Ulrike Draesner - viaggio obliquo (poesie 1995-2009)

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Ulrike Draesner

viaggio obliquo ( poesie 1995-2009)

avieri


Spostamento è salto, «dal cervello alla pancia»; trapianto di corpo, corpo in parti; evento cromatico, musicale, indotto dall’assenza e dal desiderio. Se il desiderato è assente il mondo si predica e contrario: i prati sono rossi, bocca e sangue verdi. Bluastra è la sfinge, o la faccia mai divenuta viso del non nato. Il corpo fatto a pezzi si dissolve nella natura: nuvola e campo, radicina e foglia. Il viaggio è interno: peregrinazione tra una memoria di corpo che si sfalda e la natura diffranta. Grande il trauma, toccato con mano, sparso per indizi nel poemetto damasco, manovra. Corpi sono i luoghi, le pietre, le fortezze, le dune. Parole dell’altra lingua risuonano nel tragitto di un verso: toccare luoghi è toccare fibre intime, è arrivare con le mani nell’altro, ricomporlo in un canto frammentario, a singulti, per visioni splendenti come fate morgane. Viaggio obliquo apre al lettore italiano una regione tra psiche e soma, uno sguardo intermittente tra profondità del ricordo ed evidenze della storia; rivela una voce tra le più acuminate e potenti della letteratura tedesca contemporanea.


collana ar no 10



Ulrike Draesner

viaggio obliquo (poesie 1995-2009) a cura di Camilla Miglio Theresia Prammer Traduzioni di Alessandro Baldacci, Alberto Destro, Camilla Miglio, Theresia Prammer

avieri


Ulrike Draesner viaggio obliquo (Poesie 1995-2009) Lavieri edizioni / ISBN 978-88-89312-65-0 A cura di Camilla Miglio e Theresia Prammer Copyright © 2010 Ipermedium Comunicazione e Servizi s.a.s. Arno n.10 Collana a cura di Domenico Pinto Traduzioni di Alessandro Baldacci, Alberto Destro, Camilla Miglio, Theresia Prammer

für die nacht geheuerte zellen: © 2001 Luchterhand Literaturverlag kugelblitz: © 2005 Luchterhand Literaturverlag gedächtnisschleifen: © 2008 Luchterhand Literaturverlag berührte orte: © 2008 Luchterhand Literaturverlag Luchterhand Literaturverlag is a division of Verlagsgruppe Random House, München, Germany. mittwinter © 2006 Ulrike Draesner Radikalübersetzungen © 2000 Ulrike Draesner

Lavieri edizioni via IV Novembre, 19 - 81020 - S. Angelo in Formis (CE) via Canala, 55 - 85050 - Villa d’Agri (PZ) —— www.lavieri.it / info@lavieri.it

catalogazione

Ulrike Draesner / viaggio obliquo (poesie 1995-2009) - S. Angelo in Formis (CE), Lavieri edizioni 2010 - Pagine 224, cm. 23 - collana Arno n.10 - Sommario - Introduzione - Postfazione - Indice - 1. Letteratura - 2. Poesia - I. Draesner, Ulrike II. Miglio, Camilla - III. Prammer, Theresia - IV. Destro, Alberto - V. Baldacci, Alessandro - ISBN 978- 88-89312-65-0.


Sommario

Introduzione Spostamenti, tra corpo e luogo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 di Camilla Miglio

viaggio obliquo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Postfazione Animazioni, a metĂ corpo. Le lingue di Ulrike Draesner . . . . . 211 di Theresia Prammer

Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217


Cos’è una poesia – oggi? Ornamento, passatempo, un quickie nella ridda di informazioni, un assaggio di sentimento? Anacronistico, o accelerato, un breve brano di canzone d’altri tempi? Forse non si deve domandare cosa una poesia potrebbe essere, ma come a un certo punto qualcosa diventa poesia. Qui c’erano: un viaggio. Il ricordo di questo. Troppi colori forse – fino al punto della trasformazione: trans lucenti. Una parola estranea al tedesco: trans e lucere – passaggio attraversato dalla luce. Ciò che riverbera – come ventagli (delle ali dei gabbiani, spruzzate), come un batuffolo di pelo che si disperde. Permeati dalla parola «impressi»: imprimere qualcosa, premere – esercitare una pressione. Anche: Senza. Forse: senza nient’altro che il ricordo. Essere insieme, ensemble. Un rosso appare, lieve. Anche cercare, mettere insieme, in modo che le parole stampino una copia di sé sui loro vicini, su altre parole nella poesia, pure distanti – leggere, ma percepibili nello spazio: dico fino a quando non si formi un’atmosfera. Solo allora la luce si diffrange – solo allora si dispiegano i colori. Impressione e ingestione: colore è ciò che la materia restituisce e riverbera. Che gli occhi si possano aprire ancora – una seconda volta, prego – una terza. U.D.


Spostamenti, tra corpo e luogo di Camilla Miglio

il viaggio obliquo quasi uno squillare continuo di tutti i nervi U.D.

Try See, Try Say1: è il titolo di un saggio di Ulrike Draesner su Gertrude Stein. L’esortazione vale anche per lei, e per noi: leggere Ulrike Draesner è udire il dire nel vedere, vedere un viaggio che è translatio per verba e per sonos. Il dislocamento passa per parole e suoni, che diventano persōna, maschera in cui le lingue invocano desiderio e piacere, balbettano trauma e lutto. Il piacere della lingua, avverte Draesner, «ha sempre un lato nascosto, e si chiama panico. Il gioco del viaggio linguistico, intrapreso verso orizzonti inaspettati, è sempre accompagnato da un sentimento perturbante d’inquietudine e spostamento. Lo spostamento è traduzione fino in fondo, come nella traduzione radicale da Shakespeare che apre questo volume, dove il rapporto con una fonte è «twin spin», due canzoni con qualcosa in comune, e su quello avvitate insieme; la percezione non è mai ferma e univoca: «e io, disperata, ho capito, / desiderio significa morte, anche se la regia ignora il corpo». Tra morte e desiderio si può dirimere il doppio avvitamento, ma solo e proprio ripartendo dal corpo, in barba alla regia del mondo che apparecchia luoghi e modi della dimenticanza di sé, spesso interrompendo il filo che avvolge psiche e soma. Lo spostamento è trapianto di corpo, corpo in parti. Così nella sequenza autopilota: trapianto di organi, e parti di corpi diversi, idea di controllo. Impossibile. La scrittura cattura a tratti elementi di chimica, anatomia, chirurgia. Ma non c’è modo di cogliere i segreti delle passioni, del desiderio, della violenza degli affetti: «ininterrotta invenzione di geroglifici / 1

Ulrike Draesner, Try See, Try Say. Sprachwandern mit Gertrude Stein, in Ead., Schöne Frauen lesen, Luchterhand, München 2007, pp. 117-132.


e loro intreccio a definire / mania, gelosia, paura, / tralucono dal fondo della testa, / bramosia, gioia e odio, / impossibile visualizzarli in scopìa, / da nessuna sezione istologica / si evincono cento segreti / draghi di lingue, veleno come spine». L’occhio segue la traiettoria di uno sguardo che ricorda il ciglio freddo e doloroso di Gottfried Benn. Flimmerworte per Ulrike Draesner, sfavillanti parole vibratili; Flimmerhaare per Gott­fried Benn, le sfavillanti ciglia vibratili delle parole di un io lirico ancestrale, improvvisamente attivo e vivo: «la loro percezione dello stimolo […] risponde alla parola, specialmente al sostantivo, meno all’aggettivo, ben poco alla figura verbale. Essa risponde al segno, alla sua immagine stampata, al carattere nero, solo a esso». Ciglia che aspettano – dice Benn – la propria «ora», col suo «valore di eccitazione», e cioè valore di ebbrezza, in cui si giunge a sfondare la rete delle connessioni, cioè a frantumare la realtà», e solo allora si apre «lo spazio libero per la poesia»2. La proprietà è la stessa: accendere un desiderio e coglierlo statu nascendi, seguirlo e perseguirlo nel suo farsi, nella frase, nel corpo, e nel dislocarsi e disgregare in zone le percezioni, le sensazioni, le parti del corpo vivo, o del corpo morto. Lo spostamento è salto: «dal cervello alla pancia». In questo Ulrike Draesner va oltre la scrittura di Benn, cui dedica una poesia molto esplicita, dura e sarcastica, che è anche un fare i conti con la sua poetica. Lo sguardo sezionatore, medico, cinico, si espande nelle sensazioni di corpo, marcatamente femminili. La lente a contatto, uno strumento vitreo, freddo, flessibile ma non troppo, comincia il suo viaggio verso il cervello, con a bordo le immagini. Ma all’improvviso è una bocca a prendere il sopravvento. Non dall’occhio al cervello, ma dalla lingua ai sensi passano le immagini: «la vidi / con tutte le sue immagini già scivolare verso il cervello / la espulsi / la misi sul polpastrello / e le succhiai le immagini». Il recupero del nesso segreto tra soma, psiche e scrittura è un processo alchemico. Ne resta traccia nei titoletti delle sezioni della raccolta für die nacht geheuerte zellen (cellule imbarcate per la notte): fuoco, metallo, aria. Spostamento è cromatico: musicale, di accenti e colori, determinato dall’assenza e dal desiderio. Se il tu desiderato non c’è tutto il mondo si ripiega ex negativo: i prati sono rossi, bocca e sangue verdi; «le lucciole brillerebbero verdi / vene sottopelle, / a toccare bocche / verdi, / rosse sarebbero le ortiche». La risemantizzazione dei colori è un elemento forte 2

Gottfried Benn, Problemi della lirica (1951), in Id., Lo smalto sul nulla, a cura di Luciano Zagari, Adelphi, Milano 1992, pp. 282-283. 10


della poetica di Ulrike Draesner. Bläulich, non Blau è il colore di una sfinge cui non sarà possibile offrire risposte, ma solo nuove domande. L’azzurro, cifra della vita e del sentimento oceanico della tradizione poetica e iconografica si offusca in una gradazione unheimlich. Bluastra è la sfinge, il viso enigmatico di chi abortisce, o forse la faccia mai diventata viso del non nato. Spostamento, anche qui, è «canto in pancia». Il canto di chi è stato raschiato via, finito in un sacco di plastica arancione. E ancora presente, in forma di canto e rumore che raschia. Il raschiamento interno è sempre anche il raschiare dei rami sulla finestra: «(ma cosa vuol dire/“nuvola”) / radicina, tu. / in corridoio cantano, / raschiano / rami raschiano la finestra, /la notte». La scrittura è viaggio verso un altro stato, chiamiamolo anche narcosi da morfina, dove è possibile il ritorno, lungo l’avvitamento del nastro di Möbius del tempo, e il bambino abortito ha una nuova possibilità: «e una coppia, giù in spiaggia / che ti riconcepisce / mentre tu / arrotoli palline di miele / o elettricità o pensieri / nell’ape, nel ragno, / nel lago senza luce». Ma nulla di tutto questo accade, se non per un momento, la realtà è altra: è un aspiratore che invade il corpo della madre e sugge parti di corpo del figlio. Il corpo perduto e fatto a pezzi, quasi traccia orfica postmoderna, è disperso nella natura: nuvola e campo, radicina e foglia. Il liquido amniotico è neve disciolta e pozza inquinata, tigna del paesaggio. Il viaggio più doloroso è interiore: peregrinazione tra i segni di una memoria di corpo che si sfalda, in stazioni di sosta nella natura diffranta, in voci e forme molteplici. La diffrazione del corpo che parla e percepisce ancora si traduce in continua oscillazione tra corpo e luogo, nello spazio urbano. Di Berlino, per esempio. Emblematica la prostituta berlinese a Savignyplatz (binario su arco) il cui corpo alienato di donna in mostra vive senza soluzione di continuità con la topografia riconoscibile della città. O a Londra, (nella poesia coventry) ci lasciamo sorprendere dalla contiguità tra un dente piombato e la natura imperscrutabile di una piazza, twin spin: il deserto emotivo di una coppia che non comunica. E così anche i maestosi paesaggi delle Alpi, contaminati da elettricità e plastica, suggeriscono una strada che porta alla nostra natura profonda, il nostro essere dentro e in fondo al paesaggio. Quello che resta di parole di inconsueta densità connotativa si distilla secondo l’inconfondibile lezione di Gottfried Benn. Trapianti di sillabe 11


e vocali, distillazioni, che dalla dimensione amniotica traggono cristalli cerebrali e limpidi di pensiero prismatico. Leggendo il secondo sonetto da twin spin, in una lingua che in traduzione innesta voce draesneriana con echi zanzottiani: «fosse polverizzato il sacco amniotico della bellezza dalla bellezza / non rimarrebbe né lei, né il ricordo di ciò, che fu. / ma florescenze, estratte, protratte nell’inverno, / gettano, codice cellulare, linfa lattea, il futuro contro il vetro». Torniamo al catalogo degli spostamenti che questo libro compone: in quando il cane morì troviamo una cifra della continuità e trapasso di dolore tra donna e animale: cane sulla battigia, in un paesaggio ventoso memore di un passaggio cittadino, e gabbiani avvitati sulle loro teste. L’animale malato rimanda, nella scena sulla spiaggia e nel flashback dell’io lirico, a un’atmosfera vicina alla Virginia Woolf di To the Lighthouse, al tempo del dolore insuperato, della perdita, quasi un basso continuo nel catalogo dei pensieri acuti, alla non-nascita, alla paura e al lutto; e ancora, il corpo e la spirale che impedisce le nuove nascite, i gabbiani in spirale nel cielo ventoso. Toccare luoghi è viaggiare obliquamente tra corpo e natura, tra memoria e trauma: «odore / di malattia che non si vede, di paura dentro le vene. / da anni le hanno messo la spirale. i fiori sul vestito / sono grandi, rosso arancio, anche sulla borsa. ensemble. insieme / mia cara, stare insieme. da allora ogni momento può rattrappire o / esplodere. il fagotto morbido vicino ai piedi che lei ogni sera / prendeva con sé nel sonno, anche per la quiete dei sogni suoi / profondi. fuori la grande scaglia di mare, i gabbiani / affamati sempre, in spirali, l’una nell’altra, bianche». Grande il trauma, toccato con mano, disperso per indizi nel poemetto damaskus, manöver. Toccare luoghi è toccare fibre interne di sé, è arrivare con le mani nelle viscere lacerate dell’altro, ricomporle, provare a farlo in un canto frammentario, a volte in singulti, a volte in visioni splendenti come fate morgane. Gli spostamenti topografici non abbracciano solo le città d’Europa, nei loro paesaggi urbani, venati di desiderio primordiale, e nelle zone di natura selvaggia, invase dalla produzione industriale. Ulrike Draesner ci conduce fino ai deserti del Medio Oriente. Tra Siria ed Egitto avvengono imprevisti spostamenti d’accento. Parole dell’altra lingua risuonano nell’intratesto: waset (fortezza e casseruola), craq des chevaliers (antico castello dei crociati), fulla (barbie mediorientale), nomi di animali e di uc12


celli, come l’ibis impazzito nel deserto. Cominciamo a guardare le parole allo specchio, a volte davvero alla rovescia, nello specchio delle iscrizioni in arabo; l’io che scrive è un io che legge e osserva, esattamente come l’io del lettore; parole da indovinare lette da destra a sinistra, come l’ibis, uccello impazzito nel deserto: «scorrevano / i caratteri del nome dell’uccello / scrollati in s in i in b»; o ancora, solo tracciate nel corpo delle consonanti: «luci in foto / diventavano serpenti o verdi / figure che uscivano da se stesse / nell’aria ombrosa il tremore digitale / in  t r m r  quasi vedere / centrum». Scaglie di visioni sabbiose o luminose, incerte. Un territorio poetico che si fa specchio neuronale. Si aprono, nella scrittura di Ulrike Draesner, passaggi tra paesaggi e lingue, in una scrittura plurilingue. Il paesaggio urbano, così come quello del deserto pieno di segni della storia, della bellezza e della violenza a pari titolo, parlano al corpo. Soprattutto a corpi di donne, che rispondono somatizzando: facendo entrare in se stesse il disagio della storia e dei luoghi, e trasferendo la sofferenza sul paesaggio. Il corpo, come il paesaggio, comincia a parlare per sintomi, indipendentemente da un sentimento ordinatore, da un cogito accentrato. Di questo si tratta in damaskus : un ciclo di una forza inquietante. Corpi sono i luoghi, le pietre, le fortezze, le dune. Esplose sono le mani dei bambini che raccoglievano multicolori penne a scatto colorate, paracadutate dal cielo. Nella parola manovra c’è la mano deflagrata mentre inseguiva un gioco e un colore vivace. Nulla di sublime accade nel presente pseudo-televisivo di un medio oriente teatro di guerra da sempre, come testimonia la fortezza di waset, meta per turisti, luogo di morte. La morte irrompe con lo stesso strumento della scrittura, la penna porta distruzione, la penna è una bomba. Le falangi dei bambini curiosi fluttuano nell’aria, con stracci di paesaggio e di memoria. Ulrike Drasener pone al traduttore la sfida di ripetere in altra lingua una scrittura che già di per sé è translatio. La traduzione sposta i valori e le immagini per approdare nel luogo nuovo, nel corpo sensibile, sulle cicatrici di una lingua diversa, la lingua di chi traduce e di chi legge in traduzione. Ulrike lo fa nella sua stessa poesia, che spesso è traduzione radicale, ricerca del tessuto connettivo tra sé e la parola di altri, in altra lingua. In questo volume non abbiamo solo l’esempio, già citato in apertura, di Shakespeare, ma anche Gaspara Stampa (novo e raro miracol di natura), Gottfried Benn (u), Marguerite Duras (essay), René Char (poesia matrimoniale). 13


«Try see, try say». Cosa vedo dentro la lingua dell’altro, cosa sento auscultandone i suoni, carpendone le interferenze. Una tettonica a strati, ancora mobile. Non è sempre facile cogliere a prima vista l’oggetto di una poesia di Ulrike Draesner. Sono frammenti e spesso anche la sintassi, la struttura del verso ci offre piste doppie e contraddittorie: la via del senso non è lineare. E non linearmente, obliquamente in gruppo, ognuno con i propri bagagli di sensi, di aspettative e dolori, abbiamo tradotto questo libro: Alessandro Baldacci, Alberto Destro, Theresia Prammer e chi scrive queste righe; l’allestimento in partitura di questo «sambuco a più voci» è stato quello di comporre le dissonanze in una partitura soggettiva. viaggio obliquo non vuol essere un’antologia, ma il nostro andare attraverso quasi dieci anni di scrittura. Ognuno dei volumi da cui abbiamo tratto i testi presentati in questa edizione è un «berührter Ort», «luogo toccato» dalla nostra ricerca di tracce. Tracce di un movimento doppio, sfavillante: che accende in noi un desiderio. Inquietante: che ci mette di fronte, in modi e linguaggi sorprendenti, al lutto di perdite definitive. La raccolta di segni e indizi, una raccolta collettiva, dà vita a un libro che partecipa dei testi di partenza e li trascende, accasati nello spazio-tempo dei loro volumi, e cerca di vedere, sentire, dire i passaggi tra corpi e luoghi in una scrittura che nella sua profondità soggettiva rompe i confini psicologici e poetologici dell’io lirico, per distribuirsi nella crono- e topo-grafia. In questo aperto l’abbiamo raccolta, nel nostro italiano intessuto di lingue altre. C.M., Roma/Napoli, novembre 2009

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viaggio obliquo (poesie 1995-2009)


Twin Spin. Radikal端bersetzungen, Sonette von Shakespeare


Twin Spin. Traduzioni radicali, Sonetti da Shakespeare


der liebesfilm, in dem ich schwimme, ist ein fieber, der liebesfilm, in dem ich schwimme, ist ein fieber, das begehrt, was den verfall fiebrig fördert, und sich von dem nährt, was das ungesunde füttert, um der flimmernden androiden lust zu gefallen. mein verstand, ehemals der regisseur dieser takes, hat, ärgerlich, daß das schneiden nicht schneller ging, mich verlassen, und ich, verzweifelt, weiß nun, begehren bedeutet tod, auch wenn die regie den körperw davon ausnimmt. bin, als machbares, jenseits der möglichkeit, einen schritt zurückzumachen, und frenetisch, verrückt, unruhig, endlos meine gedanken und mein diskurs wie-der-der-verrückten zufällig hie, da, im film der zerschnittenen wahrheit gedacht: denn ich habe geschworen, du seist hell, und glaubte, du leuchtest, du, ein schwarzes loch, unbeherrschbar, endlos, die spirale der macht

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il film d’amore in cui nuoto è una febbre il film d’amore in cui nuoto è una febbre che brama ciò che febbrilmente vuole la rovina, e si nutre di ciò che il malsano ciba, per soddisfare il piacere fibrillante androide. la mia ragione, allora regista di questi ciak, seccata che il montaggio impiegasse troppo tempo, mi ha abbandonata, e io, disperata, ho capito, desiderio significa morte, anche se la regia ignora il corpo. sono, in quanto fattibile, priva della possibilità di fare un passo indietro, e frenetici, impazziti, inquieti, infiniti sono i miei pensieri e il mio discorso come-quello-degli-impazziti, a caso, qua, là, nel film pensato alla verità spezzata: perché ho giurato saresti stato chiaro, creduto ti saresti illuminato, tu, buco nero, indomabile, infinito, la spirale del potere

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die stunden, die mit weichem mull den rahmen spannten die stunden, die mit weichem mull den rahmen spannten deines blicks, in dem so gern ein fremdes auge schwimmt, werden die transplanteure geben, als sich, an dich, und ausgeleuchtet wird, was das leuchtendste übertraf: die in atomen tickende zeit überführt den sommer in strahlenderen winter, und zergründet ihn dort: saft, im kühlschrank erstarrt, fleischige membranen, welk, schönheit überkrustet von frost, nacktheit, an jedem ort: stünde dann nicht das destillat des sommers im fach, flüssiger gefangener zwischen wänden und gas, wäre die fruchtblase der schönheit durch schönheit zerstoben weder sie, noch erinnerung bliebe, daran, was war. aber blumenartiges, extrahiert, in den winter geschoben, schwappt als zellcode, milchiger saft, die zukunft ans glas.

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le ore che con garza morbida strinsero il telaio le ore che con garza morbida strinsero il telaio del tuo sguardo, in cui sì volentieri fluttua un occhio estraneo, daranno i trapiantatori, da sé, a te, e si illumina ciò che il più luminoso supera: il tempo ticchettando in atomi traduce l’estate in un inverno pitù splendente, e là lo raffonda: linfa, intirizzita nel frigorifero, membrane carnose, avvizzite, bellezza incrostata di gelo, nudità, ovunque: non verrebbe allora il destillato dell’estate collocato, prigioniero liquido tra pareti e gas, fosse polverizzato il sacco amniotico della bellezza dalla bellezza non rimarrebbe né lei, né il ricordo di ciò, che fu. ma florescenze, estratte, protratte nell’inverno, gettano, codice cellulare, linfa lattea, il futuro contro il vetro.

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(sekret)


(secreto)


Mehrstimmiger Holunder Mehrstimmiger Holunder, über blau knallendem Tor, nach der ersten Mahd, ist der Fluß natürlich so milchgrün?, über eine Landschaft gegossener Chemie-Segen pflegt die übernatur, blühend hat jeder ein Recht auf eine Seele Alma, Malga, Madena heißen die Kühe noch immer verzerrte Wörter, grüne Ranken in der wiedersprießenden Wiese, ein sekundenschnell auf- und abschwellendes flimmerndes Reden wird, wer hier sitzt ins Gras verschmolzen schwanken weiße Dolden am Tor, unsere treibenden Wünsche: sind von heute, von gestern, was sie erfüllen könnte, vorbei.

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Sambuco a più voci Sambuco a più voci, su portone blu sbattente, dopo la prima falciatura, è naturale il fiume così verde latteo?, benedizione-chimica riversata su un paesaggio coltiva la sovrannatura, in fiore, ognuno ha diritto a un’anima, Alma, Malga, Madena si chiamano le mucche parole ancora distorte, verdi viticci sul prato che riprende, un parlare sfavillante crescendo e decrescendo in un secondo sarà, chi qui siede, fuso all’erba oscillano corimbi bianchi al portone, i nostri desideri spuntano: sono di oggi, di ieri, ciò che poteva esaudirli, passato.

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(innerste brustwolle)


(la pi첫 intima lana del petto)


dein kommen war in teilen, dein kommen war in teilen, die bald überwogen, ein gehen, weil das kommen, deines, nur einen teil seiner selbst, seiner bedeutung hatte, dieses, von vornherein, kommen in teilen, was aber nicht zu erkennen war, nicht gleich, nicht für mich, doch kam, als du kamst, nur ein teil deiner selbst, weil es von vornherein teil der bedeutung deines kommens war, was heißt, daß dieses in geteilten teilen kommen teil der bedeutung dessen war, daß du kamst und wieder gingst, weil die bedeutung deines kommens von anfang an ungeteilt war, nämlich dieses, dein gehen, in teilen.

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il tuo venire fu in parti il tuo venire fu in parti che presto dominarono, un andare, perché il venire, il tuo, aveva solo parte di se stesso, del suo significato, questo venire fin dall’inizio in parti che però non si poteva riconoscere, non subito, non io, ma venisti, e venne solo una parte di te perché fin dall’inizio partecipava al senso del tuo venire e cioè che questo venire in parti distinte era una parte del significato del fatto che tu venivi, e di nuovo andavi, perché il significato del tuo venire fin dall’inizio era indiviso, cioè questo, il tuo andare, in parti

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(verpflanzungsgebiet)


(area trapianti)


autopilot I schlaf. anhaltende löschblattlosigkeit, an den schläfen die für sich sitzenden stirnbeine eine art käfermaschine aus tausend beweglichen teilen, fächelnde scheren nach innen kratzten in die wachstafel wunderblock hinter der stirn klick klackend ununterbrochen hieroglyphen erfunden, geschlungen zu manie, eifersucht, angst, scheinen vom grund auf des kopfes, gier, freude und hass, auf keinem bild zu sehen, keinen histologischen schnitt zu entlocken hundert heimliche zungen-drachen, gift wie stachel, treiben kleine koseworte grausamkeiten in die tafel nichts zu löschen vor die augen, innen, des schläfers eifrig die zeitformen vor-und zurückgebetet, doch die kauzangen (halber schädel) unerbittlich, überberedt, zerkleinern lebendige menschen mechanisch am rand.

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autopilota I sonno. duratura assenza di foglio assorbente, alle tempie le ossa frontali a sé stanti una sorta di macchina d’insetti di mille mobili parti, cesoie a ventaglio rivolte all’interno incisero la tavoletta cerata blocco miracoloso clac-clac dietro la fronte ininterrotta invenzione di geroglifici e loro intreccio a definire mania, gelosia, paura, tralucono dal fondo della testa, bramosia, gioia e odio, impossibile visualizzarli in scopìa, da nessuna sezione istologica si evincono cento segreti draghi di lingue, veleno come spine, piccole paroline incidono crudeltà nella tavoletta nulla da cancellare davanti agli occhi, all’interno, del dormiente le forme temporali recitate intensamente avanti e indietro, ma le mandibole (metà cranio) inesorabili, eloquentissime frantumano meccanicamente a latere persone viventi.

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autopilot II autopiloten, wildes ausschlagen aller messinstrumente herzhirnexit vollkommenes organsterben mit automatischer verplanzungsgenehmigung am restfleisch sagt arzt zu schwester: die durcheinanderschießenden fäden in diesem body, ich kann diese tafeln nicht lesen, fortwährend dieser signale signalisierende todesbody, bruder des schlafes (meiner?), und verlöschen und blenden auf, fortwährend, diese bluttafeln aufleuchtend und verlöschend, meine hände in diesem anatomiefetisch schlittern schädelnerven lang, stränge zum herzen, umwachsen (im fettuch) aorta, zufuhr und ablauf: zwei schwanenhälse — geschlossene weiße lilien, hängend meine hände an der inneren leichen, fragt da einer, ob ich lebe und wie? hebe ich das herz heraus, zwei pulsende lilien, fragt da je einer, wie ich weiter? lebe mit in den fingern dem bebenden herzvogel dieses, jetzt, tot-toten toten?

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autopilota II autopiloti, selvaggio fuori scala di tutti i misuratori exitus cardiocerebrale totale morte degli organi con automatica autorizzazione al trapianto per la carne che resta dice il medico all’infermiera: le fila intersecate in questo corpo, io non riesco a leggere questo schermo, di continuo a segnalare segni che questo dead body, fratello al sonno (il mio?), e si spengono e riaccendono, di continuo, questi schermi sanguigni accesi e spenti, le mie mani scivolano in questo feticcio anatomico lungo i nervi del cranio, i fascicoli verso il cuore, l’aorta rivestita (di tessuto adiposo), adduzione e abduzione: due colli di cigno — bianchi gigli serrati, appendendo le mie mani all’interno del cadavere, c’è qualcuno che chieda se vivo e come? quando ho fuori il cuore, due gigli pulsanti, c’è qualcuno che chieda come io continui a vivere con nelle dita il cuore, quell’uccellino palpitante, di questo, ora, mortal-mente morto?

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autopilot III 1.

schlaf. autopilotenwahn aus schleundernder saftpresse gedrückt, unten eine spur, gesicht gelöscht am asphalt, da hat’s wieder einen uebern boden geschleift, sofort aufschnitt, nieren 2-fach, herz r-fach ausgelöst, eine saubere auf jeden 1-fach klinisch reine hirnherz frage und todlösung 2. endlich ein derrannter, ein losgetrennter, wie stein, motormenschenfahrer aufkrempeln der handschuhe, scharf schneiden, neu pflanzen, eine verbindung auf ein los, unter aufbietung aller verfügbaren kräfte, aller nadel- und schwertreserven, im herzschlaggebiet erfolgreich durchmarschiert 3. schlaf. zitternder körper, doch cardiogramm schon im normalgebiet, alles angegangen, ausschlachtbody müllrestsparsam, sorgen Sie sich nicht, ein durchschlagender sukzess, klingelt der weiße mund, wie die taschen gebeult.

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autopilota III 1.

sonno. follia di autopilota spremuta in centrifuga là sotto una traccia, il viso cancellato sull’asfalto, eccone un altro scivolato sul fondo stradale, subito l’incisione, estratti reni due, cuore uno, un intervento liscio in ogni caso una questione clinicamente pulita di cuore e cervello e una soluzione mortale 2. finalmente uno uscito di strada, uno fuori carreggiata, come un sasso, un guidatore d’uomo motorizzato rimboccare i guanti, taglio netto, impiantare di nuovo, un collegamento con un destino, impiegando tutte le forze disponibili, tutte le risorse di aghi e spade, attraversata con successo l’area di pulsazione cardiaca 3. sonno. corpo tremante, ma cardiogramma già a norma tutto funziona, il body spoliato riciclato al massimo, non si preoccupi, un successo clamoroso, risuona la bocca bianca, gonfia come le tasche.

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pflanzstätte (autopilot IV) zitternder körper, verpflanzungsgebiet — im zitternden körper, meinem, schlägt dieses herz, fremdgänger, als ich am grab stehe (auslöser), zitternd über dem toten, über den erdpflanzen (angegangen), ein losgelöstes augenflattern, so heftig flimmern diese herzwände erkennen den ort wieder (ein segen die moderne medizin), unten das bodyasyl, armenhaus, erkennen sie wieder, davon hat keiner gesprochen, von diesen verkettungen, diesem herzreden, nadelspitzer elektrosturm, in meiner brust (pflanzstätte) angegangen ein toter, die grablege reicht was hinüber ein klammern reicht aus dem grab ein restleben (rhythmuserinnerung), nichts meßbares, diese plötzliche geschwindigkeitsneigung, meine, mir einflüsternder dämon, haltlos, kammernzuckend, als ich weine an diesem grab da werde ich (herzmade) zum langsam zernagten, von innen, wirt eines toten.

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area trapianti (autopilota IV) corpo tremante, area trapianti — nel corpo tremante, il mio, batte questo cuore, l’infedele, quando io sto alla tomba (scatto) tremando sul defunto, sulle piante in terra (che hanno preso), un volare di sguardo staccato, così violento il tremore di queste pareti di cuore riconoscono il luogo (una benedizione la medicina moderna), là sotto il body asylum, il dormitorio dei poveri, lo riconoscono, nessuno ne ha parlato, di queste connessioni, di questo parlare del cuore, elettrotempesta in punta d’ago, nel mio torace (luogo di trapianto) un morto ha preso, la sepoltura allunga all’insù qualcosa, una stretta porge su dalla tomba una vita che resta (memoria di ritmi), nulla di misurabile, questa improvvisa variazione di velocità, mia, demone che mi mormora, interprete di un’altra vita, sconnessa, contrazioni cardiache, quando su questa tomba piango (tarma al cuore) lentamente corroso dall’interno ospito un morto

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soma-matische tr채ume (feuer)


sogni soma-matici (fuoco)


jemand gab mir feuer jemand gab mir feuer das ich gar nicht wollte was sollte ich damit (mitten in der nacht) und ich rannte herum in den autos saßen menschen ihr atem beschlug die scheiben die autos standen am straßenrand und ich rannte um es wieder auszublasen das feuer bis ich einen schwarzen lichtschalter fand in einem hotel am bahnhof eine lampe schwankte um ihren arm ein vogel pfiff (nacht) und das feuer knisterte hinten (oder war es nah) im umspannwerk ich hatte es doch gelöscht im takt zzzt zttt zzzt knisterte mein limbisches hirn eine entwicklerwanne das dumme ding und der vogel schrie sein zzzt zttt zzzt in die nacht wo das feuer manchmal sich kleine vögel briet es roch überall die anderen sagten daß das der frühling sei das feuer spielte blitz und war ein baum dabei wurde es lose (mein hirn) und ein hotel mit schwarzem lichtschalter als ich darauf drückte machte es pscht und tscht und dann immer heller zzzt zzzt zzzt sprang vom hirn in den bauch der kleine vogel briet jetzt roch ich auch daß es (doch) der frühling war. leipzig, märz 2000 42


qualcuno m’ha dato d’accendere qualcuno m’ha dato d’accendere e non mi andava per niente che me ne facevo (in piena notte) e correvo lì attorno la gente era seduta in macchina il loro respiro appannava i vetri le macchine stavano sul ciglio della strada e io sono tornata di corsa a spegnere il fuoco finché non ho trovato un interruttore nero in un albergo alla stazione una lampada le ondeggiava sotto braccio un uccello fischiava (notte) e il fuoco crepitava dietro (o era vicino) ma nel trasformatore io l’avevo già spento al ritmo di zzzt zttt zzzt crepitava il mio cervello limbico una vaschetta da sviluppo questo stupido coso e l’uccello urlava il suo zzzt zttt zzzt nella notte dove il fuoco talvolta si arrostiva piccoli uccelli annusando ovunque gli altri dicevano che era la primavera il fuoco giocava a lampi ed era un albero e intanto si spanava (il mio cervello) e diventò un hotel con interruttore nero quando io lo premevo faceva psst e scht e poi sempre più chiaramente zzzt zzzt zzzt saltò dal cervello alla pancia il piccolo uccello arrostito adesso anch’io sentivo odore (nonostante tutto) di primavera. lipsia, marzo 2000 43


kontaktlinsen es war so: hell die augen tränten ich stolperte die bäuche überall reader’s digest im wartezimmer schrillendes: optometrist und augapfelhaut gelb geädert die tapete die wand tappte, ich, durchs dunkel zwischen bad und bett brannte, ich, ja doch, „noch ungeküsst“ sie vergaßen mir zu erklären daß die dinger verrutschen zwischen glaskörper und lid tastend, tränend mit fingern, weit aufriss, ich vorm spiegel die linse dieses kleine grüne boot mit all ihren bildern schon durch mein gehirn gleiten sah — puhlte sie raus setzte sie auf die fingerkuppe und saugte die bilder von ihr

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lenti a contatto fu così: chiari gli occhi lacrimavano io inciampai pance ovunque reader’s digest in sala d’attesa sgargianti: optometrist e bulbo oculare vascolarizzata in giallo i parati il muro brancolavo, io, nel buio tra bagno e letto bruciavo, io, eh già, “non baciata ancora” avevano dimenticato di spiegarmi che questi cosi si spostano tra corpo vitreo e palpebra a tentoni, lacrimando con dita spalancai a forza, io davanti allo specchio la lente questa piccola verde barchetta la vidi con tutte le sue immagini già scivolare verso il cervello — la espulsi la misi sul polpastrello e le succhiai le immagini

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glasbau, die schenkel glasbaustein, etwas ansehen gehen, im bad, rubbeln, abziehen etwas lebendiges ansehen gehen in anderen sprachen, im bad: wachs an den beinen, bienenbänder, wie wesen? ein ratsch — brennendes bein. die einzelnen haare, krumme fühler am band (was für musik wäre das mit den kleinen wurzeln und k noten in alle richtungen gedreht?) doch jetzt, abgezogen, im siphon, in der schwemme, wesen, stumm. mücken des verschlungenen (nichts): knoten, wie werden + sein. glasbau, die schenkel, endlich gespreizt. werden. nicht nackt, nicht gedrungen. jemanden mögen. mücke und spinne am blühenden glas, das eine nackte, das eine behaarte bein. jäger und beute. ich mag dich sehr. etwas sein.

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costruzione di vetro, le cosce mattone vitreo, andare a guardare qualcosa, in bagno, sfregare, tirare andare a guardare qualcosa di vivo in altre lingue, in bagno: cera sulle gambe, strisce di cera d’api, come degli esseri? strap! — gamba bruciante. i singoli peli, antenne ritorte sulla striscia (che musica sarebbe questa delle piccole radici e n odi rigirati in tutte le direzioni?) ma adesso, tirati via, nel sifone, nello scarico, esseri, muti, mosche dell’ingoiato (niente): nodi, come divenire + essere. costruzione di vetro, le cosce, finalmente divaricate. divenire. non nude, non gravate. amare qualcuno. mosca e ragno sul vetro in fiore, una nuda, l’altra gamba pelosa. cacciatore e preda. mi piaci molto. essere qualcosa.

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frühsprachen die wiesen wären rot, die zungen grün grün das blut, die bäume rot gesichter vor freude grün, rot bei übelkeit, rot der schimmel wie die wiesen, geriffelte schlünde grün, kupferspanrot die ampeln, wenn wir führen, rot die wiesen, der schleim. laufschriftbänder grün, wie früher die wiesen, die rot wären, wie früher die zungen und gaumen wären deine grünen augen rot, ich rutschte hindurch, fingernägel wüchsen grün wie blut, grün die farbe des zorns, grün bedeutete „herz“, unser schleim wäre rot, rot wie hinter den ohren, glühwürmchen leuchteten grün adern unter der haut, die grüne lippen berührten, brennesseln wären rot, wie die bereitschaftslichter der geräte, die grün wären, da die wiesen rot wären, als wären sie zungen gewesen, und der himmel wäre noch immer blau, wir gingen aufrecht, du wärest hier. 48


lingue primitive i prati sarebbero rossi, le lingue verdi verde il sangue, gli alberi rossi visi verdi di gioia, rossi di nausea, rossa la muffa come i prati, fauci striate verdi, rossorame i semafori al momento di passare, rossi i prati, il muco. scritte mobili a nastro verdi, come prima i prati, che ora sarebbero rossi, come prima le lingue e i palati sarebbero i tuoi verdi occhi rossi, ci scivolerei dentro, le unghie crescerebbero verdi come sangue, verde il colore dell’ira, verde starebbe per “cuoreâ€?, il muco sarebbe rosso, rosso come dietro le orecchie, le lucciole brillerebbero verdi vene sottopelle, a toccare bocche verdi, rosse sarebbero le ortiche, come le lucette dei macchinari, che sarebbero verdi, poichĂŠ i prati sarebbero rossi, come fossero stati lingue, e il cielo sarebbe ancora azzurro, noi cammineremmo eretti, tu saresti qui. 49


bl채uliche sphynx (metall)


sfinge bluastra (metallo)


lied im bauch schmerz; das sind die geschabten wände im bauch — leer geräumt, stillgestellt, in allen muskelfasern, in allen fasern fehlt das kind — im bauch. es gelten die gesetze der reproduktion, sie machen geräusch, die küretten, sie saugen sich fest im keim, im dezember — im bauch. krankentische klappen herunter, weiß und geschabt, die gesetze der hygiene gierig sitzt der stöpsel im rücken der hand — rotes plastik und trinkt. was aber heißt “wolke”) würzelchen, du. auf dem gang wird gesungen, geschrubbt. äste schrubben das fenster, die nacht. tritt herbei, zur wanne, zum heißen wasser — im mensch. der weint; in allen fasern mißt seine weite (im auge, im herzen) allein in der nacht, vermißt die kleinen buchten, das kind. die eingebogenen finger zur kehle wie zum singen gereckt da, an der wand (eine wolke erst) bläuliche sphinx, fragen — 52


canto in pancia dolore; sono le pareti raschiate in pancia — ripulite, messe a tacere, in ogni fibra muscolare, in ogni fibra manca il bambino — in pancia. vigono le leggi della riproduzione, fanno rumore, i raschiatoi, si aspirano tutto fino in fondo fino alla radice, a dicembre — in pancia. tavoli d’ospedale si richiudono, bianchi e raschiati, voglioso di ogni legge dell’igiene il tappo nel dorso della mano — rossa la plastica e beve. ma cosa vuol dire “nuvola”) radicina, tu. in corridoio cantano, raschiano rami raschiano la finestra, la notte. si avvicina, alla vasca, all’acqua calda — nell’uomo. che piange; in ogni fibra gli misura la sua ampiezza (nell’occhio, nel cuore) solo nella notte, gli mancano le piccole baie, il bambino. curve le dita sulla gola come allungata nel canto là, sul muro (una nuvola solo) sfinge bluastra, domande — 53


in allen fasern (allen sprachen — sie klappen herunter, sie klappen herauf ) mit dem spiegel der abgeschabten wand (die äste am fenster) ungestillt. fasern. auf stille gestellt. doch hungrig, doch ragt aus der hand der stöpsel rot, ein leergeräumter mund — unstillbar, im mensch.

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in ogni fibra (ogni lingua — richiudono, riaprono) con lo specchio del muro raschiato (i rami alla finestra) non acquietati, non allattati. fibre. messe in silenzio. ma affamato, ma sporge dalla mano il tappo rosso, una bocca svuotata — non acquietabile, nell’uomo.

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op

(narkose)

morphiumbienen ihre gelbschwarzen streifen ein glibbriger klacks in die arterie gespritzt — schon hebt sich ein haariges bein senkt sucht (so sehr behaart) (doch ohne flaum) ein zweites (als wär es bestäubt) das den steiß umschließt den ausschießenden kopf, morphiumbienen, narkoseschwämmchen tunken uns ein. sie spritzen dich mir zwischen den beinen aus, kind, blümchen, “nackter strand”, je nachdem, es spult sich ab, in uns, wo “du”, strang faser riß, als “lila licht”, vielleicht, “dereinst”, auf einem hügel sitzt, “in diesen regionen” pronomenlos ein paar, unten, am strand das dich wiederzeugt während du honigkugeln rollst oder elektrizität oder gedanken in der biene, in der spinne, im lichtlosen see. 56


sala operatoria (narcosi) api di morfina le loro strisce giallonere un nonnulla di materia viscida iniettato nell’arteria — già si solleva una zampa pelosa cala, cerca (così piena di peli) (ma senza peluria) una seconda (come fosse stata impollinata) che racchiude il sedere la testa sgorgante, api di morfina, spugnette di narcosi ci inzuppano. mi ti sprizzano via tra le gambe bimbo, fiorellino, “spiaggia nuda”, a seconda, si sbobina in noi, dove “tu” fascio fibra strappo, come “luce lilla”, può darsi, “a quei tempi”, siede su una collina, “in queste regioni” senza pronome una coppia, giù, sulla spiaggia che ti riconcepisce mentre tu arrotoli palline di miele o elettricità o pensieri nell’ape, nel ragno, nel lago senza luce. 57


angehn (missed abortion, aushub 80 gr) abtritt auftritt anlauf ständig aufge sogen abluft anlauf anlaut durch schwimm bälle ein aus atem durch an den arm getackerten plastik schlauch erscheinung gezittert die liegt auf der hand mit verkrampften fingern vorm gesicht, halb verdeckten pupillen umwachsen von dunkelgrün wie seen singen für die nacht geheuerte zellen dir nach. aber kein gott tritt auf nur dieser elektrische schlag an der nach unten geöffneten schenkeltür, vertrocknende noppen, flackern, flackern, im absaugwind zwei ärmchen an einer schüssel voll schlaf.

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si proceda (missed abortion. tessuto estratto, 80 gr) sfugge emerge spinge in continua suzione d’aria viziata spinge sbuffa in un galleggÏo di palline di in ed espirazione passa per il tubo di plastica appare tremante si tocca con mano a dita contratte davanti al viso, pupille semi nascoste circondate da verde scuro come laghi ti cantano dietro cellule imbarcate per la notte. ma nessun dio emerge solo questo colpo elettrico alla porta dei fianchi aperta verso il basso, si seccano i grumi, guizzano, guizzano, nel vento dell’aspiratore due piccole braccia in una scodella di sonno.

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(ultraschallkontrolle, kurz danach) glaskammern sind wir. stehen im bad. funkeln und sind. licht bricht, die t端r schwingt. splittert und steht. glas tut, was es kann, im screen schwimmt eine erinnerung. nur blind. ein rauher sack, die luft. lagen von haut auf dem gesicht. etwas zittert und fragt.

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(controllo ecografico, poco dopo) camere di vetro siamo in piedi nel bagno. luccichiamo e siamo. luce irrompe, la porta oscilla. s’infrange e resta. vetro fa quel che può. nello screen nuota un ricordo. ma cieco. un sacco ruvido, l’aria. strati di pelle sul viso. qualcosa trema e chiede.

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Animazioni, a metà corpo. Le lingue di Ulrike Draesner di Theresia Prammer

anime… capaci di uscire dalla prigione del corpo, o almeno di sporgersi a metà corpo Robert Musil

Quando nel 2008 Ulrike Draesner pubblica la nuova edizione del suo fortunato esordio poetico, parla della sua raccolta come di «un libro di voci». In effetti, gedächtnisschleifen (1995), il primo libro organico di poesie della Draesner, assomiglia a un complesso contenitore per voci: voci che si congiungono per formare una rete, voci che fanno coro, ma che possono anche contraddirsi, voci che forse arrivano da tempi remoti. stringhe di memoria (così il titolo nella versione di Alberto Destro) segue con elasticità i percorsi a spirale del ricordo, ricavandone indizi atmosferici e frammenti verbali dalle origini più diverse. In particolare, le volute e i movimenti fluidi della memoria riguardano anche il tracciato dei rapporti intertestuali. In appendice al libro l’autrice offre non a caso un elenco molto dettagliato dei poeti da cui le stringhe hanno attinto citazioni, suggerimenti e sollecitazioni. Da sempre la Draesner ha guardato con grande interesse alle possibilità d’intersezione tra la storia individuale e quella pubblica e culturale. Anche come narratrice e saggista, infatti, è tornata a più riprese a interrogarsi su alcuni rilevanti accadimenti storici del Novecento. L’attentato terroristico durante le olimpiadi di Monaco nel 1972, uno degli eventi più documentati della storia, rappresenta ad esempio il punto di partenza di Spiele – Giochi (2005), un romanzo storico nato con l’intento di esplorare in profondità, quasi fosse una mise en abîme dell’attendibilità storica del romanzo stesso – i retroscena della documentazione ufficiale e, in sostanza, la natura ambigua dei grandi flussi mediatici nella società di massa. Si tratta di temi e di nodi problematici presenti anche nella poesia della Draesner, affiancati tuttavia da diversi altri, non meno rilevanti. La


sua ultima raccolta, berührte orte (luoghi toccati, 2008), per esempio, è costruita prevalentemente attorno al motivo del viaggio, tra interesse culturale e attenzione, o ancor meglio sensibilità ambientale e atmosferica. In questo ambito, la lingua poetica viene investita della responsabilità di farsi il mezzo non prevaricante di un contatto con il nuovo e il diverso: con un nuovo paese, un’altra lingua e un’altra scrittura, un corpo diverso e lontano. E come la sensazione del tocco è passeggera, mai appagata (da qui il suo rapporto costante con il desiderio), così anche il nome non aderisce perfettamente alle cose, le frasi sulla pagina vibrano e oscillano, le percezioni si susseguono per lampi e intermittenze. La Draesner, che significativamente ha curato un libro di racconti sulla seduzione, ha interrogato il desiderio non solo come tensione fra i sessi, ma più ampiamente come modo di rapportarsi al mondo esterno tramite la scrittura, dunque come luogo particolarmente fecondo e per certi versi ideale della concezione e della prassi linguistica. Da questo punto di vista, nei suoi lavori non mancano, al di là di alcune intelligenti e personali applicazioni di Lacan, anche le implicazioni più aggiornate del gender, specialmente nel romanzo Mitgift, la cui protagonista è un’ermafrodita che vive tutte le incertezze di una vita sessualmente indefinita. Si può dire che qualcosa di una simile ambiguità faccia parte della stessa scrittura poetica della Draesner, prestandosi a diventare un punto di forza della sua poesia e del suo «parlare sfavillante»: per la capacità di un veloce spostamento del punto di vista, per l’adattabilità degli accostamenti e la reversibilità delle associazioni, per la grande fluidità espressiva, come se si trattasse di conferire alla lingua la stessa mobilità che appartiene ai sensi e al pensiero. Tuttavia, bisogna subito sottolineare come la poesia della Draesner, anche là dove si affida più fiduciosamente al governo dell’associazione, desidera sempre rispondere a criteri di necessità e di riscontro storico e intellettuale, come se alle esigenze di composizione musicale rispondesse una volontà di scomposizione e di definizione analitica altrettanto indispensabile. L’organizzazione della frase è non a caso assai mobile e attenta, l’orizzonte sintattico è sempre aperto, disponibile, ma anche capace di controllo. Al riguardo, riprendendo una famosa formula di Adorno, un critico ha parlato molto opportunamente di «fantasie esatte». Non sorprenderà allora scoprire, in una lettrice così sensibile alla sostanza di un lavoro letterario collettivo, qual è la Draesner, anche una traduttrice di notevole capacità: Louise Glück, Gertrude Stein, Helga Do214


little devono proprio a lei alcune delle versioni più riuscite in lingua tedesca. Su di un piano comunque diverso, va aggiunto poi che la Draesner si è misurata anche con i sonetti di Shakespeare, arricchendo di una lettura originalissima e affatto insolita la tradizione tedesca del grande classico inglese (basta ricordare come Shakespeare abbia costituito un cantiere impareggiabile di riscrittura per autori quali Paul Celan, Stefan George o Karl Kraus). E mentre nelle traduzioni da Louise Glück i criteri adottati sono quelli di una grandissima precisione nei diversi passaggi della mediazione linguistica e culturale, i sonetti di Shakespeare s’iscrivono nel vorticoso polisistema di quell’adattamento radicale che, nel mondo poetico germanofono degli ultimi vent’anni, ha goduto di una straordinaria fortuna. A cavallo tra due millenni (le riscritture sono uscite nel 2000), la Draesner proietta allora nei sonetti di Shakespeare le pratiche più estreme delle nuove tecnologie genetiche, instaurando così un rapporto tra la «sopravvivenza delle opere» (W. Benjamin), nelle varie fasi della loro ricezione e traduzione, e la celeberrima Dolly, la prima pecora clonata, prodotto raffinato e infelice di quell’«antroparco» (tale infatti lo definisce la Draesner), che è la nostra società contemporanea. Al controllo, alla competenza della traduttrice alla ricerca del mot juste, finiscono per affiancarsi in modo coerente le letture trasversali dell’autrice-lettrice, volte ad approfondire gli intrecci tra la genetica della creazione (o concezione) e il desiderio d’immortalità, le velleità di auto-conservazione dell’uomo. Particolarmente evidente, e la constatazione potrebbe estendersi ad altri testi, risulterà dunque l’interesse specifico di questa scrittrice per il cybermondo e altre forme di trasgressione dei limiti fisici, quali la chirurgia estetica o la forza manipolativa degli ideologemi in relazione al fenomeno dell’invecchiamento. In ogni caso, è importante sottolineare come per la Draesner non si tratti di accordare tempo e modi della poesia al mondo delle letture computerizzate, delle interfaces digitali, delle macchine elettroniche sempre più onnipotenti, magari per delimitare lo spazio d’esistenza della poesia stessa. Piuttosto, la scrittrice cerca di condurre la poesia a esprimersi, mettendo a frutto le prerogative che le sono proprie, dall’interno di questi avvenimenti. Velocità, sentimento e sampling non si escludono ma si richiamano e misurano a vicenda, allontanando in tal modo la possibilità-scorciatoia di un’accelerazione frenetica del discorso verso le forme facili del semplice sperimentalismo caotico-mimetico. Al contrario, la poesia viene intesa come registrazione selettiva, scienza della percezione 215


che opera contemporaneamente in più direzioni, momento-movimento di memoria. In tal senso, nelle sue lezioni di poetologia all’università di Bamberg, la Draesner ha suggerito la strada di una letteratura che sia al contempo capace d’inventare ciò che siamo stati e d’inventarsi parlando, secondo un procedimento in cui chi scrive è al contempo scritto dal testo, esposto alla sua intrinseca forza d’espansione e progressione. Figlia di un architetto, cresciuta a Monaco in una famiglia di origini non esclusivamente bavaresi, Ulrike Draesner, dopo gli studi di diritto, anglistica, germanistica e filosofia e un soggiorno a Oxford, si è trasferita a Berlino nel 1996. E se proprio a Berlino, negli ultimi due decenni, personalità e iniziative poetiche di qualità non sono mancate, si può certo dire che la voce della Draesner si sia imposta tra queste come una delle più significative. Come pochi suoi coetanei, del resto, ha partecipato attivamente alla crescita artistica e culturale della città. Alla sua intelligente dimestichezza con i mass-media e alla sua capacità – condivisa per un certo periodo con Durs Grünbein – di mettere a frutto (trasformandolo) il linguaggio delle scienze naturali, fanno eco gli studi di medievistica della Draesner, che dopo essersi laureata sull’epos di Parsifal, si è dedicata per alcuni anni all’insegnamento. Orientata fin dall’inizio verso un approccio interdisciplinare, ha realizzato vari progetti con artisti visuali o musicisti, partecipato a blog poetici e iniziative informatiche di varia natura. Compagna di strada di numerosi poeti nati tra gli anni sessanta e settanta, critico di grande personalità, ha commentato con entusiasmo e perspicacia i lavori delle nuove generazioni poetiche di lingua tedesca. Per la Draesner – ed è un pregio che molti le riconoscono – non c’è una vera distinzione tra il prendersi cura e il prendersi a cuore un autore. Il suo lavoro d’interpretazione, di lettura e di commento ai testi, si distingue infatti per la passione e la chiarezza, i modi decisi e rigorosi, l’assenza di vanità personale, e soprattutto per una sua peculiare capacità di adeguarsi alla misura fornita dal testo, di individuarne il punto di forza e di tenuta. Pur con un’apertura crescente verso forme insolite e non compiaciute di “poesia civile”, la Draesner non ha mai rifuggito tuttavia dagli elementi di natura esistenziale e privata. Nel lungo testo sfinge bluastra, straziante serie ospedaliera che non ha nulla di idillico, riesce ad esempio nella difficile impresa di esprimere lo choc di un’espropriazione subita per un aborto involontario, come ricalcando le tracce di una lacuna irreparabile, tra crudezza e comprensione. 216


Se Marina Cvetaeva ha indicato nel respiro il «ritmo dell’anima», per Ulrike Draesner «la forma è ciò che nasce tra corpo e lingua». E come la forma realizzata, allo stesso modo del corpo, è qualcosa che cambia, così anche la lingua in stato di poesia (con una bella definizione di Helmut Heißenbüttel) deve rimanere in perpetuo movimento, come un campo di pura potenzialità, un teatro del pensiero animato. Nasce così quel mormorìo diffuso e inconfondibile che caratterizza i versi migliori di questa scrittrice, dove suoni che si scoprono affini possono richiamare e abbracciare significati anche molto lontani. Non è dunque un caso che la scrittura poetica della Draesner abbia avuto origine – come conferma la scrittrice stessa in un suo intervento autobiografico – proprio nel soggiorno in un’altra lingua e quindi in quel tentativo di esperienza poetica che è la traduzione, con tutte le sue implicazioni di familiarità quotidiana, ma anche di folle rovesciamento e straniamento. È infatti durante la sua permanenza a Oxford che la Draesner, ancora studentessa, intrigata da parole omofone in inglese e tedesco, ha cominciato a comporre le sue prime poesie, come traendo scintille da falsi amici, cioè praticando il cosiddetto willful misunderstanding quale procedimento poetico in statu nascendi. Poesie che sono testimonianze freschissime di «un sognare linguistico» in divenire, attraversato dalle correnti imprevedibili della lingua detta “straniera” che, da sempre, è segretamente imparentata con il parlare poetico.

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Indice delle poesie Tra parentesi le iniziali dei traduttori

Twin Spin. Radikalübersetzungen, Sonette von Shakespeare . . . . . . . . . 14 Twin Spin. Traduzioni radicali, Sonetti da Shakespeare . . . . . . . . . . . . 15 der liebesfilm, in dem ich schwimme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 il film d’amore in cui nuoto  (T.P.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 die stunden, die mit weichem mull den rahmen spannten . . . . . . . . . . . . . . 18 le ore che con garza morbida strinsero il telaio  (T.P.) . . . . . . . . . . . . . . . . 19 (sekret) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 (secreto) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 Mehrstimmiger Holunder . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 Sambuco a più voci  (A.B., T.P.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 (innerste brustwolle) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 (la più intima lana del petto) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 dein kommen . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 il tuo venire  (A.D.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 (verpflanzungsgebiet) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 (zona trapianti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 autopilot I . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 autopilota I  (A.D.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 autopilot II . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 autopilota II  (A.D.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 autopilot III . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 autopilota III  (A.D.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 pflanzstätte (autopilot IV) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 area trapianti (autopilota IV)  (A.D.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 soma-matische träume (feuer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 sogni soma-matici (fuoco) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 jemand gab mir feuer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 qualcuno m’ha dato d’accendere  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 kontaktlinsen . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 lenti a contatto  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 glasbau, die schenkel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 costruzione di vetro, le cosce  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45


frühsprachen  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46 lingue primitive  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47 bläuliche sphynx (metall) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 sfinge bluastra (metallo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 lied im bauch . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 canto in pancia  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 op . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 sala operatoria  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 angehn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 si proceda  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57 (ultraschallkontrolle, kurz danach) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58 (controllo ecografico, poco dopo)  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59 neu und alt gewusst . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60 saputo e risaputo  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 (in der siebten nacht) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62 (nella settima notte)  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 (in der achten nacht, traum) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64 (nell’ottava notte, sogno)  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 (am morgen) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66 (al mattino)  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 ich frage dich, wer wir sind . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68 ti chiedo, chi siamo  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 du . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 tu  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71 die wolken spielen tiger (wasser) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72 le nuvole fanno le tigri (acqua) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 bahn übern bogen . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 binario su arco  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 wer sagt a, hat auch b (luft) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 chi dice a, ha anche b (aria) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 meine lieben alpen . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 mie care alpi  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 auch ameisen wären vögel gewesen (erde) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 anche le formiche avrebbero gradito essere uccelli (terra) . . . . . . . . . 85 forsythien, die knallgelb, noch blattlos, ihr würfeln . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86 forsizie, che giallo-stridenti, ancora spoglie, i loro dadi  (A.B., T.P.) . . . . . . . . 87 stehen und glühen (holz) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 ardenti e fermi (legno) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 stoffen . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 essenziare  (T.P.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 220


(lieben) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94 (amare) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 entenbrust, rötlich, die straße entlang . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96 petto d’anatra, rossastro, lungo la strada  (A.D.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 novo e raro miracol di natura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 novo e raro miracol di natura  (A.D.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99 kugelblitz, hammondorgel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100 fulmine a sfera, organo hammond  (A.D.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 kann ihn ja nicht zwingen nicht mal … zu nichts . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102 ma io non posso certo costringerlo nemmeno … a niente  (A.B., T.P.) . . . . 103 im unterboden einer idee  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 nel sottofondo di un’idea  (A.D.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 flügel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106 ali  (A.D.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 (kriegen) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 (ottenere) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109 mühle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110 filetto  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 ontologie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112 ontologia  (A.B., T.P.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 [penelope] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114 [penelope]  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 coventry . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 coventry  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117 u

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118 u  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119

hyazinthenkolik . . . . . . . . . . colica da giacinto  (A.B., T.P.) .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

120 121

(später) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122 (più tardi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123 von grammatik . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124 della grammatica  (A.B., T.P.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 (zwischengesang) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126 (intermezzo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127 tom, winterrosarium . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128 tom, roseto invernale  (T.P.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129 revontulet revontulet

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133

als der hund starb, kaufte sie sich ein neues kleid . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 quando il cane morì, lei si comprò un abito nuovo  (C.M.) . . . . . . . . . . . 135 221


revontulet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136 revontulet  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 chère schnepfe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140 chère beccaccia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141 mitleid ahoi! schwertkonvoi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142 cordoglio! di spade un convoglio!  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143 damaskus, manöver . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146 damasco, manovra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147 waset: kessel des lichts . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 148 waset: casseruola di luce  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149 vollkommene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150 perfetta  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151 zedern- und wasserklischee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152 cliché di cedri e acqua  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153 das falten viel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154 Il gran viluppo  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155 alles grün draußen zu . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156 tutto verde fuori a  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157 durchliefen . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 158 scorrevano  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159 darin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 160 dentro  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161 von süden wurde er . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162 lui da sud potrebbe  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163 waset: die augen von wind . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164 waset: mossi come fiori, minime  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165 laban in libanon heisse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166 laban in libano latte  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167 welliger dolch — suriya . . . . . . . . . pugnale ondulato — suriya  (C.M.)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

168 169

wogen uns . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 170 ci misuravano  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171 paradies: gemalt im . . . . . . . paradies: dipinto nel  (C.M.)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

172 173

später die pasten . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174 più tardi le paste  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175 köchel nur schön, zitter doch . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176 ti cuocio pian piano, non tremare  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177 weinender junge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 178 giovane in lacrime  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179 222


den schnüren . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180 come laccioli  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181 sanft, . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182 dolcemente,  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183 rtrn rtrn träumte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184 rdr cvlr rdr cvlr sognava  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185 cyanblau . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186 azzurro ciano  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187 die fotografische . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 188 la quiete  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189 unter  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190 sotto  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191 spielte backgammon . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192 giocavano a backgammon  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193 barbie empfing uns . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 194 barbie ci accolse  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195 asch-scham . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196 pudore e cenere  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197 im schnee nur marder- . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198 nella neve solo tracce  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199 kopfüber . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 200 a testa in giù  (C.M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201 himmel . . . . cielo  (C.M.)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

libanon . . . . . libano  (C.M.)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

202 203 204 205

essay . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 206 essay  (T.P.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207 bindegewebe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 208 tessuto connettivo  (A.B., T.P.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 209

Le Traduzioni radicali sono contenute in: Aa.Vv., to change the subject, Wallstein Verlag 2000; le poesie racchiuse in (secreto), (la più intima lana del petto) e (area trapianti) sono tratte da: gedächtnisschleifen, le poesie tra le sezioni sogni soma-matici e ardenti e fermi sono prese da: für die nacht geheuerte zellen; i testi fra (amare) e (più tardi) da: kugelblitz, (intermezzo) da: mittwinter; le poesie in revontulet, chère beccaccia, damasco, manovra da: berührte orte; tessuto connettivo è stato pubblicato in rivista: «Wespennest», n. 139, 2005.

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avieri Nella stessa collana

Arno Schmidt, Dalla vita di un fauno Marco Palasciano, Prove tecniche di romanzo storico Maurizio Rossi, Mare Padanum Walter Kempowski, TadellÜser & Wolff. Un romanzo borghese Arno Schmidt, Brand’s Haide Giovanni Cossu, Turritani Gherardo Bortolotti, Tecniche di basso livello Arno Schmidt, Specchi neri Antonio Pizzuto, Sinfonia ( 1927 )



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Ulrike Draesner (Monaco, 1962) ha studiato germanistica, anglistica e filosofia a Monaco, Oxford e Salamanca. Dal 1994 si è dedicata esclusivamente alle attività di scrittura, traduzione e critica letteraria (www.draesner.de). Dal 1996 vive a Berlino. Della sua produzione in prosa fanno parte il romanzo Mitgift, la raccolta di racconti Hot Dogs e il romanzo Spiele. Tra le sue numerose raccolte di poesia: gedächtnisschleifen (1995, Suhrkamp), anis-o-trop (1997, Rospo), Lichtpause (1998, Volk & Welt), für die nacht geheuerte zellen (2001, Luchterhand), kugelblitz (2005, Luchterhand) e infine berührte orte (2008, Luchterhand).


le ore che con garza morbida strinsero il telaio del tuo sguardo, in cui sì volentieri fluttua un occhio estraneo, daranno i trapiantatori, da sé, a te, e si illumina ciò che il più luminoso supera: il tempo ticchettando in atomi traduce l’estate in un inverno più splendente, e là lo raffonda: linfa, intirizzita nel frigorifero, membrane carnose, avvizzite, bellezza incrostata di gelo, nudità, ovunque: non verrebbe allora il destillato dell’estate collocato, prigioniero liquido tra pareti e gas, fosse polverizzato il sacco amniotico della bellezza dalla bellezza non rimarrebbe né lei, né il ricordo di ciò, che fu. ma florescenze, estratte, protratte nell’inverno, gettano, codice cellulare, linfa lattea, il futuro contro il vetro.

ISBN 978-88-89312-65-0

€ 16,00 (i.i.)

isbn 978-88-89312-65-0

9 7 8 8 8 8 9 3 1 2 6 5 0


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