Giuseppe Zanardini, Dio parla nella selva

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NARRAZIONI



Giuseppe Zanardini

DIO PARLA NELLA SELVA Gli indios, la teologia e il Vaticano


Per la traduzione dallo spagnolo all’italiano il lavoro è stato realizzato da Mantserrat Galeano Chavez, mentre per la correzione dell’italiano da Virginia Guarneri. © Il Segno dei Gabrielli editori 2022 Via Cengia, 67 – 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 info@gabriellieditori. it www.gabriellieditori. it Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-6099-489-9 Stampa Mediagraf (Padova), Aprile 2022


Indice Glossario

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Prefazione di Giuseppe Antonio Rubio

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1. nella collina degli indigeni

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2. crisi

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3. verso la capanna di padre raul

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4. san antonio el milagroso

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5. danza dell’acqua

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6. il diario personale

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7. la cascata di panambi vera

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8. il sacrificio dei cervi

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9. tra i paraguaiani

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10. aneddoti

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11. maria antonia

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12. nella capanna

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13. nella grotta dei serpenti

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14. festa patronale

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15. conversando con una nonna

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16. luci nella notte

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17. conversazioni

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18. in san antonio el milagroso

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19. leggendo libri

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20. passeggiata in collina

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21. con il grande sciamano

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22. visita di maria antonia

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23. tragedia nella notte

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24. tortura

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25. i guerriglieri

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26. gruppo armato popolare

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27. all’ambasciata canadese

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28. il tempo passò

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29. notizie

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30. antropologi

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31. la libertà

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32. ritorno in città

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33. verso la collina

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34. la notte trascorsa

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35. ritorno in canada

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36. conversazione con il vescovo

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37. nel silenzio del monastero

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38. nuove intuizioni

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39. a roma

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40. al lavoro

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41. in amazzonia

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42. perso nella foresta amazzonica

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43. un sopravvissuto

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44. rituale funebre

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45. esplosione in vaticano

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46. il nuovo papa

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Postfazione di Arnaldo Nesti

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Biografia dell’autore

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Glossario amancebados con accezione negativa, designa una coppia che convive senza essere sposata Aña lo spirito del male, i diavoli ao poi tessuto di cotone molto sottile apyka sgabello in legno, riservato agli sciamani, ai cacichi e alle persone importanti aty guasu assemblea generale cacico/cacichi titolo dato ai capi tribù campanas specie di uccelli della selva canindeyu specie di uccelli della selva canioja piccola pianta allucinogena cascabel serpente a sonagli cedron erba medicinale con poteri rilassanti e digestivi chicha bibita leggermente alcolica ottenuta dalla fermentazione del mais chipa guazú torta salata a base di mais tenero, uova, latte, cipolla e formaggio chipa pane a base di farina di manioca o di mais, a cui possono essere aggiunti latte, formaggio, uova e granelli di anice chyryry piatto tipico a base di manioca fritta cocido bevanda calda ottenuta dall’infusione di yerba mate e zucchero cree popolo indigeno nativo del Canada curiyú serpente boa curupay albero della foresta simile alla quercia guampa contenitore in legno o in corno di bovino utilizzato per bere l’yerba mate guarania musica tipica del Paraguay jaguareté ka’a pianta medicinale con benefiche proprietà digestive jarará, lampalagua serpenti della selva

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ka’a he’ê erba dolce utilizzata come dolcificante karaí signor kiveve dolce a base di zucca koku foglie di una pianta medicinale lapacho grande albero nazionale del Paraguay dalla splendida fioritura di cui si utilizza la corteccia per preparare tisane curative malocas grandi case con il tetto di paglia, suddivise in più settori nei quali vivono diversi nuclei familiari mbói chini serpente a sonagli mburucuja frutto della passione mitã’i ragazzi indigeni moringa erba medicinale ricca di vitamine ña signora ñacanina, mbói hovy differenti tipi di serpenti della selva pakuri frutto della selva simile al fico porongo zucca svuotata ed essiccata riempita di semi e sassolini, utilizzata come strumento musicale tajy lapacho in guaraní teko concetto di vita in senso ampio teko porã vita buona vissuta in armonia, con altruismo teko vai in antitesi di teko porã, vita vissuta con egoismo terere infuso di yerba mate bevuto freddo torin torello vorí vorí zuppa densa e gialla con palline di farina di mais e formaggio yerba mate foglie dell’albero sempreverde, seccate e triturate, dalle quali si ottiene una bevanda con proprietà benefiche Yvy Marane’y significa “Terra senza il Male”

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P refazione di Giuseppe Antonio Rubio

Giuseppe Zanardini, come antropologo, si interessa della cultura e di tutto ciò che riguarda la convivenza e la struttura della società; ma il suo interesse non è tanto per la cultura delle élite o dei media, quanto per la cultura che nasce dall’osservazione della vita e degli avvenimenti. La vita gli ha insegnato che l’indigeno “arandú” (saggio), personificato nello sciamano Nyben, è un essere reale che sa scoprire, “nel sussurro delle foglie della foresta, nel volo e nel canto degli uccelli”, il senso della vita e la ragione della propria esistenza. Questa concezione dell’antropologia, come osservazione permanente della natura al servizio degli interessi e dell’organizzazione di una comunità, è fondamentale per la comprensione del romanzo. Raul, con il passare del tempo, si è così immerso nell’ambiente ecologico e sociologico che lo circonda, che vede la necessità intellettuale e religiosa di ripensare le sue convinzioni e i suoi modi di intendere la propria identità. Raul è un esempio di onestà intellettuale che contrasta con tutto ciò che siamo spesso abituati a vedere e sperimentare. Questo libro va letto prendendo come riferimento tutti gli scritti precedenti di Giuseppe Zanardini. È ciò che, nella linguistica moderna, è noto come “intertestualità” e che Julia Kristeva1 così descrive brevemente: “Tutto il testo è l’assorbimento o la trasformazione di altri testi”. Non possiamo dimenticare che, quando parliamo o scriviamo, ci riferiamo ad altri testi. Penso che questo romanzo sia un riassunto di 1

Kristeva J. (1969), Semeiotiké. Ricerche per una semanalisi, Feltrinelli, Milano 1978, p. 109.

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tutto ciò che ha scritto e detto nei suoi libri, negli articoli e nelle conferenze tenute sia a livello nazionale che internazionale. La lunga e ampia bibliografia degli scritti di Zanardini è il miglior commento a questo romanzo. Oserei anche dire che questo libro rappresenta, in un certo senso, la maturità del pensiero dell’autore. Certamente il romanzo è l’espressione ricca e poliedrica del pensiero zanardiniano, ma mi sembra importante evidenziarne alcuni degli aspetti che la attraversano. 1. Dimensione ecologica L’intero romanzo è ricco di dettagli che denotano la particolare sensibilità del protagonista alla conservazione della natura come dispensatrice di vita. Ma c’è un’osservazione da tenere presente per comprendere l’evoluzione del pensiero di Raul: la crisi sociale che sta attraversando il Paraguay e la crisi ambientale si alimentano a vicenda, ed entrambe incidono sulla qualità della vita dell’uomo e dell’ambiente. Combattere la povertà è il miglior antidoto al degrado della natura. Ecco perché Dio parla nella selva è un appello contro la disuguaglianza che produce povertà, ed è anche contro il depredamento della flora e della fauna del Paraguay. Raul sembra ossessionato, durante tutta la sua esperienza tra le popolazioni indigene, dalla necessità di ricostruire un’etica ecologica che non solo denunci enormi disuguaglianze e consumismo irrazionale, ma proponga anche un nuovo approccio assiologico. Nel romanzo c’è un impegno totale e assoluto a prendersi cura dei popoli indigeni, poiché sono la migliore garanzia della cura della natura. Allo stesso modo, il romanzo diventa un chiaro e forte appello contro la deforestazione subita dalle foreste amazzoniche. La devastazione delle foreste è inevitabilmente collegata al genocidio delle popolazioni indigene. Infine, sia nel suo diario, come nelle sue 10


osservazioni e nelle conversazioni tra Raul e lo sciamano, è molto presente il pensiero di papa Francesco dell’enciclica “Laudato si’”. 2. Dimensione teologica La comprensione e il rispetto per il pensiero genuinamente evangelico e religioso che Raul non ha trovato nella sua comunità cattolica o nei coetanei ecclesiastici, si troverà nello sciamano Nyben e nella gente semplice della giungla. A poco a poco sentirà e percepirà la teologia non come una scienza, ma come un percorso pastorale dinamico e fedele al Vangelo, di fronte a una concezione statica e obsoleta, espressa in formule dogmatiche che nessuno del popolo comprende e che, a volte, nulla o poco hanno a che fare con il messaggio evangelico originario. Padre Raul, nella giungla, lontano dall’istituzione, ancor di più, fuori di essa, si è accorto che l’incontro con la gente, sull’esempio di Gesù, è alla base del cambiamento e delle riforme nella Chiesa. 3. Dimensione politico-sociale Raul viene dal Canada con una lunga tradizione di convivenza democratica e da un ambiente culturale in cui le istituzioni statali funzionano normalmente e indipendentemente e, cosa più importante, sono al servizio del popolo e non degli interessi dei partiti. Mentre il Paraguay è uscito relativamente di recente da una lunga dittatura in cui c’era una reale identificazione tra un partito politico e lo Stato. Lo stesso padre Raul subirà le conseguenze di questa confusione, che, senza essere l’unica causa, è tuttavia terreno fertile per l’emergere di gruppi che, sostenuti da interessi ideologici rivoluzionari, creano instabilità politica permanente e una paura contenuta nella popolazione. Ciò che è 11


evidente è che non è facile porre fine a questi gruppi, perché “ci sono molti lati oscuri in questa situazione. La cosa certa è che girano tanti soldi e non si sa chi ne beneficia”. A un certo punto, una delle persone che intendono entrare nel mondo politico afferma che questi gruppi “siano protetti da certi politici che concedono loro la libertà di commettere i crimini più orribili”. Si insinua anche che i gruppi, che effettuano rapimenti e morti, siano il prodotto delle disuguaglianze che la povertà genera e che vengano supportati dai settori economicamente più deboli perché, come dice Maria Antonia “si aspettano sempre un cambiamento nella situazione sociale ed economica che affligge il Paese”. Una lettura attenta del romanzo rivelerà dati molto interessanti per poter comprendere l’intero tessuto politico, sociale e religioso del Paraguay. Un bel compito! 4. Dimensione femminile Il mondo sta cambiando, tra le altre cose, perché è entrata in vigore l’uguaglianza delle donne. E questo aspetto non poteva mancare nella ricca esperienza di Raul. Compaiono diverse donne e tutte sono trattate con grande delicatezza dal protagonista. Diverse sono le pennellate, soprattutto sui giornali, sul ruolo della donna anche nella Chiesa. Il romanzo evidentemente favorisce questa nuova tendenza di uguaglianza per le donne e la delinea nella capacità di leadership che l’autore attribuisce a Maria Antonia. In un ambiente ostile per le donne, egli vede con favore la candidatura di Maria Antonia come sindaco di San Antonio el Milagroso. Tra Raul e Maria Antonia si crea una corrente di simpatia e condividono ideali, tempo e affetti. Tanto che sono uniti dal destino crudele della tortura e del dolore: lei per mano dei guerriglieri, lui per mano delle autorità. Il brutale trattamento subito da entrambi diventa un appello contro la disu12


guaglianza e la violenza e una richiesta radicale di giustizia e del diritto di tutti a una vita dignitosa. Il comportamento di Raul nei confronti delle donne di San Antonio è sempre rispettoso e delicato. E sono loro che, consapevoli delle differenze tra Raul e gli uomini del paese, lo consigliano su come comportarsi con le persone, e lo tengono aggiornato su ciò che si dice e si pensa di lui. E saranno le conversazioni con Maria Antonia che gli apriranno nuovi orizzonti per capire il Paraguay e finiranno per ricordargli le donne che hanno segnato la sua vita e che non l’hanno mai abbandonato. 5. Per finire Oltre a quanto detto sopra, va chiarito che, per andare a fondo del romanzo, la guida migliore è il diario di padre Raul sul quale, ogni giorno, egli lascia le tracce della sua trasformazione personale. È la migliore testimonianza della sua onestà intellettuale e della passione che è in lui e che lo porta a identificarsi con i valori profondamente umani e religiosi che scopre nelle persone che formano l’ambiente del romanzo. In tutte queste persone Raul trova atteggiamenti che mostrano la bontà, piccola o grande, che esiste in ogni essere umano, dal commissario che ama teneramente sua figlia, al prete del villaggio che, nonostante la sua scarsa preparazione intellettuale, vive come un cittadino generoso e attento ai bisogni della sua gente. Le lunghe ore di solitudine e silenzio nella foresta danno a Raul l’opportunità di plasmare un intero modo di pensare e di vivere che, in un certo senso, vuole lasciare come testimonianza a chi lo legge: “Il grande amico nella giungla è il diario che ci libera dai fantasmi e dalle schizofrenie. I miei amici sono le pagine che scrivo alla luce di una lampada”. In tutte le pagine siamo invitati a godere delle cose che noi, prigionieri delle nostre concezioni scientifiche determi13


nistiche e determinate, abbiamo perso e non valorizziamo più: le acque di un torrente cristallino, le incisioni runiche di una grotta, la solitudine e il silenzio delle foreste, il volo di un uccello ma soprattutto il valore dei gesti delle persone che, come quelli dello sciamano, sono gesti rituali con effetti curativi sia a livello personale che comunitario; o i gesti delle donne indigene che sono un invito permanente a Raul per scoprire il lato felice, festoso, piacevole e onirico della vita. Questo tratto di equilibrato godimento percorre tutto il romanzo e, nonostante i limiti del popolo e le contraddizioni delle autorità politiche ed ecclesiastiche, è essenziale per comprenderlo. Ecco perché la vita di Raul è un inno alla libertà e alla gioia di vivere. Gioia! Al suo ritorno in Canada, alla folla di giornalisti che lo accoglie, Raul risponde semplicemente che “l’esperienza in Paraguay mi ha cambiato la vita”.

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1. nella collina degli indios

Il grande sciamano Nyben era irrequieto e i fulmini creavano un’atmosfera di incertezza; gli indigeni stavano aspettando un temporale con piogge abbondanti che dissetassero la foresta, colpita da una grave siccità. I ruscelli e le sorgenti delle montagne si stavano prosciugando e gli abitanti del villaggio dovevano approvvigionarsi di acqua in un fiume più grande, a due ore di distanza. Nyben e i suoi sciamani ausiliari avevano eseguito pratiche specifiche per attirare la pioggia attraverso rituali compiuti lontano dal villaggio, in luoghi segreti nella foresta in modo che nessuno potesse assistere. Quel giorno Nyben si era svegliato sopraffatto da un cupo presagio causato da un sogno; il fuoco nella sua capanna era inspiegabilmente spento, nonostante gli abbondanti pezzi del legno curupay che la sera aveva messo sul focolare. Con pazienza lo accese di nuovo, mise il bollitore, mescolò la yerba mate con foglie di moringa e al fischio del bollitore si sedette sul suo apyka, uno sgabello di legno dal profondo significato culturale. Lentamente versò l’acqua nella guampa godendosi il caldo mate. Nyben aveva tre mogli e numerosi figli e figlie che vivevano nel villaggio; lui, essendo uno sciamano, conduceva una vita austera e isolata, in una piccola capanna di legno che si era costruito in mezzo agli alti alberi della giungla. Si trovava nei pressi di un minuscolo ruscello di acqua cristallina che sgorgava da una grotta di pietre decorate con incisioni rupestri e disegni, realizzati dai primi abitanti di almeno seimila anni fa. Queste grotte, numerose nelle colline della regione, erano state rifugi e abitazioni per le popolazioni emigrate dall’Asia decine di migliaia di anni fa. 15


Vivendo da eremita, il Grande sciamano si era dedicato a proteggere la comunità dalle malvagità, implorando armonia, benessere, salute, pace, buona caccia, raccolti abbondanti e operando anche guarigioni. Raramente andava al suo villaggio per visitare mogli e parenti. Né i parenti si lamentavano con lui perché sapevano che così deve essere la vita di uno sciamano. Per comunicare con la famiglia o con gli altri indigeni del villaggio, inviava un uccello messaggero, il passero campana. Se si appoggiava sulla spalla dello sciamano, significava che la chiamata era urgente e quindi Nyben doveva ritornare al più presto al villaggio; ma se l’uccello si posava sul ramo di un albero vicino, allora il problema non era grave e quindi Nyben poteva prendere la strada con più calma. Uno dei segnali sciamanici per intuire i fatti occulti è il fumo della pipa; un pizzico di polvere del fiore di canioja viene mescolato al tabacco, in quantità sufficiente affinché l’allucinogeno consenta un fantastico volo sciamanico nel mondo degli spiriti ausiliari. Il problema che affliggeva Nyben in quei giorni era il ritardo della pioggia. Nonostante gli sforzi di vari sciamani, erano cadute solo poche gocce di acqua. Questo era insolito. Le pratiche sciamaniche avevano sempre dato risultati favorevoli. Cosa stava succedendo? Un vortice di idee confuse si agitava nella sua testa come fanno gli uccelli nel cielo della selva: girano in cerchio, viaggiano, si rincorrono, si separano, si riuniscono di nuovo come danzatori dell’aria. Ricaricò la pipa e ne aspirò avidamente diverse boccate di fumo per sedare il suo nervosismo. Il fumo si alzava come una colonna, alta fino a un metro e poi si separava, assumendo la forma di un ombrellone. Negli sbuffi successivi, il fumo cambiò forma, assumendo il profilo di una scala a chiocciola, appoggiata sul lato opposto rispetto a dove si trovava la sua casa. Fumò ripetutamente ma la direzione del fumo non cambiava. Quindi capì che doveva andare da quella parte il più pre16


sto possibile. Mise in una borsa fatta dalle sue mogli alcune cose personali, un coltello, un po’ di cibo, acqua e si mise in viaggio. Dall’altro lato della collina non c’era nessun villaggio indigeno e la gente ci andava solo per cacciare o raccogliere piante medicinali. Ma da qualche tempo e per un breve periodo, uno straniero di nome Raul si era stabilito in una capanna rustica fatta di bastoni e fango con un tetto di paglia. Il Gran Consiglio degli Anziani gli aveva permesso di vivere lì a condizione che non si dedicasse ad alcuna attività sociale, politica o religiosa.

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