Giugno 2020

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distribuzione gratuita presso gli esercizi commerciali a: Campalto - Favaro Veneto - Tessera - Dese

http://issuu.com/lapaginadicampalto lapaginadicampalto@gmail.com GIUGNO 2020 Anno XVII N° 191

MENSILE A SFONDO SOCIALE DI PUBBLICA UTILITÀ

VERSO L’ESTATE Nel mese di giugno si intrecciano numerose ricorrenze, civili, religiose e pagane. Il solstizio che cade il giorno 21, ci porta nell’estate ed è il giorno in cui le ore di luce raggiungono il loro massimo. Per consuetudine terminano le scuole e si pensa alle vacanze. Quest’anno però, l’incognita degli effetti del Covid19, peserà sulle nostre scelte e non possiamo fare altro che augurarci che la nuova stagione non riservi brutte sorprese.

In questo numero: L’ITALIA ENTRA IN GUERRA_DOV’E FINITA LA MIA BICI_PER UNA NUOVA MOBILITÀ CITTADINA_IL TRENO PER L’AEROPORTO: 2° PUNTATA_PILLOLE DI MODA_PASCOLI NEWS_RIAPRE IL CENTRO FRATELLI CERVI_CAMPALTO NO_TRA FEDE E ARTE.


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Il 10 giugno 1940, esattamente 80 anni fa, Benito Mussolini, capo del fascismo e presidente del consiglio italiano, annunciò dal balcone di palazzo Venezia a Roma di aver consegnato agli ambasciatori di Francia e Gran Bretagna la dichiarazione di guerra: l’Italia entrava nella seconda guerra mondiale, affiancando l’alleato nazista. La cornice dell’annunciò è probabilmente la quintessenza del regime fascista: una coreografia ben studiata, migliaia di persone che plaudono al regime, la figura solitaria del dittatore che, impostata la postura del corpo e della voce, arringa la folla. Iconico il luogo, piazza Venezia e l’omonimo palazzo, sede delle principali adunate fasciste; quella stessa piazza in cui il 9 maggio 1936 lo stesso duce aveva proclamato, con l’annessione dell’Etiopia, la nascita 2

di un improbabile nuovo impero “sui colli fatali” di Roma. In quel 10 giugno 1940, l’Italia era sostanzialmente del tutto impreparata ad affrontare un conflitto armato. Lo era dal punto di vista della sua struttura economica, perché si trattava di un paese con la cui sussistenza era basta ancora in buona parte sul settore primario, in cui le filiere industriali basiche – metalmeccanica e chimica – che costituiscono la base produttiva dell’industria bellica erano poco sviluppate e concentrate solo in alcune zone del paese. Lo era dal punto di vista dello stesso apparato bellico, perché in particolare le armi dell’esercito e dell’aeronautica erano ampiamente carenti sotto il punto di vista delle dotazioni di combattimento, dei mezzi, dell’attrezzatura personale dei

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soldati. Lo era, infine, anche sotto il profilo tattico e strategico, perché al momento dell’entrata in guerra gli alti comandi non avevano elaborato nessuna verisimile programmazione per l’ingaggio dell’Italia nel conflitto. Ciò che agì in Mussolini fu – come hanno ricostruito gli storici – un calcolo di natura meramente politica: la celere avanzata della Germania nazista nei diversi teatri di guerra in cui si era impegnata dall’anno precedente, che stava rendendo marginale il ruolo italiano. La strategia del blitz krieg (guerra lampo) sperimentata in Polonia e nell’Europa centrale tra il 1939 e il 1940 veniva ora rivolta verso il teatro occidentale. Dopo la paradossale drôle de guerre (strana guerra), il 10 maggio 1940 la Germania dichiarava guerra alla Francia e, in poco più di un mese, Parigi venne assediata a occupata: la linea Maginot, colossale sistema di fortificazioni per proteggere il confine francese orientale, era stata aggirata in poche settimane, con pochissime perdite. L’azzardo cinico e spregiudicato di Mussolini consistette nel ritenere che la guerra sarebbe durata qualche settimana, al più fino a settembre, e che pertanto era necessario che l’Italia entrasse in guerra per guadagnarsi un posto di rilievo tra i vincitori. “Ho bisogno di qualche centinaio di morti per sedermi al tavolo della pace”: sprezzante e irresponsabile, la frase che Mussolini

avrebbe rivolto ad alcuni tra i suoi principali collaboratori (tra cui Pietro Badoglio, Galeazzo Ciano, Dino Grandi, il generale Caviglia) illumina il cinico calcolo fatto all’atto di entrare in guerra. Dinamica, rapida, qualitativa: questa sarebbe dovuta essere la guerra condotta da Mussolini secondo la sua auto rappresentazione. Si trattò invece di un conflitto che provocò oltre 472.000 morti, di cui quasi 320.000 militari e oltre 153.000 civili (in pratica l’11% dell’intera popolazione italiana), durante il quale l’Italia visse la caduta del regime fascista, l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’occupazione nazista, la lotta di liberazione della Resistenza, infine la fine della guerra, nell’aprile 1945, 5 anni dopo quell’infausto giorno di giugno.

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Gabriele Scaramuzza

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DOV’È FINITA LA MIA BICI

Non pensiamo di riproporre il capolavoro di De Sica, ma di affrontare uno dei problemi più evidenti di chi va in bici: il furto. Crediamo che in molti abbiano da denunciare la sparizione della propria due ruote: chi in stazione, chi a scuola, chi davanti a un negozio o alla fermata del bus. Come reagire? Difficile dirlo. Le catene antifurto in commercio sono poco affidabili: una rotella abrasiva montata su un piccolo trapano avvitatore le fa fuori in pochi secondi. Esistono antifurto più affidabili ma sono costosi e non è detto che siano ultrasicuri. Un altro trucco adottato dai ladri è quello di portare via la sella e passare a prendersi la bici, 4

con comodo, qualche ora dopo. Come si è visto, non bastano le rastrelliere. A questo punto che fare? La risposta, a nostro parere, spetterebbe alle amministrazioni comunali. Ma dato che ci piace anche fare proposte, ecco una delle risposte possibili: in città molti sono gli spazi di proprietà pubblica (aule di scuole dismesse o uffici non più utilizzati) che potrebbero essere riconvertiti, pagando una somma minima, in parcheggi per bici, magari con annessa ciclofficina per semplici e veloci manutenzioni. Si potrebbe pensare di affidare a cooperative o a volontari del servizio civile la gestione di tali strutture. E a Venezia? Da anni si parla di realizzare al Tronchetto o a p.le Roma un bicipark, ma fino a ora nulla di importante, né a livello di idee, né a livello di realizzazione. Così, mentre nel mondo postvirus si parla di rivedere la mobilità urbana in maniera più sostenibile e meno inquinante, mentre il governo stanzia contributi per l’acquisto di bici, noi siamo costretti a lasciare la nostra fedele due ruote, soprattutto se di un certo pregio, a casa. Una decina e più di anni fa si era pensato alla punzonatura delle bici, progetto oggi abbandonato: forse non era la soluzione al problema, ma “piuttosto che niente è sempre meglio piuttosto...”

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Gianfranco Albertini


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Per una nuova mobilità cittadina Nella mattinata di sabato 6 giugno una “ecologica e colorata” manifestazione in bici, culminata presso il Municipio di Mestre, ha consegnato “virtualmente” nelle mani del Sindaco un documento articolato in 10 punti finalizzato a consigliare una serie di iniziative a tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente Fra i punti proposti, prioritari sono: -------

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l’ampliamento della rete ciclabile, anche con interventi “leggeri l’attuazione d’interventi per la moderazione del traffico, la ripartenza immediata dei cantieri già avviati e la rapida cantierizzazione delle opere già progettate e finanziate, il completamento e perfezionamento della pista ciclabile che collega Mestre a Venezia con l’allestimento d’un “bici park” accessibile ai turisti, e soprtattutto ai pendolari una efficace manutenzione delle piste cilabili esistenti il rafforzamento della “sharing mobility” per poter usufruire nel territorio comunale, in modalità di condivisione ed alternativamente all’uso dell’auto e dei mezzi pubblici, di biciclette, e-bike (bici a pedalata assistita), scooter elettrici e monopattini la regolamentazione di misure che puntino all’equilibrio del sistema della mobilità comunale (ZTL, sosta regolamentata e corsie preferenziali, per gestire al meglio il traffico cittadino) incentivazione dell’intermodalità con parcheggi scambiatori coperti nei punti di interscambio con altri mezzi di trasporto (BUS, tram, treni); sperimentazione del trasporto delle biciclette sui mezzi tranviari all’interno dei quali lo spazio sarà più generoso causa l’obbligo del distanziamento fisico e la riduzione della capacità di trasporto delle persone. Possibilità di abbonamento anche per il proprio mezzo, sia per tram che per treno; connessione del park bici della stazione di Mestre con il primo binario ed evitare il passaggio dall’interno della stazione. realizzazione di campagne informative basate su forme di mobilità attiva, indispensabili per mantenersi in salute e recuperare la forma fisica, tagliando i costi per la manutenzione dei mezzi a motore e rafforzando i legami di comunità nel quartiere.

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IL TRENO PER L’AEROPORTO: 2° PUNTATA

Riprendiamo l’argomento del collegamento ferroviario con l’aeroporto Marco Polo già affrontato nel numero di giugno. Ricapitoliamo brevemente il progetto che nei giorni scorsi è è stato oggetto di discussione trala popolazione dell’intera municipalità di Favaro Veneto. Il giorno 14 scadeva infatti il termine per la presentazione delle osservazioni e bisogna dire che numerosa è stata la partecipazione di associazioni, semplici cittadini e rappresentanze politiche. Il progetto, che è stato denominato “cappio” come è ben visibile nell’immagine, consisterebbe in un anello che, staccandosi dalla linea per Trieste all’altezza di Dese, raggiungerebbe l’aeroporto per poi reimmettersi sulla stessa linea, sempre però unicamente in direzione Venezia. Verrebbe così stravolto il progetto originale che prevedeva una stazione di testa al “Marco Polo” (soluzione 6

ad antenna) e l’allacciamento con il servizio metropolitano regionale. Di seguito cerchiamo di raccogliere in sintesi e per argomento le numerose osservazioni prodotte. Impatto sul territorio: i lavori, la cui durata è prevista in alcuni anni, coinvolgono un’area molto delicata con una viabilità già oggi problematica. Durante questo periodo verrebbero stravolti gli accessi alla A27, la percorrenza della S.S. Triestina nonché i collegamenti tra Tessera e Ca’ Noghera, soprattutto quelli ciclo pedonali. Impatto sulla popolazione: a lavori conclusi, parte degli gli abitanti di Dese, una volta completata l’opera, si troverebbero chiusi all’interno di un trianglo di binari con evidente scadimento della qualità della vita e difficoltà di spostamento. Andando ancora di più nel dettaglio della vita quotidiana delle persone, che verrebbero interessate dal’opera, ci sono i proprietari di casa. Non solo quelli che espropriati avranno diritto a un risarcimento per legge ma anche quelli che risiedono nelle vicinanze dell’infrastruttura, che una volta realizzata determinerà dei vincoli che prima i privati non avevano. Impatto sulle attività produttive: le prime aziende a essere coinvolte sono Superbeton e Berti; quest’ultima, salvata dal fallimento e dalla chiusura dall’intraprendenza di un gruppo di

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lavoratori organizzatisi in cooperativa, verrebbe semplicemente rasa al suolo. Pubblica utilità e rapporto tra costi e benefici: l’opera in oggetto avrebbe un costo vicino al mezzo miliardo di euro; ritornando al progetto più semplice del collegamento a doppio binario con stazione interrata in sostituzione dell’attuale soluzione Rfi i costi e l’impatto ambientali sarebbero molto più contenuti. Secondo molte voci, accettarlo così vorrebbe dire fallire l’obiettivo principale: ampliare al massimo il suo target di utilizzo e collegare le grandi realtà metropolitane regionali e interregionali, considerando che la lunga percorrenza già collega le stazioni centrali delle città. In molti si chiedono che senso abbia investire un consistente capitale di risorse pubbliche per ridurre di pochi minuti la percorrenza tra l’aeroporto e la città quando i tempi d’attesa per le procedure d’imbarco e l’attesa dei bagagli hanno tempi a dir poco “bibblici”. Se dal Marco Polo si deve raggiungere la città d’acqua non basterebbe potenziare e meglio organizzare i servizi di navigazione? Non sarebbe poi cosa sbagliata prendere in considerazione gli strascichi che la pandemia sta lasciando su tutto il settore dei trasporti, soprattutto quello aereo. Attualmente non è possibile prevedere se e quando i flussi aeroportuali torneranno a essere quelli del passato e una pausa di riflessione sarebbe auspicabile.

Il nostro territorio, soprattutto in termini di mobilità ferroviaria, avrebbe bisogno di ben altre soluzioni. Tanto per citarne qualcuna, il potenziamento delle linee per i pendolari, sottopassi per eliminare i numerosi passaggi a livello ancora presenti nelle nostre città, l’ammodernamento della stazione di Mestre, potenziamento delle linee per Trieste e per Milano dove i treni viaggiano ad andatura di lumaca, e chi più ne ha più ne metta. Se comunque il progetto dovesse proseguire il suo iter, dovranno essere rispettate le peculiarità del territorio attraverso importanti interventi di mitigazione e compensazione. La convivenza con l’aeroporto, tra inquinamento acustico e dell’aria, costituisce già in serio problema per i residenti della zona e si chiede quindi che tale situazione non venga aggravata da questo intervento indubbiamente impattante. Un occhio di riguardo va poi destinato alle aree archeologiche che da Tessera e Dase si estendono verso Altino e lungo le vie Triestina e Orlanda. Il presente articolo è stato redatto sulla base di documentazioni estrapolate dalla stampa locale, desunte dagli incontri che si sono svolti nel territorio e dall’O.d.G. della Municipaliotà di Favaro Veneto del 8/6/2020. Ci scusiamo fin da ora per eventuali inesattezze o mancanze. La redazione della P.D.C.

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PILLOLE DI MODA: UN PO’ DI STORIA di Monica Zennaro

Vi ricordate il film “Via col Vento”? Impossibile non ricordare un colossal sulla storia più romantica di tutti i tempi; la robusta tata Mamy, per stringere i lacci del corsetto, si metteva in punta di piedi strizzando con forza il busto della bella Rossella. Il corsetto, fino a 100 anni fa, era l'indumento intimo femminile più amato e odiato dalle donne costrette ad indossarlo. Costruito con stecche di balena, disegnava una sinuosa linea a “S” mettendo in evidenza il busto, 8

le spalle e i fianchi, conferendo un vitino da vespa molto sofferto. Ma chi liberò le donne da questo supplizio, quasi tortura da non poter respirare? Sì fu lui, il maestro Paul Poiret (Parigi 1879-1944) che dal 1906 rovesciò la tradizione proponendo creazioni dalle linee fluide e non più rigide. Poi seguirono al grande Poiret altri stilisti coraggiosi e innovatori, come Mariano Fortuny (Granada 1871-1949) padre dell'abito plissé ispirato al periodo greco. Poi non possiamo non citare nella rivoluzione della moda del XX secolo Madeleine Vionnet (Chilleurs-aux Bois 1876-1975). La sua Maison d'alta moda aperta nel 1912 vestiva la nobiltà e l'alta borghesia europea con abiti dall'innovativo taglio di sbieco: linee a sottoveste, colli a cappuccio, tessuti leggeri drappeggiati e ruche dal taglio circolare. Erano come un marchio di fabbrica che la resero una delle più importanti firme francesi. Senza di lei i vestiti a sirena degli anni '40 non sarebbero mai stati confezionati. Se la Vionnet venne considerata quasi un architetto della moda, la stilista per eccellenza del primo '900 è senza ombra di dubbio Gabrielle “Coco” Chanel (Samur 1883-1971). Nei miei primi articoli di ormai 3 anni fa ve ne parlai ma comunque voglio farvi un piccolo accenno, tanto

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per rinfrescarci la memoria. Coco la ribelle, una donna d'ingegno scalpitante e intelligente, non fu solo una designer, ma una vera e propria icona di stile. Una modernista che seppe interpretare con le sue creazioni le esigenze di una nuova donna, non più solo custode del focolare, ma protagonista della sua vita fino ad allora sconosciuta. La “Maison Chanel” fu la prima che mescolò mascolinità e femminilità allo stesso tempo e sedusse sicuramente uomini e donne con le sue creazioni. Fu la prima a indossare i pantaloni e a fare del blazer, del cardigan e della camicia bianca dei must del guardaroba femminile. Un personaggio di carattere con l'uso del tessuto jersey non solo per l'intimo, la lavorazione della maglia per tailleur e capi spalla, i grandi cappelli per proteggere la pelle dal sole e dai grandi caldi e non dimentichiamo il semplice tubino nero e il celeberrimo profumo Chanel n.5. Un personaggio con molto carattere che, mie care amiche, ammiro e che mi ha sempre ispirato nella moda e nel mio modo di essere perché Coco, con il suo stile, ha profondamente segnato la storia del costume. Vi ricordate? Fu lei che disse: ”la moda passa lo stile resta” E con questo vi abbraccio e non vedo l'ora di raccontarci un'altra pillolina. A presto. Vostra Monica.

Il Gabbiano Circolo Ricreativo Culturale Campalto - Villagio Laguna I NOSTRI SERVIZI Consulenza legale gratuita per i soci AUSER - si riceve solo su appuntamento Spesa a domicilio: il ns. Circolo ha il servizio per la consegna gratuita della spesa a domicilio per persone anziane, non autosufficenti, portatori di handicap o con problemi motori temporanei che non possono recarsi personalmnte presso i negozi. I NOSTRI CORSI Corso di nformatica Attività di lavori a maglia, uncinetto, taglio e cucito Ripetizioni scolastiche per alunni di scuola media e superiore LA BIBLIOTECA “LINO SOFFIATO” La possibilità di avere in prestito libri E inoltre: Scuola di Canto Sportello Ludopatia aperto mercoledì h. 15.00/18.00 Per informazioni e appuntamenti: dal lunedì al giovedì dalle 10,00 alle 12,30 il venerdì dalle 16,00 alle 18,00 tel. 041.903525 bibliotecalinosoffiato@gmail.com Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” Piazzale Zendrini - Villaggio Laguna Venezia - Campalto

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Dopo numerose sollecitazioni, una delegazione del comune di Venezia, guidata dall’assessore Boraso, si è confrontata con una rappresentanza delle associazioni che operano nel centro Pascoli: lo scopo dell’incontro era quello di confrontarsi sulla sua gestione prossima e futura. L’incontro è stato interlocutorio, e non si poteva pensare diversamente. L’attuale amministrazione comunale, ancora in carica causa virus, è in fase di chiusura mandato quindi non in grado di prendere decisioni per il futuro. Resta in piedi l’idea di un bando pubblico per concorrere alla gestione della struttura, ma la sua emanazione slitterà per forza di cose al

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prossimo anno. La tornata elettorale è stata fissata per la fine di settembre e il centro Pascoli non rientrerà certamente nelle priorità. Continueremo quindi a vivere in un “limbo” di difficile interpretazione: potranno riprendere le attività consuete, sia a livello di aiuto allo studio che per quanto riguarda le iniziative culturali, ma restano ancora umerose incognite. Una tra tutte la riapertura dell’aula di informatica: benché sia stata confermato il suo mantenimento, non sono stati fatti interventi di alcun tipo per renderla funzionante né è stato riconfermato l’accordo con l’associazione Blog Territori e Paradossi che si è occupato della sua gestione dall’apertura alla chiusura nel settembre 2018 per i noti interventi di sanificazione e ristrutturazione del centro. Ci auguriamo che si possa trovare una soluzione, almeno provvisoria, per non interrompere le iniziative che si svolgono all’interno del centro, unico centro di promozione culturale a Campalto.

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RIAPRE IL CENTRO F.LLI CERVI

In questo mese, dopo le riaperture di luoghi in cui ci si ritrova per socializzare come teatri, cinema e ristoranti, anche il Centro F.lli Cervi, seppure per soli due giorni alla settimana il Giovedì e il Venerdì dalle ore 15,30 alle ore 19,00, riapre per i soli soci. Questo vuole essere la ripartenza, con cautela, di tutte le attività che avevamo programmato in precedenza. Stiamo prendendo accordi per dei soggiorni sia al mare che in montagna, in modo particolare nella località di Santo Stefano di Cadore nella foto a lato. Per Settembre contiamo, corona-virus permettendo, di organizzare le domeniche danzanti, rappresentazioni teatrali, cinema, spettacoli di magia per i bambini e l'evento più importante per il nostro centro

ossia La Festa della Terza Età. La voglia di ritornare alla normalità è grande. Vi ricordiamo che per accedere sia al centro che alle attività ricreative è necessaria l'iscrizione, che si può effettuare presso il centro stesso e che avrà una modalità di scadenza/rinnovo che vi permetterà di recuperare questi mesi di inattività. Circolo Auser “Il Gabbiano”

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CAMPALTO NO

ByPass: storia infinita Secondo le indicazioni, i lavori per la conclusione del Bypass di Campalto e la sua inaugurazione erano previsti per il mese di aprile. Poi il virus ci ha messo del suo e tutto si è fermato per un bel po’ di tempo. Oggi ci avviamo verso la fine di giugno ma le prospettive non sembrano certo incoraggianti. Quasi ogni giorno spunta una nuova recinzione, le scavatrici continuano a lavorare nei pressi della “montagnola” e, a parte i rumori del cantiere, tutto tace. Anche il sindaco Brugnaro ha fatto la sua comparsa ma nulla è trapelato sulla conclusione dei lavori. Chissà se qualcuno si degnerà mai di trattare l’argomento con un minimo di trasparenza e, soprattutto, chiedere scusa ai cittadini per i disagi che da anni stanno sopportando.

via Gobbi 259 - Campalto da martedì a sabato orario 8.15 - 17.30 per appuntamento: 3927242100

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Attenti al buco

7 maggio 2020

12 giugno 2020

Le due foto sono state scattate rispettivamente ai primi di maggio e a metà giugno. Mostrano un cedimento del terreno, in prossimità di uno scolo dell’acqua piovana, lungo la pista ciclabile di via Vallenari in prossimità del capannone dismesso, poco prima della strada che porta al presidio sanitario. Vista la sua pericolosità per un ciclista, ma soprattutto per la carrozzina di un disabile, abbiamo segnalato la cosa sulla nostra pagina Facebook. Successivamante la segnalazione è stata fatta di persona ai vertici della Municipalità e a un assessore comunale. Al momento in cui stiamo scrivendo, non ci risulta che alcun provvedimento sia stato preso. Basterebbe un intervento di pochi minuti, magari semplicemente avvisando con un cartello e un po’ di nastro le tante persone che percorrono la ciclabile, per evitare danni alla loro incolumità. I problemi di deterioramento riguardano comunque l’intero percorso della ciclabile di via Vallenari nel territorio di Favaro. Pavimentazione spesso disconnessa, erbacce e rami che la invadono giusto all’altezza del viso di chi la percorre. Attraversata via Martiri della Libertà tutto diventa più agevole. Ma tutto il complesso delle poche ciclabili di Campalto è in condizioni a dir poco disastroso: da via Gobbi al bosco, tutto è in condizioni di semi abbandono. In questi giorni si sta provvedendo ad asfaltature parziali del sedime stradale, sempre con un occhio di riguardo per gli automobilisti dimenticando ciclisti e pedoni, costretti a camminare su marciapiedi a prova d’inciampo. Sono solo considerazioni e non facciamo commenti, li lasciamo ai lettori, augurandoci che ci sia un po’ più di attenzione per la mobilità in bici e a piedi in tutto il nostro territorio. LA PAGINA DI CAMPALTO

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TRA FEDE E ARTE

Nell'estate del 1263, un sacerdote boemo di nome Pietro da Praga iniziò a dubitare della reale presenza di Gesù nell'ostia e nel vino consacrati. Di ritorno da un pellegrinaggio a Roma, si fermò a Bolsena, dove i dubbi di fede lo assalirono nuovamente. Durante la celebrazione della messa nella chiesa di Santa Cristina, secondo quanto tramandato dalla tradizione, al momento della consacrazione l'ostia cominciò a sanguinare sul corporale. Impaurito e confuso, si recò subito dal papa. Urbano IV, che si trovava a Orvieto, per riferirgli l'accaduto. Il pontefice, dopo alcune verifiche, dichiarò la soprannaturalità dell'evento e, per ricordarlo, l'11 agosto 1264 estese a tutta la Chiesa la solennità chiamata Corpus Domini per celebrare la reale presenza di Cristo nell'eucaristia. Per custodire il corporale venne edificato, a partire dal 1290, il duomo di Orvieto. Urbano IV, inoltre, affidò a Tommaso

d'Aquino il compito di preparare i testi per la liturgia delle ore e per la messa della festività, e stabilì che il Corpus Domini dovesse essere celebrato il primo giovedì dopo l'ottava di Pentecoste che generalmente cade nel mese di giugno. Raffaello Sanzio volle rappresentare il miracolo di Bolsena in un mirabile affresco visibile a Roma nelle Stanze Vaticane. Il duomo di Orvieto è invece una delle più notevoli costruzioni dell’architettura gotica in Italia. Alla facciata, adornata dal rosone dell’Orcagna, vero capolavoro della scultura toscana del XIV secolo, fa da contraltare lo splendido interno a marmi policromi nel quale spiccano gli affreschi di Luca Signorelli che lo decorano assieme ad altre opere d’arte.

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La Pagina di Campalto è curata dal Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” Piazzale Zendrini 22 Campalto (VE) Tel/fax : 041.903525 - bibliotecalinosoffiato@gmail.com Editore: Circolo Auser “Il Gabbiano” - Direttore responsabile: Giorgio Marcoleoni. Redazione a cura di: Blog Territori e Paradossi - Associazione Culturale. E-mail: info.blogterritorieparadossi@gmail.com Stampato in proprio - Registrazione presso il Tribunale di Venezia n° 1461 del 24 settembre 2003 “La pagina di Campalto” è consultabile online all’indirizzo: http://issuu.com/lapaginadicampalto È possibile rilasciare commenti e domande, segnalare iniziative, suggerire approfondimenti a questo indirizzo e-mail: lapaginadicampalto@gmail.com o visitando la nostra pagina facebook.


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