Traguardo solare

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primopiano

traguardo solare Il 2013 decreterà il tramonto degli incentivi per il fotovoltaico. Ma la grid parity per le fonti rinnovabili è ormai alla portata. Se solo il governo ci credesse di Sergio Ferraris

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l prezzo dell’elettricità nel 2013 aumenterà del 15%». Il verdetto arriva dall’ultimo World energy outlook: il rapporto annuale dell’Iea (International energy agency) che individua le tendenze globali in campo energetico e contiene diverse informazioni utili a disegnare un futuro assai interessante per le rinnovabili. Persino in Italia se non avessimo, nel governo Monti così come in larga parte dell’arco politico nazionale, forti resistenze a imboccare la via dell’efficienza. L’Iea, infatti, decreta il declino del nucleare, la crescita delle rinnovabili e la tenuta delle fonti fossili soprattutto

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grazie ai ricchi incentivi che ricevono (come spiegava La Nuova Ecologia di novembre) a livello mondiale: la bellezza di 523 miliardi di dollari nel 2011, il 30% in più rispetto al 2010, contro gli 88 delle rinnovabili. Eppure nel nostro paese, nonostante ci si avvicini al tramonto degli incentivi con l’esaurimento del quinto Conto Energia nei primi mesi del 2013 e si sia assistito a un netto -16,2% del prezzo medio d’acquisto, continua a tenere banco la polemica sui costi dell’elettricità che sarebbero imputabili alle fonti pulite. Tacendo invece su ciò che ci attende nel 2013, vale a dire l’arrivo della grid parity.


Vicini alla svolta FOTO: © STEFANINI /Imagoeconomica

Intervista a Gianni Silvestrini, direttore del Kyoto Club e di “Qualenergia”

Conto in calore

La notizia è arrivata durante gli Stati generali della green economy che si sono celebrati il mese scorso a Rimini nell’ambito della fiera Ecomondo: anche le rinnovabili termiche hanno il loro sistema d’incentivazione. L’annuncio è stato dato dal ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera (nella foto) che ha presentato di concerto con i colleghi dell’Ambiente e delle Politiche agricole, Clini e Catania, lo schema di decreto che punta a sostenere la produzione di calore da biomassa, pompe di calore, solare termico e solar cooling. Il “Conto termico” riguarderà tecnologie con una potenza massima di 500 kW e una superficie massima di 700 metri quadrati, impianti di piccola dimensione dunque, con un investimento complessivo di 900 milioni di euro l’anno (di cui 200 rivolti alla Pubblica amministrazione). L’incentivo coprirà circa il 40% del costo di acquisto e sarà erogato in due anni (cinque per gli interventi più onerosi).

FOTO: © Pannell/corbis

i www.sviluppoeconomico.gov.it

Concetto scomodo

È questo l’inquilino scomodo, noto soltanto agli operatori del sottore al quale i grandi player dell’energia (e lo stesso esecutivo) guardano con preoccupazione lanciando segnali “trasversali” circa l’inaffidabilità delle fonti rinnovabili in quanto “intermittenti” per minarne la crescita sul mercato. Per comprendere che cosa accadrà dal prossimo anno e come si stanno preparando gli operatori occorre però innanzitutto spiegare in che cosa consiste la grid parity, ossia la “parità di griglia” fra il prezzo di vendita dell’energia da rinnovabili e quello della rete attuale. Prima di tutto bisogna specificare che esistono due grid parity. La prima si riferisce alla parità rispetto al prezzo complessivo di vendita (comprensivo dei cosiddet-

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a fine del quinto Conto energia, che sarà anche l’ultimo, è vicina. Che cosa accadrà dopo? Molti operatori si stanno già preparando ad agire sul mercato libero in vista della fine degli incentivi e della grid parity. Però affinché questi soggetti possano operare con efficacia nel nuovo regime occorrono interventi governativi che liberalizzino effettivamente il mercato. Tanto per cominciare deve diventare possibile installare un impianto da 500 kWp sul tetto di una realtà produttiva utilizzando lo scambio sul posto. Sembra che i ministeri competenti, da quanto ci è dato di sapere, stiano lavorando in questo senso con provvedimenti per rendere più flessibile il mercato. Inoltre il nuovo governo dovrà fare i conti con il calo dell’occupazione nel settore delle rinnovabili che sarà difficile evitare vista la fase di crisi che stiamo attraversando. Quali sono i possibili modelli di business senza incentivi? Ce ne sono diversi. Il primo è quello seguito da chi installa un impianto per le proprie esigenze, le formula più semplice e più conveniente in particolare nel Sud Italia, dove c’è un alto tasso d’insolazione e il costo dell’elettricità è più alto. A questo scopo occorre un alto livello di autoconsumo, dimensionando l’impianto di conseguenza. La seconda è quella che prevede la vendita d’energia tra due soggetti diversi, uno che installa e gestisce l’impianto e un altro che acquista l’elettricità. Si tratta dei Servizi efficienti d’utenza e perché questo sistema sia conveniente bisogna fare in modo che non si carichino su questa modalità gli oneri di dispacciamento, altrimenti il

settore non parte. Infine il terzo modello, che a mio avviso è il più problematico, riguarda i grandi campi fotovoltaici a terra che vendono direttamente alla rete a 9-10 centesimi di euro a kWh. Ma qual è la prospettiva di mercato nella produzione elettrica da fotovoltaico? Sul medio periodo, diciamo durante i prossimi due o tre anni, assisteremo a una diminuzione della richiesta anche se rimarrà uno zoccolo duro dovuto anche alla quota obbligatoria del fotovoltaico nell’edilizia. Nella seconda metà del decennio avremo una crescita dovuta alla piena maturità di tutta la filiera.

Gli operatori sono pronti. Ma occorrono interventi governativi che liberalizzino effettivamente il mercato Quale sarà la dinamica dei prezzi del fotovoltaico? Continueranno a ridursi, anche se non di molto, durante il prossimo biennio, visto che saremo comunque in over supply. Nello specifico diminuirà ancora un po’ il costo dei pannelli ma le riduzioni maggiori riguarderanno il resto della componentistica e la manutenzione, grazie alla progressiva standardizzazione degli impianti. Le aziende italiane della componentistica sono pronte? Per quanto riguarda gli inverter, settore nel quale siamo leader, sicuramente sì. Mentre per quanto riguarda i pannelli sarà più dura perché i prezzi della produzione asiatica sui moduli tradizionali sono molto bassi. La competizione possiamo sostenerla solo su prodotti molto innovativi, come le piastrelle fotovoltaiche. (S. Ferr.)

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ti oneri di sistema che pesano per circa il 50%) fra i 18 e i 20 centesimi di euro per kWh. La seconda attiene invece alla “componente energia”, che si aggira, a seconda della fonte, fra i 7 e i 9 centesimi. «Non siamo per niente lontani dalla grid parity relativa al prezzo complessivo dell’elettricità, specialmente per quanto riguarda le zone d’Italia con maggiore insolazione (che determina la maggiore produttività dei pannelli, ndr) – spiega Valerio Natalizia, amministratore delegato di Sma solar technology Italia e presidente del Gifi (Gruppo imprese fotovoltaiche italiane) – Ciò che è necessario abbattere sono i costi burocratici e amministrativi che arrivano a pesare per un 20% sul costo finale degli impianti, con tempi d’attesa che per quelli di grande dimensione possono arrivare ad oltre un anno». Già, perché la prima grid parity è davvero a portata di mano, visto il calo dei costi del fotovoltaico: per dare un’idea un impianto domestico da 3 kWp è calato dai 24.000 euro del 2006 ai 7.000 del 2012, mentre l’Epia (European photovoltaic industry association) prevede ulteriori cali di prezzo nei prossimi anni. Se non fosse che i costi della burocrazia sono sempre gli stessi, anzi aumentano attraverso l’imposizione repentina di nuovi obblighi. « È il caso dell’introduzione della norma tecnica Cei 0-21, che prescrive di adottare dispositivi d’interruzione che sono risultati introvabili sul mercato per mesi, creando non pochi problemi alle imprese e fermando molti impianti – prosegue Natalizia – Non che la norma non sia giusta, ma questo stop poteva essere evitato introducendola con maggiore gradualità e attraverso dispositivi certificati».

Imprese in fuga

Incertezza nelle regole e burocrazia. Così le industrie italiane guardano all’estero

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normale che gli incentivi del governo dovessero finire, nessun’azienda può pretendere di essere assistita in eterno. Ciò che non è normale sono gli ostacoli di ogni natura che il settore delle rinnovabili deve affrontare in Italia». La pensa così Averaldo Farri, consigliere della Power-one di Terranova Bracciolini (Ar), azienda italiana leader al mondo nel settore degli inverter fotovoltaici. «In Italia è complicatissimo costruire qualsiasi tipo d’impianto fotovoltaico – aggiunge Farri – Per un tetto residenziale da 3 Kw

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Il problema sono i troppi cambi di normativa in poco tempo che hanno frenato un mercato in pieno boom occorrono decine di adempimenti fra moduli e certificati. Nel precedente governo c’era un ministro dedicato alla Semplificazione burocratica, ma non ci sembra che si sia impegnato molto: non esiste paese al mondo in cui sia così difficile per una famiglia investire sul fotovoltaico». Anche per chi produce, fra accesso al credito, costi indiretti e infrastrutture per la distribuzione obsolete, resistere in Italia è difficile. «Noi imprenditori – promette Farri – continueremo a investire in innovazione, ricerca, prodotti e servizi che porteremo sul mercato per creare lavoro e benessere. Ma il governo, e in particolare il ministro Passera, dovrebbe creare un quadro di certezza per questo

Parità sul tetto

Ma come essere certi che la grid parity non sia solo un wishful thinking, un pio desiderio? Per verificarlo siamo andati alla nuova Fiera di Rimini dove si sta rea16

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Pietro Pacchione, direttore operativo di Green Utlity

settore. Altrimenti non solo gli investitori stranieri si terranno alla larga dall’Italia, ma anche molte aziende del nostro paese penseranno di andarsene». È il caso di Moncada energy group, che possiede sette impianti eolici nell’agrigentino con progetti anche nel fotovoltaico e nelle biomasse: «Le più recenti decisioni del governo in materia energetica hanno chiuso le residue possibilità di crescita del comparto delle rinnovabili – spiega l’amministratore delegato, Sergio Moncada (nella foto) – La politica del nostro gruppo era già cambiata durante gli ultimi anni aprendoci all’estero. Oggi più che mai sono convinto che occorra internazionalizzare le nostre attività per mantenere posti di lavoro sempre più compromessi dalla politica energetica nazionale». L’incertezza nelle regole, insomma, pesa non meno di quella economica. E Moncada non ha dubbi sullo scenario che si prospetta per il nuovo anno: «Solo estero – afferma deciso – grazie all’apertura presso i nuovi mercati emergenti. Siamo presenti in Sud Africa, in Bulgaria e stiamo avanzando in Brasile, Cile e Messico. Nel 2013 le prospettive d’installazione in Sud Africa sono di 94,5 MW, in confronto con i dati italiani che sono di 2 MW». Gli fa eco Stefano Neri, presidente di Ternienergia, con sede a Nera Montoro (Tr): «Il problema non è la fine degli incentivi o il raggiungimento della grid parity, quanto i troppi cambi di normativa in poco tempo che hanno frenato il mercato nel momento della massima espansione, inserendo grandi difficoltà nel finanziamento dei progetti e condizionando la redditività sui grandi impianti soprattutto nel lungo periodo. Per questo abbiamo fatto la scelta di puntare sull’estero. Stiamo investendo in Grecia con un’importante utility europea che lavora nel fotovoltaico. Nel nostro piano industriale 2013-2015 ci sono investimenti in Sud Africa e stiamo valutando anche l’India». (Pasquale Quaranta)

lizzando uno dei primi impianti fotovoltaici in grid parity d’Italia. «Si tratta di un impianto su copertura da 140 kWp che servirà ad alimentare i consumi di base del quartiere fieristico e che fornirà elettricità a un prezzo di circa 14 centesimi di euro a kWh – racconta Pietro Pacchione, chief ope-

rational officer di Green Utility Anche se si arriva alla grid parity, rinunciando cioè agli incentivi, gli impianti fotovoltaici rimangono competitivi perché consentono di mantenere stabili i prezzi per tutta la durata dell’impianto, che può rimanere in funzione per trent’anni. In uno scenario nel quale il


costo dell’energia arriva a pesare per il 20% dei costi industriali, la stabilità dei prezzi è un’importante chiave di competitività». D’altro canto le rinnovabili hanno anche la caratteristica, troppo spesso sottovalutata, di essere svincolati dal prezzo di petrolio, gas e carbone: fonti soggette a volatilità, condizionate dalla disponibilità delle risorse, delle speculazioni finanziarie e dal contesto sociale dei luoghi in cui si producono. L’input energetico delle rinnovabili invece (vale a dire i fotoni e il vento, per rimanere alle due tecnologie principali) è a costo zero. «Impianti come il nostro, nel quale due soggetti diversi, il produttore e l’utente finale, siglano un accordo commerciale fra loro senza passare attraverso la rete elettrica, hanno un rendimento del 7-8% più che conveniente dal punto di vista industriale» prose-

gue Pacchione. Il vero problema su questo fronte sta nella mancanza del credito finanziario e buona parte della responsabilità, ancora una volta, ricade sullo Stato. Il modello della Fiera di Rimini, infatti, si chiama Seu (Sistemi efficienti d’utenza) ed è normato da una legge alla quale, perché si possa attuare, manca una delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas che permetta, in caso di fallimento dell’utente finale, di vendere l’elettricità alla rete a prezzi di mercato. Si tratterebbe di un provvedimento a costo zero per lo Stato senza il quale, però, il rubinetto delle banche rimane chiuso. E sembra l’ennesimo baluardo contro l’innovazione l’argomento dell’Autorità secondo cui se tutte le piccole e medie imprese e l’intera Pubblica amministrazione adottassero i Seu “l’erosione” degli oneri di sistema sarebbe accollata agli utenti rimasti allacciati alla rete pubblica, provocando un aumento per questi ultimi sulla bolletta di circa il 5%.

Resistenza fossile

«Le rinnovabili cambiano paradigma e bisogna prenderne atto – afferma Giovanni Battista Zorzoli, presidente della sezione italiana dell’International solar energy society – Il governo dovrebbe facilitare questi sistemi invece di mettere i bastoni fra le ruote per proteggere il ciclo combinato (le centrali a gas metano, ndr) che stanno andando fuori mercato visto che sono state tarate per 5.000 ore di funzionamento l’anno ma arrivano a 3.000, se va bene, proprio a causa del fotovoltaico». Il sogno di Hermann Scherr, il deputato tedesco scomparso due anni fa, che aveva inventato il Conto energia e ispirato l’Irena (International agency for renewable energies), nel 2013 potrebbe insomma avvicinarsi parecchio alla sua realizzazione. Ma è evidente come in Italia, e non solo, l’economia fossile farà di tutto per frenare il cambiamento. n

Metamorfosi equa Le fasce deboli investono a fatica sull’efficienza. Serve un’economia low carbon senza sperequazioni di Karl-Ludwig Schibel*

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l lato debole della green economy, sia nella teoria che nella prassi, è l’inclusione sociale. Le Nazioni Unite nel loro Green economy report del 2010 attribuiscono alla grande trasformazione verso un sistema economico capace di futuro tre dinamiche centrali: uscire dal fossile a favore delle energie rinnovabili, un uso efficiente dell’energia e delle risorse e l’inclusione sociale. Delle prime due si parla molto, della terza poco. Anche per gli Stati generali della green economy appena promossi dal ministero dell’Ambiente non era un tema. I gruppi di lavoro hanno lavorato e presentato a inizio novembre durante la fiera Ecomondo di Rimini proposte sull’innovazione e

In Germania due terzi dell’opinione pubblica è contro il nucleare e le fonti fossili. Nella foto, manifestazione “no nuke” a Berlino nel 2010

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sull’efficienza, sul risparmio energetico, sulle energie rinnovabili e sulla mobilità sostenibile, sulle filiere agricole di qualità e sul credito sostenibile. Un’economia più equa che risponda anche alle crescenti disuguaglianze nella società italiana non ha fatto parte del discorso e più in generale non sembra far parte dell’orizzonte mentale di chi s’impegna per l’economia verde, non solo in Italia. Anzi, guardando le dinamiche della svolta energetica nei paesi più avanzati come la Germania, non sembra infondata la paura che a pagare il prezzo di questa trasformazione siano a dismisura un’altra volta le fasce deboli della popolazione. La svolta energetica in Germania può contare su un grande consenso. Più di due terzi favoriscono l’uscita dal nucleare e la sostituzione del fossile con le rinnovabili entro il 2050 mentre meno della metà considera l’aumento dei prezzi per l’energia un problema. Questo riflette più che

Il paese del sole

Incentivi a confronto

Revisione delle tariffe e nuovi mercati. Come cambia la normativa sulle rinnovabili nel Vecchio continente (valori in euro/MWh) di Chiara Agresta Fotovoltaico 1

Eolico 2

Biomassa 1

Biogas 1

ITALIA. Il meccanismo dei Certificati Verdi non è più accessibile mentre dal 2013 le tariffe omnicompresive sostituiranno il Conto energia

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INGHILTERRA. Le tariffe hanno subito tagli rispetto al 2011, i dati sono in corso di revisione

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75-160

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GERMANIA. Il governo ha sospeso gli incentivi per gli impianti fotovoltaici sopra i 10 MW

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65-109

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FRANCIA. Sono in discussione ulteriori abbattimenti, previsti bandi di gara per impianti oltre i 250 kW

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ROMANIA. Il recente mercato delle rinnovabili prevede incentivi generosi con riduzione prevista a partire dal 2014 GRECIA. Le riduzioni sono iniziate nel 2010 con tagli semestrali fino ad agosto 2014 SPAGNA. Dal gennaio scorso il governo ha sospeso gli incentivi PORTOGALLO. Ad oggi tutti gli incentivi sono sospesi

Su un impianto da 200 kW di potenza installata, 2 Su 10 MW di potenza installata, 3 Su 1 MW di potenza installata, 4 Su impianti fino a 100 kW di potenza installata, 5 Su impianti fino a 10 kW di potenza installata FONTI: Gse, Ministero sviluppo economico, Studio legale Sinatra, Specialstaenergiaverde, Energystreet 1

Il 90% degli italiani ritiene che l’Italia debba puntare di più sul solare, una fonte più sicura e compatibile con l’ambiente. Nove su dieci, inoltre, voterebbero a favore dell’installazione di un impianto fotovoltaico sul proprio condominio utilizzando un incentivo pubblico che, secondo l’84%, dovrebbe essere confermato dal governo. Sono alcuni dei risultati dell’ottavo rapporto Gli italiani e il solare presentato dalla fondazione Univerde a ottobre durante il Sustainability international forum di Roma. «Il 47% degli intervistati – ha confermato Giuseppe Di Duca, il curatore della ricerca – installerebbe comunque pannelli fotovoltaici laddove si sostituissero gli incentivi con semplificazioni burocratiche e libertà di auto-produrre e vendere energia in rete».

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altro una situazione economica caratterizzata (ancora?) da una bassa quota di disoccupazione e con gli stipendi in aumento. Ma già oggi i pesi sono distribuiti in modo inuguale, qualcuno paga di più, qualcuno di meno e altri quasi niente. Che c’è da pagare? Nella bolletta per l’energia elettrica la quota per il conto energia. L’incentivazione che ricevono i proprietari degli impianti eolici, fotovoltaici e a biomassa viene ridistribuita sugli utenti che attualmente in Germania pagano 3,6 centesimi per kWh, nel 2013 saranno 5,3 per kWh. Però non tutti pagano, le grandi industrie energivore sono esentate per garantire la loro competitività internazionale. Consumano il 18% dell’energia elettrica ma pagano solo lo 0,3% delle imposte e il gruppo in questione si sta allargando, da 400 imprese nel 2006 a più di 2.000 nel 2011. Visto che per gli altri che devono

pagare si tratta di un costo lineare, questa quota colpisce di più in termini relativi i redditi bassi che non quelli medi o alti, fino a dieci volte di più come risulta da una recente ricerca dell’Istituto dell’economia tedesca di Colonia, che arriva alla conclusione: “L’attuale finanziamento della svolta energetica è asociale”. Le soluzioni ci sono e non richiedono grandi sforzi né intellettuali né attuativi. Infatti si sta discutendo d’introdurre nella bolletta per l’energia elettrica facilitazioni per il 20% delle famiglie con basso reddito. Il che però affronta solo una parte del problema. Il corto fiato economico di queste famiglie deve anche essere preso in considerazione nell’altro importante campo, vale a dire l’efficienza energetica. Sono sostanziosi gli investimenti necessari sia per quanto riguarda l’efficientamento delle attrezzature in casa (illumi-


Passaggio cruciale di Edoardo Zanchini *

‘I comuni tedeschi trasformano i disoccupati in consulenti energetici. A vantaggio delle famiglie a basso reddito che non avvertono l’uso razionale delle risorse come una priorità’ nazione, lavatrici, frigoriferi), sia la performance energetica dell’abitazione attraverso il retrofitting. È reale il pericolo che si allarghi la spaccatura sociale fra coloro che si possono permettere di essere smart e quelli ai quali mancano le conoscenze e i mezzi. Le soluzioni non sono facili. Hanno avviato delle azioni esemplari alcuni Comuni come Francoforte sul Meno e Friburgo in collaborazione con la Caritas e le agenzie energetiche locali con corsi di formazione professionale rivolti a disoccupati di lungo termine per diventare consulenti energetici, mentre alle famiglie di basso reddito vengono offerti degli energy check gratis da parte di questi nuovi esperti. Il risultato è duplice poiché i disoccupati a lungo termine rientrano nel mercato del

lavoro. Proprio loro che sanno parlare meglio di molti tecnici calati dall’alto con la propria clientela: le famiglie con redditi bassi, per i quali un uso razionale dell’energia e dell’acqua non è tra le preoccupazioni principali, pagano in questa maniera un prezzo sproporzionato in bolletta a causa del basso standard dell’abitazione e degli elettrodomestici obsoleti e inefficienti. La svolta energetica avrà successo – in Italia come in Germania – soltanto se sarà socialmente accettata, il che a sua volta presuppone che in un periodo di abbassamento del tenore di vita delle fasce deboli sia equa la distribuzione dei costi della trasformazione verso un’economia e una società a basso contenuto di carbonio. n

Un bilancio di fine anno non è semplice per le rinnovabili. Sono tante le imprese che da luglio hanno chiuso e si contano a migliaia i licenziamenti dopo lo stop agli incentivi voluto dal governo Monti. Eppure da gennaio il contributo di eolico e solare ha continuato la sua crescita e garantito da solo, secondo Terna, oltre l’11% dei fabbisogni nazionali. Siamo a un passaggio cruciale della trasformazione del nostro sistema energetico, su cui Legambiente è impegnata. È questo che agita i grandi gruppi energetici, che vedono ridursi lo spazio per la crescita delle rinnovabili e per via di consumi scesi ben oltre quelli dell’economia reale. Purtroppo questi cambiamenti sono trattati vagamente nella Strategia energetica nazionale (Sen) presentata a ottobre dal Vogliamo ridurre ministro dello Sviluppo gli incentivi? economico Passera. Il Apriamo però documento, pur citando gli alla vendita diretta obiettivi Ue al 2020 per dell’energia prodotta energia e clima, non spiega da rinnovabili come si pensa di perseguire scelte capaci di far crescere l’efficienza e il contributo delle rinnovabili. Del resto, basta leggere poche pagine della Sen per capire che la proposta guarda innanzitutto a come salvare i grandi gruppi che hanno investito nelle centrali a gas, che oggi funzionano a mezzo regime, nel costruire nuove centrali a carbone e in un rilancio delle trivellazioni per ridurre l’importazione di petrolio e gas. Legambiente nelle osservazioni presentate

al ministro sottolinea le contraddizioni di queste proposte, che portaremo come tema nella prossima campagna elettorale. Vogliamo fare gli interessi dei cittadini? Allora si abbia il coraggio di proporre una transizione vera per l’edilizia, con l’azzeramento dei consumi dei nuovi edifici e il dimezzamento in quella esistente come previsto da Bruxelles. Oppure qualche impresa pensa di veder ridurre le proprie bollette dal petrolio estratto alle Tremiti o dal gas nell’Adriatico? Se vogliamo cambiare servono strumenti nuovi per promuovere interventi di efficienza e premiare l’autoproduzione da rinnovabili e cogenerazione ad alto rendimento. Si vogliono ridurre gli incentivi a eolico, solare, biomasse e biogas? Allora si smontino le rendite sulla rete, aprendo le porte alla vendita diretta dell’energia prodotta da rinnovabili e consentendo la costruzione e gestione di reti private gestite da Esco e cooperative. Una prospettiva che avrebbe contro nemici potenti ma per la quale vale la pena battersi. Da questa crisi si uscirà con ricette nuove, e la prospettiva più lungimirante per l’Italia è in un modello energetico pulito, distribuito e democratico. * Vicepresidente di Legambiente

* coordinatore Alleanza per il clima Italia dicembre 2012 / La nuova ecologia

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