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FLASH E-COMMERCE SUMMIT

IL FUTURO DELLA SHOPPING EXPERIENCE Più pulizia nel business-to-consumer

Un tempo si parlava di Black Friday, ora di Black Month: ma cosa ci ha insegnato questo mese così speciale per gli acquisti? La risposta nei panel di discussione del nostro summit digitale, partendo dalle testimonianze di Carsten Trenz di Vf International e Diego Morgandi di Kiko

DI CARLA MERCURIO

Un Flash E-commerce Summit su Zoom, per stilare il bilancio di un Black Month vissuto più che mai all’insegna dell’omnicanalità: attraverso un format snello e veloce, Fashion magazine ha coinvolto sei digital manager di grandi realtà della moda e del lifestyle, che con le loro testimonianze hanno delineato i grandi cambiamenti in atto sul mercato, al di là del mese tradizionalmente dedicato alle vendite a prezzi ribassati, che peraltro un tempo si limitava a un solo giorno. Nel primo panel, che ha visto protagonisti Carsten Trenz (vp digital Emea di Vf International) e Diego Morgandi (global e-commerce director di Kiko), il filo conduttore sono state le strategie per aumentare il potere della conversion nell’era della “dtc transition”, «in cui marchi e negozianti - ha sottolineato Marc Sondermann, ceo e direttore della nostra testata - imparano a dialogare con il consumatore non solo tramite il negozio, ma anche con strumenti digitali, di comunicazione, commerciali e, non ultimi, piattaforme e marketplace». Carsten Trenz - che milita nelle fila di un colosso da 12 miliardi di dollari di turnover previsti per il fiscal year 2022, presente in 170 Paesi e a cui fanno capo, tra gli altri, The North Face, Timberland e Vans - ha sottolineato come l’azienda abbia ridotto stavolta le politiche di discount rispetto al 2020, «un approccio che ci ha premiato». «Più che seguire logiche di scontistica, vogliamo attrarre più persone e ascoltare la voce del mercato. In quest’ottica abbiamo iniziato a confrontarci anche con partner come Facebook e Google, in modo da raccogliere ulteriori insight». Diego Morgandi di Kiko ha ricordato che il termine di paragone di questo Black Month è stato un mese particolare come il novembre di un anno fa, scandito dai lockdown e dalla conseguente impennata dell’e-commerce. «A livello globale - ha detto il manager - i risultati sono cresciuti, grazie all’estensione del perimetro di vendita, passando da una a due settimane, e alla presenza su nuovi canali come i marketplace, dove siamo approdati da poco meno di un anno e che sono in crescita. L’andamento del sell out ha dimostrato che sono molti i consumatori che, avendo sperimentato l’e-commerce durante la pandemia CARSTEN TRENZ

VICE PRESIDENT, DIGITAL, EMEA VF INTERNATIONAL DIEGO MORGANDI

GLOBAL ECOMMERCE DIRECTOR KIKO MILANO

nel 2020, sono rimasti affezionati all’e-commerce». Importante, secondo Carsten Trenz, è mantenere la comunicazione diretta con il consumatore attraverso un numero sempre maggiore di touchpoint, da connettere nel modo più seamless possibile, tenendo ben presente la complessità dello scenario «e stando anche a vedere cosa accadrà nel gaming e nel virtual environment». «Si tratta di un viaggio impegnativo: ma quale sarà la meta e come far sì che l’acquisto online non sia solo legato a un’offerta one-off?», ha chiesto Sondermann. «L’obiettivo è servire il consumatore dove vuole comprare, compresi i marketplace, ma cercando in parallelo di trattenere le persone sui nostri canali fisici e digitali», ha risposto Morgandi, aggiungendo che il goal comune è creare valore e rendere felice il cliente: «Vogliamo lasciarlo libero di decidere dove fare shopping ma tenendo alto il livello del direct channel, per essere pronti ad allargare la nostra community». 

NUOVI CONSUMATORI, NUOVE SFIDE Non solo sconti: anche il Black Month può diventare un vettore di valori

Mentre Geox ha affrontato il periodo clou dell’anno con strategie diversificate tra i marketplace e le vendite dirette, come ha spiegato Giulio Salvucci, Salewa ha puntato sul Green Friday, «per essere in sintonia con i tempi attuali», ha sottolineato Antonella Girone

DI ALESSANDRA BIGOTTA

Parlando più di una Black Week che di un vero e proprio Black Month, durante il terzo panel del Flash E-commerce Summit, il web & digital transformation director di Geox, Giulio Salvucci, ha descritto una strategia impostata su un doppio binario, con i marketplace da un lato e le vendite dirette dall’altro, «dove volutamente il numero delle referenze scontate è stato ridotto, utilizzando come leva promozionale la qualità». Facendo una media, «la marginalità è stata più soddisfacente dello scorso anno, mentre il sell out è risultato stabile rispetto a un Black Friday da record come quello del 2020. Va detto che ben il 30% delle vendite della Black Week ha riguardato articoli non in promozione». I marketplace, secondo Salvucci, devono essere affrontati con un approccio ibrido, tra wholesale e retail: «Una parte della catena del valore resta in carico alla piattaforma, ma sono sempre più i pezzi da riportare a

IL CHECKOUT, DA FASE CRITICA A PLUS Verso l’ascesa delle inspiration platform

Comprare online è soprattutto vivere un’esperienza, da affrontare in modo gratificante e senza intoppi dal momento dell’ispirazione fino a quello della transazione. Ne hanno parlato Giuseppe Giglio di Giglio.com e Simone Mancini di Scalapay

GIUSEPPE GIGLIO

CHAIRMAN & CEO GIGLIO.COM SIMONE MANCINI

CO-FOUNDER E CEO SCALAPAY

DI ANGELA TOVAZZI

«Noi parliamo un linguaggio digitale che è agli antipodi dei tipici marketplace alla Amazon, dove se sfogli il catalogo vedi solo un insieme disarmonico di prodotti»: ha esordito così Giuseppe Giglio, alla guida del luxury e-commerce Giglio.com, durante il secondo panel del nostro summit, che ha condiviso con Simone Mancini, ceo e co-founder di Scalapay. Prima società quotata di Palermo, sbarcata sull’Euronext Growth Milan a luglio, con i suoi 250 brand Giglio.com rappresenta un osservatorio privilegiato per fare un bilancio sul Black Month, «periodo in cui abbiamo raddoppiato i volumi del 2020 e quadruplicato quelli del 2019». Forte di un dna nel retail fisico, Giglio.com porta nell’online il valore aggiunto offerto dal lavoro del vero negoziante, ossia individuare nuovi prodotti, nuovi stilisti e nuovi designer emergenti, «utilizzando però un filtro interpretativo, per scrivere la nostra storia». L’obiettivo è massimizzare la qualità dell’esperienza d’acquisto digitale: una mission condivisa da Scalapay, startup che grazie al Buy now pay later si sta avviando a diventare una unicorn company, valutata 700 milioni di dollari con l’ultimo round da 155 milioni, capitanato da Tiger Global. «Aiutiamo i merchant a costruire qualcosa di magico - ha detto Simone Mancini - partendo dal presupposto che il checkout è il momento meno piacevole del processo d’acquisto». Il pagamento spalmato su più mesi «permette scelte in linea con il proprio stile e più responsabili dal punto dei budget - ha proseguito - ma vogliamo andare oltre, riducendo al massimo il tempo tra l’ispirazione dell’acquisto e la transazione». Da questa consapevolezza è nata la soluzione Magic Checkout, che «ha fatto più volumi in due mesi che nell’intero anno dal lancio di Scalapay». Ai merchant «basta un bottone da inserire sulla pagina prodot-

«Aiutiamo i merchant to o al checkout per permettere a rendere piacevole ai clienti, dopo la prima spesa, anche il momento di fare shopping senza inserire del pagamento, dati o password». «Il momento aumentando la conversion» Simone Mancini Scalapay del checkout è il più spigoloso - ha confermato Giuseppe Giglio - Ben vengano dunque innovazioni come quelle di Scalapay. Il futuro è nella digitalizzazione». Quello del “tempo” - in termini di velocità, fluidità, facilità nel passare attraverso i diversi step nel processo d’acquisto - sarà uno dei temi chiave del futuro. «Oggi l’ispirazione allo shopping - ha detto Simone Mancini - avviene soprattutto su Instagram, Facebook, Tik Tok, YouTube, Netflix. Abilitare ogni singolo merchant a vendere direttamente da queste piattaforme cambierà le carte in tavola». Ma a fare la vera differenza sarà la quantità di tempo tra l’ispirazione e la conclusione dell’acquisto: «Più si ridurrà, maggiori saranno le chance per i brand». 

casa, per esempio il merchandising, senza contare il ruolo chiave giocato dalla supply chain. Se non si fornisce il prodotto giusto al momento giusto, non si va da nessuna parte». Supply chain la cui gestione, con tempistiche e modalità completamente ribaltate rispetto a un passato non GIULIO SALVUCCI troppo lontano, è una delle sfide GLOBAL E-COMMERCE & DIGITAL da fronteggiare, nel contesto di un più ampio impegno a portare TRANSFORMATION DIRECTOR GEOX al next level un’azienda il cui fatturato nel 2021 dovrebbe collocarsi poco al di sotto dei 600 milioni di euro, con una percentuale di e-commerce intorno al 30%, dal 17% di due anni fa. «In Geox abbiamo istituito un comitato di digital transformation che coinvolge tutte le aree strategiche dell’azienda - ha informato Salvucci -. Ogni progetto rappresenta la tessera di un puzzle e anche la formazione è un investimento chiave per l’upskilling digitale». Per Salewa, marchio legato al mondo active nell’orbita del gruppo

ANTONELLA GIRONE GROUP E-COMMERCE & DIGITAL MARKETING MANAGER SALEWA Oberalp, il Venerdì Nero si è tinto di verde. «Il nostro è stato un Green Friday - ha affermato la global e-commerce & digital marketing manager Antonella Girone - in cui il 20% del venduto è andato in beneficenza, supportando per esempio i pastori della Val di Funes». Soprattutto tra i giovani, molti dei quali sposano l’attivismo sostenibile, «l’atteggiamento verso il Venerdì Nero è critico - ha proseguito Girone -. Basti pensare al diffondersi dell’hashtag #boycottblackfriday

e iniziative come il blocco di alcune sedi di Amazon nel Regno Unito, per fermare le vendite del periodo». Un’azione estrema, che però non va sottovalutata: «Occorre andare oltre la semplice promozione e ragionare nell’ottica di una customer journey eccellente, in tempi in cui la sostenibilità, legata soprattutto all’outdoor in cui noi operiamo e ai giovani, è un tema alla ribalta». Salewa, e per esteso Oberalp, stanno vivendo una fase dinamica, all’insegna di una forte interazione tra la sede di Bolzano e le filiali estere, spinta anche dall’abitudine ormai consolidata al remote working. «Si lavora su vari fronti - ha concluso la manager - tra cui il Sea (Search Engine Advertising) e la Seo (Search Engine Optimization), nonché l’ottimizzazione del checkout. Al centro c’è sempre il prodotto: tra le iniziative più interessanti dell’azienda una collezione ideata dalle donne per le donne e l’eliminazione dei termini di garanzia per i capi, che diventano “lifetime”». 

Leena Nair un’outsider alla guida di Chanel

Indiana naturalizzata britannica, 52 anni, l’executive proviene dalla multinazionale dei consumer goods Unilever. Prende il posto di Alain Wertheimer, co-owner della griffe, che diventa presidente esecutivo globale

Ha suscitato una certa curiosità la recente nomina di Leena Nair a ceo di Chanel. Non tanto perché si tratta di una donna - ricordiamo che il brand è stato fondato dalla mitica Coco e fino al 2016 ai vertici c’era Maureen Chiquet - quanto piuttosto per il suo pedigree, fuori dai canoni tradizionali del classico dirigente del lusso europeo. Nair, 52 anni, indiana naturalizzata inglese, viene infatti dalla multinazionale dei consumer goods Unilever, dove ha passato 30 anni, fino a ricoprire il ruolo di chief human resources officer. Certo, altre case di moda hanno attinto dal largo consumo per il loro top management: pensiamo a Pietro Beccari (oggi ceo e chairman di Dior), Yves Carcelle (figura storica di Lvmh) o Robert Polet, anche lui manager Unilever e uomo di spicco nel passato di Gucci. Ma la loro estrazione era spiccatamente finanziaria. Leena Nair, invece, durante tutta la sua carriera si è occupata di persone, cultura, valori. Asset in realtà fondamentali per i moderni gruppi del lusso, Kering in primis, che ha messo proprio questi aspetti al centro del suo corporate rebrand. «Il capitale umano è importante quanto il capitale finanziario», ha detto Leena Nair al Time. L’approccio è chiaro. Ma quale impronta potrebbe dare a Chanel? Secondo alcuni osservatori la sua guida porterebbe nuova linfa per la modernizzazione della griffe, che dopo la morte di Karl Lagerfeld ha dovuto riorganizzarsi (molti manager di lunga data sono usciti dalla società) e, come per gli altri attori del mercato, si è trovata a dover incassare il colpo inaspettato della pandemia. Nel 2020 Chanel aveva perso il 18%, anche se nella prima parte di quest’anno si è ripresa, con entrate cresciute a doppia cifra. Ora la parola passa a Leena Nair, in carica da gennaio 2022 al posto di Alain Wertheimer, co-owner della griffe, che assume il ruolo di presidente esecutivo globale.

PICCOLI ARNAULT CRESCONO: ANCHE JEAN NELLA GALASSIA LVMH

Con il ruolo di direttore marketing e sviluppo prodotto degli orologi di Louis Vuitton, Jean Arnault - 23 anni - entra nella galassia Lvmh, dove sono già operativi i fratelli Antoine, Frédéric, Alexandre e Delphine. Il figlio minore di Bernard Arnault, che riporterà a Catherine Lacaze, affronta l’incarico con alle spalle diverse esperienze presso Louis Vuitton e nel dipartimento orologi e gioielli. Di alto livello la formazione: un master in matematica finanziaria al Massachusetts Institute of Technology e un altro in ingegneria meccanica all’Imperial College di Londra, dopo il diploma di maturità scientifica con il massimo dei voti alla Saint Louis de Gonzague-Franklin di Parigi.

VETEMENTS: LA DIREZIONE CREATIVA AL CEO GURAM GVASALIA

Guram Gvasalia, oltre che ceo, sarà anche direttore creativo di Vetements. Il debutto è avvenuto in occasione della FW 2022/2023, insieme al lancio del progetto Vtmns. Fino a quel momento il marchio veniva descritto come «un collettivo di menti creative», dopo l’uscita nel 2019 del fratello e co-fondatore Demna, troppo impegnato a tenere le redini stilistiche di Balenciaga. Una scelta fatta anche per proteggere il marchio: «Dobbiamo tutelare il nostro duro lavoro e il dna della griffe - ha detto Guram - rivendicandone il “diritto di nascita” e l’originalità».

INIZIA L’ERA GOBBETTI DA FERRAGAMO: LASCIA NORSA, ENTRA VISCONTI

● Comincia il mandato di Marco Gobbetti da Salvatore Ferragamo. Dal primo gennaio 2022 l’ex ceo di Burberry assume l’incarico di amministratore delegato e direttore generale del gruppo fiorentino al posto di Micaela le Divelec Lemmi, uscita dalla stanza dei bottoni lo scorso settembre. Dopo aver guidato il periodo di transizione, Michele Norsa lascia il ruolo di vicepresidente esecutivo (congedato con una buonuscita di quasi un milione di euro), anche se «continuerà - ha detto Leonardo Ferragamo - a rimanere a fianco degli azionisti in relazione ad altre attività della famiglia». Norsa è stato una figura chiave nello sviluppo imprenditoriale del marchio, visto che l’ha guidato per dieci anni (dal 2006 al 2016), portandolo in Borsa nel 2011. Quasi due anni la durata del suo secondo incarico, in qualità di vicepresidente, iniziato a maggio 2020 nel climax della pandemia. La sua poltrona sarà occupata da un altro membro della dinastia Ferragamo, Angelica Visconti (figlia di Fulvia Ferragamo, scomparsa tre anni fa), che però non avrà deleghe operative. Confermando così la decisione della famiglia di fare un passo indietro rispetto alla gestione.

PERSONAL LUXURY GOODS MARKET

UN SETTORE CHE VALE 280 MILIARDI TRAINATO DA CINA E USA

● Il mercato dei beni di lusso personali è stato valutato, per il 2021, 283 miliardi di euro (+29% sul 2020 e +1% rispetto al 2019). La prospettiva, come emerge dal recente Altagamma-Bain Worldwide Luxury Market Monitor 2021, è che il segmento salga a 360-380 miliardi entro il 2025, ipotizzando un tasso di crescita composto (cagr) fra il 6% e l'8%. «Il 2020 e il 2021 sono un punto di svolta per il lusso come lo conoscevamo - commenta Claudia d'Arpizio, senior partner di Bain & Company -. Cambiano le geografie, i consumatori, la comunicazione e i valori, tanto che le divisioni tra lusso aspirazionale, accessibile e assoluto perdono di significato. Oggi conta il lusso human-centric, che "fa cultura" attraverso il prodotto, il messaggio e l'impegno etico, in un'era definibile come post-consumistica, in cui entrano in gioco nuove realtà come gli Nft e il metaverso». In base al monitor, il recupero del 2021 è stato guidato dalla Cina continentale e dagli Usa, che secondo gli analisti di Barclays continueranno a trainare il settore nel 2022. L'aumento della domanda cinese resta legato alla classe media: nel 2030 si stima che il 61% della popolazione sarà della middle/upper class, dal 48% del 2020. Tra i fattori di rischio ci sarebbe il fatto che il Grande Paese ha intenzione di introdurre, in via sperimentale, una tassa generale sulla proprietà. Sono ancora da capire, inoltre, gli effetti del nuovo slogan di Pechino, quello della “common prosperity”, la ricchezza condivisa tra tutti gli abitanti. Alcuni la considerano una strategia anti-ricchi, altri ne apprezzano il focus sulla classe media, che potrebbe avere risvolti positivi sui consumi, anche se non si tratterà di lusso estremo.

UN'ANALISI DI DELOITTE

LUSSO: NONOSTANTE LA PANDEMIA ITALIA IN VETTA PER NUMERO DI AZIENDE

● Nonostante la pandemia, nel 2020 le 100 maggiori aziende mondiali del lusso hanno generato 252 miliardi di dollari di vendite, 29 miliardi in meno rispetto al 2019 (-12% a cambi costanti), ma il profit margin è risultato del 5,1%. È quanto emerge dalla ottava edizione del Global Powers of Luxury Goods di Deloitte, che ha esaminato i bilanci dell'anno fiscale 2020. L'Italia si conferma come primo Paese del lusso mondiale per numero di aziende: 26 fra le 100 in graduatoria, tra cui new entry come Golden Goose (86°), Morellato (87°), Sportswear Company (Stone Island, 88°), CrisConf (Pinko, 100°) e rientri come Damiani (99°). Alcune sono entrate anche nella classifica - guidata da Farfetch - delle aziende a sviluppo più rapido, sulla base del tasso annuo di crescita composto fra il 2017 e il 2020 (vedi tabella). La classifica dei 100, che tiene conto del solo andamento del 2020, vede ai primi posti i colossi Lvmh, Kering, Estée Lauder e Richemont. Nella top 10 c'è un po' di Italia, con EssilorLuxottica. Ai piani alti anche Prada (23°) e Giorgio Armani (29°) e Moncler (33°).

Le società con una marcia in più

# Azienda Paese d'origine

1 Farfetch 2 Richard Mille 3 Canada Goose Holdings 4 Golden Goose Regno Unito Svizzera Canada Italia

5 Sportswear Company 6 Titan Company 7 TFG Brands (London) 8 Morellato Group 9 Lao Feng Xiang 10 Zadig & Voltaire 11 J Barbour & Sons 12 Movado Group 13 Kosé Corp. 14 PVH Corp.

Italia India Regno Unito Italia Cina Francia Regno Unito Usa Giappone Usa 15 Chow Tai Seng Jewelry Co. Cina

Posizione FY17-20 FY20 Sales in Top 100 Cagr growth 52 51 58 86 88 22 66 87 15 76 84 60 25 8 62

146.4% 44.7% 33.4% 23.0% 17.8% 17.0% 15.7% 15.5% 13.9% 11.9% 9.4% 8.2% 8.2% 8.0% 7.7%

107.3% -12.4% 15.4% 1.5% 0.8% 7.9% -4.6% n/a 2.6% 0.0% 7.8% 3.1% -1.2% 3.8% -10.3%

Fonte: Deloitte

LISTING ZEGNA A WALL STREET CON INVESTINDUSTRIAL

● Il Gruppo Zegna è approdato in dicembre alla Borsa di New York. Non mediante un'Ipo ma dopo una business combination con la Spac (Special purpose acquisition company) Investindustrial Acquisition, società veicolo promossa dal private equity Investindustrial di Andrea Bonomi. Dalla fusione è derivata un’entità - la Ermenegildo Zegna NV - con una capitalizzazione di mercato iniziale di 2,4 miliardi, saliti a 2,68 miliardi il giorno dell'esordio sul Nyse, ad attestare l'interesse degli investitori. Sul mercato è andato il 21% del capitale. Alla famiglia resta circa il 66%.

M&A ECCELLENZE ITALIANE PRONTA ALLO SHOPPING

● Eccellenze Italiane - la holding fondata da Marco Marchi di cui fanno parte Liu Jo, Blufin (marchio Blumarine) ed Eli (calzature) - valuta nuove acquisizioni. L'imprenditore ha ipotizzato un deal entro marzo, che potrebbe riguardare anche un'azienda del monte della filiera. «Dopo la fase di acquisizioni straniere degli anni passati, e il mancato ricambio generazionale, è diventato prioritario salvaguardare le eccellenze italiane della produzione», afferma Marchi, che si dice pronto anche al rafforzamento di tutti i business in portafoglio. Intanto fa sapere che i fatturati delle controllate sono tornati ai livelli del 2019, mentre i margini sono migliorati, «grazie a una struttura più snella e reattiva». Blumarine (nella foto, un look per la prossima estate), in particolare, sta recuperando terreno e l'obiettivo di Marchi per il 2023 è raggiungere i 50 milioni di fatturato.

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