Giornale delle Giudicarie marzo 2022

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Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella

Le buone azioni...

Giudi iudicarie

il

iornale delle

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MARZO 2022

...per la crescita del nostro territorio

Mensile di informazione e di approfondimento

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L’EDITORIALE di Adelino Amistadi

Follia al Cremlino Con la decisione del 24 febbraio di dare il via a una “operazione militare speciale” in Ucraina dopo aver riconosciuto l’indipendenza delle due Repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, il presidente Vladimir Putin ha messo in atto l’aggressione che aveva pianificato da mesi. Le immagini spaventose delle gigantesche esplosioni nelle città con cui è iniziata l’invasione su vasta scala dell’Ucraina, sottoposta ad un attacco concentrico di terra, di cielo e di mare lanciato da sud, da est, da nord, parlano da sole. Così come le prime vittime che si contano già a centinaia. “Una operazione militare speciale”, ha detto Putin, ma di speciale in questa tragedia dalle conseguenze inimmaginabili c’è solo la ferrea premeditazione con cui il dittatore russo ha attuato ciò che aveva deciso da tempo. Già Putin s’era impossessato di due regioni in Georgia, e lo stesso schema violento, prepotente ed aggressivo sperimentato in Georgia l’ha replicato con ancora più veemenza in Ucraina con l’invasione del secondo Paese più vasto d’Europa. La stessa storia dura, sporca e cattiva dei bombardamenti e della morte di civili inermi, si è ripetuta, ma stavolta con proporzioni enormemente più grandi. Mettendo, noi e tutto l’Occidente con le spalle al muro. Diciamolo chiaro. Nessuno da Washington a Bruxelles, da Parigi a Berlino, passando per Roma, Madrid e Londra, è o sarà disposto a “morire per Kiev”. L’Ucraina è una guerra che gli USA e la Nato non hanno mai avuto l’intenzione di combattere. A pag, 12

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ANNO 20 - MARZO 2022- N. 3 - MENSILE

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Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella

FONDATO NEL 2002 - Distribuito da

Ucraina in fiamme soccorsa da chi vuole la pace

La guerra di Putin sconvolge il mondo Alle pagine 4, 6 e 7

EUROPA di Paolo Magagnotti

Il grido dell’Ucraina svegli i sonnambuli Quello che molti non credevano, e che altri, fra cui chi scrive, ritenevano certo, è accaduto. La Russia dell’imperialista Vladimir Putin non si è accontentata di due piccole regioni ai suoi confini, ma con brutalità inaudita ha invaso l’Ucraina, Paese indipendente e sovrano, che dopo essere uscito dal giogo sovietico ha cercato legittimamente di orientare la sua politica e i suoi rapporti internazionali su un Occidente nel quale sentirsi più sicuro e integrato. A pagina 12

Caro bollette, i rincari colpiscono duro famiglie e imprese Attualità

8 marzo, donne d’ingegno

A PAG. 30

Editoria

La partita dell’Euro, il libro

A PAGINA 9

MEMORIA Un festival a Trento A pag.Specializzato 27 Centro

Giovani

mB mobili BONENTI

TERRITORIO Asuc, ...e importanti tu anche oggi come A pag. 28 dormi?

Lett

Materassi e Reti

A PAGINA 26

Attualità

PROMOZIONE

Vencarie

MARZO !!! ENERGIA PREZZI SCONTATI Metano, TUTTO IL MESE orizzonte 2030 A PAG. 10 A pag. 14 SELLA GIUDICARIE (BONDO) - Tel. 0465.901919 - 339.1388960 ESTATE Le proposte culturali della Valle del Chiese A pag 34 PORTO FRANCO Orsi sì, orsi no A pag. 8 GIOVANI InPrendi, sei giovani per sei idee d’azienda A pag 17

PER LA VOSTRA PUBBLICITÀ SUL GIORNALE DELLE GIUDICARIE sponsorgdg@yahoo.it - 3356628973 - 338 9357093


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A cura della REDAZIONE

MARZO 2022

Rassegna Stampa

RASSEGNA STAMPA FEBBRAIO 2022

DALLE GIUDICARIE DALLA PROVINCIA Record italiano per Yeman Crippa: fa segnare 59:26 nella mezza maratona. È il primo italiano sotto l’ora. Yeman Crippa disintegra il primato italiano della mezza maratona, trionfando alla Napoli City Half Marathon con il tempo di 59:26: nessun azzurro prima di lui era riuscito a correre la mezza in meno di un’ora. Il 25enne giudicariese delle Fiamme Oro diventa anche il secondo europeo di ogni epoca, a tredici secondi dal record continentale dello svizzero Julien Wanders (59:13). L’azzurro sfila il record italiano a Eyob Faniel che lo aveva portato a 1h00:07 nello scorso febbraio alla mezza di SienaAmpugnano,Automobilista impatta più auto prima di essere fermato dalla Polizia Locale con un tasso alcolemico 5 volte superiore al consentito TIONE. Gli agenti della Polizia Locale delle Giudicarie, con sede a Tione, sono riusciti a bloccare per poi denunciare un conducente in stato di ebbrezza che era stato segnalato da alcuni cittadini allarmati che lo vedevano zigzagare lungo la statale 237 del Caffaro nella tratta compresa tra Ponte Arche e Saone. Solo il tempestivo intervento di una pattugli ha potuto evitare il peggio raggiungendolo in una piazzola alle porte di Tione. Il conducente è apparso subito visibilmente ubriaco: il test ha rilevato un tasso alcolemico di quasi cinque volte oltre il consentito. Il conducente, residente in Valsugana, è stato quindi denunciato all’Autorità Giudiziaria per guida in stato di ebbrezza con l’aggravante di aver provo-

cato due incidenti stradali. Gli è stata inoltre ritirata la patente di guida in vista della sospensione che sarà disposta dal Commissariato del Governo. Niente rincari per i soci CEIS sulle bollette elettriche del primo trimestre 2022 STENICO. Il modello dell’autoconsumo cooperativo come risposta tangibile all’emergenza del “caro bollette”. I nuovi straordinari record al rialzo dei prezzi dei prodotti energetici all’ingrosso (quasi raddoppiati nei mercati spot del gas naturale e dell’energia elettrica nel periodo settembre-dicembre 2021) e dei permessi di emissione di CO2, avrebbero portato nei primi mesi del 2022 ad un aumento del 65% della bolletta dell’elettricità. Il CEIS, presa coscienza della situazione critica per cittadini e imprese, è intervenuto riuscendo ad azzerare questo importante aumento. La bolletta per i soci, quindi, sarà analoga a quelle dell’ultimo trimestre del 2021, già mitigata dagli sconti applicati tempo per tempo. È un intervento che ha richiesto una modifica sostanziale del modello tariffario applicato, che fa dell’autoconsumo cooperativo lo strumento principe di questo risultato. Si è quindi slegata l’energia autoprodotta e consumata dai Soci da quella acquistata sul mercato a prezzi record ad integrazione della non autosufficienza della produzione propria. Tale intervento si aggiunge a quello governativo, che, malgrado la manovra, avrebbe portato l’aumento per la famiglia tipo al +55% rispetto al trimestre precedente. L’intervento del CEIS mette sul tavolo ca.

Il Giornale delle Giudicarie mensile di informazione e approfondimento

Anno 20 marzo 2022 Editore: Associazione “Il Giornale delle Giudicarie” via Circonvallazione, 74 - 38079 Tione di Trento Tel: 0465 349020 Presidente: Oreste Bottaro Direttore responsabile: Paolo Magagnotti Coordinatore di Redazione: Denise Rocca Comitato di redazione: Elio Collizzolli, Matteo Ciaghi, Denise Rocca Hanno collaborato: Gianni Ambrosini, Achille Amistadi, Adelino Amistadi, Virginio Amistadi, Mario Antolini Musòn, Matilde Armani, Enzo Ballardini, Giuliano Beltrami, Dario Beltramolli, Giacomo Bonazza, Alberto Carli, Massimo Ceccherini Podio, Francesca Cristoforetti, Chiara Garroni, Enrico Gasperi, Marco Maestri, Mariachiara Rizzonelli, Tiziano Salvaterra, Martina Sebastiani, Alessandro Togni, Ettore Zampiccoli, gli studenti dell’Istituto Guetti Per la pubblicità 3356628973 - 338 9357093 o scrivere a sponsorgdg@yahoo.it Il giornale è aperto a tutti. Per collaborare si può contattare la redazione (3286821545) o scrivere a: redazionegdg@yahoo.it Direzione, redazione via Circonvallazione, 74 - 38079 - Tione di Trento Stampato il 3 marzo 2022 da Athesia - Bolzano Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 1129

700.000 € considerando il solo primo trimestre del 2022, lasciandoli nella disponibilità dei Soci e di fatto, quindi, del territorio delle Giudicarie Esteriori. Autoriciclaggio, sigilli ad un albergo a Pinzolo Sequestrato un albergo a Pinzolo, nell’ambito di un’operazione della guardia di finanza, riguardante un’accusa di autoriciclaggio di denaro sulla quale è in corso un’indagine in Calabria. I finanzieri del comando provinciale di Catanzaro, coordinati dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, hanno arrestato e posto ai domiciliari in esecuzione di un provvedimento del Gip di Lamezia Terme, quattro persone e sequestrato beni, per un valore superiore ai 5,2 milioni di euro. Tra i beni sequestrati ci sono l’albergo a Pinzolo, uno stabilimento industriale a Lamezia Terme e un’imbarcazione del valore di 300 mila euro. In particolare è stata ricostruito un importante investimento immobiliare consistito nell’acquisito di un albergo in Pinzolo, per 1,2 milioni di euro, di cui euro 300.000 da corrispondere in contanti e in nero. Una parte del denaro occorrente per l’operazione (euro 140.000) è stata trasferita in contanti verso il Nord-Italia, come documentato, spiegano gli inquirenti, nel corso delle indagini attraverso quello che era un controllo simulato della normativa anti-covid. Mancano infermieri per la casa di riposo, a Spiazzo Rendena li assumono dal Paraguay Jessica, Natalia, Fernando e Cristian sono giovani, laureati e vogliosi di farsi una vita dignitosa. Hanno scavalcato l’Oceano Atlantico e da sabato scorso vivono e lavorano a Spiazzo, nel cuore della Rendena. Vengono dal Paraguay. I quattro professionisti si sono formati all’Università di Infermieristica della Cattolica e all’Università di Unves, a Villarrica, per poi lavorare presso il Pronto soccorso della stessa Università, «nella quale hanno assunto competenze importanti», assicura la presidente della casa di riposo San Vigilio di Spiazzo, Giovanna Tomasini. «Negli ultimi mesi - le fa eco il direttore Roberto Povoli - hanno maturato l’idea di trasferirsi in Italia. Abbiamo condotto un’azione congiunta in più soggetti: da una parte noi, dall’altra Cynthia Garcia in Paraguay, l’Azienda sanitaria, la Questura e l’assessorato. Così si è arrivati all’obiettivo».

Emergenza Ucraina. Fugatti: strutture sociali attive per i primi richiedenti asilo “Il settore delle politiche sociali della Provincia è stato attivato per contribuire all’accoglienza dei primi richiedenti asilo provenienti dall’Ucraina”. Ne dà conferma il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti con riferimento ai primi due nuclei familiari in fuga dal conflitto. Si tratta di sei persone, legate fra loro da vincoli di parentela e che stanno facendo tappa a Trento dove, affrontando non poche difficoltà, si sono ricongiunti con altri parenti già presenti nella nostra provincia. “Siamo in contatto con il Commissariato del Governo ed il Comune di Trento - aggiunge Fugatti - ed abbiamo attivato anche Cinformi dal momento che ci attendiamo nuovi arrivi in Regione, in particolare donne con bambini al seguito”. È stata anche attivata dalla Provincia la possibilità di fare donazioni in favore dell’emergenza in Ucraina, tramite il portale dei pagamenti Mypay, per dare sostegno alla popolazione di quel paese che sta vivendo il dramma della guerra. Questa iniziativa si aggiunge agli interventi che in queste ore si stanno attivando, sia a livello nazionale che locale, anche attraverso la struttura della Protezione civile. Arrivata in Trentino la nuova pillola per curare il Covid È arrivato anche in Trentino il farmaco orale Paxlovid per la cura del Covid19. Sono state consegnate alla farmacia dell’Ospedale Santa Chiara di Trento 168 scatole del farmaco. La prescrizione del medicinale sarà possibile non appena entrerà in vigore la determina Aifa che ne formalizza l’utilizzo in Italia e verranno fornite indicazioni operative ai medici prescrittori. È il secondo farmaco orale che sarà prescrivibile non appena saranno disponibili le indicazioni di Aifa. Paxlovid è un antivirale orale per la cura del Covid-19, è indicato per il trattamento di pazienti adulti con infezione recente da Sars-CoV-2 con malattia lieve-moderata che non necessitano ossigenoterapia e con condizioni cliniche concomitanti che rappresentino specifici fattori di rischio per lo sviluppo di Covid-19 severo. Il trattamento con Paxlovid deve essere iniziato entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi e ha una durata di 5 giorni. Le modalità per la selezione dei pazienti, per la prescrivibilità e distribuzione del farmaco saranno le stesse già stabilite per l’altro antivirale orale (Molnupiravir). La segnalazione dei casi avverrà da parte della medicina territoriale agli specialisti di infettivologia abilitati alla prescrizione. La distribuzione avverrà tramite le farmacie ospedaliere di Trento e Rovereto o i servizi di cure domiciliari del territorio. Partirà a Trento la nuova laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetriche a indirizzo cure primarie Partirà a Trento, il prossimo anno accademico, la laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetriche. Un percorso di studi biennale a indirizzo cure primarie e di comunità le cui iscrizioni partiranno all’inizio dell’estate. Il percorso prevede lo sviluppo di competenze clinico- assistenziali, di ricerca, formative e di management. Questi laureati potranno assumere incarichi

di coordinamento e dirigenziali gestionali o di alta specializzazione all’interno di team e servizi. Iscrizioni scolastiche 2022/2023: i dati definitivi Nell’anno scolastico 2022/2023 gli iscritti alla scuola trentina sono: 4.681 alla primaria, 5.277 alla secondaria di primo grado, 4.600 alla secondaria di secondo grado, 1.092 alla formazione professionale. Un lieve calo demografico incide sugli iscritti della scuola primaria (- 2,64%). Calano anche le iscrizioni alla scuola secondaria di primo grado (- 5,21%), mentre gli iscritti alle scuole superiori sono in leggero aumento rispetto allo scorso anno (+ 4,36%). Lieve calo delle iscrizioni all’istruzione e formazione professionale (- 4,80%). I dati mettono in luce un rinnovato interesse da parte dei ragazzi per il percorso tecnico economico (+ 22,40%), il tecnico tecnologico (+ 5,33%) e per alcuni percorsi liceali: classico (+ 6,38%) e delle scienze umane (+ 12,65%). Un calo lo registrano il liceo linguistico (- 05,39 %) e il liceo scientifico (- 3,64%). Novavax: anche in Trentino la prima fornitura Il nuovo vaccino Novavax è arrivato anche in Trentino. A confermarlo è l’assessore provinciale alla salute, Stefania Segnana che ha annunciato l’arrivo di 91 scatole circa, ciascuna contenente un centinaio di dosi. Altre forniture per circa 2 milioni di dosi - informano fonti governative - sono previste nel mese di marzo. L’Azienda sanitaria darà la possibilità di ricevere il vaccino a chi lo richiede. PNRR per il Trentino: il sito web Un sito web per il Piano nazionale di ripresa e resilienza in Trentino. È online la sezione dedicata del portale istituzionale della Provincia autonoma di Trento che offre le informazioni utili e gli aggiornamenti relativi al PNRR, a disposizione di cittadini, imprese e dei diversi interlocutori. l’utente può trovare le info, sempre aggiornate, per conoscere l’impatto sul territorio trentino del Piano, che rappresenta la proposta del governo italiano nell’ambito del programma europeo Next Generation EU (NGEU) per la risposta alla pandemia. Il focus riporta i dati e le cifre a oggi disponibili ed è in continuo aggiornamento, in relazione all’avvio di nuove misure oppure all’avanzamento delle misure già avviate. Il link al sito: https://www.provincia.tn.it/ Argomenti/Focus/PNRR-Piano-Nazionaledi-Ripresa-e-Resilienza Un collegamento ferroviario per l’aeroporto Catullo Con l’accordo Regione Veneto e Rfi avviano una collaborazione finalizzata alla realizzazione di un programma condiviso per lo sviluppo di una proposta di collegamento ferroviario con il Catullo di Verona, del quale la Provincia autonoma di Trento è partner strategico, e per la realizzazione di una mobilità sostenibile e intermodale lungo la sponda orientale del lago di Garda, incentrata sulla componente ferroviaria, e che abbia come obiettivo l’integrazione tra le reti di trasporto su rotaia, su gomma, su acqua e i percorsi ciclabili.

Giornale delle Giudicarie, distribuito dalla Cooperativa Lavoro Il Giornale delle Giudicarie viene distribuito dalla Cooperativa sociale Lavoro, con sede in località Copera a Zuclo. Per segnalare critiche, suggerimenti, disguidi nella spedizione è possibile chiamare il numero della cooperativa: 0465-326420 oppure quello del Giornale delle Giudicarie, 0465322934, oppure via mail all’indirizzo: redazionegdg@yahoo.it.


MARZO 2022 Maurizio Fuga

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Focus: Caro bollette

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“Aumenti contenuti grazie al potere di acquisto di Sait e di Coop” Luce, gas, prodotti alimentari: negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un aumento preoccupante dei prezzi. Come è la situazione dal suo particolare osservatorio? Gli aumenti ci sono stati, ma siamo riusciti finora a contenerli. Anche la nostra Famiglia Cooperativa li subisce, in particolare è la bolletta energetica a farsi sentire, ma siamo avvantaggiati dalla convenzione con Ceis. Il Consorzio Elettrico di Stenico infatti ha azzerato gli aumenti previsti dai modelli tariffari imposti dal mercato (+65% rispetto al 2021) grazie alla sua natura cooperativa, che valorizza le risorse del territorio a favore della comunità, dalla quale nasce e per la quale è attiva, fornendo un servizio essenziale. Le famiglie ora iniziano a risentire gli effetti degli aumenti sulle utenze domestiche. Le vendite nei nostri negozi per ora sono rimaste quasi le stesse, non ci sono forti variazioni da un punto di vista quantitativo. Abbiamo registrato una parziale modifica nei “panieri”: un po’ meno frutta e verdura, ma non sono dati sostanziali. Abbiamo una clientela abituale (costituita anche da molti soci della Famiglia

Ivonne Sansoni, presidente della Famiglia Cooperativa Giudicarie, traccia un quadro dei consumi al dettaglio che per ora non hanno subito consistenti variazioni, ma in futuro, persistendo gli aumenti, potrebbero calare. Per l’estate, nei negozi della Famiglia si conta sui turisti. Cooperativa), molto legata al proprio negozio e ai prodotti che qui trova. I 5 negozi a Ponte Arche, Larido, Santa Croce, Stenico e Villa Banale della Famiglia Cooperativa Terme di Comano sono punti di riferimento storico per la gente di questa zona, da oltre un secolo. Noi siamo impegnati ad assicurare un servizio anche in località dove il negozio di alimentari altrimenti mancherebbe, e lo facciamo con passione, aggiungendo ai nostri assortimenti anche una selezione delle produzioni dell’agricoltura locale, prodotti unici, molto amati dai nostri soci e clienti. La nostra però è anche un’offerta capace di ri-

spondere al nuovo modello di consumi che le persone, le famiglie, oggi chiedono: attento all’ambiente, alla qualità e alla sostenibilità, anche sociale. Cerchiamo di fare tutto questo mantenendo prezzi competitivi, anche in questo periodo di rincari generalizzati. La cooperazione tra consumatori è nata e continua ad esserci per fare questo. Come si ripercuotono questi rincari sui prezzi dei vostri prodotti? Come dicevo prima, gli aumenti ci sono stati, ma finora sono stati contenuti, grazie al potere di acquisto di Sait e di Coop. Uno dei vantaggi di essere soci del

Consorzio Sait-Famiglie Cooperative, di far parte di un sistema così grande e forte, è proprio quello di poter offrire prezzi competitivi, praticamente gli stessi che si trovano nei grandi supermercati dei grandi centri (senza però doversi spostare con la macchina per andare a far la spesa!). In più, nell’offerta unica dei nostri negozi ci sono i prodotti a marchio Coop, ottimi prodotti a prezzi veramente competitivi, che si distinguono non solo per la convenienza – per il loro rapporto qualità/prezzo difficilmente superabile – ma per la sicurezza, la qualità, l’italianità. Coop Italia è sempre più impegnata nella tutela del potere d’acquisto

dei soci e delle famiglie, per questo sta lavorando per evitare quei processi speculativi e aumenti ingiustificati che possono verificarsi in periodi come questo che stiamo attraversando. Crede che questa situazione possa provocare una diminuzione della domanda da parte dei consumatori e quindi del volume d’affari della sua azienda? È una reazione che temiamo, la lieve flessione negli acquisti potrebbe aggravarsi con l’aggravarsi degli aumenti per le utenze e gli aumenti conseguenti in ogni settore. Ci auguriamo che gli interventi sul “caro

bollette” promessi dal Governo alle famiglie e alle imprese arrivino presto, e sostengano da una parte le famiglie nel loro potere d’acquisto, e dall’altra le imprese a non aumentare i prezzi. Il nostro fatturato 2021 è stato buono: ci auguriamo di replicarlo. Guardiamo alla prossima estate. Con il superamento, ci auguriamo, dell’emergenza Covid-19, che prospettive prevede per la sua attività? Siamo fiduciosi. Terminata l’emergenza Covid e con l’arrivo della bella stagione dovremmo registrare un aumento del nostro fatturato, confidando anche nella presenza di turisti nelle nostre località, grazie agli importanti investimenti già avviati e in corso di attuazione per la realizzazione delle nuove Terme di Comano, che sono un volano importantissimo per l’economia e il turismo nella nostra zona. Alcune parti del progetto, come l’area benessere, sono già state ultimate e sono pronte ad accogliere i tanti che amano questo “paradiso del benessere”, e anche noi siamo pronti con il nostro servizio.

“Ogni prodotto ha una storia a sé, l’acciaio ha rincari di oltre il 90%”

Luce, gas, prodotti alimentari: negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un aumento preoccupante dei prezzi. Come è la situazione dal suo particolare osservatorio? Dal mio osservatorio il mondo delle materie prime è in movimento da maggio 2021, premesso che il mio osservatorio è quello del primo della filiera di trasformazione, poiché creiamo manufatti che poi entrano nel ciclo di vendita almeno 6 mesi più tardi rispetto alla realizzazione. Come si ripercuotono questi rincari sui prezzi dei suoi prodotti?

Adriano Malcotti, titolare dell’azienda Poncial “Un prodotto oggi alla fonte riceve un rincaro medio del 30%, come possiamo pensare che a parità di stipendio gli acquisti rimangano gli stessi?”. Dobbiamo capire anzitutto che ogni prodotto ha una storia a sé. Se guardiamo il mondo dell’acciaio stiamo parlando di un rincaro che supera il 90%, se poi per trasformarlo utilizziamo energia

in grande quantità si deve aggiungere un +250 % di costo energetico. Crede che questa situazione possa provocare una diminuzione della domanda da parte dei consumatori e quindi

del volume d’affari della sua azienda? Credo sia inevitabile, a questo punto. Un prodotto medio oggi alla fonte riceve un rincaro medio del 30%, come possiamo pensare che le persone

avendo uno stipendio invariato possano acquistare la stessa quantità di beni? Naturalmente esiste ancora la possibilità che tutto rientri e sia stata solo una situazione temporanea, ma sinceramente

la vedo dura essendo una questione internazionale e non legata solo alle materie prime ma anche alla politica mondiale che, lo vediamo in questi giorni, si sta complicando. Guardiamo alla prossima estate. Con il superamento, ci auguriamo, dell’emergenza Covid19, che prospettive prevede per la sua attività? Per quello che ci riguarda non facciamo previsioni, è molto difficile se non impossibile in queste condizioni mondiali. Dobbiamo essere bravi a cogliere le varie opportunità in giro per il mondo, qualche opportunità c’ è.


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Paolo Zanlucchi, direttore di Upt Tione

“Asettembr ..E MOLTI ALTRI BRAND

Francesca Rinaldi, direttrice Cfp-Enaip di Tione

Dal 9/3/22 al 20/4/22 SPORT HUB PINZOLO Piazza S. Giacomo, 1, 38086 Pinzolo TN

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Focus: Caro bollette

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“Per la famiglia tipo l’aumento sarà del +55% sull’elettricità e +41,8% sul gas”

Può illustrarci la situazione attuale del mercato dell’energia e quali aumenti ci sono stati negli ultimi mesi? I nuovi straordinari record al rialzo dei prezzi dei prodotti energetici all’ingrosso (quasi raddoppiati nei mercati spot del gas naturale e dell’energia elettrica nel periodo settembre-dicembre 2021) e dei permessi di emissione di CO2, avrebbero portato ad un aumento del 65% della bolletta dell’elettricità e del 59,2% di quella del gas. L’Autorità ha confermato l’annullamento transitorio degli oneri generali di sistema in bolletta e potenziato il bonus sociale alle famiglie in difficoltà, in base a quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2022, con cui il Governo - oltre a ridurre l’Iva sul gas al 5% per il trimestre - ha stanziato le risorse necessarie agli interventi, con ciò consentendo di alleggerire l’impatto su 29 milioni di famiglie e 6 milioni di microimprese. Malgrado gli interventi, tuttavia, l’aumento per la famiglia tipo in tutela sarà comunque del +55% per la bolletta dell’elettricità e del +41,8% per quella del gas per il primo trimestre del 2022.

Dino Vaia è presidente del Consorzio Elettrico Industriale di Stenico realtà delle Giudicarie Esteriori che è riuscita ad azzerare gli aumenti in bolletta per i propri soci grazie ad una modifica sostanziale del modello tariffario e all’autoconsumo cooperativo, strumento principe di questo risultato. Quali sono le cause di questi rincari? Gli aumenti delle bollette riflettono il trend di forte crescita delle quotazioni internazionali delle materie prime energetiche e del prezzo della CO2. In particolare, il prezzo spot del gas naturale al TTF (il mercato di riferimento europeo per il gas naturale) è aumentato, da gennaio a dicembre di quest’anno, di quasi il 500% (da 21 a 120 €/MWh nei valori medi mensili); nello stesso pe-

riodo, il prezzo della CO2 è più che raddoppiato (da 33 a 79 €/tCO2). La crescita marcata dei costi del combustibile e della CO2 si è riflessa, quindi, nel prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso (PUN) che, nello stesso periodo, è aumentato di quasi il 400% (da 61 a 288 €/MWh nei valori medi mensili). Analoghe ripercussioni sui prezzi per i consumatori finali si sono registrate in tutta Europa.

Quanto incidono sul bilancio di una famiglia e sulle spese di un’azienda? In termini di effetti finali, per la bolletta elettrica la spesa per la famiglia-tipo nell’anno corrente (compreso tra il 1° aprile 2021 e il 31 marzo 2022) sarà di circa 823 euro, con una variazione del +68% rispetto ai 12 mesi equivalenti dell’anno precedente (1° aprile 2020 - 31 marzo 2021), corrispondente a un incremento di circa 334

euro/anno. Nello stesso periodo, la spesa della famiglia tipo per la bolletta gas sarà di circa 1.560 euro, con una variazione del +64% rispetto ai 12 mesi equivalenti dell’anno precedente, corrispondente ad un incremento di circa 610 euro/anno. Che previsioni si possono fare per il futuro su questa situazione? Con riferimento al primo trimestre 2022, i prezzi a

termine rilevati nel mese dicembre non segnalano ancora un’inversione di tendenza, attestandosi per il gas naturale intorno ai 118 €/MWh e per l’energia elettrica intorno ai 300 €/MWh, Le recenti tensioni geopolitiche intorno all’Ucraina accrescono le incertezze nei mercati. Gli stoccaggi europei sono attestati su livelli storicamente bassi e dovrebbero chiudere l’anno con giacenze pari al 50% della capacità. In prospettiva, l’offerta potrebbe aumentare qualora l’attuale differenziale positivo tra i prezzi europei e i prezzi asiatici del gas naturale dovesse permanere, incentivando le forniture di GNL verso l’Europa. Il prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso nel mercato nazionale ha recepito gli andamenti dei prezzi del gas e della CO2. Con riferimento al primo trimestre del 2022, alle tensioni nel mercato del combustibile e della CO2 si sommano i rischi di minori importazioni di elettricità dalla Francia, a causa del fermo di alcuni reattori nucleari annunciato dalla società EDF.

“Noi allevatori i rincari li paghiamo tre volte: a casa, in stalla e in caseificio” Luce, gas, prodotti alimentari: negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un aumento preoccupante dei prezzi. Come è la situazione dal suo particolare osservatorio? Noi allevatori i costi li dobbiamo pagare tre volte: a casa, in stalla e in caseificio. La situazione e veramente drammatica e in tanti anni di lavoro non ho mai visto un problema così grosso e così grande da diventare insostenibile. Ogni giorno ci indebolisce e ci erode la capacita di continuare; incidono tanto le voci dell’alimentazione degli animali e poi qualsiasi cosa che si compra costa molto di più, per non parlare dell’energia e del gasolio: per finire, il caseificio ma sopratutto la latteria, con

Il presidente Renato Costa e il vice presidente del Consorzio Latte Trento Ezio Valenti sottolineano la situazione preoccupante per gli allevatori colpiti in maniera importante dai rincari l’incidenza sul litro del latte e sulle confezioni con costi che ormai sommati arrivano a 20 cent. Non possiamo continuare così, questa è zona di montagna e i prodotti sono una risorsa per il territorio. La nostra attività ha dei riflessi su tutto il sistema

economico sociale. Alcune stalle hanno già chiuso per paura e perché già tanto al limite. Tante altre chiuderanno nei prossimi mesi quando l’agonia aumenterà l’indebitamento e non arriveranno più i soldi del latte sufficienti per pagare le voci di costo.

Come si ripercuotono questi rincari sui prezzi dei suoi prodotti? Abbiamo provato ad aumentare i prezzi ma nessuno è disposto ad accettare l’entità della differenza e si riduce a riconoscere solo pochi centesimi inutili e troppo miseri

per impattare la consistenza dell’importo dei rincari. Crede che questa situazione possa provocare una diminuzione della domanda da parte dei consumatori e quindi del volume d’affari della sua azienda?

Sicuramente anche le famiglie si vedranno costrette ad ridurre e a contenere al minimo gli acquisti e ci sarà l’effetto boomerang del calo delle quantità che peggiorerà ulteriormente il conto economico. Guardiamo alla prossima estate. Con il superamento, ci auguriamo, dell’emergenza Covid-19, che prospettive prevede per la sua attività? Non so quando si tornerà alla normalità e se questa effettivamente sarà come prima, perché il mondo ha più paura e nessuno fa le cose naturalmente come prima senza mille accortezze e modifiche al suo comportamento. E quindi ci saranno ancora problemi.


Focus: Caro bollette

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La cena al ristorante è diventata un lusso che in pochi si permettono Luce, gas, prodotti alimentari: negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un aumento preoccupante dei prezzi. Come è la situazione dal suo particolare osservatorio? Anche dal punto di vista ristorativo/ricettivo quello che sta accadendo in questo periodo è decisamente preoccupante, soprattutto perché veniamo da due anni particolarmente difficoltosi per via della pandemia, ed è sotto gli occhi di tutti che il nostro comparto è stato sicuramente uno dei più colpiti da tutte le varie normative/leggi anticovid. L’unica nota positiva era la sensazione che con il risolversi, anche se lentamente, della situazione pandemica si sarebbe potuti ritornare ad una quasi normalità del lavoro e questi grossi aumenti che già ci sono stati, oltre a quelli che si prospettano, ci riportano proprio sul filo del burrone e direi pure un po’ inermi oltre che preoccupati. Come si ripercuotono questi rincari sui prezzi dei suoi prodotti? Purtroppo i rincari che stanno avvenendo si possono recuperare solo in

Daniele Bertolini, titolare del ristorante e pub La Contea: “L’idea è quella di rimodulare la nostra offerta ristorativa con una politica aziendale che sfrutti di più materie prime locali non sottoposte così a lunghi e costosi trasporti aumentando la qualità dove possibile senza che questo si ripercuota sul prezzo”. due modi: aumentando il prezzo di vendita e cercando di limitare al massimo le spese, soprattutto quelle superflue. Sperando che i nostri Amici/Clienti non ritengano superfluo andare al ristorante! Noi come azienda, avendo la possibilità, abbiamo deciso per il momento di aspettare ancora qualche settimana per poter fare delle valutazioni generali a 360 gradi, cercando nel frattempo di capire se i rincari sono straordinari o strutturali e permanenti. L’idea è quella di rimodulare la nostra offerta ristorativa con una politica

aziendale che sfrutti di più materie prime locali ( non sottoposte così a lunghi e costosi trasporti) aumentando la qualità dove possibile senza che questo si ripercuota sul prezzo di vendita ai clienti. Crede che questa situazione possa provocare una diminuzione della domanda da parte dei consumatori e quindi del volume d’affari della sua azienda? Questo è un dato di fatto già da qualche settimana/ mese ed è anche nel nostro settore il prolungamento dello stato delle cose pro-

vocato dalla pandemia. Si vede proprio come alcuni tipi di clientela, ad esempio le famiglie, abbiano tolto dalla loro programmazione l’uscita al ristorante/ pizzeria se non settimanale almeno periodica. Altro esempio, le varie ricorrenze religiose sono festeggiate in casa o in modalità più limitata. Sicuramente le aziende del campo ristorativo come la nostra sono in questo periodo in difetto di programmazione soprattutto a medio-lungo periodo e questo si ripercuote a catena sugli investimenti o sulle assunzioni dei collaboratori.

Guardiamo alla prossima estate. Con il superamento, ci auguriamo, dell’emergenza Covid-19, che prospettive prevede per la sua attività? L’impressione ad oggi è che se supereremo l’emergenza le prospettive per la stagione estiva sono buone e anche qualcosa in più sia pure in un momento di grande cambiamento, come dicevo prima purtroppo mancano le certezze e questo non permette di programmare-preparare al massimo la prossima stagione. Io sono un’ ottimista per natura e per le attività

che mi circondano, sto preparando con i miei soci e collaboratori una serie di novità per dare servizi nuovi, sempre all’altezza della richiesta che possano stimolare la ripartenza. Speriamo che anche il tempo (...meteorologicamente parlando...) nella primavera sia benevolo e ci permetta di poter iniziare la stagione estiva con qualche week-end settimana prima del solito aiutando cosi il settore turistico a dare il via alla stagione nel migliore dei modi e rinnovato entusiasmo.


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Attualità

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Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in Trentino Da mesi sentiamo parlare ogni giorno dalla televisione e dai giornali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in breve PNRR, ma per molti questa importante azione di sviluppo è ancora un oggetto misterioso soprattutto a livello locale ed è quindi opportuno fare un po’ di chiarezza. Il PNRR è il documento che ciascuno Stato membro deve predisporre per accedere ai fondi del Next Generation EU (NGEU), lo strumento introdotto dall’Unione europea per la ripresa post pandemia Covid-19, rilanciando l’economia degli Stati membri e rendendola più verde e più digitale. È un programma da 750 miliardi di euro, costituito da sovvenzioni e prestiti, la cui componente centrale è il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza che ha una durata di sei anni, dal 2021 al 2026, e una dimensione totale di 672,5 miliardi di euro (312,5 sovvenzioni, i restanti 360 miliardi prestiti a tassi agevolati). Il Governo italiano ha quindi predisposto il PNRR per illustrare alla Commissione europea come intende gestire i fondi europei, descrivere i progetti che intende realizzare con questi fondi e delineare il calendario delle riforme associate all’attuazione del Piano e, più in generale, finalizzate alla modernizzazione del Paese. Il 27 maggio 2020, la Commissione europea ha proposto lo strumento Next Generation EU, dotato di 750 miliardi di euro, oltre a un rafforzamento mirato del bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2021-2027. Il 21 luglio 2020, durante il Consiglio Europeo, i capi di Stato o di governo dell’UE hanno raggiunto un accordo politico sul pacchetto. Il 12 gennaio 2021 il Consiglio dei ministri ha approvato una proposta di PNRR sulla quale il Parlamento ha svolto un approfondito esame, approvando le proprie conclusioni il 31 marzo 2021. Il Governo guidato da Mario Draghi ha provveduto quindi ad una riscrittura del Piano, anche alla luce delle osservazioni del Parlamento. Nel mese di aprile 2021, il piano è stato discusso con gli enti territoriali, le forze politiche e le parti sociali.

Missione 4- Istruzione e ricerca. Fanno parte della Missione gli investimenti relativi ai Piani: per gli asili nido e le scuole dell’infanzia,(dovrebbe rientrare l’asilo nido di Breguzzo e quello di Comighello) di estensione del tempo pieno, per le infrastrutture per lo sport nelle scuole, di messa in sicurezza e riqualificazione delle scuole. Alla Provincia sono stati assegnati 64 milioni. Vanno presentati i progetti e quindi bisogna attendere ancora qualche mese per avere l’elenco definitivo degli interventi. Ci sono poi in programma progetti per alloggi universitari (Centro residenziale San Bartolomeo 3 con altri 110 posti e area “ex asilo Manifattura” 200 posti.

di Enzo Ballardini

Alla nostra Provincia assegnati 270 milioni di euro al netto del bypass ferroviario di Trento che da solo vede destinati 930 milioni Il PNRR italiano prevede investimenti per un totale di 222,1 miliardi di euro: 191,5 miliardi di euro sono finanziati dall’Unione europea attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto e 122,6 miliardi sono prestiti), e ulteriori 30,6 miliardi di risorse nazionali. La quota di risorse più consistente è destinata alla realizzazione dei progetti relativi alla rivoluzione verde e transizione ecologica che riceverà poco meno di 60 miliardi di euro. Per la digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura sono assegnati circa 40,7 miliardi, mentre all’istruzione e ricerca quasi 31. Circa 25 miliardi saranno poi assegnati alle infrastrutture, quasi 20 a coesione e inclusione e circa 15 alla missione salute. Tutti gli interventi previsti dovrebbero essere realizzati, meglio usare il condizionale vista la situazione italiana, entro 5 anni. Sono due gli obiettivi fondamentali del PNRR: riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica e contribuire ad affrontare le debolezze strutturali dell’economia italiana: divari territoriali; basso tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro; debole crescita della produttività; ritardi nell’adeguamento delle competenze tecniche, nell’istruzione, nella ricerca. Il Piano prevede inoltre un ambizioso programma di riforme, per facilitare la fase di attuazione e più in generale contribuire alla modernizzazione del Paese e rendere il contesto economico più favorevole allo sviluppo dell’attività di impresa: • Riforma della Pubblica Amministrazione per dare servizi migliori, favorire il reclutamento di giovani, investire nel capitale umano e aumentare il grado di digitalizzazione.

• Riforma della giustizia mira a ridurre la durata dei procedimenti giudiziari, soprattutto civili, e il forte peso degli arretrati. • Interventi di semplificazione orizzontali al Piano, ad esempio in materia di concessione di permessi e autorizzazioni e appalti pubblici, per garantire la realizzazione e il massimo impatto degli investimenti. • Riforme per promuovere la concorrenza come strumento di coesione sociale e crescita economica. E adesso passiamo dal livello europeo e nazionale a quello della nostra Provincia. Inizialmente, nel 2020 la Provincia aveva presentato 32 progetti rapidamente appaltabili, per un valore di 2,3 miliardi, sollecitata dal governo Conte per accedere alle risorse europee del Recovery Fund. Poi caduto il Governo Conte è arrivato il Presidente Draghi che ha «azzerato le proposte delle Regioni» e sono cambiate parzialmente anche le regole, con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), condiviso con l’Europa. Ora le risorse ottenute dal Trentino sono molte di meno, pari a 1,2 miliardi di euro, di cui 930 milioni (il 73%) solo per la circonvallazione ferroviaria di Trento realizzata dallo Stato tramite Rfi, e i progetti sono quelli che rispondono ai requisiti dei bandi ministeriali. A precisarlo in consiglio provinciale l’Assessore alle attività economiche e ricerca, Achille Spinelli, rispondendo a una richiesta di consiglio straordinario presentata da Alessandro Olivi (Pd) e Paolo Zanella (Futura), per informare l’aula sullo stato di questo fondamentale progetto di sviluppo. L’Assessore ha dunque elencato le risorse ottenute e i progetti a cui sono destinate, che al netto della circonvallazione ferroviaria, ammontano a 322 milioni per investimenti

da programmare da parte della Provincia, enti locali e altri enti pubblici e 13,4 milioni per interventi di soggetti privati. Ecco quali sono i progetti che rientrano nel PNRR, precisando che per ora l’elenco non è ancora completo e definitivo in quanto per alcuni bandi non sono ancora state individuate nel dettaglio le opere da finanziare: Missione 1 - Digitalizzazione, competitività, cultura e turismo. Per la rigenerazione dei piccoli borghi c’è il progetto pilota di Palù del Fersina, che coinvolgerà l’intera Valle dei Mocheni, per un valore di 20 milioni di euro. Prevista la partecipazione di altri comuni per 3,5 milioni di cui la Provincia ha l’assegnazione. Missione 2 - Rivoluzione verde e transizione ecologica. Per autobus elettrici nelle aree urbane e autobus a metano per il trasporto extra urbano: 12 milioni di euro; treni per la linea della Valsugana per più di 5 milioni di euro; piste ciclabili urbane (comune di Trento) per quasi 2 milioni di euro e alle ciclovie turistiche 7 milioni di euro sulla ciclovia del Garda; riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica per quasi 16 milioni di euro; nuove scuole per sicurezza e risparmio energetico

per 7,5 milioni (i Comuni hanno già presentato domanda, qui dovrebbe rientrare la scuola media di Ponte Arche e Roncone, ma bisognerà attendere per avere l’elenco definitivo; l’efficienza energetica dei Comuni: quasi 58 milioni di euro). Ci sono poi complessivi 27 milioni per investimenti post-Vaia e iniziative idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento con un finanziamento di 13 milioni di euro. I consorzi di miglioramento fondiario 14 progettualità per un totale di 84 milioni di euro, rispetto alle quali si è in attesa di finanziamento. La Provincia punta inoltre al progetto Idrogeno Valley in un sito industriale dismesso che potrebbe essere localizzato o sull’asse del Brennero o in Valsugana; i progetti connessi alla bonifica dei siti per la quale sono previste risorse stimabili in poco meno di 5 milioni, a cui si potranno sommare quelle per l’area ex Alumetal, e il progetto pilota “Green community” della Valle di Fiemme. Missione 3 - Infrastrutture per una mobilità sostenibile. Per il corridoio ferroviario europeo Nord - Sud Verona-Brennero, inserito tra le opere ferroviarie strategiche nazionali il bypass ferroviario di Trento (opera da 930 milioni in capo a Rfi).

Missione 5 - Inclusione e coesione. Sono stati previsti in via orientativa oltre 11 milioni per sostegno alle persone vulnerabili e anziani, disabili e housing temporaneo. Ci sono poi 43 milioni sul fronte delle politiche attive del lavoro, richiamo il Programma “Garanzia di occupabilità dei lavoratori”. C’è poi il progetto di rigenerazione urbana di Riva del Garda e ammesso a finanziamento per 5 milioni di euro e interventi di messa in sicurezza della rete viaria nelle aree interne della Valle di Sole e Tesino per poco meno di 3 milioni di euro. Missione 6 - Salute. Previste 10 Case della Comunità (15 milioni), 3 Ospedali di Comunità per i ricoveri brevi (8 milioni) e 2 milioni per 5 Centrali operative territoriali (COT). Per questi interventi il mistero è ancora fitto in quanto non si capisce come si integreranno con la riforma della Sanità provinciale mentre sembra certo che non saranno localizzati nelle Giudicarie. Per la digitalizzazione degli ospedali ci sono quasi 12 milioni e per l’ammodernamento del parco tecnologico (quasi 10 milioni). Infine ci sono 17 milioni per l’adeguamento antisismico degli ospedali di Rovereto e Borgo Valsugana. Nei prossimi mesi si dovrebbe avere l’elenco preciso delle opere finanziabili per capire le ricadute sul tessuto economico e sociale della nostra Provincia.


Persone

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“L’Euro, un’àncora di stabilità nel mare tempestoso dei mercati internazionali” Mauro Battocchi, originario di Tione, è l’ambasciatore italiano in Cile. È stato anche responsabile per gli Affari istituzionali internazionali del Gruppo Enel e successivamente Consigliere diplomatico presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Una carriera nel mondo diplomatico, la sua, molto importante, che dalle Giudicarie lo ha portato a vivere il mondo: da Bonn a Tel Aviv a San Francisco e oggi il Sudamerica. Proprio nell’ambito del suo lavoro si trovò in una posizione di prima fila quando negli anni Novanta venne avviato il processo che ha portato all’adozione della moneta unica europea: un momento cruciale della storia del Bel Paese i cui retroscena non sono molto noti al grande pubblico. Raccontato in prima persona, il libro ripercorre quei concitati giorni nei quali l’Italia rischiava di perdere il treno europeo, il lavoro di Carlo Azeglio Ciampi e Mario Draghi, i dubbi di un Paese come la Germania, in crisi di identità dopo l’unificazione con le regioni dell’Est ma ansiosa di compiere il grande salto della globalizzazione. Nell’Italia che si appresta ad attuare il PNRR disegnato da Mario Draghi, protagonista di quella battaglia accanto a Carlo Azeglio Ciampi, le vicende di quegli anni riacquistano attualità e spingono a riflettere su come affrontare al meglio la fase storica che stiamo vivendo.

Non fu affatto scontato per l’Italia, a fine anni Novanta, entrare nella moneta unica. Lei che è stato testimone diretto allora, ci racconta il dietro le quinte di quel cruciale negoziato? Nella “Partita dell’Euro” ho cercato di restituire fedelmente la dimensione umana e i dietro le quinte di un negoziato tra i più complessi per il nostro Paese degli ultimi decenni. Fu un braccio di ferro che l’Italia condusse tra il 1996 e il 1998, soprattutto con la Germania, per evitare l’esclusione dalla moneta unica europea. Nella sua recensione, il Sole24Ore ha scritto che il racconto assume a tratti i ritmi di un romanzo, anche se non ha nulla di finzione. Lo scenario é quella di una Bonn brumosa e grigia nello stile dello scrittore di thriller John Le Carré. Quando Germania e Francia s’incamminano ad attuare il Trattato di Maastricht, l’Italia ha da poco sfiorato la bancarotta e ha appena visto implodere la Prima Repubblica. I nostri conti sono lontani dal rispettare i parametri per entrare nell’Euro. Ma il Governo guidato da Romano Prodi, con Carlo Azeglio Ciampi (e Draghi) al Tesoro, decide

mettersi alla prova nella vita all’estero.

di Denise Rocca

Mauro Battocchi, originario di Tione, è l’ambasciatore italiano in Cile. Testimone del negoziato dell’Italia per l’ingresso nella moneta unica ne racconta l’avvincente e poco noto dietro le quinte nel libro “La partita dell’Euro. Italia-Germania tra cronaca e storia” (Università Bocconi Editore, 2022, 16,00 €). comunque di tentare un’impresa che sembra disperata: abbattere il deficit dal 7% al 3% del Pil entro il 1997 e, soprattutto, convincere i partner europei, Germania in testa, del fatto che non si tratta di un episodio ma dell’inizio di un percorso per rendere il Paese capace di competere sullo scenario globale senza usare scorciatoie come la periodica svalutazione della Lira. Nel libro mostro i volti e le angosce di politici, diplomatici, banchieri e della gente comune. Conduco il lettore sull’ottovolante di quei mesi spasmodici, pieni di colpi di scena. Rimanendo in tema di Euro, che ruolo ha la moneta unica oggi nell’attuale scenario internazionale? L’Euro non é la panacea che risolve tutti i problemi, ma é di sicuro un’àncora di stabilità nel mare tempestoso dei mercati internazionali. Basta guardarsi intorno e vedere le intemperie che hanno attraversato e stanno attraversando vari Paesi emergenti che non hanno il lusso di avere in tasca una valuta internazionale robusta e rispettata. Questa era in fondo la ragione ultima del perché si percepiva all’epoca che bisognava entrare nell’euro a tutti i costi. Lo dice bene Carlo Azeglio Ciampi in una frase che metto all’inizio del libro. Senza dimenticare che con gli acquisti dei titoli italiani la Banca Centrale Europea ci permette di sostenere un debito pubblico elevato. E adesso l’Europa s’indebita in quanto Europa per darci risorse per investire nel nostro futuro con il PNRR. È stato in visita in Trentino di recente per occuparsi di un altro progetto culturale, questa volta dedicato alle vicende dell’ambasciata italiana in Cile durante il golpe di Augusto Pinochet. Un ruolo quello giocato dall’ambasciata poco noto al grande pubblico. Ci anticipa qualcosa del lavoro che sta facendo con la Fonda-

zione Museo Storico? L’Ambasciata italiana a Santiago nel periodo 1973-1975 ebbe un ruolo straordinario per aiutare centinaia di perseguitati dal regime militare a mettersi in salvo e poi a uscire dal Cile. Dietro a quella vicenda c’é l’impegno di alcuni funzionari

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che si assunsero la responsabilità di aprire le porte della nostra rappresentanza per motivi umanitari. C’é inoltre l’impegni di tanti eroi silenziosi che fuori dall’Ambasciata aiutarono gli avversari del regime anche a rischio della propria incolumità. Tra queste spicca l’impegno

della nostra corregionale Valeria Valentin, che lei stessa non ha mai voluto mettere in evidenza. Ha fatto il bene senza cercare in nessun modo di farsene vanto. Credo che quanto sta facendo la Fondazione Museo Storica per valorizzare la sua storia sia molto importante per tenere alta la memoria di quelle vicende. La sua formazione universitaria è stata alla Bocconi di Milano, ma è partito da Tione, suo paese natale. Il nostro giornale è diffuso nella vallata giudicariese, ad un giovane che ci legge cosa direbbe sulla possibilità di intraprendere una carriera impegnativa come la sua partendo da una periferia come sono le Giudicarie? Ai giovani e ai giovanissimi delle nostre terre direi di non rinunciare a coltivare i propri sogni. Con molto lavoro e molta tenacia – non ci sono scorciatoie! – si può andare lontano. La Farnesina assume ogni anno una cinquantina di giovani per formarli al servizio diplomatico della nostra Repubblica. Non conta la provenienza, conta solo la capacità di superare un esame molto rigoroso e poi di

Parliamo del suo percorso professionale. Negli ultimi 25 anni è stato a Bonn, Tel Aviv, San Francisco e Santiago del Cile, con diversi incarichi: cosa l’ha sorpresa di più nelle persone e dei Paesi in cui è stato? Non c’é lezione di vita piú utile che vedere il mondo da punti di vista diversi. Vivendo in posti diversi si comprende che le nostre teorie sono sempre relative al luogo e allo spazio in cui nascono e prosperano. Prima di catalogare ció che é bello o brutto, giusto o sbagliato, é sempre utile e sano guardare al tema da altre angolature. Ed essere pronti a correggere le proprie opinioni. Consiglio ai ragazzi giudicariesi di uscire dalla loro “zona di confort” e di fare esperienze all’estero. Torneranno a casa portando con sé nuove prospettive. Oggi è ambasciatore in Cile. Come sono i rapporti con il nostro Paese? C’è anche qualche relazione “trentina”? I rapporti tra Italia e Cile sono ottimi, con un forte interscambio commerciale, investimenti diretti di grandi aziende italiane come l’Enel e una robusta comunitá di oriundi italocileni. Nel nord del Cile dagli anni Cinquanta é presente una comunitá di emigrati trentini che ha saputo costruire da zero attivitá economiche e una Scuola italiana molto rispettata. Nel novembre scorso ho partecipato alla Serena alla celebrazione dei settant’anni dall’arrivo in nave, da Genova, dei primi migranti trentini: un momento commovente e un’occasione per dare riconoscimento al grande lavoro che i nostri conterranei hanno realizzato in terra cilena.


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Il Saltaro

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Mosche, insetti e vermi, prelibatezze contemporanee

Col freddo che fa non c’è riparo. Oddio, l’osteria della Maroca non è male, riscaldata da una vecchia stufa a “olle”, garantisce tepore ed entusiasmo a sufficienza per riprendere i confronti d’umore e di pensiero politico boicottati da Dio e dai mille virologi che per anni ormai ci hanno costretti in casa a meditare sulle altalene umane che quando sembra che tutto fili a meraviglia, basta un microscopico Virus per stenderti a terra, non proprio, ma stenderti sul canapè in attesa che passi la giornata, nella noia della solitudine, e della non sempre gradita compagnia della suocera saccente. “Finalmente liberi” sembra dire l’Abele, contento di poter rivedere finalmente i vecchi sodali: l’Arcadio, a prima vista di molto dimagrito, el Gelindo, barbuto come non lo era mai stato, l’Eusebio, dalle “braghe” rattoppate, fatte più di rattoppi che del tessuto originale, el Fiorani, che balbetta con l’intero viso, con la voce, con le ciglia tremolanti e le orecchie caduche, ma gran cervello fino, e il sindaco Filippo, santo protettore per l’occasione. La vecchia Maroca, prudente come sempre, ha lasciato l’osteria in provvi-

soria gestione alla Paradisa, sua coetanea. Tutti bene, chi più chi meno, e tutti ansiosi di riprendere i saggi ragionamenti del passato. Il virus sembra finalmente sconfitto, basta mascherine, forse al chiuso, come nel loro caso le mascherine sarebbero ancora d’obbligo, ma il sindaco Filippo, dall’alto del suo carisma, le ha abolite ovunque: “Basta mascherine, mi hanno rotto...Guardiamoci in faccia finalmente, riprendiamoci la nostra libertà...” Applauso unanime, mai più mascherine. “Paradisa, portaci un fiasco di quello buono, senz’acqua, spero che la Maroca non ti abbia insegnato i suoi trucchi...” dice col suo vocione l’Abele. Non che la Paradisa sia tanto meglio della Maroca, veste come una zingara di prima della guerra, ha capelli giallognoli che sembrano di stoppa, una faccia scarnita da vecchia arpia, ma il suo mestiere lo fa bene, e questo basta. “Vengo ora dal rifugio di Val Bona, sono stato invitato a pranzo da alcuni amici, che mangiata, per Dio, sono proprio pieno...” confessa il sindaco Filippo. “Anch’io...durante questa clausura ho solo mangiato e sono cresciuto di peso...e non di poco!” con-

ferma el Gelindo. “Ormai è stato il mangiare il pensiero principe di questi mesi di chiusura, e la moglie: cosa facciamo oggi a pranzo...ti va bene questo...o questo... o quest’altro...una bistecca al giorno, abbiamo svuotato il freezer...” racconta il Fiorani, l’arguto. “ Già, adesso si pensa quale cibo scegliere per pranzo e cena, ma quando eravamo bambini, era già molto se c’era un po’ di pane e salame o una fetta di polenta avanzata...com’è cambiato il mondo...” dice l’Eusebio con non poca tristezza. E poi riprende il bandolo il sindaco Filippo: “Ho letto da qualche parte che oggi gli Italiani divorano una cinquantina di chili di carne all’anno. Ai nostri tempi si mangiava la gallina ripiena il giorno della sagra, e altrimenti quando c’era in tavola una gallina o era malata o c’era il nonno malato….allora si mangiava si e no una decina di chili all’anno e basa manina. Talvolta quando in malga moriva una manza o un vitello, lo si attaccava al muro nel mio corridoio e lo si vendeva a “tocchi” e venivano tutti, non tanto per la carne, quanto per essere solidali con chi aveva subito il danno alla propria stalla. Pesce non se

ne mangiava, se non qualche trota in casa dei pochi pescatori, oggi anche da noi, in montagna, si mangiano circa 15 chili di pesce di varie specie….oh..mangiamo di più adesso, tanto di più, ma non saprei se oggi mangiamo anche meglio...” lascia tutti con un interrogativo non da poco sul tavolo il sindaco Filippo. “ Mah…- interviene l’Arcadio competente in materia, per vent’anni ha fatto il cuoco nei cantieri delle dighe in val di Daone, faceva da mangiare per mille e più operai, e di cibo se ne intende - ...ma si, adesso i cuochi sono degli specialisti, fanno le scuole, imparano bene, si guarda più alla tecnica del cucinare che agli ingredienti che si usano...sono scomparsi i sapori originari, ormai i prodotti sono tutti uguali, tutta roba industriale, si cucina sempre meno in casa e allora non si tramandano più le vecchie ricette, i vecchi sapori...” A questo punto è il Fiorani che dice la sua: “Ormai non si ricordano più i cibi prelibati delle sagre o dei grandi avvenimenti in paese...chi tra le nuove generazioni ricorda la “polenta concia” a base di burro fatto in casa, la polenta e osei, la boia, la lepa, i fradagoi, el brò brusà, i fa-

soi enbraghe, l’mpoarada, la gallina coll’”impium”, el sanch rostì, le greppole, ...ormai i cibi genuini sono rimasti pochi, come poche sono le persone che si dedicano alla cucina...purtroppo questo non va bene, di solito la quantità non genera mai la qualità.” E l’Abele cerca di tirare qualche conclusione: “ L’è inutile contarsela e girarghe entorno: cinquant’anni fa le donne italiane cucinavano per quattro ore al giorno, oggi la donna scongela per circa mezz’ora al giorno. Lavorano un po’ tutti, donne comprese, a mezzogiorno nessuno torna a casa a pranzo. Si mangia in ufficio, a scuola, in mensa, il fast-food, si mangia un panino trangugiandolo in piedi, tutti modi di saziarsi che hanno sostituito la cucina casalinga. Il pranzo del mezzogiorno ormai lo si vive il sabato (non sempre) o le feste comandate.” “Il bello è che adesso che ognuno di noi che mangia più di 800 chili di cibo all’anno, che le vacche hanno raddoppiato la produzione del latte, che le galline fanno due uova al giorno, che i vitelli si gonfiano in un paio di mesi, che la verdura sempre più verde e i pesci sempre più lucidi, che si possono ricavare 120

Cosa MEttiamo Un locale nel comune di Sella Giudic

chili di prosciutto con solo 100 chili di maiale ( gonfiandoli con i polifosfati), adesso l’unica preoccupazione degli Italiani è diventata quella di ridurre il peso corporeo. Per fortuna che avanzano in ogni parte del mondo e recentemente anche in Europa, nuovi alimenti a base di fibre di cellulosa che possono sostituire i cibi tradizionali, ma ancora meglio recentemente l’Europa ha autorizzato anche da noi una nuova cucina a base di insetti: grilli, larve, vermi, cavallette, scarafaggi, tutti insetti commestibili, trattati e trasformati in farine impiegate poi nella produzione di alimenti.” così ha concluso il sindaco Filippo che aggiunge: “A parità di peso il cibo preparato con questi componenti conterrà circa un 40% di calorie in meno rispetto a quello tradizionale. Non è il massimo, a qualcuno farà anche schifo, ma oggi come oggi non sembra un problema...” Il vostro Saltaro basito, lascia i sodali continuare nei loro lungimiranti ragionamenti e se ne torna nell’alto dei cieli. Ha preso appunti e non vede l’ora di discuterne con i Santi Protettori della nostra terra….modernizzazione sì, ma vermi e scarafaggi no! Mai!


Riflessioni Omne agens agendo perficitur Continuare a dare aiuti a chi non ne ha bisogno anche dopo il superamento del periodo di difficoltà significa deviare dai principi sia di sussidiarietà sia di solidarietà. È necessario evitare politiche pubbliche di intervento a sostegno di realtà sociali ed economiche che possono fare da sé.

di Paolo Magagnotti Quando eravamo povera gente - prendo a prestito questa espressione, con relativo contesto, dal titolo del libro di Cesare Marchi del 1988 - le nostre comunità, soprattutto nelle valli, quando qualcuno era in difficoltà veniva aiutato da chi ne aveva la possibilità e, superato il periodo di difficoltà, l’aiuto veniva doverosamente sospeso. Nel migliorare le condizioni di vita nella nostra società sembra che spesso questo comportamento ispirato dal fondamentale principio di solidarietà abbia assunto un cambiamento negativo e contrario ad un altro principio che dovrebbe pure essere basilare della società, ossia la sussidiarietà, in base a quale – lo abbiamo già visto nelle precedenti puntate di queste nostre riflessioni - un’entità superiore non deve

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assumere le funzioni che in maniera soddisfacente possono essere svolte da un’entità inferiore, mentre la prima deve doverosamente intervenire in termini di aiuto sussidiario in favore della seconda quando questa non è in grado di far fronte ai propri bisogni. Realizzatesi le condizioni per cui è dimostrabile che chi viene aiutato può arrangiarsi da solo non vi è ragione di principio per cui l’aiuto debba continuare. Al riguardo vale un principio di comportamento che possiamo definire di autoeliminazione. Lo stesso termine latino subsidium, da cui deriva sussidiarietà, va inteso come un aiuto tenuto in riserva per chi non arriva a fare una cosa che gli spetta di fare. L’aiuto – se tale vuol rimanere – che la società maggiore deve dare alla società minore, deve

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L’aiuto strutturale indebolisce la società e crea ingiustizia avere delle limitazioni, nel senso che, sia durante sia dopo l’azione di aiuto, la società maggiore non deve assorbire né le funzioni né la struttura nel suo insieme delle società minori. La società maggiore pertanto, deve autolimitarsi, fino all’autoeliminazione nella sua funzione di aiuto: quando il proprio intervento ha portato i soggetti aiutati ad un livello tale che essi stessi possono proseguire con le proprie forze per soddisfare i propri bisogni, la società maggiore deve ritirarsi ed intervenire nell’eventualità che la società minore si trovi nuovamente nelle condizioni di essere aiutata. Attivare azioni di aiuto nei confronti di una società minore in difficoltà per poi conservare l’”occupazione” di spazi in cui si è intervenuti per una doverosa e legittima

attività sussidiaria in aiuto a chi ne aveva bisogno, significa anche l’imitazione degli spazi di libertà dei soggetti – considerati sia individualmente sia nella loro globalità – della società minore. Continuare nell’aiuto non necessario significa anche impigrire i destinatari dei sussidi, oltre che

creare delle pericolose condizioni di dipendenza delle quali il soggetto – privato o pubblico che sia – può approfittare, determinando magari degli auto-condizionamenti che possono essere dannosi – se non addirittura pericolosi – sia per gli individui singolarmente sia per la società nel suo

insieme. In riferimento all’applicazione del principio di sussidiarietà per rapporto all’ente pubblico – pensiamo ad esempio alla Provincia autonoma, nel rapporto sia con i singoli sia con organizzazioni di varia natura o di enti territoriali – sono assolutamente da evitare politiche di intervento e diventano strutturali nell’accompagnare le attività socioeconomiche anche quando le condizioni sociali o di mercato sono tali per cui la persona bisognosa o l’impresa possono operare e svilupparsi con propri mezzi e proprie forze. Quando si sente dire che ormai si è stati abituati ad avere sempre aiuti dal Pubblico e è difficile far cambiare la mentalità non si fa altro che indebolire le risorse della società, oltre che perseverare nell’ingiustizia.

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V I S I TA S P E C I A L I S T I C A A N G I O L O G I C A O FLEBOLOGICA CON ECOCOLORDOPPLER, SCLEROTERAPIA ESTETICA.

C O N S U LT O M A S S O F I S I O T E R A P I C O, M A S S A G G I O M A S S O F I S I O T E R A P I C O, ELETTROTERAPIA.

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DINO RIGOTTI

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Il grido dell’Ucraina

di Paolo Magagnotti Quello che molti non credevano, e che altri, fra cui chi scrive, ritenevano certo, è accaduto. La Russia dell’imperialista Vladimir Putin non si è accontentata di due piccole regioni ai suoi confini, ma con brutalità inaudita ha invaso l’Ucraina, Paese indipendente e sovrano, che dopo essere uscito dal giogo sovietico ha cercato legittimamente di orientare la sua politica e i suoi rapporti internazionali su un Occidente nel quale sentirsi più sicuro e integrato. Certo, un Paese che al suo interno culla anche sacche di un nazionalismo patologico che non è indubbiamente un fatto positivo, e che non ha di certo agevolato l’attuazione degli accordi di Minsk sul Donbass. Questo conflitto, più che la guerra della Russia è la guerra di Putin, che ha cosi colpito la culla dove la sua Russia è nata. Le patologie, tuttavia, si cerca di curarle con trattamenti terapeutici adeguati e non infilando il coltello nel corpo del paziente. La nuova leadership del presidente Zelensky si è impegnata, seppur fra non poche difficoltà e resistenze interne, a portare il

Paese verso una democrazia stabile. Una democrazia che avrebbe potuto, fra l’altro, “contagiare” l’autoritarismo antidemocratico e le ambizioni di espansione di chi al Cremlino ha nostalgia di Pietro I il Grande e non tollera “ingerenze democratiche”. I massacri di vite umane – è stata terribile l’uccisione di molti bambini – e le distruzioni che da alcuni giorni sono sempre davanti ai nostri occhi sugli schermi televisivi non possono trovare parole sufficienti per descriverle; quelle immagini - soprattutto quelle di bambini piangenti o riuniti in gruppi per preparare bombe artigianali - penetrano e vengono fatte proprie dai nostri sentimenti più intimi, che soli possono, forse, interpretarle. Più che soffermarmi nel parlare e descrivere quello che sta succedendo nel cuore di quell’Europa nella quale si sperava che dopo due tragedie mondiali e l’Olocausto certe scene non si dovessero più vedere, desidero riflettere brevemente sul contesto politico attuale e in prospettiva futura.

L’EDITORIALE di Adelino Amistadi Continua dalla Prima Si sono limitati a minacciare sanzioni severe, ma che all’atto pratico erano solo parole. Invece siamo in presenza di una violenta superpotenza, cioè di un pericolo reale gigantesco, sottovalutato da tutti. Putin ha capito sin dall’inizio che Americani ed Europei non avrebbero mai usato le armi, ma solo le solite parole di biasimo, e così ha dato il via libera all’invasione. Ora, sul piano politico e militare, Stati Uniti ed Europa si leccano le ferite. Putin, a costo di perdere qualsiasi credibilità internazionale, ha messo in moto una forza d’urto violenta e fuori controllo allo scopo di conquistare definitivamente l’Ucraina. Che è due volte l’Italia e ha giacimenti di materie prime, dal gas al grano, da far tremare il mondo. All’inizio s’è sperato che Putin puntasse solo a distruggere le postazioni militari e non l’intero Paese e che si accontentasse di riunire sotto la Russia i territori che dal Donbass arrivano alla Crimea, ma ora è chiaro che Putin vuole conquistare l’intera Ucraina. Nelle intenzioni di Putin la frontiera fra la Russia e l’Ucraina dovrà diventare soltanto un semplice segno sul terreno. Sembra non abbia l’intenzione di annettere l’Ucraina, ma che punti alla “neutralizzazione” imposta con le armi. Un nuovo governo filo-russo, dovrà garantire una neutralità forzata, con un definitivo allontanamento dall’Unione Europea e dalla Nato. Putin vuole imporre uno “stato cu-

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Il presidente della Federazione russa ha scatenato la “sua” guerra contro il Paese dove è nata la Russia animato da aspirazioni imperialistiche. La tigre che cavalca lo mangerà. Sonnambuli irresponsabili Bisogna essere miopi, sonnambuli o irresponsabili per negare che al Cremlino non vi sia un comandante con una lucida pazzia per il quale le vite umane non richiedono alcun rispetto e solo la follia di grandezza imperiale guida il suo pensiero e il suo

agire. Nemmeno il suo ristretto cerchio di collaboratori e oligarchi, probabilmente, riesce sempre a comprendere le sue vere intenzioni. Vi sono peraltro molte cose che si vedono e che si possono coprire in un Paese dove nelle scuole vi sono bambini convinti che

Follia al Cremlino scinetto” al suo sevizio. La risposta dell’Occidente a questo “atto brutale di guerra”, così come l’ha definito, il capo della Nato, è tutta una serie di sanzioni definite “senza precedenti” per colpire la crescita economica e la capacità della Russia di modernizzare la sua tecnologia sia in campo industriale che militare. Misure pesanti sono state messe in atto dagli Usa, d’accordo con gran parte d’Europa, e in tutto il mondo si stanno organizzando manifestazioni di solidarietà con il popolo ucraino che si sta dimostrando eroico e pronto a morire per difendere la libertà e la terra della propria storia e dei propri avi. Alle sanzioni economiche sempre più pesanti da parte dell’Occidente a scapito dell’economia russa, stanno ogni giorno, arrivando in aiuto al popolo ucraino ingenti quantità di armi, munizioni, vestiario, medicinali e viveri da ogni parte della terra: dai Paesi vicini, ma anche dal Canada, dall’Australia, dal Giappone e tanti altri. Ormai Putin viene definito come l’anticristo del ventunesimo secolo. Un uomo cinico, al limite della paranoia, con progetti e illusioni antistoriche, isolato dal mondo e anche dai suoi collaboratori, fuori dalla realtà, ma irriducibile nel voler portare a termine contro tutto e tutti i suoi disegni di riconquista degli spazi dell’antico impero zarista.

Dei suoi detrattori Putin non sembra per niente preoccupato: “Chiunque tenti di crearci ostacoli od interferire - ha minacciato - sappia che la Russia risponderà con delle conseguenze mai viste prima. Siamo pronti a tutto”. Evidente la minaccia dell’uso delle armi atomiche, di fatto già annunciata. Gli Usa vorrebbero aumentare le sanzioni, ma c’è il rischio che le sanzioni americane contro la Russia danneggino l’Europa ancor più della Russia ed in particolare potrebbero mandare verso la fame l’Italia. Se pensiamo che l’Italia importa dall’Ucraina il 64% di grano tenero (pane e biscotti) e del 40% del grano duro destinato alla produzione del nostro piatto principale, la pasta. Senza parlare del rifornimento del gas che dipende quasi al 60% dall’Ucraina e dalla Russia. Gli Usa e gli alleati europei, grazie soprattutto alla leadership americana, sono riusciti, sinora, a mantenere una insperata convergenza su una linea di fermezza e di condanna dell’intervento russo. Un risultato positivo se si pensa alle diverse sensibilità che esistono fra gli europei sul tema dei rapporti con Mosca e alle enormi difficoltà a cui ha dovuto far fronte l’Ue nel passato per definire una linea comune nei confronti della Russia. E così l’ipotesi di sanzioni ancora più pesanti nei confronti

di Mosca potrebbe mettere in difficoltà la solidarietà fra gli occidentali anche perché il rapporto di interdipendenza delle rispettive economie con l’economia russa è molto maggiore per gli europei, cosi come non è un mistero che alcuni stati europei (vedi l’Italia) dipendono molto di più di altri dalle forniture di gas dalla Russia. Infine, guardando in casa nostra, dobbiamo dire che l’Italia s’è mossa finora correttamente in questa vicenda, in piena sintonia con gli alleati Nato, malgrado le note differenze di sensibilità sul tema dei rapporti italo-russi fra i partiti di maggioranza. Mentre il Pd non ha dubbi da che parte stare, una posizione contraddittoria è quella di Salvini. Il leader della Lega non ha mai nascosto la sua linea di grande ammiratore di Putin; tutti ricordano quando disse che “mezzo Putin vale due Mattarella” ed ancor più entusiasta quando definì Putin “uno degli uomini politici migliori sulla terra”, ma con il succedersi dei tragici avvenimenti a Kiev, anche Salvini, oggi, sembra rinsavito e si è dichiarato totalmente d’accordo con le sanzioni da infliggere alla Russia e con l’azione del Governo italiano. Mentre Berlusconi ha scelto di tacere per non tradire il vecchio amico russo, la Meloni ha invece condiviso appieno la posizione dell’Italia: severità e dialogo, alla base

dell’azione governativa. Infatti Draghi ha ribadito con coerenza la necessità di coniugare, nei confronti della Russia, il doppio binario della fermezza e della disponibilità al dialogo. La cautela in questi casi è sempre opportuna. Per finire diamo uno sguardo complessivo all’Europa che da questa situazione tragica deve trarre nuove opportunità per rinsaldare le motivazioni dell’Unione. L’Europa ha dimostrato di non esistere. E non esiste perché non ha una forza militare e, quindi, non ha una politica estera. Purtroppo alla fine sarà l’Europa ha pagare il prezzo della guerra in Ucraina, anche se dovesse chiudere in fretta. Sarà la realtà di quanto è avvenuto ad imporre all’Europa di dotarsi rapidamente di una forza militare unitaria capace di difenderla e di allontanare il pericolo di una guerra globale, cioè atomica. Dopo il campanello d’allarme della pandemia, questa invasione russa ad un libero Stato è una sirena lacerante che interrompe il sonno europeo durato anche troppo a lungo. A questo punto non c’è alternativa alla costruzione di una forza militare continentale unitaria. Nel mondo monopolizzato da un polo dittatoriale Cina- Russia, l’Europa non può essere il bamboccio di carta pesta che fa le spese dello scontro inevitabile, anche se non necessariamente

armato, con l’America. Per non esserlo deve cambiare la situazione attuale, rafforzare il proprio prestigio internazionale, e proporsi al mondo come interlocutore autoritario e credibile. L’alternativa è soccombere o come alleatisudditi dell’America, o come area al servizio degli interessi della Russia e la penetrazione sempre più invadente della Cina. Se non vogliamo che questo accada, dobbiamo fortemente credere in una Europa più unita, più forte e più armata, perché, con tutti i vari Putin che ancora dominano parte del mondo, si deve comunque essere pronti per ogni evenienza. Ho cercato di fare il punto sulla tragica situazione in cui si trova l’Ucraina dopo l’invasione della Russia dei giorni scorsi. Non è facile fare previsioni, ma la movimentazione dell’esercito russo voluta da Putin non sarà facile da fermare, anche se tutti gli uomini dell’Ucraina, molti dei quali rientrati da vari Paesi europei dove avevano trovato lavoro, armati fino ai denti, siano pronti a morire per la loro patria. Per anni, per decenni, si continuerà a parlare di un’invasione deprecabile, ignobile della Russia e una difesa eroica del popolo ucraino. Comunque vada, gli avvenimenti di questi giorni segneranno per sempre la storia dell’Occidente e dell’Europa in particolare.


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svegli i sonnambuli

per il Capo si deve essere disposti a morire. Non dimentichiamo che non molti secoli fa vi è stato anche in Germania qualcuno che, considerato un Trommler quando parlava alle piazze, giunto al potere ha occupato l’Europa e commesso quel genocidio che scuoterà sempre le coscienze fin che mondo esisterà. Anche in questo caso veniva insegnato ai bambini che per lui dovevano essere pronti a morire. Non è tuttavia sempre accettabile è giustificabile dire che non si era capito. Certe cose si possono e si devono capire: se lo si vuole. Non possiamo certamente meravigliarci se il contadino di Bondo non percepisce ciò che si muove intorno al Cremlino, o magari nel complesso dei palazzi Zhongnanhai adiacenti alla Città proibita di Pechino. Non posso tuttavia credere che all’enorme dispiegamento di servizi segreti di tanti Paesi liberi e democratici - fra cui gli stati dell’Unione Europea - possano sfuggire certe situazioni e determinati i pericoli; pericoli che vengono portati all’attenzione di chi deve fare scelte, pensando non solo al presente, ma anche al futuro. Purtroppo molte miopie nazionali prevalgono troppo spesso sui principi e valori e si lascia che derive autoritarie prendano il sopravvento. È ben vero che l’egoismo è un qualcosa che, in maniera più o meno intensa, pullula nelle vene di ogni essere umano. Dobbiamo essere realisticamente coscienti di che cos’è la natura umana. Ma ogni essere umano capace di intendere e di volere ha anche una ragione, che può e deve portare a scegliere. Spetta in primo luogo ai governanti capire che cosa succede nel mondo e dove va il mondo ed agire di conseguenza per sostenere quel bene comune necessario per garantire agli esseri umani soprattutto di vivere in pace nella libertà. Governanti che debbono fare spazio nella loro coscienza a messaggi derivanti dalle ragioni più nobili per cui sono stati eletti e non per conservare il potere. Mi torna talvolta alla mente un incontro che ho avuto all’inizio degli anni Settanta nel piccolo paese di Cavizzana, in val di Sole, quando, mentre parlavamo di taluni problemi locali e provinciali, un giovane contadino disse: “Ma non eleggiamo e paghiamo i politici anche per pensare?”. Ognuno può darsi la risposta opportuna. E l’Unione europea? Per rapporto a quello che sta succedendo in Ucraina non si può indubbiamente fare a meno di pensare che cosa ha fatto e a che cosa avrebbe potuto o dovuto fare l’Unione europea, quell’Unione europea che ha posto alla base della sua origine e del suo impegno costante quello di garantire la pace nel Continente; una pace che – è as-

solutamente necessario riconoscerlo – ha indubbiamente contribuito in maniera determinante a garantire per molti decenni. Dobbiamo anche onestamente riconoscere che lo stesso dissolvimento dell’Unione Sovietica ha posto il processo di integrazione europea di fronte a nuovi interrogativi, ma ha anche offerto nuove opportunità. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin – dico intenzionalmente di Putin, e non solo Russia o Federazione russa, perché questa è la guerra di Putin più che della Russia e del popolo russo – deve renderci definitivamente coscienti che siamo di fronte ad una nuova, grande, enorme sfida di carattere geopolitico e gli Stati nazionali da soli non riusciranno a gestirla e controllarla senza gravi conseguenze per le relative popolazioni. È assolutamente necessario che i governanti degli Stati nazionali dell’Unione Europea nel loro agire “armino” le proprie coscienze dei valori, dei principi, e soprattutto delle visioni lungimiranti che hanno animato i coraggiosi padri fondatori dell’Unione europea, fra cui il nostro grande Alcide De Gasperi. È stato proprio De Gasperi a essere instancabile sostenitore, fino alla morte, di quella Comunità europea di difesa che doveva costituire una forte unità militare e politica per garantire sicurezza e pace all’Europa. Comunità che purtroppo fallì per la mancata ratifica da parte francese del trattato che la prevedeva e di cui quest’anno si ricorda il 70º della firma; ricordo che la rende estremamente attuale di fronte ai fatti di questi giorni, e che avrà luogo anche a Trento il prossimo 27 maggio. Gli ucraini lottano e muoiono anche per noi Pensare che le ambizioni espansionistiche di Putin possano essere soddisfatte con la sola occupazione dell’Ucraina è illusorio. Quella a cui stiamo assistendo è una guerra di Putin all’Europa, e non solo all’Ucraina! Il suo appetito di grandezza è insaziabile. Sappiamo che vi sono già da tempo altri Stati ex sovietici con territori occupati e di fatto amministrati da Mosca; pensiamo ai casi della Repubblica di Moldova e della Georgia. Nella Moldova vi è la Transnistria, fascia di territorio al confine con l’Ucraina. Non mi sorprenderebbe se dopo essere riuscito eventualmente a impadronirsi dell’Ucraina Putin desse ordine alle truppe di continuare il viaggio verso la Transnistria, terra con popolazione a grande maggioranza di lingua

russa. Nella Georgia Putin occupa già da tempo l’Abcasia e l’Ossezia del Sud, due regioni con maggioranza di cittadini di lingua russa. Non è un vago pensiero ritenere che la “visione” di Putin nella concezione dello Stato vada oltre il piano del Ilija Garašanin del 19º secolo, per il quale “Dove risiede un serbo [doveva essere] Serbia. La sua intolleranza verso un’ Unione europea che comprende anche Stati ex sovietici - senza pensare alla sua ossessione nei confronti della Nato – crea certamente spazio nella sua mente all’obiettivo di una destabilizzazione della Casa comune dei Paesi democratici europei. Dobbiamo pertanto essere coscienti che in questo momento gli ucraini non lottano e muoiono solo per la loro patria, ma anche per noi europei, che per ora vediamo in pace al di qua del confine ucraino. Cerchiamo pertanto di riflettere su questo non fantasioso scenario e agire di conseguenza. Una “solidarietà egoista” Valore fondante dell’unità europea è stata anche la solidarietà. Lo stesso ministro francese degli esteri Robert Schumann nella sua dichiarazione del 9 maggio 1950 che rappresentò la scintilla che accese il processo di integrazione europea affermò che “l’Europa […] sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Nel corso dei decenni le istituzioni europee hanno certamente esercitato una solidarietà in termini concreti, soprattutto all’inizio della sua esistenza. Negli ultimi tempi, purtroppo, una certa concentrazione sull’interesse nazionale ha indebolito il sentimento di solidarietà, anche se nella società civile abbiamo avuto e continuiamo ad avere splendidi esempi nel praticare questo principio che costituisce una delle colonne portanti della convivenza umana. Nella guerra in Ucraina, accanto ai grandi slanci di generosità istituzionale e sociale a cui stiamo assistendo assistendo - e dove anche il nostro Trentino sta esprimendo il massimo delle sue migliori tradizioni -, abbiamo riscontrato in vari casi a livello politico nello stesso nostro Paese una sorta di “solidarietà egoista”. Di fronte alle sanzioni imposte alla Federazione russa abbiamo sentito parlamentari esprimersi a sostegno dei relativi provvedimenti purché si salvaguardino gli interessi degli italiani. Non mi meraviglierei se nell’avvicinarsi delle elezioni ci sentiremo dire dagli

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stessi parlamentari “io l’avevo detto che bisognava salvaguardare gli interessi italiani”. Quando si decide di imporre sanzioni per garantire e salvaguardare certi valori si deve mettere in conto che di norma possono esserci conseguenze più o meno penalizzanti per tutti, e pertanto tutti assieme dobbiamo compiere eventuali sacrifici che ci sono richiesti. Speranza nella gente che costringa i governanti a cambiare Osservando e seguendo il panorama politico di questi ultimi tempi non ho onestamente ricavato molta fiducia e speranza nel fatto di avere sufficienti governanti che abbiano la volontà di decidere e di voler conferire all’Unione europea reali poteri necessari per una vera e propria politica europea estera e di sicurezza e difesa. In base ai trattati l’Unione europea ha certamente una politica estera e di sicurezza, ma di fatto questa politica non c’è e non può operare come i tempi richiedono. Mi pongo, e pongo a tutti voi, lettori, una domanda. Immaginiamoci che nei giorni scorsi, invece di vedere andare al Cremlino rappresentanti dei governi nazionali in una umiliante passerella davanti a chi faceva finta di ascoltare mentre aveva già deciso molto tempo fa che cosa voleva fare, si fosse presentato a Mosca l’ “Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza” con il reale potere di rappresentare una Difesa costituita dalla forza dei 27 Stati dell’Unione; crediamo che l’Imperialista russo non avrebbe pensato due volte prima di ordinare l’invasione dell’Ucraina? La mia risposta non ha dubbi. Purtroppo Putin conosce bene la debolezza dell’unità europea. Dobbiamo certamente riconoscere che in queste ora nell’Unione europea è emersa un’unità che può far ben sperare. La posizione delle istituzioni UE contro l’aggressione del presidente Putin è stata precisa e dura; altrettanto preciso è stato il rendersi conto di una forte unità europea di difesa. Al riguardo inequivocabile è stato l’appello del nostro presidente e del Consiglio Mario Draghi. Al di là dell’attuale situazione RussiaUcraina, dobbiamo essere coscienti che sotto il profilo strategico Putin ha in essere una decisa politica di espansione oltre l’Europa, con la creazione di zone d’influenza – se imitando o seguendo strategie unitamente alla Cina lo vedremo presto - devono seriamente preoccupare; pensiamo alle mosse già fatte di Putin in Medio Oriente e nell’area del Mediterraneo. E ulteriormente pericoloso è il fatto che il suo folle disegno si pone in un mondo con un crescente autoritarismo che ne facilita il viaggio. Se pensiamo poi al fatto che Putin ha parlato di intervento nucleare la preoccupazione va oltre il terrore. Sono sempre stato convinto che l’Unione europea sia il più importante progetto di unità democratica di popoli mai visto nella storia dell’umanità; una convinzione che non mi lascia nemmeno alle sue debolezze interne di ieri e di oggi. Tuttavia, ho sempre pensato che più che nelle decisioni che possono assumere i governanti per rafforzare concretamente l’unità europea, sia un movimento di base da parte della gente che può costringere i governanti a non essere dei notai che prendono nota di che cosa vuole questo o quel gruppo per soddisfarlo comunque per garantirsi la rielezione. Mi auguro che la tragedia ucraina crei una forte sinergia fra nuova disponibilità degli stati nazionali e pressione della base per rafforzare come i tempi impongono l’unità europea: un’unità necessaria per noi europei e il mondo intero. Sarò un illuso, ma la mia passione per l’Europa mi spinge a sostenere questa speranza.


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Persone

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Giorgio Bagozzi saluta la Cassa Rurale di Trento di Marco Maestri

Originario di Castel Condino, il direttore di banca va in pensione. In un’intervista le soddisfazioni di 44 anni di lavoro e uno sguardo sullo stato dell’economia Barca in porto con ottimi risultati. Passaggio del timone all’attuale vicedirettore Paolo Pojer ed ora la meritata pensione. Dal primo marzo (e dopo otto anni) Giorgio Bagozzi ha lasciato la guida della Cassa rurale di Trento. Originario di Castel Condino ha rivestito nel corso della propria carriera professionale importanti ruoli. Finalmente è arrivato il traguardo sperato da molti. Meritato sicuramente. Desiderato altrettanto? La pensione ha una doppia faccia: da un lato consente di godere appieno – dopo quasi 44 anni di lavoro – della propria sfera personale; dall’altra segna una tappa del proprio percorso di vita, ricchi di un’età e di un’esperienza che ci inducono ad importanti e profonde riflessioni. Come vive questo passaggio? Non un traguardo: sarebbe troppo triste. Diciamo, una tappa. L’importante è che sia vissuta nella consapevolezza di aver fatto onestamente il proprio dovere ma anche nella fiducia e nel desiderio di poter essere ancora utili, magari in altro modo, alla famiglia, alla società e, in particolare, ai giovani. Mi auguro, con l’aiuto di Dio, di conservare la salute e la lucidità per poterlo fare. La disponibilità, invece, ce la metto io. Una vita trascorsa in banca ricoprendo spesso ruoli di prestigio. Un bilancio? Credo di esser stato un uomo fortunato. A partire dalla mia famiglia d’origine che mi ha donato valori importanti e solidi, nonché alla mia attuale famiglia (la mia dolcissima moglie ed i miei splendidi figli): sono ingredienti importanti, indispensabili per qualunque successo. Ho avuto la buona sorte di vivere in anni di grande sviluppo economico e finanziario di cui ha beneficiato tutta la mia generazione. Poi, quella di trovare tanti colleghi e collaboratori preparati e motivati, ai quali devo molto. Infine (ma non sta a me dirlo) un po’ di sano impegno e tenacia.

In che stato di salute lascia la più grande Rurale del Trentino? “Chi si loda s’imbroda”, ed io vorrei evitarlo. Tuttavia, non posso certo nascondere la realtà e quindi la grande soddisfazione con la quale lascio la Cassa. È solidamente la seconda per dimensione nel Gruppo Bancario (su 70 Banche), chiude con un utile molto significativo (oltre 10 milioni), ha raggiunto tutti gli obiettivi che ci siamo posti, sfiorerà i 300 milioni di patrimonio (con un CET 1 superiore al 23%), avrà quasi 400 dipendenti ed amministrerà quasi 7 miliardi di masse finanziarie. Più di così… Il mondo del credito cooperativo Trentino come sta? Una Banca, in qualsiasi parte del mondo, ha una salute molto vicina a quella dell’economia in cui opera. Le banche sono come tronchi galleggianti su un fiume: se l’acqua si alza il tronco pure si alza, e viceversa. È difficile pensare ad una Banca che stia bene in un’economia in crisi. Ci sono alcuni aspetti che rendono una Banca più solida e più resiliente: un territorio sano, un patrimonio elevato, una forte affezione e fiducia della clientela. Sono valori che il Credito Cooperativo Trentino possiede. Quindi, la mia risposta è più che positiva. Viviamo un’era di fusioni e incorporazioni. Qual è la Sua idea? È un tema centrale, sul quale mi piacerebbe poter ragionare in ambiti più ampi. In realtà, più che vivere adesso, siamo già vissuti in un’epoca di fusioni: le Casse Rurali Trentine 30 anni fa erano quasi 130; 10 anni fa oltre 50, ora sono 12 e potrebbero ridursi a 7-8. Ciò che conta sono tre cose: la Cassa Rurale è una Banca e deve avere dimensioni e personale qualificato e adeguato per offrire prodotti e servizi degni del XXI secolo; la stessa cosa vale per la fiducia di cui la Banca deve godere da parte della clientela. Fiducia che si regge sul patrimonio, alla professionalità dei

dipendenti ed all’autorevolezza della governance; la Banca deve rimanere locale e, viste le dimensioni delle “nuove” Casse, esse sono e rimangono locali. Credo che finché ogni utente potrà accedere facilmente al dialogo di persona con il Presidente, con un Amministratore o con il Direttore Generale, per esporre e discutere i loro problemi e le loro esigenze, significa che la Banca è locale. Le nostre Casse Trentine, queste caratteristiche le hanno tutte. Il resto sono nostalgie, anche comprensibili, ma prive di prospettive future. La pandemia ha stravolto tutto. Com’è cambiato il rapporto tra banca e utenti? Non vorrei essere frainteso perché mi rendo ben conto delle sofferenze e delle privazioni che la pandemia ha portato nel mondo. Ma, a voler essere un po’ provocatorio, ogni crisi ci obbliga a cambiare. La pandemia ha inciso anche nei rapporti tra banca e cliente. Ha sancito che l’economia non può girare senza il sostegno della finanza ma, cosa più importante, ha fatto capire che la finanza non ha senso se non come sostegno equilibrato. Ma la pandemia ha anche fatto capire che le operazioni più routinarie non vanno più fatte allo sportello. Finalmente si ha la prova che sono le macchine che debbono fare - ove possibile - il lavoro dell’uomo e non viceversa. Il futuro Banca/ Cliente è sempre più nella relazione avanzata, ad alto valore professionale (consulenza finanziaria, creditizia, assicurativa, previdenziale, tecnica, tecnologica). Li immagina i nostri figli che fanno la fila davanti ad uno sportello? O piuttosto, invece, li vede mentre verificano il loro conto corrente, i loro investimenti, fanno un bonifico su un laptop mentre sono in treno, in aereo, o semplicemente la sera prima di coricarsi? Cosa ne pensa dei bonus fiscali introdotti dal governo?

Un vero e proprio toccasana. Purtroppo (e potevamo immaginarlo) qualcuno ha fatto il “furbetto” e ora le maglie si stringono intorno al collo di molti onesti e virtuosi. Mi auguro che il governo trovi presto un’equilibrata soluzione tra la necessità di rinnovare i benefici del superbonus e assicurare che essi vadano solo a chi ne ha realmente diritto. Più preoccupato sono invece per la “fragilità energetica” dell’Italia e dell’Europa. L’Europa ha mille risorse (non solo energetiche). Che le sfrutti con saggezza e coscienza mettendo al margine i populismi. In tal senso gli istituti di credito rivestono un ruolo fondamentale. Un reale vantaggio o più un danno? Per coerenza, non posso che dire un danno. Infatti, anche gli Istituti di Credito beneficiavano del superbonus, insieme ai loro clienti (ricorda la metafora del tronco sull’acqua?). Era proprio quella che gli inglesi definiscono una win-win situation. Qual è la percezione sullo stato di salute economico della comunità Trentina? L’economia ha subito un duro colpo. Tuttavia, le misure adottate hanno limitato i danni. Posso fornire un dato molto significativo: quasi tutte le imprese nostre clienti hanno chiesto nel 2020 di beneficiare della moratoria. Ad oggi quasi il 90% di queste ha chiesto

di riprendere il pagamento. Un segno concreto di una percezione di ripresa confermata anche da altri segnali. Non dico che sarà una passeggiata ma di certo siamo sulla strada giusta a patto che non ci siano altre sorprese inaspettate e che tutti si convincano (sulla base di dati e fatti) che i vaccini sono il migliore strumento che abbiamo per contrastare la pandemia ed accelerare il ritorno ad una vita normale. Prima torniamo alla normalità, prima sboccerà nella gente e nelle imprese la voglia di relazioni, consumi e fiducia nel futuro. Spostiamo il focus. Cosa Le viene in mente se dico la parola “Giudicarie”, terra d’origine? Lo ha già detto lei: terra d’origine. Un legame che non ho mai perso pur avendo lavorato per anni in diverse città italiane. Avverto il profumo di amici d’infanzia, di abitudini serene, di musica popolare, di libertà di essere sé stessi. Mi mancano molto alcuni aspetti sociali, culturali e religiosi che stanno soccombendo sotto l’invasione di una “modernità discutibile” e di una superficialità sbalorditiva. Sono amareggiato e preoccupato dall’“apparentemente” incontrastato prender piede di atteggiamenti superficiali, dell’intolleranza verso la cultura, dell’inammissibile abitudine a gridare slogan anziché riflettere sui dati e sulle conoscenze, per arri-

vare al mancato rispetto di chi è portatore di esperienze, fino al rischio del tramonto della cultura. Questo, secondo me, è il primo e più importante obiettivo da perseguire per chi non vuole relegare la nostra Valle ad essere “periferia”. Il “centro” non lo fanno solo gli Uffici della Provincia, e la periferia non la fanno solo le stalle dei contadini. Non vi è periferia dove alberga cultura. Dal 01 marzo, sfilata la cravatta, è iniziato pertanto un nuovo capitolo di vita. Cosa si aspetta dal futuro? Prima di tutto, dovrò pensare a dove mettere tutte le cravatte. Poi, mi affido alla volontà di Dio e al mio desiderio di rendermi utile in qualche modo. Per il resto, facciamo tesoro dei versi immortali di Lorenzo il Magnifico quando scrisse “del doman non v’è certezza”. Non vogliamo rubarLe altro tempo però i sogni non hanno età. Qual è ora il sogno di Giorgio Bagozzi, ex direttore di banca, oggi compositore di una messa cantata e fresco pensionato? Di poter rendermi utile, di vivere bene ed in armonia con la mia famiglia, con gli amici e con il mondo. Il tutto con un immancabile sottofondo musicale. C’è in noi tutti il terrore della solitudine e un grande bisogno di umanità e serenità.


Territorio

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Limarò, la Forra diventerà un’attrazione ambientale e paesaggistica

Novità dal fronte Limarò. Dalla sponda destra, per l’esattezza, dove si allestirà interamente il percorso pedonale che da Ponte Arche si dirige in direzione della Forra. L’argomento non è nuovo, se n’è già parlato, ma ci sono alcuni risvolti degni di nota. Ricapitolando, si tratta di un progetto da 2,8 milioni di euro per la realizzazione di un percorso pedonale con punti panoramici, tratti di gallerie e sentieri a sbalzo sul fiume Sarca nella zona della forra del Limarò. Il progetto preliminare, realizzato dall’ingegnere Sandro Tagliaferri, è stato approvato in linea tecnica al Consiglio comunale di Comano Terme lo scorso 3 febbraio. L’opera è supportata dai cinque Comuni delle Esteriori di cui Comano Terme l’ente capofila. “In seguito ai vari sopralluoghi effettuati – ha spiegato nell’occasione il sindaco Fabio Zambotti – abbiamo voluto seguire il parere del Comitato provinciale per la cultura architettonica e il paesaggio. Abbiamo scelto di tenere il percorso interamente sulla destra orografica del fiume a differenza di come si era progettato inizialmente. Si parla quindi di un sentiero ancorato alla roccia fino nella zona della vecchia osteria Speranza, poi a sbalzo sotto il ponte

di Martina Sebastiani

Il consiglio comunale di Comano Terme ha approvato il progetto preliminare. Dalla terrazza esterna dell’antica fonte termale fino al Ponte Balandin e il percorso già esistente dei Servi fino al ponte Balandin dove si collegherà alle zone già attrezzate nel cuore del canyon”. “Le motivazioni sono piuttosto logiche: intervenire sulla destra significa lasciare integra la parte vergine sulla sinistra e potersela godere dai punti panoramici. Al contrario, sarebbe stato visivamente poco suggestivo osservare da sinistra la parte destra con tanto di statale sovrastante. Situare il percorso sotto alla strada aggiunge poi il vantaggio di sfruttare il sistema di infrastrutture annesse in un’ottica di ulteriore sicurezza e mantenimento del bene”. Ma il grosso cambiamento riguarda l’inizio del percorso, originariamente previsto dal vecchio albergo termale in seguito a demolizione. “La demolizione ci sarà comunque – così il

primo cittadino – ma l’accesso al sentiero, appunto sulla destra, coinciderà con la terrazza esterna dell’Antica Fonte delle Terme di Comano”. Un’edificio che necessita di essere ristrutturato e che, insieme alla demolizione del vecchio albergo termale, è da tempo al centro delle attenzioni locali. A farsene carico sarà l’Azienda consorziale delle Terme di Comano con un considerevole appoggio finanziario da parte del BIM del Sarca pari a 800 mila euro. Per la partenza del progetto, Comano Terme ha stanziato 145 mila euro in favore dell’azienda consorziale termale. “I lavori di ristrutturazione - spiega Robero Filippi, presidente delle Terme di Comano - prevedono la sistemazione della terrazza

esterna, poi punto di accesso al percorso, e dell’edificio. Qui si progetta già di dedicare il primo piano all’installazione di una mostra permanente per la diffusione della storia ed evoluzione geologica della Forra collegata alla storia e ciclo dell’acqua termale. A piano terra invece ci saranno biglietteria, infopoint e zona deposito attrezzature”. Sì avete capito bene, perchè la gestione del percorso sarà affidata all’azienda termale, che ne regolamenterà gli ingressi durante il periodo di apertura delle Terme. Di nuovo Zambotti, annunciando la prospettiva di una convenzione di appalto trentennale: “La gestione delle Terme sarà garanzia di un servizio di qualità e di un mantenimento del bene pubblico nel lungo periodo”.

Tutto questo riportato in sede di Consiglio, non senza l’orgoglio di mostrare la bellezza selvaggia della Forra ripresa da un drone, dove il progetto sembra risultare in equilibrio tra impatto ambientale e valorizzazione paesaggistica. Si inserisce in una serie di interventi volti al rilancio turistico ed economico di valle come la riqualificazione urbanistica di via Cesare Battisti a Ponte Arche, la costruzione di un Centro cardiologico in zona Alberti, la nota variante di Ponte Arche per 67 milioni, la variante delle Gallerie di Ponte Pià per altrettanti 25. Verso la cosiddetta Valle Salus. Un’obiettivo a cui puntano da anni, del resto, le stesse Terme di Comano, tra i principali protagonisti di un contesto turistico che punta su benessere, ecoso-

stenibilità ambientale e valorizzazione del territorio. “Dal 2018 in particolare abbiamo voluto investire in più azioni mirate alla riqualifica del servizio termale, rivolte tanto al Grand Hotel che al Parco delle Terme o ancora alla ricerca e alla nuova linea di cosmesi. La ristrutturazione ed il riutilizzo dell’Antica Fonte chiudono il cerchio di una valorizzazione delle Terme di Comano. La partenza del percorso pedonale dalla sua terrazza consente un accesso all’acqua termale direttamente dalla fonte: si tratta di un’esperienza che, oltre a valorizzare le rinomate proprietà benefiche dell’acqua, contribuisce a creare un legame tra chi la gusta e la stessa Forra in cui sta per addentrarsi”.

Per il Trofeo Giovanissimi 800 bambini al Centro Sci Borgo Lares Grande affluenza al Centro Sci Borgo Lares per le giornate di gare del “Trofeo Giovanissimi”. La manifestazione sportiva ha avuto come protagonisti oltre 800 bambini fra i 5 e i 12 anni che hanno frequentato i corsi di avvicinamento allo sci alpino 2021/2022 organizzati dallo Sci Club Bolbeno. All’evento sono intervenuti anche l’assessore allo sport e turismo Roberto Failoni e il vicepresidente Mario Tonina. “Desidero rivolgere – ha detto l’assessore Failoni – un grande ringraziamento ai responsabili della manifestazione, ai sindaci, ai volontari e a tutte le isti-

tuzioni del territorio per aver reso possibile questa giornata di sport e di festa. Ma voglio ringraziare, con altrettanta convinzione, i genitori e i loro bambini per la loro attiva partecipazione. Questo impianto ha una particolare valenza, sia sul piano sportivo, sia sul piano sociale. La Provincia è vicina a tutti voi; insieme, guardiamo con fiducia a un ulteriore sviluppo di questa splendida realtà”. “Bolbeno – ha affermato il vicepresidente Tonina – rappresenta un punto di riferimento non solo per la comunità delle Giudicarie, ma anche per altre realtà trentine e non solo.

La Provincia sostiene convintamente iniziative come questa, che puntano alla formazione sportiva di bambini e ragazzi, al loro avvicinamento allo sport e agli importanti valori che esso rappresenta”.

E un ringraziamento alla Provincia è arrivato dal sindaco di Borgo Lares Giorgio Marchetti, che ha sottolineato anche l’ottima sinergia fra le diverse municipalità convenzionate, presupposto fondamentale

per la riuscita dell’evento in programma fra oggi e domani. Nel corso della premiazione ogni partecipante ha ricevuto un trofeo; a tutti i bambini è stata poi consegnata la “Dolomeet Card”. Il Centro Sci Borgo Lares rappresenta una realtà di particolare importanza sportiva ma anche di valenza sociale, inclusiva, con proposte come la giornata gratuita per le scuole materne e la giornata per gruppi di disabili. Nel 2019 è stato siglato il protocollo con Provincia, Trentino Sviluppo, Bim, Comune di Borgo Lares e Pro Loco di Bolbeno per

l’allungamento della pista e la realizzazione di una nuova seggiovia. I Comuni convenzionati sono 42, per un totale di 120.000 residenti. Anche quest’anno, seppur con le limitazioni da Covid-19, sono stati superati tutti i precedenti record di presenze, passaggi e incassi. Alla premiazione hanno preso parte anche la consigliera provinciale Vanessa Masè, i rappresentanti dei Comuni convenzionati, il presidente del Centro Sci Borgo Lares Marco Perottino e il presidente dell’APT Madonna di Campiglio Tullio Serafini.


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Cooperando

MARZO 2022

Accesso al lavoro e inclusione sociale, un progetto per i giovani che non studiano o lavorano In Trentino la popolazione dei 15-29enni costituisce il 15,6% circa della popolazione totale. A fine 2020 i giovani che non studiano e non lavorano (Neet: l’acronimo deriva dall’inglese ‘Neither in employment or in education or training’), secondo i dati Istat, si attestano attorno alle 14.000 unità, circa il 17%. Un dato che è peggiorato rispetto al 2018, anche a causa della pandemia. Per i giovani trentini arriva un progetto europeo per l’accesso al lavoro e l’inclusione sociale. Si tratta di COPE, un’iniziativa finanziata dalla Commissione Europea nell’ambito di EaSI, il programma Europeo per l’occupazione e l’innovazione sociale. Il progetto partito ufficialmente a gennaio durerà due anni e vedrà l’avvio di specifici programmi

di Alberto Carli

La Commissione europea ha finanziato un progetto rivolto ai giovani dai 15 ai 29 anni. Una delle sperimentazioni partirà in Giudicarie. di sperimentazione, uno dei quali verrà realizzato in Giudicarie. Il percorso è rivolto a quei giovani, né occupati né impegnati in attività di istruzione o formazione, che sono spesso “fuori dai radar” dei servizi sociali. La Cooperazione Tren-

tina e i suoi partner europei hanno deciso di testare l’efficacia di un intervento innovativo, centrato sulla persona, per fornire supporto ad alcuni dei gruppi più vulnerabili a trovare un lavoro, o ad avvicinarsi al mercato del lavoro,

tenendo conto delle specifiche condizioni individuali. L’obiettivo è quello di costruire una rete di prossimità attraverso il coinvolgimento di soggetti istituzionali (come servizi per l’impiego, servizi sociali e abitativi, scuole), organizzazioni

di tutela e volontariato e altri portatori di interesse (ad esempio imprese, società sportive, associazioni culturali) per integrare i giovani a rischio marginalizzazione. Sarà infatti possibile accedere ad un supporto per la ricerca di lavoro, forma-

zione professionale, attività per il tempo libero, volontariato, che potrà essere implementato nelle comunità locali tra cui anche le Giudicarie, con programmi diversi a seconda delle esigenze dei ragazzi individuati e che vorranno aderire all’iniziativa. L’opportunità di accedere a finanziamenti e definire progettualità per la crescita economica e sociale delle nostre comunità ha nel programma europeo “Next Generation Europe” un’opportunità irripetibile per uscire più forti dalla pandemia, trasformare le nostre economie e società e progettare un’Europa che funzioni per tutti, a partire da quei giovani che, sfiduciati, non stanno perseguendo un percorso di crescita professionale o scolastica.

101 anni social La mia conoscenza con Mario Antolini risale all’inizio degli anni 90, quando riprendevo e mandavo in onda i suoi interventi con le presentazioni di libri riguardanti Bondone e Baitoni, su “TeleBondone”, pionieristica tv locale come quella di Saone di don Gino Flaim, dove Mario era ospite spesso nei programmi culturali della stessa. L’amicizia di Mario con le comunità di Bondone e Baitoni risale ai tempi di don Dino Menestrina, parroco per 25 anni nei due paesi in fondo alla valle del Chiese. Il titolo di questo articolo, forse incomprensibile al momento, un rebus subito risolto, guardando l’intervista rilasciata da Mario. Titolo d’apertura di “Persone” la trasmissione inserita nel telegiornale di Rai Tre delle ore 12 è andata in onda il giorno di Natale, con la presenza in video di Antolini. E’ stato per me un onore presentare Antolini, all’amico giornalista Stefano Cangemi di Rai Tre di Roma, come personalità di spicco delle Giudicarie. Cangemi ha incontrato e intervistato Mario Antolini nel suo studio di Tione alla fine del

settembre scorso I poco più dei 4 minuti dedicati al “Maestro-Pubblicista” (non vuole essere chiamato professore) fa onore a un uomo che della cultura, della continua ricerca del sapere ne ha fatta la bandiera della sua vita. La trasmissione si apre con immagini della vecchia Tione, spostandosi nella contrada di Brevine, dove nel bar attuale, era ubicata la tipografia della famiglia Antolini. Brevemente Mario ricorda i 12 anni della fanciullezza passati a Tione, quelli fino ai 37, passati con i salesiani di San Giovanni Bosco, con un periodo della sua vita in Giappone. Ritornato a casa, grazie al giornalista Gorfer, trova il suo primo impiego come corrispondente di valle del giornale “L’Adige “di Trento. Da allora in poi la penna, le macchine da scrivere prima meccaniche e poi quelle elettriche, sono gli strumenti di lavoro di Mario. L’avvento del computer e le sue applicazioni sarà il suo nuovo modo di scrivere e comunicare, e per lui con internet si apre un nuovo mondo di contatti e la possibilità di poter far leggere i suoi scritti a una platea immen-

sa di persone attraverso i social network, persone che lui magari non conosce e che apprezzano le sue pubblicazioni. Il video da una lucida ed esaustiva spiegazione di come l’ultracentenario Mario usa, e come a suo giudizio devono essere usati i ”social”. Mario Antolini è nato a Tione in Giudicarie il 19 giugno 1920. Studi e formazione successivamente a Tione di Trento, Milano, Ivrea, Chieri, Tokyo, Trento, Napoli. Conseguito il diploma delle Magistrali a Trento e la laurea in Scienze Orientali (specializ-

zazione giapponese) a Napoli. Dal 1955 al 1980 insegnante di Scuola Elementare in varie località delle Giudicarie. Dal 1947 opera nel mondo dell’informazione come pubblicista per diverse testate provinciali e non solo. Impegnato come appassionato di storia e geografia locali. Diverse le sue pubblicazioni editate. Coinvolto in attività culturali, figura tra i fondatori del Centro Studi Judicaria con sede a Tione di Trento. Notevole la sua partecipazione in varie associazioni di volon-

tariato. Dalla fondazione de “Il Giornale delle Giudicarie” è stato sempre un collaboratore assiduo e importante. I suoi editoriali mensili, anche attuali, sono molto letti ed apprezzati. A quasi 102 anni è tuttora presente sui “social” (in “facebook”) con inserti quotidiani. “La telematica ha eliminato distanze tra popoli, nazioni e continenti”, questa sua affermazione trova riscontro nei 4731 amici, come li chiama lui, che ogni giorno leggono quello che scrive. Ecco cosa dice Mario riguardo a quello che si aspettano da lui i suoi lettori: “Tutti i giorni aspettano il mio pensiero, che deve riguardare il modo di vivere bene.” Ultima riflessione di Mario in chiusura di trasmissione: “Io credo che l’età più bella sia quella dove tu ti senti contento di te, senza desideri e senza rammarichi...” Mario auguri, e avanti tutta nella tua serenità, quella che tu affermi di avere e nella fiducia nel Signore che hai per il tuo domani. Gianpaolo Capelli


MARZO 2022 di Giuliano Beltrami

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Attualità

MARZO 2022

Javrè, il biodigestore aspetta le decisioni del comune di Giuliano Beltrami

problemi di smaltimento di scarti organici. L’impianto non produce rumori né odori sgradevoli né emissioni fastidiose, né traffico frequente di mezzi pesanti”. Vero? Falso? Eccesso di ottimismo?

I promotori premono perché si proceda, dopo aver ricevuto il via libera della Commissione d’esame provinciale. Serve ora una variante al Prg e il comune prende tempo. “Egregio Signor Sindaco, siamo con orgoglio a comunicarle che abbiamo finalmente il benestare tecnico e paesaggistico da parte della Commissione di Esame della Provincia Trentina, in particolare dell’Assessorato all’Agricoltura e dell’Assessorato all’Ambiente, appositamente riunitasi per il nostro progetto di Territorio di cui anche ai vari colloqui con lei e la sua Giunta tenuta preventivamente informata fin da dicembre 2019. In allegato le invio un sunto con le mie note preliminari per aiutare la pratica all’ottenimento veloce del ‘Permesso a Costruire’. Resto in attesa di un vostro gradito riscontro per poter proseguire la pratica del Permesso, affidata ad un tecnico locale”. Firmato: ingegner Marco Baudino. Il sindaco in questione è Enrico Pellegrini, di Porte di Rendena. Baudino è il presidente di Future Power, la società che desidera realizzare, in compagnia di alcuni soci, il mini impianto di biodigestione di Iavrè. Baudino (ahilui!) attendeva un “gradito riscontro”, ma

sono passati i mesi (fra un po’ diremo che sono passati gli anni) e l’azienda è ancora in attesa. L’azienda. Partiamo dall’inizio. Rendena Organic è una società formata da soci rendeneri e non rendeneri. Nello specifico, è una srl cui partecipano Future Power srl (sede a Torino, con il 47,5% del capitale sociale), Winning Energy srl di Brescia (con il 13%), Renergon Projekt Gmbh (Svizzera, con il 10%), l’allevatore di Pinzolo Fabio Maffei (con un altro 10%) e tre soci (la famiglia di William Bonomi, ex sindaco di Pinzolo, lo studio di Roberto Simoni, già presidente della Cassa Rurale di Pinzolo, oggi presidente della Federazione della Cooperazione trentina, e Lorenzo Cozzio, commercialista pure lui, socio di studio di Bonomi, nonché presidente del Comitato esecutivo della Cassa Rurale Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella) con il restante 19,5%. La società decide di realizzare un biodigestore a Iavrè, nella proprietà del noto allevatore Elio Valentini, con una filosofia

precisa, così sintetizzata ufficialmente: “Realizzazione di un mini digestore anaerobico ad alta efficienza con tecnologia a solido per la rigenerazione biologica di reflui e di letame zootecnico”. Apriti cielo! Le contestazioni sono partite subito, perché un biodigestore viene vissuto con diffidenza per la paura che oltre ai reflui bruci anche materiale pericoloso. Questo l’irrazionale. Poi c’è il razionale. Michele Corti (professore universitario che gestisce un sito senza veli, Ruralpini) sostiene che tutta ‘sta innovazione predicata dai promotori dell’impianto non esista: infatti, a suo dire, “si “rimedia” con il biogas, un pretesto per

riempire le tasche degli speculatori e per creare problemi di inquinamento ancora maggiori (sì, perché le centrali che funzionano solo a deiezioni zootecniche hanno resa bassa e si devono immettere biomasse più energetiche, con il risultato di avere un output di azoto ancora maggiore e in forma quasi tutta ammoniacale, quindi facilmente lisciviabile e inquinante)”. Insomma, si ucciderebbe la biodiversità. Vero? Falso? Eccesso di preoccupazione? La voce dei promotori I responsabili di Future Power non accettano le accuse di speculazione. “La società, che detiene la maggioranza relativa

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di Rendena Organic, ha sede a Torino perché lì si è costituita e per altri motivi legati ai sui soci. Sia noi che Renergon (società svizzera nostra partner) sugli impianti che realizziamo, specie i primi, ci mettiamo non solo la faccia, ma anche i nostri investimenti”. A proposito delle dimensioni dell’impianto. “In genere i biodigestori sono di grandi dimensioni, sia come potenza – di oltre un megawatt – sia come spazio (almeno due ettari). Sono digestori da più di trenta metri di diametro, con minimo di tre unità per megawatt di potenza. Data la dimensione, sono alimentati da molto materiale - diluito con molta acqua – parte del quale spesso deve arrivare da lontano, da fonti esterne e vergini, il tutto anche con importante movimenti di vari mezzi di trasporto e con logistiche impegnative. Niente di tutto ciò a Iavrè. Il primo impianto di Rendena sarà da 99 chilowatt. I digestori sono dei Box chiusi ermeticamente. Data la sua efficienza, l’impianto è dimensionato per una quantità di organico ricavabile dal solo allevamento a cui l’impianto è dedicato. La sua funzionalità diventa quindi anche un servizio al territorio, senza alcun impatto negativo e con la possibilità di eliminare in modo semplice e sicuro molti dei tipici

Il comune riflette Ci sono circostanze della vita in cui di fronte ad un evento ti vien da dire: “Maledizione, proprio a me doveva capitare?”. Non sappiamo se il sindaco di Porte di Rendena Enrico Pellegrini abbia mai pensato una frase simile. Di sicuro immaginiamo la situazione in cui è stato cacciato dalle pressioni seguite al progetto. Prima cosa: serve una variante al Piano regolatore generale. Seconda: c’è chi ha promesso raccolte di firme. Terza: anche i progettisti e i soci di Rendena Organic premono per ottenere l’autorizzazione, peraltro già rilasciata dalla Provincia. Insomma, un bel guazzabuglio. La rendena, le stalle e il letame Il “Caso Rendena”, ossia l’impressione che i nodi di uno sviluppo poco (o non) sostenibile stiano venendo al pettine. Riduzione delle piccole stalle in favore di quelle grandi. Ma può convivere un sistema simile con un ambiente ristretto e delicato come quello di montagna? Per chi suona il campanello d’allarme? Si potrà continuare ancora a lungo ad ignorare (o quantomeno sottovalutare) gli sversamenti e le montagne di letame da spargere accanto alle strade e sulle rive del fiume? Tutte domande da affidare alla pubblica Amministrazione (sia essa locale o provinciale), ma anche agli allevatori, ai sindacati di riferimento, a forestali e veterinari. In definitiva alle comunità che qui vivono, agli operatori economici del settore turistico. Già, perché non dimentichiamo che la valle che sale verso Campiglio ha una tradizione turistica. E c’è un’ultima domanda, seria: possono convivere il turismo di massa con un’agricoltura come quella attuale della Rendena?


Attualità

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Francesco in tv, un Papa che parla al mondo con i mezzi del mondo di Adelino Amistadi

Durante poco meno di un’ora di collegamento con la trasmissione “Che Tempo Che Fa” il Papa ha parlato dei più importanti temi sociali sul tappeto ma anche e soprattutto ha parlato di Gesù Cristo, del futuro della Chiesa, della preghiera e della necessità di non scendere mai a patti con il male. Papa Francesco ha scritto un nuovo capitolo di storia della televisione concedendo la sua prima intervista alla tv italiana. Domenica 6 febbraio 2022, su Rai tre, il Pontefice, ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, in collegamento dalla sua residenza di Santa Marta, in Vaticano, si è concesso ad una intervista a 360° toccando i più svariati temi della sua missione apostolica: dai temi di attualità, ai temi istituzionali e sociali, fino a vari aneddoti e curiosità della propria vita. Durante l’intervista più di 6,7 milioni di Italiani hanno ascoltato le parole del Santo Padre con picchi di quasi 9 milioni di telespettatori. Un Papa da record, insomma, che ha fatto impazzire l’Auditel. Numeri confermati dai social con oltre 672 mila interazioni tra tweet, condivisioni, commenti e mi piace. Durante poco meno di un’ora di collegamento, il Papa ha parlato dei più importanti temi sociali sul tappeto, ma anche e soprattutto ha parlato di Gesù Cristo, il futuro della Chiesa, della preghiera e della necessità di non scendere mai a patti con il male. Il giorno dopo i

giornali ne hanno scritto in lungo e in largo riportando per gran parte le parole del Papa, a dir il vero ci sono stati anche i soliti critici: un Sommo Pontefice a un talk show, per qualcuno, è sembrato una sorta di sacrilegio. Secondo loro il Papa dovrebbe mantenere sempre una certa distanza, parlare poco e nelle sedi appropriate. Cosi i Papi hanno fatto nei secoli. Il mio parere è invece totalmente favorevole perché i tempi cambiano, e se è vero che il cristianesimo vuol essere universale, il Papa può, anzi deve, parlare al mondo con i mezzi del mondo. Gli stessi problemi li ebbe anche Papa Pacelli quando introdusse microfoni e auto-parlanti non solo in Vaticano, ma anche in tutte le Chiese del mondo. Come dicevo i temi toccati nell’intervista da Papa Francesco sono stati numerosi e variegati, cercherò ora di farne un breve riassunto per chi non abbia avuto la possibilità di seguire l’intervista dal vivo. Credo che ci sia per molti tanto su cui meditare. Aiutandomi con quanto scritto dall’ “Avvenire” il giorno dopo, cercherò di toccare i punti più interessanti del-

l’intera intervista. Partendo dalle guerre. “Il problema è l’indifferenza. Ci sono categorie: le guerre sono al primo posto e le persone al secondo. Ne è esempio lo Yemen soffre la guerra e da quanto si parla dei bambini dello Yemen: ci sono categorie che sono importanti ed altre che non importano a nessuno: i bambini, i migranti, i poveri, coloro che non hanno da mangiare. Questi non contano, almeno non contano al primo posto. Senza produrre per un anno si potrebbe garantire l’istruzione ai bambini di tutto il mondo.” Poi, interrogato sul futuro della Chiesa, papa Francesco si è espresso così: “La immagino come l’ha immaginata san Paolo VI, un Chiesa in pellegrinaggio. Oggi, ha aggiunto il Pontefice, il male più grande della chiesa è la mondanità spirituale. E’ il peggior male che può accadere, peggio ancora dei papi libertini, e fa crescere una cosa brutta: il clericalismo che è una perversione della Chiesa che genera la rigidità. E sotto ogni tipo di rigidità si nasconde sempre la putredine. La Chiesa va avanti con la forza di Dio.

Dobbiamo tornare a mettere al centro il Verbo che si è fatto Carne. In questo scandalo della croce del Verbo incarnato c’è il futuro della Chiesa.” Anche sulla preghiera il Papa si soffermato in modo particolare: “Pregare è incontrare il proprio papà, come ci ha insegnato Paolo. Quando dici papà a Dio vuol dire che stai andando bene sulla via religiosa. Bisogna imitare i bambini che vogliono che lo sguardo del papà sia sempre su di loro perché questo dà loro sicurezza. Pregare significa guardare i nostri limiti, i nostri bisogni, i nostri peccati e dire papà guardami, il tuo sguardo mi purifica, mi da forza, pregare è entrare con la forza oltre i limiti e l’orizzonte”. Largo spazio nell’intervista hanno avuto i temi sociali. “Ci sono lager nella Libia” ha detto il Pontefice. “Dobbiamo pensare alla politica migratoria e l’Europa deve farlo assieme. L’Unione Europea deve mettersi d’accordo evitando che tutto l’onere ricada su alcuni paesi, come l’Italia e la Spagna, ricordando la sofferenza dei migranti che attraversano il Mediterraneo che ormai è diventato

un cimitero, per sfuggire alle guerre ed alla fame. E allora non bisogna girarsi dall’altra parte” “Ci manca il toccare le miserie ed il toccarle ci porta all’eroicità, penso ai medici e agli infermieri che hanno toccato il male durante la pandemia ed hanno scelto di stare lì. Il tatto è il senso più pieno, toccare è farsi carico dell’altro.” E per quanto riguarda l’ambiente papa Francesco s’è dimostrato molto preoccupato: “Occorre anche prendersi cura della Madre Terra. Buttare plastiche ed altre porcherie in mare è da criminali, la plastica uccide la terra, dobbiamo tutelare la biodiversità, dobbiamo prenderci cura del Creato” Poi con uno sguardo alle famiglie: “ Serve vicinanza con i figli: quando si confessano coppie giovani o parlo con loro chiedo sempre: tu parli con i tuoi figli? A volte sento risposte dolorose: Padre, quando esco dormono e quando torno pure. Questa è la società crudele che allontana i genitori dai figli. Anche quando i figli fanno qualche scivolata, anche da grandi, bisogna essere loro vicini, bisogna parla re con i figli...” E infine il Santo

Padre s’è lasciato andare a raccontare della sua vita e dei suoi gusti personali. Sulla musica, innanzi tutto: “ Mi piace tanto la musica classica, tanto. E mi piace il tango e lo ho anche ballato perché un “porteno” che non balla il tango non è un “porteno”( si chiamano così gli abitanti di Buenos Aires). E sugli amici. “Si, ho degli amici che mi aiutano, pochi ma veri, con loro c’è un rapporto normale” Poi ha scherzato: “Non che io sia normale, ho delle mie anormalità, ma mi piace stare con gli amici. Io ho bisogno degli amici. É uno dei motivi per il quale non sono andato ad abitare nell’appartamento pontificio. Gli altri Papi sono santi, ma io non sono tanto santo, ho bisogno di rapporti umani”. Il Papa infine ha raccontato alcuni aneddoti della sua infanzia e giovinezza: “ Da bambino volevo fare il macellaio perché quando andavo con mia mamma o con mia nonna vedevo il macellaio che riempiva la sua borsa di soldi...sarà la mia radice genovese… poi da studente mi ero appassionato alla chimica ed alla medicina, stavo per entrare all’università, ma poi è arrivata la vocazione e sono entrato in seminario. Lei dice che ho senso dell’umorismo? Ricordate che il buon umore è una medicina, c’è anche una preghiera di Tommaso Moro che recito sempre.” Il Papa poi si è così congedato : “Ho bisogno delle preghiere, chiedo a chi crede di pregare per me. E a chi non crede di mandarmi buoni pensieri, buone vibrazioni. Voglio ricordare la scena di un film del dopoguerra, credo con Vittorio De Sica che leggeva le mani e chiedeva 100 lire. Ecco, io vi chiedo 100 preghiere.”

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Rubrica salute

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La lunga storia dell’AIDS di Gianni Ambrosini - oncologo

La malattia, sviluppata in uno scimpanzè e trasmessa all’uomo per anni fu sconosciuta. Oggetto di una lunga diatriba scientifica, alla fine il Nobel per la sua scoperta fu assegnato a Luc Montagnier e Francoise Barrè-Sinoussi “...I Virus sono quelli che danno più problemi. Si evolvono con rapidità, non sono sensibili agli antibiotici, sono a volte difficili da trovare, possono essere molto versatili e portare tassi di mortalità altissimi. E tuttavia sono diabolicamente semplici se paragonati ad altre creature viventi “. Negli anni 80 alcuni medici statunitensi - Michael Gottlieb, Joel Weisman e Alvin Friedman-Kien - si imbatterono in una malattia causata da un patogeno sconosciuto, lento e quasi invisibile che avrebbe provocato negli anni una pandemia con milioni di morti. Erano giovani maschi gay, sessualmente attivi, affetti da polmonite da Pneumocisti Carini, da micosi da Candida Albicans e assenza quasi completa di CD4, una popolazione di Linfociti T fondamentali per il funzionamento del sistema immunitario. Ma successivamente si ammalarono eterosessuali, tossicodipendenti, emofilici e gente sfortunata. La ma-

lattia, sconosciuta allora e che oggi chiamiamo AIDS, e nei paesi di lingua francese SIDA ( Sindrome da Immuno-Deficienza Acquisita ), fu etichettata come tale nel settembre del 1982. Ma se dare un nome alla malattia fu semplice, non fu facile scoprirne la causa. Ci si rese conto che le infezioni opportunistiche, in individui in precedenza sani, non potevano che essere causate da un agente unico. Ma quale? L’ipotesi del virus sembrò la più plausibile e dal momento che la platea dei colpiti riguardava anche soggetti emofilici, la malattia non poteva essere causata da un batterio, un fungo o un protozoo. Tutti questi germi vengono trattenuti dai filtri attraverso cui passano i prodotti sanguigni necessari alla vita degli emofilici. Furono tre scienziati a giocarsi la partita: Luc Montagnier, Robert Gallo e Yay A. Levy. Luc Montagnier, dell’Istituto Pasteur di Parigi, e Francoise Barrè-Sinoussi furono gli scopritori riconosciuti del

Virus e nel 2008 vinsero il premio Nobel. Ma la strada della scoperta è irta di incomprensioni e di litigi finiti anche in tribunale fra Montagnier e Gallo, ambizioso ricercatore del Cancer Institute di Behesda nel Maryland (USA). Montagnier era un esperto di virus capaci di causare il cancro e nello specifico di Retrovirus. Gallo nel 1981 aveva scoperto il Retrovirus che provocava la leucemia a cellule T o HTLV ( Human T-Cell Leukemia Virus ). Questo virus attacca i Linfociti T e li trasforma in cellule cancerose. Gallo fu fuorviato da questa scoperta e arrivò dopo Montagnier, perché era convinto che il nuovo virus fosse un parente stretto di quello della leucemia a cellule T. Il gruppo di Montagnier invece scoprì il virus nelle linfoghiandole di un omosessuale e lo battezzò LAV (Linfoadenopatia Associata al Virus). Entrambi pubblicarono i risultati dei loro studi sulla stessa rivista a fine primavera del 1983. Una revisione successiva dimostrò che il virus scoperto da Gallo era identico a quello di Montagnier. Ma la competizione era in atto e la polemica durò molti anni. Levy pubblicò i suoi risultati l’anno dopo. E’ comunque accertato che si era di fronte ad una “zoonosi e che il virus dell’HIV ( Human Immuno-deficiency Virus) si era sviluppato in una scimmia attraverso mutazioni successive e in moltissimo tempo. È accettato da tutti che il “quando ” il virus si sia sviluppato risale agli inizi del secolo scorso, il 1908 circa. Il “dove”, nella parte sud orien-

tale del Camerun e il serbatoio uno scimpanzé (Pan Troglodytes Troglodytes ). Se sono tutti d’accordo che la malattia chiamata AIDS sia nata dopo uno Spillover tra uno scimpanzé ed un essere umano, resta da raccontare il “come ” si sia diffusa in tutto il mondo fino a causare milioni di morti. Per intenderci: un singolo evento, un contatto accidentale di sangue, ha trasferito HIV-1 sottospecie M da uno scimpanzé ad un uomo. Ma c’è voluto del tempo, molto tempo perché si sviluppasse la pandemia! Dal Camerun il virus è arrivato nel Congo fino a Brazzaville e Léopoldville. Ma l’infezione è silente, passano anni prima che si abbiano le manifestazioni cliniche. Ha giocato a favore del virus la situazione socioeconomica dell’Africa del periodo coloniale. Nella prima metà del secolo scorso c’erano malattie tropicali che mietevano milioni di vittime all’anno:

la tripanosomiasi (la malattia del sonno) trasmessa dalle mosche tse-tse, la lebbra, la malaria, la framboesia, la sifilide. Si curavano tutte con iniezioni di farmaci. C’erano delle squadre di “injecteurs” che non avevano nessuna competenza medica a cui veniva solo insegnato a pungere e i cicli di cura duravano a volte anche un anno. E le siringhe? Erano degli attrezzi artigianali che venivano solo lavate e qualche volta bollite. Un medico coloniale francese Eugène Jamot fra il 1917 e il 1919 in una regione dell’Africa equatoriale francese curò 5.347 casi di malattia del sonno con solo 6 (sei) siringhe! Da conti fatti si presume che nella prima metà del secolo scorso siano state fatte 3,9 milioni di iniezioni di farmaci per la cura della tripanosomiasi; e il 74 % erano iniezioni endovenose. Era il modo migliore di trasmettere un virus di cui si ignorava l’esistenza ma che c’era e

viveva nel sangue. E la situazione fu complicata ancora di più dagli sviluppi politici che si verificarono nel Congo. Nel giugno del 1960 il movimento indipendentista di Patrice Lumumba costrinse il Belgio ad abbandonare il Congo: era una colonia e si chiamava Congo Belga. Di fatto migliaia di bianchi che costituivano la classe media lasciarono il paese e ritornarono in patria. Si pensi che non c’era nemmeno un laureato in medicina fra la popolazione congolese ! Il Belgio s’era ben guardato dal promuovere la scolarizzazione della gente del posto. L’OMS e l’ ONU favorirono l’emigrazione di tecnici da tutto il mondo. La maggior parte venivano da Haiti : parlavano francese come i congolesi, avevano origini africane ed erano uomini soli. Erano già presenti in gran numero le così dette “femmes libres”, ma come è facile intuire la prostituzione schizzò e portò a numeri inverosimili di gonorrea e sifilide, che allora si curavano con iniezioni di bismuto. La situazione precipitò di nuovo negli anni 70 quando Mobutu cambiò nome a se stesso e al paese che diventò Zaire e gli haitiani furono costretti ad andarsene. E non solo loro! Ma la strada per il virus era segnata : insieme ai ricordi, tantissimi si portarono a casa anche il virus; dormiente ma molto attivo e pronto ad azzannare i CD4 del sistema immunitario. Il resto della storia è facilmente intuibile e nota, come pure non si può non pensare ai tantissimi errori che si commisero… di ogni tipo, quando la pandemia si sviluppò. A distanza di anni abbiamo le cure che permettono ai positivi una vita quasi normale ma purtroppo non abbiamo ancora un vaccino.


Azienda sanitaria

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Scuola e gestione dei casi Covid: le ultime novità Ancora novità sul fronte Covid e scuola, con l’introduzione della quarantena ridotta e la nuova definizione dei casi che fanno scattare il quarantenamento della classe. E per rientrare in classe è possibile prenotare il tampone di fine quarantena scolastica senza l’impegnativa del proprio medico o pediatra. Il CUP online consente infatti di prenotare senza ricetta il tampone antigenico rapido in una delle farmacie convenzionate con l’Azienda provinciale per i servizi sanitari. Al momento dell’effettuazione del tampone nella farmacia prescelta occorre presentare il Certificato di sospensione scolastica emesso dalla scuola oppure il Certificato di quarantena/isolamento fiduciario della classe emesso dal Dipartimento di prevenzione di Apss. Ricordiamo quali sono i nuovi criteri di sospensione/quarantena scolastica definiti dall’ordinanza del presidente della Provincia autonoma di Trento n. 88 del 6 febbraio 2022.

Nidi e scuole d’infanzia Fino a quattro casi di positività nella stessa sezione/ gruppo (compresi educatori e insegnanti) le attività proseguono in presenza con mascherina FFP2 per educatori e insegnanti per dieci giorni (dall’ultimo caso). È obbligatorio effettuare un test (antigenico rapido o molecolare) alla prima comparsa dei sintomi. A partire da cinque casi di positività nell’arco di cinque giorni le attività in presenza vengono sospese per cinque giorni (dal giorno successivo all’ultimo giorno di presenza dell’ultimo caso positivo). Vengono considerati solo i casi positivi che abbiano frequentato la scuola nei tre giorni precedenti al giorno di effettuazione del tampone positivo. Per la riammissione a scuola in sesta giornata occorre presentare un tampone antigenico o molecolare negativo. Senza tampone il rientro può avvenire in quindicesima giornata (così come definito dal certificato di isolamento fiduciario di Apss).

Per il tampone di rientro dopo la quarantena non serve prescrizione del medico Scuola primaria Fino a quattro casi di positività nella stessa classe le attività didattiche proseguono in presenza con mascherina FFP2 per i docenti e gli alunni con più di sei anni per dieci giorni (dall’ultimo caso). È obbligatorio effettuare un test (antigenico rapido o molecolare) alla prima comparsa dei sintomi. A partire da cinque casi di positività nell’arco di cinque giorni le attività in presenza vengono sospese e viene attivata la didattica a distanza per cinque giorni (dal giorno successivo all’ultimo giorno di presenza dell’ultimo caso positivo). Vengono considerati solo i casi positivi che abbiano frequentato la scuola nei tre giorni precedenti al giorno

Covid-19: quarantena ridotta anche per i non vaccinati asintomatici La circolare del ministero della salute del 4 febbraio 2022 ha ridotto la quarantena da dieci a cinque giorni per i contatti stretti (conviventi e non conviventi) non vaccinati, che non abbiano completato il ciclo vaccinale primario o che lo abbiano completato da meno di 14 giorni. È sempre soggetto a cinque giorni di quarantena dall’ultimo contatto con il positivo anche chi ha completato il ciclo vaccinale primario o è guarito da più di 120 giorni. La quarantena di cinque giorni termina sempre con un tampone negativo. Se durante la quarantena si manifestano sintomi si raccomanda di eseguire immediatamente un test. Per i contatti stretti (conviventi e non conviventi) che: • abbiano ricevuto la terza dose «booster» • abbiano completato il ciclo vaccinale primario nei 120 giorni precedenti • siano guariti nei 120 giorni precedenti • siano guariti dopo il completamento del ciclo primario non è prevista la quarantena e si applica un periodo di auto sorveglianza di cinque giorni (obbligo di mascherina

FFP2 per dieci giorni). In caso di sintomi va fatto un tampo-

ne (eventualmente ripetuto dopo cinque giorni).

Centro vaccinale Tione: le aperture del mese di marzo Per accedere al centro vaccinale di Via Roma (Teatro comunale) è consigliata la prenotazione al CUP online per evitare attese, agevolare il lavoro del centro e anche per avere l’opportunità di scegliere la tipologia di vaccino. Sarà comunque possibile presentarsi senza appuntamento. Gli orari di apertura possono subire variazioni. Vaccinazioni adulti Martedì 1 marzo

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Mercoledì 2 marzo

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Giovedì 3 marzo

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Venerdì 4 marzo

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Mercoledì 9 marzo

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di effettuazione del tampone positivo. Per la riammissione a scuola in sesta giornata occorre presentare un tampone antigenico o molecolare negativo. Senza tampone il rientro può avvenire in quindicesima giornata (così come definito dal certificato di isolamento fiduciario di Apss). Scuola secondaria di primo e secondo grado Fino a due casi di positività le

attività didattiche proseguono in presenza con l’utilizzo di mascherina FFP2 per dieci giorni da parte di docenti e studenti. Con tre o più casi di positività nell’arco di cinque giorni (in cui i positivi abbiano frequentato la scuola nei tre giorni precedenti la positività), gli studenti che hanno concluso il ciclo vaccinale primario da meno di 120 giorni, che sono guariti da meno di 120 giorni o che hanno effettuato la terza dose «booster», proseguono l’attività didattica in presenza con mascherina FFP2 per dieci giorni; per tutti gli altri le attività didattiche in presenza sono sospese e viene attivata la didattica digitale integrata per cinque giorni. Per la riammissione a scuola in sesta giornata occorre presentare un tampone negativo.

Laurea nelle professioni sanitarie: quali opportunità? Nell’Azienda provinciale per i servizi sanitari il Polo Universitario delle professioni sanitarie gestisce cinque corsi di laurea triennale: • laurea in Infermieristica (sede a Trento) • laurea in Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro (Trento) • Laurea in Igiene dentale (Rovereto) • Laurea in Fisioterapia (Rovereto) • Laurea in Tecnica della riabilitazione psichiatrica (Rovereto) La formazione universitaria delle professioni sanitarie è realizzata all’interno di un protocollo di intesa che vede coinvolti la Provincia autonoma di Trento, la Scuola di medicina e chirurgia dell’Università degli studi di Verona e l’Università degli studi di Trento. La collocazione ideale dei laureati delle professioni sanitarie è all’interno di ospedali, cure domiciliari, ambulatori pubblici e privati, strutture per la riabilitazione e enti o aziende che si occupano di promozione e tutela della salute pubblica negli ambienti di vita, lavoro e prevenzione ambientale. I corsi offrono, inoltre, possibilità di sviluppo professionale post-laurea: laurea magistrale, master universitari e dottorato di ricerca e attività occupazionali nella dirigenza, nell’insegnamento universitario, nella formazione continua e nella ricerca. In base agli ultimi dati Alma Laurea e Istat, tra le lauree triennali a un anno dalla laurea i migliori esiti occupazionali si riscontrano per i corsi delle professioni sanitarie con una percentuale che arriva al 98,9% di occupati. In particolare per i laureati del Servizio Polo universitario delle professioni sanitarie i dati raccolti evidenziano ottime prospettive lavorative: il tasso di occupazione ad un anno dalla laurea in igiene dentale è del 92%, in infermieristica è del 99%, in fisioterapia del 96 %, in tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro del 72% e, infine, per Tecnica della riabilitazione psichiatrica del 77%. Per l’anno accademico 2022-2023 i percorsi formativi dei corsi di laurea delle professioni sanitarie vengono presentanti il 2, 3 e 8 marzo con dei pomeriggi di orientamento allo studio in modalità online. Solitamente le iscrizioni – per circa 220 posti disponibili – aprono a luglio e il test di ammissione è a metà settembre. Il servizio politiche sanitarie e per la non autosufficienza della Provincia autonoma di Trento organizza ogni anno un seminario gratuito in streaming per la preparazione del test di ammissione.


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Nel mondo più trentini che passeri di Ettore Zampiccoli

Attori, senatori, beate, perfino uno dei padri fondatori degli Stati Uniti. Il monito è a valorizzare la realtà dell’emigrazione per conservare il Trentino nel mondo ed aprirsi a prospettive culturali ed economiche Parafrasando una battuta di Niccolò Macchiavelli – riferita ai fiorentini – si potrebbe dire che nel mondo ci sono forse più trentini che passeri. Quanti sono, in effetti, i trentini di seconda o terza generazione, figli di padri o nonni emigrati a suo tempo in varie parti del mondo? Pensiamo che esattamente nessuno lo sappia, perché un censimento serio, peraltro difficile, nessuno lo ha mai promosso. C’è peraltro qualche dato significativo. Padre Al Barozzi, originario di Rovereto (ora vive a New York ed è tra l’altro direttore di una radio italiana) qualche anno fa condusse una ricerca interessante, poi raccolta in un libro: a New York i discendenti di emigrati trentini sono circa 10.000. A Toronto sono circa 3.500, a Montreal 1.500. Se poi scendiamo nel

sud America addirittura c’è una città che si chiama Nova Trento. Insomma in giro per il mondo siamo tanti. E tra questi tanti ci sono decine di discendenti trentini che hanno acquisito posizioni importanti e meriterebbero una certa attenzione. Cito a caso alcuni nomi, partendo da lontano, ovvero da padre Eusebio Chini, gesuita di Segno che civilizzò gli indios della California. Quanti sanno che negli Stati Uniti è considerato uno dei fondatori degli Stati Uniti e che una sua grande statua è collocata nel famedio della Casa Bianca? Ma poi qualche altro nome: il cardinale Bernardin di Chicago, l’attore Victor Mature, originario di Pinzolo, Frank Borzage, regista vincitore di due premi Oscar, madre suor Paolina (Visintainer) di Vigolo Vattaro proclamata Beata a Floriano-

polis in Brasile, padre Geno Baroni, già sottosegretario di Stato ai tempi di Carter, Gioia Libardoni attrice e Peter Facinelli attore, Joao Pedro Stedile leader del movimento Senza Terra in Brasile, il senatore De Concini dell’Arizona, il senatore Albertini, padre Bonifacio Bolognani che raccontò del coraggioso popolo delle Dolomiti, per arrivare a Mark Povinelli, l’attore-nano che va per la maggiore sulle tv e nei cinema americani, tra l’altro presidente dell’associazione statunitense Little People, che si occupa dei diritti delle persone affette da nanismo. E l’elenco potrebbe proseguire aggiungendo trentini che hanno fatto fortuna nel commercio, nell’industria, nella sanità ecc. e sono tanti. Tutto per dire che forse il mondo dell’emigrazione trentina meriterebbe più attenzione

attraverso un progetto di valorizzazione ed attualizzazione. Ci sono Regioni che su questa strada stanno facendo molto: basterebbe guardare alla Puglia, dove l’emigrazione è valorizzata in funzione soprattutto della cultura e delle opportunità economiche che può creare, oppure alla Sicilia che attraverso la Niaf (National Italian American Foundation) svolge una intensa attività di scambi culturali ed economici fra gli Stati Uniti e l’Italia. Ci sono delegazione di industriali ed imprenditori americani che, grazie alla Niaf, vanno e vengono dall’Italia combinando affari; ci sono decine di ragazzi delle varie regioni italiane che, grazie alla Niaf, vanno a studiare nelle università americane, Ogni anno la Niaf organizza a Washington una giornata di valorizzazione delle varie re-

Porto Franco

gioni italiane (quest’anno sarà l’Abruzzo) con varie iniziative e una serata conclusiva alla quale partecipano i duemila/ tremila italo-americani che negli Usa contano (attori, politici, amministratori ecc.) e quasi sempre il presidente degli Stati Uniti. Ma il Trentino ha mai pensato di farsi vivo e chiedere alla Niaf di essere presente alla annuale Convention? No, a noi basta la Festa dell’emigrazione. Si, diciamocelo tra noi e sottovoce: a volte, non sempre e non tutti, noi trentini siamo un po’ orsacchiotti. Mi raccontava tempo fa un amico di una grande mostra organizzata qualche anno fa a Bruxelles in onore di Alberto re del Belgio che fu un appassionato frequentatore delle montagne del Trentino. La mostra presentava quindi il Trentino e le sue potenzialità turistiche. All’inaugurazione partecipò il figlio di Alberto I. Per il Trentino era stato invitato il presidente della Provincia... non vi diciamo il nome. Ma una prima volta il governatore fece spostare la data della mostra e venne accontentato, creando non poche difficoltà a livello diplomatico. La seconda volta nemmeno si presentò, né si scusò. Orsacchiotti, appunto. Occorre dire, per correttezza,

che Mario Malossini, in illo tempore assessore al turismo, aveva pensato ad un momento di celebrazione del mondo dell’emigrazione e per un paio di anni - o forse più - aveva promosso a Trento la Farfalla d’oro, evento nel corso del quale venivano invitati - e premiati - emigrati o figli di emigrati trentini che si erano fatti strada. Ma poi, caduto Malossini, anche la Farfalla d’oro si era appassita. Al di là di questo pensiamo che il mondo dell’emigrazione trentina meriterebbe di essere valorizzato attraverso una progettualità che vada dalla cultura al business, che vada oltre le chiacchiere di rito espresse quando si parla in maniera paternalistica di emigrazione. In questo percorso potrebbe starci benissimo anche un Museo dell’emigrazione trentina, che illustri alle nuove generazioni, il significato, il senso ed i risultati di una emigrazione che in passato è stata massiccia. Si parla spesso di identità trentina. Forse un museo ed un progetto di valorizzazione potrebbero servire anche a questo: a creare l’orgoglio di un passato che molti trentini non conoscono più di tanto, a dare il giusto riconoscimento a quei tanti trentini che all’estero hanno raggiunto posizioni importanti, a ricordare a tutti che, quando era necessario, i trentini di una volta si rimboccavano le maniche e sapevano rispondere alle sfide. L’identità di un popolo è segnata anche dal proprio passato. E nel caso del Trentino il passato è stato anche e soprattutto emigrazione.

Il Centro Studi Judicaria e l’anno dei musei Il Centro Studi Judicaria, ha ideato quest’anno un grande progetto che intende valorizzare le proprie strutture museali. “Dare voce” non solo a quelle già note e conosciute per la visibilità che sono riuscite ad ottenere in passato e al presente, ma anche a tutti quei piccoli musei, o spazi espositivi, che talvolta rimangono noti solo in ambito locale, spesso relegati ad un limitato pubblico, ma non per questo meno interessanti. Decine e decine di collezioni talvolta custodite in ampi edifici storici, altre volte relegate in spazi più limitati, dedicate agli usi e costumi della gente locale, alle arti, alla storia, all’ambiente. Musei etnografici, o spazi per la storia del lavoro dell’uomo, te-

stimonianze della Grande Guerra, archeologia o temi più definiti o particolari come è il caso d’un Museo Farmaceutico,di quello della Montagna e delle Guide alpine, della Scuola, dei Funghi, della donna, ecc. Si aggiungono a questi vecchi opifici (mulini e segherie) considerati singolarmente inseriti all’interno di percorsi guidati. Rare invece le esposizioni d’arte, mentre numerosi sono i percorsi artistici lungo sentieri e percorsi nella natura. Da qui l’idea del Centro Studi di valorizzarli. Come? Una guida innanzitutto che li elenchi e li descriva; poi alcuni video, che diano voce ai più significativi. Ed ancora pubblicazioni che mettano in risalto alcuni oggetti dei

musei etnografici messi a confronto con opere d’arte di artisti locali; un paio di convegni, un concorso fotografico, delle mostre.

Importante il progetto che porterà, si spera, alla creazione di una “Casa Museo dell’emigrazione”a Pinzolo, che già sembra final-

mente decollare. Pensare ai Musei del nostro territorio vuol anche dire coinvolgere enti amministrativi, gruppi e associa-

zioni, il tutto nella nuova ottica che il Centro Studi Judicaria si propone di un maggior coinvolgimento delle realtà culturali presenti sul proprio territorio. Ma ora è tempo di darsi da fare affinché le tante belle idee messe in cantiere possano trovare la loro realizzazione. Le premesse, quelle che derivano dai molti incontri già compiuti presso enti e associazioni, fanno ben sperare. Ovunque si è riscontrata questa voglia, questo desiderio di lavori e progetti comuni. Speriamo possa essere il primo passo per una migliore proposta culturale territoriale. E per chi vuol saperne di più resta sempre una visita al nostro rinnovato sito Internet: (https:// www.judicaria.it/)


Attualità

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Piani giovani in rilancio, le novità per le Giudicarie Sono tre i Piani Giovani attivi in Giudicarie. Cos’è il Piano Giovani? E’ uno strumento per interpretare e promuovere i bisogni della fascia giovanile sul territorio. Vogliate perdonare il politichese, ma in questo caso è d’obbligo. Sì, perchè di politiche giovanili si parla. Il Piano opera attraverso un Tavolo del Confronto e della Proposta, composto da rappresentanti delle istituzioni e del mondo giovanile locale. Il suo obiettivo è lo sviluppo della fascia giovani 11-35. Come lo fa? Sostenendo attività di soggetti locali che siano in linea con il proprio Piano Strategico, formulato sulla base dei bisogni specifici del giovane di ciascun territorio. Nel concreto, il Piano dispone di un budget annuale derivante sia da Provincia che dai Comuni aderenti al Piano, destinati in parte ai progetti di singoli o di associazioni locali che abbiano fatto apposita richiesta attraverso il bando, in parte alla formazione interna al Tavolo. “Oggi i Piani tendono ad essere visti troppo come appoggio per attività ludico ricreative - esordisce Tiziano Salvaterra che li conosce dalle prime legislazioni in Provincia - Il Piano è nato per sostenere una fascia di popolazione in un’età sensibile, aiutarla ad orientarsi tra aspettative disilluse ed opportunità sul territorio. Le attività favorite dal Piano hanno senso se intese come esperienze concrete formative, in una logica sperimentale attiva non passiva, dove il giovane che partecipa ad un’at-

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di Martina Sebastiani

Sono tre i Piani giovani attivi in Giudicarie. Ma cosa sono? Sono strumenti per interpretare e promuovere i bisogni della fascia giovanile, dagli 11 ai 35 anni, sul territorio. tività non sta solo usufruendo di un servizio, ma contribuisce attivamente a renderlo possibile e si arricchisce personalmente.” Ci si chiede come stiano agendo le politiche giovanili nell’ambito giudicariese dove sono attivi ben tre Piani Giovani, tanto diversi dalla realtà della città come diversi tra loro. Veterani del chiese. “Il Piano Giovani della valle del Chiese è il più vecchio del Trentino e comprende tutti e sette i Comuni più una quindicina di soggetti locali – racconta il referente tecnico Gaia Volta. - Di recente il comune di Storo, storico ente capofila, ha passato il testimone a Pieve di Bono – Prezzo, con relativo nuovo referente istituzionale l’assessore alle politiche giovanili Monica Dras”. “Le sue radici sono anche più lontane con il progetto sovracomunale del 2002 ‘Per un Futuro Migliore’. Era nato per un bisogno, far fronte al disagio giovanile specialmente legato all’abuso di sostanze alcoliche e dipendenze. Anche se negli anni il focus è stato ampliato andando a guardare i bisogni del giovane a tutto tondo, rimangono comunque progettualità legate alla prevenzione. Il nostro

interesse va oggi alla cultura come fonte di benessere, l’ambiente ed il legame con il territorio, il dialogo intergenerazionale. Tra le ultime progettualità l’adesione a YESpecialist, un’occasione di confronto internazionale con lo scopo di promuovere

lo sviluppo dell’imprenditorialità locale.” “Il 2020 è stato particolarmente duro, con molti progetti in corso ostacolati dalle restrizioni. La pandemia ci ha portato a dirigere i nostri sforzi in una nuova direzione, il rapporto con le tecnologie e l’utilizzo consapevole dei social

network.” Insomma, tanta esperienza accumulata in 14 anni che unisce senso di appartenenza territoriale e proattivismo, il tutto a rendere la realtà del Chiese tra le meglio consolidate a livello trentino. Esteriori in propulsione. Quattro anni in meno contati nelle Esteriori dove il Piano varca la soglia del suo primo decennio. Vi adereriscono i cinque Comuni della valle e soggetti locali al seguito. Di nuovo, un territorio caratterizzato da volontariato e associazionismo che nel corso delle fasi critiche della pandemia ha saputo dare il meglio di sé: nel 2021 sono stati portati a termine ben 11 progetti, un record nella sua storia. A parlare è Veronica Bissa, Presidente del Tavolo dall’ente capofila, il Comune di San Lorenzo - Dorsino: “È emerso a gran voce il bisogno di creare spazi sociali di scambio ed aggregazione e i giovani delle Giudicarie Esteriori hanno dimostrato la loro volontà

di essere protagonisti del cambiamento e del rilancio sociale”. Sono stati realizzati progetti per la valorizzazione del patrimonio storico e culturale, anche enogastronomico, umano, paeseaggistico ed ambientale. Il progetto di Judicaria Plogging in particolare, con successo oltre i limiti del Trentino, ha unito tutta la valle in momenti di comunità e cura del territorio, superando storici campanilismi per un obiettivo comune. “Il rinnovo di logo e canali comunicativi ha agevolato l’attività del Piano – ci dice il referente tecnico Stefano Zanoni – scegliere come social media manager un giovane locale, inoltre, è un’opportunità lavorativa e formativa”. Tutto un fermento insomma. E non è tutto: i Comuni hanno deciso di credere ed investire ulteriormente nel Piano. Il budget a disposizione del territorio, oltre a quello derivante dalla Provincia, risulta quasi raddoppiato! “Assieme alla soddisfazione per la fiducia ed il riconoscimento ricevuto, cresce anche il senso di responsabilità – conclude la presidente Bissa - Si vedono i risultati di un anno impegnativo. Il forte entusiasmo che ha messo in moto tutta questa macchina non deve però spegnersi: aspettano ancora tanto lavoro ed impegno”. La nuova sfida della busa. Ultimo ma non ultimo, Gnabon della Busa di Tione e Porte di Rendena. Non si parla di Piano, anche se di fatto lo è, ma di GNABON! “Il nome è un modo gio-

vanile e dialettale per dire ‘neanche capace’ - spiega Francesco Picello, referente tecnico. - E’ stato scelto in quanto fresco ed attrattivo, lontano dalla pesantezza delle forme istituzionali. Lancia al giovane una sfida: hai un’idea e vorresti realizzarla? Gnabon! E a chi ti puoi rivolgere? Gnabon!” E quella di Tione è una sfida davvero, nata, come racconta il Presidente Gianmarco Fioroni, dalle ceneri di esperienze passate che coinvolgenvano anche la Rendena “Il comune di Tione ha voluto prendere nuovamente in mano la situazione ed ha individuato nella proposta della Cooperativa sociale Orizzonte Giovani il nuovo referente tecnico. Nel corso del primo anno, da gennaio 2021, non senza le difficoltà della pandemia, sono stati portati a termine quattro progetti. Personalmente lo considero un successo. Ora la convenzione è stata rinnovata per i prossimi tre anni, siamo fiduciosi anche se consapevoli che serva tempo”. Mentre la Busa e il fondo valle ripartono, la Rendena, di per sé non particolarmente omogenea, non ha forse un’amministrazione comunale che si faccia carico della questione giovanile. “Vogliamo che Gnabon favorisca la rete tra i rappresentanti del mondo giovanile per generare penisero nuovo. Lo strumento che è il Piano è oggi ancora poco conosciuto, anche per questo abbiamo puntato e puntiamo su un brand fresco e una comunicazione efficace. Oltre a questo, la volontà di fare rete anche con gli altri Piani”.


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Messaggio promozionale

Fondazione Guetti Il Consorzio Elettrico di Stor


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Nobili pietre di Giudicarie di Giacomo Bonazza

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Dalle pietre del pensatore francese Roger Caillois sbarcate alla Biennale di Venezia come opere d’arte a quelle giudicariesi, manipolate nei secoli dalle genti del posto 2

del calcare oolitico di Massone (famiglia delle rocce sedimentarie), di colore bianco latteo, veniva estratta sopra l’abitato lomasino alle pendici del Monte Casale, costituendo il materiale lapideo prevalente per la costruzione del battistero e la chiesa del complesso romanico medievale della Pieve di San Lorenzo a Vigo Lomaso. Al calcare oolitico luminoso di Lundo sembrano riferirsi pure gli incantevoli plutei di epoca altomedievale (tra VIII e IX secolo) ritrovati nelle Giudicarie Esteriori ed alcuni frammenti scultorei dello stesso periodo inerenti l’apparato decorativo delle due principali chiese paleocristiane di

gesuitica di San Francesco Saverio a Trento (1711), le due acquasantiere all’ingresso della settecentesca parrocchiale di Ragoli. Negli anni ‘30 del Novecento viene realizzato in pietra Nero di Ragoli il portale monumentale del Sacrario Militare di Castel Dante a Rovereto. “Il Marmo di Breguzzo”, che il maestro scalpellino Enrico Murari nel suo “I marmi del Trentino e la loro industria” del 1903 paragona al Bianco di Carrara (la parola greca “marmaros” significa pietra splendente), un marmo saccaroide caratterizzato da una struttura granulare simile a quella dello zucchero, veniva

1 - Battistero di Vigo Lomaso in Pietra di Lundo “Parlo delle pietre che sempre hanno dormito fuori o di quelle che riposano nel loro giacimento o nella notte dei filoni...Esistono fin dall’inizio del pianeta e a volte provengono da un’altra stella. In questo caso recano in sé la torsione dello spazio, come cicatrice della loro terribile caduta. Precedono l’uomo, e l’uomo, quando è arrivato, non le ha marchiate con l’impronta della sua arte o della sua industria. Non le ha lavorate, per destinarle a qualche impiego triviale, lussuoso o storico. Perpetuano soltanto la propria memoria...Parlo delle pietre che niente ha mai alterato, se non la violenza delle sevizie tettoniche e la lenta usura che è cominciata assieme a loro. Parlo delle gemme prima dei tagli, delle pepite prima della fusione, del profondo gelo dei cristalli prima dell’intervento del gioielliere...Parlo delle pietre che c’erano prima della vita e che restano dopo di essa sui pianeti raffreddati. Parlo delle pietre che non devono attendere neanche la morte e che non hanno null’altro da fare che lasciar scivolare su di sé la sabbia, la pioggia o la risacca, la tempesta, il tempo...Parlo soltanto delle pietre nude, fascino e gloria, in cui si dissimula e nel contempo si confida un mistero più lento, più vasto e più grave di quanto possa essere il destino di una specie effimera”. Così la prosa poetica di Roger Caillois (1913-1978), straordinario, eclettico pensatore francese, sconosciuto ai più, che come nessun altro ha indagato l’affascinante quanto misterioso mondo minerale, quasi a volergli restituire la sua regalità di inestimabile

“archivio della genesi del mondo”, minacciata dall’inguaribile presunzione dell’animale uomo, “specie effimera”, che vuole avere sempre e comunque la supremazia sulla natura come non ne facesse parte, alla faccia di quella conversione ecologica tanto sbandierata di questi tempi. Sempre Caillois: “Non vi sono masse informi che giacciono sulla terra senza scopo. Se le si osserva con attenzione vi si possono vedere sculture mitiche modellate nel momento stesso in cui progettava le sue prime forme. Nelle pietre, anche in quelle all’apparenza più insignificanti, si coglie il grande movimento dell’universo”. Un movimento che ha generato e continua a generare bellezza, un bello di natura che non è in contrapposizione al bello artistico dell’uomo, che anzi è in misteriosa relazione, se non in profetica anticipazione. “Natura, maestra de’ maestri”...“Il dipintore disputa e gareggia colla natura” sentenziava già Leonardo da Vinci, riconoscendo umilmente nell’infinito campionario delle forme, dei colori e dei segni ultramillenari della “natura pictrix” un modello imprescindibile per l’”homo artifex” nei suoi tentativi rappresentativi sia di tipo figurativo che astratto, plastici o meno. Una dimensione estetica che interconnette in maniera armonica, attraverso segrete analogie, l’intenzionalità libera e creatrice dell’uomo alla “necessità” creatrice, evolutiva, spontanea ed anonima della natura, artista suo malgrado. Non a caso le pietre della collezione di Caillois, 158 magnifici esemplari di pietre dure

2. - Portale Sacrario Casel Dante di Rovereto in Nero di Ragoli 3. -Leone in Marmo di Breguzzo presso Cimitero austroungaico di Bondo

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(agati, malachiti, diaspri, onici, ecc.), si direbbe a prima vista più confacenti ad un museo di storia naturale che ad un’esposizione d’arte, sono sbarcate alla Biennale veneziana del 2013, rivendicando il loro autonomo status artistico ed estetico alla pari dei manufatti umani; a noi solo la contemplazione di quella bellezza che si è materializzata ben prima della storia dell’uomo: geologia e misticismo in un ammaliante connubio! Di un’antica bellezza, anzi di un’ancestrale bellezza sono rivestite pure alcune pietre delle nostre montagne, che nei secoli hanno contribuito ad impre-

ziosire le architetture sacre e civili anche fuori dall’ambito giudicariese. Detto di sua maestà la Tonalite dell’Adamello (vedi GdG Dicembre 2020), frutto anch’essa dei magmatici raffreddamenti di Era Terziaria (42-28 milioni di anni fa), e del suo recente utilizzo in senso propriamente artistico (arredo, design, scultura), si vuole qui brevemente far memoria di altre pietre ornamentali che hanno caratterizzato un tempo il nostro territorio, espressioni di una qualità e varietà litologica non comuni, ridotte ora a mute sopravvivenze dentro le cave abbandonate. La “Pietra di Lundo”, una variante locale

Trento, segno della bontà del materiale da esportazione. “Il Nero di Ragoli”, calcare bituminoso nero con vene di calcite bianca, proveniva dall’antica cava di Scaricle, nel tratto finale della Val Manez, rappresentando una delle pietre da taglio più in voga nella scultura barocca in Trentino, impiegata soprattutto nell’altaristica. Ne sono uno splendido esempio le quattro colonne monolitiche dell’ancona dell’altare dedicato alla Madonna del Rosario nella Collegiata di Arco (1670), l’altare di San Vittore della Pieve di Tione, le cornici della tela centrale e gli l’architravi delle cappelle sugli altari della chiesa

estratto nelle cave dell’alta Val di Breguzzo di Trivena e di Campel fino al 1955. Il suo utilizzo in senso ornamentale è attestato a partire dal Quattrocento per la committenza lodroniana di Castel Romano. Di seguito è documentato nelle vicende costruttive della chiesa matrice tionese e di altri parati sacri. Ma sarà il padre francescano Fabiano Barcatta, progettista del monumentale cimitero di guerra austroungarico di Bondo (1916-1917), ad esaltarne la vivida bellezza attraverso i raffinati gruppi scultorei che costellano l’imponente complesso cimiteriale.


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esto numero il “Giornale delle Giudicarie” riserva ogni mese una sua intera pagina al uto degli studenti dell’Istituto “Lorenzo Guetti”, dando loro spazio e voce. La ne e tutta la redazione del Giornale attribuiscono molta importanza all’apporto di azioni, conoscenze, riflessioni e proposte che essi potranno offrire. Vi è nell’Istituto ezionale ricchezza di giovani menti che, contando su uno straordinario corpo i, può esprimere, con conoscenza e creatività, importanti riflessioni e idee utili per comunità giudicariese, e oltre. studenti – che lasceremo riposare nel periodo estivo – potrà essere un utile io per sentirsi maggiormente partecipi e protagonisti della vita culturale e conomica della loro terra, sulla quale sapranno pure far riflettere i raggi di quegli ti europei e internazionali più ampi verso i quali desiderano proiettare il proprio L’iniziativa potrà pure contribuire a realizzare un ulteriore raccordo fra la stessa

Per l’argomento scelto per questo numero del giornale mi sento particolarmente coinvolta; affronterò infatti anche io, quest’anno, l’esame di stato. Ho condiviso con le mie compagne di classe, la quinta linguistico idee, sensazioni e previsioni per il traguardo importante che ci aspetta.

Come avete vissuto questi tre anni tra DAD e presenza? Questi tre anni non sono stati sicuramente i migliori, sia a livello scolastico che relazionale, anche se come classe ci siamo avvicinate di più e siamo molto più cooperative. La DAD, per molte di noi, è stata un incubo e inizialmente abbiamo vissuto nel caos, nonostante fossimo consapevoli che questa fosse l’unica soluzione per poter continuare a studiare durante l’emergenza sanitaria. La maggior parte di noi concorda, però, sul fatto che la didattica a distanza sia stata poco efficace per l’apprendimento, anche perché la comunicazione tra studenti ed insegnanti non era sicuramente delle migliori; molte di noi hanno imparato poco e, nonostante il rientro in presenza, le lacune sono rimaste. L’anno scorso, invece, abbiamo trovato strano l’al-

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PAG. Le voci dei nostri studenti

Maturità, gli studenti ci raccontano la loro visione

Le studentesse e gli studenti in quinta oggi hanno avuto un solo anno in presenza piena, ovvero l’ultimo. Le loro paure, dubbi e speranze raccolte da una maturanda

ternarsi tra DAD e lezioni in presenza, mentre i bar e simili erano aperti. Questa situazione ha creato in alcune di noi il dubbio che la scuola non sia stata considerata veramente importante. In qualche caso la DAD è stata comunque un modo per poter staccare dalla pressione della scuola in presenza che, con le restrizioni, è diventata parecchio pesante. Tutte concordiamo sul fatto che la DAD non possa comunque competere con le lezioni in presenza e tutte noi speriamo in un repentino ritorno alla normalità. Vi sentite pronte per la maturità? Avendo fatto solo un anno, durante il triennio, totalmente in presenza, siamo consapevoli che non sarà facile; in linea di massima ci sentiamo pronte, ma come è normale che sia, siamo parecchio agitate. Come chi è uscito

dalle superiori negli scorsi due anni, anche noi abbiamo vissuto e sofferto la pandemia e crediamo sia comprensibile la nostra preoccupazione, anche perché non abbiamo ancora istruzioni precise su come dovremo svolgere l’esame. Sicuramente le lezioni in presenza hanno agevolato molto la nostra preparazione, inoltre gli argomenti che stiamo trattando sono molto interessanti e chiari e i professori sono abbastanza comprensivi rispetto alla nostra situazione. Speriamo solamente che sia chiarito al più presto come sarà svolto l’esame, in modo da poterci preparare al meglio. Come state affrontando questi mesi? Sono mesi davvero impegnativi, tra certificazioni linguistiche, preparazione ai test dell’università, verifiche, interrogazioni, corsi e per alcune anche la

patente, siamo parecchio esauste. Abbiamo sempre molte cose da fare e la tensione per la maturità si sta facendo sentire. I momenti di crisi non mancano, cerchiamo di tenere le cose sotto controllo, ma a volte risulta un po’ difficile, visto anche il carico di lavoro che ci troviamo a dover svolgere. Per alcune di noi, come abbiamo detto prima, anche la situazione d’emergenza che stiamo vivendo non aiuta di certo ad affrontare al meglio questo periodo che, speriamo, finisca presto, certe che in futuro saremo fiere del lavoro che abbiamo svolto. Quale modalità di esame avreste preferito? In quale vi sareste sentite più sicure? Diciamo che si tratta di

una questione soggettiva; tra di noi c’è chi eccelle maggiormente nell’orale e chi invece nello scritto, quindi siamo un po’ divise su quest’aspetto. Alcune di noi si aspettavano un aiuto in più dal parte del Ministero, visto e considerato che siamo ancora nella situazione degli scorsi due anni, dunque avrebbero preferito solamente l’orale. Altre invece, ritengono che una seconda prova possa darci più chance, sebbene un secondo scritto ci preoccupi un po’, ma contiamo sull’aiuto dei nostri professori che, siamo sicure, ci prepareranno al meglio. L’unica cosa che conta è uscire dalle superiori e iniziare una nuova fase della nostra vita

Sei d’accordo con le proteste che hanno visto protagonisti gli studenti in molte città italiane? Anche su questo ci troviamo un po’ divise tra chi è d’accordo e chi no. Ovviamente è importante che i maturandi abbiamo la possibilità di esprimere la propria opinione, ma per alcune di noi le proteste sono un po’ eccessive, anche perchè l’esame di Stato richiede solo argomenti trattati durante l’ultimo anno che, fortunatamente, si sta svolgendo in presenza; dunque il ritorno alla “vecchia maturità” sembra parzialmente giusto. Per altre di noi, invece, le proteste sono utili per far sentire la nostra voce, essendo noi a dover svolgere l’esame. Sara Nicolini

Negli ultimi anni un apprendimento meno completo Si potrebbe pensare ad un compromesso ascoltando le ragioni degli studenti con una sola prova scritta e non due La notizia che ha sconvolto maggiormente gli studenti in questo ultimo mese, in particolare quelli che frequentano l’ultimo anno delle superiori, è stata la reintroduzione della seconda prova all’esame di stato. Abbiamo intervistato Arianna Collini, una studentessa di 5FM (finanzia e marketing) dell’Istituto Guetti, che ci ha dedicato del tempo per

una ricerca più approfondita sul tema della maturità. A detta di Arianna, questi tre anni sono stati sicuramente particolari e difficili a causa del Covid, inoltre, con la didattica a distanza l’apprendimento è stato meno completo rispetto a quello degli studenti degli anni precedenti. È inutile dire che, a causa della pandemia, molte attività non sono state svol-

te, sia dal punto di vista scolastico che extra scolastico. “Per questo penso che per tutti gli studenti sia stato un periodo molto difficile da affrontare” afferma con sicurezza la ragazza. Per quanto riguarda la maturità,

ci ha rivelato che si sta preparando cercando di partecipare al meglio alle lezioni e trovando dei collegamenti tra gli argomenti studiati anche negli anni scorsi. Come già sappiamo, ultimamente si sono svolte diver-

se proteste contro le prove scritte di quest’anno, favorendo quelle orali. Anche Arianna è della stessa idea, infatti “due prove scritte metterebbero solo in difficoltà gli studenti che hanno già passato anni difficili a causa della pandemia e della DAD”. Ha inoltre aggiunto che se dovesse scegliere tra la prova scritta di matematica e italiano, allora sceglierebbe la prima in quanto più difficile da valutare oralmente. Un altro motivo per cui Arianna è a favore della prova basata sul modello dell’anno scorso risiede nel fatto che gli studenti del quinto anno, svantaggiati a causa della preparazione differen-

te visto lo svolgimento delle lezioni del triennio dietro a uno schermo, meriterebbero un po’ più di correttezza e comprensione. In conclusione, la studentessa crede che bisognerebbe avere l’opportunità di esprimere le proprie idee e preoccupazioni in modo pacifico, visto che saranno proprio i ragazzi a risentire della modalità che verrà adottata quest’anno, e se possibile “arrivare, se non all’eliminazione di entrambe le prove scritte, almeno a un compromesso che possa per esempio essere lo svolgimento di una sola di queste.” Eloisa Tisi e Sofia Surci


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PAG.

Professori ed ex studenti: convergenze e divergenze non, Potrebbe succedere che con la DAD rimangano più lacune negli studenti, e che quindi non riescano a imparare alcune cose. In teoria la preparazione dovrebbe essere la stessa.

Chi si è diplomato pre Covid chi nel 2020 e l’opinione sulla forma dell’Esame di Stato di due docenti

In questo numero di marzo abbiamo deciso di trattare l’argomento esame di stato, molto discusso in questo periodo. Per farci un’idea più chiara abbiamo posto alcune domande inerenti questa tematica a dei diretti interessati: Mattia, un ex studente diplomato nel 2018, Marco, diplomato nel 2020 (quindi in tempo di Covid) e due professori dell’Istituto Lorenzo Guetti. Come avete vissuto questi anni di DAD? MARCO: Era noioso, non mi piaceva perché non si poteva uscire e neanche svagarsi. Io avevo sempre il pensiero fisso sulla scuola, ci pensavo anche nel tempo libero e non riuscivo a staccare. Al contempo, però, ho aumentato il tempo dedicato allo studio e la mia media ne ha beneficiato, perchè avevo una routine più rigida, con più tempo a disposizione per lo studio e organizzandomi al meglio riuscivo a concentrarmi al massimo sfruttando le ore in

più date dalla quarantena. Seguire le lezioni era difficile, soprattutto per le distrazioni e i problemi di connessione, dato che eravamo in tre a casa. In più si aggiungeva il fatto di stare tante ore fermo davanti al computer, che certo non aiutava, ma con un piccolo sforzo riuscivo a stare concentrato al meglio. MATTIA: Da parte mia di studente universitario, la DAD ha reso più comode le lezioni, sia per quanto riguarda lo studio in sé che i trasporti. Le lezioni erano le stesse sia per chi era a casa che per chi era in presenza: si potevano registrare le lezioni e quindi gli appunti si riuscivano ad ampliare successivamente. Infine non era necessario scendere a Trento ogni mattina e si restava a casa propria. Vedendo altri miei amici che frequentavano le superiori in DAD ho notato meno impegno, sembrava che la DAD fosse una semplificazione della scuola, quasi una scorciatoia

(con delle eccezioni ovviamente), non come all’università dove, come detto prima, DAD e presenza erano più o meno la stessa cosa. Marco, come ti sei preparato alla maturità? Prima di tutto, fin da inizio anno prendevo appunti per tutte le materie e in modo ordinato, tenevo anche gli appunti in bella copia in modo da averli tutti a fine anno. Poi ho raggruppato tutti i materiali didattici di tutte le materie e ho cominciato a studiare materia per materia, cercando di creare collegamenti, fino al punto che riuscivo a relazionare diverse materie e argomenti con sicurezza. Alla fine della mia preparazione, nonostante l’ansia per l’orale, mi sentivo pronto. Mattia hai notato delle differenze tra la tua maturità e quella del Covid? Io ho sempre fatto scuola in presenza, quindi non ho fatto nessun passaggio tra DAD e

Le parole dell’Europa: pace Vista la grave situazione che l’Europa sta vivendo ai suoi confini orientali, e data l’importanza del mantenimento della pace come chiave per il buon funzionamento dell’Unione, ci sembra più che importante soffermarci sulla parola pace. L’UE nasce il 1 novembre del 1993 con il trattato di Maastricht nei Paesi Bassi a compimento di quel lungo processo iniziato con i trattati di Roma nel 1957. Uno degli scopi principali era quello di salvaguardare la pace tra gli stati e mettere fine alle guerre. Questa condizione di stabilità e armonia avrebbe permesso all’Europa sviluppo e benessere. All’Unione Europea il 12 ottobre 2012 è stato assegnato il premio Nobel per la pace per aver “contribuito a trasformare la maggior parte dell’Europa da un continente di guerra in un continente di pace” grazie all’impegno a favore della pace e riconciliazione, della

democrazia e dei diritti umani in Europa. Nel 2021 il Consiglio Europeo ha adottato una decisione che istituisce lo strumento europeo per la pace (EPF), un fondo fuori bilancio del valore di circa 5 miliardi di EURO per il periodo 2021-2027, finanziato mediante contributi degli Stati membri dell’UE, con lo scopo di rafforzare la capacità dell’UE di prevenire i conflitti, preservare e mantenere la pace e rafforzare la stabilità e la sicurezza internazionali. Dopo la seconda guerra mondiale l’Unione Europea si è mostrata quindi in grado di costruire e mantenere pace, benessere e progresso fra tutti gli stati. Tutti noi speriamo che ciò possa garantire anche in questo momento così drammatico la salvaguardia della pace e dei diritti dei popoli. LA CLASSE 3°LSM

Meglio scritto o orale? MARCO: Io avrei preferito fare lo scritto, perché, anche se non sono molto ferrato nello scrivere, per la seconda prova (che per il mio indirizzo avrebbe potuto essere fisica o matematica) avrei preferito affrontare l’esame scritto. In più l’orale mi metteva un po’ in ansia, soprattutto perchè giocarmi un voto con un solo orale, che poteva andare male, non mi piaceva. L’orale era una semplificazione dell’esame, quindi alla fine mi è stato d’aiuto e sono felice di come ho svolto la mia maturità. MATTIA: Io, avendo fatto la maturità pre-covid, ho avuto sia gli scritti che l’orale (quindi un esame più completo), ma secondo me non ci dovrebbero essere distinzioni tra la maturità prima e durante il covid, perché la preparazione scolastica dovrebbe essere la stessa. Io ho preferito gli scritti, perché l’orale avvantaggia chi riesce a parlare bene e potrebbe essere abbastanza studiare a memoria. Aggiungendo gli scritti si impara sia a scrivere che a parlare, in più per alcune materie è più difficile l’orale rispetto allo scritto, come per la matematica. Cosa ne pensi delle proteste che stanno facendo alcuni studenti riguardo l’introduzione degli scritti alla maturità? MARCO: Premetto che secondo me è sempre giusto protestare per ciò in cui si crede, nei limiti della legge, in modo pacifico e senza violenza. Ritengo anche che sia giusto protestare per coloro per cui la DAD è stata davvero un periodo complicato (contando anche tutti i cambi di legge ecc), però molti studenti ne hanno approfittato per non impegnarsi al massimo e molti hanno preso la situazione con leggerezza. E’ quindi difficile dare un giudizio su cosa sia giusto, perchè molti studenti si meriterebbero una semplificazione mentre molti altri no. MATTIA: Secondo me le recenti proteste sono esagerate, perchè la maturità potrebbe anche tornare normale, dato che anche se ci fossero lacune le commissioni sarebbero comunque interne, quindi sono i professori degli studenti a decidere quali materie e argomenti inserire nell’esame di maturità e saprebbero calibrarlo di conseguenza. Un esame di maturità (anche

se non conta molto nella vita) è importante perché va a testare le competenze raggiunte in 5 anni di scuola, anche se fatti in DAD. Professore, lei che insegna matematica e fisica, è pro o contro all’inserimento degli scritti alla maturità 2022? Io per quest’anno eviterei l’inserimento degli scritti, perché, a parer mio, quest’anno non può essere considerato come un anno in cui è tornata la normalità, anzi.

Secondo lei gli studenti sarebbero preparati per affrontare gli scritti? Penso che gli studenti non siano del tutto preparati, se il Ministero tenesse conto di queste oggettive difficoltà allora si potrebbe anche affrontare uno scritto, ma non tenendone conto gli studenti sarebbero sottoposti a sacrifici maggiori rispetto a coloro che hanno affrontato un anno normale. E’ inoltre evidente che questi ultimi anni non sono stati semplici neanche dal punto di vista psicologico. Cosa ne pensa delle proteste che stanno facendo alcuni studenti riguardo l’introduzione degli scritti alla maturità? Se questi studenti stanno protestando unicamente per togliere gli scritti della maturità 2022 sono d’accordo, se la protesta fosse sugli scritti in generale penso si potrebbe discuterne, ma bisognerebbe trovare un’alternativa valida, che non consista nella semplice eliminazione degli scritti. Prof Ballardini, in quanto professore di italiano e latino di una classe di quinta, lei è favorevole o sfavorevole alla reintroduzione degli scritti agli esami per la maturità di quest’anno? Sono favorevole principalmente per due motivi: da un lato penso che la presenza dei due scritti possa garantire una base di valutazione più oggettiva, sia per chi avrà il compito di valutare, sia per chi sosterrà l’esame. Dall’altro credo che svolgere una prova scritta possa offrire la possibilità di concentrarsi più a fondo e di gestire meglio l’agitazione del momento. Anche se comprendo che per qualcuno lo scritto possa costituire uno scoglio, si tratta comunque di una prova con tempi più ampi per la riflessione e il ragionamento. E sappiamo che il pensiero si “muove” diversamente quando scrive. In una situazione ideale (non di pandemia) sostituirebbe gli scritti con qualcos’altro?

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Direi di no. Forse si potrebbe ragionare sulla tipologia delle singole prove. Ad esempio una delle forme di elaborato scritto previste nei vecchi modelli dell’esame di maturità prevedeva la realizzazione di un saggio breve: la traccia proponeva una tematica e una serie di documenti (sia testi che immagini), che i candidati dovevano utilizzare come “materiali” per sostenere ed elaborare le loro argomentazioni. Una tipologia di prova forse non scontata, ma che coinvolgeva una molteplicità di competenze lasciando anche spazio ad un certo tipo di creatività. Penso comunque che, prima di arrivare a modificare le prove dell’esame finale, ci sia una vasta riflessione da fare sulle modalità di verifica degli apprendimenti di tutto il percorso scolastico delle superiori. Cosa ne pensa delle proteste fatte dagli studenti in questo periodo per chiedere la rimozione degli scritti? Una certa preoccupazione da parte degli studenti credo sia comprensibile (la maturità, per inciso, ha sempre fatto una certa paura). Penso in particolare ad aree o situazioni nelle quali il ritorno ad una didattica “regolare” può essere stato più lento e complesso. Credo che una buona strategia sarebbe quella di raccogliere, attraverso un confronto maturo, i dubbi e le preoccupazioni degli studenti e delle studentesse, ascoltando seriamente il loro punto di vista, aiutandoli però a riflettere criticamente su certi timori e certe impressioni. Un fatto che va sottolineato, ad esempio, è che si tratterà, ancora per quest’anno, di un esame discusso davanti ad insegnanti conosciuti, e che quindi hanno in mente il percorso didattico e umano degli studenti e delle studentesse. Si sente dire, d’altro canto, che gli scritti andrebbero rimossi perché “quest’anno non abbiamo fatto nulla”; ma questo non è un dato di fatto: può essere vero in alcuni contesti, ma non in maniera generalizzata. Indubbiamente, un confronto di questo tipo richiede del tempo, e non è certo facilitato comunicando le modalità d’esame a metà febbraio. Ci sono molti aspetti della scuola italiana e della sua gestione che richiedono una riflessione approfondita, critica, un rinnovamento attento e meditato. Stiamo attenti – tutti insieme, studenti e insegnanti – a non lasciarci distrarre da problemi che, forse, non sono così smisurati come possono apparire. Alba Pellizzari, Anna Floriani, Susanna Vaia


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A Tione il carnevale arriva ad aprile

Il comitato organizzatore del Gran Carnevale Giudicariese ha rinviato la manifestazione al 23 e 24 aprile nella speranza di non incappare nuovamente nelle limitazioni richieste dall’evolvere della pandemia Sabato 23 e domenica 24 aprile. È questo l’appuntamento da segnare in agenda con il Gran Carnevale Giudicariese 2022 che ritornerà finalmente a colorare le vie centrali del paese di Tione di Trento. “Eccome – esclama il comitato organizzatore – si farà.” E questa è una grande notizia per tutti gli amanti dell’evento carnevalesco più antico delle Valli Giudicarie che solitamente si svolge nella giornata di martedì grasso. Nonostante le difficoltà ormai note che la pandemia si sta trascinando in quello che si spera l’ultimo defini-

tivo periodo di convivenza il comitato organizzatore del Gran Carnevale Giudicariese, oggi guidato dal presidente Maurizio Iseppi, ha deciso di spostare l’intera manifestazione nelle date di sabato 23 e domenica 24 aprile 2022. “Con il comitato organizzatore – afferma Iseppi – siamo al lavoro dallo scorso autunno con il preciso obiettivo di riproporre l’atteso evento dopo lo stop forzato causa Covid-19.” L’impennata di casi d’inizio anno ha quindi costretto gli organizzatori a rivedere i contorni dell’evento. “Non ci siamo

persi d’animo e – prosegue il presidente – abbiamo trovato grande disponibilità e volontà da parte dei gruppi che organizzano i carri e i

gruppi mascherati.” Il programma è ancora in fase di definizione con i dettagli che saranno ultimati nelle prossime settimane ma

l’idea c’è. “Nella giornata di sabato 23 aprile – spiega Maurizio Iseppi - riproporremo il famoso “Carnevale dei Popi e putei” giunto ormai alla venticinquesima edizione. Con ogni probabilità modificheremo le modalità di svolgimento di questo fantastico carnevale dedicato ai più piccoli e cercheremo di proporre un qualcosa di nuovo che come sempre possa piacere ai bambini e ai genitori. Lo spazio dedicato ai più piccoli è un momento del nostro carnevale alla quale teniamo molto: i bambini sono il nostro futuro e questo vale anche per il mondo delle associazioni e del volontariato. Nella giornata di domenica 24 aprile ci sarà invece il momento clou con la sfilata dei carri e gruppi mascherati creati da volontari provenienti dai vari paesi delle Giudicarie. Il lungo corteo mascherato sfilerà nel viale centrale del borgo tionese colorando il paese con l’esibizione fi-

nale nella rinnovata piazza centrale Cesare Battisti di Tione sotto l’occhio attento della nostra giuria.” Anche per l’edizione 2022 non mancherà la regina del Gran Carnevale Giudicarie che sarà pronta a scattare delle memorabili fotografie nel carnevale che sancirà la ripartenza dopo la pandemia. Chiusura con la serata danzante nella quale saranno eletti i vincitori dei carri allegorici e dei gruppi mascherati. “Stiamo lavorando – evidenzia Iseppi ancor più alacremente visto che dopo la pandemia sicuramente dovremmo rivedere e cambiare molti aspetti organizzativi. Nelle prossime settimane daremo un programma più dettagliato delle giornate di festa. Cercheremo di mantenere la genuinità e l’ottimo livello raggiunto in anni di lavoro di questa festa amata da tutte le persone di tutte le età”. (M.M.)


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Una logistica di Comunitá a trazione cooperativa nelle Giudicarie

Puó la logistica avere un risvolto sociale? Nel 2015 COOPERATIVA LAVORO s.c.s. di Borgo Lares ha avviato un servizio di consegna porta a porta di missive e materiali pubblicitari, collaborando con diverse realtà cooperative locali e amministrazioni pubbliche. Da questa esperienza è nato un progetto di ricerca, finanziato con legge 6 dalla Provincia Autonoma di Trento, finalizzato a sviluppare un sistema di logistica locale integrata a servizio della popolazione locale. IL PROGETTO LGC Il progetto “Logistica di Comunitá” ha iniziato a prendere forma nel 2017. Dopo un primo confronto interno COOPERATIVA LAVORO s.c.s. ha cercato un partner tecnologico con le conoscenze e competenze necessarie per fornire un sistema informatizzato di gestione degli ordini, dei flussi, degli itinerari e dei piani di consegna. Da qui è nata la collaborazione con KUMBE srl di Tione di Trento, societá specializzata in servizi digitali multimediali e integrati sul web, che ha condotto alla costituzione di una solida partnership coinvolgendo la Fondazione Bruno Kessler - istituto di ricerca trentino - in attività di ricerca e sviluppo congiunte. Presentato e avviato a dicembre 2019, l’attività svolta sino ad oggi ha permesso di realizzare una nuova piattaforma tecnologica per la gestione delle consegne, arricchita di sistema di routing dei trasporti basato su mappatura puntuale di tutti i civici delle Giudicarie e rinforzato da algoritmi predittivi per l´ottimizzazione delle consegne. Nicola Mosca, referente tecnico del progetto e CEO di KUMBE srl, ci spiega come il prototipo funzionale della nuova piattaforma ICT sia dotato della capacità di elaborare in maniera strutturata e organica i dati legati alla distribuzione e mappatura dei punti di consegna sul territorio, allo stato dell’ambiente e alle condizioni al contorno dei servizi offerti: ● accogliere le esigenze di utenti, aziende, enti e associazioni - ma anche dei classici corrieri - costituendo un hub logistico con l’obiettivo di ridurre costi e tempi del servizio di consegna; ● creare modelli di logistica e previsionali calati sulle realtà locali; ● stimare l’impatto e i costi in termini energetici e di tempo dei servizi di trasporto in ambiente montano, basati in futuro anche su mobilità elettrica; ● fornire soluzioni con elevato grado di personalizzazione che le rendano applicabili in tutto il territorio regionale ed estendibile all’intero arco alpino. Il settore “Qualità della Vita” - ci dicono i ricercatori Alessandra Piccoli e Mattia Malfatti coinvolti nel progetto - è il più ampio ambito tematico nella Smart Specialization Strategy (S3) del nostro Trentino che ha tra gli obiettivi principali lo sviluppo di servizi innovativi e personalizzati per la popolazione. Il progetto LGC ha consentito di condurre una analisi puntuale delle esigenze del nostro territorio e dei suoi cambiamenti in seguito alla notevole diffusione di sistemi di e-commerce (Amazon, etc.) per offrire una serie di servizi alla comunità coniugati con le mutate esigenze della popolazione locale e aspetti di inclusione sociale ed ambientali.

Il progetto LGC è un esempio di come piccole realtà locali, grazie all’innovazione tecnologica, possano proporre e realizzare soluzioni utili a dare risposta alla necessità di servizi dedicati a comunità montane

OBIETTIVI e RICADUTE SUL TERRITORIO I partner di progetto sono riusciti a sviluppare in sinergia una piattaforma innovativa che - nel concetto di Smart Community - è in grado di pianificare le risorse di COOPERATIVA LAVORO s.c.s. per offrire una serie di microservizi all’avanguardia, coordinati ed efficienti nel mercato dei servizi alla persona. La piattaforma - ci dice Nicola Brochetti direttore di COOPERATIVA LAVORO s.c.s - si configura come infrastruttura di supporto alle attività decisionali e gestionali della cooperativa per garantire e promuovere: ● il servizio di consegna a tutti i cittadini; ● la creazione di nuove opportunità lavorative finalizzate all’inserimento lavorativo di soggetti in stato di svantaggio ● l’incentivazione delle reti di mobilità sostenibile, orientando il trasporto merci ad una maggiore efficienza e minor im-

patto ambientale; ● l’integrazione delle risorse disponibili sul territorio per una migliore programmazione e gestione delle attività di distribuzione locali; ● nuove iniziative di sostegno alla microproduzione agricola e artigianale; Ma tutto questo cosa c’entra con i principi cooperativi che caratterizzano la cultura del nostro territorio? C´entra eccome, non solo perché il capofila è una cooperativa sociale che dà lavoro a soggetti svantaggiati, ma perché tutto il progetto è stato immaginato per dare risposta al bisogno di servizi delle comunità nelle aree piú marginali, dove la morfologia del territorio non facilita le consegne ai corrieri classici e per contrastare lo spopolamento dei piccoli borghi montani. In un contesto come quello Giudicariese la differenza può essere fatta da uno strumento tecnologicamente avanzato al servizio di un network di persone, grazie al quale compensare la carenza di hub logistici e frequenze dei passaggi dei corrieri con la presenza capillare sul territorio di COOPERATIVA LAVORO s.c.s. “Logistica di Comunitá” intende quindi promuovere il micro-commercio a livello locale, i diritti dei lavoratori compresi quelli svantaggiati, i servizi alle/tra le persone della comunità, la cura per l’ambiente grazie all’ottimizzazione dei trasporti e ai principi di solidarietá nelle scelte di consumo. SPERIMENTAZIONE Flavio Simoni, responsabile sociale e dei servizi di logistica di COOPERATIVA LAVORO s.c.s., annuncia che a breve ci sarà il lancio ufficiale del portale per la raccolta ordini dopo un periodo di sperimentazione interna che ha consentito di mettere a punto il sistema prima di avviare l’erogazione effettiva del servizio. Il portale consentirà - in questa prima fase - di perfezionare ordini di consegna in tre dif-

ferenti tipologie: consegna pacchi (con raccolta in Giudicarie e consegna in tutta Italia), consegna massiva (per attività di volantinaggio e promozione commerciale) o consegna indirizzata (per enti, aziende e associazioni che vogliono raggiungere una specifica lista di persone). La necessità di avere un grafo stradale aggiornato in un territorio montano - ci dice Flavio - ha invogliato alla ricerca di strumenti in ambito geospaziale attingendo all’ecosistema di soluzioni open source. È così che KUMBE srl ha sviluppato una specifica app per la mappatura degli indirizzi di consegna che utilizza come sfondo la mappa OpenStreetMap, consentendo a COOPERATIVA LAVORO di mappare l’intero territorio e partecipare in maniera attiva allo sviluppo/aggiornamento di OpenStreetMap grazie anche alla collaborazione con istituti scolastici locali. La stessa app fungerà poi da navigatore del personale impiegato per la consegna, favorendo l’attività lavorativa di soggetti svantaggiati. L’ambito di sperimentazione interessa l’intero territorio della Comunità delle Giudicarie che si estende per un quinto del territorio provinciale Trentino (circa 1176km²), composto di 25 comuni amministrativi con una distribuzione dei paesi geograficamente variegata ed una popolazione complessiva di circa 37.200 abitanti (dati 2019). E’ nostra intenzione organizzare - ci dicono Flavio e Mattia - una serie di serate informative in collaborazione con le amministrazioni comunali al fine di presentare la piattaforma di raccolta ordini e come funziona il sistema di consegna, raccogliendo così eventuali altre esigenze del territorio direttamente dalle persone presenti agli eventi. PROSPETTIVE Il progetto LGC è un esempio di come piccole realtà locali, grazie all’innovazione tecnologica, possano proporre e realizzare soluzioni utili a dare risposta alla necessità di servizi dedicati a comunità montane, popolazioni che vivono nelle aree piú marginali, dove la morfologia del territorio non facilita le consegne ai corrieri classici e dove si cerca di contrastare lo spopolamento dei piccoli borghi montani. Da segnalare, in ottica sinergica sul territorio trentino, gli accordi di collaborazione in definizione anche con il progetto INDACO promosso dalla PAT (indaco.store) dove le sinergie con il progetto LGC e tra i vari partner di progetto potrebbe contribuire a dare concretezza ad entrambe le iniziative. Per questo l’invito è quello di partecipare attivamente, cogliendo l’opportunità di provare le tipologie dei servizi offerti e contribuire a perfezionare la tecnologia sviluppata. Attraverso un approccio partecipato i suggerimenti delle persone possono aiutarci ad integrare il parco servizi con esigenze nascoste che - nello spirito cooperativo che da sempre ha caratterizzato le nostre Giudiarie - ci potranno consentire di mettere a terra una vera Logistica di Comunità! Per maggiori informazioni sul progetto ed essere aggiornati potete seguire il sito web logistica.social oppure contattare il personale di COOPERATIVA LAVORO s.c.s. (email: distribuzione@cooplavoro.net - cell. 345 5371620)


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Attualità

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Un mondo di invenzioni al femminile per celebrare la Giornata Internazionale della Donna di Chiara Garroni

Il tergicristalli, la sega circolare, i pannolini usa e getta, i baci perugina, la lavastoviglie e molto altro. Nella quotidianità usiamo tantissimi oggetti inventati da donne. Molti pensano che la Festa della donna dell’8 marzo sia dedicata alle vittime di un incendio in una fabbrica americana dove avrebbero perso la vita diverse operaie. Ma non è così. È vero che il 25 marzo del 1911 in una fabbrica americana scoppiò un incendio e morirono 146 persone, in maggioranza donne; ma ciò non ha nulla a che fare con l’origine della Festa della donna. La Giornata internazionale della donna (dunque non “festa”) trae le sue origini dalla Conferenza delle donne socialiste a Copenhagen nel 1910, che stabilì di istituire una giornata comune in tutti i paesi dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne, ma non fu fissata una precisa data. L’8 marzo 1917 le donne russe si unirono ai rivoluzionari chiedendo la fine della guerra con una grande manifestazione di piazza a San Pietroburgo. Questo episodio segnò la caduta dello zarismo, e sancì come data l’8 di marzo. In Italia si arrivò a festeggiare la ricorrenza (su iniziativa del Partito Comunista che si ispirava al nuovo regime russo) inizialmente nella domenica più vicina all’8 marzo, poi dal 1925 proprio l’8 marzo. L’ONU ha istituito ufficialmente la Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale nel 1977, invitando tutti gli Stati membri a una giornata di particolare attenzione ai diritti delle donne e al loro ruolo negli sforzi di pace, lasciando però libertà di scelta riguardo alla data, che è stata fissata per l’8 marzo in molti Paesi. Io vorrei prendere spunto da questa data, che non mi ha mai coinvolto né convinto, per ricordare alcune donne, sconosciute ai più, che con il loro ingegno, sensibilità e capacità hanno dato un contributo importante alla vita di molte persone. Comincio con Luisa Spagnoli, una delle figure femminili più influenti del primo ‘900, che inventò

il bacio Perugina, esattamente 100 anni fa. Questo prodotto, che oltre a cioccolata e gianduia utilizzava anche la granella avanzata di nocciole, solitamente buttata, ottenne un successo enorme, che resiste tuttora. Ma Luisa fu

soprattutto un’imprenditrice illuminata: introdusse numerose innovazioni in ambito assistenzialesociale per garantire una migliore qualità della vita ai lavoratori, con particolare riguardo ai diritti delle sue dipendenti: l’asilo nido aziendale e il diritto all’allattamento in fabbrica. Madre di 3 figli, avviò anche la catena di negozi d’abbigliamento che tuttora porta il suo nome. Josephine Cochrane ha inventato la lavastoviglie, prezioso aiuto nei lavori domestici. Josephine era una ricca americana che amava organizzare cene con molti invitati nella sua dimora. Un giorno si rese conto che le sue preziose stoviglie, essendo lavate dalla servitù in recipienti pieni d’acqua con sostanze come aceto, limone e cenere, si stavano rovinando. Aristocratica e piena di ingegno si mise al lavoro, e riuscì a brevettare nel dicembre 1886 un’apparecchiatura che proiettava getti d’acqua e sapone sulle stoviglie, attraverso un sistema di pompe azionato manualmente: la prima lavastoviglie. La macchina fu mostrata all’ Expo di

Chicago nel 1893 e 4 anni dopo Josephine aprì la sua fabbrica, la Garis-Cochran Dish-Washing Machine Company, ora di proprietà della Whirlpool Corporation. Anche il tergicristalli fu ideato da una donna, Mary Anderson. Nel 1903 andò per lavoro a New York mentre era in corso una grande nevicata. Il conducente si fermò e scese dall’auto per togliere la neve dal parabrezza, con disagi e tempi di percorrenza che si allungavano moltissimo. Dopo questo episodio la Anderson disegnò il primo

modello di tergicristalli che consisteva in una leva interna all’auto, vicino il volante, che muoveva una stecca di gomma all’esterno sul parabrezza. Fu depositato il brevetto e, nel 1917, sempre una donna, Charlotte Bridgwood, inventò i primi tergicristalli automatici. Pensate ora a come sarebbe la vita dei neo genitori e dei bambini senza i pannolini usa e getta. Anche a questo ha pensato, negli anni ’50, una donna: Marie Donovan. Era da poco diventata mamma e non ne poteva più di cambiare pannolini

di stoffa, che sporcavano vestiti e lenzuola. Con la macchina da cucire e una tenda fatta di nylon creò il primo prototipo di pannolino impermeabile che brevettò assieme alla chiusura a strappo, con bottoni automatici di metallo, in sostituzione delle spille di sicurezza. Nel 1949 commercializzò la sua invenzione, e poco dopo riuscì a vendere il pannolino impermeabile alla SaksFifth Avenue ed i brevetti alla Keko Corporation per 1 milione di dollari. Strano ma vero, anche i boscaioli devono molto ad una donna, per l’invenzione della sega circolare. Infatti nel 1813 Tabitha Babbitt, membro della comunità religiosa di Shakers, inventò una sega con una lama circolare e un filatoio, alimentata da un pedale a ruota, che avrebbe semplificato la vita ai boscaioli e diminuito la fatica nel tagliare i tronchi degli alberi. Le seghe usate fino ad allora comportavano un notevole spreco di energie, con un movimento di ritorno poco produttivo. L’invenzione fu molto apprezzata dalla comunità religiosa che, però, impedì di brevettarla. Dopo la sega circolare veniamo ad un’invenzione decisamente più femminile: il reggiseno. Nel 1900 le donne usavano corsetti fatti con ossa di balena, scomodi e dolorosi per la pressione che esercitavano sul torace. Mary Phelps Jacob, newyorkese, conosciuta come editrice e scrittrice col nome di Caresse Crosby, nel 1910, mentre si preparava a partecipare a un ballo scolastico, si rese conto che il suo corsetto la impacciava troppo. Prese dei lacci rosa, dei fazzoletti, ago, filo e spilla, e creò

qualcosa di molto vicino all’attuale reggiseno. Nel 1914 lo brevettò allo U.S. Patent Office. Il Monopoly, uno dei più famosi giochi da tavola, si ispira al Landlord’s Game inventato, nel 1903, da Elizabeth Magie Phillips. Nacque per scopi didattici, ovvero per spiegare le teorie anti-monopoliste di Henry George: l’idea di fondo era dimostrare perché i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Il gioco, inizialmente usato da Elizabeth per trascorrere del tempo con gli amici, divenne molto popolare tanto da portarla a presentare una richiesta di brevetto, concesso nel 1904. Nel 1910 la Parker Brothers pubblicò il suo gioco e, 30 anni dopo, mise sul mercato il Monopoly, creato da Charles Darrow, che però invece di contrastare i monopoli, li premiava. Restando sempre in tema di denaro, chiudo questa panoramica citando Laura Cretara. Non sapendolo, tutti noi ne utilizziamo l’invenzione ogni giorno. E’ l’ideatrice ed incisore di monete metalliche della Zecca che propose l’uomo vitruviano di Leonardo per l’euro italiano. L’alternativa era il David di Michelangelo, ma l’allora presidente Ciampi preferì il simbolo leonardesco. Ed anche la moneta da due euro, quella con Dante, fu ideata da una donna: Carmela Colaneri, allieva della Cretara. Diceva Emma Goldman, anarchica femminista del secolo scorso, che la vera emancipazione non inizia né nei seggi elettorali né nei tribunali, ma nell’anima delle donne. E, direi, anche nella loro intelligenza.


Giudicarie in numeri

di Virginio Amistadi

L’andamento demografico in Giudicarie mostra un calo di 260 unità ma le nascite sono buone con 287 nati, sette in più dello scorso anno e un tasso di 7,7 nati per mille abitanti superiore ai 7,4 della media trentina e ai 6,8 di quella italiana Il 17 febbraio 2022 ISPAT (Istituto di Statistica della provincia di Trento) ha diffuso i dati definitivi sulla popolazione del Trentino al 1° gennaio 2021 e sul movimento della popolazione nel corso del 2020, per Comunità di Valle e Comune. Cogliamo quindi l’occasione per un riepilogo sull’andamento demografico in Giudicarie. Il report statistico è disponibile direttamente sul sito http:// www.statistica.provincia.tn.it al quale rimandiamo per la lettura completa. Al 1° gennaio 2021 la popolazione residente in Giudicarie ammonta a 36.859 unità con un decremento rispetto al 1° gennaio 2020 di 260 unità. I nati vivi residenti sono 287 (7 in più dell’anno precedente) con un tasso di natalità di 7,7 nati per mille abitanti. Questo dato è superiore sia alla media trentina (7,4) che alla media nazionale (6,8). Il numero dei morti residenti ammonta a 550 unità (197 in più rispetto all’anno precedente). Il tasso di mortalità è risultato pari al 14,9 per mille; decisamente superiore al 9,5 per mille dell’anno precedente e superiore ai tassi di mortalità medi riscontrati in Provincia di Trento (12,0 per mille) e a livello nazionale (12,5 per mille). Il saldo naturale della popolazione (differenza tra il numero dei nati e il numero dei morti nel periodo), presenta un valore negativo con -263 unità. Nel periodo 2019 – 2020 il saldo naturale era stato di -73 unità. I comuni con più di 20 nati nel corso dell’anno sono cinque: Storo (40 nati), Sella Giudicarie (32 nati), Tione di Trento

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Come cambia la popolazione, i dati definitivi

Comuni

Popolazione Nati Morti Saldo Saldo Altre Popolazione Differenza residente al vivi naturale migratorio voci residente 2020-2021 1.1.2020 al 1.1.2021 Borgo Lares 718 10 9 1 -5 -7 707 -11 Tione di Trento 3.670 30 51 -21 20 -4 3.665 -5 Tre Ville 1.404 14 25 -11 7 4 1.404 0 Giudicarie Centrali 5.792 54 85 -31 22 -7 5.776 -16 Bondone 660 3 17 -14 -4 -3 639 -21 Borgo Chiese 2.006 11 45 -34 9 -18 1.963 -43 Castel Condino 224 1 1 -2 -3 219 -5 Pieve di Bono-Prezzo 1.435 12 28 -16 7 4 1.430 -5 Sella Giudicarie 2.914 32 39 -7 5 -18 2.894 -20 Storo 4.583 40 58 -18 -6 -25 4.534 -49 Valdaone 1.166 8 14 -6 4 -23 1.141 -25 Valle del Chiese 12.988 107 202 -95 13 -86 12.820 -168 Bleggio Superiore 1.546 12 40 -28 16 -18 1.516 -30 Comano Terme 2.935 25 39 -14 -20 -6 2.895 -40 Fiavè 1.069 9 13 -4 -1 -9 1.055 -14 San Lorenzo Dorsino 1.577 10 24 -14 16 -25 1.554 -23 Stenico 1.207 8 22 -14 5 -20 1.178 -29 Giudicarie Esteriori 8.334 64 138 -74 16 -78 8.198 -136 Bocenago 387 3 3 10 -1 396 9 Caderzone Terme 684 4 8 -4 2 -1 681 -3 Carisolo 962 3 8 -5 -5 -2 950 -12 Giustino 742 10 2 8 -2 1 749 7 Massimeno 141 2 -2 5 0 144 3 Pelugo 400 2 6 -4 -8 2 390 -10 Pinzolo 3.055 21 36 -15 34 76 3.150 95 Porte di Rendena 1.793 9 30 -21 1 -21 1.752 -41 Spiazzo 1.254 4 24 -20 14 -4 1.244 -10 Strembo 587 6 6 16 6 609 22 Valle Rendena 10.005 62 125 -63 67 56 10.065 60 Valli Giudicarie 37.119 287 550 -263 118 -115 36.859 -260 Fonte: Annuario statistico. TAV. I.01 - Movimento della popolazione residente nell’anno 2020, per Comunità di Valle e comune (dati definitivi) Comunità di Valle

Popolazione Nati Morti Saldo Saldo Altre Popolazione Differenza residente vivi naturale migratorio voci residente 2020-2021 al 1.1.2020 al 1.1.2021 Val di Fiemme 20.202 129 249 -120 61 -78 20.065 -137 Primiero 9.820 70 144 -74 18 -79 9.685 -135 Valsugana e Tesino 27.078 171 406 -235 175 -157 26.861 -217 Alta Valsugana e Bersntol 55.470 399 614 -215 287 -466 55.076 -394 Valle di Cembra 11.077 78 107 -29 30 -80 10.998 -79 Val di Non 39.408 329 461 -132 286 -114 39.448 40 Valle di Sole 15.543 96 180 -84 70 -18 15.511 -32 Giudicarie 37.119 287 550 -263 118 -115 36.859 -260 Alto Garda e Ledro 51.674 370 657 -287 329 -554 51.162 -512 Vallagarina 91.846 683 1.061 -378 518 -512 91.474 -372 Comun General de Fascia 10.131 90 108 -18 1 279 10.393 262 Altipiani Cimbri 4.611 31 63 -32 51 -26 4.604 -7 Rotaliana-Königsberg 30.506 270 319 -49 203 -11 30.649 143 Paganella 4.964 36 43 -7 4 158 5.119 155 Territorio Val d’Adige 124.909 928 1.441 -513 585 -1.814 123.167 -1.742 Valle dei Laghi 11.067 81 123 -42 85 -15 11.095 28 Provincia 545.425 4.048 6.526 -2.478 2.821 -3.602 542.166 -3.259 Fonte: Annuario statistico. TAV. I.01 - Movimento della popolazione residente nell’anno 2020, per Comunità di Valle e comune (dati definitivi)

(30 nati), Comano terme (25 nati), Pinzolo (21 nati). Il saldo migratorio (differenza tra il numero di residenti iscritti e i cancellati all’anagrafe) presenta un valore positivo di +118 unità. Il dato è superiore a quanto riportato nel periodo 2019-2020 dove il saldo migratorio si era fermato a +12. Per il calcolo della popolazione al saldo naturale e al saldo migratorio si devono aggiungere altre due voci: il Saldo altre variazioni e la Rettifica

censuaria. Si tratta di variabili tecniche che sono state raggruppate sotto “Altre Voci”. Queste voci peggiorano ulteriormente la differenza negativa tra saldo naturale e saldo migratorio portando la popolazione residente giudicariese a decrescere complessivamente di 260 unità passando da 37.119 residenti al 1° gennaio 2020 a 36.859 residenti al 1° gennaio 2021. A livello provinciale, la popolazione residente in Trentino

ammonta a 542.166 unità, facendo registrare una diminuzione assoluta, rispetto al 1° gennaio 2020, di 3.259 unità, equivalente ad un decremento relativo del 6,0 per mille (leggermente inferiore rispetto al 6,8 per mille del livello nazionale). Il movimento della popolazione nel 2020 evidenzia come il calo della popolazione in Trentino sia stato molto influenzato dalla crescita anomala dei morti dovuta alla pandemia.

Il saldo migratorio, pur rilevando valori chiaramente più contenuti rispetto all’anno precedente, risulta positivo e in grado di controbilanciare il saldo naturale. La diminuzione della popolazione è quindi riconducibile alla nuova metodologia Istat utilizzata per correggere il risultato delle anagrafi. Sono cinque le comunità che registrano un aumento della popolazione nel corso del 2020. Le comunità della Pa-

ganella e del Comun General de Fascia presentano un incremento consistente, rispettivamente del 3,1% e del 2,6%. Le altre comunità di valle con incrementi di popolazione nell’anno 2020 sono la Rotaliana-Königsberg, la Valle dei Laghi e la Val di Non. Le comunità che decrementano maggiormente la propria popolazione sono Primiero, Alto Garda e Ledro e Territorio Val d’Adige.


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Messaggio promozionale

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Meteo permettendo, le prime piste della Skiarea Campiglio apriranno il 27/11

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Territorio

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Risparmiare ed investire con l’inflazione La consulenza de La Cassa Rurale per supportare scelte di investimento consapevoli Per La Cassa Rurale Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella sostenere la crescita responsabile del territorio significa fornire un supporto alla comunità con l’obiettivo di gestire e valorizzare i risparmi delle famiglie. Il servizio di consulenza professionale che viene offerto presso tutte le 40 filiali dell’istituto bancario ha infatti l’obiettivo di affiancare nelle scelte di gestione del portafoglio i soci e i clienti, che appaiono disorientati in momenti come quelli attuali. I dati nazionali confermano infatti la cautela e la prudenza che caratterizza le scelte della maggior parte dei risparmiatori, che preferiscono “parcheggiare” i propri risparmi sul conto corrente anziché destinarli a forme di investimento più appropriate. Le motivazioni vanno ricercate principalmente nell’incertezza legata al quadro generale: le preoccupazioni conseguenti la pandemia, le ricadute sull’economia e sui posti di lavoro, ecc. Uno degli elementi fondamentali alla base della scelta di non investire è sicuramente il livello dei tassi di interesse, che da tempo permangono a livelli estremamente bassi, per

La ricerca di rendimenti più elevati potrebbe spingere anche il risparmiatore più prudente a compiere scelte poco ponderate e che rischiano di risultare dannose, come confermato da molti anni di esperienza e da studi accademici non dire negativi. Basti pensare che acquistare oggi un titolo di stato italiano ad un anno significa investire in una sorta di tassa implicita: alla scadenza il capitale restituito sarà inferiore a quello inizialmente investito. Altro elemento di preoccupazione che è entrato più recentemente nel dibattito generale è quello legato all’inflazione: i maggiori costi dell’energia in primis, ma più in generale quelli di tante materie prime, favoriscono ed inducono una serie di

aumenti dei prezzi di molti beni e materiali di consumo. L’effetto combinato di tassi di interesse molto bassi e ritorno dell’inflazione, comporta un’erosione del potere di acquisto dei risparmiatori: la somma disponibile oggi in conto corrente tra un anno consentirà di acquistare meno beni di quelli che è possibile acquistare oggi. C’è però un fenomeno preoccupante legato a questa situazione: il cosiddetto “fai da te” nella scelta dell’investimento da compiere. La ricerca di rendimenti più elevati potrebbe infatti spingere anche il risparmiatore più prudente a compiere scelte poco ponderate e che rischiano di risultare dannose, come confermato da molti anni di esperienza e da studi accademici. Tale consapevolezza ha portato La Cassa Rurale ad assumersi responsabilmente il ruolo di affiancamento e supporto ai propri soci e clienti nella ricerca di soluzioni di investimento che tutelino il patrimonio e realizzino rendimenti appaganti. Ne sono un esempio le Gestioni Patrimoniali che consentono di investire in un mix diversificato di attività finanziarie: titoli di stato, obbligazioni, azioni, fondi comuni, valute estere.

La correlazione tra tutte queste componenti, in cui un’eventuale perdita di una parte viene molto spesso compensata da guadagni di altre attività, consente di diminuire i rischi e di ottenere risultati molto soddisfacenti, tutelando allo stesso tempo il patrimonio investito. Le soluzioni proposte in questi mesi dal Gruppo Cassa Centrale sono particolarmente adatte a questo contesto e prevedono l’ingresso graduale nel singolo investimento: il PIP Piano di Investimento Programmato nelle Gestioni Patrimoniali e il PAC - Piano di Accumulo di Capitale per i piccoli risparmi, sono adatti ad ogni tipo di risparmiatore. Il PIP e il PAC consentono una attenuazione del rischio grazie sia alla diversificazione degli investimenti che alla modalità di accesso graduale nei mercati, che consente di limitare gli effetti dei momenti sfavorevoli prevedendo versamenti piccoli e periodici anziché un versamento unico e ingente. I consulenti de La Cassa Rurale sono a disposizione ogni giorno su appuntamento per consigliare a soci e clienti la soluzione più adatta per la gestione dei loro risparmi.


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Attualità

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Emigrazione, a Pinzolo un museo per ricordare l’epopea trentina di Giuliano Beltrami

L’idea che fu di Basilio Mosca potrebbe concretizzarsi al Paladolomiti di Pinzolo. I promotori in visita a Genova dove sta sorgendo il Museo italiano dell’emigrazione Ha senso un museo dell’emigrazione a Pinzolo? Che domande! E’ come chiedere se abbia senso lo studio della storia o la conoscenza del passato della propria famiglia. E poi, vai a chiederlo a chi da una trentina d’anni sta spingendo perché in alta Rendena nasca uno spazio capace di raccontare un’epopea come quella dell’emigrazione. Sì, perché oggi siamo terra di immigrazione, con aziende costrette a cercare stranieri per rimpinguare gli organici (vai negli alberghi di Campiglio, come nelle fabbriche di Storo), ma un tempo (diciamo un secolo fa) esportavamo manodope-

ra: arrotini (i molèta) in Europa, negli Stati Uniti e in Canada, serve nelle città della Pianura Padana, minatori in Wyoming, operai in Ohio, contadini in Argentina... Trent’anni. Fu in quel tempo che Basilio Mosca (allora presidente del Centro Studi Judicaria) cominciò a pensare ad uno spazio da dedicare alla memoria degli emigranti. Poi si sa come va il mondo, gli amministratori locali hanno un sacco di cose da fare, e non sempre quando c’è da fare una scelta impegnativa riescono a mettersi d’accordo. Se l’idea del museo piaceva a tutti, la

questione più calda riguardava la collocazione della sede: Pinzolo o Giustino? Caderzone o Carisolo? E sul tema sede si è inchiodato per anni il progetto. La scelta di Pinzolo Paladolomiti. A pianterreno ci sono spazi sufficienti per piazzarvi la “Casa museo dell’emigrazione”. E questo pare oggi un punto fermo. Un secondo punto fermo riguarda il coinvolgimento. Insieme al Centro Studi Judicaria (che, come dicevamo, vanta la più datata aspirazione), ci sono il Comune e la Pro Loco di Pinzolo, l’Azienda per il turismo Madonna di Campiglio e l’Associazione Trentini nel mondo. Ma i promotori si augurano che si vada ben oltre. Auspicano, infatti, di avere una rete larga di partner. Per questo è in preparazione un protocollo d’intesa da sottoporre a tutte le Amministrazioni comunali giudicariesi ed alle organizzazioni sociali e culturali del territorio. In fondo l’emigrazione è stata un fenomeno di tutto il territorio.

La visita a Genova Nel capoluogo della Liguria sta sorgendo il Museo italiano dell’emigrazione. Per questo in febbraio una delegazione composta dai pinzoleri, dai responsabili del Centro Studi Judicaria e dal presidente della Trentini nel mondo si è recata ad incontrare il direttore del museo e i suoi collaboratori. Ne è nato un confronto utile, che senz’altro avrà un seguito. Recupero, valorizzazione e salvaguardia della memoria: una memoria importante per la società giudicariese e trentina in generale. Basti pensare alle migliaia di persone che ogni anno partivano per cercare un briciolo di benessere in terre sconosciute dalle lingue e dalle abitudini ignote. Il museo (o casa dell’emigrazione) vuole recuperare testimonianze, documentazione scritta e verbale, immagini. Inutile sottolineare il valore sociale, senza dimenticare che un museo, oltre ad avere un ritorno turistico, può mettere in contatto la nostra terra con gli oltre 60.000 trentini (per citare solo gli iscritti all’Aire,

il registro dei residenti all’estero), che sono interessati alla loro terra d’origine e vogliono conoscerla. Teniamo presente che, mentre gli emigranti di prima generazione parlavano il dialetto di partenza, quelli della seconda e della terza (i figli e i nipoti di coloro che si sono stabiliti nei Paesi in cui sono emigrati) non conoscono spesso nemmeno l’italiano. Però alle radici tengono e non è raro che vengano in visita. E qui entra in ballo la Trentini nel mondo, che ha un suo obiettivo: collaborare all’interno della rete di Associazioni che si occupano di migrazione. Perché, per esempio, non inserire Genova nelle stazioni del “Treno della memoria”, che dovrebbe portare, secondo le intenzioni, in giro per l’Italia il ricordo dell’epopea dei migranti? Per ora è solo un’idea, partita dal presidente dell’Associazione Mantovani nel mondo, che ha trovato orecchie attente in Veneto ed in Trentino. Armando Maistri ha lanciato il messaggio a Genova: “Si potrebbe far arrivare qua il treno

in occasione dell’inaugurazione del Museo dell’emigrazione”. Anche se non è ancora stabilita la data. La “Casa museo dell’emigrazione” non avrà gli spazi del museo di Genova, che parte con 1.500 metri quadrati. Il Paladolomiti offrirà poche centinaia di metri. In quella superficie occorrerà utilizzare molta tecnologia, capace di concentrare informazioni. Basti pensare (senza voler fare imitazioni, ma giusto per fare un esempio) al cervellone di Ellis Island, il luogo in cui sbarcavano a New York gli emigranti provenienti da tutto il mondo. Si può cliccare il nome del proprio antenato per scoprire il giorno e l’anno dell’ingresso in America. Un contributo (bello e lancinante) alla memoria della propria famiglia. Ovviamente non sappiamo (è presto per saperlo) come si articolerà il museo. Tuttavia non abbiamo dubbi: ricostruire la storia (quella minuta, vissuta dal popolo) è un messaggio virtuoso per ricostruire un prezioso patrimonio sociale. Sia detto senza l’ombrello della retorica.


Comunità Giudicarie

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Saper guardare oltre. Una ripartenza attesa da due anni

Finalmente si riparte e dopo due anni in cui la Pianificazione Sociale della Comunità delle Giudicarie è stata rallentata a causa della pandemia di Coronavirus 19, in queste settimane sono riprese le attività dei gruppi operativi. Di cosa si tratta? Stiamo parlando del Piano Sociale, ovvero dello strumento, introdotto dalla legge provinciale n.13/2007, con il quale la Comunità, partendo da un’attenta analisi dei bisogni del territorio e delle risorse esistenti, cerca di migliorare o potenziare, creare o ideare azioni che possano definire delle possibili linee di intervento in ambito di politica sociale e stabilirne delle priorità di intervento, per rispondere in modo più efficace alle esigenze della popolazione. Il precedente Piano Sociale della Comunità delle Giudicarie, anno 2018-2020, reso possibile grazie ad un lavoro di comunità, ha visto la partecipazione condivisa tra varie realtà coinvolte, sia del pubblico che del privato, dalle scuole ai servizi pubblici, dal volontariato al privato sociale. Il servizio sociale intende quindi ripartire con questa importante attività di analisi e di progettazione a favore della comunità.

Dopo la sospensione dovuta al Covid ripartono i lavori del Tavolo territoriale per la pianificazione sociale Il Tavolo Territoriale, organo di consulenza e di proposta per le politiche sociali della Comunità delle Giudicarie, è stato recentemente rinnovato e vede la presenza di una trentina di rappresentanti di realtà tra cui le Scuole, l’Azienda Sanitaria, i servizi pubblici, le APSP, il volontariato, il credito cooperativo, gli albergatori, i commercianti, i sindacati, il privato sociale, i distretti famiglia e i piani giovani. Tale organo si avvale di gruppi operativi che vedono, a loro volta, la partecipazione di una quindicina di realtà per gruppo, esperte e interessate a queste tematiche. E proprio in questi giorni hanno ripreso le attività di confronto e analisi attraverso dei gruppi operativi costituiti in base ai seguenti ambiti: abitare, educare, prendersi cura e lavorare, individuati dalle linee guida provinciali.

Obiettivi di questa prima fase di incontri saranno quelli di confermare alcune attività precedentemente avviate, e portarle a termine, ma servirà anche come momento per confrontarsi su nuovi bisogni emersi e su possibili azioni di contrasto per favorire e promuovere il benessere del nostro territorio. In particolare, nell’ambito dell’abitare la Comunità intende porre l’attenzione non solo sul problema strutturale dell’abitare ma anche sul concetto stesso di abitare, aspetto fondamentale per la vita delle persone. Nell’ambito dell’educare si intende dedicarsi ai bambini e ai ragazzi che in questo momento vivono un momento delicato e allo stesso tempo complesso, favorendo attività e supporto anche alle rispettive famiglie. Per quanto riguarda il prendersi cura l’attenzione

verrà posta sul numeroso aumento di situazioni che manifestano disagio psichico, psicologico e sociale, trasversalmente per tutte le fasce d’età. In ultimo nell’ambito del lavorare, si intende costruire un gruppo di lavoro che possa guardare ai ragazzi che, ancor prima di uscire dal mondo scolastico, presentano fragilità e difficoltà nel realizzare un progetto di vita lavorativo, che possa dar loro una condizione migliore per affermarsi. La pianificazione sociale è un’importante risorsa su cui il servizio sociale crede e sta investendo, si vuole porre uno sguardo nuovo che possa andare oltre questo difficile momento che stiamo vivendo, per

contribuire e promuovere sinergie positive all’interno della nostra comunità giudicariese. Si ritiene fondamentale come, attraverso il lavoro di comunità e il contributo di tutti coloro che mettono a disposizione la propria esperienza, si possano creare e realizzare importanti azioni future, favorendo il confronto tra persone motivate e professionali, interessate a guardare al bene comune della propria Comunità. Il Commissario della Comunità di Valle Giorgio Butterini sottolinea l’importanza del Tavolo: “Si tratta di uno strumento di fondamentale importanza, perché consente un approccio partecipativo a tematiche molto delicate, che

fisiologicamente coinvolgono i soggetti più fragili. Il forzato, parziale arresto della pianificazione strategica in ambito sociale, a causa del Covid, impone ora un’accelerazione in risposta anche a bisogni urgenti. I nostri servizi svolgono un eccellente lavoro, garantito con encomiabile impegno anche durante le fasi più acute della pandemia, ma ora auspichiamo di tornare finalmente a un modello che favorisce il coinvolgimento e l’espressione di tutti coloro che quotidianamente offrono un supporto alle persone bisognose di cure e attenzioni”. A cura di Ufficio di Piano Comunità delle Giudica-

Il corretto conferimento del cartone La Comunità delle Giudicarie vuole richiamare, come già fatto lo scorso anno, l’attenzione sul corretto conferimento del cartone nelle “casette” in legno presso le isole ecologiche. Da qualche anno, sta emergendo infatti una problematica nuova e imprevista per quanto riguarda la raccolta degli imballaggi in cartone (scatole e scatoloni). Come è noto, tale rifiuto viene conferito nelle cosiddette “casette”, presenti in parecchi punti di raccolta pubblici, che consistono in manufatti in legno fuori terra, aperti, atti a contenere gli imballaggi in questione. Il problema scaturisce da due circostanze concomitanti:

1.l’aumento notevole e costante che questo tipo di rifiuto ha subito già dal 2020, forse in parte ascrivibile all’incremento degli acquisti online ma soprattutto all’uso indiscriminato delle “casette” da parte delle utenze non domestiche; 2. la sistematica mancata riduzione in volume (piegatura, compattazione, rottura ecc.) delle scatole, le quali infatti vengono introdotte tal quali nel contenitore occupandone in tal modo rapidamente tutta la volumetria. Tale criticità può forse apparire di poco conto al cittadino distratto (o peggio) ma la sua incidenza sui costi di raccolta è notevole. Si pensi solamente al fatto che il mezzo di prelievo (un autocom-

pattatore) transita per le isole raccogliendo da ogni casetta magari solo 5-6 scatoloni di grandi dimensioni non piegati e quindi con un peso praticamente nullo, cosicché alla fine del turno di raccolta la quantità effettiva di rifiuto prelevato risulta irrisoria a fronte di 6 ore di viaggio. Oltre a questo, il fatto che con pochi imballaggi il contenitore venga riempito completamente, induce l’utenza ad abbandonare il rifiuto al di fuori dello stesso, con notevole degrado dell’area, costringendo gli operatori – pagati dalla Comunità e quindi dai cittadini – ad incrementare le frequenze di raccolta. Si pensi che in alcune isole la frequenza è dai 5 ai 6 giorni a settimana. Pur aumentando

il numero di contenitori si è riscontrato che il problema persiste ed è solamente trasferito a tutti i contenitori presenti. In alcune isole si è costretti a passare con un auto compattatore non meno di 5 volte la settimana, con costi facilmente immaginabili. Infine, e questa è forse la problematica maggiore, il cartone viene speso conferito nel-

le isole ecologiche pubbliche dalle utenze non domestiche (negozi, supermercati, …) che hanno quantitativi di rifiuto abnormi rispetto alle domestiche. Si ricorda che tali utenze devono conferire il proprio cartone ai Centri di Raccolta, che sono dislocati su tutto il territorio (in numero di 15) e sono del tutto gratuiti. Un fenomeno che sta cre-

scendo a partire dal 2021 è poi quello del conferimento di altri tipi di rifiuto nelle casette del cartone, ad esempio dì scatoloni con schermi, computer, video e quant’altrto. Si aggiunge quindi l’onere di dover raccogliere e smaltire anche queste tipologie che andrebberoi confwrite (gratuitamente!) al Centro di Raccolta. Inultile dire che se la sensibilità e il senso civico del cittadino non pongono rimedio a questo “stile” che denota come minimo una estrema superficialità la tariffa rifiuti non potrà che aumentare di anno in anno, anche a scapito di chi la raccolta differenziata la fa con attenzione e rispetto.


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Parlando giudicariese

Simbolicamente… Giudicarie di Mario Antolini Musón

Un trasloco, a 102 anni, dalla natia Tione a Saone, è spunto per una riflessione sulla storia e l’identità giudicariesi Un imprevisto ma obbligatorio trasloco mi fa abbandonare la natìa borgata di Tione per trasferirmi definitivamente a Saone. Un felice e confortante ritornare là dove mi sono trovato come maestro di scuola, ma anche dove è nata e si è sostanziata la mia profonda “giudicariesità”. Infatti proprio a Saone, negli anni Sessanta del secolo scorso, ho avuto l’opportunità e la grazia di comprendere che non basta nascere in Giudicarie per sentirsi Giudicariesi, ma che Giudicariesi si diventa rendendosi capaci di diventarlo attraverso la partecipazione e lo studio. Infatti si diventa parte integrante di una popolazione e, conseguentemente, del possibile inserire nel territorio sul quale si dipana l’esistenza (la conclamata “integrazione”), soltanto se si riesce a conoscere quanto più vi è da conoscere e si è capaci di condividere con la gente di una stessa area geografica, gli usi e costumi alla luce dei principi e dello spirito di “comunità”. Quanto intricata e ingarbugliata è stata la mia esperienza esistenziale. Sono nato in Giudicarie ma ho trascorso nel mio paese soltanto il mio primo decennio di vita; poi per due decenni sempre in collegio con tre anni a Milano, quattro anni in Piemonte e otto anni in Giappone. Soltanto a 27 anni sono rientrato in Giudicarie per rimanervi interrottamente fino agli attuali quasi 102 anni. Strane vicende esistenziali mi hanno obbligato a diventare anche maestro nelle Scuole Elementari, iniziando con gli stentati inizi a Pelugo nel 1955. Successivamente, nel 1958, mi sono trasferito a Saone dove, fortunatamente, trovai pure l’opportunità di scoprire sia

il territorio sul quale mi trovavo (le Giudicarie) e ad accorgermi che mi trovavo fra una popolazione (i Giudicariesi) che, fino ad allora, mi era quasi del tutto sconosciuta. Proprio a Saone ebbi l’occasione di incontrare Silvia Marchiori Scalfi, Ezio Scalfi e Paolo Scalfi Bàito che si incontravano in casa di Silvia e già impegnati a rovistare tra i documenti degli archivi giudicariesi alla ricerca del passato secondo le linee indicative della scientificità. Mi trovai con loro “a fare gruppo”, con periodici incontri, sempre intenti a discutere (spesso in maniera accesa per le diversità di vedute e di interpretazioni) su documenti relativi sia al territorio che alle popolazioni locali. Divenni componente fisso del gruppo, occupandomi particolarmente (essendo un provetto tipografo) dell’elaborazione dei loro scritti ai fini delle pubblicazioni editoriali, stampate e diffuse con la sigla SPES (= Silvia, Paolo, Ezio, Scalfi). Con alterne vicende, e cambiando le varie sedi degli incontri e dei lavori di elaborazioni, il gruppo si protrasse e, nel tempo, si trovò sulle scie parallele di altri appassionati ricercatori come con Gianni Poletti, Franco Bianchini, Giuseppe Ciaghi, Dante Ongari, padre Mario Levri, Basilio Mosca, Graziano Riccadonna, Gilberto Nabacino e numerosi altri appassionati di storia giudicariese con i conseguenti positivi agganci alla successiva presenza dell’attività del Centro Studi Judicaria. Coi miei ormai quasi 102 anni, con comprensibile e umile soddisfazione, posso affermare che durante il corso della seconda metà del secolo scorso è iniziata l’epoca di una più

sostanziale ed effettiva conoscenza sia della storia dei Giudicariesi che della consistenza geografica dell’incomparabile nostro territorio dalle incomparabili componenti. Un lavorìo iniziato subito dopo la fine della seconda guerra mondiale e poi costantemente dipanatosi e che tuttora si sta attuando giorno per giorno, trovando di decennio in decennio sempre più persone capaci di innamorarsi delle Giudicarie e di sforzarsi di portarne alla luce gli elementi significativamente più consistenti e indicativi. Sono a conoscenza che il Centro Studi Judicaria si sta proponendo di iniziare ad impostare, per poi portarne debitamente a termine la pubblicazione, una serie di volumi sulla “Storia delle Giudicarie” e, nel contempo, pure adeguati volumi dedicati a “La geografia delle Giudicarie”: due necessari pilastri culturali che daranno modo a rendersi conto della consistenza antropologica e territoriale di un pur piccolo angolo delle Alpi, ma che costituisce l’essenza di un prezioso diamante rimasto sotterrato e nascoso fino a oggi tra gli anfratti della non cono-

scenza (ignoranza). Il mio ritorno a vivere a Saone mi fa risentire in cuore la soddisfazione di avervi trovato motivazioni e ragioni per impostare la mia vita privata a dedicarmi a conoscere il meglio che potevo sia i miei “convalligiani” che la loro “storia”, sia annaspando tra monti e valli cercando ogni aspetto che mi testimoniasse la consistente bellezza e peculiarità di ogni zolla. Proprio dagli anni Cinquanta in poi, vari impegni sociali mi portarono a dover percorrerne tutte le strade, principali e secondarie, per portarmi in ciascun centro abitato, dalle borgate più popolate alle frazioni più sperdute e fuori mano, avendo modo di conoscere un’innumerevole serie di persone, tutte identiche nei propri usi e costumi, pur senza effettivi e costanti rapporti tra loro: ciascuno nucleo abitativo quasi a sé stante e rinserrato in se sesso, senza quasi neppure conoscersi e tanto meno senza trovare motivi e occasioni per frequentarsi. Condizionamenti storici e ambientali hanno fatto sì che gli abitanti delle Giudicarie - da Campo Carlomagno al Càffaro,

da Tione al Limarò, dalla Sella di Àndalo al Passo di Ballìno - rimasti per secoli e secoli isolati dal resto del mondo e senza idonee strade di comunicazione interne, siano vissuti isolatamente ed autonomamente e senza bisogno gli uni degli altri. Ragioni per cui, da vecchio incallito, sono convinto che, oggi, negli evidenti condizionamenti sociali profondamente cambiati ed in cambiamento, sia giunto il momento di riuscire a far convergere le potenzialità operative verso un “comune sentire” che porti ad un “comune agire”, che proprio la conoscenza della “comune storia” e della “comune geografia” ne possono costituire i saldi pilastri di sostegno. Nella certezza ormai di non poterne esserne personalmente partecipe per il naturale corso del tempo, mi è facile e confortante prevedere che il già più che prossimo avvenire chiederà maggiore avvedutezza e salda preparazione poiché i cambiamenti in atto e previsti e prevedibili incalzeranno anche i Giudicariesi che, per riuscire a rimanere protagonisti della loro storia, dovran-

no rivedere la loro modalità di “sentirsi insieme” a salvaguardia ed a valorizzazione della loro “identità antropologica e sociale” e della salvaguardia e valorizzazione della loro “proprietà collettiva”. I segni positivi che qualcosa si stia muovendo si sta evidenziando nei singoli Enti e nel Volontariato: che sia il segnale dell’aprirsi di nuovi orizzonti. Secondo il mio modesto modo di vedere punti chiavi da concordare in “unità di visione” ed in “unità di operare” a livello comprensoriale, sarebbero: la scuola, la viabilità, il turismo in generale, le attività termali”, le stagioni invernali, l’amministrazione pubblica, il territorio, la cultura, la vita sociale. Il “tutti insieme” e “l’uno per tutti” potrebbero e dovrebbero risultare l’esatta combinazione per aprire la cassaforte che contiene l’immenso “bello” e il tanto “buono” delle nostre più che amate Giudicarie oggi animate dai discendenti delle generazioni storiche e dai numerosi nuovi convalligiani che vi sono approdati nei secoli per sceglierle come ragione di sede di vita.


Sport Il sostantivo calcio associato all’aggettivo femminile potrebbe far raggelare il sangue di qualcuno per scarsa informazione, stereotipi di genere o infondati pregiudizi. Fortunatamente, nell’ultimo periodo, si è assistito ad un’inversione di rotta. Il calcio femminile ha avuto maggior seguito grazie alla visibilità che i media e le TV hanno cominciato finalmente a dare al campionato italiano e alla nazionale femminile. Anche i risultati ottenuti a livello internazionale sono stati un bel volano per la diffusione del calcio tra le ragazzine. In una valle di periferia come la nostra c’è un’importante realtà che oltre ai vari campionati maschili ha a cuore la promozione del gioco del pallone per le donne. L’Alta Giudicarie del presidente Oreste Bonazza è la società che può vantare di portare avanti da ben sette anni un progetto ambizioso per giovani calciatrici. Lo scorso 12 febbraio la formazione giudi-

cariese si è aggiudicata il titolo di campionessa regionale ed ha conquistato la “Coppa Italia” a Gardolo, superando il Nomi per 7-1 dopo aver rimediato ad un iniziale svantaggio. Quel trofeo alzato al cielo da capitan Ghezzi è il frutto di otto vittorie su otto partite, con cinquantacinque gol realizzati e sole sei reti subite. Ora al team trentino aspetta la fase nazionale, nella quale incontrerà la squadra veneta “Infinity Futsal Academy”. Un’annata in cui la compagine grigiorossa si sta rilevando un’assoluta protagonista con il miglior attacco e la miglior difesa, non solo in Coppa ma anche in Campionato. Dopo la seconda giornata di ritorno, l’Alta Giudicarie occupa il vertice della classifica a quota 27 punti (9 vittorie, 84 gol fatti, 17 subiti) a sei lunghezze di distanza dall’inseguitrice Nomi. Tra le marcatrici spicca bomber Martina Brunello, attualmente ferma per infortunio, con 23 reti in Campionato e 14 in Coppa, seguita da Eleono-

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Calcio, l’Alta Giudicarie femminile è campionessa regionale di Matilde Armani

Contro il Nomi un secco 7-1 e dopo 8 vittorie e 55 gol realizzati le ragazze si sono aggiudicate la Coppa Italia. ra Pellizzari finora realizzatrice di 20 gol in Campionato e 9 in Coppa. La squadra, formata da quattordici ragazze tra i 14 e 35 anni, alcune anche con esperienze a livelli superiori, disputa il campionato di serie C di calcio A5. Il mister è Marco Mon-

nesi - è nata innanzitutto per dare l’opportunità ad atlete già tesserate di poter continuare a giocare senza doversi spostare per forza a Trento o a Riva del Garda, ma anche per incentivare una realtà ancora troppo poco conosciuta come il calcio femminile.

dei risultati. Soprattutto negli ultimi anni, ho voluto identificare in questa squadra la forza fisica. Per farlo abbiamo utilizzato carichi e anche sovraccarichi a livello muscolare insieme a lavori d’intensità. Questo perché, proprio come è dimostrato scientificamente, la forza muscolare aiuta le prestazioni e previene gli infortuni».

tagni di Arco, allenatore con diverse esperienze nel calcio A5 maschile ma che da ormai tre annate segue il team femminile giudicariese dove ha creato un gruppo molto compatto e con la sua indiscussa pazienza ha insegnato parecchi schemi di gioco determinanti alla squadra. «La nostra compagine - spiega il dirigente Alberto Mila-

Siamo soddisfatti di come in questi anni la squadra si sia consolidata, degli importanti traguardi raggiunti fino a questo momento e di come la nostra proposta sia stata accolta. Abbiamo sempre più tifosi che ci sostengono in casa e ci seguono in trasferta: questo è bellissimo. La speranza per il futuro è di ampliare il gruppo, maga-

ri attingendo dalle nuove leve della nostra valle. Siamo disponibili ad accogliere chiunque voglia provare a far parte di questo bellissimo team». Gli allenamenti si svolgono due volte a settimana nella palestra comunale del “centro sportivo Fiana” di Bondo alternando sedute tecnico-tattiche con Montagni ad esercizi fisici

con il preparatore atletico Stefano Mussi e la preparatrice dei portieri Debora Rambaldini. «Fin dalla fondazione della squadra - commenta il preparatore Mussi - la preparazione fisica è stata pensata, strutturata e mai improvvisata. Ciò ha permesso di avere una squadra competitiva sempre ed era proprio il nostro obiettivo al di là

La rosa: Sara Rigatti (1986), Sara Gijveska (1994), Debora Ghezzi (1994), Eleonora Pellizzari (1994), Jullieth Quintero (1997), Martina Brunello (1997), Anna Franceschetti (1998), Martina Massetti (1999), Greta Corradi (1999), Anna Zambotti (2002), Elisa Chieste (2005), Veronica Nicolini (2006), Linda Bugna (2007), Chantal Beltramolli (2007). Staff tecnico: Marco Montagni (allenatore), Stefano Mussi (preparatore atletico), Debora Rambaldini (preparatrice portieri), Alberto Milanesi (dirigente ufficiale), Giampaolo Massetti e Maurizio Zambotti (dirigenti accompagnatori).


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Tutti giù per terra

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Quanta fretta ma dove corri La vita è diventata tutta un correre. Facciamo la spesa con un click. Con un click rimorchiamo su Badoo e prenotiamo cena e albergo. Comunichiamo sempre meno con la scrittura lenta e faticosa, sempre più con le faccine colorate. Andiamo agli speed date e facciamo speed joga. Mangiamo polenta istantanea, scateniamo guerrelampo e alla lenta liturgia della moka preferiamo la sveltezza di cialde e capsule. L’attenzione verso l’esterno non va oltre i due nanosecondi dopodichè cambiamo canale, interlocutore, discorso. All’occorrenza fidanzata e commercialista. Ovunque, sulla metro o dal dentista, facciamo scrolling compulsivo. Il pollice sul display dello smartphone tùrbina più veloce di una macchina conta banconote. La velocità è l’ossessione della società del Terzo Millennio. La mancanza di tempo il suo incubo peggiore. Nella sua ultima versione WhatsApp ha introdotto la possibilità di ascoltare i messaggi vocali a una velocità pari al doppio di quella normale. Lo scopo parrebbe essere quello di

Mi succede di sovente di sentire forte il desiderio di uscire di casa e appena possibile di inoltrarmi nei luoghi di quella selva “oscura” che il vento ha violentato nel gennaio del 2005 nell’alta Val di Bondone. La pecceta, il lariceto come tutte le aree martirizzate dal vento o da altre meteore sono le mie predilette. A volte è un vagare lento e curioso in ombrosi itinerari che mi obbligano a pensare. Non solo le popolazioni forestali mi attraggono. A volte è sufficiente il fruscio di una brezza, il gorgoglio di un rigagnolo, il balzo di un capriolo o il pavoneggiare di una ghiandaia. A volte cerco un sentiero con ostinazione, a volte mi appaga il districarmi tra i cespugli fino a quando intercetto una traccia prodotta da ungulati o cacciatori. Sulle plaghe colpite e ferite dal vento osservo con commozione gruppi di betulle dorate,

risparmiare pochi secondi in modo da poterli impiegare in altre attività. Ma quante cose si possono fare in quattro o cinque secondi? Cambiare l’acqua al pesciolino? Dare da bere al bonsai? Ovvio che no... Ma in quattro o cinque secondi possiamo visualizzare l’ennesimo, imperdibile video idiota su Tik Tok. La fretta ci ha preso l’anima, giorno dopo giorno, senza che ce ne accorgessimo. In principio fu la sindrome del semaforo rosso, l’attesa insostenibile di qualche attimo dopo il verde. C’è sempre qualcuno dietro che ‘baaaaaamm’ strombazza il clacson a quello che sta davanti. E’ molto più di un riflesso condizionato. E’ il convincimento, fuorviante, subdolo, pernicioso, che anche solo quel mezzo secondo in più di sosta sia tempo perso, tempo sottratto a qualcos’altro di assolutamente imprescindibile. Cosa ci ha reso così frenetici? Un mix di consumismo, urbanizzazione, culto della produttività e, soprattutto, la tecnologia. Per fare smart working, smart city, didattica a distanza, domotica, 5G, per rendere più efficienti

i servizi pubblici e privati è necessario potenziare le infrastrutture digitali. In tre parole: banda-largaultraveloce, la chiave per l’evoluzione della società e dell’economia. Il culto della velocità domina anche in ambito relazionale, governando i rapporti che abbiamo con noi stessi, con gli altri e con il Tempo.

Se siamo veloci siamo felici. Il livello successivo è la frenesia, variante insana della velocità. Come in una partita a Tetris, siamo diventati campioni nell’arte di riempire a incastro l’agenda con mille impegni piccoli e grandi. Non ci concediamo tempi morti, che in realtà sono vivissimi perché invitano al relax e al pensiero.

Tutti giù per terra di Massimo Ceccherini Podio

Non abbiamo tempo per fermarci e pensare. Ci autoconvinciamo di non averlo, ma la realtà e che non lo vogliamo. Una società, intesa come rete di interazioni umane, fondata sulla frenesia è destinata all’implosione. Il nostro cervello è una macchina perfetta ma che per funzionare al meglio richiede lentezza. Preten-

Potrebbe essere un dorso di orso solitari sorbi vermigli, massi erratici ricoperti da vellutati muschi. Di tanto in tanto mi imbatto in ceppaie di abete rosso marcescenti, che le erbe alte ricoprono. Ripulite dalla terra grazie alle copiose piogge cui sono esposte, le radici mostrano tutta la loro complessa architettura. Alberi che, come recita il titolo di una istallazione artistica, hanno oggi “Radici al vento e testa nella terra”. Ma altre inquietudini mi rattristano. E’ la popolazione degli schianti, dei fusti prostrati che

dere che esso lavori come la centrifuga di una lavatrice può portare a frustrazioni e patologie. La frenesia sgretola l’umanità che è in noi, lasciando campo aperto a leggerezza e superficialità. Le naturali conseguenze sono il disinteresse verso il prossimo, che cerchiamo solo per opportunismo, e il miserrimo scialacquare giudizi affrettati su persone e fatti che non conosciamo, esponendo noi stessi, mica altri, a figure barbine. Ma il vero agente scatenante del trionfo della velocità è la concezione che noi occidentali abbiamo del Tempo, considerato come qualcosa di lineare, una retta con un inizio e una fine. Perdere solo un breve segmento di quella retta vuol dire perderlo per sempre, irrimediabilmente. Il Tempo come treno che passa solo una volta. Il Tempo come risorsa finita, come il conto in banca: infatti si dice che il tempo è danaro. Le culture orientali invece considerano il Tempo come qualcosa di ciclico, una ruota in perenne movimento. Che se anche ne perdi un tratto resti tranquillo, perché sai che ritornerà. In questa vita o in un’altra.

sfida il tempo a quasi 20 anni dall’evento. Sono i numerosi e grintosi monconi, parti di fusti che formiche, vespe o altri insetti hanno fatto proprie. Sono piante inclinate, schiantate. A volte la distanza non consente di precisarne le esatte forme e conseguentemente la loro precisa e botanica appartenenza. Può succedere anche che un fusto spezzato, riverso su un cespuglieto possa apparire all’osservatore il dorso di uno orso. Giovanni Bazzoli


Opinioni a confronto

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In cerca di rappresentanti politici

BOTTA E RISPOSTA

vilgiat@yahoo.it

Secondo recenti sondaggi sembra sia urgente per gli Italiani la nascita di un nuovo partito. Serve davvero un nuovo partito? Eh sì, sembra proprio che tantissimi italiani, pur ammirando ed avendo totale fiducia nel presidente Draghi, dall’altra si sentono pochissimo rappresentati dagli attuali partiti politici. E così sono in molti in attesa di qualcosa di nuovo.

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Vino fra i prodotti cancerogeni? Una pazzia A quanto pare l’Europa sembra avercela con l’Italia, è di questi giorni la norma che prevede che venga segnalata sulle bottiglie la pericolosità per la salute del vino contenuto. Mi sembra una pazzia. Qualche tempo fa volevano addirittura insegnarci a fare la cioccolata.

Gli amici del bar Cari amici, in effetti siamo di fronte non tanto ad una crisi della politica, ma ad una crisi della classe politica. Gli italiani si fidano di Draghi, ma non si fidano dei politici che gli sono attorno. Vediamo i dati della Swg, uno degli istituti di ricerca più importanti d’Europa: quasi la metà degli italiani, il 41%,auspica la nascita di un nuovo partito; di questo 41% il 25% è disposto a votare un partito già presente nello scenario nazionale, ma non è comunque soddisfatto, mentre il 16% sono indecisi od astenuti. Questi numeri dimostrano che la crisi politica in Italia non è una crisi di domanda, ma una

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Alessandro

crisi di offerta. Sono anni che gli italiani denunciano la loro profonda insoddisfazione nei confronti di una politica che non considerano più in grado di dare le risposte che servono al Paese. Lo dimostrano non andando più a votare o votando senza convinzione l’antipolitica o il populismo. Di fronte ad una offerta pessima, va a finire che l’italiano sceglie il meno peggio. Ma sempre peggio è. Si adattano a quel che passa il convento. Continuando con i sondaggi Swg, gli italiani vorrebbero una classe politica

seria e competente, una politica con programmi chiari e concreti e voglia di realizzarli. Purtroppo vorrebbero il meglio e trovano il peggio. Così, per concludere, ecco cosa dice sempre il sondaggio Swg: la domanda di buona politica c’è ed è sempre più alta. Tocca alla politica creare un’offerta migliore, un’offerta di qualità. La stiamo tutti aspettando per non continuare ad accontentarsi del meno peggio. Adelino Amistadi

Anziani poco digitalizzati sempre più in difficoltà

Su internet ho trovato dei dati interessanti che dimostrano come siano ancora molti, soprattutto fra gli anziani, quelli che hanno poca o nulla dimestichezza con il digitale (computer). Dai dati ISTAT il 67,4% di famiglie sui 65 anni non sa usare Internet. Da 75 anni e più non usa Internet l’82,8%. Con queste cifre, è chiaro che sono milioni gli anziani che si trovano in difficoltà nei rapporti con la sanità e con la pubblica amministrazione provinciale. Secondo me è una situazione che definirei tragica in alcune circostanze, bisognerebbe porvi rimedio quanto prima. Mara Hai perfettamente ragione, è un problema di cui ci si accorge ogni giorno di più, ma che non sembra interessare a

nessuno. La nostra stessa Provincia non si è dimostrata molto attenta al problema che riguarda i nostri anziani. Ormai tutti i rapporti pubblico-privato stanno viaggiando su Internet, ma, che si voglia o no, in questo caso, la legge non può essere uguale per tutti. Con gli anziano in particolare deve essere più tollerante e più disponibile. Questo problema fino ad oggi è stato in generale sottovalutato, ma è grave e bisogna intervenire in modo ampio e completo per evitare che per molti anziani la situazione diventi insostenibile. Ogni giorno si parla di tutele per gli anziani, si celebra la festa dei nonni, poi molti di loro sono esclusi dalla rete e dalla modernità. Facciamo meno chiacchiere e troviamo quanto prima un rimedio, nessuno può essere lasciato indietro. (a.a.)

Intanto chiariamo che proprio in questi giorni il Parlamento Europeo ha approvato gli emendamenti che cancellano la proposta di inserire il vino tra i prodotti cancerogeni, nell’ambito del Cancer Plan, inserendo nell’etichetta avvisi analoghi a quelli per il tabacco e per le sigarette. Ovvio, sarebbe stato un danno d’immagine oltre che economico per gran parte d’Italia. Gli emendamenti hanno visto come firmatari gran parte dei deputati italiani, ci mancherebbe! Così possiamo brindare allo scampato pericolo. Anche perchè il mondo enologico non è fatto solo di bottiglie da acquistare sugli scaffali. Ma è composto da una realtà di piccole e medie aziende agricole che sanno produrre, con impegno e fatica, il miglior vino in ogni parte d’Italia. Poi il vino per gli Italiani non è solo una bevanda qualsiasi, il vino per noi è passione, è cultura, è un dibattito continuo fra le mille tipologie, diverse da regione a regione. Bevuto nella giusta misura è uno dei più bei regali del Creatore, godiamocelo e difendiamolo con orgoglio. E all’Europa diciamo con a affetto, dedicatevi a cose più importanti che sono sul tappeto, e rispettate i tesori tramandatici dalla nostra storia e dalla nostra cultura.(a.a.)

Non ne possiamo più di “furbetti” Caro Adelino, in Italia c’è la crescita esponenziale dei “furbetti” che nei più svariati modi riescono a fregare lo Stato. I giornali tutti i giorni dedicano pagine intere ai “furbetti” scoperti dalle forze dell’ordine, e noi questi “furbetti” scoperti di giorno in giorno, alla fine ci fanno compassione e quasi quasi li perdoniamo... credo però che sarebbe ora di metterci rimedio anche perchè gli onesti in questo contesto fanno la figura dei coglioni...saranno anche “furbetti”, ma anche i “furbetti” è ora che ritornino all’ovile se non vogliono essere presi a calci nel sedere…. Piero Concordo pienamente. Vuoi sapere la mia opinione. Innanzi tutto chiedere ai tanti giornalisti che si occupano di questi manigoldi di eliminare la parola “furbetti”. Chi incassa la pensione di invalidità o il reddito di cittadinanza senza averne i requisiti, chi timbra il cartellino e poi esce per andare in piscina o fare la spesa durante l’orario di lavoro, chi parcheggia negli spazi riservati agli invalidi senza esserlo e forse anche altri che non conosco, non è un “furbetto”. E’ un ladro, ruba dena-

ro e spazio, e come tale va trattato. Meriterebbero tutti la prigione, ma mi rendo conto che se li mandassimo in prigione non ci sarebbero, in tutta Italia, carceri a sufficienza per contenerli. Troviamoli, e multiamoli senza pietà, è una questione di rispetto nei confronti di chi non è “furbetto”. Se poi ci cascasse anche qualche calcio nel sedere come si usava da noi nei tempi andati, non sarebbe male. Povera Italia. (a.a.)


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