Aprile 2021

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distribuzione gratuita presso gli esercizi commerciali a: Campalto - Favaro Veneto - Tessera - Dese

http://issuu.com/lapaginadicampalto lapaginadicampalto@gmail.com APRILE 2021 Anno XVIII N° 199

MENSILE A SFONDO SOCIALE DI PUBBLICA UTILITÀ

EL BOCOLO L’usanza di donare un bocciolo di rosa rosso nel giorno di San Marco risale a una leggenda medievale e ricorda la triste storia d’amore di Maria, figlia del Doge e soprannominata “Vulcana”, con Tancredi. Sarebbe stato Orlando, il paladino di Carlo Magno, a portare a Venezia un fiore insanguinato come ultimo pegno d’amore di Tancredi caduto in battaglia. Chiusa in un immenso dolore, Maria fu trovata morta stringendo sul cuore il fiore dell’amato.

In questo numero: SAN MARCO: DALL’ORIENTE A VENEZIA_LA PAGINA DELL’ARCHEOLOGIA_RACCONTANDO... IL TEATRO DIALETTALE_1 MAGGIO: UN PO’ DI STORIA_CAMPALTO NO_L’ANGOLO DELLA POESIA_IN BICI O A PIEDI LUNGO L’OSELLINO_IL LIBRO DEL MESE_ CA-SPITERINA


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SAN MARCO: DALL’ORIENTE A VENEZIA

Ebreo di origine, nacque probabilmente fuori della Palestina, da famiglia benestante. La figura dell’evangelista Marco è conosciuta soltanto da quanto riferiscono gli Atti degli Apostoli e alcune lettere di s. Pietro e s. Paolo; non fu certamente un discepolo di Gesù e probabilmente non lo conobbe neppure, anche se qualche studioso lo identifica con il ragazzo che seguì Gesù dopo l’arresto nell’orto del Getsemani, avvolto in un lenzuolo; i soldati cercarono di afferrarlo ed egli sfuggì nudo, lasciando il lenzuolo nelle loro mani. Marco era figlio della vedova benestante Maria, che metteva a disposizione del Maestro la grande sala 2

della sua casa ove fu consumata l’Ultima Cena e dove si radunavano gli apostoli dopo la Passione fino alla Pentecoste. Quello che è certo è che fu uno dei primi battezzati da Pietro, che frequentava assiduamente la sua casa e lo chiamava in senso spirituale “mio figlio”. Nel 44 quando Paolo e Barnaba, parente del giovane, ritornarono a Gerusalemme da Antiochia, furono ospiti in quella casa. Il suo vero nome era Giovanni usato per i suoi connazionali ebrei, mentre il nome Marco lo era per presentarsi nel mondo greco-romano; ascoltava i racconti di Paolo e Barnaba sulla diffusione del Vangelo ad Antiochia e quando questi vollero ritornarci, li accompagnò. Forse Marco giunse a Roma in tempo per assistere al martirio di Paolo, ma certamente rimase nella capitale a lungo. Durante gli anni trascorsi accanto a Pietro, trascrisse, secondo la tradizione, la sua narrazione evangelica, senza elaborarla o adattarla a uno schema personale conferendole la scioltezza, la vivacità e anche la rudezza di un racconto popolare. Viene considerato il primo dei “Vangeli Canonici”. Affermatasi solidamente la comunità cristiana di Roma, Pietro inviò in un primo momento il suo discepolo e segretario, ad evangelizzare l’Italia settentrionale; ad Aquileia

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Marco convertì Ermagora, diventato poi primo vescovo della città. Successivamente s’imbarcò e, sorpreso da una tempesta, approdando sulle isole che sarebbero divenute il primo nucleo della futura Venezia, si addormentò e sognò un angelo che lo salutò: “Pax tibi Marce evangelista meus” e gli promise che in quelle isole avrebbe dormito in attesa dell’ultimo giorno. Secondo un’antichissima tradizione, Pietro lo mandò poi ad evangelizzare Alessandria d’Egitto: qui Marco fondò la Chiesa locale diventandone il primo vescovo. Nella zona di Alessandria subì il martirio: fu torturato, legato con funi fino alla morte sopraggiunta un 25 aprile verso l’anno 72, secondo gli “Atti di Marco” all’età di 57 anni. Ebrei e pagani volevano bruciarne il corpo, ma un violento uragano li fece disperdere, permettendo così ad alcuni cristiani, di recuperare le spoglie e seppellirle in una grotta. Da lì, nel V secolo, furono traslate nella chiesa costruita al Canopo di Alessandria, incendiata nel 644 dagli arabi e ricostruita in seguito dai patriarchi di Alessandria. Nell’828 approdarono in questo luogo, i mercanti veneziani Buono da Malamocco e Rustico da Torcello, che s’impadronirono delle reliquie dell’Evangelista minacciate dagli arabi, trasferendole con uno stratagemma a Venezia, dove giunsero il 31 gennaio 828. Le reliquie furono accolte con

grande onore dal doge Giustiniano Partecipazio e riposte provvisoriamente in una piccola cappella, luogo probabilmente identificato come quello in cui oggi si trova il tesoro di San Marco. Iniziò la costruzione di una basilica, che fu portata a termine in tempi relativamente brevi. La cerimonia della dedicazione e consacrazione, avvenuta il 25 aprile 1094, fu preceduta da un triduo di penitenza, digiuno e preghiere, per ottenere il ritrovamento delle reliquie dell’Evangelista, delle quali non si conosceva più l’ubicazione. Si narra che, dopo la Messa celebrata dal vescovo, si fosse spezzato il marmo di rivestimento di un pilastro della navata destra, a lato dell’ambone e fosse ricomparsa la cassetta contenente le reliquie, mentre un profumo dolcissimo si spargeva per la Basilica. Venezia è indissolubilmente legata al suo Santo patrono, il cui simbolo di evangelista, il leone alato che artiglia un libro con la già citata scritta: “Pax tibi Marce evangelista meus”, è da secoli lo stemma della Serenissima. Posto in ogni angolo della città lo si trova ancora oggi in molti dei luoghi dove la Repubblica Veneziana aveva esteso il suo dominio.

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Gianfranco Albertini

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LA PAGINA DELL’ARCHEOLOGIA Archeologia campaltina: ovvero ritrovamenti archeologici nel territorio di Campalto Il territorio di Campalto, fra tutti i territori “urbani” che si affacciano sulla laguna di Venezia, è quello che ha mantenuto importanti testimonianze storiche intese soprattutto come snodo delle relazioni fra acqua e terra oltre che di collegamento lungo le direttrici viarie est-ovest da oltre 1500 anni. Però i reperti archeologici ritrovati in vari momenti storici hanno dimostrato che questo luogo era abitato ben prima. Purtroppo la storia recentissima degli ultimi 50 anni ha disgraziatamente stravolto questo territorio e cancellato le tracce più evidenti di un passato che talvolta emergono in modo casuale anche recentemente. Ad esempio, il 16 luglio dello scorso anno si è inaugurata la cosiddetta “Variante di Campalto”, ovvero quel tracciato di circa 2 km che permette alla Strada Statale 14 “della Venezia Giulia” di evitare il centro abitato di Campalto. Un opera realizzata tra il 2016 e il 2020, con un rallentamento dovuto al rinvenimento, nel 2018, proprio di reperti archeologici nell’area del cantiere. Non si tratta però del primo ritrovamento in assoluto a Campalto: infatti, il museo di Torcello conserva una statuetta in marmo di epoca romana proveniente 4

Antica mappa del territorio di Campalto e dell’area di gronda

proprio da questa località. In età romana, infatti, il territorio della gronda lagunare era caratterizzato da una maggiore estensione della terraferma mentre, in epoca medievale, si assiste al fenomeno inverso ovvero dell’ingressione marina. Per cui, nel Cinquecento, Campalto è un piccolo borgo rurale in un’area di barene intersecata da canali, per quasi la metà occupata dalla laguna, e con lembi di terra fra un canale e l’altro. Barene che si estendevano soprattutto verso il fiume Dese. Un territorio quindi esposto sia all’azione del mare che dei fiumi come mostra il fatto che buona parte del territorio campaltino sorga su un terreno sabbioso di evidente origine fluviale. Da un punto di vista

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generale, possiamo quindi dire che la zona di Campalto, formata dalle alluvioni del Brenta in epoca pleistocenica, è una zona sopraelevata rispetto a quella dove scorrono il Dese e lo Zero, dove la quota della pianura è al di sotto del livello del mare, formando quindi una depressione che si protrae fino all’area di Altino e si allunga verso il fiume Sile. Un’area quindi, quella di Campalto, favorevole agli insediamenti umani fin dalla più remota antichità. Infatti, è certo è che in età romana esisteva, a Campalto, un nucleo abitativo del quale è stato individuato un ampio affioramento di laterizi e di materiale ceramico nonché recuperato un bronzetto di Ercole con leontea. Da menzionare anche i piccoli frammenti ceramici romani e medievali ritrovati e studiati da Ernesto Canal negli anni ’70 lungo le battige delle barene di Campalto e di Tessera. Oppure la massa di materiale ceramico affiorante in superficie e disposta in un’area di forma circolare nei pressi del canale di Campalto. Questi frammenti permisero di identificarli come appartenenti ad un “butto” di una fornace medievale e vennero accuratamente studiati e classificati dalla dottoressa Francesca Saccardo. Quel che è certo è che il territorio di Campalto era interessato da un’importante strada romana, la Via Annia (o Emilia Altinate), lunga circa 200 km, fatta costruire nel 731 a.C. dal pretore Tito Annio Rufo, che partendo da Adria

percorreva tutto l’arco adriatico fino ad Aquileia. Lungo il percorso fra Padova e Altino, sono stati ritrovati ben quattro miliari. Si tratta di cippi, di solito di forma circolare, a rocchio di colonna, posti per lo più da imperatori che, anche in età molto posteriore alla costruzione della via, l’hanno curata e ripristinata, e che in genere riportano il numero delle miglia intercorrenti fra due località. Uno di questi miliari è venuto alla luce proprio a Campalto. Ricordo che il tracciato di questa via romana, ricalca, grosso modo, quello dell’attuale via Orlanda. È evidente quindi la vicinanza di Campalto ad Altino: una vera e propria “miniera” dal punto di vista archeologico che ancora nasconde i suoi tesori segreti in attesa che vengano svelati. Daniele Rampazzo

Altino. Resti di “basolato” dell’antica strada romana

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RACCONTANDO... IL TEATRO DIALETTALE

Eduardo Scarpetta

Collocare il teatro dialettale in un particolare periodo storico in un paese come l'Italia è molto difficile. Possiamo ipotizzarne l’inizio dalla fine del Barocco, XVII secolo, quando le commedie iniziano a raccontare non solo la vita di corte, ma il vivere del popolo. Ritroviamo così nuovi interpreti popolari, operai, servitori, soldati che si esprimono in dialetto i quali si confrontano con l'aristocrazia o padroni che si esprimono un l'italiano letterario, inizia cosi l'epoca della plurilinguistica in scena. La commedia dell'arte cristallizza il plurilinguistico affidando al modo di esprimersi una differenziazione psicologica: il personaggio che 6

parla in dialetto è popolare, volgare e affamato nel contempo; pratico e intelligente mentre i personaggi che parlano in italiano sono altolocati, sentimentali e un po’naif. Nella commedia dell'arte non si usavano testi teatrali scritti ma ci si affidava all'improvvisazione sul tema, il primo riformista del teatro dialettale è considerato Carlo Goldoni (17071793) il quale propone commedie completamente scritte in italiano con l'aggiunta di personaggi che si esprimono in dialetto. Tra le più belle commedie ricordiamo Le baruffe chiozzotte (1762) tutta animata dalle gelosie e dalle chiacchiere delle donne e Sior Todaro brontolon (1762) il tipo di vecchio padrone brontolone, antiquato e avaro. Eduardo Scarpetta (1853-1925) capostipite della dinastia Scarpetta-De Filippo, viene riconosciuto come il fondatore del teatro dialettale moderno. Natio di Napoli, recita tutte le sue commedie in dialetto napoletano. Attore e commediografo ricordiamo, Miseria e Nobiltà (1888) che in seguito ebbe tre trasposizioni cinematografiche (memorabile fu quella del 1954 con Toto) e 'Na Santarella (1889). Sposato con Rosa De Filippo (1876) ebbe due figli. Domenico (1876), voci popolari e mai smentite dallo stesso Scarpetta, dicono che fosse il figlio di Vittorio Emanuele II, con cui la moglie aveva avuto una

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relazione. Fu l’unico figlio a non seguire la vocazione del teatro, condizione questa dettata dalla casa reale. Vincenzo (1878-1952) attore e commediografo. Eduardo Scarpetta ebbe relazioni extraconiugali con Francesca Giannetti, da cui ebbe la figlia Maria che, dopo l'abbandono della madre, la adottò (1890) e divenne in seguito attrice. Con Luisa De Filippo, nipote della moglie Rosa De Filippo, ebbe tre figli, Tatiana De Filippo (1898-1963) attrice, Eduardo De Filippo (1900-1984) attore, commediografo e senatore a vita della Repubblica Italiana (1981-1984), Peppino De Filippo (1903-1984) attore e commediografo. Dalla relazione con Anna De Filippo, sorellastra della moglie Rosa De Filippo, ebbe due figli Eduardo De Filippo, in arte Eduardo Passarelli, (19031968) attore e Pasquale De Filippo (1906-1978) attore. Una dinastia di grandi attori teatrali che hanno rappresentato in maniera egregia il teatro dialettale napoletano. Verso la metà degli anni ‘50 del secolo scorso, grazie alla diffusione della televisione, si affermavano Gilberto Govi con le sue commedie in genovese e Cesco Baseggio che tutti conosciamo. Un decennio dopo era la volta dei “Legnanesi” con proposte tra il Teatro e il cabaret, filone ripreso poi da tanti artisti fino a “Carlo e Giorgio” del nostro tempo. Un arrivederci a tutti voi. Lorenzo Loris

Il Gabbiano Circolo Ricreativo Culturale Campalto - Villagio Laguna I NOSTRI SERVIZI Consulenza legale gratuita per i soci AUSER - si riceve solo su appuntamento Spesa a domicilio: il ns. Circolo ha il servizio per la consegna gratuita della spesa a domicilio per persone anziane, non autosufficenti, portatori di handicap o con problemi motori temporanei che non possono recarsi personalmnte presso i negozi. I NOSTRI CORSI Corso di nformatica Attività di lavori a maglia, uncinetto, taglio e cucito Ripetizioni scolastiche per alunni di scuola media e superiore LA BIBLIOTECA “LINO SOFFIATO” La possibilità di avere in prestito libri E inoltre: Scuola di Canto Sportello Ludopatia aperto mercoledì h. 15.00/18.00 Per informazioni e appuntamenti: dal lunedì al giovedì dalle 10,00 alle 12,30 il venerdì dalle 16,00 alle 18,00 tel. 041.903525 bibliotecalinosoffiato@gmail.com Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” Piazzale Zendrini - Villaggio Laguna Venezia - Campalto

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1 MAGGIO: UN PO’ DI STORIA “Otto ore per lavorare, otto per lo svago, otto per dormire”: questo era lo slogan che, a partire dalla metà del XIX secolo, contraddistinse la mobilitazione delle organizzazioni sindacali e sociali per la giornata lavorativa di otto ore, per potere alleggerire le condizioni di vita nei luoghi di lavoro e considerare a tutti gli effetti il lavoro come un soggetto sociale. Il 1° maggio 1886 a Chicago si tenne una grande manifestazione – cui parteciparono circa 80.000 persone - per protestare contro il mancato rispetto della legge dell’Illinois che limitava ad otto le ore lavorative giornaliere, approvata nello stesso giorno del 1867. La giornata fu purtroppo contraddistinta, prima, dagli spari contro i cortei, che provocarono due morti, poi, dall’esplosione di un ordigno, che uccise molti manifestanti. La celebrazione del primo maggio, in quegli anni di prima organizzazione del movimento operaio, conosce immediatamente una grande popolarità e diffusione, in particolare in quei paesi in cui più forte era il processo di industrializzazione. Una popolarità che, all’inizio, sorprese gli stessi sindacati. Nel 1891 la seconda internazionale, sulla scia di questo successo, decise di rendere permanente la ricorrenza del 1° maggio, costituendola come “festa dei lavoratori di tutti i paesi”, e donando 8

essa un ruolo particolare, per la sua universalità, di vera e propria memoria civile. A partire dal 1891 pertanto la festa dei lavoratori viene celebrata anche in Italia. Nel nostro paese, il primo maggio coagula lungo la storia nazionale alcune grandi mobilitazioni: lo fa nel 1898 in occasione dei “moti per il pane” che hanno il loro tragico epilogo a Milano; quindi agli inizi del ‘900 in occasione della battaglia per il suffragio universale, e successivamente per protestare contro l’impresa libica e l’entrata nel primo conflitto mondiale. Forse proprio per questa capacità di aprirsi alle grandi rivendicazioni sociali che accompagnarono il paese nei primi anni del XX secolo, il fascismo proibirà la celebrazione della festa dei lavoratori, spostandone la ricorrenza al 21 aprile, data del presunto “natale di Roma”, sminuendone pertanto l’originalità con la volontà di sussumerla all’interno del dispositivo retorico approntato dal regime. Cionondimeno il primo maggio non smise di agire, in veste sovversiva e di provocazione: dal garofano rosso all’occhiello della giacca, alle scritte sui muri, ai volantinaggi clandestini. Ripristinata nel 1945 con la Repubblica, la festa del primo maggio continua a vivere sulle grandi questioni sociali del paese: nel 1947, a Portella della Ginestra, una località

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del Comune di Piane degli Albanesi, in Sicilia, una manifestazione contro il latifondismo agrario viene interrotta dagli spari della banda di Salvatore Giuliano, che uccide 11 manifestanti: se Giuliano fu l’esecutore, è ormai provato che i mandanti della strage furono i locali potentati mafiosi. Il carattere festoso del primo maggio si traduce, dal 1991, nel grande concerto organizzato dal sindacato confederale a piazza san Giovanni a Roma, in cui una grande partecipazione giovanile incontra cantanti e gruppi musicali, spesso della scena indipendente, uniti nel segno del lavoro.

Se il primo maggio nasce sulla rivendicazione della giornata lavorativa di otto ore, oggi forse il tratto di attualità, in forza del quale continuare a rinnovarne la celebrazione, è la qualità del lavoro delle donne e dei giovani: di fronte ad una costante precarizzazione, ad una giungla che solo in Italia conosce 700 diversi contratti di lavoro, giova ricordare che il primo maggio non è la festa di un concetto astratto, il “lavoro”, ma di un soggetto concreto in carne ed ossa, la lavoratrice e il lavoratore. Gabriele Scaramuzza

CAMPALTO NO

Potrebbe sembrare una delle periferie più degradate di qualche paese del terzo mondo, invece siamo a Campalto, non molto distanti dal centro,precisamente in via Carlo Martello. Da anni i residenti segnalano una situazione ai limiti del decoro senza essere, a quanto sembra di capire dai continui post sui social corredati da immagini che non lasciano motli dubbi, minimamente ascoltati dalle istituzioni. Affrontare il degrado cittadino, presente in molti altri luoghi, sembra non essere una delle priorità di chi ci governa. LA PAGINA DI CAMPALTO

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L’ANGOLO DELLA POESIA Dedichiamo questo spazio alla creatività poetica di Cristina, da mesi diventata colonna portante della Pagina di Campalto. In poche righe ci porta nella sua Catania e prosegue con una vena di romantica passione

Catania by night

Amore svanito con un colpo di vento

Luci intermittenti sparse su un manto oscuro d’infinito silenzio.

Come polvere ti sgretoli tra le mie mani e il vento porta via ogni tuo ricordo senza lasciare traccia.

Sogni di bimbo e speranze d’adulto tra il cielo stellato e la terra tenebrosa.

Ho tentato di afferrarli e racchiuderli dentro la mia anima.

Lapilli di lava incandescente, spruzzi di rosso e arancio in un sottofondo nero pieno di sbuffi grigiastri.

La clessidra è impietosa E giù verso il nulla gli ultimi granelli di sabbia Si annientano lentamente.

Provo ad afferrarti, ma sfuggi… pulsi, riscaldi i cuori, illumini gli occhi e poi scompari all’apparire delle prime luci dell’alba.

Ho tentato di avvisarti e all’arrivo di quel vento caldo te ne sei andato. Sei scomparso al primo soffio, tu, cagione di ogni mio dolore segui il vento e il suo orientamento. Io, nel frattempo, nutro il mio fiore appassito dalla noia e dalla delusione del tuo amore. Cristina Pappalardo

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IN BICI O A PIEDI LUNGO L’OSELLINO

Percorrendo in bici l'argine dell’Osellino da Campalto fino all'idrovora di Tessera è visibile il nuovo tratto di percorso ciclopedonale che raggiunge Forte Bazzera a Tessera. Per il momento non è ancora aperto al transito, benché pedoni e ciclisti aggirino le transenne. Ma ciò che maggiormente preoccupa è il suo completamento fino al bosco di Campalto per unirsi con la parte già esistente fino al Parco di San Giuliano. Da oltre dieci anni si parla di questo percorso con il primo tratto inaugurato nel 2008 e da più di due il comune ha incamerato i contributi di SAVE per la sua realizzazione assieme agli altri interventi per il momento rimasti sulla carta. Abbiamo quindi contattato il Consorzio Acque Risorgive, responsabile dell’argine, e questo è ciò che è stato riferito: il completamento definitivo dell'opera avverrà al termine

dei lavori di scavo del canale Osellino in tempi che si presumono non brevissimi. In accordo con il Comune e per non chiudere del tutto il transito tra Campalto e Tessera, si pensa a un percorso provvisorio nella parte più bassa dell'argine, dall'idrovora alla strada che porta al cimitero. Esisterebbero comunque possibilità alternative, in parte su sedimi già esistenti, per creare un collegamento che non interessi l’area di cantiere. Assieme a un quadro completo di quelle che potrebbero essere le risorse da valorizzare nell’intero territorio tra Campalto e Tessera, (ambientali, storiche e archeologiche) abbiamo suggerito alcune soluzioni a basso impatto ed economicamente sostenibili. Staremo a vedere come evolveranno le cose nella speranza, una volta tanto, che giungano ai cittadini informazioni precise e puntuali.

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Il piacere di leggere non ha confini, non ha target specifico di lettori né particolari preferenze di genere. Invero, i lettori odierni prediligono i racconti brevi gialli, i romanzi noir, le storie intricate a sfondo intimista. È qui che si colloca uno dei romanzi più in voga del momento. S'intitola "la misura del tempo" ed è stato scritto da un autore già molto attivo socialmente e prolifico nella scrittura : Gianfranco Carofiglio. Proteiforme ingegno, lo scrittore descrive minuziosamente una sfida processuale per scagionare un giovane ribelle, Jacopo Cardace che in 12

sede d'appello continua a sostenere d'essere innocente. A difenderlo un avvocato sui generis, Guido Guerrieri. Difensore della giustizia, quella vera, senza se e senza ma, scopre di conoscere la madre dell'imputato, Lorenza, e di aver avuto una relazione con lei in gioventù. Ecco come l'inchiesta per omicidio volontario, il flashback relativo alla giovinezza di Guido e Lorenza, attraverso ricordi e sensazioni che riaffiorano alla mente, si mescolano alle considerazioni e alle ipotesi del lettore. Il processo Cardace è avvincente perché pieno di colpi di scena, battute al vetriolo tra avvocato della pubblica accusa e Guerrieri della difesa, testimonianze giudiziarie e considerazioni intime. Il vero protagonista del romanzo non è certo il giovane innocente, non è neppure la madre disgraziata o l'avvocato Guerrieri. Il vero e unico protagonista di questo meraviglioso romanzo è il tempo che passa inesorabile e non lascia traccia. Se Jacopo avesse avuto più tempo, se le coincidenze non fossero state tali, alla fine, sarebbe andata diversamente per lui. Ma com'è andata a finire poi? Vi serve un po' di tempo...si tratta di leggere 281 pagine. Ideale passe-temps durante il lockdown.

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Cristina Pappalardo


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CA-SPITERINA!

In questo momento così particolare della nostra vita abbiamo bisogno di concretezza e di semplicità nella comunicazione. Parlare con il prossimo significa esprimere il proprio punto di vista, rispettare il turno di parola, soppesare silenzio e interventi all’interno di uno scambio comunicativo. Saper dialogare con gli altri è segno di maturità e di onestà intellettuale. Ecco, purtroppo, in Italia, di onesti e di intellettuali, fatte le debite eccezioni, ne sono rimasti pochi. Personaggi famosi in TV, blogger, attori, insulsi, intemperanti, ignoranti, sconcertanti. Nel vero senso della parola, non ci sono più modelli sani da seguire. Chiunque parli oggi tende a mistificare il prossimo tentando di dominare nel discorso con una serie di sconcezze, parolacce e turpiloqui davvero irripetibili. Farebbero

arrossire anche i più trasgressivi. La pancia del paese, il popolo ormai frustrato da crisi economica e reclusione pandemica, non sa più esporre le proprie difficoltà senza urlare, sputare sentenze, riferirsi a battute a sfondo basso-anatomico fantasiose e alquanto disdicevoli. Il bello è che, a parlare così, non è solo il cosiddetto popolo, ma pure autorevoli scienziati, illustri politici, presentatori televisivi che danno di matto e che riscoprono sera dopo sera l’irresistibile fascino del turpiloquio pur di farsi seguire o mettere un like sui social media. Ma cosa siamo diventati? Noi, le nuove generazioni che tutto devono ai latini e ai greci, i nani sulle spalle dei giganti, gli uomini e le donne di cultura, i primi universitari al mondo grazie a Federico II, abbiamo scambiato gli scioperi per manifestazioni

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violente, il Parlamento per una latrina pubblica, il teleschermo per il circo massimo o il Colosseo dove si scontravano gladiatori schiavi e animali feroci. L’insulto, la parolaccia, il nudo provocatorio sono diventate le uniche argomentazioni. Il vuoto cosmico, il caos calmo delle menti, il male di vivere ho incontrato attraverso i mezzi hyper – tech che hanno invaso e conquistato noi e le nostre ormai deboli menti. La nostra è una società devastata dal virus, ma soprattutto dai silenzi, dall’ignoranza e dall’assenza di argomentazioni. Ricordo ancora quando da bambina arrossivo e ridevo a crepa pelle se qualcuno diceva “cacca-pupù”.

Quello sì che era fascino noir da bimba. Era innocente, era sinceramente divertente. Ora le parolacce non affascinano più nessuno. Non stupiscono, non hanno più presa. Ho paura che presto ciascuno di noi possa perdere la propria identità, in una società come la nostra, ove conta di più dire cazzate per apparire piuttosto che affermarsi per il cogito ergo sum. Allora non mandiamo a remengo la cultura. Saremo davvero alternativi distruggendo le barriere della creanza per i nostri punti di vista, le nostre opinioni creative, l’essere noi stessi e non semplicemente urlatori di insulti e improperi. Cristina Pappalardo

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La Pagina di Campalto è curata dal Circolo Ricreativo Culturale AUSER “Il Gabbiano” Piazzale Zendrini 22 Campalto (VE) Tel/fax : 041.903525 - bibliotecalinosoffiato@gmail.com Editore: Circolo Auser “Il Gabbiano” - Direttore responsabile: Giorgio Marcoleoni. Redazione a cura di: Blog Territori e Paradossi - Associazione Culturale. E-mail: info.blogterritorieparadossi@gmail.com Stampato in proprio - Registrazione presso il Tribunale di Venezia n° 1461 del 24 settembre 2003 “La pagina di Campalto” è consultabile online all’indirizzo: http://issuu.com/lapaginadicampalto È possibile rilasciare commenti e domande, segnalare iniziative, suggerire approfondimenti a questo indirizzo e-mail: lapaginadicampalto@gmail.com o visitando la nostra pagina facebook.


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