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CLAUDIO ANTONIOLI

INTERVISTA Claudio Antonioli

Imprenditore e retailer

«Meno logiche di gruppo e più passione. Ecco perché ho scelto Ann Demeulemeester»

Dopo avere ceduto il gruppo Ngg a Farfetch, Claudio Antonioli ha trovato una dimensione più legata al piacere e al concetto di responsabilità verso la moda. Emblematica l’acquisizione di Ann Demeulemeester, special guest a Pitti Uomo e prima scommessa della sua newco Dreamers Factory. Ma le sfide per lui non sono finite, nel fashion e non solo

DI CARLA MERCURIO

Che navighi nei mari del retail o si confronti con le dinamiche di un grande gruppo, che lavori al rilancio di un brand iconico o si cimenti con l’universo techno, nel percorso di Claudio Antonioli c’è un filo conduttore. Che è l’inclinazione all’indipendenza, quel restare a distanza dalla mischia mediatica per coltivare i suoi interessi e passioni, pronto a cogliere l’occasione per nuovi progetti: l'importante è che siano in sintonia con la sua visione della moda, legata alla ricerca e alla sperimentazione. Come nel caso di Dreamers Factory, il polo lanciato nel 2021, dopo avere ceduto nel 2019 il gruppo Ngg-New Guards Group a Farfetch per 675 milioni di dollari. Un incubatore destinato a racchiudere le iniziative legate al fashion di Antonioli, che per il momento sono due. Da una parte c'è il progetto Ann Demeulemeester, acquisito nel 2020 in un’ottica di rilancio e di scena il 12 gennaio a Pitti Uomo, special guest alla stazione Leopolda. Dall’altra c’è 44 Label Group, etichetta legata alla musica techno (grande passione di Antonioli), varata a giugno con due soci e in calendario il 14 gennaio a Milano Moda Uomo. Ce ne parla l’imprenditore milanese, che oltre a disegnare percorsi moda inediti con la sua newco, si divide tra molti altri ambiti, in primis i Claudio Antonioli Store a Milano, Torino, Lugano e Ibiza, ma anche la ristorazione (in arrivo un ristorante vegan), le discoteche e la protezione degli animali abbandonati. Un universo racchiuso sotto il cappello di Antonioli Holding.

Il 2021 è stato un anno intenso, con la nascita del nuovo polo Dreamers Factory, cui fanno capo Ann Demeulemeester e 44 Label Group: è l’inizio di un nuovo gruppo?

Dreamers Factory è nato come incubatore di nuovi progetti legati alla moda, con una visione trasversale che abbraccia anche altre forme espressive. In realtà la mia non è una visione di gruppo, perché in questo momento voglio dedicarmi con spirito indipendente alle cose che mi piacciono e che sento particolarmente. Iniziative legate alle mie passioni e al mio modo di vedere le cose, che mi stimolino e mi soddisfino. Sento molta energia positiva in questo momento. Quindi se mi capitano gli spunti giusti, non mi tiro certo indietro. Ma sempre con coerenza.

Qual è stato lo stimolo che l’ha portata a rilevare Ann Demeulemeester?

L’ho fatto perché amo da sempre il brand. Per l’affetto e la stima che nutro per Ann e che finalmente si è riavvicinata al marchio, dopo averlo lasciato otto anni fa. Ho pensato che fosse importante tutelare il nome e il dna della griffe, preservando la sua unicità. Si tratta di un discorso affettivo, ma anche di un dovere nei confronti della moda e quindi meno legato al business (che ovviamente ha la sua importanza). Un senso di responsabilità che nutro da sempre, perché a mio avviso chi ha fortuna in questo settore deve dedicare tempo, soldi ed energie per dare risalto a progetti importanti.

Come verrà concepita la sfilata di Ann Demeulemeester a Pitti Uomo?

Saranno protagonisti i capi di archivio, più una selezione di proposte delle ultime due collezioni, nate dopo il mio ingresso nel brand. Un modo per sottolineare la continuità e la modernità del marchio. Basti pensare che ci sono creazioni di Ann di tanti anni fa che non si possono considerare neanche vintage, per quanto sono attuali e senza tempo. Tra poco, invece, sarà la volta della Fall-Winter 2022, che sfilerà alla Fashion Week donna di Parigi dove, come agli inizi della storia di Ann, faremo uno show co-ed per menswear e womenswear.

È cambiato qualcosa nel posizionamento della label?

Il brand gravita sempre nella sfera lusso e design, ma è cresciuta molto la qualità. Abbiamo portato tutta la produzione in Italia, tranne alcuni capi in jersey, che vengono realizzati in Portogallo. Un upgrading che non si è tradotto in un aumento dei prezzi, visto che abbiamo deciso di rinunciare ai margini, in una visione proiettata verso il futuro.

Un discorso che si riflette anche sulle logiche distributive?

Abbiamo effettuato un’attenta selezione della rete wholesale, oggi ridotta del 50%, con un taglio delle vetrine non allineate all’immagine. Oggi siamo presenti in 160 door, tra cui realtà come The Broken Arm, Dover Street Market e Maxfield, che non erano più clienti di Ann da anni.

Anche il retail è nel mirino?

Sempre nell’ottica di un riallineamento dell’immagine del brand, lo scorso settembre abbiamo riaperto le porte dello storico negozio di Anversa, oggetto di un’operazione di restyling curata dal marito e socio di Ann, Patrick Robyn. Basti pensare che nei tre giorni successivi all'inaugurazione ha fatto l’incasso dei tre mesi precedenti e continua a lavorare con cifre importanti. Una vetrina a cui vorrei affiancare presto punti vendita a Milano, Parigi, Londra e New York. Nel frattempo stiamo completando la ristrutturazione della showroom nel Marais a Parigi.

Quanto c’entra in questo percorso l’apporto di Ann Demeulemeester?

In seguito al mio arrivo Ann è tornata ad avvicinarsi alla label, da cui era uscita otto anni fa. È venuta alla sfilata a Parigi, lo scorso ottobre, e alla riapertura dello store di Anversa. Mi ha dato molti consigli, ma non mi sento di forzarla a prendere delle decisioni. Se vorrà tornare a disegnare la collezione ne sarò felicissimo, ma

non è nelle previsioni. Per il momento lo stile è siglato da un team interno. Preziosa anche la collaborazione dello stylist belga Oliver Rizzo, e di Willy Vanderperre, fotografo della collezione e videomaker del film realizzato per la Fall-Winter in corso.

Quali obiettivi si pone in termini di fatturato?

Al momento sono concentrato sull’immagine e sul posizionamento della label. Non voglio troppi capi in giro; preferisco l’assenza di prodotto a saldi e promozioni. Per questo a molti negozi che mi hanno chiesto budget elevati ho proposto di dimezzarli. L’e-commerce è gestito con la medesima ottica selettiva. La collezione è venduta sul sito della label, sulla piattaforma antonioli.eu o su realtà come MyTheresa, Ssense e L’Eclaireur.

Cosa può dirci del marchio 44 Label Group, lanciato lo scorso giugno?

44 Label Group è un brand profondamente influenzato dalla musica techno, che ho lanciato insieme a due dj internazionali, il tedesco Max Kobosil e l’italiano Matteo Milleri, che fa parte del duo musicale Tale of Us. Una label dallo stile metropolitano che supera gli stereotipi di genere, frutto della visione creativa di Kobosil, la cui identità di artista è legata al quartiere multietnico di Berlino in cui è nato e dove vive.

Come è nato il progetto?

Amo la musica elettronica. E non a caso sono anche proprietario della discoteca Volt a Milano. Ora con Matteo Milleri voglio amplificare la visione creativa di artisti e creator internazionali, mettendo a loro disposizione gli strumenti per esprimere al meglio le loro potenzialità.

Ha in cantiere altre iniziative?

Tra qualche mese aprirò un ristorante vegano a Milano, vicino a corso Genova, in un ex asilo risalente alla metà dell’Ottocento che ho rilevato come immobile. Sono animalista e vegetariano convintissimo e spero che più gente possa apprezzare questo tipo di approccio. Non a caso vivo con otto cani e quattro gatti e sono a capo di una fondazione che si occupa della cura dei cani abbandonati, per i quali ora sto aprendo un rifugio a Bernate Ticino.

Cosa è cambiato dopo la pandemia per il suo network di Antonioli store a Milano, Torino, Lugano e Ibiza?

Con le chiusure dovute al Covid l’e-commerce ha avuto un diverso bilanciamento all’interno del fatturato di Antonioli boutique, di cui copre il 50% su un giro di affari di 70 milioni di euro, con una crescita del 20% durante la pandemia. Ma in seguito alla riaperture i negozi stanno lavorando molto bene. Non credo si possa parlare di rivoluzione, bensì di evoluzione. La pandemia, infatti, ci ha fatto scoprire o guardare con occhi diversi molti aspetti. Il digital serve, ma se vogliamo toccare un capo, vedere delle persone o andare a ballare, continueremo a recarci in negozio, al ristorante o in discoteca.

C’è spazio per nuove aperture?

A dicembre abbiamo inaugurato a Torino uno store Antonioli Inner, il format focalizzato sullo streetwear, che si aggiunge alle nove vetrine Antonioli attive tra Milano, Torino, Lugano e Ibiza. La mia è una realtà in continua evoluzione, che conta 150 collaboratori.

Come concilia le passioni con il business?

Ho sempre investito in progetti che ho amato e che ho ritenuto belli. Con gli anni ho acquisito una maturità che ora mi permette di avere una visione chiara e delle certezze che mi aiutano a prendere decisioni mirate. In questo è stata importante l’esperienza con Ngg Group, che mi ha posto di fronte a sfide e decisioni per me nuove e determinanti.

Continuerà a custodire gelosamente la sua indipendenza?

Non escludo a priori l’idea dell’aggregazione, a patto che alla base ci siano delle visioni etiche e imprenditoriali condivise. Non a caso 44 Label Group è frutto di una partnership. ■

INTERVISTA Claudio Antonioli Imprenditore e retailer

Dopo avere ceduto il gruppo Ngg a Farfetch, Claudio Antonioli ha trovato una dimensione più legata al piacere e al concetto di responsabilità verso la moda. Emblematica l’acquisizione di Ann Demeulemeester, special guest a Pitti Uomo e prima scommessa della sua newco Dreamers Factory. Ma le sfide per lui non sono finite, nel fashion e non solo

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