S&H Magazine n. 292 • Luglio 2021

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L’originale ceretta brasiliana per pelli delicate



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di HELEL FIORI

Abbiamo scoperto un giovane professionista che quasi per ens sana in corpore gioco ha mandato la candi­ sano. Principio che datura mentre continuava a arriva da lontano e studiare e pianificare il suo che oggi più che mai dovrebbe futuro. Un affascinante mix essere applicato per riappro­ tra fermento e determinazio­ priarci della nostra salute. ne, con tanta voglia di sedere È questo il riassunto della al tavolo dei grandi senza per­ chiacchierata con Marco Spa­ dere sé stessi né la propria daccino, giovane partecipante naturalezza, un concentrato cagliaritano del concorso na­ di empatia, simpatia, intelli­ zionale Mister Italia che a genza; tutte doti che il dician­ settembre si schiererà con gli novenne mette in campo sen­ altri semifinalisti davanti alla za risparmiarsi rendendo par­ giuria di Lignano Sabbiadoro tecipe l’interlocutore delle sue vittorie come delle sue per ambire alla vittoria. sconfitte e riuscendo così a Le categorie del concorso sono conquistare il suo pubblico due, che ogni settimana pre­ (ora circa 40mila follower tra vedono l’assegnazione di un Instagram e Tik Tok) fin dalla podio: Mister Italia Like, ba­ prima esperienza lavorativa sato esclusivamente sui like con la sua società di marketing conteggiati sulle foto del can­ online. Esperienza che ha con­ didato pubblicate sulla pagina cluso per dedicarsi intera­ Facebook del concorso, e Mi­ mente alla sua grande pas­ ster Italia Web, derivante dalla sione per il fitness coaching. decisione di una “giuria tec­ Fin da giovanissimo Marco nica” di addetti ai lavori che ha coltivato uno stile di vita giudica le stesse foto. Proprio sano incentrato su un’alimen­ in quest’ultima categoria (l’uni­ tazione plant based e sulla ca per arrivare dritti in semi­ cura del corpo (non solo al­ finale, mentre i vincitori della lenamento, ma anche disci­ categoria Like potranno spe­ pline più dolci come la medi­ rare in un ripescaggio) Spa­ tazione) mirando a una forma daccino è riuscito a piazzarsi fisica che lo soddisfacesse e al primo posto all’interno della lo facesse sentire in equilibrio: sua settimana: il suo segreto? “Siamo in una società basata Forse il sorriso aperto, o lo sul consumismo, siamo spinti sguardo reattivo, o ancora all’acquisto, e secondo me si l’ambrato fisico scolpito esal­ tende ad avere delle abitudini tato dalle canotte sportive alimentari sbagliate”. come dalle giacche slim fit… ...CONTINUA SUL WEB Ma sappiamo bene che i partecipanti dei concorsi este­ INQUADRA IL CODICE tici sono tutti una QR CON IL TUO gioia per gli occhi, quindi l’abbiamo SMARTPHONE PER raggiunto per an­ CONTINUARE A dare oltre la su­ LEGGERE L'ARTICOLO perficie.

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MARCO SPADACCINO Il fitness coach di Cagliari in semifinale a Mister Italia


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S&H MAGAZINE Anno XXVI - N. 292 / LUG 2021 EDIZIONE CAGLIARI+SASSARI

Direttore Responsabile MARCO CAU

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Ufficio Grafico GIUSEPPINA MEDDE Hanno collaborato a questo numero: GLORIA CADEDDU, FRANCA FALCHI, HELEL FIORI, ALESSANDRO FRACASSI, ERICA LUCIA NOLI, DANIELA PIRAS, RAFFAELLA PIRAS Redazione Sassari, Via Oriani, 5/a - tel. 079.267.50.50 Cagliari, tel. 393.81.38.38.2 mail: redazione@shmag.it

03 Marco Spadaccino Il fitness coach di Cagliari in semifinale a Mister Italia

05 Sa Strumpa Tradizione e divertimento nella lotta sarda

06 Torres Femminile, #troppuBedda Le rossoblù ritornano in Serie B dopo un inizio in chiaroscuro

07 Rosa Zicchina e i suoi colera Intervista a Cosimo Filigheddu

esse&acca editoria.pubblicità.grafica grafica

08 Le torri costiere Le sentinelle del mare

09 La poesia del vetro

Editore ESSEACCA S.r.l.s., Via Oriani, 5/a - Sassari Per la pubblicità: tel. 335.722.60.54

L’artigianato artistico di Vetrarte

10 La pregiata bottarga sarda

Stampa Tipografia Gallizzi S.r.l. - Sassari

I segreti dell’oro del Mediterraneo

12 Marco Buttu

Social & Web

Una lunga notte polare per studiar le stelle

@sehmagazine

14 SMART STORIES

@sehmagazine @sehmagazine

$ www.shmag.it telegram.me/sehmagazine issuu.com/esseacca Registro Stampa: Tribunale di Sassari n. 324/96. ROC: 28798. © 2021. Tutti i diritti sono riservati. È vietato riprodurre disegni, foto e testi parzialmente e totalmente contenuti in questo numero del giornale.

in Copertina MARCO BUTTU

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© PNRA-IPEV


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SA STRUMPA Tradizione e divertimento nella lotta sarda di FRANCA FALCHI

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raticata in passato durante le occasioni di festa e di incontri popolari, nelle fiere e nei riti per la mietitura o la tosatura del bestiame, Sa Strumpa è considerata patrimonio sociale e culturale della Sardegna, tra­ mandata di generazione in genera­ zione sia con la pratica che con il racconto orale. Le sue origini si fanno risalire al pe­ riodo neolitico grazie al ritrovamento del noto bronzetto dei “lottatori di Uta”, due uomini intenti nella lotta, uno supino col capo rivolto a sinistra mentre cerca di divincolarsi dalla presa dell’altro accovacciato su di lui. Origini confermate nel 1974 dal ritrovamento delle circa trenta statue, tra guerrieri, arcieri e lottatori, note come i Guer­ rieri di Mont'e Prama, risalenti tra l’ot­ tavo e il settimo secolo avanti Cristo. Questa antica pratica sportiva, che deve il suo nome al termine sardo “Istrumprare” (gettare bruscamente a terra), somiglia per molti aspetti alle più note Lotta libera e Lotta greco ro­ mana ed è considerata una fra le più antiche forme di lotta. Considerata simbolo di balentia, è una forma di lotta non cruenta il cui scopo è far cadere a terra l’avversario affer­ randolo per i fianchi o per le braccia incrociate. Le poche regole non scritte consentivano ampia libertà di mosse e movimento: la vittoria andava a chi, strattonando, spingendo o persino con

uno sgambetto, riusciva a far cadere l’avversario “mettendolo sotto”. Sa Strumpa, in via di estinzione, venne recuperata nel 1985 da un gruppo di appassionati che, durante una festa popolare, organizzarono il primo tor­ neo in epoca moderna. Il loro obbiet­ tivo era quello di salvaguardare questa antica lotta e renderla al pari delle altre discipline sportive fornendola di un regolamento che la valorizzasse senza apporre modifiche. Le regole sono poche. Unica posizione obbligatoria, quella di partenza. In piedi, uno di fronte all’altro, i due av­ versari portano un braccio sotto l’ascella e l’altro sopra l’omero­spalla dell’avversario; la guancia destra sfiora quella opposta, una mano impugna l’altro polso o anche l’altra mano die­ tro la schiena dell’avversario in modo da stringerlo saldamente. Non è con­ sentita altra forma di presa e non è permesso combattere lasciandola o aiutarsi appoggiando le mani libere sull’avversario. Attualmente, Sa Strumpa è ricono­ sciuta dalla Federazione Italiana Judo, Lotta, Karate e arti marziali, dal CONI e dalla Federazione delle Arti Associate e a Villagrande Strisaili si svolgono da ben quindici anni tornei di Strumpa. Dove viene praticata, ha una forte va­ lenza educativa, perché fondata sul principio della non violenza, sulla forza basata sull’abilità e la tecnica “de su gherradore”.


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TORRES FEMMINILE, #TROPPUBEDDA Le rossoblù ritornano in Serie B dopo un inizio in chiaroscuro. Sassari torna a sognare: obiettivo Serie A! di ALESSANDRO FRACASSI

zione che mamma Sassari ha rivolto – con immancabile emo­ on è inconsueto ascol­ zione – a una delle sue figlie, tare, per le vie di Sas­ la Torres Femminile, diventato sari, genitori o nonni l’hashtag ufficiale del club per che travolgono di affetto e celebrare la promozione in Se­ complimenti figlie o nipoti. rie B. Reduce dallo scioglimento Che si tratti di centro storico, societario del 2015, dalla dia­ Latte Dolce o Monte Rosello triba tra i presidenti Marras e la sentenza è la stessa: “Troppu Capitani legata al risanamento bedda”, “troppo bella” in dia­ del debito e dall’esodo, forzato, letto sassarese. Un’esclama­ delle calciatrici per rimborsi mai ricevuti, la Sas­ sari del calcio fem­ minile ritorna in INQUADRA IL CODICE prepotentemente QR CON IL TUO alla ribalta, vincen­ SMARTPHONE PER do il girone C della CONTINUARE A terza serie e con­ LEGGERE L'ARTICOLO quistando al con­

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tempo una tanto agognata pro­ mozione in cadetteria. Eppure, la stagione rossoblù nasce sotto una cattiva stella: l’esordio, con sconfitta, a Bo­ logna suona come un cam­ panello d’allarme per il club di Andrea Budroni che, nelle giornate successive, fatica a trovare un suo equilibrio. La debacle al “Peppino Sau” di Usini con l’Aprilia Racing Club e il deludente pareggio di Arezzo sono risultati inattesi che tanto somigliano a una resa definitiva. Sembra l’en­ nesima occasione persa per le rossoblù scongiurata con la forza del lavoro, con la per­ severanza e con l’abitudine a

non mollare, neanche nelle situazioni più avverse, di mi­ ster Salvatore Arca al quale va riconosciuto il merito di aver compattato ragazze e ambiente nel momento più delicato della stagione. Dopo la prova incolore contro la compagine aretina, la Torres ingrana la quinta e fa terra bruciata intorno a sé con una striscia di ben sedici vittorie consecutive, compresi i 3­0 a tavolino a favore con la Reg­ giana e il Ducato Spoleto. La chiave di volta del campio­ nato arriva il 13 giugno: dopo una rimonta epica e un di­ stacco di 11 lunghezze dal Bologna capolista, la Torres vince a Usini rifilando un so­ noro 5­1 alla Roma Decimo­ quarto mentre le rossoblù fel­ sinee cadono sotto i colpi della Pistoiese: la Torres è in testa. È l’allungo decisivo. ...CONTINUA SUL WEB


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“Rosa Zicchina e i suoi colera” Intervista a Cosimo Filigheddu di DANIELA PIRAS

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l primo romanzo del giornalista Cosimo Filigheddu − già autore del saggio “Buttate giù quella chiesa”, la vera storia della demolizione di San­ ta Caterina”, scritto insieme a Sandro Roggio ­ è un feuilleton ambientato a Sassari. “Rosa Zicchina e i suoi colera” è edito dalla Edes di Sassari, la prefa­ zione è della storica Marisa Porcu Ga­ ias, mentre la copertina è illustrata da Francesca Cavazzuti. “Rosa Zicchina” è collocato temporal­ mente in un periodo a cavallo tra due epidemie coleriche: quella del 1855 e quella del 1884. È un romanzo am­ bientato in determinati contesti stori­ ci senza essere, però, un romanzo sto­ rico. Ci spiegheresti il perché? Che non sia un romanzo storico lo scri­ vo nella prefazione, ma alcuni recenso­ ri anche piuttosto qualificati sostengo­ no il contrario. Forse, in un momento in cui il genere è piuttosto trendy e spesso l’ostentazione della storia soffo­ ca il piacere del romanzo, ho voluto mettere in chiaro anche con me stesso che io ho voluto soprattutto scrivere un romanzo dove magari vi fosse mol­ ta storia e senza alcuna incongruenza. Forse è la stessa cosa, ma non ho il co­ raggio di confessarmelo. Il personaggio a cui dai vita, Rosa Zic­ china, è una donna sassarese dalla personalità molto complessa. Come è stato scrivere dal punto di vista fem­ minile e come sei riuscito a immedesi­ marti in lei? E, soprattutto, hai avuto bisogno di farlo?

Sì, è stato molto difficile e per farlo ho dovuto sottopormi con grande disci­ plina a tre vincoli di carattere cultura­ le: pensare come una donna, pensare come una donna dell’Ottocento e pensare come una donna dell’Otto­ cento che vive intensamente due con­ dizioni sociali opposte ed entrambe li­ minari, una di estrema miseria e de­ grado, l’altra di immensa ricchezza e grande potere. Nella quarta di copertina troviamo scritto: “La narrazione attrae il lettore in un vortice di incredibili e insieme credibilissime avventure di questa donna sassarese”. Un aspetto che ca­ ratterizza il romanzo è, infatti, il richia­ mo al realismo magico. Ce ne parli? Pur nella puntigliosa veridicità di ogni evento, alcune circostanze restano in­ spiegabili. O meglio, inspiegate al pri­ mo livello di lettura. Il lettore più moti­ vato infatti potrebbe trovare gli indizi utili a dare un senso razionale, per esempio, alla straordinaria capacità di apprendere da parte della protagoni­ sta o del suo lentissimo processo di in­ vecchiamento fisico, tanto che a qua­ rant’anni dimostra la metà della sua età. Rosa Zicchina, se mi si scusa l’im­ modesto confronto che faccio soltanto per farmi capire, è come Pinocchio: a una prima lettura è una storia diver­ tente, commovente e appassionante, a un’analisi più attenta c’è anche altro. Ma se questo approfondimento per al­ cuni dovesse avere come prezzo la noia, meglio fermarsi alla prima lettu­ ra: è più che sufficiente.


LE TORRI COSTIERE LE SENTINELLE DEL MARE

Adobe Stock | Stefano Garau

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La Fortezza Vecchia a Villasimius

di FRANCA FALCHI

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a parola “Torre” in Sardegna è si­ nonimo di pirati. Queste, infatti, più che col nome di torri costiere sono note come torri saracene, anche se di saraceno hanno ben poco. Gran parte delle circa cento torri presenti lungo tutta la nostra costa sono infatti di origine spagnola, edificate come mezzo di difesa dagli attacchi dei pirati, ma non a difesa dai saraceni visto che le in­ vasioni dei popoli arabi del Mashriq av­ vennero ben 500 anni prima della co­ struzione di questo sistema di difesa costiera. Il Mediterraneo è stato sin dall’antichità il mezzo per le espansioni e per il progresso economico tramite il commercio. Nume­ rosi sono i ritrovamenti di bronzetti raffi­ INQUADRA IL CODICE QR CON IL TUO SMARTPHONE PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO

guranti navi o quelli di relitti in prossimità della costa con ancora il loro preziosi carico di garum (salsa di pesce molto simile alla pasta di acciughe), di ossidiana, legname e metalli a testimonianza delle rotte commerciali che interessavano la Sardegna sin da epoca antica. Insieme al commercio, in forma parallela, però si è ben presto sviluppato il feno­ meno della pirateria. A iniziare dal 700 d.C. le coste sarde divennero meta di costanti razzie da parte di mori, saraceni, barbari e poi anche turchi. Le loro in­ cursioni non erano finalizzate solo al saccheggio ma anche al rapimento (è nota la storia del bambino rapito al­ l’Asinara che in età adulta divenne re di Algeri) e alla conquista di territori che spesso rendeva necessario alle popola­ zioni indietreggiare dalla costa verso l’entroterra. Le fallimentari misure intraprese contro i barbari, uno tra i più noti è sicuramente il pirata Barbarossa, fecero decidere a Filippo II di Spagna l’adozione di un si­ stema difensivo costiero fatto di torri, con relativo presidio militare, collocate nei punti strategici della costa. Nacque

così la “Reale Amministrazione delle Torri”, istituzione volta non solo alla realizzazione di nuove torri ma anche alla loro manutenzione, al rifornimento di armi e all’arruolamento degli uomini addetti al presidio di guardia. Le torri non erano semplicemente col­ locate nella costa in prossimità dei villaggi da difendere, ma la loro localizzazione rispondeva a precisisi criteri di comuni­ cazione. Tutta la rete costiera era rego­ lata da un complesso sistema di comu­ nicazione tra torri contigue fatto di se­ gnali, in modo da tenere sempre sotto controllo l’intera costa e da dare alle popolazioni il tempo di mettersi in salvo. Il fumo di giorno, la luce del fuoco la notte o il suono di un corno, erano capaci di trasmettere l’allarme anche ad ottanta chilometri di distanza e dove non arrivava la comunicazione visiva, veniva utilizzata la “guardia morta” una postazione mobile con una vedetta (non fornita di torre) che a piedi o a cavallo trasmetteva il segnale alla torre suc­ cessiva. Da qui i vari toponimi come “Guardia del turco” o “Guardia dei Mori”. ...CONTINUA SUL WEB


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“Il vetro è la poesia che mi racconta” Alla scoperta dell’artigianato artistico di Vetrarte di DANIELA PIRAS

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ioniera del vetro in Sardegna, Francesca Tedesco si è specializ­ zata dapprima nella decorazione, per poi ampliare il suo campo con lo studio della tecnica Tiffany. Insieme a suo marito, Silvio Sotgiu, fondano nel 1986 Studio Vetrarte, in cui sperimentano le varie tecniche di lavorazione artistica del vetro: dalle più classiche, relative alla piombatura e alla lavorazione delle perle di vetro, alla più contemporanea vetrofusione in altoforno, allora novità assoluta in Sardegna. La prima sede è ufficialmente a Muros, in seguito Vetrarte si trasferisce nell’agro di Sennori. È un progetto ambizioso che si fonda su basi di creatività e voglia di esplorazione. La partecipazione alle prime fiere – “Quando ancora, a Sassari, erano un evento importante”, ricorda Tedesco – funge da consacrazione alla loro idea, che si rivela vincente: alla ventennale collaborazione con l’Ente Regionale ISOLA, si aggiungono importanti partecipazioni a mostre e manifestazioni, come la per­ sonale “Abito e Pensiero”, tenuta al Pa­ lazzo Ducale di Sassari, e l’ultima Biennale dell’Artigianato Artistico in Sardegna. Visitare il laboratorio è un’esperienza che riempie gli occhi. Francesca Tedesco mi accompagna alla scoperta di uno spazio affascinante che si divide in una parte espositiva, dove si possono ammirare creazioni artistiche uniche, poiché dise­ gnate e realizzate interamente a mano. È un tripudio di colori, riflessi e traspa­ renze: lampade, gioielli, vasi floreali, quadri e variegati oggetti d’arredo. Nel

dietro le quinte, si trova invece la sezione manifatturiera, con il grande forno, le maestose lastre di vetro colorate affiancate nei ripiani, i colori, gli utensili, le bacchette e i vasetti con i frammenti di colorazioni. Alle pareti campeggiano riquadri Tiffany, l’inventore della tecnica della legatura in rame, con cui sono state realizzate delle lampade divenute opere d’arte. Vagando nel caos del laboratorio − “È vero che io lavoro meglio nel disordine, ma adesso è un po’ troppo!”, mi spiega sorridendo − si tocca con mano un mon­ do che, nell’immaginario comune, sem­ bra possibile soltanto nelle isolette di Murano e Burano. Quando rendo ma­ nifesti i miei pensieri, e già mi trovo a fare dei parallelismi tra questo mondo e quello della laguna veneta, vengo stoppata da un’inaspettata verità: “Qui io ho sperimentato e continuo a speri‐ mentare tantissimo, l’unica cosa che non faccio è proprio la soffiatura del vetro!”. Scopro che il mondo dell’arte vetraria è molto più complesso di ciò che appare a un occhio superficiale e inesperto. Per ammirare le opere di Francesca e Silvio si può visitare il loro laboratorio ma anche alzare gli occhi all’interno di alcune chiese sassaresi. Sono loro le immense vetrate piombate presenti nella chiesa del Santissimo Nome Di Gesù di Ottava, in quella di Santa Maria Bambina a Latte Dolce e nella chiesa di San Giovanni Bosco.


Adobe Stock | Alessio Orrù

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LA SARDEGNA E LA SUA PREGIATA BOTTARGA I SEGRETI DELLA PRODUZIONE DELL’ORO DEL MEDITERRANEO

di RAFFAELLA PIRAS

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toria, usi, costumi, traffici com­ merciali, prodotti tipici, quello che nei secoli ha lasciato in ere­ dità il Mar Mediterraneo ha un valore inestimabile, tradizioni culinarie com­ prese. È proprio dal Mediterraneo, in­ fatti, che si ricava la materia prima che permette di realizzare un piatto a base di pesce che oggi è protagonista nelle tavole di tutto il mondo: la bottarga, le uova di pesce salate ed essiccate. La storia narra che furono probabil­ mente gli arabi, durante le loro scorri­ bande nel Mediterraneo, ad insegnare questa tecnica culinaria agli spagnoli, ma non è certo che ne siano stati gli inventori. Sembra che durante l’età del bronzo, il territorio di Cabras, in Sarde­ gna, ereditò queste tecniche di lavora­ zione del pesce dagli egizi, e grazie alla

cultura fenicia e romana si diffuse in tutto il sud Sardegna. Ma resta l’inter­ rogativo se non siano stati invece i sardi ad insegnare loro questo procedi­ mento. Proprio nell’Isola, infatti, le uova e le altre interiora del pesce rap­ presentavano il cibo povero dei pesca­ tori che trascorrevano le loro giornate in mare. Divenuto oggi un alimento per palati fini, la bottarga ha una forma allungata con un caratteristico colore biondo­ ambrato. In genere viene servita a ta­ vola come antipasto ma, una volta grattugiata, diviene anche un gustoso ingrediente per condire i primi piatti. Un esperto di questa pietanza caratte­ ristica della Sardegna è l’imprenditore cagliaritano Salvatore Faedda, titolare dell’azienda artigiana “Le Mareviglie”, specializzata nella produzione e nel

commercio di alimenti ittici tipici del­ l’Isola e, in particolare, della bottarga di muggine. “Fin da quando ero un ventenne mi piaceva fare le trasformazioni alimen‐ tari, avevo anche frequentato alcuni corsi di gastronomia e salumeria, ­ rac­ conta l’imprenditore ­ che mi porta‐ rono poi ad aprire diverse salumerie, gastronomie e pizzerie a Cagliari e a Villasimius, ma decisi di chiuderle nel 1998 proprio per dedicarmi alle tra‐ sformazioni alimentari, inizialmente solo della bottarga poi, col tempo, anche di altri prodotti ittici”. Il procedimento con cui si produce la bottarga per il signor Faedda non co­ nosce segreti: “Per ottenere la bot‐ targa si estrae dalla pancia del muggine la sacca ovarica completa, da cui viene eliminata l’acqua, presente in


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grande abbondanza, poi viene pres‐ sata in modo da eliminare tutti gli ami‐ noacidi, salata e lasciata essiccare. In Sardegna si produce solamente una bottarga tradizionale, quella fatta con le uova di muggine, produzione poi fuoriuscita dalla Sardegna dal 1990, quando si è cominciato a conoscerla nel resto della Penisola. Nell’Isola le zone più conosciute per la pesca e la trasformazione delle uova in bottarga sono Cabras e Tortolì, ma il 90% della bottarga che si vende in tutto il mondo oggi viene prodotta nel cagliaritano, secondo uno studio della Regione Sar‐ degna. Il mercato in cui si produce più bottarga al mondo è quello di Taiwan, con una ricetta diversa dalla nostra, ma il secondo mercato mondiale è quello sardo”. Oltre ad essere una prelibatezza per il palato, la bottarga ha proprietà bene­ fiche: “Nel 2000 abbiamo realizzato un progetto con Porto Conte Ricerche, utile sia per la conservazione del pro‐ dotto e sia per scoprire le proprietà delle uova che vengono trasformate in bottarga, quali sono le loro caratte‐ ristiche. La bottarga è ricca di omega‐ 3, è un prodotto molto proteico, e,

grazie a questo studio, si è scoperto che possiede un’altra componente molto importante, lo squalene che, come suggerisce il nome, è presente in grande quantità nella carne di squalo, e si pensa sia grazie a questa che gli squali non si ammalino di cancro, ma è presente, seppur in minor misura, anche nella bottarga”. La bottarga sarda viene apprezzata ed esportata in tutto il mondo e il suo consumo è sempre maggiore: “Es‐ sendo un prodotto della tradizione, all’interno del mercato sardo è richie‐ stissima, ma ormai è ricercata in tutto il mondo. Grandi estimatori della bot‐ targa sono i giapponesi, il mercato nipponico è molto proficuo per le aziende sarde in termini di fatturato. Prima la bottarga veniva venduta sol‐ tanto in negozi specializzati, oggi in‐ vece si trova anche nelle pescherie, nelle pizzerie e nei ristoranti. Inoltre, in passato la bottarga entrava nelle case delle famiglie una o due volte l’anno, adesso almeno una volta al mese, in‐ fatti, nonostante i costi al kg siano ab‐ bastanza elevati, una pasta con la bottarga costa relativamente poco e si prepara velocemente”.

Nonostante tutto, anche il consumo della bottarga ha risentito della crisi, anche economica, scatenata dal Covid­ 19: “Nell’ultimo anno e mezzo le ven‐ dite della bottarga sono state catastrofiche, non essendo un pro‐ dotto essenziale, ma ultimamente, gra‐ zie alle riaperture, il settore è in ripresa”. Ma che tipo di mercato è quello della bottarga?: “La bottarga ha delle ottime prospettive di mercato ­ sostiene l’arti­ giano ­ ma è bene definirlo ancora un mercato di nicchia, anche a causa della decisione di limitarne la pesca in certe zone, come Messico, Brasile e Ca‐ lifornia, per evitare che venga meno la materia prima. Posso comunque dire che, essendo un prodotto tipico, è trai‐ nante per l’economia dell’Isola, pur non potendola paragonare ad altri fa‐ mosi prodotti tipici come il pecorino, l’olio e il vino”. E infine una curiosità sulla diffusione del nome “bottarga”: “Alcune persone sentendo il termine “bottarga” non ca‐ piscono di cosa si tratti, ­ svela Salva­ tore Faedda ­ ma definendola “caviale del Mediterraneo” o “oro del Mediter‐ raneo” capiscono subito”.


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MARCO BUTTU UNA LUNGA NOTTE POLARE Marco Buttu © PNRA-IPEV

PER STUDIAR LE STELLE

di HELEL FIORI

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ella calura dell’esta­ te sarda sembra im­ possibile richiamare alla mente il fresco autunna­ le o la neve che in inverno imbianca le nostre cime più coraggiose. Impossibile a meno che non facciate parte di una spedizione scientifica in una delle terre più estre­ me e ostili del globo. Antartide, Stazione Concor­ dia. Una costruzione metalli­ ca di 1500mq si adagia sul­ l’Altopiano Antartico sopra 3000 metri di ghiaccio e neve. Costruita nel 1993, dal 2005 ospita a pieno regime spedizioni estive e invernali per svariati campi di ricerca quali la glaciologia (carotag­ gi per monitorare il clima a ritroso fino a 800 000 anni fa), fisica dell’atmosfera e climatologia, astronomia, geodesia (spostamento delle placche tettoniche). Attual­ mente è in atto la diciasset­ tesima spedizione invernale, che da febbraio a novembre 2021 impiegherà una squa­ dra di dodici invernanti (cin­ que francesi, sei italiani, uno inglese) tra cui brilla una stella tutta sarda, il dott. Marco Buttu, nato a Gavoi quarant’anni fa e già alla sua seconda partecipazione, di­ sponibile a raccontarci la sua esperienza nella spedizione italo­francese organizzata dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA) e dall’Institut Polaire Fran­ çais (IPEV). Il PNRA è finan­ ziato dal Ministero dell’Uni­ versità e Ricerca (MUR) e ge­

stito dal CNR per la program­ mazione e il coordinamento scientifico e dall’ENEA per la pianificazione e l’organizza­ zione logistica. Buona sera Marco, cosa può dirci della spedizione? L’Antartide è un continente più grande dell’Europa, so­ stanzialmente disabitato. Durante l’inverno è popola­ to da un migliaio di persone dislocate in una sessantina di basi. Solamente un’ottan­ tina di persone stanno all’in­ terno e non sulle coste: noi a Concordia, i 13 russi della base di Vostok, gli statuni­ tensi nella base al Polo Sud. Indistintamente dal loro ruolo, tutti si occupano di ri­ cerca scientifica in vari am­ biti, direttamente o indiret­ tamente. Ad esempio, nel nostro team c’è un medico sponsorizzato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) che si occupa di monitorarci tra­ mite analisi del sangue, test psicologici, analisi del son­ no, campionamenti di saliva, etc. per capire come il corpo si adatti ad un ambiente si­ milextraterrestre. Le condi­ zioni di vita e ambientali sono analoghe a quelle di una missione spaziale di lun­ ga durata. La Stazione si tro­ va nel luogo più estremo al mondo: 100 giorni di fila senza sole, temperatura che scende sotto i ­80°C, caren­ za di ossigeno, aria secca, nessuna forma di vita. Starò qua per un anno occupan­ domi di sismologia, astrono­ mia e geomagnetismo. C’è chi tra di noi studia l’atmo­

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Marco Buttu © PNRA-IPEV

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sfera, chi il ghiaccio per ca­ pire come è evoluto il clima e come potrebbe evolvere, chi si occupa di astronomia sfruttando le condizioni ideali dell’Altopiano (assen­ za di umidità e di inquina­ mento luminoso) per osser­ vare il cielo con un telesco­ pio, chi misura il campo ma­ gnetico terrestre che ci pro­ tegge dal vento solare e chi si occupa di sismologia. Una parte di noi si occupa di ri­ cerca scientifica in modo in­ diretto, nel senso che svolge un lavoro finalizzato a coa­ diuvare la ricerca (meccani­ co, idraulico, elettricista, re­ sponsabile gruppi elettroge­ ni: figure necessarie per operare la manutenzione della base. Ci sono anche un medico e un cuoco).

Qual è stata la formazione che le ha permesso di acce­ dere al progetto? Mi sono laureato in Inge­ gneria Elettronica e lavoro per l’Istituto Nazionale di Astrofisica, Osservatorio Astronomico di Cagliari. Grazie al mio lavoro al Sardi­ nia Radio Telescope sono stato selezionato nel 2017 per ricoprire il ruolo di astronomo a Concordia. Ho poi voluto fare un’altra esperienza, e adesso mi tro­ vo nuovamente al buio tra i ghiacci, nel bel mezzo della mia seconda spedizione. Quali sono gli effetti fisici e mentali di una prolungata permanenza in Antartide? Nell’Altopiano, rispetto alla costa, il fisico risente della forte carenza di ossigeno,

causa di disturbi del sonno assieme ai ritmi circadiani alterati. Da uno studio del­ l’ESA risulta che qui si va in apnea del sonno in media una volta al minuto, la fase NREM3 (sonno profondo, n.d.a.) è quasi assente e la fase REM dimezzata. Gli ef­ fetti sulla mente possono variare, ma in generale si può riscontare una carenza di attenzione dovuta alla routine ripetitiva e alla deprivazione sensoriale, vista l’assenza di sti­ moli: paesaggio piatto e mono­ cromatico pri­ vo di profumi e forme di vita. Quale ri­ scontro si ha sul li­ vello emoti­ vo e spiri­ tuale? È senza om­ bra di dubbio un’esperienza che ti mette alla prova sot­ to l’aspetto umano, sia per quanto riguar­ da la lonta­ nanza dagli affetti, sia per ciò che con­ cerne i rapporti all’interno del

team. L’aspetto emotivo e spirituale sono soggettivi. Credo che una persona sen­ sibile possa trovare territo­ rio fertile per l’introspezio­ ne, vedendo amplificate le sue emozioni e assaporando un risveglio spirituale e una gratitudine sconfinata. D’al­ tra parte, una persona poco sensibile potrebbe vivere questa esperienza come se stesse al bar con gli amici, senza la minima consa­ pevolezza di trovarsi nel posto più remoto del pianeta totalmen­ te isolato dalla vita. Quale rapporto ha sviluppato con la nostra isola, cosa farà appena rientrato? Il rapporto che ho con la Sardegna potrei parago­ narlo a quello che si ha tra ma­ dre e figlio. Starò a Gavoi in famiglia e con gli amici, poi al mare e nel Su­ pramonte, infine a Cagliari. Per seguire l’atti­ vità del dott. But­ tu e godere dei suoi splendidi scatti seguitelo sui canali uffi­ ciali Facebook e Instagram @marco.buttu.

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Sassari | Via Alghero 22 Nuoro | Via Corsica, 15 079 273825 | 339 7209756 Informazione sanitaria a carattere informativo non promozionale e non suggestivo secondo il comma 282 della legge 248 del 04/08/2006 - Direttore Sanitario Andrea Massaiu Odontoiatra, Iscr. Albo Odontoiatri di Sassari n° 623


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