aveva realizzato una specifica ricerca. Ebbene con 250 mila spettatori l’indotto sul territorio (pernottamenti, ristorazione, spese varie ) era stato calcolato tra i 2,5 ed i 3 milioni. Per Trento si prevede un afflusso di 120 mila persone. I conti sono presto fatti, ovvero l’indotto difficilmente raggiungerà i due milioni di euro. Quindi quella del 14/15 milioni è una panzana per buttare fumo negli occhi. Quanto alla notorietà il Trentino ha già una reputazione in ambito turistico riconosciuta in Italia e in Europa. Un concerto rock, per il tipo di prodotto che offre ( mordi e fuggi ) non ha alcuna ricaduta turistica. Come i ritiri di calcio provoca sì una presenza ed una spesa interessante nel corso dell’evento ma poi non ha effetto traino. A Modena non è che nei mesi successivi al concerto siano aumentati gli arrivi e le presenze. Idem anche qui. Nei mesi successivi non ci saranno turisti che sceglieranno di far vacanza in Trentino perché Rossi ha tenuto un concerto a Trento. Per i fans di Rossi la location del concerto è assolutamente secondaria. Se si vuol fare un serio ragionamento di marketing bisognerebbe analizzare il tipo di prodotto, l’attinenza che ha col territorio e le sue caratteristiche ecc. Ci sono eventi in Trentino che hanno svolto un ruolo importante per la promozione del territorio, come ad esempio I Suoni delle Dolomiti, che da 20 anni e oltre valorizzano il territorio ed il paesaggio trentino. Ma un concerto rock che ci azzecca con l’offerta turistica identitaria del Trentino? Potrà essere una serata di sballo musicale ma niente di più. Però costerà, ma quanto

di Ettore Zampiccoli Qualcuno ha scritto che la bellezza salverà il mondo. Più modestamente noi ci chiediamo se il concerto di Vasco Rossi salverà Maurizio Fugatti. La notizia è ormai conosciuta. L’ha lanciata lo stesso Fugatti sul suo profilo Facebook qualche settimana fa: Il 20 maggio del prossimo anno Vasco Rossi, cantante rock ormai un po’ stagionato, terrà un concerto a Trento. Così ha deciso costerà? Qui cominciano le dolenti note. Non si sa molto del contratto. Ad esempio: per il noto cantante quale sarà il costo di ingaggio? Non si sa. La Provincia - ovvero la Trentino Marketing - avrà una percentuale sui biglietti venduti? Pare proprio di no. Invece la notizia trapelata è che sessantamila biglietti saranno riservati al pubblico dell’Euregio. E il Fatto quotidiano informa che di questi sessantamila biglietti quelli invenduti saranno acquistati dalla Provincia e/o dalla Trentino Marketing. E che ne farà la Trentino Marketing e la Provincia? Prima o poi qualcuno dovrà pur spiegarlo. L’altra notizia certa è che la Provincia metterà a disposizione di Rossi e della sua équipe 300mila euro per ospitalità, soggiorni e viaggi e che la Trentino Marketing si farà carico delle spese di pubblicità e promozione dello spettacolo. Naturalmente ci saranno poi le spese per la realizzazione dell’arena nella quale si svolgerà il concerto ( area a sud di Mattarello ) : si parla di un intervento di due milioni di euro. Nel programma si aggiunge anche l’organizzazione di una grande mostra dedicata a Vasco Rossi. Sempre il Fatto quotidiano informa che per la mostra sono già pronti 200 mila euro. Insomma alcune cose

sono certe: questo concerto costicchierà un po’, certamente le spese saranno superiori all’indotto, Vasco Rossi non rischierà molto se è vero che qualcuno compererà i biglietti invenduti. Poi c’è da conteggiare il caos di quei giorni. Già è stato detto che quel giorno uffici pubblici e scuola saranno chiusi per non intralciare la marcia di avvicinamento dei tifosi all’area del concerto. Si parla di 40 mila autovetture e vien da chiedersi dove, in un imbuto come quello di Mattarello, le metteranno. Ma siamo certi che la Protezione civile ed i vigili del

la Provincia e in tal senso è stato sottoscritto anche un bel contratto, che sarà gestito dalla Trentino Marketing e del quale non è che si sappia più di tanto. L’annuncio ha scatenato entusiasmi – soprattutto in casa leghista – e anche tante critiche, a cominciare da quelle di Fratelli d’Italia, di Forza Italia e di qualche partito di opposizione. Ma quali i pro e quali le perplessità?

fuoco risolveranno tutto: altre spese da mettere nel conto! A naso questo concerto, servizi compresi, costerà alla Provincia, cioè ai contribuenti trentini, poco meno di 3 mi-

lioni di euro. Lasciamo perdere poi la decisione di assegnare, nell’occasione, a Vasco Rossi la targa di Trentino onorario. Onorario di che? Forse volevano dire oneroso.

Insomma e per farla breve: ma vale la pena? L’opposizione ha detto e scritto che Fugatti vuol costruirsi un grande spot, uno spotone, elettorale. Sul fatto che ci sia un ritorno elettorale dubitiamo viste le collocazioni politiche di Rossi e dei suoi seguaci. Quel che temiamo, invece, è che Fugatti si sia messo una corda al collo o qualcuno gliela abbiano messa. Basterà un piccolo incidente, qualche disordine, magari un intervento della Corte dei Conti e per Fugatti il concerto potrebbe diventare un trappolone. Non sappiamo se il concerto lo abbia fortemente voluto Fugatti o glielo abbiano cucinato i suoi consiglieri. In ogni caso, visti i pro e i contro, forse proprio non ne vale la pena. Però ci sono davanti diversi mesi e Fugatti è sempre in tempo a ripensarci.


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Attualità

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All’inizio di Agosto, è arrivata la richiesta, tramite la Protezione Civile Nazionale, a tutte le Regioni del Nord Italia. La macchina dell’emergenza si è messa prontamente in moto ed il primo agosto una prima spedizione composta tra l’altro da Luigi Maturi di Pinzolo, Vicepresidente della Federazione provinciale dei Vigili del Fuoco Volontari, ha raggiunto la Sicilia per prendere i primi contatti con le autorità locali. Lo stesso giorno è partita la colonna di soccorso dal Trentino composta da una trentina di Vigili del Fuoco che provenivano dai Distretti delle Giudicarie e dall’Alto Garda, con a disposizione diversi mezzi antincendio. In Sicilia nelle tre settimane di Agosto hanno operato, alternandosi a turni, una ottantina di persone inviate dal Trentino, tra Vigili del fuoco permanenti e Vigili del fuoco volontari dei Distretti “Giudicarie” e “Alto Garda e Ledro” oltre ai dipendenti del Dipartimento Protezione civile, foreste e fauna, del Servizio prevenzione rischi e Cue, del Servizio antincendi e protezione civile e del Servizio foreste della Provincia. Le zone dove ha operato il personale trentino sono principalmente i territori della Provincia di Palermo e di Messina. Tra i membri della spedizione, Andrea Bagattini, Ispettore del Distretto delle Giudicarie dei Vigili del Fuoco Volontari che ha coordinato i pompieri trentini nel secondo turno. Il nostro intervento, spiega Bagattini, consisteva in un’attività di pattugliamento presidio e controllo del territorio, dalle otto del mattino a sera avanzata. Ci veniva dato un percorso, a volte anche di oltre 100 chilometri che dovevamo percorrere ed intervenire in caso di incendi. L’organizzazione siciliana nel contrasto degli incendi è molto diversa da quel-

Dall’1 al 18 agosto missione nell’isola per l’emergenza incendi

Pompieri giudicariesi in Sicilia di Enzo Ballardini E’ stata un estate con un meteo alternante in Trentino, con freddo nella prima parte, pioggia a luglio e poi caldo ad Agosto, tutto sommato nella norma. Ma non è stato così nel resto d’Italia, nelle regioni meridionali l’estate 2021 sarà ricordata come l’estate di “Lucifero” l’anticiclone africano che ha interessato il sud per molte settimane con temperature che si sono

la che noi conosciamo in Trentino ed è suddivisa in tre settori ben distinti. I Vigili del Fuoco permanenti si occupano degli incendi che interessano i centri abitati e quindi entrano in attività solo in questi casi. Al di fuori dei centri abitati nelle zone boschive o coltivate la competenza è del personale forestale, si pensi che per la stagione estiva vengono assunti oltre 22.000 addetti per due mesi di attività. Nelle aree incolte la competenza è della protezione civile che opera attraverso dei volontari che intervengono qualora gli incendi comincino ad estendersi. Una suddivisione del territorio e delle competenze

che non consente un coordinamento efficacie degli interventi. Nei nostri pattugliamenti, prosegue Bagattini, siamo intervenuti giornalmente a spegnere numerosi incendi diffusi, alcune volte siamo intervenuti anche su incendi che si stavano estendendo alle abitazioni. Si tenga conto che la situazione climatica, con oltre 40 gradi e con un vento sostenuto, era ideale per lo svilupparsi degli incendi su tutto il territorio e rendeva il lavoro dei pompieri molto pesante. I Vigili del Fuoco trentini operavano in collaborazione e affiancamento ai volontari della protezione civile siciliana, personale

avvicinate ai 50 gradi. E con il caldo ed il vento si sono scatenati devastanti incendi che hanno interessato estesi territori e sono arrivati fino ai centri abitati. Particolarmente colpita la Sicilia con incendi diffusi lungo tutta l’isola e che hanno richiesto l’intervento delle altre Regioni a sostegno del personale forestale.

che non ancora ben organizzato come i nostri pompieri e con una formazione non sempre adeguata. Ottima anche la collaborazione con i colleghi volontari dell’Alto Adige che partecipavano alle operazioni di controllo. Incendi diffusi ovunque e causati da una stagione secca, da alte temperature con forte vento, da un territorio abbandonato, ma soprattutto da chi appicca dolosamente il fuoco proprio per creare il presupposto e giustificare le miglia di assunzioni di operai forestali stagionali. Secondo i dati presentati da Legambiente, nel 2020 il 55% degli incendi colposi e dolosi si è concentrato

in quattro Regioni: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia”. Gli incendi sono stati 4.233 e hanno toccato oltre 60 mila ettari. Le persone denunciate sono state 552, quelle arrestate 18 ed i sequestri ammontano a 79”. I dati del 2021 sono ancora superiori a quelli dello scorso anno. Per l’Ispettore giudicariese comunque è stata una missione positiva che ha permesso ai vigili trentini e giudicariesi, che ringrazia per la preziosa attività, di portare aiuto in una situazione di emergenza e nel contempo ha consentito a loro di fare un esperienza diretta con estesi incendi che sarà utile come bagaglio di esperienza per i fu-

turi interventi. Purtroppo va constatato amaramente che queste calamità non cesseranno fino a quando non verrà spezzato il circolo vizioso tra incendi dolosi e industria dello spegnimento, del rimboschimento e dell’intervento emergenziale, in una Regione che potrebbe contare su un patrimonio storico, culturale e ambientale eccezionale, presupposto per uno sviluppo turistico di rilievo a livello mondiale. Per ringraziare della collaborazione, alla fine di Agosto, è salito in Trentino il Governatore della Sicilia, Nello Musumeci per un incontro con il Presidente Fugatti. “Sono venuto qui per ringraziare operatori e volontari che hanno testimoniato non solo la solidarietà concreta ma anche una professionalità impareggiabile. Sono qui per confrontarmi sulla cultura della prevenzione e della gestione delle emergenze. Il nostro sistema di protezione civile è antiquato e obsoleto per una mancanza di coordinamento. Cerchiamo di apprendere in Trentino un sistema che funziona bene”. Musumeci ha poi annunciato la creazione di una scuola di formazione alla quale verranno chiamati come docenti anche vigili trentini per apprendere dalle esperienze più virtuose.


Turismo

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di Roberto Failoni*

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Scuola

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Si tratta di situazioni che portano con sé una buona dose di stress aggiuntivo. E infatti, come spiega la psicologa giudicariese Manuela Filosi, negli ultimi tempi la domanda di consulenza psicologica è aumentata parecchio, sia negli studi sia presso gli istituti scolastici (dagli studi realizzati dal “Sole 24 Ore” e dal Centro di Ricerca “Humanitas” emerge infatti come il sistema sanitario nazionale abbia avuto un aumento di richieste di sostegno psicologico del 30% per circa un milione di pazienti in più, tra coloro che hanno avuto il virus e tante persone oppresse dal clima teso che la pandemia ha portato con sé). A rischio sono soprattutto donne e studenti. “Ciò conferma quello che avevo notato anch’io: c’è maggiore bisogno di sostegno tra coloro che vanno dalle superiori fino all’università, dai quindici ai ventisei anni” – ribadisce Filosi – “Sono loro che hanno subito i maggiori cambiamenti di vita in questo tempo di pandemia, come tanta didattica a distanza, soprattutto in città. Gli universitari poi hanno frequentato quasi solamente a distanza. A questi va aggiunta la parte degli anziani che per paura di contagiarsi hanno limitato la propria abitudine di frequentare luoghi legati alla socialità”. Se da una parte in fondo ci siamo abituati ad

Stressdarientroautunnale, attenzioneareazionideglistudenti di Mariachiara Rizzonelli In estate in montagna come al mare con grande soddisfazione mente e corpo riescono finalmente a staccare. Ci si dimentica delle fatiche, delle malattie, dei sacrifici passati. Finché con i rientri al lavoro e a scuola, si torna a confrontarci nuovamente con la realtà di vita che aspetta ognuno di noi. Rispetto al solito stress da rientro dalle vacanze estive che c’è sempre stato ultimamente però si è aggiunta, legata al clima di pandemia in cui viviamo, anche una nuova sensazione di incertezza. Pensiamo ad alcune affrontare una situazione che è più instabile rispetto alla quotidianità che avevamo conosciuto per tanto tempo, riuscendo ad essere un po’ più elastici e pronti all’idea di dover cambiare qualche nostro comportamento, dall’altra è innegabile che alla lunga questa situazione un po’ preoccupa. Cosa fare perciò per riuscire a superare la tensione che questa nuova situazione crea? “In linea di massima per combattere questo tipo di stress è bene cercare di ritagliare giornalmente alcuni

Il Giornale delle Giudicarie mensile di informazione e approfondimento

Anno 19 n°9 settembre 2021 Editore: Associazione “Il Giornale delle Giudicarie” via Circonvallazione, 74 - 38079 Tione di Trento Presidente: Oreste Bottaro Direttore responsabile: Paolo Magagnotti Coordinatore di Redazione: Denise Rocca Comitato di redazione: Elio Collizzolli, Denise Rocca Hanno collaborato: Gianni Ambrosini, Achille Amistadi, Adelino Amistadi, Virginio Amistadi, Mario Antolini Musòn, Enzo Ballardini, Giuliano Beltrami, Dario Beltramolli, Giacomo Bonazza, Alberto Carli, Massimo Ceccherini Podio, Francesca Cristoforetti, Chiara Garroni, Enrico Gasperi, Marco Maestri, Mariachiara Rizzonelli, Tiziano Salvaterra, Alessandro Togni, Ettore Zampiccoli, gli studenti dell’Istituto Guetti Per la pubblicità 3356628973 - 338 9357093 o scrivere a sponsorgdg@yahoo.it Il giornale è aperto a tutti. Per collaborare si può contattare la redazione (3286821545) o scrivere a: redazionegdg@yahoo.it Direzione, redazione via Circonvallazione, 74 - 38079 - Tione di Trento Stampato il 1 settembre 2021 da Athesia - Bolzano Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 1129

spazi per sé, facendo magari dell’attività all’aria aperta, che fa bene alla salute, e trovarsi degli hobby di riserva da poter praticare, soprattutto nel caso si dovesse di nuovo rimanere un po’ di più chiusi in casa. Magari hobby che si erano messi da parte, come la lettura, l’hobbistica o la musica”, risponde Filosi. Nella nostra società siamo portati inoltre a pensare a medio-lungo termine; questo non aiuta molto. Pensiamo al rientro alla scuola, a cosa succederà in autunno e poi in inverno, mentre dovremmo imparare a focalizzarci sulle cose positive della giornata. “Se comunque c’è ancora tempo per riprendere la scuola e posso ancora vedere i miei amici, fare una passeggiata e fare le cose che mi fanno stare bene, intanto dovrei cercare di concentrarmi su queste, anche se una parte della mia mente lo sa che poi ci sarà il resto: ho potuto incontrare la tal persona, mi sono preso una pausa, ho sentito quella musica che mi piace e così via”, consiglia la psicologa. Anche i bambini in età da scuola dell’infanzia potrebbero arrivare alla ripresa del nuovo anno didattico non troppo riposati (si spera che i genitori un po’ con l’aiuto dei nonni, un po’ in altri modi siano riusciti ad abbreviare il loro anno scolastico o che le insegnanti abbiano potuto fare delle attività un po’ diverse nel periodo estivo e tenerli all’aperto). Sarebbe anche bello che le insegnanti, in mancanza di professionisti che possono entrare a scuola per fare attività opzionali, riuscissero a creare qualcosa di sostitutivo che li aiutasse a spezzare il normale ritmo di lavoro. In realtà alcune regole alle quali potremmo fare fatica ad adeguarci potrebbero inoltre portarci ad inventarci nuovi modi di essere precedentemente trascurati (come è stato per la riscoperta negli sport invernali dello sci alpinismo o del ciaspolare).

categorie professionali che saranno messe di fronte alla possibilità di non poter lavorare, come nel nostro territorio, qualora nella stagione invernale non dovessero riaprire gli impianti sciistici (quelle degli impiantisti e degli albergatori, e anche e soprattutto dei camerieri, cuochi e coloro che lavorano nell’indotto del turismo). Pensiamo ancora a chi ha fatto la vaccinazione da più di nove mesi, e si tratta soprattutto di anziani, e sembra debba sottoporsi anche ad una terza dose. Su YouTube chi vuole può trovare infine una serie di meditazioni guidate sulla mindfulness (quella consa-

pevolezza di sé che presta attenzione alla realtà nel momento presente), o i suoni delle campane tibetane da

ascoltare, se si svuole cercare qualcosa di più specifico per rilassarsi. “Comunque per natura siamo estremamente adattabili” - conclude Manuela Filosi ¬- “per cui mano a mano che le cose verranno diciamoci che come le abbiamo sempre affrontate le affronteremo ancora e che quando avverranno cambiamenti vedremo come confrontarci con essi nella maniera migliore”.

Ci ha lasciati Paolo Cavagnoli Paolo Cavagnoli non c’è più. Ci ha lasciato in un caldo pomeriggio di agosto, all’età di 83 anni. Con lui se ne va un pezzetto di storia trentina. Era un operatore sociale, stimato ed apprezzato, che in quarant’anni di lavoro aveva aiutato tanta gente, gente povera che aveva bisogno di aiuti e consigli. Nella valle del Vanoi, dove aveva trovato la moglie Cornelia, lo avevano premiato con una cittadinanza onoraria, proprio per il grande lavoro che aveva svolto dopo la tremenda alluvione del 1966. Ma era anche appassionato giornalista e per dieci anni aveva diretto l’emittente radiotelevisiva RTTR. Poi scriveva su diversi giornali e anche sul Giornale delle Giudicarie. Era appassionato di politica. Per dieci anni era stato consigliere comunale a Trento. Poi anche assessore all’urbanistica al comprensorio. Aveva la passione per il partito, la Democrazia Cristiana della quale giovanissimo era stato anche segretario organizzativo. Un impegno politico forte, disinteressato, sul quale ogni tanto scherzava…moriremo democristiani diceva sorridendo. La sua professione l’ha svolta in Provincia con diversi incarichi, tra i quali quello di dirigente generale dell’assessorato alla sanità e poi direttore dell’Itea. Ma Cavagnoli sarà ricordato soprattutto per esser stato ideatore e fondatore dell’APPM, l’Associazione provinciale dei minori, una istituzione che quarant’anni fa- come oggi – si prende cura dei bambini e ragazzi che non hanno la fortuna di avere alle spalle famiglie tranquille e strutturate. L’Associazione con le sue case di protezione sparse in tutto il Trentino in questi anni ha salvato decine e decine di ragazze e ragazzi. Anche per questo tempo fa la Provincia lo aveva insignito con l’Aquila di San Venceslao. Alla moglie Cornelia ed alla figlia Cecilia le condoglianze della nostra redazione. Ettore Zampiccoli

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Rubrica salute

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Nel 1665 l’invenzione del microscopio ne rivela l’esistenza

La cellula, struttura fondamentale della vita di Gianni Ambrosini - oncologo

Noi siamo fatti di cellule; se siamo sani o malati, giovani o vecchi. La crescita , la riparazione, la degenerazione sono sempre affidate alle cellule. Se siamo malati la causa può essere fatta risalire al cattivo funzionamento delle cellule. La loro storia incomincia nel 1665 con l’invenzione del microscopio. Prima non si sapeva della loro esistenza, perché troppo piccole per essere viste ad occhio nudo. R. Hooke esaminando un pezzetto di sughero con uno dei suoi strumenti vide che era formato da tante piccole cavità e le chiamò “cella”, che in latino significa “piccola stanza”. Banale, ma è così che è iniziata la storia della vita. Ma bisogna aspettare ancora del tempo perché gli scienziati si accorgano che “tutti gli organismi sono composti da parti simili, cioè le cellule”. E solo nel 1858 R. Wirchow comprese che tutti i viventi sono un insieme di unità vitali formati da cellule. Il passo successivo fu comprendere come nascono. Detto ora sembra semplice, ma “ogni cellula nasce da un’altra cellula”. La divisione cellulare è alla base della crescita e dello sviluppo di tutti gli organismi viventi. Quando lo spermatozoo paterno e l’ovulo materno si fondono formano una cellula. Il miracolo incomincia subito dopo, quando si dividono:

Il tempo delle ultime settimane è stato umido e piovoso, con poco sole. Ma le Pinguicule erano belle, lucide e fiorite. Sono diffuse nei posti umidi delle nostre montagne, con un lungo stelo che porta un fiore come una violetta e alla base del gambo ci sono le foglie, verdi, carnose, da pianta carnivora. Attira gli insetti per nutrirsi con la bellezza del fiore e non appena li ha incarcerati incomincia a digerirli. Sulla superficie delle foglie da una due cellule, da due quattro, da quattro otto, da otto sedici e così di continuo fino che ogni cellula assume una conformazione diversa e si specializza in una identità distinta. Ma ogni cellula lavora per proprio conto nel rispetto del suo mandato strutturale: le cellule del cuore fanno solo le cellule del cuore, quelle dei muscoli solo i muscoli e così via, complesse e precise. Ma tutte sono singole, isolate da membrane e contengono nuclei, organuli e composti chimici che permettono di eseguire funzioni sofisticate secondo istruzioni contenute in composti che si chiamano “geni”. Si dice che i figli rassomigliano ai genitori. È un’affermazione che ci permette di comprendere le somiglianze ma è sconcertante quando apprendiamo che la spiegazione l’ha trovata un monaco, Gregor Mendel, facendo esperimenti con le piante di pisello. Ci mise anni a capire come si incrociavano fra di loro e alla fine ipotizzò che il polline maschile influenzava i fiori femminili con “elementi” che erano legati ai caratteri delle pian-

te originarie. Ma non aveva gli strumenti per definire gli “elementi” e il suo lavoro di anni fu dimenticato. Poi arrivò Darwin, che fece osservazioni simili ma non offrì spiegazioni sui geni. È solo agli inizi del secolo scorso che si capì che gli elementi di Mendel si presentavano in coppia con dei caratteri fisici ben definiti e si arrivò alla definizione dei geni. E questi elementi definiti non erano solo proprietà dei piselli ma erano presenti in tutti gli esseri viventi. E sono in coppia perché vengono ereditati da ciascuno dei genitori. Ma la scienza prosegue con sequenze infinite e Walter Fleming, a metà Ottocento, notò dentro le cellule dei “filamenti” che subito prima della divi-

resta solo lo scheletro della preda che seccandosi vola via col vento. Tutto semplice a dirlo, ma quanto tempo c’è voluto per un’organizzazione biologica così raffinata ed efficiente ? L’evoluzione è funzione del tempo e tutto dipende dalla selezione naturale. Al centro di tutto c’è la cellula. Milioni, miliardi di cellule che formano i sistemi che sviluppano le funzioni, che si strutturano in organi, che sono alla base della vita.

sione cellulare si gonfiano, si appaiano, si duplicano e si separano: metà in ogni cellula figlia. Aveva scoperto i cromosomi. Confermava le ipotesi di Mendel: i cromosomi contengono i geni. Ogni specie ha un numero definito di cromosomi: noi umani ne abbiamo 46, i piselli 14, per ogni cellula. I geni forniscono ad ogni cellula le informazioni per funzionare per tutta la vita. Ma come funzionano? Bisogna arrivare fino agli anni ‘50 del secolo scorso per capire come erano fatti i geni. Componente fondamentale della trasformazione genica era una molecola strutturalmente molto semplice, l’acido dessoribonucleico, il famoso DNA. I cromosomi contengono il DNA in una

sequenza ininterrotta, che sommata per i quarantasei cromosomi arriva ad essere di circa due metri. Il tutto raggomitolato in una specie di pacchetto, che è contenuto in una struttura, la cellula, di pochi millesimi di millimetro. Se legassimo tutte le molecole di DNA di tutte le cellule del nostro corpo in una sequenza ininterrotta arriveremmo a circa venti miliardi di chilometri. Potremmo arrivare fino al sole per sessantacinque volte! Strabiliante, ma è cosi. Si capì successivamente che il DNA è come il corrimano di una scala a chiocciola, una doppia elica. E che i pioli della scala sono delle coppie di molecole chimiche: l’adenina e la timina, la guanina e la citosina, che di solito indichiamo con le sole iniziali A e T, G e C. Si chiamano nucleotidi e si legano sempre l’adenina con la timina e la guanina con la citosina. Una struttura del genere rispondeva perfettamente alle esigenze della vita: l’ereditarietà e la continuazione della specie. Infatti, per prima cosa il DNA deve garantire e custodire le informazioni perché gli organismi viventi possano crescere e riprodursi. Secondo, deve duplicarsi in maniera precisa, senza errori, per garantire che le

cellule figlie abbiano tutte le istruzioni per ben funzionare. Ne consegue che quando la doppia elica si divide in due filamenti in previsione della duplicazione cellulare, ognuno dei due filamenti funge da stampo per una copia perfetta di quello originario. Watson e Crick, che compresero la struttura del DNA, furono insigniti del premio Nobel. L’ultimo passaggio era capire come il codice genetico veniva decodificato. Si scoprì che i mattoni codificati dai nucleotidi A,T,G,C erano gli aminoacidi che costituivano le proteine. Sydney Brenner dimostrò che le quattro lettere venivano lette a tre a tre, come delle parole. Esempio la sequenza GCT comunica alla cellula che deve costruire l’aminoacido Alanina e TGT la cisteina. La costruzione di tutti i composti indispensabili per la vita avviene in questo modo. E alla fine del secolo scorso abbiamo l’aspirazione più raffinata: identificare tutti i geni del nostro DNA, ben tre miliardi di lettere genetiche. Operazione che si chiama sequenziamento. Allora furono necessari dieci anni e due miliardi di sterline. I mezzi che abbiamo oggi a disposizione impiegano un paio di giorni e poche centinaia di sterline.

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Azienda sanitaria

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Accessi alle strutture sanitarie: le nuove regole Nel dettaglio, ogni paziente ricoverato può indicare due visitatori (familiari, caregiver, accompagnatori) che accedono al reparto singolarmente, alternandosi secondo le disponibilità. Per evitare assembramenti davanti all’ingresso e scaglionare le presenze all’interno del reparto gli orari e le durate delle visite devono essere preventivamente concordati e programmati con la coordinatrice/coordi-

L

e porte degli ospedali e delle strutture dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari tornano ad aprirsi ai visitatori dei pazienti ricoverati. Ma con regole ben precise. L’accesso è consentito solo a due persone in alternanza tra loro, muniti di Certificazione verde Covid19. Chi accede alle strutture di Apss per effettuare una natore infermieristico (o loro sostituti) per via telefonica o colloquio diretto. Al primo accesso in reparto verrà richiesto ai visitatori di compilare un’autodichiarazione e di esibire la Certificazione verde Covid-19.

Ad ogni accesso al reparto il visitatore deve compilare anche un’autocertificazione da presentare al personale sanitario (se richiesta) dove dichiara: di aver provveduto alla misurazione delle temperatura corporea (inferiore

Non riesci a scaricare il Green pass? Fai una segnalazione ad Apss Con l’obbligo di presentare la Certificazione verde Covid-19 per accedere a diversi servizi e attività sono emerse alcune problematiche che non consentono una corretta emissione della Certificazione da parte del Ministero della salute. Per chi ancora non fosse riuscito a scaricare il Green pass sul sito dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari è disponibile un webform per segnalare le varie problematiche, con una rapida presa in carico da parte dei vari uffici di Apss. In genera si tratta per lo più di criticità legate alla trasmissione dei dati a livello centrale: c’è chi ha fatto il vaccino in Regioni diverse o all’estero, chi ha fatto una sola dose perché ha già contratto il Covid-19 e chi ha un certificato vaccinale di Apss corretto ma non la corrispondente Certificazione verde Covid-19 emessa dal Ministero della salute. Possono effettuare la segnalazione i residenti in Trentino e i non residenti che hanno ricevuto in Trentino almeno una dose vaccinale, hanno effettuato qui un test antigenico o molecolare o hanno ottenuto qui un certificato di guarigione. La segnalazione segue un percorso strutturato con un menù a tendina per scremare eventuali situazioni risolvibili in autonomia dagli utenti e categorizzare al meglio la segnalazione in ottica della presa in carico. Nel caso in cui un utente abbia perso (o non abbia ricevuto) il codice per scaricare la Certificazione è possibile recuperarlo dal sito della Certificazione verde Covid-19 inserendo il codice fiscale, le ultime 8 cifre della tessera sanitaria e la data dell’evento che ha generato la Certificazione verde (data dell’ultima vaccinazione o del prelievo del tampone o, per le certificazioni di guarigione, la data del primo tampone molecolare positivo). Se l’utente non è iscritto al Servizio sanitario nazionale può sca-

ricare la Certificazione verde con il solo codice fiscale (oppure l’identificativo che ha fornito al momento della vaccinazione) e la data della somministrazione sempre sul sito della Certificazione verde. La Certificazione verde Covid19 è rilasciata dal Ministero della salute in formato digitale e stampabile e viene generata in maniera automatica sulla base dei dati comunicati quotidianamente a livello centrale da Regioni e Province autonome. Una volta raccolte le informazioni la Piattaforma nazionale del Ministero della salute rilascia la Certificazione (le tempistiche per la trasmissione dei dati e la generazione della Certificazione possono variare in base al tipo di prestazione sanitaria). Ha diritto alla Certificazione verde chi: • ha fatto la prima dose o il vaccino monodose da 15 giorni; • ha completato il ciclo vaccinale; • è risultato negativo a un tampone molecolare o rapido nelle 48 ore precedenti; • è guarito dal Covid-19 nei sei mesi precedenti. La Certificazione verde si può scaricare attraverso diversi canali: • sul sito dedicato alla certificazione verde tramite Tessera sanitaria o identità digitale SPID/CIE: https://www.dgc.gov.it/web/ • tramite le app Immuni o IO; • tramite il portale TreC e l’app TreC_FSE (dopo essersi abilitati). Chi ha difficoltà con gli strumenti digitali può richiedere la Certificazione in farmacia. Per maggiori dettagli sulla Certificazione verde consultare il sito: https://www.dgc.gov.it/web/. Informazioni sulla Certificazione sono disponibili anche nelle FAQ relative alla vaccinazione Covid-19 sul sito di Apss.

visita specialistica o fruire di altre prestazioni sanitarie (esami del sangue, anagrafe sanitaria etc.) non deve invece esibire la Certificazione verde ma deve comunque autocertificare di non avere sintomi riconducibili al Covid e di non aver avuto contatti con persone positive (o sospette positive).

a 37,5 °C); di non presentare sintomi compatibili con il Covid-19 (tosse secca, difficoltà respiratoria, dolori muscolari diffusi, cefalea, faringodinia etc.); di non aver avuto contatti stretti con persone con diagnosi sospetta o confermata di infezione da SARS-Cov-2 nonché sottoposte a misure di quarantena o isolamento. In caso di presenza anche di uno solo di questi criteri il visitatore è invitato a tornare a casa e a contattare il proprio Medico di medicina generale. Il visitatore che accede al reparto dovrà indossare una mascherina chirurgica (escluse mascherine di comunità o “fai da te”) e lavarsi le mani con il gel idroalcolico. L’igiene delle mani dovrà essere effettuata anche prima e dopo il contatto diretto con il paziente nella stanza di degenza e all’uscita dal reparto. La visita è consentita esclusivamente nella stanza di degenza del ricoverato. È pos-

sibile, in alcuni casi, visitare anche pazienti sospetti o positivi al Covid-19: in questo caso serve l’autorizzazione del direttore dell’Unità operativa, devono essere utilizzati appositi dispositivi di protezione e devono essere rispettate le previste norme di sicurezza e le indicazioni fornite dal personale di reparto. Sul sito di Apss sono disponibili i moduli per

l’autodichiarazione e l’autocertificazione dei visitatori delle strutture ospedaliere: https:// bit.ly/3sz7KMu Con queste nuove regole viene riconosciuta dunque l’importanza del supporto dei familiari e delle persone vicine alle persone ricoverate, che con la loro presenza svolgono un ruolo fondamentale nel processo di cura del paziente ospedalizzato.

Centro vaccinale di Tione: si accede anche senza prenotazione Dalla metà di agosto si può accedere al centro vaccinale di Tione (Cinema Teatro di via Roma) anche senza la prenotazione. In linea con quanto indicato dal commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 Figliuolo l’Azienda provinciale per i servizi sanitari si è organizzata per garantire ai centri vaccinali alcune scorte di vaccino anche per chi si presenta senza prenotazione. Il suggerimento è comunque quello di procedere con la prenotazione al Cup online per evitare lunghe attese, facilitare la programmazione delle somministrazioni e il lavoro dei centri vaccinali. Le sedute ad accesso libero sono pensate per chi ancora non ha iniziato il ciclo vaccinale; chi ha già fatto la prima dose dovrà rispettare l’appuntamento della seconda, secondo gli intervalli di

tempo previsti dalla tipologia del vaccino. Chi fa la prima dose senza appuntamento, dovrà poi prenotare in autonomia la seconda somministrazione al CUP online. Ricordiamo che il centro vaccinale allestito al Cinema teatro è operativo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 13 alle 16, con quattro postazioni per l’anamnesi (la raccolta di elementi sullo stato di salute) e tre linee vaccinali per la somministrazione delle dosi. Sul posto lavorano a turno tredici persone: tre medici, cinque assistenti sanitari/infermieri, tre volontari e due amministrativi. Per ridurre la permanenza nei centri vaccinali si consiglia di presentarsi con i moduli per la vaccinazione già compilati (scaricabili dal sito Apss).


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Cultura

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Grandi nomi per la rassegna, spiccano Carlo Cottarelli, Erri De Luca, Luca Barbarossa, Stefania Auci

IL TRENTINO SI VACCINA

Trentin

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Proteggi te, la tua famiglia e i tuoi colleghi di lavoro cup.apss.tn.it Puoi prenotare il tuo appuntamento per vaccinarti sul sito dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari. Basta inserire il codice fiscale e il numero di identificazione della tessera sanitaria. I vaccini sono sicuri, dai fiducia alla scienza, prima lo facciamo prima sconfiggiamo il Coronavirus.

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO


Giudicarie in numeri

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Accesso ad Internet delle famiglie trentine di Virginio Amistadi L’indagine Multiscopo sulle famiglie rileva le informazioni fondamentali relative alla vita quotidiana degli individui e delle famiglie italiane a partire dal 1993. Si tratta di una rilevazione che si propone di “capire come vivono gli individui e quanto sono soddisfatti delle loro condizioni, della situazione economica, della zona in cui vivono, del funzionamento dei servizi di pubblica utilità che dovrebbero contribuire al miglioramento della qualità della vita. Scuola, lavoro, vita familiare e di relazione, tempo libero, partecipazione politica e sociale, salute, stili di vita, accesso ai servizi sono indagati in un’ottica in cui oggettività dei comportamenti e soggettività delle aspettative, delle motivazioni, dei giudizi contribuiscono a definire l’informazione sociale”. L’indagine viene svolta attraverso la sottomissione di questionari ad un campione rappresentativo della popolazione suddiviso per regione e ambito geografico. Questo fa si che i dati siano validi solo all’interno di questi gruppi e non ulteriormente disaggregabili. Ad esempio, sicuramente il questionario trentino sarà stato somministrato in tutte le valli ma i dati raccolti hanno valenza statistica solo come aggregato dell’intera provincia. La multiscopo, i cui dati sono disponibili all’indirizzo http://dati.istat. it/ copre numerosissimi aspetti della vita quotidiana

FAMIGLIE CHE DISPONGONO O NON DISPONGONO DI ACCESSO AD INTERNET DA CASA, TIPO DI CONNESSIONE, MOTIVO PER CUI NON NE DISPONGONO. PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, NORD-EST E ITALIA. ANNO 2020 Provincia Autonoma di Trento Regioni Nord-est Italia Famiglie che dispongono di accesso a Internet da casa 83,5 82,6 79 Tipo di connessione (a) connessione a banda larga 83 81,1 77,8 connessione fissa a banda larga connessione mobile a banda larga tramite rete di telefonia mobile

60 41,9

Famiglie che non dispongono di accesso a Internet da casa 16,5 Motivo per cui non ne dispongono (b) accede a Internet da altro luogo 2,6 internet non è utile,non è interessante 33,4 alto costo degli strumenti necessari per connettersi 2,7 alto costo del collegamento 1,2 nessuno sa usare internet 69 motivi di privacy, sicurezza 0 connessione a banda larga non disponibile nella zona 0,9 altro 8,2 (a) Per 100 famiglie. Possibili più risposte (b) Per 100 famiglie che non possiedono accesso a Internet da casa. Possibili più risposte

57,1 40,8

54,3 38,1

17,4

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8,4 28 4,8 4,9 61,3 1,4 2,2 6,4

7,6 25,4 6,5 8 59,2 2,3 1,7 5,2

PERSONE DI 6 ANNI E PIÙ CHE HANNO USATO INTERNET NEGLI ULTIMI 3 MESI PER ATTIVITÀ SVOLTA*. PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, NORD-EST E ITALIA. ANNO 2020 Provincia Autonoma di Trento Regioni Nord-est Italia cercare informazioni su merci e servizi 66,1 61,5 56,4 cercare informazioni sanitarie 55,9 56,5 53,5 leggere giornali, informazioni, riviste online 60,2 61,4 57,4 spedire o ricevere e-mail 82,5 80,7 75,4 partecipare a social network (es. creare un proflo utente, postare 51 56,8 58,9 messaggi o altro su Facebook, Twitter ecc.) esprimere opinioni su temi sociali o politici attraverso siti web 14,7 18,4 19,5 partecipare a consultazioni online su temi sociali o politici (es. pia10 9,8 9,8 nificazione urbana, firmare una petizione) caricare contenuti di propria creazione sui siti web per condividerli 33 33,1 35,3 fare un corso online 22,5 18,1 17,2 usare servizi bancari 55,2 51,1 44,5 vendere merci o servizi (es. aste online, eBay) 14,7 13,3 11,4 usare servizi di archiviazione su Internet per salvare documenti, im42,7 38,8 36,4 magini, video o altri file *Per 100 famiglie. Possibili più risposte degli italiani. In questo numero ci siamo soffermati sulla disponibi-

lità di Internet nelle famiglie trentine e sull’utilizzo prevalente nei tre mesi

precedenti all’intervista. Il dato trentino è comparato oltre che con l’Italia con la

regione Nord-Est composta da Trentino-Alto Adige, Provincia Autonoma Tren-

to, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna.


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Messaggio promozionale

Fondazione Guetti Il Consorzio Elettrico di Stor


Arte Ragioni di campanile esulano dalla nostra opera valorizzatrice, che non può consentire, però, per il silenzio di altri , che restino ignorate figure legate alla nostra terra da lontane o vicine radici”: così Riccardo Maroni (1896-1993), l’ingegnere editore rivano promotore della meravigliosa Collana Artisti Trentini (63 preziosissimi profili monografici pubblicati dal 1951 al 1980), ad introduzione della “piccola ma sostanziosa” monografia (1965) dedicata proprio alla pittrice tardo-rinascimentale dai natali ancora incerti, collocati tra il 1574 e il 1578 (a Trento? a Milano?) e morta presumibilmente a Milano dopo il 21 giugno 1630. Ci sono voluti quasi sessant’anni da quel pionieristico omaggio, frutto della sensibilità e della passione di un grande divulgatore, come pochi ce ne sono stati dalle nostre parti, per arrivare finalmente al doveroso tributo “Fede Galizia. Mirabile pittoressa” presso il Castello del Buonconsiglio di Trento dal 3 luglio al 25 ottobre 2021, la prima mostra monografica mai realizzata in Italia in onore della semisconosciuta artista di origini trentine; a sua volta coprotagonista, per singolare coincidenza, di un’ altra mostra in corso in questi mesi a Palazzo Reale a Milano, fino al 22 agosto, dal titolo “Le Signore dell’Arte. Storie di donne tra ‘500 e ‘600”, dove sono state raggruppate ben 34 artiste di quei due secoli, tra cui le più note Artemisia Gentileschi, Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana, e raccontata, attraverso 130 opere, la loro eroica sfida contro i pregiudizi e le discriminazioni di genere che fin d’allora hanno accompagnato il mestiere di artista declinato in senso femminile. Fede Galizia è una di queste straordinarie “signore dell’arte” (così pure definimmo qualche rubrica fa la giudicariese Lea Botteri!) che tutti i trentini e le trentine dovrebbero conoscere, se non altro per essere stata una formidabile precorritrice di quel genere pittorico, la natura morta o natura silente (still life) come rendono meglio gli inglesi, che proprio tra Manierismo e Barocco trova la sua autonomia e la sua consacrazione. E se il prototipo dei prototipi del suddetto genere è considerato universalmente la Canestra di frutta che Caravaggio dipinge a Roma per il cardinal Federico Borromeo negli ultimissimi anni del ‘500, pezzo forte della collezione milanese dell’illuminato ecclesiastico, di non meno valore sono gli esiti artistici e la capacità di esprimere la “vita silente”, tutt’altro che inanimata, nascosta nell’umile frutta presa a soggetto, della “pittoressa” trentin-

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Una grande Fede nella pittura di Giacomo Bonazza

“Non è certo che Fede Galizia sia nata a Trento. Comunque noi la consideriamo trentina, perché figlia del trentino Nunzio Galizia: perché altri artisti, anche se non nati nel Trentino, sono entrati in questa

Collana per giustificati motivi; perché altri artisti, nati fuori della nostra Provincia, entreranno in questa Collana, se figli di trentini e come tali riverberanti sulla nostra terra la luce della loro fama. dove il papà Nunzio si afferma come abile miniatore e raffinato costumista, Fede Galizia non è solo “naturamortista”: la mostra di Trento articolata in nove sezioni, per circa 80 opere, distribuite in altrettante originali capsule-padiglioni che occupano tutto un piano del Castello, ne do-

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1. Fede Galizia - Alzata d’argento con ciliegie e una farfalla. 1610 2. Fede Galizia. Noli me tangere 3. Fede Galizia - Giuditta 4. Fede Galizia. Ritratto di Paolo Morigia

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4

milanese, contemporanea del Merisi: stesso realismo mai disgiunto da un afflato profondamente umanizzante fino ad approdare all’ “oggetto-stato d’animo”, dentro un’impaginazione luministica di grande rigore ed esattezza cromatica. Ed ecco l’“Alzata (portafrutta) con prugne, pere

e una rosa”, la “Fruttiera con pesche e prugne”, l’ “Alzata con fichi e melone”, l’ “Alzata con frutti e melacotogna sul piano”, le diverse alzate con ciliege che inevitabilmente richiamano le ciliegie iperrealistiche di Luciano Ventrone, il Caravaggio del XX secolo, ammirate recentemente

al Mart, poco prima della tragica scomparsa del pittore romano, degno erede di quei lontani maestri. Ma nella Milano spagnola e controriformistica dei Borromeo, dei Caravaggio, di Giuseppe Arcimboldo che la introduce alla corte viennese dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo e

cumenta una versatilità ed una duttilità artistiche davvero sorprendenti, a partire dai magnifici ritratti dalla grande forza introspettiva, alle pale d’altare, per finire alla serie delle “Giuditte” con quella proveniente dalla Florida (“Giuditta con la testa di Oloferne” - Museo di Sarasota) ad emergere

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per la sontuosità dell’abbigliamento e la resa dei gioielli che addobbano l’eroina biblica, relegando in secondo piano i contenuti drammatici della scena che viene raffigurata. È curioso come la “Giuditta americana”di Fede Galizia, firmata 1596, faccia da apripista ad altre più famose opere dello stesso soggetto, approcciato con ben altra crudezza e violenza, com’è nel caso della Giuditta di Caravaggio (1602 - Palazzo Barberini/Roma) o quella ancora successiva di Artemisia Gentileschi (1617 - Museo di Capodimonte/Napoli). Per quanto riguarda la ritrattistica brillano, nell’esposizione trentina, il ritratto di “Paolo Morigia allo scrittoio” della Pinacoteca Ambrosiana, dove lo storico e religioso milanese viene colto dalla talentuosa pittrice con grande realismo e caratterizzazione fisiognomica che rimandano alle lezione di Giovanni Battista Moroni e, un po’ più addietro, a quelle di Leonardo da Vinci e di Lorenzo Lotto. In questa tela spicca il dettaglio tutto fiammingo, frutto di una perizia tecnica davvero ragguardevole, del riflesso delle finestre sulle lenti degli occhiali dell’effigiato. Stessa attenzione al dettaglio, minuzioso e prezioso, la si ritrova nelle acconciature e nelle vesti della Maddalena del “Noli me tangere” proveniente dalla Pinacoteca di Brera, già pala d’altare di una chiesa soppressa di Milano, opera di una bellezza soffusa e morbida che echeggia i modi correggeschi che Fede amava tanto. Intorno a questi capolavori un compendio di opere delle artiste più significative dell’epoca della Controriforma, dell’Arcimboldo, di Jan Brueghel, di Daniele Crespi, con sullo sfondo la Trento del Concilio e la Milano della peste del 1630, molto probabilmente causa principale della fine del sogno artistico e della vita della nostra “mirabile pittoressa”! In questo Trentino dove ormai la parola evento ricomprende tutto, fino alla più piccola manifestazione di piazza, dando vita ad una vera e propria confusione semantica, la mostra dedicata a Fede Galizia si impone, invece, come un appuntamento di straordinario ed imperdibile valore culturale.


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Attualità

SETTEMBRE 2021

Il lavoro fotografico diAttilio Zontini, “El Nani” di Gianpaolo Capelli Attilio Zontini, classe 1953, nasce a Storo e la sua vita lavorativa l’ha trascorsa in fabbrica nella borgata natia.La sua passione per la fotografia nasce ancora alle elementari, da scolaro, quando con una macchina fotografica in plastica da poche lire, rice-

vuta in dono a Santa Lucia, si divertiva a fotografare i compagni di classe. Negli anni le sue macchine fotografiche saranno sostituite da modelli sempre più evoluti che gli permettono scatti sempre più belli ed esclusivi.

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Attualità

SETTEMBRE 2021 - pag.

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Gianfranco Pederzolli è il nuovo presidente di Federbim La proposta: “Istituire società miste pubblico-privato per non perdere le concessioni” Supporto, ma anche un’idea concreta che Pederzolli porta avanti e potrebbe essere una via d’uscita anche dalla vicenda, tutta Trentina, della legge provinciale contestata da Roma sulle piccole concessioni, quelle di impianti che vanno dai 220 ai 3.000 KW di potenzia nominale media/annua. «In Trentino è successo che sulle piccole concessioni - premette Pederzolli -la Provincia abbia legiferato decidendo di non avere una posizione attendista rispetto al conflitto fra la legge nazionale, che prevede per le piccole centraline un meccanismo di prosecuzione della concessione alla scadenza, e la normativa Europea che invece assoggetta tutto alle regole della libera concorrenza immaginando gare per tutto. La

di Denise Rocca Gianfranco Pederzolli, vicepresidente del Bim del Sarca, è stato eletto a Roma presidente di Federbim, la Federazione Nazionale dei Consorzi di Bacino Imbrifero Montano. Per Pederzolli è arrivato l’82% dei voti nell’organismo che raggruppa 68 Bim operanti su 2.200 Comuni di montagna. Dopo cinque anni da vicepresidente, Pederzolli è il secondo presidente trentino, dopo Fabio Giacomelli, ad assumere la guida dell’ente nazionale e lo fa in un momento storico cruciale per i Bim: la partita del rinnovo delle concessioni idroelettriche è ad uno snodo

Causa l’attuale pandemia la “sagra” del 15 agosto 2021, della Madonna Assunta di Condino, si è svestita di tutti i momenti festaioli che l’accompagnava negli anni, la Santa Messa solenne celebrata nella antica e bella Pieve dal parroco don Vincenzo Lupoli, che guida le unità pastorali “Sacra Famiglia” di Condino e quella della “Madonna delle Grazie” di Pieve di Bono è stato l’ultimo incontro con la sua gente per quello che riguarda l’antica e sentita festa patronale. Rimarcando la sua importanza religiosa, va esaltata per il sentimento di affetto e dedizione che la popolazione di Condino ha avuto e ha verso la Vergine Santissima, a cui è dedicata l’antica splendida Pieve di Condino. Nella sua omelia del 15 agosto, don Vincenzo l’ha definita una festa pasquale estiva. Don Vincenzo è in Valle del Chiese da otto anni. L’arcivescovo di Trento Monsignor Lauro Tisi, ha disposto un avvicendamento pastorale per quello che riguarda le due unità pastorali guidate da don Vincenzo. Raccontare di don Vincenzo è presto fatto. Nasce a Rovereto il 22 luglio 1984, e con i genitori Maria e Enrico cresce ad Avio assieme alla sorella e al fratello. Saranno proprio papà e mamma e don Marcello Mengarda, parroco ad Avio dal 1993 al 2005, a seguire il cammino spirituale e scolastico del loro Vincenzo. Viene ordinato sacerdote nel Duomo di Trento, il 20 giugno 2009 ed il suo primo incarico, come vice parroco è a Levico in Valsugana. Fa il suo ingresso a Condino il 6 ottobre 2013, in concomitanza con

fondamentale, ed è proprio su questa che Pederzolli lancia già una proposta strategica perché l’acqua rimanga nella gestione dei territori e una parte dei proventi dell’energia continui ad indennizzare le popolazioni montane. «Quella delle concessioni è la questione principale in questo momento - spiega Pederzolli - io credo che Federbim possa e debba fare fronte comune coinvolgendo i Bim di ogni territorio sia nel dialogo con il governo centrale sia nel supporto ai singoli Bim che in ogni regione stanno affrontando la questione delle concessioni».

norma trentina ha però ricevuto le osservazioni del ministero, che è chiamata a recepire, proprio su questo punto che di fatto richiedono un bando anche per le piccole concessioni. Cosa che mette in difficoltà i Comuni che posseggono piccole centraline, per l’impatto sui loro bilanci della perdita di quegli introiti. Quello che propongo è che anche in questo caso, come per le grandi concessioni dove la normativa lo prevede già, si istituiscano delle società miste pub-

blico-privato con i Bim, per poter accedere alla gara. Questo ci darebbe almeno una possibilità di mantenere il controllo dell’acqua. È una materia nuova una gara per le centrali, non si è mai fatta prima, c’è quindi uno spazio per ragionare su questi temi e Federbim ha lo spazio per avere un ruolo di unificazione e unione degli interessi delle popolazioni montane». Il controllo dell’acqua per il 60% in Trentino è di Dolomiti Energia, ma ill restante 40% è già

in mani straniere, australiane per essere precisi. «Quello che non vorremmo - aggiunge Gianfranco Pederzolli - è che dopo il rinnovo delle concessioni nel 2024 diventassero al cento per cento straniere, un rischio che esiste visto quanto valgono. Si tratta di non far prevalere la sola logica di mercato rispetto all’interesse generale e al benessere delle popolazioni montane le cui risorse vengono utilizzate per produrre energia».

Don Vincenzo Lupoli lascia la Valle del Chiese quello a Storo del confratello don Andrea Fava. Gli anni trascorsi a Condino, sono piene di impegni per quello che riguarda il suo apostolato. Nei primi anni gli sono affidati i paesi di Condino, Brione, Cimego e Castel Condino. Nel 2018 va in pensione il parroco di Pieve di Bono, Padre Artemio Uberti, e l’Arcivescovo affida a don Vincenzo i paesi di Pieve di Bono, Prezzo, Bersone, Daone, Praso, Agrone e Por. L’impegno di don Vincenzo è totale e la sua presenza sarà costante e assidua in tutti i paesi in occasione di feste e ricorrenze importanti nelle varie località a lui affidate. Grande il suo impegno sui social, specialmente con la chiusura totale delle sue chiese, causa pandemia. Ogni sera diffondeva il suo messaggio di speranza e preghiera, nell’attesa di un futuro migliore, con un ricordo particolare per i suoi fedeli deceduti per la sconosciuta malattia. Un valido aiuto don Vincenzo l’ha ricevuto dai suoi collaboratori pastorali: dal diacono Giuseppe Mazzocchi di Condino, da don Michele Canestrini, da don Giuseppe Caldera

e anche da don Bruno Armanini per alcuni mesi. Ma accanto a questo suo impegno pastorale, don Vincenzo per i quasi otto anni che è rimasto in valle del Chiese ha seguito i lavori della ristrutturazione dei beni materiali a lui affidati. Tanti e importanti in tutti i paesi. Ecco brevemente le principali opere che ha seguito: i lavori della ristrutturazione della canonica di Condino, gli splendidi restauri della chiesetta di San Lorenzo al colle sempre di Condino e ora sono iniziati anche i restauri della Chiesa di San Rocco, nella omonima piazza di Condino. A Brione ha concluso i lavori del campanile e fatto restaurare il tetto e gli esterni della chiesa parrocchiale. A Prezzo ha portato a termine i lavori della chiesa parrocchiale di San Giacomo e fatto restaurare la cappella della Madonna delle Grazie. A Castello ha fatto rifare i tetti della canonica, della chiesa parrocchiale, del campanile e fatto restaurare la Cappella dei Morti. A Cimego ha portato a conclusione i lavori di restauro dell’Organo e facendo ritinteggiare

la chiesa parrocchiale internamente. A Creto, a Daone e a Praso ha fatto rifare i tetti e ritinteggiare gli esterni delle chiese parrocchiali. Ma da ultimo, ma forse la più importante, è quella di aver riaperto l’oratorio di Pieve di Bono consegnandolo al Gruppo Campeggio e Gruppo Oratorio. Don Vincenzo ha parole di gratitudine e ringraziamento per tutti quelli che l’hanno aiutato nel suo apostolato, per i vari consigli pastorali ed economici, per tutti i gruppi e persone dedite alle comunità ma anche per il sostegno e la collaborazione delle quattro amministrazioni comunali. Ecco il suo messaggio per tutti quelli che in questi anni hanno seguito il suo apostolato, credenti e non. «L’Arcivescovo Lauro, in vista dei prossimi avvicendamenti del clero diocesano, mi ha chiesto un impegno maggiore nell’ambito della pastorale vocazionale diocesana soprattutto come responsabile del primo discernimento dei giovani che stanno verificando l’entrata in seminario e una presenza ancora più forte presso il nostro seminario del quale dal 2019, sono

educatore. Queste richieste mi portano a dover lasciare le nostre amate parrocchie domenica 19 settembre 2021 consegnando il testimone al nuovo parroco don Luigi Mezzi, originario di Storo che farà il suo solenne ingresso domenica 3 ottobre 2021. A Trento, non sarò parroco, il che non vuol dire che non sarò più prete, ma non sarò il responsabile dal punto di vista pastorale, legale e amministrativo di una parrocchia. Il Vescovo mi ha chiamato ad essere suo cerimoniere quindi a preparare, assistere e coordinare le celebrazioni liturgiche da Lui presiedute in cattedrale. Vivrò a Trento, presso la Chiesa del Sacro Cuore, in una canonica capace di accogliere anche i giovani in discernimento vocazionale. Gli avvicendamenti sono momenti delicati della vita di ogni prete per rispondere ai bisogni della Chiesa. Vi ho voluto bene, ve ne voglio e ve ne vorrò per sempre». L’augurio di tutte le sue unità pastorali per il loro don che se ne va è quello di bene e salute, che accompagni lui e i suoi cari. Gianpaolo Capelli


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Associazioni

SETTEMBRE 2021 Litigi, v


Economia Era la fine di luglio quando dalla Provincia, e segnatamente dall’assessore alle attività economiche Achille Spinelli, arrivò la notizia di un accordo negoziale (questa la formula ufficiale) con imprenditore e sindacato. Detta in termini più espliciti, sempre con le parole di Spinelli: “L’accordo prevede la realizzazione di un progetto di ricerca avente ad oggetto la realizzazione di innovative pompe di calore. Tale progetto inizierà l’1 ottobre 2021”. L’imprenditore è Oreste Bottaro, titolare della Innova srl, che a sua volta è titolare della Innova Engineering. “A fronte del contributo provinciale – ancora parole dell’assessore provinciale - sia il centro di ricerca Innova Engineering srl che la società controllante Innova srl si impegnano a far crescere gradualmente i livelli occupazionali, passando dalle complessive sessanta Unità di lavoro nel 2021 a ottantasei Ula (unità lavorative) nel 2025. Le società si impegnano inoltre a formare giovani tramite lo strumento dell’alternanza scuola-lavoro e ad acquistare beni e servizi da fornitori locali, per un totale di 11 milioni di euro nel periodo 2021-2025”. Un milione e mezzo mette sul tavolo la Provincia, mentre l’azienda aggiunge il resto, per arrivare alla quota di quattro milioni di euro,

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Innova punta sulla ricerca e crea occupazione Pensi alla ricerca e ti vengono alla mente nomi come Cupertino, Silicon Valley, California, centri adagiati in grandi spazi verdi, circondati da palestre, piscine e campi da tennis in cui i ricercatori eliminano lo stress facendo sport nei momenti lasciati liberi dai comuna cifra importante per il contesto valligiano. Partenza morbida, con i piedi per terra. “All’inizio – racconta Bottaro - si partirà con una decina di persone, fra le quali anche persone che sono già qui in azienda a Storo e verranno trasferite a Tione”. Sì, perché il centro di ricerca è aperto nel capoluogo giudicariese. “Altre (tutte di alto livello) si aggiungeranno; stiamo collaborando con FBK con un obiettivo: fare un passo in più nel campo delle pompe di calore”. Abbiamo parlato degli Stati Uniti pensando alla ricerca, ma in realtà nel campo specifico delle pompe di calore oggi il monopolio quasi esclusivo risiede nell’Estremo Oriente: Cina e Giappone”. E qui entra in ballo la transizione energetica o ecologica. Sì, insomma, la

puter. Roba da film? Per esistere esistono pure nella realtà. Ma fatte queste premesse, la ricerca si fa anche da noi. E quando diciamo “da noi” pensiamo alla terra della periferia, lontana da ferrovie ed autostrade: le Giudicarie.

L’Amministratore Unico di INNOVA srl Oreste Bottaro con il dg di MediocreditoTAA Diego Pellizzari

necessità di andare incontro ai famigerati cambiamenti climatici rifuggendo dal consumo di materiali fossili (petrolio e compagnia) per indirizzarsi sempre più ver-

so le emissioni zero. Entro il 2030 secondo gli accordi internazionali si dovrebbero abbattere del 55%, per arrivare al 2050 all’abbattimento totale. Questi i pro-

grammi: quanto a riuscirci... Ci sperano in tanti. “Proprio per questo – ha spiegato alla stampa Oreste Bottaro - si sta sviluppando un mercato enorme. Nei

prossimi anni ogni casa dovrà riconvertirsi: da sistemi di combustione a sistemi ad energia rinnovabile”. Da Tione parte la scommessa giudicariese: se sei sul mercato con iniziative e prodotti innovativi hai davanti la prateria del futuro. Se non ce la fai... spazio a cinesi e giapponesi. La Provincia, Oreste Bottaro, la Fondazione Bruno Kessler ci credono. E’ una questione di energia (umana, e quindi non sempre rinnovabile) per portare in porto i progetti. Bottaro, con i suoi 58 anni portati brillantemente, è abituato a fare le corse. Alla fine della fiera, fra Innova (stabilimento a Storo con quasi centocinquanta dipendenti) e Innova Engineering (sede a Tione con previsione di un’ottantina di lavoratori) avrà più di duecento collaboratori, il che fa del gruppo uno dei più consistenti dell’intero territorio della Comunità di Valle. Naturalmente cercasi manodopera qualificata, e non è uno scherzo! Giuliano Beltrami


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Territorio

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“Ci sto?Affare fatica!”, grande successo per l’iniziativa promossa nelle Esteriori San Lorenzo Dorsino Adriana Paoli è stata la tutor del gruppo di San Lorenzo Dorsino ed è rimasta molto soddisfatta dell’esperienza che ha toccato non solo i giovani ma anche lei in primis: “come era l’intento del progetto si è creata una relazione tra generazioni diverse. Anche io che non disto così tanto come età dai ragazzi li ho imparati a conoscere. È stato positivo sia per loro che per noi”. In totale il gruppo era composto da dieci partecipanti, di cui tre ragazzi e sette ragazze provenienti dalla terza media, dalla prima e dalla seconda superiore. Ciò in cui si sono cimentati è stato l’abbellimento di un sottopassaggio che collega i paesi di Andogno e Tavodo, prima dipingendolo di bianco e poi completandolo con un murales. Prendendo spunto dai disegni del noto illustratore Fabio Vettori i ragazzi e le ragazze hanno rappresentato alcuni animali del nostro territorio, come il ghiro, l’orso e il lupo, tutti allineati su un’onda arcobaleno che fa da sfondo. Tutti hanno contribuito alla realizzazione del murales in ogni passaggio, accompagnati dall’aiuto pratico dell’handyman Gianfranco Spagnolo, che gestiva la preparazione delle vernici e dell’attrezzatura. La decisione riguardo a questa attività è stata presa collettivamente in accordo con i membri del gruppo, i rappresentanti delle autorità locali, i tutor e l’handyman. La squadra di San Lorenzo ha optato per una scelta artistica. Il tutto è stato realizzato in cinque mattinate nella settimana dal 2 al 6 agosto, dove l’ultimo giorno la Pro Loco di Dorsino ha organizzato un pranzo, a cui ha partecipato anche la sindaca che ha consegnato l’attestato e il buono fatica ad ognuno. Adriana conclude: “A fine progetto abbiamo chiesto ai ragazzi e alle ragazze cos’è piaciuto di più. Quello che è venuto fuori è stato lo stringere amicizie, ma anche abbellire e promuovere il territorio. Un’esperienza che andrebbe rifatta, magari riproponendola un po’ prima in modo tale da organizzare più squadre di ragazzi e ragazze”. Bleggio Superiore Anche il gruppo di Bleggio Superiore riferisce che è stata un’esperienza molto positiva per tutti e tutte. Walter Rocca è stato il tutor nella settimana dal 9 al 13 agosto, in questo caso conclusa

di Francesca Cristoforetti Il progetto nazionale “Ci sto? Affare fatica!”,per la prima volta sbarcato in Trentino, si è concluso nei quattro comuni giudicariesi di Fiavè, San Lorenzo Dorsino, Bleggio Superiore e Comano Terme. Promosso dalla Fondazione don Lorenzo Guetti in collaborazione con le amministrazioni locali, il piano prevedeva una squadra per ogni comune composta da dieci ragazzi e ragazze che, sotto la supervisione dei loro tutor e degli handymen (volontari adulti

Fiavè

San Lorenzo Dorsino

Comano Terme

Bleggio Superiore

con il pranzo del venerdì offerto dal Gruppo Alpini di Bleggio e dall’ Associazione Donne Rurale del Bleggio, a cui ha partecipato anche l’amministrazione comunale che ha poi consegnato gli attestati. “Penso che sia stata un’esperienza molto bella. I ragazzi e le ragazze si sono presi l’impegno di fare una determinata attività e hanno imparato un mestiere, un’arte nuova, un’attività manuale che a casa o a scuola non avevano mai fatto”, sostiene Rocca. Carlo Marcantoni, Costantino Formaini e Carmelo Caliari, sono i tre volontari in pensione che hanno deciso di mettere a disposizione il loro tempo, spiegando ai più giovani cosa era necessario fare e in che modo andava fatto. Grazie a loro il gruppo ha potuto acquisire nuove capacità pratiche e manuali. La squadra si è dedicata ad attività utili sia per la comunità di Bleggio che dei dintorni, come grattare e riverniciare le panchine e il gazebo al parco giochi di Cavrasto. Grazie al supporto di Costantino e del Comune è stata sistemata anche una giostra non funzionante senza dover

con competenze manuali), si sono dedicati per una settimana al restauro, alla riqualificazione e alla manutenzione di alcuni spazi comuni e aree verdi. A fine del percorso ogni partecipante ha ricevuto un “buono fatica” del valore di 50 Euro e un attestato di impegno. A fine del progetto abbiamo raccolto le testimonianze dirette dei tutor, portavoce di ogni gruppo, per capire cosa è stato realizzato e che cosa ha lasciato quest’esperienza.

aspettare la completa ristrutturazione del parco giochi. Nonostante le attività fossero infatti già state programmate dalla Fondazione Guetti in collaborazione le istituzioni locali, durante la settimana sono stati svolti anche dei compiti “fuori programma”, ad esempio è stato sistemato il campo da beach volley di Cavrasto, che è stato ripulito dalle erbacce per renderlo agibile: “Avevamo la possibilità e lo abbiamo fatto dice Rocca - parlando anche con l’amministrazione comunale queste attività sono utili per lo stesso Comune che dopo aver valutato le problematiche sul territorio, con l’aiuto di questi ragazzi e insieme all’operaio comunale, durante l’estate è riuscito a compiere certi lavori che magari verrebbero trascurati senza questo progetto o passerebbe molto tempo prima che vengano portati a compimento”. Il gruppo del Bleggio Superiore era composto da due ragazze e otto ragazzi, tutti di terza media e molto affiatati e uniti, forte del fatto che si conoscessero già tra loro. Come sostiene Walter sarebbe bello riproporre queste attività anche il

prossimo anno, magari coinvolgendo di più i ragazzi e le ragazze riguardo alle attività da svolgere, chiedendo loro cosa vorrebbero fare, anche per valorizzare maggiormente la loro creatività. Il progetto ha saputo trasmettere loro il valore del lavoro e della gestione di ciò che è pubblico e comune. Tutta la comunità ha apprezzato il lavoro svolto dai giovani, come ci conferma il tutor: “Sono passate anche alcune persone chiedendo di cosa si trattasse, sono state molto contente e ci hanno fatto i complimenti per quello che stavamo facendo” . Fiavè Il gruppo di Fiavè, supervisionato dal tutor Francesco Gosetti, era composto da sette partecipanti, quattro ragazze e tre ragazzi, tra i quattordici e i sedici anni, che hanno svolto le attività nella prima settimana di agosto, dal 2 al 6. La prima cosa che ci racconta Gosetti: “Complessivamente un’esperienza molto positiva, si è creato un bel gruppo tra i ragazzi e le ragazze e questa è la cosa migliore che sia uscita. Più che a livello

manuale, l’aspetto importante che è passato è stato il concetto di gruppo, che era poi anche l’obiettivo finale”. La squadra si è appoggiata come sede alla caserma dei Vigili del Fuoco di Fiavè e al suo comandante Denis dall’Alda che si è prestato come handyman per tutta la durata della settimana, procurando materiale e insegnando i vari mestieri. Le mattinate si sono svolte tra Fiavè e le frazioni limitrofe, a Ballino, Favrio, Stumiaga, dove sono state ripulite le fontane e i monumenti. Sono state riverniciate le panchine del paese, grattate con la carta vetrata, pitturate e ripulite. Oltre a sistemare e ripulire la caserma i giovani hanno anche costruito un cancelletto come protezione di una scalinata, su cui sono stati incisi i loro nomi con un pirografo. Come sostiene il tutor: “La cosa bella è stata anche che le varie frazioni hanno partecipato attivamente, come a Ballino dove ci hanno offerto la merenda quando abbiamo pulito la fontana. È stato un modo per fare “comunità”, per fare in modo che i ragazzi e le ragazze conoscessero anche le istituzioni del ter-

ritorio. Come esperienza la ripeterei volentieri, mi sono trovato bene con tutti, anche con il gruppo, che era un gruppo piccolo – e aggiunge - forse sarebbe bello più di una settimana per svolgere tutte le attività”. L’ultimo giorno come per le altre squadre è stato organizzato un pranzo conclusivo offerto dagli Alpini di Fiavè. Comano Giudizio molto positivo anche da parte della tutor del gruppo di Comano, Cristina Asson, che ha seguito i ragazzi e le ragazze nell’ultima settimana prevista dal progetto, dal 16 al 20 agosto: “Mi sono trovata molto bene con tutti e tutte, anche a livello di organizzazione. Il gruppo ha lavorato molto bene, non mi aspettavo un così grande coinvolgimento dei ragazzi e delle ragazze che sono stati molto bravi. Ha funzionato molto, tra di loro si conoscevano, si sono integrati subito benissimo. Si sono impegnati molto e si sono visti i risultati”. La squadra era composta da sette partecipanti, tutti tra i tredici e i sedici anni, due ragazze e cinque ragazzi. A Comighello la squadra ha pulito l’anfiteatro, dipinto e pulito la fermata dell’autobus. A Ponte Arche hanno ripulito la fontana ed il parco di Piazza Mercato. A Campo Lomaso l’ultimo giorno, è stato sistemato l’ex convento francescano, dove è stato pulito e riorganizzato il primo piano. A Dasindo, Campo e Vigo il gruppo si è occupato delle fermate degli autobus e delle fontane: “In particolare alle fermate degli autobus abbiamo pulito le vetrate, abbiamo carteggiato le panchine, le abbiamo dipinte e abbiamo spazzato. Abbiamo dato una ripulita in generale. C’erano anche delle scritte a Campo, fatte con la bomboletta spray. Abbiamo pulito tutto. Hanno imparato il rispetto per le cose che sono al servizio di tutti e di tutte”. I due handymen di Comano, Enrico Dalponte e Natale Rizzi, non solo hanno aiutato i ragazzi e le ragazze a svolgere le varie mansioni, ma li hanno motivati molto, accompagnandoli in tutte le attività. Anche questa squadra ha concluso con un pranzo organizzato alla pizzeria Don Pedro. Conclude Cristina: “Mi è piaciuta molto come attività, penso sia importante che i giovani stiano attenti alle cose che ci offre il nostro territorio. Prestare attenzione a ciò che facciamo può aiutare la comunità”.


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Top Dolomites Granfondo: edizione della ripartenza da incorniciare Mille i partecipanti al via da Pinzolo allo scoccare delle 8.00 di questa mattina. Il più veloce a presentarsi al traguardo di Madonna di Campiglio, completando il percorso lungo con passaggio a Riva del Garda, è stato Pietro Dutto (Team Mentecorpo by Biemme) con il tempo di 4 ore 12 minuti e 27 secondi. È stato lui il dominatore di questa terza edizione che solo Sergei Pomoshnikov (Team Sildom Garda), vincitore dell’edizione 2019, e Andrea Miotto (Team Asnaghi Granfondo) hanno cercato di contrastare mantenendosi incollati alle sue ruote soprattutto nelle discese, affrontate con sostenuta velocità. Alla fine Pomoshnikov e Miotto si sono piazzati rispettivamente secondo e terzo alla distanza di un centesimo l’uno dall’altro. Quarto Fortunato Ferrara (Velo Cycling, 4 ore 12 minuti e 35 secondi) e quinto il giudicariese Patrick Facchini (Grafiche Zorzi-Meccanica Melzani) con il tempo di 4 ore 15 minuti e 32 secondi. Successo, in campo femminile, per Martina Trevisiol (Eurobike), che ha fermato il cronometro

Terza edizione da incorniciare per la “Top Dolomites Granfondo-Con Francesco Moser” che ieri ha portato 1.000 corridori su e giù per i passi che si incontrano scendendo dalla Val Rendena e attraversano le Giudicarie Centrali ed Esteriori prima di tuffarsi verso il Lago di Garda per poi tornare verso Pinzolo e ragsul super tempo di 4 ore 43 minuti e 43 secondi. Dietro a lei Lisa De Cesare (Bombardier Squadra Corse Asd, 5 ore e 25 secondi) e Luisa Isonni (Boario Asd, 5 ore 1 minuto e 36 secondi). Nella Mediofondo è invece salito sul gradino più alto del podio Christian Dallago (Carina Brao Caffè) che, con il tempo di 2 ore 57 minuti e 16 secondi, ha vinto su Filippo Calliari (Team Sildom Garda, 2 ore 57 minuti e 29 secondi) e Federico Brevi (Asd Team Asnaghi Granfondo, 2 ore 58 minuti e 37 secondi). Tra le ragazze prima Selene Colombi (2R Bike Store Asd, 3 ore 26 minuti e 7 secondi) seguita da Elena Pancari (Asd Sportivamente Team Loda-Millennium, 3 ore 40 minuti e 55 secondi), giunta seconda, e Orietta Tosadori (Team Sildom Garda, 3 ore 43 minuti e 57 secondi), arrivata terza. Per i promotori, in testa il presidente del Comitato or-

ganizzatore Giovanni Danieli, è stata l’edizione dei volontari, ben 600 che a vario titolo e in molteplici settori si sono messi a disposizione per curare al meglio tutti gli aspetti organizzativi, in primis la sicurezza lungo

giungere il gran finale a Madonna di Campiglio. Due i percorsi: il primo, da 130 km (Granfondo-Montura), scelto da pochi coraggiosi, il secondo, da 89 km (Mediofondo-Arcese), preferito da molti, con ritorno verso la “Perla delle Dolomiti di Brenta” ritornando da Fiavè-Passo Durone.

la strada. Per il re dell’edizione 2021 Pietro Dutto, la Top Dolomites ha superato la prova della ripartenza. “In questa zona, dopo il lockdown – ha dichiarato all’arrivo – ho fatto solo un giro e oggi ho

apprezzato la bellezza di un territorio che non conoscevo”. “Strade e asfalti perfetti e posti bellissimi”, ha aggiunto il secondo arrivato Andrea Miotto, che ha centrato il risultato prefissato impostando la gara con il

suo compagno di team Federico Brevi, giunto terzo nella Mediofondo. Sergei Pomoshnikov, alla sua secondo partecipazione alla “Top Dolomites”, si è dovuto “accontentare” del secondo posto. “È stata una gara non semplice – ha commentato – già dalla prima salita a Passo Daone è stato difficile rimanere a ruota di Dutto, che in discesa è un pazzo, e anche riuscire a riprenderlo negli ultimi chilometri di gara”. La Granfondo di 130 km, dopo la partenza da Pinzolo, è iniziata affrontando il Passo Daone. Arrivati a Ponte Arche si è saliti a Fiavè in direzione lago di Tenno per poi scendere verso Riva del Garda e Arco, risalendo nuovamente fino al passo del Ballino verso Fiavè e il Passo Durone, quindi attraverso la Val Rendena fino a raggiungere Madonna di Campiglio. La Mediofondo è stata un po’ più breve: 89 km con ritorno, da Fiavè e dal Passo Durone (senza scendere a Riva del Garda) in direzione Madonna di Campiglio attraverso Stenico, Massimeno e Pinzolo.

Mezzo secolo per il Premio Internazionale di SolidarietàAlpina Quest’anno il Premio Internazionale di Solidarietà Alpina celebra il 50mo anno dalla sua fondazione: un’edizione speciale, di grande soddisfazione per il suo ideatore cav. Angiolino Binelli, per i componenti del Comitato, per quanti hanno ricevuto la Targa d’Argento, per i famigliari delle Medaglie d’oro alla memoria, per la Comunità di Pinzolo e per l’intero popolo della montagna. In questa particolare circostanza, la scelta del premiato non poteva che cadere su una persona di grande spessore per umanità, un uomo semplice, umile, un interprete vero dei valori tipici della gente di montagna. Le sue straordinarie imprese - il secondo alpinista italiano, dopo Reinhold Messner, ad aver completato la salita dei 14 Ottomila senza utilizzare le bombole d’ossigeno – che hanno messo in evidenza la sua impareggia-

bile competenza alpinistica, non hanno scalfito la natura generosa e lo spirito con cui si è sempre prodigato in aiuto del prossimo, con numerosi interventi di soccorso in particolare dove l’aria si fa rarefatta. Il Comitato non ha avuto dubbi nell’assegnare la 50^ Targa d’Argento a Silvio “Gnaro” Mondinelli con la se-

guente motivazione: “A un uomo vero, sensibile, dotato di grande energia e di straordinarie capacità alpinistiche, che nel momento del bisogno non ha esitato a mettere a disposizione di chi si è trovato in difficoltà”. Dopo aver trascorso molti anni inseguendo le altissime quote, Gnaro decide che è tempo di restituire qualco-

sa alle popolazioni che abitano ai piedi dell’Himalaya. Si impegna così in attività di solidarietà e di raccolta fondi per aiutare la popolazione Sherpa, grazie alle quali ha finanziato la costruzione e la gestione di una scuola per 80 bambini a Namche Bazar. Nel 2005, tramite la ONLUS “Amici del Monte Rosa” da lui fondata, costruisce ed attrezza un “Trauma Point” sulla via che collega Kathmandu a Pokara, con lo scopo di assistere le numerose vittime degli incidenti stradali. Come da tradizione, durante la cerimonia, verrà consegnata la Medaglia d’Oro alla memoria ai famigliari di Sergio Francese, caduto il 5 settembre 2020 all’età di 55 anni sulla Piramide della Cima Grande di Lavaredo, nel Comune di Auronzo di Cadore, durante un’esercitazione congiunta del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleolo-

gico con la Guardia di Finanza. La cerimonia della consegna avrà luogo sabato 18 settembre alle ore 12 nell’auditorium del Paladolomiti, alla presenza di autorità civili, militari e religiose, degli amici del Premio e delle delegazioni di Soccorso Alpino, nel rispetto dei protocolli previsti dalla normativa Covid-19. Sarà introdotta e accompagnata dai canti del Coro Presanella. Il venerdì mattina Gnaro Mondinelli incontrerà gli alunni dell’Istituto Comprensivo Val Rendena ai quali presenterà un filmato sulla sua attività e trasmetterà loro quei valori ispirati alla solidarietà e all’altruismo che lo hanno contraddistinto. Nella serata di venerdì 17 è previsto un incontro aperto al pubblico con la proiezione del film “Oltre i 14 Ottomila” con la testimonianza del protagonista.


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Memoria

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Qui sono esposti, in vetrine o come installazioni, numerosi reperti provenienti da quel particolare fronte: tra pezzi rarissimi e veri pezzi unici (come il famoso diario del tenente Felix Hecht, che proprio al Corno di Cavento troverà la morte nel 1917), le fonti qui raccolte ci raccontano intense ed incredibili storie di eroismi disperati, di due eserciti nemici militarmente ma accomunati da uguali sentimenti umani e familiari e dalla continua lotta per la sopravvivenza in uno dei luoghi più inospitali del pianeta: il ghiacciaio. Perché, infatti, combattere lassù tra i ghiacci perenni, slavine e temperature proibitive? Come poterono combattere, vivere, nutrirsi migliaia di uomini per tutto l’anno in quelle zone? Quali erano le tecnologie dell’epoca che li potevano aiutare? Cosa facevano i soldati tra un attacco o una pattuglia e l’altra? Chi erano questi soldati e da dove venivano? Quali erano le loro storie? Queste e tante altre domande troveranno risposte lungo i corridoi e davanti alle vetrine del museo, che dedica anche una parte al non secondario tema dei recuperanti (che tra l’altro sono ricordati nel nome del museo). Chi erano costoro? Già dopo la Grande Guerra, ma soprattutto dal secondo dopoguerra, davanti alla grande richiesta di metalli da parte di un’Italia in piena ricostruzione e riconversione industriale, in molti decisero di risalire le montagne per recuperare il materiale bellico lì abbandonato e rivenderlo. Di metallo ce n’era tantissimo, delle vere e proprie miniere a cielo aperto: chilometri di reticolati, quintali di elmetti, scudi da trincea, armi bianche, e molti altri oggetti che per anni avevano servito i due

Spiazzo, riaperto il Museo della Guerra Bianca Adamellina di Aldo Gottardi

Dopo lunga attesa, tornano a riaprirsi le porte del Museo della Guerra Bianca Adamellina di Spiazzo “Recuperanti in Val Rendena”. Rimasto chiuso al pubblico dal 2018 per via di necessari quanto urgenti lavori di ristrutturazione dell’edificio nel quale era ospitato, dal 10 luglio scorso il museo è ritornato visitabile per il momento sotto forma di mostra temporanea (alcuni dettagli

sono ancora da ultimare), ma ricalcando in larga parte quella che sarà la sua forma finale. La grande novità del “nuovo” museo è il secondo piano dello stabile (ovvero le vecchie scuole di Spiazzo), attrezzato con un moderno spazio espositivo interamente dedicato alle vicende belliche attorno al Corno di Cavento e al Carè Alto.

eserciti ed ora erano ancora al loro posto. Il recupero di reperti bellici divenne così un vero e proprio lavoro remunerato, che andava a rimpinguare le magre economie di valle di quegli anni. Vi erano infatti società specializzate nella raccolta, di valle in valle, di tutti i materiali che i recuperanti conferivano in appositi centri, che poi erano portati nelle grandi industrie della Penisola. Insomma una economia importante anche se non priva di rischi: in molti infatti finirono mutilati o peggio a causa del maneggio imprudente di bombe od esplosivi.

Con l’andare del tempo il recupero di materiale bellico, da lavoro, divenne una passione animata non più dal guadagno ma dalla voglia di conoscere e valorizzare la storia di chi aveva combattuto ed era morto in quei luoghi. I “nuovi” recuperanti risalivano lungo le prime linee della Grande Guerra a cercare oggetti militari, ritornando poi a valle con reperti che sarebbero andati a formare grandi ed interessanti collezioni. E’ questa la storia dei due fondatori del museo, Sergio Collini e Giovanni Pellizzari, che con questa filosofia fondarono nel 1973 la prima mostra museale. Oggi, come ricordato, il Museo “ne ha fatta di strada” diventando un moderno museo tematico, che insieme al vicino ed altrettanto interessante Museo della Grande Guerra in Valle del Chiese di Bersone si pone come un importante riferimento sulla storia locale giudicariese. Il Museo della Guerra Bianca Adamellina di Spiazzo sarà visitabile tutti i giorni (tranne il lunedì) dalle 15:00 alle 18:00 al prezzi di 3 euro a biglietto (gratis per i minori di 16 anni e per i possessori di DoloMeetCard e Guestcard), sempre rispettando le vigenti normative antiCovid.


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Sport

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Crippa, dopo Tokyo la meta è Parigi 2024 di Francesca Cristoforetti Il 22 luglio Yemaneberhan Crippa è volato a Tokyo, in Giappone, per le Olimpiadi. Con il suo ultimo record italiano nei 3000 metri ottenuto lo scorso 13 luglio durante la Diamond League a Gateshead, in Inghilterra, l’allievo di Massimo Pegoretti chiude la gara con 7’37”90 migliorando ancora una volta il suo precedente record di 7’38”27 conquistato al GolIn Giappone però l’asticella del suo obiettivo si è alzata, puntando direttamente al podio. Yeman Crippa alla sua prima Olimpiade in Giappone ha disputato le seguenti gare: i 10000 metri il 30 luglio dove ha chiuso con l’undicesimo posto in 27’54”05 e il 3 agosto la batteria dei 5000 metri, chiudendo in quindicesima posizione con 13’47”12. “I miei obiettivi sono arrivare più avanti possibile nella gare che contano, quando ci sono gli Europei, i Mondiali e le Olimpiadi – dichiara alle telecamere di Sky Sport 24 il 18 luglio scorso – per me in quelle gare conta tanto la posizione, arrivare più avanti possibile, se non primo, secondo, terzo comunque arrivare con gli africani, perché nel mezzofondo ci sono tanti keniani, etiopi che arrivano davanti. Cercare di arrivare con loro o magari superarli, quello è il mio obiettivo”. Yeman nell’intervista dichiara di non volersi fermare e pensa già ai suoi obiettivi dopo le Olimpiadi appena svolte: “nei prossimi anni il mio obiettivo è scendere sotto i 27’ nei 10000 e sotto i 13’ nei 5000”. Partiamo dal principio. A causa della pandemia i

Giochi olimpici in Giappone sono stati posticipati di un anno, ma per Crippa questo non è stato un ostacolo, piuttosto un motivo in più per arrivare a salire anche sui gradini del podio. Non un’impresa impossibile considerando i risultati ottenuti nel 2020 nonostante il lockdown, dove ha frantumato due record italiani imbattuti da anni. Al Golden Spike di Ostrava Crippa supera, dopo ben 30 anni, il record italiano di Totò Antibo sui 5000 metri e al Golden Gala di Roma nella specialità dei 3000 metri il record di Gennaro Di Napoli del 1996. Grandissimi risultati considerando il blocco degli allenamenti in alcuni periodi durante la pandemia. La mascherina copre solo una parte di volto a Yeman, che mostra uno sguardo sorridente nella foto postata sulle piattaforme social il 22 luglio all’aeroporto Marco Polo di Venezia, a fianco al suo allenatore Massimo Pegoretti. Entrambi mostrano il pollice alzato, entusiasti di partire per la prima Olimpiade del campione trentino. Il 30 luglio è la data di inizio per Crippa, che esordisce nella finale dei 10000 metri contro i grandi e temuti atleti africani, quali l’etio-

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pe Selemon Barega e gli ugandesi Joshua Cheptegei e Jacob Kiplimo, campioni che raggiungeranno poi il podio. Una gara difficile e stancante dove Crippa non corre quella distanza come avrebbe voluto, ma ottiene un importantissimo undicesimo posto. Arriva il 3 agosto, giorno della sua seconda gara, la batteria dei 5000 metri. Conclude con il tempo di 13’47”12

den Gala di Roma nel 2020. I suoi record nazionali non si fermano alla gara dei 3000 metri, ricordiamo infatti anche le sue vittorie nei 5000 con 13’02”26 a Ostrava e nei 10000 con 27’10”76 a Doha. Con queste premesse il mezzofondista italiano delle Fiamme Oro ha raggiunto il suo sogno più grande, partecipare alle Olimpiadi di Tokyo 2021.

per cui non riesce a qualificarsi in finale. Compare sui social la sua seconda foto, questa volta in bianco e nero, accompagnata dal post: “Quante batoste nella mia prima Olimpiade... Spero proprio che il detto “Quello che non uccide fortifica” sia vero. Ringrazio comunque tutte le persone per l’affetto!!!”. Sono tantissimi infatti i commenti di supporto dei

tifosi che non si tirano indietro in messaggi di affetto e fiducia e che soprattutto lo spronano a guardare avanti alle prossime gare e alle prossime Olimpiadi. I commenti di Crippa dopo il suo rientro in Italia sono pochi, ma una cosa è certa, la determinazione e la grinta rimangono: “È stata la mia prima Olimpiade, è andata come è andata ma mi è comunque servita, è

tutta esperienza. Adesso sono già proiettato all’anno prossimo quando ci saranno i Mondiali a Eugene e gli Europei a Monaco di Baviera. E nel 2024 sarà di nuovo tempo di Olimpiadi. Sono sempre pronto a rimettermi in gioco”, dichiara. Aspettiamo infatti che il mezzofondista trentino inizi a correre verso la prossima meta: Parigi 2024.

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Un grande lavoro svolto per la riqualificazione delle abitazioni del territorio

La Cassa Rurale e il Superbonus 110% Accanto a questo sono state messe a disposizione soluzioni finanziarie personalizzate per l’effettiva realizzazione degli interventi. In questi mesi di avvio è stata fondamentale la collaborazione con tutte le professionalità che, a vario titolo, sono state coinvolte nel processo: tecnici, progettisti, imprese e consulenti fiscali. I risultati sono andati oltre le migliori aspettative. In totale sono circa 600 i clienti (di cui una sessantina di condomini) che hanno richiesto il servizio di cessione del credito fiscale alla Cassa Rurale, per un ammontare di quasi 50 milioni di euro di lavori oggetto di intervento di riqualificazione. Si evidenzia come circa il 60% dei clienti abbia utilizzato l’agevolazione del superbonus 110% con interventi di importo medio pari a

Dopo un anno di lavoro sull’importante iniziativa introdotta dal governo per il rilancio dell’economia e la riqualificazione delle abitazioni, è tempo di bilanci. La Cassa Rurale si è attivata sin da subito per poter dare ai propri soci e clienti tutte quelle informazioni necessarie per orientarsi e valutare la solu-

circa 100.000 euro. Il 40% ha invece usufruito della cessione del credito su interventi

ordinari, quali il bonus facciate e interventi di recupero del patrimonio edilizio, con un

zione più adatta alle proprie esigenze. La Cassa Rurale, al fine di favorire l’accesso a questa opportunità, ha scelto di garantire il servizio di acquisto del credito fiscale a tutte le categorie di clientela potenzialmente interessate, ovvero sia persone fisiche titolari di singole unità abitative che condomini.

importo medio pari a circa 20.000 euro. Nelle Giudicarie sono stati 438 i clienti che

hanno usufruito di questa opportunità, per un totale lavori ammessi di circa 35 milioni di

euro. Numerose le aziende del territorio che hanno richiesto il supporto della Cassa per la cessione del credito tramite il cosiddetto “sconto in fattura”, servizio particolarmente apprezzato. Il 2021 ha visto la Cassa Rurale impegnata nella fase preliminare di “prenotazione” del credito. Nei prossimi mesi, e comunque entro fine anno, inizieranno a chiudersi le operazioni e si darà così seguito alla liquidazione del credito maturato. Il Superbonus 110 prosegue anche per il 2022: la Direzione della Cassa Rurale prevede che il trend positivo prosegua anche nei prossimi mesi. Resta confermato l’impegno della Cassa per offrire un supporto a tutti coloro che intendano usufruire del Bonus nei prossimi mesi.

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Territorio Altra eccezione per Ledro: infatti il bando è aperto solo agli studenti di Tiarno di Sopra. Prima di fondersi con gli altri comuni della valle Tiarno di Sopra era l’unico comune aderente al Bim del Chiese grazie alle sue proprietà montane. Due i bandi previsti: borse di studio per gli universitari, premi per i neo laureati. Partiamo dalle borse di studio. Per accedere al bando si devono avere determinati requisiti. Per entrare nel dettaglio, il bando recita: “Il candidato deve dimostrare di essere iscritto ad un corso di laurea presso un’Università italiana o straniera, a corsi di alta formazione artistica e musicale o altro istituto rilasciante titolo di studio equiparato a quello universitario; deve dimostrare di aver raggiunto un numero di crediti definiti dal bando a seconda dell’anno di immatricolazione; il candidato deve inoltre essere in possesso dell’Attestazione ISEE per l’anno 2021”. Passando ai premi di laurea, “il candidato deve dimostrare il completamento dell’intero percorso di studi e avere raggiunto un

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Consorzio Bim del Chiese, incentivi allo studio per gli universitari Il Consorzio Bim del Chiese, sull’onda di una tradizione consolidata, ha deciso anche per il 2021 di promuovere gli incentivi allo studio per gli universitari residenti nel territorio del Bim. Non su tutto il territorio, ma su quello storico, prima delle fusioni che hanno caratterizzato negli ultimi anni i comuni trentini. Per essere precisi, hanno diritto di richiedere l’incentivo i voto di laurea uguale o superiore a 106/110”. Insomma, deve essere stato uno studente esemplare. Le domande possono essere compilate online, accedendo alla apposita sezione presente sul sito istituzionale del Consorzio (www. bimchiese.tn.it) entro mezzogiorno di venerdì 15 ottobre. L’entità del contributo è stata mantenuta come l’anno scorso: borse di studio da 300 a 2.000 euro; premi di laurea 1.000 euro con aumento del 50% in caso di lode. Si parlava di tradizione consolidata, all’inizio. Basti ricordare che da

quando è stato varato il bando il Bim ha versato qualche bel milione di euro nelle tasche de-

VECCHIO STAGIONALE ADDIO!

residenti nei comuni di Storo, Bondone, Borgo Chiese, Castel Condino, Pieve di Bono-Prezzo e Valdaone; per Sella Giudicarie i residenti di Roncone, Bondo e Lardaro. Sono esclusi i loro colleghi di Breguzzo, perché quando il paese era comune autonomo, grazie alla sua posizione oltre la sella di Bondo, faceva parte del Consorzio Bim del Sarca.

gli studenti. Pensando solo all’anno scorso, gli euro erogati sono stati 120.000. Ne hanno usu-

fruito 81 candidati: 66 universitari per le borse di studio e 15 che hanno completato il ciclo di

studi ottenendo i premi di laurea. Sono importanti questi bandi? Rispondiamo di sì, perché rappresentano uno stimolo per chi, pur partendo da una situazione svantaggiata (e il solo abitare in periferia costituisce uno svantaggio oggettivo) a proseguire negli studi. Oggi una delle lamentele delle aziende industriali ed artigiane locali riguarda la mancanza di manodopera qualificata. E’ noto, fra l’altro, che il livello di laureati, pur essendosi elevato negli ultimi lustri, rimane basso. D’altronde, se finite le medie inferiori, o anche superiori, trovi lavoro, chi te lo fa fare di sobbarcarti la fatica dell’università? Ecco il motivo per cui il Consorzio Bim del Chiese ha deciso di lanciare il proprio messaggio nella direzione dello stimolo dei ragazzi.

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Parlando giudicariese

SETTEMBRE 2021

La validità di un vocabolo carico di secoli di storia

La voce “comunità” in Giudicarie di Mario Antolini Musón

Se negli “Statuti” o “Carte di Regola”, che caratterizzano lo storico cammino dei Giudicariesi nell’ambito del Principato dal 1027 al 1803, vi è un vocabolo che più di altri mi abbia colpito e che più mi sia rimasto inculcato in mente, è il termine “Communitas”. Analizzando dettagliatamente il contenuto dei vari volumi di Statui/Regole avuti a disposizione ho percepito come la “Comunità”, così come concepita dai nostri Avi, sia veramente l’elemento portante e determinante della vita sociale della nostra gente, che considerava il “sentirsi e l’agire insieme” il punto focale verso cui fare riferimento sia per riuscire a viver in armonia nello “stare bene insieme”, che per la gestione del territorio goduto come “proprietà collettiva”. La fortuna vuole che proprio nella documentazione storica e secolare che riguarda le Giudicarie, e che da anni sto consultando, proprio il concetto di “Comunità” sia l’elemento chiave del mio interessamento. Sto consultando testi che riguardano il periodo della Invasioni barbariche, prima e dopo il Mille d. C. e, pertanto, mi è chiaro che si tratta di elementi storici che fanno parte della storia dell’umanità. Elementi che si riflettono pure sull’attualità del presente, constatando tuttavia che le radici si affondano assai in profondità nel terreno soprattutto in relazione alla vita in e di “Comunità”. Indicativo quanto trovo scritto in un testo di Franco Bianchini riguardanti “Le pergamene del Duecento”: «Alcuni gruppi di villaggi (detti “ville”) cominciarono ad individuarsi in modo autonomo ed a riunirsi sotto un’unica denominazione di “Concilium”; la loro popolazione si definì più propriamente “Universitas”. L’unione delle persone poi, in stretto rapporto con la porzione del territorio più direttamente goduta, venne indicata col termine di “Communitas”». In un altro testo, che si riferisce all’incon-

COMUNITÀ: vocabolo che sa d’antico. – «L’uomo è per natura un animale destinato a vivere in comunità. (Aristotele). / Nessun uomo è un’isola; ogni uomo è una parte del tutto. (J. Donne). / L’essenza dell’uomo è contenuta soltanto nella comunità, nell’unità dell’uomo con l’uomo. (L. Feuerbach). / La vita in comune, fra la gente che si ama reciprocamente, corrisponde all’ideale di felicità. (G. Sand). / Noi siamo nati per unirci con i nostri

simili, e per stare in comunità con la razza umana. (Cicerone). / L’universo ha senso solo quando abbiamo qualcuno con cui condividere le nostre emozioni. (P. Coelho). / Io sono dell’opinione che la mia vita appartenga alla comunità, e fintanto che vivo è un mio privilegio fare per essa tutto quello che mi è possibile. (G. B. Shaw). / Un uomo che non partecipa alla vita della comunità, che si estranea, è un morto che cammina. (Dario Fo)».

Ensèma... e arént

Insieme ed accanto. -

Èser ensèma e capìrse dàrse la mà’ e volérse bé’ él pàr gnént … e ’nvéze l’è tùt... Entà ’l stàr ensèma l’è podér avérghe vergùgn arént che ti té ’l vàrde ’ntà i òč e ànca èl ’l té vàrda e ’l té scólta perchè ’l té làsa parlàr e ànca ti tè ’l làse dìr tùt quèl che èl ’l vól. Ensèma... sé sé fa compagnìa ànca senza parlàr e nó dìr gnént ànca sól per én momént. Ensèma sé sé sént sa ’l stès sentér e se camìna tegnéndose per ma’. Ensèma e arènt: dóe paròle da seitàr a vìver!

Essere insieme e comprendersi / darsi la mano e volersi bene / sembra un niente… e, invece, è tutto. / Nello stare insieme / è poter avere qualcuno accanto / che tu lo guardi negli occhi / ed anche lui ti guarda e ti ascolta / perché ti lascia parlare / ed anche tu gli lasci dire / tutto quello che egli vuole. / Insieme.. ci si fa compagnia / anche senza parlare e non dire niente / anche soltanto per un istante. / Insieme ci si sente sullo stesso sentiero e si cammina tenendosi per mano. / Insieme ed accanto: / due parole da continuamente vivere. Mario Antolini Musón

tro tra i Galli e i Romani, si parla di “Comunità dei rustici” come indicativa delle modalità di “essere e di sentirsi insieme”. Quindi, soprattutto dal Mille in poi, per quanto si riferisce ai territori giudicariesi, è tutto un susseguirsi esistenziale impostato sull’essere e nel sentirsi “Communitas”, intesa come indissolubile elemento di vita sociale in comune, con addirittura incontri annuali obbligatori detti “Regole”: termine traslato pure alla stesura degli “Statuti” tramandati per fissare per iscritto le modalità di gestire il bene comune come “proprietà collettiva”. Ne precisa la consistenza quanto trovo scritto dettagliatamente nelle “Regole” di Sténico: «Era denominata REGOLA la “assemblea generale” dei capifamiglia stabili in luogo detti “Vicini” nettamente distinti dai “forestieri” così denominati i venuti da fuori e considerati tali anche se ottenevano la residenza in loco. L’assemblea obbligatoria era tenuta almeno due volte all’anno e disciplinava il pacifico godimento dei beni comuni: monti, bo-

schi, pascoli ed acque; educavano ad un razionale dello sfruttamento delle risorse ed inducevano al rispetto del territorio sia gestito collettivamente che privato». Da quanto fin qui ricordato credo si possano trovare chiari elementi per poter dare il giusto senso al vocabolo “Comunità”, che è assai più esplicito di quanto abitudinualmente si intende attualmente nel Duemila. Ossia si percepisce un sapersi introdurre maggiormente nella sostanzialità di quanto già il filosofo greco Aristotele aveva capito e lasciato scritto: «L’uomo è per natura un animale destinato a vivere in “Comunità”. Nei primi decenni del secolo ventesimo io ho potuto ancora assaporare l’atmosfera lasciata dall’afflato dei secoli, anche se giuridicamente l’avvento delle nazioni e dell’attività giuridica avevano dato al termine “Comunità” una valenza sociale alternativamente intesa a seconda dei luoghi ed a seconda delle migrazioni in corso, col continuo alternarsi delle compagini che si stanziavano in uno stesso luogo

ma provenienti da luoghi e da “comunità diverse”. Tuttavia lo “spirito di Comunità” ai miei tempi (secolo ventesimo) era ancora presente fra le popolazioni, i cui abitanti non si erano ancori trasferiti in massa dal proprio paese di origine e fra le quali i “forestieri” erano presenti ancora in minima parte. In quell’atmosfera in cui aleggiava ancora l’antico concetto di “Comunità” carico della propria storicità, ci si conosceva tutti; di generazione in generazione si era cresciuti insieme fin dall’asilo infan-

tile; non essendoci mezzi di trasporto ci si incontrava per strada e si andava e veniva incontrandosi e salutandosi perché vicendevolmente ci si conosceva. La vita agreste e l’allevamento del bestiame avvicinavano la gente, per cui il potersi incontrare ed aver modo di chiacchierare di tutto era cosa di tutti i giorni e durante tutto il corso della vita: dalla fanciullezza alla vecchiaia. Le generazioni si incrociavano tutti i giorni e l’intergenerazionalità la si aveva e la si viveva con tutta naturalezza. E tutto questo non unicamente all’interno di ogni agglomerato urbano, bensì in tutte le Giudicarie, facilitato dalle fiere-mercato che davano modo di spostarsi da luogo e luogo, e dall’emigrazione che avvicinava persone di diverse località. Soprattutto si toccava con mano il rispetto vicendevole, specie nei riguardi degli anziani e dei bisognosi. Il senso del vicendevole aiuto e nel sentirsi disponibili verso chiunque ed in qualsiasi occasione era nell’aria e quasi lo si respirava nella stessa natura del vivere. Posso testimoniare che proprio lo “spirito di Comunità” animava l’ambiente nel quale ho avu-

to la fortuna di nascere e di crescere e di essere giunto ai cent’anni e oltre in “Comunità”. Posso davvero testimoniare che ho avuto la fortuna di godere di una “Comunità” della quale ho assaporato, ed ancora assaporo, l’immenso beneficio, non solo nell’ambito del mio paese ma persino nell’ambito di tutte le Giudicarie. Forse mi sono perso soltanto fra rimembranze personali che non possono certo cambiare le cose, in un contesto sociale che si ha l’impressione che stia spezzettandosi quasi come pane in briciole, poiché il “travaso” di numerose persone da luogo in luogo sta “inquinando” (mi si scusi il termine) la “compagine comunitaria locale” e non diventa facile il riuscire a ricompattare le persone come è stato in tutti i paesi nel passato. Sono, tuttavia, a conoscenza che in qualche centro abitato, ci si stia impegnando, specie per iniziativa del Volontariato, per sperimentare nuove occasioni e formalità per ricostituire l’amalgama di gruppo e conseguentemente ritrovare il piacere e la serenità dell’essere e del sentirsi piacevolmente insieme in “Comunità”. Sono certo che se a livello culturale e sociale si sarà capace di “resuscitare” anche la più modesta occasione di sentirsi tuttora “Comunità”, l’atmosfera delle Giudicarie sarebbe ventilata da benefici aliti di aria buona e salutare. Che possa essere così.


La lettera

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L’uomo tecnologico, sempre sotto l’occhio costante dei social

Progetto Malghe Aperte 2021

UNIONE ALLEVATORI VALLE DEL CHIESE


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Tutti giù per terra

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Mestiere che vieni mestiere che vai

Mestieri che tramontano, mestieri che sorgono. Ogni anno nascono nuove professioni, figlie del progresso, delle mode e di priorità individuali e sociali che mutano. Creatori di app e digital workers, ma anche cake designer e health coach. Altrettante scompaiono o ne sono destinate a stretto giro di calendario. La Commissione UE ha proposto l’abolizione dal 2035 delle vetture diesel e benzina allo scopo di ridurre a zero le emissioni inquinanti. Accelerare sul tema della transizione ecologica, questo il diktat. Dunque tra i mestieri destinati a scomparire nel prossimo decennio c’è quello del benzinaio. Non vedremo più l’omino (quasi) sempre sorridente e gentile, scattante e reattivo nella sua tuta ingannevolmente pigra. Esempio di ostinazione con il suo proporci ogni volta il rabbocco dell’olio e il controllo dei liquidi. E poi quelle due chiacchiere durante il rifornimento…. vuoi mettere l’umanità di un ‘grazie e buona giornata!’ sostituita dal gelido silenzio della colonnina di ricarica elettrica? Un altro mestiere che scompare, come tanti in passato. Arrotini, raddrizzatori di birilli nei bowling, lampionai, mondine e lattai. Ricordi dolcissimi di un mondo che non c’è più.

Per decreto legge scompare il mestiere del ‘navigator’, la figura professionale voluta appena due anni fa dal Movimento 5 Stelle per agevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Un esercito di 2.700 laureati, ben formati e ben retribuiti, che si sbattevano per cercare un impiego a chi, percependo il reddito di cittadinanza, magari passava le sue giornate mollemente sul divano o al bar. Preso atto del fallimento totale dell’esperimento, causato più da carenze di progetto che dalla mazzata del Covid, il Governo ha deciso però di prorogare di altri sei mesi il loro contratto. Ci si è resi conto che il problema, ora, è diventato un altro: cercare un lavoro ai navigator. Italia, ex paese di santi, poeti e ‘navigator’. Rottamati questi ultimi, e di santi ormai ne fabbrichiamo pochi. Abbondano invece i ‘santoni’ in tv e sul web. Un brulicare di predicatori farlocchi, veggenti dei numeri al Lotto, divini guaritori, astuti guru di stili alimentari miracolosi. Tutti mercanti di frottole assortite. Tutti Venerabili Maestri di supercazzole. Anche a poeti, nell’accezione classica del termine, non stiamo messi meglio. Dinosauri prossimi all’estinzione, causata non da meteoriti o catastrofi climatiche, ma dall’ipervelocità comunicativa e dal diluvio universale di emoji

che come locuste di una piaga d’Egitto invadono cervelli e portano tenebre. La ricerca dell’emozione poetica langue. Scarseggiano i contenuti condivisi, a parte la Babele di idiozie che affolla l’isterico mondo social. Il risultato dell’evoluzione sono parole storpiate, punteggiatura random, pensiero azzerato.

Niente più poeti, fari per l’umanità, ma solo fuoriclasse dell’aforisma copiae-incolla. E becchiamoci gli Instapoet, parole e immagini che dilagano su Instagram, evoluzione autocompiaciuta e molto poco empatica della vera Poesia. Ancora meno i lettori di poesie. Ai pochi reading che trovi

Tutti giù per terra di Massimo Ceccherini Podio

in giro, vedi solo sparutissimi gruppucoli di persone curiose. Qualcuno anche sotto gli ottanta. Spariranno anche i pizzaioli. A Parigi è stata inaugurata la prima pizzeria al mondo completamente automatizzata. Fanno tutto i robot: dall’ordinazione all’impasto, dalla messa in teglia alla farcitura,

dalla cottura alla consegna al cliente. Pizzerie a personale zero. Problema: se poi sulla pizza ci trovo una mosca chi me la toglie? Il vantaggio è che almeno si risparmia sulla mancia. Prepariamoci dunque a un prossimo futuro popolato da preti-robot e vucumprà-robot, bagnini-robot e venditori di coccobello-robot. Intanto Jeff Bezos, fondatore di Amazon, ha realizzato il suo sogno di raggiungere lo spazio a bordo di una navicella tutta sua. Il viaggio è durato dieci minuti. Lancio del razzo dalla base in Texas, distacco della navicella, poi quattro minuti di assenza di gravità e panorama folgorante sulla Terra a oltre 100 km dal suolo. Infine il rientro a casa, con atterraggio docile e preciso. Il tutto a guida completamente autonoma e senza la presenza di un pilota. Emozione impagabile? Mica vero. E’ stato fissato il prezzo: 200.000 dollari a persona, non proprio bruscolini, per quella che sarà tra pochi anni non più fantascienza ma ordinario turismo spaziale per ricconi esagerati. Per noi turisti mortali il solito giro in pedalò. Al massimo su una gondola. Magari guidata da un gondoliere-robot dal metallico accento veneziano. Ostrega.

Lettera al GDG

L’Autonomia trentina muore di non decisioni

Gentile Adelino Amistadi, “ritorno dell’autorevolezza” è il titolo del suo editoriale di agosto, un titolo giornalisticamente ben scelto. Riguarda il Presidente Draghi che mostra di sapere “che i governi, così come la democrazia, muoiono di non decisioni” e poi Lei prosegue scrivendo di ...”responsabilità intesa come capacità di scelte sulla base di una concreta visione dell’interesse nazionale”. Mi consenta di affermare che anche l’ Autonomia trentina muore di “non decisioni” e di mancanza di “autorevolezza”.

Le ultime iniziative dell’attuale Giunta provinciale, come il concertone di Vasco (con costi a carico dell’ente pubblico, mentre a Modena fu il contrario), lo sgambetto all’Università di Trento (e alla Bocconi) in tema di Festival dell’economia (chiamando l’ Editore di Confindustria, mentre la propaganda elettorale urlava prima i Trentini) così come il tentativo di affidare ai Veneti di Padova la Facoltà di medicina, l’autostrada della Valdastico (senza il consenso dei territori trentini), la ciliegina dell’aumento del-

le prebende dei consiglieri (quando la sanità trentina necessita di forti investimenti), mostrano come nel giardino dell’ Autonomia trentina stanno proliferando le piante di rovo. All’ elettore-contribuente trentino non rimane che un appello a tutti i consiglieri provinciali di buona volontà: dimettetevi in massa, torniamo a nuove elezioni! Cordialmente Mauro Franceschi


Opinioni a confronto BOTTA E RISPOSTA

vilgiat@yahoo.it

Il turismo ha avuto difficoltà a trovare personale nell’estate in corso, ora tocca al comparto agricolo che si prepara alla raccolta della frutta. In Val di Non sono preoccupati, così come in altre valli dato che l’autunno è vicino. Non credi che c’entri il reddito di cittadinanza? Sarebbe ora di abolirlo. Emanuele

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Reddito di cittadinanza e manodopera scarsa Caro amico, ormai gli effetti negativi e perversi del reddito di cittadinanza sono notori. Di certo se ne parlerà non poco nell’autunno prossimo. Non è solo il centrodestra a voler cambiare una misura che fa acqua da tutte le parte, ma anche altre forze politiche hanno espresso in proposito forti perplessità. E sotto gli occhi di tutti che una scelta nata da valori e prin-

cipi importanti nella lotta alla povertà così com’è concepita non funziona. Troppe persone, compresi boss mafiosi, delinquenti e truffatori, addirittura anche non pochi detenuti, percepiscono il reddito di cittadinanza senza averne diritto, mentre troppe persone si trovano in difficoltà perché non possono averlo. Il suo compito originario era quello di aiutare

Piercing, ma perché? Caro Amistadi, mi rivolgo a te che, data l’età, ritengo un uomo saggio. Io non riesco a sopportare i giovanotti che mostrano con orgoglio i loro body piercing sparsi un po’ per tutto il corpo. Mi danno fastidio, non capisco le motivazioni per cui si riducono in quel modo. Tu che ne pensi? Marcella

Credo che c’entri la vanità. Sono molte le cose che gli uomini si sono fatti nel corso dei secoli per vanità. Ad esempio: per avere un vitino di vespa le donne nel diciottesimo secolo usavano corsetti così stretti da respirare a fatica. Certi corsetti erano così stretti che alcune donne morivano perché il fegato veniva schiacciato dalle costole. Il tutto per vanità, che è un po’ quel che succede nei nostri giorni con i piercing. E sempre più comune vedere i giovani con orecchini e spille infilati in varie parti del corpo. Il piercing estremo di capezzoli, naso, lingua e genitali è sempre più diffuso. C’è addirittura chi vuole andare oltre, si sta diffondendo il branding (farsi marchiare a fuoco) o il body sculping, l’inserimento di oggetti sottopelle allo scopo di produrre buchi o rilievi stravaganti. In effetti abbellire o modificare il corpo non è una cosa nuova. Lo facevano gli Incas e i Maya, così come lo si fa ancora diffusamente nelle tribù africane, ma anche in India e nel Pakistan. Nella nostra società molti ragazzi, e forse più ragazze, si fanno il piercing perché ritengono che sia di moda. Altri pensano che possa migliorare il loro look. Quello che è certo è che il fenomeno è stato incentivato da modelle, cantanti, campioni dello sport. Ho letto da qualche parte che farsi il piercing è un modo per affermare la propria personalità, per distinguersi dagli altri. Per un giovane che voglia provocare a tutti i costi i propri genitori, poche cose possono avere un effetto così urtante come un grosso anello al naso. A quanto pare, questo bisogno di affermare la propria individualità, nasce da un misto di insoddisfazione, anticonformismo, provocazione e ribellione. Così dicono gli esperti. Comunque la pensiamo, l’aspetto di ognuno di noi trasmette un messaggio circa le proprie tendenze e il proprio modo di vivere. E credo che ognuno sia libero di poterlo fare. (a.a.)

i disoccupati ad inserirsi nel mondo del lavoro. Purtroppo i dati parlano chiaro. Su questo punto il reddito di cittadinanza è stato un flop. Sono in pochi che hanno cercato lavoro, la maggior parte si gode il reddito standosene a casa o peggio ancora lavorando in nero ed incassando anche il reddito di cittadinanza. Una furbata diffusa. Purtroppo non è facile con-

trollare la situazione. E così la storia va avanti in barba a tutti gli italiani onesti. Credo che la lotta alla povertà sia importante, ma dev’essere portata avanti con controlli severi, e pene altrettanto severe per i furbi e i disonesti che sembrano essere stati protagonisti di questa prima fase di reddito di cittadinanza. (a.a.)

La disfatta inAfghanistan, l’ennesima prova che l’Europa deve rafforzarsi Quel che sta accadendo in Afghanistan in questi giorni è la clamorosa conferma della disfatta dell’Occidente sia per gli aspetti militari, politici che morali. Anche l’Europa e l’Italia non ne escono bene, anzi, seguire pedissequamente l’America nelle sue avventure militari fin’ora non ha portato ad alcun risultato. La missione italiana in aiuto agli afghani in 20 anni ci è costata 53 nostri militari e più di 700 feriti senza contare il costo che si aggira su oltre 2 miliardi... non sarebbe ora e tempo che l’Europa e l’Italia pensino con maggior impegno a rafforzare se stesse? Meglio tardi che mai. Ettore Gli Usa in Afghanistan hanno mantenuto un comportamento che da sempre caratterizza la politica estera americana. Dovunque vadano o siano andati (per difendere e diffondere la democrazia!), gli statunitensi sono finiti nei casini più imprevedibili e hanno lasciato i Paesi in cui sono intervenuti in mano a governi fantoccio corrotti per poi abbandonarli al proprio destino. Vedi Cuba con Batista, prima di Fidel Castro, le Filippine già spagnole, il Laos, la Cambogia, il Vietnam, l’Iraq, il Libano in un paio d’occasioni, l’intero SudAmerica a cominciare dal Cile di Pinochet. Hanno sempre fatto così. Un popolo ricco ed arrogante che oltre al problema dell’obesità si porta dietro da sempre l’incapacità di approcciarsi ai popoli che confidano nel suo aiuto per risolvere i propri, talvolta tragici, problemi. Quando si vuol aiutare un popolo non serve muovere miliardi di dollari a beneficio di ladri e corrotti, molto più importante sarebbe capirne lo spirito e le vere necessità, per poi intervenire nel modo giusto e con le persone giuste. Ma purtroppo l’agire americano è solo rivolto all’incasso e quando l’incasso viene messo in discussione, gli Usa si girano dall’altra parte e abbandonano il campo vergognosamente trascinando anche l’Europa nel loro comportamento egoistico ed interessato. Ora, centinaia di migliaia di uomini afghani e milioni di donne che hanno creduto nel nostro modello di società sono reclusi nelle proprie case in attesa di essere uccisi. Fin quando l’Occidente non prenderà atto del fatto che con gente come questa non si può scendere a patti, scorrerà molto sangue fra in mondo islamico che sembra non cedere alla moderazione, ed il mondo cristiano che sta sciogliendosi come un ghiacciolo al sole d’agosto. (a.a.)


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