Sherwood - Foreste ed Alberi Oggi n°170

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www.rivistasherwood.it

Mensile di divulgazione tecnico-scientifica della Compagnia delle Foreste, anno 17 n. 1 Febbraio 2011 -

6,00 Euro Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n째 46) art.1, comma 1, DCB/10/2004, Arezzo - ISSN 1590-7805


170 S h e r w o o d F o r e s t e e d A l b e r i O g g i Mensile d’informazione tecnica sull’albero, l’arboricoltura da legno e la foresta Anno 17, numero 1 Febbraio 2011

Tel. e fax (2 linee) 0575.370846, tel. 0575.323504 Posta elettronica: info@rivistasherwood.it Sito internet: www.rivistasherwood.it Direttore Responsabile Paolo Mori Direttore Editoriale Silvia Bruschini Responsabile scientifico Paolo Mori In redazione Massimo Bidini, Carlo Mori, Leda Tiezzi, Luigi Torreggiani, Maria Cristina Viara Casa Editrice Compagnia delle Foreste S.r.l., www.compagniadelleforeste.it Stampa Industria Grafica Valdarnese S.n.c. - San Giovanni V.no (AR) Collaboratore esterno Leila Firusbakht

Abbonamenti 2011 abbonamenti@rivistasherwood.it

ANNUO ORDINARIO (10 numeri) BIENNALE ORDINARIO (20 numeri) semestrale ORDINARIO (6 numeri) RIDOTTO* PER STUDENTI: ANNUO semestrale

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*La riduzione è riservata esclusivamente agli studenti iscritti a corsi di laurea universitari. Per questo motivo è indispensabile fare pervenire un documento che attesti tale iscrizione (certificato di frequenza o pagamento delle tasse annuali). Sono esclusi i dottorati di ricerca, le borse di studio, i master e assimilabili.

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pagamento abbonamenti e/o arretrati

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L’abbonamento non è retroattivo e decorre dal 1° numero raggiungibile.

diffusione e destinatari Liberi Professionisti, Tecnici forestali di Enti Pubblici, Imprese e Cooperative forestali, Pioppicoltori e loro Associazioni, Assessorati Agricoltura e Foreste di Regioni, Province e Comuni, Comunità Montane, Consorzi Forestali, Associazioni ambientaliste, C.F.S., Uffici Territoriali per la Biodiversità, Aziende regionali delle Foreste, Studenti e Neolaureati delle Facoltà di Scienze Forestali e Scienze Naturali, Istituti di ricerca, Parchi Nazionali, Regionali, Provinciali, Aree Protette, Aziende Forestali, Associazioni di categoria, Volontari antincendio boschivi, e tutti coloro che hanno a che fare con la Filiera Foresta-Legno.

Consiglio Editoriale

Stefano Berti, Enrico Buresti Lattes, Lorenzo Camoriano, Gaetano Castro, Raffaele Cavalli, Sergio Gallo, Giorgio Iorio, Lucio Montecchio, Paolo Mori, Davide Pettenella, Franco Piegai, Massimo Stroppa, Leda Tiezzi

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Gli articoli (tecnici e scientifici) pubblicati su sherwood vengono segnalati all’interno di: forestry abstracts - forestry products abstracts - agroforestry abstracts (uk); forest nursery notes (usa); arboricultural journal (uk).

Elenco inserzionisti pag. 8 pag. 47 pag. 52 pag. 22

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Martellata in boschi a struttura irregolare

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Trattamento dei boschi a struttura irregolare

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ICAR Bazzoli S.r.l. Umbraflor S.r.l. Valentini Teleferiche S.n.c. Wood-Mizer Italia S.r.l.

Esempio di applicazione pratica della chiave dicotomica di Bruno Vanstaevel

Trov@to su Internet Una casa di legno cresce sul web

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L’intervista a… Pietro Piussi

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Schede Sicurezza nei lavori forestali Esbosco con trattore con rimorchio o con gabbie

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Specie forestali e global change

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Forestazione Pesariis: una proprietà collettiva cresce grazie alle foreste

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Innovazioni nel settore forestale: lo stato dell’arte

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Commenti & Proposte Università e mondo del lavoro

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di AA.VV.

Il leccio in provincia di Grosseto di Davide Melini

di Remo Tommasetti, Maria Rizzo, Alessandro Paletto

Gli studenti s’interrogano di Giulio Di Lallo

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“Imprenditore forestale”

Comunicazione agli abbonati

Andreas Stihl S.p.A. De Angeli Ing. Andrea S.r.l. Fercad S.p.a. - Husqvarna Gandini Meccanica S.n.c.

Editoriale Più idee e risultati su Sherwood

Una chiave dicotomica per iniziare di Bruno Vanstaevel, Yann Mozziconacci

Sede Legale, Redazione, Abbonamenti e Pubblicità Via Pietro Aretino 8, 52100 Arezzo

Italia

sommario

pag. 50 pag. 7 pag. 14 pag. 41

Una figura da riconoscere giuridicamente (e non solo) di Luca Marconcini

Foreste, guerre e pace

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PostScriptum Quale divulgazione per una conoscenza condivisa?

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Borse € Lavoro Ambiente da Leggere Notizie in Pillole Corsi, Convegni & C.

4 40 42 48

Una riflessione sul ruolo di alberi e foreste nei conflitti e nei processi di pace di Enrico Calvo di Lorenzo Camoriano e Sergio Gallo

Una COPERTINA per la MULTIFUNZIONALITà In questo numero: Confine di particella forestale Funzione Produttiva La foto di copertina è di Luigi Torreggiani

Tutti gli articoli proposti a Sherwood sono sottoposti in forma anonima all’esame di Referee. Gli articoli di carattere descrittivo o informativo sono sottoposti all’esame di due componenti della Redazione e di almeno un Referee esterno. Gli articoli a prevalente carattere tecnico-scientifico sono sottoposti all’esame di almeno un componente della Redazione e di almeno due Referee esterni. In entrambi i casi la pubblicazione è condizionata all’accettazione, da parte degli Autori, dei commenti della Redazione e dei Referee e alla relativa revisione dei testi. Sherwood per scelta editoriale, è stampata su carta del Sistema Freelife Fedrigoni che impiega l’80% di fibre secondarie recuperate da materiale di scarto tipografico mai stampato, il 15% pura cellulosa e il 5% di cotone. La sbiancatura non prevede l’impiego di cloro. Tutti i diritti sono riservati. La riproduzione totale o parziale delle illustrazioni e degli articoli pubblicati, con qualsiasi mezzo possibile, elettronico o cartaceo, è subordinata all’autorizzazione scritta dell’Editore. I.V.A. assolta dall’Editore alla fonte ai sensi dell’art.74, 1° comma, lettera C, D.P.R. n.633 del 26/10/72 e succ. modifiche ed integrazioni. Reg. Tribunale di Arezzo n.4/95 del 26/01/95

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana


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editoriale

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Più idee e risultati su Sherwood Alcuni sostengono che le buone idee siano la vera locomotiva del progresso. Altri invece si disinteressano della “locomotiva” concentrandosi principalmente nel riempire vagoni, mirando ad ottenere risultati immediatamente tangibili, misurabili sul territorio e nella vita delle persone che ne fanno parte. Noi siamo convinti che una locomotiva senza vagoni serva solo a chi la alimenta e che una lunga fila di vagoni senza locomotiva non possa muoversi. Con le nostre pagine vorremmo fare in modo che pensiero e azione si avvicinassero, che locomotiva e vagoni venissero agganciati con più frequenza per formare un convoglio in grado di spostarsi in una direzione condivisa. E’ per questo che, anche con il Consiglio Editoriale, abbiamo deciso di inaugurare con questo primo numero del 2011 tre nuovi spazi all’interno di Sherwood: due che portano idee e riflessioni e uno che riferisce di risultati concreti. Il primo è uno spazio d’intervista. Raramente in passato sono stati pubblicati articoli realizzati attraverso risposte a nostre domande. Con l’intervista, la Redazione si pone l’obiettivo di far conoscere, attraverso poche domande, il pensiero di un esperto del nostro settore su un determinato argomento o, più in generale, sulla propria esperienza professionale. Siamo partiti con Pietro Piussi, Autore dell’ultimo libro sulla selvicoltura generale, ormai non più disponibile in libreria da più di 3 anni, e docente della stessa materia per oltre trent’anni presso il corso di Laurea in Scienze Forestali e Ambientali di Firenze. Il secondo spazio ha nel nome lo scopo di ogni contributo: Forest zione. In queste pagine proporremo attraverso esempi reali, distribuiti sul territorio nazionale, soluzioni tecniche e organizzative che hanno portato a risultati positivi, concreti e probabilmente replicabili, con opportuni aggiustamenti, in situazioni simili. Nella maggior parte dei casi non saranno successi eclatanti. Forse rappresenteranno solo pochi posti di lavoro e risultati economici che incidono in minima parte sul PIL italiano. Ma si tratterà comunque di mutamenti estremamente importanti per chi vive in aree rurali marginali o in montagna e trova nella gestione forestale non solo un’importante integrazione del reddito, ma anche l’occasione di connettere tali aree, generalmente considerate marginali, al tessuto produttivo locale o nazionale. Iniziamo in questo numero con il caso di Pesariis, in Carnia (Friuli Venezia Giulia), dove una piccola proprietà collettiva, con fatica, impegno, tempo e risorse alla portata di tutti (PSR)

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ha cominciato a gestire attivamente il bosco accrescendone sia la provvigione che i ricavi, i posti di lavoro, la dotazione di infrastrutture e di macchine. Sarebbe bello fosse così in tutte le foreste italiane. Intanto, qui ci stanno riuscendo: proviamo a capire se esistono elementi tali da poter replicare l’esperienza in altre realtà forestali. Il terzo è uno spazio di opinione e riflessione, posto al termine della rivista e da qui il nome PostScriptum. Sarà realizzato da uno o più Consiglieri e condiviso dall’intero Consiglio Editoriale di Sherwood. Lo scopo è duplice: da una parte chiudere idealmente la rivista lasciando il lettore con uno spunto di riflessione proposto ogni volta da soggetti differenti, competenti in aspetti diversi e trasversali al settore forestale; dall’altra rendere più esplicito il ruolo di questo gruppo di “forestali” che contribuiscono fattivamente alla definizione di alcune linee editoriali di Sherwood. In pratica una proposta o un’idea su cui ragionare per svolgere meglio o con maggior consapevolezza il proprio ruolo nel settore. In questo numero si propone una riflessione sull’attuale situazione italiana della divulgazione e del trasferimento dell’innovazione nel settore agricolo-forestale. Perché questa esigenza di novità? Sempre più spesso ci capita di conoscere realtà forestali interessanti, risultati di studi e progetti sconosciuti ai più; oppure opinioni di persone che, per motivi di tempo o altro, non si decidono a scrivere o se lo fanno non trovano poi il modo di portare a pubblicazione le proprie idee. È per questo che abbiamo cercato di proporre nuovi spazi divulgativi da affiancare agli articoli tecnico-scientifici: vogliamo diffondere esperienze e competenze che crediamo interessanti e che possono costituire occasioni di riflessione ed informazione per il settore forestale. Insomma, creare con Sherwood solide connessioni tra vagoni e locomotiva per non disperdere idee e contenuti lungo il binario. Ci piacerebbe che leggeste ciò che vi proponiamo in questi tre nuovi spazi e che poi ci faceste sapere cosa ne pensate, e, soprattutto, se avete suggerimenti per migliorarli, proposte di casi di successo o argomenti da utilizzare per le interviste. Per tutto questo ci troverete nel Blog di Sherwood (www.rivistasherwood.it/blog), oppure potrete contattarci direttamente in redazione.

Silvia Bruschini Paolo Mori

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“Mosaico di biodiversità”

borse

Concorso fotografico promosso dal Parco Naturale del Sasso Simone e Simonecello, per promuovere e valorizzare il Parco esaltando la biodiversità del territorio. Scadenza: 5 Aprile 2011 Info: www.parcosimone.it

Impiego nei Giardini Hanbury. è indetta una procedura selettiva pubblica, per titoli ed esami, per la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo pieno indeterminato presso il Centro universitario di servizi Giardini Botanici Hanbury. Il giardino botanico si trova presso Ventimiglia (IM) ed è gestito dall’Università degli Studi di Genova. Scadenza: 10 Febbraio 2011 Info: www.unige.it/concorsi www.giardinihanbury.com

Funzionario forestale FAO.

Titolo del posto: Senior Forestry Officer. Durata: 3 anni. Luogo di destinazione: Santiago (Cile). Dipartimento: Regional Office for Latin America and the Caribbean (RLC). Ruolo: Guidare, coordinare e fornire assistenza tecnica ai programmi forestali e alle attività dei membri FAO nella regione caraibica e latino-americana. Requisiti richiesti: Laurea Magistrale in Scienze Forestali. Dieci anni di esperienza nel campo forestale, in particolare nello sviluppo e implementazione di politiche, piani e programmi forestali a livello nazionale. Conoscenza della lingua spagnola e inglese, oltre a limitata conoscenza del francese (tra i criteri per la selezione sarà valutata positivamente anche l’eventuale conoscenza della lingua portoghese). Scadenza: 15 Febbraio 2011 Info: www.fao.org/fileadmin/user_upload/VA/pdf/IRC2023_en.pdf

Responsabile settore forestale WWF

Titolo del posto: Responsible Forestry Coordinator. Dipartimento: Global Forest & Trade Network (GFTN) - iniziativa del WWF per trasformare il mercato globale in una forza che permetta di salvare le foreste di valore minacciate, fornendo al tempo stesso benefici sociali ed economici alle imprese e alle persone che dipendono da queste. Requisiti richiesti: Laurea Magistrale in Scienze Forestali e preferibilmente un Dottorato in Scienze Forestali o discipline correlate. Almeno dieci anni di esperienza professionale nel campo dell’industria forestale mondiale (in particolare verrà valutata l’esperienza nella gestione del commercio delle foreste tropicali); conoscenza di tutti gli aspetti della certificazione forestale e della gestione forestale responsabile; eccellente conoscenza degli aspetti riguardanti la conservazione a livello mondiale; capacità di innovazione, adattamento e miglioramento nell’ambito di contesti commerciali o di mercato per raggiungere obiettivi strategici; esperienza nella raccolta fondi e nel marketing, oltre a familiarità nei rapporti di lavoro con agenzie governative e ONG. Scadenza: 13 Febbraio 2011 Info: recruitments@wwfint.org - wwf.panda.org/who_we_are/jobs/?198911/Responsible-Forestry-Coordinator

Concorso fotografico.

“Arboreto salvatico” (Alberi e boschi delle montagne italiane) è il tema del 2° Concorso fotografico Mario Rigoni Stern. Il concorso è aperto a tutti e ogni autore può partecipare al massimo con quattro opere, più eventualmente altre due opere per la sezione speciale “I grandi patriarchi ultracentenari”, dedicata agli esemplari arborei appartenenti alla flora autoctona italiana, con dimensioni cospicue e un’età stimata superiore ai 100 anni, situati in ambiente montano o situazioni assimilabili. è prevista una quota di iscrizione di 15 euro. Scadenza: 31 Ottobre 2011 Info: www.caicsvfg.it/?p=998

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leila@compagniadelleforeste.it

€ lavoro

di Leila Firusbakht


Selvicoltura

Martellata in boschi a struttura irregolare Una chiave dicotomica per iniziare

di Bruno Vanstaevel Yann Mozziconacci

La martellata nei boschi a struttura irregolare è difficile? In questo e nel contributo successivo è presentato un percorso logico, sotto forma di chiave dicotomica, costruito in Francia proprio per facilitare l’apprendimento e capire, una volta in bosco, su cosa concentrarsi e in che ordine considerare gli aspetti più importanti.

Nel corso della martellata in boschi a struttura irregolare si adottano contemporaneamente, anche se con intensità variabile a seconda dei casi, sia scelte connesse con l’utilizzazione che con il miglioramento e/o la rinnovazione del popolamento, talvolta accompagnate da interventi fitosanitari. Il tecnico addetto alla martellata deve costantemente adattare le caratteristiche del suo intervento alle variazioni del popolamento, esaminando ciascun albero in funzione del contesto in cui si trova. L’integrazione di più parametri genera numerose domande che rischiano di disorientare, talvolta di scoraggiare il neofita. Da qui l’idea, basata sull’esperienza acquisita in bosco, di strutturare il ragionamento sotto forma di chiave dicotomica.

teristiche di ciascun albero e si segua la chiave dicotomica facendo riferimento non solo alla pianta in esame, ma anche a ciascuno degli alberi più vicini. Una serie di domande a risposte dicotomiche permette di stabilire se le caratteristiche dell’albero in esame e delle piante che lo circondano portano a conservarlo o ad abbatterlo. La sequenza in cui sono poste le domande nella chiave è anche rappresentativa dell’importanza decrescente degli aspetti da considerare al momento della martellata.

La chiave: domande giuste nell’ordine giusto

La chiave dicotomica (Figura 1) mira a ordinare le domande che è necessario porsi per la valutazione del potenziale di ciascun individuo arboreo (qualità del tronco da lavoro, vigore, stato fitosanitario) in rapporto ai soggetti che ha vicino. L’impiego della chiave permette di rendere progressivamente intuitivo e naturale il ragionamento che porta a rilasciare o abbattere un albero e, soprattutto, consente di evitare di perdersi in congetture teoriche sul trattamento dei boschi a struttura irregolare. I risultati ottenuti nelle attività didattiche con l’impiego di questa chiave dicotomica nell’ambito di “martelloscopi” (realizzati in Francia n.d.t.) sono molto incoraggianti. La procedura da seguire prevede che si valutino le carat-

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Considerazioni su alcuni argomenti trattati all ’interno (1) della chiave

1)(2) Il diametro di recidibilità Il diametro di recidibilità è stabilito in funzione della specie e della classe di qualità del potenziale tronco da lavoro. Per esempio, per le querce il diametro di recidibilità potrebbe essere fissato a 80 cm se la qualità fosse A o B, a 70 cm per la C e a 60 cm per la D(3). 2) Criteri di valutazione di un albero d’avvenire Gli alberi d’avvenire hanno fusti che vengono valutati Domande da porsi per ciascun albero durante la martellata in boschi irregolari per decidere se rilasciarlo o abbatterlo Qual'è la specie, il diametro di recidibilità e la qualità media del potenziale tronco da lavoro?

Informazioni da procurarsi prima della martellata

1 L'albero ha raggiunto il suo diametro di recidibilità?

2 E' un albero d'avvenire?

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L'albero nuoce chiaramente a un soggetto vicino?

Il vicino con cui compete è un albero d'avvenire?

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L'albero è di pessima qualità?

Il vicino, anche se non è un albero d'avvenire, ha un potenziale migliore dell'albero in esame?

L'albero nuoce alla rinnovazione affermata o alle pertiche? 7 L'albero è utile a fini strutturali, educativi o per la biodiversità?

L'albero è da abbattere

Figura 1 - Chiave dicotomica proposta nell'articolo.

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L'albero è malato e contagioso o deperiente e rischia di morire prima del passaggio successivo?

L'albero è da rilasciare

complessivamente superiori per qualità e vigore (chioma) alla media di quelli presenti nella particella. Tale valutazione avviene sulla base dei seguenti criteri: • Gli alberi più vigorosi degli altri hanno: a. buono stato fitosanitario; b. chioma sufficientemente sviluppata, ben equilibrata o posta in condizioni di svilupparsi adeguatamente. • Qualità superiore del potenziale tronco da lavoro: a. La forma del tronco deve essere cilindrica, dritta, senza fibratura deviata; b. Le caratteristiche negative(4) (difetti) devono essere poche o nessuna. La qualità individuale di ciascun albero è determinata visivamente dal rilievo della presenza e della frequenza delle caratteristiche di ciascun fusto, eventualmente con l’aiuto di un sistema di classificazione in 4 classi di qualità, come ad esempio quelle stabilite del CTBA(5) (qualità A = materiale per tranciatura o contenitori per vino (es. barrique), B = segati di prima scelta, C = segati di seconda scelta, D = impieghi industriali). In alternativa può essere adottato un sistema di classificazione soggettivo che permetta di fare facilmente un confronto tra gli alberi, il loro valore attuale, l’incremento, il valore potenziale. 3) L’albero esercita una forte competizione sul vicino Quando si dice che l’albero esercita una forte competizione sul suo vicino, significa che la concorrenza esercitata dall’albero in esame è visivamente e incontestabilmente importante nel penalizzare lo sviluppo dell’albero vicino e o che lo sarà se si aspetta a intervenire in occasione del successivo intervento. Questa situazione è spesso individuabile a colpo d’occhio se la chioma dell’albero in esame ha “mangiato” quella del suo vicino. Per capire meglio questo concetto soggettivo si può impiegare, per le latifoglie e soprattutto per le querce, il seguente metodo empirico (metodo che tuttavia non deve essere sostituito al buon senso del tecnico). A partire da alberi con fusto di medie dimensioni (D = 30 cm), si può ipotizzare, con la “regola dei 20” (o fattore di Seebach), che il diametro di una chioma ben sviluppata possegga un diametro uguale a venti volte il diametro (in centimetri) a 130 cm da terra, e quindi un raggio pari a dieci volte detto diametro. Se osservando l’albero vicino a quello in esame si nota che presenta una chioma di raggio inferiore alla metà di tale valore teorico, si può considerare che il nostro albero eserciti una forte concorrenza sul vicino in questione. Per esempio (Figura 2), se il vicino presenta un diametro a 130 cm da terra pari a 40 cm la sua chioma teorica dovrebbe avere un diametro di 8 m, ossia un raggio di 4 m. Se (1) Questo articolo introduttivo prende in esame solo 4 delle domande presenti nella chiave, per chiarirne i punti più delicati. Nell’articolo successivo, attraverso un caso di studio, sarà presentata la chiave completa (n.d.t.). (2) Questi numeri corrispondono alla relativa domanda della chiave dicotomica illustrata in Figura 1 (n.d.t.). (3) è quindi chiaro che, a seconda delle specie presenti in un dato bosco, sarà necessario stabilire prima di iniziare la martellata i valori a cui fare riferimento (n.d.t.). (4) Dal momento che le caratteristiche di un tronco da lavoro possono essere considerate negative solo se riferite ad una determinata trasformazione o ad un determinato impiego, in questi casi si fa sempre riferimento alle destinazioni commerciali o agli impieghi più remunerativi per la specie (n.d.t.). (5) Centre Technique du Bois et de l’Ameublement dal 2007 fuso con AFOCEL in un unico organismo denominato FCBA (www.fcba.fr).


alla martellata, come ad esempio la valutazione della qualità attuale o potenziale di ciascun albero, la stima del suo stato sanitario e la determinazione del grado di competizione che questo esercita o subisce in rapporto alle piante vicine.

Diametro teorico della chioma: 8 m

Albero A Vicino C

i n f o . artic o l o Autori: Bruno Vanstaevel, - Centre Règional de la Propriété Forèstiere CRPF - Bourgogne. E-mail bourgogne@crpf.fr

Yann Mozziconacci, Centre Règional de la Propriété Forèstiere - CRPF - Bourgogne.

Parole chiave: Selvicoltura, trattamento irregolare, martellata, chiave dicotomica, Francia. D 1,3 m = 40 cm

D 1,3 m = 70 cm

Raggio teorico 4 m Mezza chioma misurata 1,5 m

Figura 2 - Esempio di applicazione della "regola dei 20".

osservando si nota che la concorrenza dell’albero in esame ha “mangiato” più di 2 m alla chioma del vicino si può ritenere che esso eserciti una concorrenza tale da dover scegliere di eliminarlo, naturalmente solo se il suo potenziale è inferiore. Nella Figura 2 la mezza chioma del vicino C appare nettamente inferiore a 2 m. L’albero A esercita quindi una competizione significativa sul vicino C. 7) Criteri di stima di particolare utilità di un albero (ruolo di educatore, importanza per la stabilità meccanica del popolamento o importanza ambientale) Il ruolo di un albero è importante all’interno di un popolamento se: • l’obiettivo dell’intervento ed i suoi criteri di prelievo (necessità di ridurre la provvigione, di mantenerla o di accrescerla) non consentono l’utilizzazione del legname di un determinato albero per le ricadute locali o globali che può avere; • la copertura della sua chioma è localmente indispensabile (protezione di un altro albero di pregio, educazione della rinnovazione, ostacolo allo sviluppo vegetazione erbacea o arbustiva…); • si tratta di un albero importante per la stabilità meccanica del bosco, che contribuisce all’equilibrio del popolamento e che, per esempio, permette di sostenere meccanicamente dei giovani fusti, delle pertiche o degli alberi di piccole dimensioni; • la sua eccezionale qualità, la sua importante statura, il suo aspetto estetico o la sua importanza storica possono portare a conservarlo anche al di là del suo diametro di recidibilità, sempre che la sua presenza non determini pericolo all’interno del popolamento; • si tratta di un albero morto o con cavità che presentano un interesse per la biodiversità. L’apprendimento della martellata con l’aiuto di questa chiave dicotomica, presuppone evidentemente che chi la impiega sia sufficientemente esperto sulle conoscenze indispensabili ad ogni tecnico addetto

Articolo originale: Martelage en traitement irrégulier: une clé pour démarrer. Forêt enteprise n° 195 Novembre 2010.

Selezionato dalla Redazione di Sherwood tra gli articoli proposti in EUFORMAG (European network of Forestry Magazines) www.euformag.eu Traduzione di Paolo Mori.

Abstract: Tree marking in forests with irregular structure. Starting

with a dichotomous key. Is it difficult to do a tree marking when the forest has an irregular structure? In this paper, and in the following one, we present a logical way, in the guise of a dichotomous key, built in France, in order to ease the learning and to understand what we need to focus on when we are in the forest and in which order the main elements have to be considered.

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Selvicoltura

Trattamento dei boschi a struttura irregolare Esempio di applicazione pratica della chiave dicotomica

di Bruno Vanstaevel

Il lavoro di un tecnico, ogni volta che si appresta ad effettuare una martellata, è quello di individuare un percorso logico che consenta di scegliere gli alberi da rilasciare e quelli da utilizzare. Qui si presenta un esempio di impiego della chiave dicotomica di supporto alla martellata in popolamenti a struttura irregolare descritta nel precedente contributo.

La chiave dicotomica (Figura 1), descritta nell’articolo precedente (Vanstaevel e Mozziconacci 2011), è essenzialmente uno strumento didattico utile a seguire il ragionamento che conduce, albero per albero, a valorizzare i soggetti migliori(1) attraverso un prelievo sostenibile per il popolamento.

Popolamento e direttive per la martellata

• area basimetrica: 16,5 m2 (di cui il 60% derivante da fusti di grosse e grossissime dimensioni); • volume di legname da opera: 90 m3/ha. Nel Grafico 1 è possibile osservare la distribuzione dei diametri per ettaro. Sul piano dominante arrivano anche 5 pertiche/ha. Per semplicità si considererà un unico diametro di recidibilità per le querce fissato a 80 cm. In questo popolamento sono considerati come alberi d’avvenire quelli che hanno caratteristiche superiori alla media

Per comprendere meglio i criteri di scelta al momento di effettuare una martellata in un popolamento a struttura irregolare ci si riferirà all’esempio illustrato in Figura 2, in cui è rappresentato un ceduo matricinato di quercia in conversione verso un popolamento a struttura irregolare. L’illustrazione riguarda circa 2.000 m2 di un popolamento rappresentato attraverso 2 transect posti uno di seguito all’altro, lunghi 100 m e profondi 20. Nell’illustrazione, per ciascuna pianta, sono riportati il numero dell’albero, la classe di qualità del suo potenziale tronco da lavoro e, in basso, il diametro a 130 cm da terra. Gli alberi contrassegnati con una croce rossa sono quelli proposti per essere utilizzati. Il piano dominante di questo popolamento virtuale è costituito da matricine di grosse dimensioni, distribuite in maniera irregolare, le cui principali caratteristiche sono: • densità: 120 piante/ha (di cui il 30% con fusti di grosse e grossissime dimensioni); (1) Non solo per quanto riguarda la produzione, ma anche relativamente a biodiversità e funzionalità bioecologica (n.d.t.).

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locale(2), cioè quelli che hanno tronchi potenzialmente in classe A o B, ben conformati, con una chioma sviluppata e in piena crescita.

Quali alberi martellare?

Grafico 1 - Distribuzione diametrica del bosco oggetto della simulazione.

Domande da porsi per ciascun albero durante la martellata in boschi irregolari per decidere se rilasciarlo o abbatterlo Qual'è la specie, il diametro di recidibilità e la qualità media del potenziale tronco da lavoro?

Informazioni da procurarsi prima della martellata

1 L'albero ha raggiunto il suo diametro di recidibilità?

Primo gruppo: le piante grosse

2 E' un albero d'avvenire?

3

4

Nell’esempio che segue i ragionamenti sono collegati alla chiave dicotomica. Per questo ciascuna scelta è preceduta da un numero che la collega alla domanda della chiave dicotomica a cui si riferisce. Per esempio, se l’albero in esame è in forte competizione con un soggetto vicino, il percorso all’interno della chiave sarà contrassegnato con “(3-Sì)”(3). Saranno anche utilizzate le seguenti abbreviazioni: • PB = alberi di piccole dimensioni (classi di diametro 20 e 25 cm); • BM = alberi di medie dimensioni (classi di diametro 30-35-40 e 45 cm); • GB = alberi di grandi dimensioni (classi di diametro 50, 55, 60 e 65 cm); • TGB = alberi di dimensioni grandissime (classi di diametro 70 e più cm). Nell’esaminare i transect da 1.000 m2 ciascuno riportati in Figura 2, a titolo esemplificativo sarà posta particolare attenzione su 3 gruppi di piante.

Pianta 1, quercia con diametro di 50 cm e tronco in qualità C

L'albero nuoce chiaramente a un soggetto vicino?

Il vicino con cui compete è un albero d'avvenire? 5

6

8

L'albero è di pessima qualità?

Il vicino, anche se non è un albero d'avvenire, ha un potenziale migliore dell'albero in esame?

L'albero nuoce alla rinnovazione affermata o alle pertiche?

Pianta 2, quercia con diametro di 20 cm e tronco in qualità C

7 L'albero è utile a fini strutturali, educativi o per la biodiversità?

L'albero è da abbattere

9 L'albero è malato e contagioso o deperiente e rischia di morire prima del passaggio successivo?

L'albero è da rilasciare

Figura 1 - Percorso nella chiave dicotomica effetuato per la pianta 1. Le parti in grigio sono quelle non utilizzate.

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La pianta 1 non ha ancora raggiunto il suo diametro di recidibilità (1-No) e non è un albero d’avvenire (2-No). La pianta è in forte competizione con la pianta vicina (n° 2) (3-Sì), anch’essa con un tronco da lavoro potenziale di qualità C (4-No) ma che, in termini di guadagno annuo, è un produttore peggiore rispetto alla pianta n°1 e, quindi, di potenziale inferiore (5-No). La pianta n° 1 è in uno stato fitosanitario buono (9-No). La conclusione di questo percorso è che la quercia n°1 è una pianta produttiva da conservare in attesa che raggiunga il diametro di recidibilità. Nella Figura 1 è riportata la sequenza del ragionamento che ha portato alla scelta appena descritta. Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-No => 3-Si => 4-No => 5-No => 9-No => l’albero è da rilasciare.

E’ un albero di piccole dimensioni (1-No) collocato non molto bene e che presenta un potenziale medio (2-No). Se dovesse sopravvivere è possibile che in futuro possa essere utile, non nuoce ad altri alberi (3-No), si trova sul piano dominato, ma non ha problemi di carattere fitosanitario (9-No). Seguendo la chiave dicotomica, sulla base delle risposte riportate sopra si ricava che è un albero da rilasciare. Si tratta infatti di uno “sprinter”, cioè una pianta che può riprendere ad accrescersi in altezza con vigore, soprat(2) In questa simulazione sono considerati tronchi da lavoro medi quelli in classe C (n.d.t.). (3) In pratica significa che alla domanda numero 3 si risponde “sì” (n.d.t.).


pioppo tremolo

ciliegio

Figura 2 - Illustrazione del popolamento di esempio. Sulla chioma: numero pianta e classe di qualità; sotto il fusto: diametro in centimetri. Le X corrispondono agli alberi martellati nella simulazione.

tutto se favorita dall’utilizzazione del grande albero n°3. Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-No => 3-No => 8-No => 9-No => l’albero è da rilasciare.

Pianta 3, quercia con diametro di 80 cm e tronco in qualità B è un albero di dimensioni molto grandi con un tronco di buona qualità (classe B), piuttosto rara nel popolamento in esame. Tuttavia la pianta n° 3 ha raggiunto il suo diametro di recidibilità (1-Sì) sovrasta un nucleo di rinnovazione (6-Sì) ed esercita inoltre una forte competizione dei confronti della pianta n° 2. La sequenza delle risposte nella chiave dicotomica porta a stabilire che la pianta deve essere abbattuta. Il taglio della pianta n° 3 non solo permetterà di ricavare reddito dalla sua vendita, ma consentirà anche di far giungere una maggior quantità di luce alla rinnovazione e, pur se di minore importanza, di ridurre la competizione nei confronti della pianta n° 2. Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-Sì => 6-Sì => l’albero è da tagliare.

Pianta 4, quercia con diametro di 20 cm e tronco in qualità C La scelta in questo caso è da valutare rispetto a 2 piante competitrici (n.d.t.) Rispetto alla pianta 5 è un albero con un fusto di piccole dimensioni (1-No), di qualità media (2-No) in concorrenza con la pianta n° 5 (3-Sì) che tuttavia manifesta un potenziale inferiore a causa della chioma eccessivamente compressa

(4-No e 5-No). Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-No => 3-Sì => 4-No => 5-No => 9-No => l’albero è da rilasciare. Rispetto alla pianta 6 La pianta n° 4 non nuoce invece al grande albero n° 6 (3-No) e ha un tronco da lavoro potenzialmente classificabile nella categoria C. è un albero sano (9-No) che sarà rilasciato in attesa di vedere come evolverà. Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-No => 3- No => 8-No => 9-No => l’albero è da rilasciare. Rispetto ad entrambe le piante con cui è in competizione, la pianta 4 è da rilasciare.

Pianta 5 Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-No => 3-Sì => 4-No => 5-Sì => 6- Sì => l’albero è da tagliare.

Pianta 6 Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-No => 3-No => 8-No => 9-No => l’albero è da rilasciare.

Secondo gruppo: l’area con l’albero morto Pianta 11, quercia con diametro di 30 cm e tronco in qualità B è un albero con un fusto di medie dimensioni (1-No), che può essere considerato d’avvenire per la qualità supe-

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Decisione

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m

t

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m

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m

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m

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m

t

Tabella 1 - Scheda della martellata con riportate le decisioni per l'insieme degli alberi. m = piante da mantenere; t = piante da tagliare.

riore e la buona conformazione (2-Sì). Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-Sì => l’albero è da rilasciare.

Pianta 12, quercia con diametro di 30 cm e tronco in qualità B Anche questo è un albero d’avvenire, molto simile al precedente, con il quale è in concorrenza e che, in accordo con la chiave dicotomica, sarà rilasciato. Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-Sì => l’albero è da rilasciare. La scelta relativa agli alberi 11 e 12 può sembrare strana, ma evita il rischio di fare una scelta azzardata e prematura per piante con caratteristiche simili per le quali attualmente non può essere stabilita una gerarchia, neppure potenziale. Tagliare una delle due potrebbe condurre a eliminare l’albero il cui potenziale è migliore. Il fatto di rilasciarli entrambi certamente ne penalizza un po’ l’accrescimento, ma se i tempi di ritorno sulla stessa particella saranno relativamente brevi sarà possibile metterli nuovamente a confronto entro pochi anni. In occasione del prossimo intervento, se uno dei due avrà visibilmente sofferto la concorrenza dell’altro, avrà perso il confronto e il suo stato di albero d’avvenire, pertanto potrà essere tagliato per liberare quello che avrà

Pianta 13, quercia con diametro di 40 cm e tronco in qualità D è un albero di medie dimensioni (1-No). Non rappresenta un albero di avvenire (2-No), ma è in competizione diretta con le piante vicine (3-No). Numerose caratteristiche negative penalizzano la qualità del suo tronco da lavoro (8-Sì) e, inoltre, nuoce ad un gruppo di rinnovazione affermata (6-Sì). Tutto ciò conduce alla decisione di tagliarlo. Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-No => 3-No => 8-Sì => 6-Sì => l’albero è da tagliare.

Pianta 14, quercia morta con diametro di 50 cm e tronco destinabile a legna da ardere è un albero di grandi dimensioni (1-No), morto (2-No), colpito da un fulmine da diverso tempo e già attaccato da numerosi insetti lignivori e da alcuni picchi che l’hanno

Grafico 2 - Risultato della martellata in numero di alberi per classe di diametro (n/ha).

Grafico 3 - Risultato della martellata in area basimetrica per classe di diametro (m2 /ha).

Grafico 4 - Risultato della martellata in numero di alberi per categoria di grandezza (n/ha).

Grafico 5- Risultato della martellata in area basimetrica per categoria di grandezza (m2 /ha).

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vinto la competizione. Se invece, malgrado la competizione, questi continueranno senza che uno prenda il sopravvento sull’altro si saranno mantenuti uno vicino all’altro due alberi con buone qualità, caratterizzati da una capacità di accrescimento ridotta, ma in grado di offrire un prodotto globalmente superiore a quello che si sarebbe ottenuto eliminando arbitrariamente uno dei due.

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perforato in più parti. Qualche pezzo di corteccia e dei rami secchi sono già caduti a terra senza tuttavia causare danni a persone o cose dal momento che la pianta si trova lontana da tutti i percorsi. La pianta non nuoce a nessun altro soggetto del popolamento (3-No), ma è soltanto adatta alla produzione di legna da ardere (8-Sì). Anche se non nuoce alla rinnovazione, molti selvicoltori eliminerebbero questo tipo di pianta, ma, dal momento che costituisce un habitat particolarmente interessante per insetti, pipistrelli e uccelli, è molto utile all’ecosistema e dovrebbe essere conservata ai fini del mantenimento della biodiversità (7-Sì). è una pianta che non determina più alcun rischio di carattere fitosanitario (9-No). Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-No => 3-No => 8-Sì => 6-No => 7-Sì => 9-No => l’albero è da rilasciare.

Terzo gruppo:

l’area con il ciliegio Pianta 22, quercia con diametro di 30 cm e tronco in qualità C Si tratta di un albero di medie dimensioni (1-No), di qualità media (2-No), che si trova in competizione (3-Sì) con la pianta 23, che ha piccole dimensioni e fusto potenziale di qualità equivalente (4-No). La pianta 22 ha quindi il vantaggio di essere più grande rispetto alla 23 (5-No) e le sue buone condizioni fitosanitarie contribuiscono a decidere di rilasciarla (9-No). Inoltre, anche se la 23 avesse avuto lo stesso diametro, il fatto di avere già prelevato la pianta 21, deperiente, porterebbe la 22 ad essere un albero ben collocato e quindi da conservare per una buona distribuzione dei fusti nel popolamento (7-Sì). Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-No => 3-Sì => 4-No => 5-No => 9-No => l’albero è da rilasciare.

Pianta 23, quercia con diametro di 20 cm e tronco in qualità C è una pianta con un fusto di piccole dimensioni (1-No), di qualità media (2-No), che nuoce ad altri due fusti, il 22 e il 24, il primo di maggiori dimensioni, il secondo (ciliegio) più raro. Ciò rende la pianta 22 un albero con minori potenzialità rispetto ai vicini (5-Sì), che non nuoce alla rinnovazione (6-No), ma che è mal collocato rispetto alle piante vicine. Non avendo un ruolo strutturale, nell’educazione delle giovani piante o per la tutela della biodiversità (7-No) la pianta potrà essere abbattuta. Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-No => 3-Sì => 4-No => 5-Sì (2 volte) => 6-No => 7No => l’albero è da tagliare.

Pianta 24, ciliegio con diametro di 20 cm E’ un ciliegio di piccole dimensioni che fa parte delle specie sporadiche della particella e favorisce la biodiversità. Per quanto di qualità media, è in competizione con la pianta 25, è ancora vigoroso e potrebbe essere migliorato con la potatura ove venissero sviluppati dei ricacci a seguito dell’abbattimento della pianta 23. Si tratta comunque di una pianta utile all’interno del popolamento (7-Sì) e ciò conferma la necessità di mantenerla.

Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-No => 3-No => 8-Sì => 6-No => 7-Sì => l’albero è da rilasciare.

Pianta 25, quercia con diametro di 60 cm e tronco in qualità C E’ un albero di grandi dimensioni (1-No) e, malgrado la sua qualità media, è da considerare uno degli alberi produttivi del popolamento (2-No). Il fatto che nuocia al ciliegio vicino (3-Sì), utile ma di valore inferiore (5-No), non conduce evidentemente alla scelta di abbatterlo, tanto più che si trova in buone condizioni fitosanitarie (9-No). Scelta sulla base della chiave dicotomica: 1-No => 2-No => 3-Sì => 4-No => 5-No => 9-No => l’albero è da rilasciare.

Risultati della martellata

Si analizza adesso la scheda della martellata, dove si sono riportate le decisioni per l’insieme degli alberi. Nella Tabella 1 “m” significa che gli alberi sono da mantenere, “t” significa che sono da tagliare. (Le scelte fatte per gli alberi presenti nel transect, ma non trattati in questo testo sono descritte in un documento on-line scaricabile in lingua francese dal sito: www.foretpriveefrancaise. com => dossiers thematiques => Traitament irrégulier). La simulazione di martellata oggetto di questi articolo avrebbe come conseguenze i risultati di seguito riportati. La simulazione di martellata ha prelevato circa il 29% del numero di piante e il 29% dell’area basimetrica, che si ripartisce nel 14% utilizzato per finalità di miglioramento e il 15% per taglio di maturità. Il popolamento, composto da una riserva di alberi di grosse dimensioni distribuito in maniera irregolare, dopo il taglio ha conservato la stessa struttura. L’area basimetrica è passata da 16,5 m2/ha prima dell’intervento a 11,6 m2/ha dopo il taglio, con un prelievo di 4,9 m2/ha, ritenuto sostenibile in questo tipo di popolamento che presenta una buona proporzione di alberi di grosse dimensioni che favoriscono la stabilità e un sotto piano che consente alla luce di filtrare. L’intensità di prelievo della simulazione presuppone la necessità di un tempo di ritorno di 12 anni per la ricostituzione di una provvigione identica a quella antecedente all’intervento.

Una martellata virtuale ma istruttiva e realistica

I Grafici (2,3,4,5) mostrano bene il miglioramento ottenuto nell’ambito dei fusti medi e piccoli e la raccolta effettuata essenzialmente nelle classi dei fusti di grandi dimensioni. Gli interventi simulati non hanno prelevato fusti grossi o molto grossi che non avessero ancora raggiunto la maturità. Ciò è normale, poiché, se il lavoro di miglioramento è ben fatto, gli alberi mediocri e “nocivi” vengono eliminati prima che possano raggiungere grandi dimensioni. Il popolamento è quindi costituito quasi esclusivamente da alberi produttivi ben distribuiti, che, a meno di imprevisti, saranno conservati fino a che non avranno raggiunto il diametro di recidibilità (soglia di valorizzazione massima).

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A livello commerciale l’intervento in un bosco di latifoglie a struttura irregolare genera due assortimenti legnosi nettamente distinti le cui caratteristiche, la qualità, il mercato e i sistemi di commercializzazione sono radicalmente differenti. In effetti vendere ciò che è stato tagliato solo per fini di miglioramento insieme a ciò che è stato tagliato per la raccolta, penalizza gravemente il prezzo ottenuto per i tronchi di grosse dimensioni. è quindi frequente, in questo tipo di interventi su popolamenti a struttura irregolare, distinguere il taglio di miglioramento da quello di raccolta, per il quale bisogna spesso prevedere la preventiva eliminazione della chioma di una parte degli alberi di grandi dimensioni, per limitare, in fase di abbattimento, danni alle giovani piante. La martellata può essere fatta in un solo passaggio, ma è tecnicamente e commercialmente preferibile realizzare l’utilizzazione in due tempi distanziati da uno o più anni. Il vantaggio è quello di ripartire il prelievo e il suo impatto nel tempo e ciò rinforza ancora di più l’effetto benefico dei tempi di ritorno brevi. E’ interessante constatare che la logica della martellata fatta albero per albero, per favorire i migliori soggetti senza preoccuparsi particolarmente per la struttura, conduce generalmente ai prelievi preconizzati nel trattamento irregolare. L’apprendimento delle tecniche di martellata nei popolamenti a struttura irregolare può quindi ispirarsi alla chiave dicotomica proposta in questo articolo. Malgrado un approccio ostico, la sua costruzione permette di comprendere meglio il senso della “selvicoltura d’albero” e di gerarchizzare più facilmente i criteri di scelta. In questo senso la chiave dicotomica permette di acquisire automatismi che evitano di commettere gli errori più gravi e di utilizzare anticipatamente piante che possono rimanere in bosco. Con questo metodo si impara, ad esempio, a rilasciare gli alberi mediocri, ma non “nocivi”, il cui prelievo prematuro può privare, nel tempo, di una produzione ridotta, ma non nulla. Si può scoprire inoltre che il criterio di “albero nocivo per la rinnovazione” interviene soltanto alla fine del ragionamento e ciò permette di ricordare che deve essere considerata solo la “rinnovazione utile”, cioè quella che è possibile favorire senza sacrificare un albero produttivo che non ha ancora raggiunto la sua maturità.

i n f o . artic o l o Autore: Bruno Vanstaevel, Centre Règional de la Propriété Forèstiere CRPF - Bourgogne. E-mail bourgogne@crpf.fr Parole chiave: Selvicoltura, trattamento irregolare, martellata, chiave dicotomica, Francia. Articolo originale: Un martelage de traitement irrégulier dans un fauteuil. Forêt enteprise n° 195 Novembre 2010. Selezionato dalla Redazione di Sherwood tra gli articoli proposti in EUFORMAG (European network of Forestry Magazines) www.euformag.eu Traduzione di Paolo Mori.

Abstract: Tree marking in forests with irregular structure. A practical example of how to use the dichotomous key. Every time a technician makes a tree marking his job is to identify a logical path that allows to choose which trees to leave and which ones to use. In this paper we describe an example of how to use the dichotomous key (described in the previous paper) to help the tree marking in forests with irregular structure.


Una casa di legno... cresce sul web

“è il progetto della mia vita, per questo devo raccontarlo a più persone possibili”. Appare così semplice la motivazione che ha spinto Samuele Giacometti a raccontare, prima sul web e in futuro su un libro, la sua storia fatta di bosco, legno e sostenibilità, che viene da chiedersi il perché, a narrare di queste tematiche, siano sempre troppo pochi... Sa Di Legno® è un progetto ideato da un "estraneo" al mondo forestale, un ingegnere appunto, che decide di costruirsi una casa di legno non a “km 0”, ma bensì

a “CAP 33020”, utilizzando cioè materiale ed artigiani accomunati dallo stesso CAP, o comunque residenti nella stessa valle in cui sorge l’abitazione, la Val Pesarina (Prato Carnico - UD). E’ un progetto ambizioso per se stesso, perché non si tratta di una “baita della domenica”, ma di una casa, da abitare con la propria famiglia, in cui risparmiare il più possibile energia, in cui vivere bene e in modo rispettoso dell’ambiente. E’ un progetto ambizioso anche per il suo piccolo territorio d’adozione, la Carnia,

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La casa è pronta. E i figli di Giacometti ora ne hanno fiducia, ci abitano volentieri, sanno che è stata costruita con la professionalità dei tanti attori di questa storia e sanno che il bosco non ha sofferto, anzi, che quelle “legnotravi” hanno lasciato spazio a nuove piante che ora possono crescere (era la mamma, naturalista di formazione, la più preoccupata all’inizio del viaggio sulla sostenibilità dei tagli!).

l sito www.sadilegno.it è quindi un racconto in diretta, dal bosco alla casa, interessante perché l’autore parla di foreste, di legno, di ambiente, di edilizia e di energia rivolgendosi a tutti, prima di ogni altro ai propri figli. Come fare a dar fiducia nella casa di legno ai bambini, che pensano sempre a quella brutta storia del lupo che con un soffio la butta giù? Semplice. I bambini, dice Samuele, devono conoscere il bosco, le “legno-pianta” che diventeranno “legno-tronco”, “legno-trave”, “legno-tavola”, dovranno osservare il dottore forestale, il boscaiolo, il falegname, il carpentiere.

Ed ecco che nei racconti del sito spuntano i Dottori Forestali, Verio Solari ed Anna Buzzi, i proprietari del bosco, una proprietà collettiva gestita dall’Amministrazione Frazionale di Pesariis (Vedi spazio Forestazione a pagina 28), la certificazione PEFC, i boscaioli Luciano Cleva e Giuseppe Toniutti. E poi Bruno Cimenti, il trasportatore, Leonardo Mecchia, il falegname... si arriva allo scavo, alle fondazioni, alla centrale termica, al legno di risulta utilizzato come energia, ad altro legno che diventerà opera d’arte per arredare.

Questa piccola grande storia ci insegna ancora una volta come sia importante la comunicazione, del nostro “chiuso” mondo forestale, verso l’esterno. Trovare un sito, anche se molto "fai da te", in cui sia descritto tutto il processo produttivo, dalla scelta delle piante all’abbattimento, dalla segheria al progetto, fino ai riconoscimenti tecnici, con tanto di nomi e cognomi, è un bel segnale. Dobbiamo farlo anche noi forestali, raccontare il lavoro, dare un volto e un nome alle professionalità, e farlo sempre più spesso.. Altrimenti i “tre porcellini” avranno sempre paura del “lupo” e non si fideranno mai.

dove talvolta si sente ancora dire che: “il nostro legno non vale niente, meglio quello austriaco”. Giacometti inizia l’avventura della sua “Casa di Legno Eco Sostenibile” aprendo contemporaneamente un diario-sito web, www.sadilegno.it, dove appuntare, passo dopo passo, tutte le fasi del progetto: dall’assegno in bosco ai recentissimi premi “Casa Clima Award 2010” della nota agenzia di Bolzano, “Bandiera Verde” di Legambiente e il riconoscimento della Certificazione di Progetto PEFC.

Dettagli tecnici de “La Casa di Legno Ecosostenibile”: Progettista: Ing. Samuele Giacometti Certificato: CasaClima B+ Luogo: Prato Carnico (UD) Riconoscimenti: - CasaClima Award 2010 - Bandiera Verde (Legambiente) - Certificazione di Progetto PEFC Piante abbattute: 43 (30 abeti e 13 larici) per un totale di 140 m³ Tipologia dell'edificio: Casa uni-familiare Superficie abitabile netta: 157 m² Indice termico: 43 kWh/m² Tipologia costruttiva: Struttura portante a telai e travi di legno massiccio Rivestimento esterno: Parete ventilata in larice Materiale isolante: Fibra di legno Impiantistica: - Impianto termico a pezzi di legna con pannelli radianti di tubi capillari a soffitto; - Impianto fotovoltaico 4 kWp.

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luigitorreggiani@compagniadelleforeste.it

@to su internet trov

a cura di Luigi Torreggiani


L' ntervista

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Riscontriamo, lavorando in Redazione, che si parla sempre più spesso di selvicoltura dal punto di vista teorico e politico e sempre meno da quello tecnico-pratico e operativo. Condivide questa sensazione? Perché, secondo lei, assistiamo a questo cambiamento?

L' intervista a Pietro Piussi

Docente di ecologia forestale e selvicoltura generale nel corso di laurea in Scienze Forestali dell’Università degli Studi di Firenze dal 1980 al 2008, è stato il successore in quello stesso ruolo di Alessandro De Philippis che a sua volta lo è stato di Aldo Pavari. Ha partecipato a vari progetti nazionali e internazionali occupandosi principalmente di ecologia e selvicoltura delle foreste subalpine e mediterranee, successioni secondarie in coltivi e pascoli abbandonati e storia forestale. La sua attività di ricerca è stata sviluppata prevalentemente sulle Alpi orientali e in Toscana ma anche negli Stati Uniti, in Svizzera, Bosnia, Etiopia, Giordania e Uganda. è autore di numerose pubblicazioni relative a problemi di ecologia forestale, storia ecologica dei boschi e selvicoltura nonché della monografia “Selvicoltura generale” edita nel 1994 da UTET, che rimane ancora oggi uno dei principali testi di studio italiani sulla materia. 16 Sherwood

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Condivido questa sensazione e penso che questa tendenza dipenda da vari fattori: la scarsità di tempo per il lavoro tecnico sul campo, i limiti posti da leggi e regolamenti all’adozione di criteri diversi da quelli prescritti e dalla indeterminatezza degli obiettivi di una selvicoltura genericamente multifunzionale e talvolta ideologizzata ma di cui nei singoli casi è difficile definire in modo univoco la funzione prioritaria e quindi le tecniche più appropriate da adottare. Dipende forse anche dal fatto che la produzione legnosa ha oggi un basso valore e che le attività forestali nel territorio hanno in certi contesti scarsa rilevanza; un tecnico di un Comune della montagna alpina mi diceva che il parcheggio in prossimità di un lago artificiale rendeva assai di più e con minore impegno di lavoro e di pratiche burocratiche del bosco comunale...

globale, crescita demografica, condizioni di vita), delle conseguenze sulle foreste e quindi sulla possibile o auspicabile gestione. In base alla sua esperienza d’insegnamento, quali sono le difficoltà, vecchie e nuove, che incontra un docente nel motivare e coinvolgere le giovani generazioni e, al contrario, quali sono le criticità che possono incontrare oggi gli studenti forestali? Agli studenti manca assai spesso la conoscenza del significato ecologico del bosco e, ancor di più, del suo ruolo economico attuale e passato. Spesso essi ricevono dai media un’informazione preventiva carente o fuorviante. Al contempo la realtà che può essere presentata nel corso della didattica con dimostrazioni e sopralluoghi non è sempre esemplificativa di una gestione razionale, dato che sono diffusi i casi di abbandono colturale o di sistemi di utilizzazione rudimentali o poco razionali . Oltre a ciò, il quadro economico - ruolo della selvicoltura nell’economia del territorio, aspetti sociali, condizioni del lavoro - non è molto incoraggiante.

“C’è indeterminatezza negli obiettivi di una selvicoltura genericamente multifunzionale e talvolta ideologizzata”

Lei è un conoscitore della selvicoltura e dell’ecologia forestale. Quali sono i temi di quest’ultima materia con maggiori ricadute sul piano pratico? Ricordo alcuni temi che hanno un grande rilievo pratico e che sono stati talvolta già oggetto di studio. I problemi di rinnovazione naturale delle principali specie arboree, i cedui di cerro avviati all’alto fusto per i quali mi sembra ci sia incertezza nei riguardi dei tagli di rinnovazione, i vari boschi di conifere dove il carico di ungulati costituisce un fattore limitante all’affermazione del novellame e i cedui per i quali si prescrive una matricinatura sulla cui funzionalità esistono dubbi. Nei boschi di neoformazione di latifoglie dell’area prealpina, merita attenzione la dinamica successionale su cui si può intervenire per valorizzare le specie il cui legno ha un pregio maggiore. Dinamiche altrettanto interessanti sono quelle dell’ambiente a scala vasta (cambiamento

Ritiene che in campo forestale la competenza, l’efficacia e la professionalità di un ricercatore o di un istituto di ricerca siano adeguatamente misurabili attraverso indici relativi al numero di citazioni delle pubblicazioni realizzate, come l’Impact Factor? I criteri per la valutazione della qualità della produzione scientifica sono stati oggetto di critiche e so anche, per esperienza diretta, che talvolta le valutazioni dei Referee sono criticabili. Non posso esprimermi con competenza sull’Impact Factor ma ritengo che il vaglio di una critica anonima di buon livello e la divulgazione dei risultati del proprio lavoro attraverso riviste che hanno una buona e qualificata circolazione siano una utile esperienza per un ricercatore oltre che un mezzo per inserirsi in una rete internazionale che agisce da stimolo al lavoro. La qualità di un ricercatore o di un istituto di ricerca non possono tuttavia, a mio


avviso, venire valutate solo con questi criteri. La cosiddetta “letteratura grigia” che non ha una circolazione internazionale (mirata in genere al mondo della ricerca) ma raggiunge con dati e osservazioni interessanti un pubblico locale è spesso uno strumento prezioso per la trasmissione nella pratica di risultati importanti sul piano applicativo. Spesso andando in pensione ci si dedica ad altre tematiche diverse da quelle lavorative, mentre a Lei ci capita di trovarla ancora a convegni, escursioni tecniche e incontri. Cos’é che ancora trova stimolante e coinvolgente nel mondo forestale? Il mondo forestale è molto vario: accanto alla componente naturalistica, coinvolgente e sempre più ricca e complessa, vi è la componente sociale formata sia da coloro che in vario modo hanno un'attività legata al bosco o ai prodotti del bosco, sia da coloro che se ne interessano per ragioni non professionali. Per entrambi questi aspetti la percezione del bosco come importante componente del paesaggio mette in evidenza gli aspetti che si riflettono su altre parti

del territorio e che hanno un impatto più vistoso sulla vita sociale: il ciclo dell’acqua, la fissazione della CO2 nell’atmosfera, lo spazio “verde” ricercato dalla società urbana per trascorrere il tempo libero. Questi temi mi interessano, ma faccio anche il nonno e, per ora, non ho tempo per pensare ai trenini elettrici! Per concludere, secondo lei, oggi c’è più bisogno di selvicoltura o di selvi-cultura? Sono necessarie entrambe. L’abbandono colturale non conduce ad un mitico “equilibrio della natura” ma ad una serie di processi legati alla vita e morte degli alberi che restano fuori controllo da parte dell’uomo e possono avere riflessi a livello di territorio sui corsi d’acqua, sulla diffusione di parassiti, sul carattere degli incendi boschivi, anche sulla sicurezza del traffico automobilistico. è preferibile far lavorare prima i boscaioli (o altri operatori) piuttosto che, dopo, la Protezione Civile. E’ anche necessario però che i non “addetti ai lavori” si rendano conto di come funziona un ecosistema forestale e di come agiscono coloro che lavorano nei boschi.

“è preferibile far lavorare prima i boscaioli piuttosto che, dopo, la Protezione Civile”

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info@rivistasherwood.it

a cura di Silvia Bruschini Luigi Torreggiani


Esbosco con trattore con rimorchio o con gabbie

Esbosco con trattore e rimorchio o con trattore portante

Si impiegano per questo lavoro trattrici agricole d.t. e rimorchi; a volte vengono impiegati dei transporter (Foto 1), piccoli trattori portanti muniti di un cassone o piano di carico con 4 ruote motrici uguali, piccole perché devono stare sotto al cassone. Vengono esboscati o trasportati agli imposti assortimenti di piccole dimensioni, con lunghezza di 1 o 2 m, come legna da ardere, da cartiera o simili, preventivamente concentrati in corrispondenza di piste principali o secondarie buone, a fondo regolare, o di strade trattorabili. La legna viene normalmente caricata a mano da 2-4 operatori (1 trattorista con 1-3 aiutanti); durante il viaggio del trattore gli aiutanti concentrano. All’imposto la legna viene scaricata tramite ribaltamento del piano di carico del mezzo ed accatastata, se necessario, in un secondo tempo. Per l’esbosco ed il trasporto di legname di medie e grandi dimensioni vengono impiegati trattori con rimorchio, in questo caso equipaggiati di gru idraulica (Foto 2), e trattori articolati portanti (forwarder - Foto 3) su piste e su strade trattorabili troppo strette per autocarri. Appare questo uno dei sistemi di esbosco più convenienti per le utilizzazioni di cedui e per i primi diradamenti in fustaie di latifoglie, su distanze superiori al chilometro, fino a che la pendenza del terreno e la disponibilità di strade trattorabili o piste a fondo buono consentono di ricorrervi. Per legname di medie e grandi dimensioni (toppi da sega, fusti) e per assortimenti lunghi 4 m e più, come paleria grossa, stangame e travatura, conviene invece ricorrere

Foto 1

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allo strascico, a meno che non si tratti di trasporto vero e proprio, su strada e su distanze superiori a 1-2 km.

Rimorchio (trattore con) o trattore portante Si impiegano rimorchi monoasse a ruote motrici (r.m.) (Foto 4), per materiale di piccole dimensioni che viene caricato a mano. I rimorchi devono essere a ruote motrici per motivi di sicurezza perché, carichi, possono arrivare a pesare molto di più del trattore che li traina. Sempre per motivi di sicurezza devono essere equipaggiati con un efficiente sistema di frenatura adeguato alla portata del rimorchio. Nel caso di materiale di piccole dimensioni (legna da ardere), è sempre utile avere a disposizione la roncola per tagliare qualche ramo trascurato nell’allestimento. Dato che sul rimorchio il carico e la sistemazione del materiale normalmente vengono fatti a mano, esiste il problema della movimentazione manuale dei carichi e dell’adozione di posture incongrue. Durante la fase di carico, qualora un operatore dovesse salire sul rimorchio per la sistemazione del materiale (Foto 5), la macchina non deve essere in movimento e l’operazione deve essere svolta con estrema cautela dato che la legna non costituisce un saldo appoggio per i piedi e c’è il rischio di scivolamento e di caduta. Si deve ricordare che non è possibile operare ad altezze superiori ai 2 m da terra se non adeguatamente protetti e se non sia disponibile un adeguato mezzo di accesso. Si ricorda inoltre che è vietata l’assunzione di alcol per i lavori in quota al di sopra dei 2 m.

Foto 2


Foto 3

Per materiale di medie e grandi dimensioni, che non è possibile movimentare a mano, vengono impiegati rimorchi più grandi e robusti, spesso a doppio assale oscillante (Foto 6), semirimorchi per trattori portanti, rigidi o balestrati, oppure trattori articolati portanti (forwarder) equipaggiati con gru idraulica per il carico. Deve essere garantita in ogni caso la stabilità del carico che comunque, sui percorsi forestali, non deve essere legato per evitare che, in caso di ribaltamento del rimorchio, questo non trascini con sé anche la motrice. Nel lavoro di esbosco con trattore e rimorchio o con trattore portante i principali rischi specifici possono essere riconducibili a quelli legati al lavoro con trattore, a quelli connessi al collegamento trattore e rimorchio ed all’impiego dell’albero cardanico, oltre a quelli legati alla movimentazione manuale dei carichi. È vietato in ogni caso il trasporto di persone sul rimorchio. Lavorando con materiale di medie e grandi dimensioni è sempre utile avere a disposizione lo zappino.

Gru idraulica

Per legname di medie e grandi dimensioni è indispensabile che il rimorchio sia equipaggiato con una gru idraulica (caricatore idraulico) per il carico del materiale; anche la legna da ardere può essere caricata con gru idraulica se preventivamente è stata ammassata ordinatamente lungo le piste. Oltre che sul rimorchio, la gru idraulica può essere posizionata sulla motrice (autocarro, trattore) oppure su di una piattaforma indipendente semovente (granchio) gommata o cingolata. Gru idrauliche per legna e legname (UNI EN 12999:2009)

Foto 5

Foto 4

sono equipaggiate con pinza da legname. Prima della messa in funzione della macchina, l’operatore deve leggere attentamente le istruzioni predisposte dal costruttore, riportate nel manuale d’uso e manutenzione che obbligatoriamente deve accompagnarla, e, prima dell’inizio di ogni lavoro, l’operatore deve accertarsi che la gru idraulica ed i suoi componenti di sicurezza siano integri e funzionanti. La gru idraulica deve essere utilizzata secondo le istruzioni d’uso del fabbricante e le indicazioni aggiuntive dell’allestitore; in particolare, durante l’impiego della gru idraulica gli stabilizzatori, ove previsti dal costruttore, devono essere posti in opera in modo da garantire la stabilità del mezzo. È in ogni caso necessario riservare l’uso della gru idraulica a lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una informazione, formazione ed addestramento adeguati. La gru idraulica deve essere oggetto di idonea manutenzione, secondo le istruzioni d’uso e manutenzione del fabbricante; l’eventuale riparazione e la manutenzione devono essere affidati a soggetti qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti. Devono essere effettuati controlli periodici, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti, nonché controlli straordinari finalizzati al mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali, quali riparazioni, trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività; i risultati dei controlli devono essere registrati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati a disposizione degli organi di vigilanza. La gru idraulica è un apparecchio di sollevamento e (se di portata superiore ai 200 kg): • se antecedente al 21/09/96, deve essere dotata di manuale di omologazione rilasciato dall’ISPESL; • se successiva al 21/09/96, deve essere munita di dichiarazione di conformità CE ed essere accompagnata obbligatoriamente dal relativo manuale di uso e manutenzione; la prima attivazione deve essere comunicata all’ISPESL. In entrambi i casi deve essere verificata periodicamente da parte delle Aziende USL competenti per territorio, o, in caso di indisponibilità di queste, da parte di soggetti abilitati secondo il D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.. La periodicità della verifica è annuale, se la gru è stata messa in servizio da oltre 10 anni,

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Foto 7

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o biennale in caso contrario (vedi Allegato VII del D.lgs. 81/2008). In caso di vendita e/o trasferimento di questi apparecchi in province diverse ne deve essere data segnalazione agli Enti competenti per le verifiche. Il posto di manovra della gru idraulica deve essere raggiungibile in modo sicuro e, se posizionato in alto, provvisto di adeguati sistemi di trattenuta, inoltre devono essere presenti i dispositivi contro l’azionamento accidentale dei comandi e ben evidenziate le indicazioni delle manovre e delle portate. Durante il lavoro la macchina deve avere tutte le protezioni previste dal costruttore. Durante le operazioni di carico nessuno deve stazionare sotto i carichi sollevati per il rischio di caduta di materiale dall’alto dovuto sia all’utilizzazione della gru idraulica e sia alla possibilità che ci siano pezzi di tronchi, rami o arbusti (residui della fase di allestimento della legna) ubicati in posizioni pericolose. L’utilizzo di queste attrezzature in presenza di altri operatori, per esempio per sistemare la legna da ardere sul cassone del veicolo, diventa estremamente pericoloso sia perché si trovano persone nel raggio di azione della gru, sotto ai carichi sollevati, sia perché gli aiutanti stazionano in posizioni pericolose e poco stabili al di sopra del carico che si sta preparando. Queste situazioni di lavoro devono assolutamente essere evitate.

Esbosco a soma con trattore (con gabbie) di legna da ardere corta

Questo sistema di lavoro, per l’esbosco della legna da ardere ricavata dalle normali utilizzazioni dei cedui o dai tagli di conversione, si è sviluppato in alternativa al più diffuso esbosco con trattore equipaggiato di rimorchio. Generalmente vengono utilizzati normali trattori agricoli gommati a doppia trazione (d.t.) che portano, sul sollevatore idraulico posteriore e sulla parte anteriore, dei contenitori, o gabbie (Foto 7), all’interno dei quali viene caricata manualmente la legna da ardere, normalmente in posizione parallela all’asse longitudinale del trattore (Foto 8). Il sistema necessita di piste per l’esbosco, permanenti o temporanee, percorribili dai trattori. Attraverso questa viabilità forestale secondaria, la legna da ardere viene portata fino agli imposti. Per la scelta del trattore da impiegare con le gabbie devono essere fatte le seguenti considerazioni:

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• per il particolare tipo di lavoro (contemporaneo trasporto di un carico anteriore e di uno posteriore) la struttura portante del trattore è sottoposta ad elevate sollecitazioni a flessione e a torsione e quindi sono più indicati i trattori con il telaio portante che non quelli con il corpo centrale (basamento motore, scatola di trasmissione ecc.) autoportante; • il peso della gabbia posteriore grava sul sollevatore idraulico che deve essere adeguato allo sforzo richiesto; • per buona parte del lavoro il trattore si muove su piste secondarie (semplici varchi nel soprassuolo a fondo naturale), in ambienti con numerosi ostacoli in grado di danneggiare le parti esterne della macchina. Il mezzo deve essere quindi dotato di idoneo equipaggiamento di protezione, in grado di contenere e ridurre i danni alle strutture ed agli impianti. I trattori che lavorano con le gabbie devono avere pneumatici idonei sia per quanto riguarda la portata, che per quanto riguarda la resistenza alla foratura (numero e tipo di tele o indice di carico), in modo particolare nelle zone dove sono presenti specie insidiose come quelle della macchia mediterranea (erica, corbezzolo).

Gabbie (trattore con) Si tratta di due contenitori, le “gabbie”, a forma di parallelepipedo rettangolo: il contenitore più grande viene posto sul sollevatore idraulico posteriore, quello più piccolo viene collocato sulla parte anteriore della trattrice, collegandolo al telaio od al sollevatore idraulico anteriore (che i trattori possono avere in dotazione). Le dimensioni delle

Foto 8


Foto 9

gabbie, variano in dipendenza della capacità dei sollevatori idraulici, della struttura del trattore e dei pneumatici. La gabbia posteriore è il contenitore principale che consente di effettuare carichi notevoli, pari normalmente a 2,0-3,5 mst (metro stero = unità di misura della legna da ardere corrispondente ad un volume di 1 m3 all’interno del quale ci sono legna e spazi vuoti; normalmente 1 mst di legna da ardere pesa circa 5,5-6,5 q), che su percorsi in salita possono provocare pericolosi impennamenti. La gabbia frontale, oltre ad aumentare la capacità di carico totale, ha proprio la funzione di zavorra stabilizzatrice contro l’impennamento. Le sue dimensioni devono essere tali da non ostacolare la visibilità del trattorista e la sua capacità è normalmente compresa tra 1,0 e 2,0 mst, pari a circa il 50% della gabbia posteriore. Il posizionamento ed il collegamento al trattore delle due gabbie è particolarmente importante per il lavoro. La gabbia posteriore è applicata all’attacco a tre punti (Foto 9), sostituendo il puntone (terzo punto) con un martinetto idraulico a doppia azione. Questo consente di abbassare la gabbia fino a terra con il sollevatore per facilitare il carico della legna nella gabbia. Inoltre il terzo punto idraulico serve a ruotare la gabbia rispetto all’estremità dei tiranti e ad inclinarla avanti o indietro, sia per agevolare il carico e lo scarico, sia per tenerla in posizione tale da non perdere la legna durante il viaggio carico. È necessario che l’allestitore indichi il peso e le dimensioni perché possa essere verificato che non si superi la massa complessiva e l’ingombro previsti per il trattore. Ultimamente si sono diffuse delle gabbie affastellatrici (Foto 10) che consentono, mediante un sistema di pressaggio idraulico e legatura manuale, di formare dei fasci di legna di vario diametro (da 0,6 a 1,7 m circa, corrispondenti a volumi da 0,30 a 2,30 mst circa) che poi vengono movimentati esclusivamente con gru idraulica (ed apposita pinza per i fasci di diametro maggiore) per il carico sui mezzi di trasporto (autotreno, autoarticolato, autocarro, rimorchio per trattore). Tali gabbie possono essere usate sia in bosco, impiegandole per l’esbosco, alla stessa stregua delle normali gabbie non affastellatici, o all’imposto, effettuando l’esbosco con altri sistemi (gabbie, rimorchio, risine, ecc), con il solo scopo di realizzare i fasci di legna. Se le gabbie sono semplici contenitori metallici e non hanno parti meccaniche in movimento azio-

Foto 10

nate da un sistema diverso dalla semplice forza umana o non sono configurabili come attrezzature intercambiabili (cioè sono assemblate al trattore senza modificarne la funzione o senza apportare allo stesso una nuova funzione), esse non possono essere definite macchine e sono escluse dal campo di applicazione della Direttiva 2006/42 (Direttiva Macchine) quindi non sono soggette alla marcatura CE ed alla dichiarazione di conformità CE ai sensi della suddetta direttiva. In pratica in questo caso le gabbie sono considerate parte del carico (funzionali cioè solo a tenere raccolto un carico altrimenti sciolto). Se, invece, le gabbie presentano parti meccaniche in movimento (es. gabbie affastellatici, dotate di apposita attrezzatura idraulica), e/o sono configurabili come attrezzature intercambiabili, rientrano nel campo di applicazione della Direttiva 2006/42 e quindi devono essere accompagnate da dichiarazione di conformità CE e devono riportare la marcatura CE ai sensi della suddetta direttiva. Se però, in generale l'installazione delle gabbie soggette a marcatura CE comporta modifiche della destinazione d'uso delle gabbie stesse o della loro funzionalità (così come definiti dal fabbricante) con delle modifiche che possono essere anche strutturali, allora colui che effettua tali modifiche ha l'obbligo di rimarcare la macchina, redigere un nuovo fascicolo tecnico e fornire nuove istruzioni per l'uso. Se infine, le modifiche di cui sopra riguardano gabbie non rientranti nel campo di applicazione della direttiva 2006/42, allora è responsabilità di colui che ha realizzato tali modifiche definire la necessità o meno di adempiere a quanto previsto dalla suddetta direttiva (marcatura, fascicolo tecnico e dichiarazione di conformità), fatto salvo comunque l'obbligo di fornire nuove istruzioni per l'uso della gabbia stessa. Per il lavoro servono attrezzi da taglio (roncola) per togliere eventuali rami dimenticati nell’allestimento del materiale. La squadra di lavoro ottimale dovrebbe essere costituita da 2 operatori: il trattorista e l’aiutante. Il trattorista, oltre a guidare il mezzo, collabora con l’aiutante a caricare la legna nelle gabbie e gestisce le manovre allo scarico del materiale. L’aiutante rimane in bosco a preparare il carico successivo. Nel caso di esbosco

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di legna già concentrata in corrispondenza delle vie di esbosco, per massimizzare la produttività e organizzare al meglio il lavoro, sarebbero necessari due trattori, ambedue equipaggiati con le gabbie, con due trattoristi che si alternano al punto di carico dove un solo aiutante provvede a collaborare alternativamente con i due trattoristi al carico delle gabbie. Nel lavoro di esbosco a soma con trattore i principali rischi specifici possono essere riconducibili a quelli legati al lavoro con trattore ed al collegamento trattore e gabbie, oltre a quelli legati alla movimentazione manuale dei carichi. L’esbosco a soma è un’alternativa all’esbosco con trattore e rimorchio, dal quale si differenzia per le seguenti caratteristiche: • il trattore, portando le gabbie sollevate da terra ed avendo un ingombro minore, ha una maneggevolezza superiore e di conseguenza è più veloce nelle manovre e negli spostamenti; • sulle piste individuate nelle tagliate, il solo trattore ha migliori possibilità di circolazione: è più maneggevole e ha ruote più grandi rispetto a quelle del rimorchio; così può muoversi (a rittochino, sulle piste secondarie) abbastanza agilmente anche su terreni della seconda classe di pendenza (20-40%); • il carico della legna nelle gabbie è meno faticoso che sul pianale del rimorchio, poiché queste possono essere abbassate fino a terra; • la squadra di lavoro è costituita da un numero minore di operatori; se con il rimorchio occorre una squadra costituita normalmente da 3 o 4 uomini, compreso il trattorista, con le gabbie sono sufficienti 2 o 3 uomini, compreso sempre il trattorista, a seconda che la legna sia già stata concentrata oppure sia ancora sparsa sulla superficie della tagliata; • la quantità di legna trasportata con le gabbie (3,0-5,5 mst) è circa la metà di quella trasportata con i rimorchi (5,0-10,0 mst) ma, per le considerazioni fatte in precedenza, il numero di viaggi di esbosco, soprattutto sulle brevi distanze, è circa il doppio.

i n f o . artic o l o Autori: Marco Masi,

Settore Ricerca, Sviluppo e Tutela nel Lavoro DG Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà - Regione Toscana. E-mail marco.masi@regione.toscana.it Paolo Borghi, Mauro Giannelli, Azienda Sanitaria Firenze U.F. P.I.S.L.L. Zona Sud-Est. E-mail mauro.giannelli@asf.toscana.it Roberto Bolognesi, Paola Giovannini, Alessandro Ulivi, Azienda Sanitaria Firenze U.F. P.I.S.L.L. Zona Mugello. E-mail alessandro.ulivi@asf.toscana.it Fabio Fabiano, Franco Piegai, D.E.I.S.T.A.F. - Facoltà di Agraria Università degli Studi di Firenze. E-mail franco.piegai@unifi.it Claudio Grifoni, Daniele Novelli, Azienda Sanitaria Firenze U.F. V.I.M. E-mail claudio.grifoni@asf.toscana.it Vincenzo Laurendi, Marco Pirozzi, VIII UF del Dipartimento Tecnologie di Sicurezza dell'INAIL (ex ISPESL). E-mail vincenzo.laurendi@ispesl.it, marco.pirozzi@ispesl.it Dario Bitussi, Davide Pozzo, Servizio Foreste e Fauna, Provincia Autonoma di Treno. E-mail davide.pozzo@provincia.tn.it Giorgio Behmann, Magnifica Comunità di Fiemme. E-mail g.behmann@mcfiemme.eu

Parole chiave: Sicurezza nel lavoro forestale, D. Lgs. 81/2008, trattore, gabbia, rimorchio, esbosco, prevenzione.

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ecologia

Specie forestali e global change Il leccio in provincia di Grosseto di Davide Melini

La costruzione di un modello della distribuzione del leccio, mediante l’algoritmo Random Forests e otto predittori, ha consentito di ipotizzare il cambiamento futuro della distribuzione della specie in provincia di Grosseto, a seguito di un aumento della temperatura media e di un calo delle precipitazioni.

Resilienza e capacità di adattamento delle foreste saranno messe alla prova dai cambiamenti climatici: per resilienza si intende la capacità di reagire alle perturbazioni senza modificazioni nella composizione (Thompson et al. 2009), l’adattamento comporta la migrazione delle specie arboree ed il formarsi di nuove mescolanze, in funzione dello spostamento delle aree ottimali per le esigenze ecologiche delle specie (Spittlehouse e Stewart 2003). Secondo il 4° Rapporto IPCC sui cambiamenti climatici (IPCC 2007), a fine secolo l’aumento della temperatura media sarà compreso tra 1,8°C e 4°C rispetto al periodo 1908-1999, in alcune aree si verificheranno cali delle precipitazioni. Secondo Ortolani e Pagliuca (2003) in Italia esse sono già diminuite del 30% negli ultimi 150 anni. Le previsioni sulla migrazione delle specie arboree sono speculative per vari motivi (Schwartz et al. 2001): la modellizzazione del clima è incerta, i modelli non predicono alcuni attributi importanti come la distribuzione degli estremi termici o di precipitazione (Woodward 1987). Pur nell’ambito delle speculazioni, in questo lavoro si cerca di valutare come i possibili cambiamenti di temperatura e precipitazioni potrebbero influenzare la distribuzione del leccio (Quercus ilex L.) in provincia di Grosseto. È comunque necessario tenere presente che la modellistica fornisce indicazioni sulla distribuzione potenziale delle specie, la distribuzione reale dipende dall’interazione di numerosi fattori, quali i meccanismi di adattamento e migrazione o la presenza di barriere geografiche

di carattere naturale o artificiale (rilievi, infrastrutture ed aree urbanizzate) di cui non si possono prevedere dinamica e reciproche interazioni. Il leccio è una specie importante poiché costituisce fito-

Leccete nei pressi di Capalbio (GR).

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cenosi climax (Pignatti 1998). La Regione Toscana ha prodotto uno strato informativo per l’Inventario forestale (IFT), con celle di 400 m di lato (Hofmann et al. 1998). Il database associato indica per ciascuna cella le tre specie arboree principali. Da un overlay in ambiente GIS con i confini di riserve naturali e parchi, risulta che il leccio è la specie più frequente tra quelle dominanti nei soprassuoli delle aree protette della provincia.

Metodologia Lo studio è stato sviluppato su base raster assumendo come matrice di riferimento le celle dell’IFT. La superficie forestale indagata è di 1.887 km2. Si è costruito un modello della distribuzione del leccio tra le tre specie principali nei boschi della provincia che, in funzione di otto predittori, descrive il comportamento e la distribuzione della specie. Lo strumento utilizzato sono i Random Forests (RF), (Liaw e Wiener 2002), variante degli alberi di classificazione (Classification and Regression Trees), che permettono di effettuare la classificazione degli oggetti in base ai valori dei predittori e sono preferiti rispetto ad analisi tradizionali quando non si può individuare la funzione matematica idonea a descrivere un fenomeno. I RF si basano sulla costruzione di più alberi di classificazione: ogni caso viene fatto passare in tutti gli alberi, ciascuno dei quali fornisce una classificazione, l’oggetto viene assegnato alla classificazione con più voti. Ad ogni nodo di ogni albero viene scelto casualmente un sottoinsieme di predittori (Breiman 2001). La capacità di incorporare automaticamente le interazioni tra variabili, conseguenza del fatto che i RF ripartiscono i dati in gruppi omogenei sulla base delle informazioni fornite per l’addestramento, fa sì che i RF siano in grado di affrontare complesse interazioni tra variabili anche altamente correlate tra loro (Strobl et al. 2008). I RF sono implementati nell’omonima libreria di R, ambiente per analisi statistiche interfacciato con il GIS GRASS (Geographic Resources Analysis Support System) mediante la libreria spgrass6 su sistemi GNU/Linux. Il modello è stato realizzato applicando i RF al database ottenuto estraendo, per tutte le celle IFT, i valori dei digital number dalle mappe in formato raster dei predittori. Il

Lecceta nelle Colline Metallifere (GR).

modello è stato poi di nuovo applicato ai predittori, calcolando sulle mappe raster un incremento della temperatura media di 2°C, in linea con lo scenario «base» prospettato dall’IPCC per il prossimo secolo e assumendo per il periodo un calo del 20% della precipitazione media annua, ipotizzando che continui la tendenza con diminuzione delle precipitazioni del 30% in 150 anni (Ortolani e Pagliuca 2003). Si è così ottenuta la distribuzione potenziale del leccio tra le specie principali, a seguito dei cambiamenti del clima. La distribuzione dei cambiamenti del clima può essere disomogenea entro un territorio ed è lecito dubitare della possibilità di modellizzare, su un’area ristretta, i cambiamenti in corso. In questo contributo si assume che i cambiamenti di precipitazioni e temperature siano omogenei sull’area esaminata ed aderenti alle tendenze generali. I RF incorporano l’analisi delle interazioni tra variabili e consentono per esempio di valutare come temperatura, radiazione solare e precipitazioni, nel campo di variazione del caso studiato, influenzano la distribuzione del leccio. Il modello però non può tenere conto del fatto che l’aumento della temperatura ed il decremento della precipitazione influenzano tre dei predittori: si tratta dei valori di

Figura 1 - Da sinistra verso destra, mappa della precipitazione media annua (mm), della temperatura media annua (°C) e della radiazione solare incidente cumulata annua (Wattora / m2 * anno).

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riflettanza nella banda 3 e banda 4 e della radiazione solare incidente, correlati rispettivamente alla funzionalità ecofisiologica dei soprassuoli ed alla torbidità dell’atmosfera, entrambi influenzati direttamente da temperatura e precipitazioni. Si tratta di una fonte di variabilità non modellizzabile: uno dei limiti intrinseci di questo tipo di analisi, in pratica, è che si è obbligati ad assumere che un modello costruito oggi sia valido anche per il futuro, il che non è invece scontato (Garzón et al. 2008).

Predittori

Valori di riflettanza

Sono stati utilizzati i valori di riflettanza misurati dal sensore del satellite Landsat 7 ETM+ nella banda 3 (rosso) e nella banda 4 (IR vicino), che esprimono l’assorbimento della radiazione nelle lunghezze d’onda utilizzate nella fotosintesi, fornendo indicazioni sulla funzionalità della volta arborea. Le scene Landsat sono del 2006, disponibili all’url http://glcfapp.glcf.umd.edu:8080/esdi/ index.jsp.

Pendenza, esposizione Le mappe di pendenza ed esposizione sono state ricavate da un digital terrain model (DTM) con passo di 90 m, fornito dal Consortium for Spatial Information all’url http://srtm.csi.cgiar.org. Al variare della pendenza mutano sia la quantità di radiazione solare incidente al suolo, sia la velocità di scorrimento idrico superficiale; l’esposizione influenza la quantità di radiazione solare e l’incidenza dei venti dominanti.

Radiazione solare incidente Utilizzando il DTM è stata calcolata la radiazione solare incidente cumulata annua, fattore che determina la quantità di radiazione disponibile per la fotosintesi ed influenza l’evapotraspirazione. La prima operazione compiuta è la scelta dei valori da attribuire ad alcune costanti necessarie in GRASS, che fornisce stime dell’irraggiamento sulla superficie terrestre. Si tratta del coefficiente di torbidità di Linke, che esprime il grado di torbidità dell'atmosfera, e del valore di Albedo, frazione della radiazione incidente riflessa dalla copertura del suolo. Dalle mappe a disposizione all’url www.soda-is.com (Services for Professionals in Solar Energy and Radiation), per l'area di studio il coefficiente di torbidità di Linke è 3,7. Il valore di Albedo scelto è 0,2 (valido in prima approssimazione sia per boschi di conifere sia di latifoglie). A conferma dei valori scelti, sono state utilizzate le stime di radiazione solare globale al suolo fornite da ENEA all'url http://clisun.casaccia.enea.it per 9 località della provincia, che approssimano i valori reali entro il 6-7%. Confrontando i risultati ottenuti in riferimento al DTM, l’errore ottenuto è inferiore a ± 5%.

Figura 2 - Importanza delle variabili nel modello, espressa in termini di decrescita dell’indice di Gini garantita da ciascuna.

mappate le stazioni caratterizzate da maggiore disponibilità idrica per accumulo dello scorrimento superficiale.

Precipitazione media annua La mappa della precipitazione media annua (Figura 1) è stata ottenuta con l’interpolazione dei dati dell’archivio dell’Istituto Idrografico e Mareografico di Pisa (www. idropisa.it), per 59 stazioni pluviometriche delle province di Grosseto e Siena. La disponibilità di dati riguarda anni tra il 1919 ed il 2005 ma non è omogenea: sono state scelte le stazioni per cui erano disponibili dati recenti con almeno una decina di annate. Sono stati calcolati i valori di precipitazione media annua, associati poi alle coordinate delle stazioni per ottenere un database vettoriale. Il metodo utilizzato per l’interpolazione è lo Universal Kriging, implementato nella libreria gstat di R (Pebesma e Edzer 2004). Sono state verificate le condizioni di distribuzione normale degli errori ed assenza di autocorrelazione degli errori. Il modello di variogramma scelto è

Accumulazione dei deflussi idrici superficiali Il calcolo dell’accumulazione dei deflussi idrici è stato eseguito con GRASS, che quantifica l’accumulazione dei flussi provenienti dai pixel delle quote superiori. Calcolando il logaritmo dell’accumulazione, sono state

Figura 3 - A sinistra distribuzione del leccio tra le specie principali nelle celle IFT. A destra distribuzione modellizzata dopo i cambiamenti climatici ipotizzati.

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esponenziale, l'interpolazione è stata eseguita nei punti entro 30 km di raggio, si è ottenuta una radice dell’errore quadratico medio pari a 140 mm.

Temperatura media annua Per produrre una mappa della temperatura (Figura 1), mancando sufficienti dati interpolabili, si è utilizzata la mappa disponibile all’url http://sunbird.jrc.it/pvgis/, raster con passo di 1 km prodotto dal JRC (Joint Research Center) per interpolazione di dati degli anni dal 1995 al 2003 in 800 stazioni meteorologiche. Sono stati identificati i valori di temperatura media annua di 12 località (in pianura, al livello del mare e sui maggiori rilievi, es. Monte Amiata). Si è eseguita poi una regressione semplice, che ha portato all’identificazione di una funzione quadratica che lega temperatura media annua e quota, con R2=0,92 e p<0,001. La funzione è la seguente: T media annua(°C) = 10-6 x [quota(m)]2 - 0.001 x [quota(m)]+15,6 Tale funzione è stata quindi utilizzata per produrre, a partire dalle quote del DTM, un raster della temperatura media, con passo di 400 m.

Grafico 1 - Ripartizione in funzione dell’esposizione delle celle IFT su cui il leccio non sarebbe più tra le specie principali.

Leccete e macchie su pendici con esposizione meridionale, nei pressi di Tirli (GR).

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Risultati e discussione Modello della presenza del leccio Il modello della distribuzione del leccio è stato costruito per aggregazione di 500 modelli base. Sono stati testati anche numeri diversi di modelli base, senza ottenere differenze significative nell’accuratezza. L’80% del set iniziale di dati è stato utilizzato per addestrare l’algoritmo RF(1); il 20% dei dati, estratto casualmente, è stato utilizzato per la validazione del modello. Per stimare la corrispondenza tra presenza/assenza del leccio tra le specie principali modellizzata e reale, si è utilizzata l’accuratezza (ACC) calcolata dalla matrice di confusione, il valore ottenuto è 0,78. Una funzione della libreria di R che implementa l’algoritmo RF, denominata Variable Importance Plot, permette di calcolare l’importanza delle variabili nell’algoritmo costruito. Essa utilizza l’indice di impurità di Gini (Brown e Malcolm 1994), valutando la decrescita dell’indice con l’uso di ciascuna variabile. La Figura 2 mostra l’importanza delle variabili nell’algoritmo RF costruito.

Distribuzione potenziale del leccio Sulle mappe raster di temperatura e precipitazioni, sono stati calcolati rispettivamente un incremento di 2°C ed una diminuzione del 20%. L’algoritmo RF che esprime il modello della distribuzione del leccio, è stato quindi nuovamente applicato a tutti i predittori, producendo una mappa di probabilità con valori compresi tra 0 e 1. Essa è stata riclassificata assegnando 0 ai pixel con valori di probabilità inferiori a 0,5 ed 1 ai pixel con probabilità compresa tra 0,5 e 1. L’ipotesi di riclassificazioni più articolate, pur presa in considerazione, è stata scartata per evitare artefatti ed alterazioni aleatorie del risultato. La distribuzione potenziale del leccio come una delle tre specie principali nelle celle IFT in risposta ai cambiamenti climatici è riportata in Figura 3. Su circa 29.300 ha si avrebbe espansione del leccio come una delle tre specie principali(2). Attualmente, su queste aree cerro e roverella sono le specie dominanti in 7.232 e 2.752 ha rispettivamente; corbezzolo, pino domestico e castagno lo sono su 2.000, 1.104 e 752 ha rispettivamente. Circa il 35% delle aree su cui il leccio si diffonderebbe come una delle tre specie principali, dunque, oggi è dominato da querce caducifoglie: si tratta perlopiù di località collinari e sulle pendici del Monte Amiata. Buona parte del totale di 22.200 ha di superfici boscate su cui il leccio non troverebbe più condizioni ecologiche tali da permettergli di essere tra le specie principali, so(1) Per quanto riguarda altri metodi non parametrici, K-NN e reti neurali artificiali, sono stati testati con lo stesso set di dati e con la stessa metodologia, ma non sono stati usati per l’inferiore accuratezza di classificazione: con il metodo K-NN come implementato nelle librerie knncat e knnflex di R si è ottenuto come miglior risultato ACC=0,72; con le reti neurali artificiali, come implementate nella libreria nnet di R, si è ottenuto ACC=0,64. Per la descrizione delle librerie citate si rimanda all’url http://cran.r-project.org/. (2) La specie può essere presente nei soprassuoli in questione, ma se lo è, oggi non è una delle tre specie principali. (3) Test χ2 : ipotesi nulla, la ripartizione delle celle IFT nelle quali il leccio non sarà più tra le tre specie principali è omogenea in funzione delle esposizioni; χ2 calcolato per 7 g.d.l. = 237,87. Valore critico per 7 g.d.l. e p < 0,001 = 24,32.


pratutto vicino alla costa, si trova su esposizioni Sud e Ovest. Nel Grafico 1 è visibile la ripartizione delle celle IFT su cui il leccio non sarebbe più tra le tre specie principali, per esposizioni espresse in gradi raggruppate di 45° in 45°. Si noti il numero di celle con esposizioni Sud e Ovest (da 180° a 270°), le più soleggiate e calde(3).

Conclusioni

Secondo il modello di distribuzione sviluppato, a seguito dei cambiamenti climatici il leccio si diffonderebbe, come una delle tre specie principali nei soprassuoli, su 29.300 ha della provincia di Grosseto soprattutto nell'entroterra. In prossimità della costa, sui terreni con esposizioni più calde, le condizioni stazionali diverrebbero sfavorevoli per la specie, che su 22.200 ha di superfici boscate non troverebbe più condizioni ecologiche tali da permettergli di essere tra le tre specie principali. La modellistica ecologica, per quanto evoluti possano essere gli strumenti matematici a disposizione, non può superare il limite dell’imprevedibilità nel lungo termine del comportamento di sistemi altamente complessi quali sono i mosaici paesaggistici, ma offre degli scenari su cui riflettere. Secondo lo scenario delineato, nella pratica forestale si verificherebbero notevoli cambiamenti legati al minore incremento annuo dei soprassuoli dominati dal leccio rispetto ad altre querce, o al declino della specie, che potrebbe essere inevitabile in stazioni che diverrebbero idonee per vegetazione più termofila. Qui in futuro potrebbe porsi il problema di come accompagnare la dinamica evolutiva dei soprassuoli, ed eventualmente di modificarne la coltura per garantire maggiore continuità della copertura. La risposta dei boschi al global ghange potrà essere favorita dall’incremento di stabilità e vitalità delle foreste, con aumento della diversità compositiva e strutturale a scala di popolamento e delle connessioni ecologiche e della diversità delle forme di gestione e trattamento, a scala di paesaggio. Ciò sarebbe coerente anche con le scelte già richieste dalle direttive 92/43/CE “Habitat” e 79/409/CE “Uccelli” nella rete ecologica Natura 2000.

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i n f o . artic o l o Autore: Davide Melini, Dottore Forestale, PhD in Pianificazione Forestale. Collaboratore Ufficio Aree Protette e Biodiversità e Ufficio Forestazione Provincia di Grosseto. E-mail davide.melini@gmail.com Parole chiave: Ecologia, leccio, Quercus ilex, global change, distribuzione, adattamento, migrazione, Grosseto. Abstract: Forest species and global change: the holm oak (Quercus ilex) in Provincia di Grosseto. The Italian woodland ecosystems will have to prove their resilience and adaptation capabilities. An holm oak (Quercus ilex) distribution model has been created, using a random forest machine learning algorithm, and eight factors, for evaluating how the holm oak distribution could change, in Provincia di Grosseto - Southern Tuscany. The scenarios were based on mean temperature increasing and precipitation decreasing. The holm oak, ought to spread along hill areas, at the same time will decline along the coast, in warmer areas.

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forest zione

Pesariis: una proprietà collettiva cresce grazie alle foreste A cura di: Luigi Torreggiani Con la collaborazione di: Delio Strazzaboschi e Verio Solari

Attraverso i fondi europei per lo Sviluppo Rurale, la professionalità di tecnici forestali, operatori e amministratori locali e l’attaccamento a un territorio in forte difficoltà a causa dello spopolamento, una Proprietà Collettiva di una piccola frazione della Carnia, Pesariis, ha costruito passo dopo passo un modello di gestione forestale che guarda al futuro. L’obiettivo di questo nuovo spazio “Forestazione” è presentare realtà e progetti forestali che hanno già dato dei risultati positivi, tangibili e potenzialmente riproducibili in condizioni simili. Lo scopo è dare idee a chi lavora nel settore e combattere il luogo comune che talvolta “assilla” i forestali, quello per cui si sente spesso dire: “Bello, sì, ma certe cose dalle nostre parti non si possono fare”. Iniziamo quindi portando ai lettori il racconto di una piccola realtà, sconosciuta ai più, che dopo decenni di immobilismo e abbandono è tornata a creare occupazione, guadagno e sviluppo dal proprio patrimonio forestale.

Contesto

La Frazione di Pesariis (Comune di Prato Carnico - UD), conosciuta come "Il Paese degli Orologi" per la lunga tradizione artigiana legata all'orologeria, gode da circa otto secoli di una forma di autonomia amministrativa e gestionale sui beni di proprietà collettiva: boschi, prati, pascoli e immobili. Attualmente la gestione è affidata all’Amministrazione Frazionale, formata da rappresentanti eletti dai residenti.

La foresta

I boschi gestiti dall’Amministrazione di Pesariis sono tipici delle Alpi centro orientali, rientrano nelle tipologie definite in Regione Friuli Venezia Giulia di faggeta montana, piceo abieteto, abieti piceo faggeto, pecceta montana e pecceta altimontana e subalpina. Dei 1.585 ha di proprietà collettiva, le foreste produttive rappresentano il 35% circa (554 ha). Le specie prevalenti nel bosco di produzione sono l’abete rosso (56%), l’abete bianco (35%), il faggio (5%) e il larice (4%). L’abete rosso è in genere di ottima qualità, l’abete bianco discreto. Il faggio prevale

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invece nei 284 ha di bosco (non compresi nel bosco produttivo descritto prima) concessi in godimento gratuito ai frazionisti per ricavare legna da ardere, quale diritto di uso civico. La pianificazione delle foreste di proprietà frazionale ha avuto inizio nei primi anni ’60, il primo piano ha avuto validità dal 1963 al 1972. Oggi è in corso la redazione della sua quinta revisione. Durante questo periodo la massa è passata dai circa 190 m3/ha del ’63 ai 331 del ’97. L’incremento medio dai 4 m3/ha del del ’63 ai 6,8 del ’97. La ripresa, calata decisamente negli anni ’70 e ’80, sta tornando costantemente ad aumentare proprio grazie alla gestione attiva attuale. Nel nuovo piano sarà prevista una ripresa dell’85% rispetto all’incremento, contro un 44% circa degli anni’70 e ’80.

Storia

La proprietà collettiva di Pesariis, come sottolineato in precedenza, ha una lunga storia legata all’autonomia e alla gestione delle risorse forestali. Dalla fine del XIII secolo, passando attraverso il dominio della Repubblica di Venezia, l’Impero Napoleonico e Austroungarico, la frazione ha esercitato la gestione autonoma di un esteso territorio. Risalgono al periodo tra il 1250 ed il 1275 i primi rilevanti privilegi. Le concessioni perdurarono anche sotto il regime della Serenissima, la quale molto si adoperò a tutela del patrimonio forestale, sia che si trattasse di beni dello stato, i cosiddetti boschi "banditi" riservati a fornire il legname per l'arsenale di Venezia, sia che riguardassero i beni in uso alle comunità locali. Nel territorio di Pesariis furono quattro i boschi banditi per i bisogni dell'Arsenale di Venezia, detti da allora "delle remi"; gli altri rimasero in godimento della comunità come beni inalienabili. Nel 1896 e nel 1899


Re Umberto I emise i decreti che sancirono l’autonomia della frazione dal Comune di Prato Carnico. E qui ebbe inizio una lunga storia di ricorsi, sentenze e appelli. Il Comune voleva impossessarsi dei territori della Frazione, sopratutto dei “ricchi boschi”, la quale si opponeva, lamentando che “la proprietà collettiva è per natura di solo ed esclusivo godimento dei residenti nella Frazione”. Durante il fascismo il Comune tentò di utilizzare gli utili della proprietà frazionale per appianare i propri bilanci, ma numerose sentenze bloccarono i tentativi. La lunga diatriba terminò nel 1932, quando le parti contendenti firmarono un atto di conciliazione. Il dispositivo conteneva anche i numeri dei mappali relativi ai terreni assegnati, che furono definiti "in piena proprietà, suolo e soprassuolo”. Stabilita finalmente la piena proprietà delle terre, la piena autonomia amministrativa e patrimoniale, e la personalità di diritto pubblico della frazione, iniziò la gestione amministrativa della stessa, che favorì sia lavori di manutenzione dei territori agro-forestali che servizi alla comunità e all’abitato. A partire dalla fine degli anni ’70, però, causa lo spopolamento che colpì le zone montane ed il concomitante calo del valore del legname sul mercato, l'Amministrazione separata di Pesariis si limitò ad occuparsi della gestione del patrimonio boschivo per uso legnatico e poco più, con sempre meno interesse economico, fino ad un immobilismo gestionale che vide risparmiare gran parte della ripresa e accumulare moltissima biomassa nei boschi.

Sistema di utilizzazione e vendita dei prodotti legnosi Prima, dopo e risultati Vendita in piedi

4 posti per operai

Vendita a strada mediante Borsa del Legno

Legna da ardere per uso civico utilizzata da ditte esterne, pagate con sovrappiù di legna

Lavoro per tecnici

Utilizzazione e vendita in economia diretta

Acquisto macchine

Certificazione PEFC

Adeguamento strutture per indotto turistico

Nessuna certificazione

viabilità forestale Situazione passata, attuale e obiettivi

Dal 1986 ad oggi realizzati 22,4 km di strade e piste a servizio del bosco produttivo

Attualmente 22 m/ha di viabilità principale 6 m/ha di viabilità secondaria

Obiettivo: 30 m/ha di viabilità principale 20 m/ha di viabilità secondaria

5 nuove strade dal 2000 ad oggi

dati assestamentali Provvigione, incremento e ripresa 1963 Provvigione 190 m3/ha Incremento medio annuo 4 m3/ha -----------------------------Ripresa su incremento 1963-1972 44,8% 1984-1996 54,65%

1997 Provvigione 331 m3/ha Incremento medio annuo 6,8 m3/ha -----------------------------Ripresa su incremento Prossimo piano 85%

Attori & Azioni

A partire dagli anni ’90 l’Amministrazione frazionale ha saputo cogliere nuove opportunità, nate anche grazie ai fondi strutturali europei di cui è stata dichiarata beneficiaria diretta. Dal 1998 grazie al lavoro e alla passione di Delio Strazzaboschi, che partì da una situazione decisamente scoraggiante e desolata (mancava persino un recapito telefonico!), l’Amministrazione ha provveduto alla realizzazione di diversi investimenti a favore del patrimonio frazionale, dell’abitato e dell’intera collettività di vallata, occupandosi anche direttamente di programmazione e gestione di progetti di sviluppo locale. Dal punto di vista forestale, la prima operazione è stata relativa all’adeguamento e alla manutenzione della viabilità. Grazie al lavoro del Dott. Forestale Verio Solari e di altri tecnici, sfruttando i contributi dell'Obiettivo Comunitario 5B, tra il 2000 ed il 2002 l'Amministrazione Frazionale ha provveduto a realizzare 3 nuove piste forestali, cui se ne sono aggiunte, grazie agli investimenti previsti dal Piano di Sviluppo Rurale, altre

5 nel quadriennio 2003-2006. Complessivamente dal 1986 ad oggi sono stati realizzati 32,4 km di strade nel territorio, di cui 22,4 si sviluppano completamente all’interno dei boschi della proprietà collettiva. Di queste strade l’Amministrazione ne ha realizzato a proprie spese (supportata dalle contribuzioni pubbliche) 15,2 km, con un investimento complessivo attualizzato di oltre 980.000 euro. La densità viaria media attuale per le aree boscate è di 28 m/ha, di cui 22 di viabilità principale e 6 di secondaria. Gli obiettivi sono di arrivare a circa 30 m/ha di viabilità principale e 20 m/ ha di secondaria. Tra gli interventi di viabilità all’interno della proprietà rientrano anche gli adeguamenti della viabilità principale già esistente. I principali interventi realizzati riguardano l’allargamento della carreggiata di almeno 50 cm (da 3,5 a 4,0 m), la baulatura del fondo stradale e la realizzazione di adeguate piazzole e piazzali necessari per l’impiego della gru a cavo. Migliorando la viabilità si è così incre-

mentata la possibilità di rendere economicamente possibili gli interventi in alcune aree e di ridurre i costi d’intervento in altre, permettendo quindi interventi di minore intensità e iniziando così una più consistente attività di commercializzazione del legname. Questo passaggio storico doveva essere seguito necessariamente anche da un cambio delle modalità di vendita del legname, per rendere più remunerativa la gestione. A questo proposito è stata di fondamentale importanza la decisione dell'Amministrazione Frazionale di avvalersi della L.R. 20/2000 in materia forestale, che ha consentito la possibilità, accanto alla tradizionale modalità di vendita dei lotti boschivi in piedi, della commercializzazione del legname mediante la Borsa regionale del Legno, gestita attraverso la Società Cooperativa Legno Servizi. Fu questa l’occasione del passaggio quasi totale dalla vendita “in piedi” alla vendita “a strada”, che ha permesso una remunerazione maggiore del legname.

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BOX - Infrastrutture realizzate grazie anche ai proventi della gestione forestale • Ristrutturazione, rinnovo ed adeguamento Hotel Pradibosco; • progetto “Pesariis - Paese degli orologi” - realizzazione • •

• • •

museo all’aperto con valorizzazione dei 24 “orologi monumentali” presenti nella frazione; apertura e gestione diretta, con proprio personale dipendente, di un Punto Vendita Alimentari; ristrutturazione ex-latteria, divenuta “Centro frazionale di Pesariis”, che raccolgie la “Bottega del tempo” (negozio di prodotti artigianali), la Sala sociale multimediale e gli uffici amministrativi; manutenzione straordinaria del Residence Casa Pesarina e realizzazione del Laboratorio ludico-didattico destinato agli alunni in visita al “paese degli orologi”; ricostruzione ex-casera e sua trasformazione in Bivacco; restauro, ripristino e riqualificazione di tre manufatti pubblici dell’abitato: la fontana di Pic, il Lavatoio collettivo e la Fonte solforosa.

La valorizzazione del patrimonio boschivo e lo sviluppo dell'imprenditoria locale attraverso la gestione da parte della proprietà collettiva hanno costituito l'obiettivo degli interventi previsti dal Piano Integrato Particolareggiato "Foresta dell'alta Val Pesarina", un progetto finanziato con il PSR 2000-2006 che ha permesso la formulazione del piano delle utilizzazioni boschive, un ulteriore miglioramento della viabilità forestale e la modificazione del sistema di commercializzazione, oltre che alla sistemazione dei boschi tramite diradamenti e riattivazione di sentieri. L'Amministrazione ha inoltre aderito nel 2004 al sistema PEFC regionale, al fine di una maggiore qualificazione del bosco e del legname prodotto anche per fini commerciali. Importanti innovazioni sono state attuate anche per quanto riguarda le modalità di utilizzazione del bosco di latifoglie concesso in godimento gratuito ai frazionisti per ricavarne legna da ardere. Dal momento che, data la prevalenza della popolazione anziana, si era diffuso l'uso di affidarsi ad un'impresa boschiva pagandola “in natura”, ossia in legname (per ottenere il fabbisogno medio annuo di una famiglia, per esempio 20 q di legno, ne venivano tagliati 100), la Frazione ha perciò deciso di eseguire direttamente il taglio della legna da ardere, che viene poi in parte ceduta a prezzo del mero costo ai frazionisti e in parte venduta sul mercato, razionalizzando così i tagli ed offrendo un ulteriore servizio alla comunità. Gli investimenti materiali conseguenti a tali scelte hanno permesso l'acquisto di macchine ed attrezzature necessarie alla gestione diretta: un fuoristrada e attrezzature minute nel 2004, macchine forestali come un trattore, un rimorchio con gru e un verricello nel 2005, un mini escavatore nel 2006 e successivamente altri strumenti per la preparazione della legna da ardere.

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Situazione attuale

Rispetto alla situazione di partenza si può affermare che oggi la foresta di Pesariis è servita da una buona rete viaria, commercializza meglio il legname da opera, ha al suo interno personale tecnico e operativo in grado di lavorare in modo efficiente e sostenibile e ha ancora notevoli margini di valorizzazione e sviluppo. Attualmente l’Amministrazione punta infatti a migliorare ulteriormente il parco macchine mediante l’acquisto di una gru a cavo per servire anche i territori più difficili e a proseguire nella realizzazione di nuova viabilità anche attraverso la pianificazione, che prosegue con l’obiettivo di incrementare la ripresa nell’area produttiva. Grazie a tutto questo sono stati creati quattro posti di lavoro per altrettanti operai forestali e garantita l’attività del personale tecnico. Da non sottovalutare è l’indotto turistico che gravita intorno al bosco e alla sua fruizione. L’Amministrazione di Pesariis ha realizzato nel tempo la costruzione, la ristrutturazione e la gestione di numerose infrastrutture turistiche come un museo, un punto vendita alimentari, edifici per ferie, un residence e addirittura un Hotel (vedi Box).

Replicabilità

In Italia sono molto numerose le proprietà collettive e i boschi pubblici in genere che sono utilizzati saltuariamente o per nulla, con l’assenza di una strategia gestionale di lungo periodo. Se da una parte è vero che queste situazioni sono maggiori in contesti territoriali differenti da quello di Pesariis, come quelli appenninici, è altrettanto certo che questo modello, in cui un gruppo di persone fatto da amministratori, tecnici e operatori lavorano per un territorio che è di tutti, in cui abitano con le proprie famiglie che a loro volta beneficiano dell’indotto generato insieme agli altri cittadini, sembra poter funzionare, non solo sulle Alpi.

Le terre collettive, quindi, potranno in futuro rappresentare una variabile interessante, sopratutto per i territori montani in via di spopolamento e verso le giovani generazioni. Da sottolineare che i fondi utilizzati dall’Amministrazione frazionale, inoltre, non sono stati stanziati ad hoc ma erano e sono nella disponibilità di chiunque ne abbia diritto, non solo in Friuli Venezia Giulia, ma anche in molte altre regioni italiane.

Riflessioni

L’esperienza di gestione della proprietà collettiva di Pesariis ci mette di fronte a numerose riflessioni. Innanzitutto sugli strumenti comunitari e i finanziamenti pubblici in genere, che se concessi in modo mirato e utilizzati razionalmente possono davvero creare sviluppo e dare le basi per attività che poi potranno “correre con le proprie gambe”. Poi sulla gestione dei territori pubblici: sviluppare forme di imprenditoria privata locale a cui sia data la possibilità di gestire il patrimonio pubblico in certe zone semi abbandonate potrebbe essere una mossa vincente per uscire dall’immobilismo gestionale e per creare occasioni di lavoro in aree marginali. Infine, sulla professione del tecnico forestale, che può davvero proporsi alle amministrazioni locali come soggetto in grado di porre le basi per un progetto di sviluppo collettivo e sostenibile, che parta dalle risorse naturali dei territori, le connetta con i finanziamenti pubblici e con il mercato dei prodotti e dei servizi forestali per costruire progetti di sviluppo di lungo periodo.

Contatti Delio Strazzaboschi Amministrazione dei Beni Frazionali di Pesariis PCDP

Frazione Pesariis, 91 33020 Prato Carnico (UD) - Italy Tel. 0433.69265 - Fax: 0433.695861 pesariis@pesariis.it www.pesariis.it Verio Solari - Dott. Forestale

Tel. 335.6251610 veriosolari@teletu.it Luigi Torreggiani

Redazione di Sherwood luigitorreggiani@compagniadelleforeste.it

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innovazione

Innovazioni nel settore forestale: lo stato dell’arte di Remo Tomasetti Maria Rizzo Alessandro Paletto

Lo scorso Ottobre a Trento si è svolto il convegno “Innovazioni nel settore forestale: dalla teoria alle applicazioni pratiche”. Dato l’interesse, la trasversalità delle tematiche trattate e l’attualità delle stesse, l’incontro ha rappresentato un’importante occasione di confronto. L’articolo, partendo dagli argomenti principali del convegno, affronta la tematica dell’innovazione nel settore forestale, delineandone lo stato attuale e le prospettive future.

Joseph Schumpeter (1971) identifica l’innovazione con nuove combinazioni di mezzi di produzione, l’introduzione di nuovi beni e/o metodi di produzione, la creazione di nuove forme d’organizzazione, l’apertura di nuovi mercati e la conquista di nuove fonti d’approvvigionamento. Questa definizione classica è stata nel tempo ripresa e rielaborata (Nelson e Winter 1982), ma i suoi elementi portanti rimangono ancora validi e consistono nella logica economica del concetto e nella distinzione dello stesso dalla pura e semplice invenzione. L’invenzione è qualcosa di squisitamente scientifico o tecnologico, mentre l’innovazione ha delle ricadute economiche, come il generare un profitto a favore dell’imprenditore (Malerba 2000). In tal senso, lo stesso concetto d’imprenditorialità è strettamente legato a quello d’innovazione in quanto viene definito come il processo di trasformazione di nuove opportunità in valori di mercato (Niskanen et al. 2007). L’imprenditore è, pertanto, l’attore chiave in questo processo perché è colui che trasforma la pura e semplice invenzione in innovazione. L’innovazione, in termini generali, è considerata un rimedio alle problematiche economiche e sociali in quanto supporta la crescita economica, aumenta il livello di competitività e d’occupazione di un paese (Kubeczko et al. 2006). In altre parole, l’innovazione è un deliberato processo di cambiamento endogeno (Pianta e Vaona

2007) che nasce in seno alle singole aziende, ma che ha ripercussioni sull’intero comparto produttivo. Le innovazioni possono essere di diversi tipi (De Propris 2002), una prima ripartizione va fatta tra le innovazioni di processo (tecnologiche e organizzative) e quelle di prodotto (beni materiali o servizi intangibili).

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Una seconda distinzione differenzia le innovazioni incrementali, che comportano un miglioramento di un processo, prodotto o servizio rispetto all’esistente, e quelle radicali che rappresentano, invece, una rottura con i processi e i prodotti esistenti (Dewar e Dutton 1986). Il processo innovativo è stato inizialmente descritto come un processo lineare che attraversa le seguenti fasi (Rogers 1995): condizioni anteriori, conoscenza, persuasione, decisione, implementazione e conferma. Questo approccio apparentemente semplice ha però insiti alcuni limiti (non sempre tutte le fasi del processo sono presenti, può esistere uno sfasamento temporale tra le varie fasi, le relazioni tra le fasi non sono necessariamente univoche) che hanno portato all’affermazione dell’approccio a catena (Kline 1985). In questo approccio alternativo i flussi di conoscenza derivanti dalla ricerca scientifica e tecnologica intervengono nelle varie fasi del processo con intensità e modalità differenti. L’approccio a catena presuppone un rapporto costante e continuo tra ricerca e imprenditorialità tale da rendere più dinamico e adattabile il processo. Il settore forestale presenta, secondo quanto emer-

so da un'analisi condotta nell’Europa centrale che ha coinvolto per l’Italia la sola provincia di Trento, un basso livello di innovazione dovuto ad un altrettanto basso livello di imprenditorialità (Rametsteiner et al. 2005). Nonostante questi dati si registra un trend crescente nell’introduzione delle innovazioni e nel successo delle stesse a dimostrazione del fatto che anche il settore forestale, considerato piuttosto statico e tradizionalista, si sta aprendo all’implementazione di nuove idee economicamente remunerative. Le innovazioni introdotte sembrano però concentrarsi su alcuni aspetti particolari: da un lato prevalgono le innovazioni incrementali, mentre risultano quasi del tutto assenti quelle radicali, dall’altro le innovazioni di prodotto (prodotti legnosi) e di servizio, nel campo turistico-ricreativo, sono quelle preferite dagli imprenditori forestali. La crisi del settore forestale e le dinamiche innovative avviate in alcuni paesi dalla lunga tradizione forestale (Austria, Germania e Paesi scandinavi) mettono l’Italia di fronte alla necessità di avviare un percorso di ricerca scientifica tale da valorizzare le peculiarità dei boschi nazionali attraverso l’individuazione e l’implementazione di innovazioni ad hoc. La stessa analisi delle best practices europee ed internazionali e la conseguente diffusione della conoscenza in materia possono fornire interessanti spunti di riflessione agli operatori del settore. A partire dalle suddette considerazioni l’Associazione Forestale del Trentino (AFT) in collaborazione con l’Unità di ricerca per il Monitoraggio e la Pianificazione Forestale del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA-MPF) ha organizzato lo scorso Ottobre un convegno intitolato “Innovazioni nel settore forestale: dalla teoria alle applicazioni pratiche” il cui programma è riportato nel Box 1. Il presente lavoro sintetizza i risultati emersi dal convegno al fine di fare il punto della situazione sullo stato dell’arte del livello d’innovazione raggiunto nel nostro settore e sulle prospettive di crescita future. L’analisi del livello d’innovazione è stata affrontata in riferimento a tre principali aree tematiche: produzione, pianificazione forestale, turismo e ricreazione in bosco.

Box 1 - Programma del convegno “Innovazioni nel settore forestale: dalla teoria alle applicazioni pratiche” • • • • • • • • • • •

Giovanni Pegoretti (Università degli Studi di Trento) “Il ruolo dell’innovazione nella dinamica del sistema economico” Davide Pettenella (Università degli Studi di Padova) “Innovazioni, capitale sociale e networks nel settore forestale” Geremia Gios (Università degli Studi di Trento) “Valutazione dei servizi turistico-ricreativi del bosco” Dragan Matijašic' (Slovenia Forest Service) “Innovazioni di servizio in Slovenia: i piani di gestione forestale come piani di gestione dei siti Natura 2000” Fabrizio Ferretti e Massimo Bianchi (Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura) “Innovazioni nella pianificazione forestale: ProgettoBosco” Romano Masè (Provincia Autonoma di Trento) “Innovazioni organizzative introdotte dalla Provincia di Trento per la filiera foresta-legno-energia” Lorenza Colletti (Corpo Forestale dello Stato) “Pedagogia del bosco ed UE: il progetto PAWSMED” Helen Catherine Wiesinger (Orto Botanico di Trieste) “Innovazioni turistico-ricreative e processi innovativi in Austria ed in Italia” Gian Antonio Battistel (AQA Certificazioni) “Comportamento innovativo dei proprietari forestali per la valorizzazione dei prodotti non legnosi” Ettore Sartori (Parco Paneveggio - Pale di San Martino) “Aspetti innovativi introdotti nel Parco naturale di Paneveggio Pale di San Martino” Andrea Schelfi (Istituto di Formazione Professionale “Sandro Pertini”) “Il legno ed i giovani”

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Produzione forestale

La funzione produttiva dei boschi comprende, oltre alla classica produzione legnosa, anche tutti i prodotti non legnosi del bosco che rappresentano, in alcuni contesti territoriali, una risorsa dalle importanti ricadute economiche. La funzione produttiva legnosa è influenzata da fattori globali e locali che ne condizionano i prezzi e conseguentemente i livelli di utilizzazione; i prodotti non legnosi rientrano spesso nelle attività di autoconsumo o nelle economie informali (Pettenella 2009) e risultano, pertanto, più legati a dinamiche locali. A livello globale le fluttuazioni della produzione forestale sono strettamente legate ad una serie di cambiamenti strutturali quali l’internazionalizzazione e la globalizzazione del mercato del legno con l’ingresso di nuovi attori (Cina, India e Brasile), la messa a punto di politiche sui cambiamenti climatici tali da incrementare la domanda di biomasse forestali (Pettenella e Torreggiani 2009), un controllo internazionale della provenienza dei prodotti a base di legno al fine di assicurare una produzione sostenibile. Queste tendenze generali si sommano ad una serie di congiunture negative verificatesi negli ultimi anni come ad esempio la riduzione della domanda di legname nel settore edilizio, il crescente processo di informatizzazione con conseguente calo della domanda di carta ed il susseguirsi di catastrofi naturali che, abbassando notevolmente i livelli di sicurezza per chi investe nel settore legno, accentuano ulteriormente l’instabilità dei mercati. Come ribadito dall'UNECE/FAO Forest Products Annual Market Review 2009-2010, l’innovazione è uno degli aspetti chiave su cui puntare per invertire tale tendenza negativa che ha portato in questi ultimi anni ad un declino nei consumi, nella produzione e negli scambi di prodotti forestali a livello internazionale. In questo senso l’innovazione si deve sviluppare lungo due direttrici, la prima riguardante nuovi prodotti in grado di consentire alle industrie del legno di mantenere la propria quota di mercato (innovazioni di prodotto), la secondo relativa ai fattori tecnologici in grado di accrescere la produttività del settore forestale (innovazioni tecnologicheorganizzative). Le innovazioni di prodotto sono spesso associate alla creazione di nuovi mercati oppure ad un aumento della qualità dei prodotti esistenti tali da ridurre i costi di produzione, oltre che razionalizzare e aumentare la flessibilità e le performance dei processi di produzione (Edquist et al. 2001). La situazione nazionale conferma questa necessità di innovare per rilanciare la competitività del settore forestale. Dagli anni ’70 ad oggi si è registrata una diminuzione del valore della produzione di legname dovuta ad una riduzione della domanda, alla chiusura o riconversione di molte segherie ed alla crisi della pioppicoltura. Per la sua particolare morfologia e per tutta una serie di fattori sia organizzativi che politici, tra cui la persistenza di una situazione di stallo nei processi innovativi di carattere meccanico e tecnologico e i continui tagli agli investimenti nel settore della ricerca e dello sviluppo, l’Italia non è affatto competitiva in termini di produttività del lavoro forestale. In questo contesto soltanto la produzione di biomasse ad uso energetico sembra contrastare questo trend negativo, anche se soltanto a piccola sca-

la, confermando però la tendenza di uno spostamento della capacità produttiva verso gli assortimenti a minor valore (de-specializzazione). L’Italia più di altri paesi è, pertanto, costretta a ricercare nuove soluzioni in grado di contrastare suddetta tendenza aumentando al contempo la competitività. I principali aspetti su cui puntare possono essere così sintetizzati: 1. creare network tra gli attori della filiera foresta-legno, sia orizzontali sia verticali, in grado di mettere in rete gli attori economici e quelli istituzionali per facilitare i flussi informativi e aumentare l’efficienza dell’intera filiera (Vennesland 2004); 2. investire su ricerca e sviluppo in campo tecnologico (meccanizzazione forestale) e organizzativo con specifico riferimento all’organizzazione interna delle imprese di prima trasformazione; 3. investire sulle biomasse forestali solo nei casi di reale sostenibilità ambientale, sociale ed economica; 4. semplificare gli aspetti amministrativi riducendo gli oneri burocratici; 5. favorire azioni di marketing territoriale e di diversificazione dei prodotti/servizi forestali; 6. investire sulla formazione professionale degli operatori del settore forestale. Per quanto concerne i primi due aspetti, esempi positivi giungono dai paesi scandinavi dove la logica di rete è già ampiamente diffusa (Tikkanen et al. 2003) e il management aziendale interno è facilitato dalle maggiori dimensioni aziendali. Il terzo aspetto che ha trovato ampia diffusione in vari contesti territoriali, grazie soprattutto ad una serie di politiche in favore delle fonti energetiche rinnovabili, non ha sempre dato risultati apprezzabili dal punto di visto economico e/o ambientale. Un esempio positivo che considera i prodotti legnosi, e le biomasse forestali in particolare, secondo un “approccio di filiera” è quello della Provincia Autonoma di Trento. Tale approccio si prefigge l’obiettivo di migliorare la struttura economica della filiera; attualmente la materia prima utilizzata nella prima e seconda lavorazione è prodotta per un terzo in Trentino contribuendo al 6% circa del PIL provinciale. In questo senso si muove anche la Legge Provinciale n.11/2007 che ha previsto un riordino organico di tutta la normativa attraverso un approccio integrato finalizzato,

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tra l’altro, a creare i contratti di filiera, le reti d’impresa, le associazioni di produttori e a valorizzare il prodotto legno. Senza arrivare al “modello scandinavo” che per molti versi risulta difficilmente applicabile nel contesto italiano, l’esempio del Trentino può fornire molti spunti interessanti anche per altre realtà regionali. Anche dal punto di vista puramente tecnologico l’Italia non si trova in una situazione favorevole; dal Quinto Rapporto dell’Osservatorio Enea sull’innovazione e la competizione tecnologica internazionale risulta che il nostro Paese continua a registrare un arretramento della propria competitività (EUEA-UDA 2006). A tal proposito, si reputa rilevante segnalare l’attività dell'associazione Unione Nazionale per l'Innovazione scientifica Forestale (U.N.I.F.) che, attraverso l’organizzazione biennale della Dimostrazione Internazionale di Macchine ed Attrezzature Forestali (D.I.M.A.F.), si prefigge tra i vari obiettivi quello di portare a conoscenza e di trasferire a tutti coloro che fanno parte del settore agro-forestale, le nuove tecnologie ed i sistemi di lavoro innovativi nel campo delle utilizzazioni. Per quanto concerne invece i prodotti non legnosi, si può asserire che tali prodotti possano assumere una rilevanza economica in ambito locale grazie all’introduzione di innovazioni produttive o alla messa a punto di efficienti strategie di marketing territoriale. Tra le innovazioni di successo sono state ricordate la produzione e l’impiego del mugolio, un olio essenziale estratto dal pino mugo, in Val Sarentino - Alto Adige (Broll e Pietrogiovanna 2009). Interessante è anche la strategia di marketing messa a punto in Val di Taro (Emilia-Romagna) che puntando sui rinomati funghi porcini della zona ha valorizzato l’intero territorio dal punto di vista turistico e gastronomico.

Pianificazione forestale

La pianificazione forestale è una delle discipline che in questi ultimi decenni ha subito in Italia, così come in molti altri paesi europei, un forte impulso innovativo. Gli aspetti su cui si è incentrato il dibattito tecnico-scientifico relativo alla pianificazione sono: l’integrazione tra i differenti livelli di pianificazione forestale e quello con gli altri strumenti di pianificazione territoriale, su tutti i piani di gestione della rete Natura 2000. I classici piani d’assestamento o piani economici, in con-

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seguenza del mutato contesto socio-economico, hanno lasciato il posto ad una pianificazione multi-livello che dalla programmazione di politica forestale passa attraverso una pianificazione sovraziendale, o pianificazione di orientamento, sino ad arrivare ai piani particolareggiati o piani forestali aziendali (Licini e Terzuolo 2001). Questo tipo d’innovazione è ascrivibile al macro gruppo delle innovazioni di processo in quanto attraverso un nuovo metodo o una riorganizzazione della produzione si consegue una maggiore efficienza produttiva con risparmi di lavoro e capitale. La riorganizzazione della pianificazione forestale a più livelli ha proprio come obiettivo quello di migliorare l’efficienza gestionale della risorsa e conseguentemente la fornitura dell’insieme di beni e servizi utili all’uomo. La pianificazione sovraziendale si pone ad una scala intermedia tra la pianificazione forestale aziendale e quella regionale e provinciale con l’obiettivo di garantire la tutela degli interessi della collettività nei confronti del bosco attraverso la messa a punto d’indirizzi gestionali su una realtà territoriale omogenea dal punto di vista geografico e amministrativo (Agnoloni et al. 2009). Nello logica multi-livello rientrano i Piani Forestali Territoriali (PFT) del Piemonte, i Piani Forestali Territoriali d’Indirizzo (PFTI) introdotti da ProgettoBosco e in fase d’implementazioni in varie zone d’Italia e, parzialmente, i Piani di riordino finalizzati alla gestione del territorio silvopastorale delle proprietà private del Veneto. Un ulteriore aspetto dibattuto in questi ultimi anni è quello concernente la possibile integrazione e i conflitti di competenze tra la pianificazione forestale e quella della rete dei siti Natura 2000. In tal senso un esempio innovativo è quello della Slovenia dove è stato approvato nel 2007, da parte del governo sloveno, il Programma operativo Programma di gestione della rete Natura 2000 (periodo di validità 2007-2013). Tale programma e il regolamento concernente le nuove linee guida per la redazione dei piani di gestione forestale del 2008 prevedono una forte interazione e sinergia tra questi due documenti pianificatori. Il piano di gestione forestale è considerato uno strumento necessario per la tutela dei siti Natura 2000 in quanto, come recita l’art.5 di suddetto regolamento, nel caso in cui il piano di gestione forestale comprenda zone di protezione speciale - Natura 2000, nel piano devono essere compresi gli obiettivi e le misure necessarie per garantire uno stato soddisfacente dei loro habitat, secondo i regolamenti e programmi che riguardano la conservazione della natura (Danev et al. 2008). Questi esempi ci portano a concludere che nel campo della pianificazione forestale l’innovazione deve svilupparsi lungo tre direttrici principali: un miglioramento qualitativo dei piani d’assestamento attraverso l’impiego di nuove tecnologie per la raccolta e la gestione informatizzata dei dati territoriali, la diffusione dell’approccio multi-livello nella pianificazione forestale e l’integrazione della stessa con gli altri strumenti di pianificazione territoriale senza creare sovrapposizioni o conflitti di competenze.

Turismo, ricreazione e attività didattiche in bosco

A dispetto della grave crisi economica degli ultimi anni, i processi di urbanizzazione e il miglioramento della qua-


lità della vita che si sono messi in moto nell’ultimo secolo hanno portato ad un mutamento degli stili di vita dei cittadini dei paesi industrializzati (Mattalia e Davico 1996), accrescendo l’importanza relativa della funzione turistico-ricreativa dei boschi (Notaro et al. 2006). Questo mutamento d’importanza, a discapito di funzioni forestali più classiche (produzione di legna e legname), ha dato un impulso positivo all’inventiva di proprietari e imprenditori forestali allo scopo di rendere remunerativa una funzione pubblica del bosco (Mantau et al. 2001). Nonostante il mercato non lo abbia ancora riconosciuto pienamente, gli economisti ambientali hanno già da tempo individuato il valore paesaggistico-ricreativo dei boschi analizzandone le singole componenti d’uso e di non uso (valore ricreativo, scenico ed evocativo). I risultati di 38 indagini (1982-2006) condotte con il metodo del costo del viaggio e della valutazione contingente hanno evidenziato un valore medio a visita di 8,21 € compreso in un range tra un minimo di 1,26 €/visita e un massimo di 32,88 €/visita. Tale valore resta, nella maggior parte dei casi, un valore ipotetico la cui traduzione pratica può essere affidata a delle innovazioni in grado di trasformare la disponibilità a pagare, ad esempio, i biglietti d’ingresso. Nonostante siano ancora numericamente pochi, cominciano a riscontrarsi esempi di innovazioni turisticoricreative in bosco che vanno in questa direzione. Alcune innovazioni di questo tipo sperimentate in Austria e in Italia sono state analizzate al fine di evidenziare gli aspetti chiave su cui puntare per una loro maggiore diffusione (Wiesinger 2009). Suddetta ricerca evidenzia il ruolo delle istituzioni nel processo innovativo e la necessità di un pool iniziale di risorse finanziare e umane da investire nel processo. Gli attori istituzionali svolgono un ruolo rilevante sia nella fase informativa, ma anche in quella di supporto economico all’innovazione. Quest’ultimo punto risulta quello più critico perché delle 10 innovazioni introdotte tra Austria e Italia il 60% è stato finanziato da capitale proprio e il 21% attraverso finanziamenti bancari (Wiesinger 2009). Osservando i fattori problematici per l’introduzione di un’innovazione, si riscontrano ai primi posti gli elevati costi e l’accesso ai capitali, mente tra i fattori importanti la disponibilità di personale preparato (capitale umano) e la disponibilità di offerte finanziarie. In sintesi questo studio sulle innovazioni turistico-ricreative conferma i dati evidenziati da altre ricerche, cioè che le caratteristiche chiave per il successo di un'innovazione sono: l’accesso a forme di finanziamento ad hoc e la disponibilità di capitale umano. Un altro aspetto correlato a quanto detto riguarda le attività di educazione ambientale finalizzate a formare, informare e sensibilizzare la popolazione sulle principali tematiche legate al bosco. Tali attività possono essere distinte in due gruppi, quelle con ricadute economiche dirette e quelle con ricadute economiche indirette. Nel primo gruppo rientrano i centri di educazione ambientale o i singoli operatori naturalistici che svolgono attività formativa e informativa sotto compenso (Wiesinger 2009), mentre nel secondo gruppo si annoverano progetti e attività di più ampio respiro finalizzati al miglioramento della competitività nel lungo periodo. Molti di questi progetti, come la creazione di percorsi

didattici e l’organizzazione di svariate attività di educazione ambientale (dalle ricadute economiche indirette), vengono proposti proprio all’interno delle aree naturali protette come punti di partenza innovativi per diffondere ed accrescere le conoscenze sulla biodiversità, sulle pressioni che la minacciano, sull’utilizzo sostenibile delle risorse naturali e sulla necessità della loro tutela. Tra i tanti esempi diffusi nella realtà italiana viene presentato quello offerto dal Parco Naturale Paneveggio - Pale di San Martino che propone al pubblico una serie di ricerche, lavori ed attività per promuovere e valorizzare le risorse naturali locali e le proprie peculiarità contribuendo così ad arricchire la conoscenza del territorio e della sua realtà storica, ambientale ed economica. A livello internazionale rientra in questo secondo gruppo anche il progetto PAWS (Pädagogische arbeit im Wald ein seminarkonzept für Förster), co-finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Leonardo da Vinci per la formazione e l’aggiornamento dei cittadini dell’Unione Europea (UE) che si pone l’obiettivo di educare le nuove generazioni in modo da migliorarne conoscenze e capacità al fine di influenzare positivamente la competitività dell’UE (Colletti 2010). Il progetto PAWS, che ha visto il coinvolgimento dell’Italia assieme ad alcuni altri partner europei (Austria, Finlandia, Germania, Regno Unito, Repubblica Ceca e Slovacchia), ha cercato di migliorare la conoscenza in merito alle foreste e alla gestione forestale di una popolazione europea sempre più urbanizzata.

Conclusioni

Alla luce di quanto emerso durante l’incontro appare chiara la necessità di una profonda revisione del comparto forestale nazionale rivolta prima di tutto a recuperare la capacità di creare valore attraverso: la promozione dell’iniziativa privata e del capitale sociale, la semplificazione amministrativa, la programmazione gestionale, l’innovazione tecnologica, la valorizzazione dei prodotti finali di nicchia e la differenziazione produttiva. Non meno importante è la valorizzazione del bosco a scopi turistico-ricreativi e didattici, quale componente di un più ampio progetto di sviluppo territoriale. Per conseguire suddetti ambiziosi obiettivi è necessario

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da un lato una maggiore attenzione da parte dei decisori politici al mondo della ricerca e dell’innovazione attraverso politiche e finanziamenti specifici, dall’altro è indispensabile un coordinamento tra i vari soggetti deputati alla ricerca. In questo senso un ruolo chiave lo potrà svolgere sempre di più l’U.N.I.F. attraverso il coordinamento della ricerca e la predisposizione di linee guida e strategie di lungo periodo finalizzate ad evitare ripetizioni nella ricerca e a migliorare l’efficienza e l’efficacia dei risultati raggiunti. Inoltre, un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è la necessità di un maggiore avvicinamento degli istituti di ricerca e delle università al mondo imprenditoriale seguendo il modello nord-americano. Attualmente le ricerche in Italia sono finanziate quasi totalmente da enti pubblici, mentre il settore privato risulta poco o per nulla coinvolto. Pur considerando tutti i limiti insiti nel settore forestale rispetto ad altri settori, a nostro avviso è però indispensabile un maggiore coinvolgimento dei soggetti privati come promotori e finanziatori. Tale coinvolgimento è importante per consentire un avanzamento della ricerca di base e applicata che possa fornire dei risultati effettivamente spendibili e tali da dare un concreto impulso alla crescita economica dell’intero comparto.

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i n f o . artic o l o Autori: Tomasetti Remo, Associazione Forestale del Trentino. E-mail remo.tomasetti@virgilio.it Rizzo Maria, Unità di ricerca per il Monitoraggio e la Pianificazione Forestale del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA-MPF). E-mail maria.rizzo@entecra.it Paletto Alessandro, Unità di ricerca per il Monitoraggio e la Pianificazione Forestale del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA-MPF). E-mail alessandro.paletto@entecra.it Parole chiave: Innovazione, invenzione, crescita economica, pianificazione forestale, funzione turistico-ricreativa. Abstract: The forestry sector innovations: the state of the art. An innovation can be represented as a new product or a product with a better quality, or it can be a new system of production, a new market, a new source of supplies or a new organization. When there is an innovation concerning a product, this can be associated to the creation of a new market or to the quality enhancement of an existing product; while an innovation concerning a process is usually introduced in order to reduce costs, or rationalize or increase the flexibility of the production process. The forestry sector has a low level of innovation, although this is a key-factor for its economic growth. The paper analyses the current situation of the innovation level of the Italian forestry sector, focusing on three main aspects: production, forest planning, tourism and recreation in forest. Tutte le foto sono tratte dal sito www.legnotrentino.it


& proposte commenti

R Università e mondo del lavoro.

Gli studenti s’interrogano

Dal 28 settembre al 2 ottobre 2010 a Pieve Tesino (TN) si è svolta la prima Conferenza Ausf Italia. In occasione di quest’evento si è rivolta l’attenzione in particolare alla realtà professionale del tecnico forestale e alla difficoltà oggettiva che i giovani dottori forestali incontrano nel trovare un lavoro. Quindi con estrema praticità si è pensato a quello che potrebbe essere un rimedio per questa preoccupante situazione.

idurre l’enorme gap presente tra l’università, quindi la formazione, e la professione, è uno tra principali scopi delle 9 Associazioni Universitarie di Studenti Forestali presenti su tutto il territorio italiano. Per la prima volta si è deciso di unirsi e costituire una rete di portata nazionale che faccia da ponte tra facoltà e professione, due realtà che purtroppo tra di loro comunicano ancora poco o niente. Ausf Italia sta lavorando affinché si avvicini sempre più la fase formativa a quella lavorativa. Si tratta di ridurre quelle lacune che molti corsi di laurea hanno, ed incrementare quello che comunemente viene chiamato apprendimento non formale, il quale soprattutto per le scienze forestali dovrebbe occupare la parte maggioritaria del periodo accademico. Per questo si è pensato di far conoscere agli studenti come svolge il proprio lavoro un tecnico forestale, organizzando eventi all’interno delle nostre facoltà. Ci sarebbe da meravigliarsi, ma tale figura è spesso sconosciuta agli studenti: come si evince anche da un recente sondaggio, condotto da Ausf Italia e Sherwood che mette in luce diversi aspetti sull’attuale sistema accademico e offre spunto per interessanti riflessioni. Dal sondaggio emerge, sempre per quanto riguarda la professione, che molti studenti (soprattutto di I livello) dimostrano una scarsa consapevolezza di ciò che il dottore forestale fa e le competenze che gli sono riconosciute, pertanto appare evidente che vengono ignorate da tali studenti anche quelle che sono le opportunità di lavoro una volta terminati gli studi. Nell’esporre alcuni degli aspetti salienti del mondo della professione forestale, durante la Conferenza Ausf Italia abbiamo pensato di mettere a confronto due tra le istituzioni più significative del settore, il Consiglio Ordine Nazionale Dottori Agronomi e Forestali (Conaf) ed il Collegio Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati. Un evento di questo tipo non era mai stato realizzato prima d’ora e quello che ne è venuto fuori ha permesso a studenti e neo-laureati di chiarirsi alcune idee, che talvolta hanno purtroppo lasciato profonde perplessità; la presa di coscienza della scarsa considerazione nella pianificazione territoriale e nei gruppi interdisciplinari che ha la nostra figura professionale

(spesso in competizione con altri professionisti) e la conferma che si fa ancora molto poco per cambiare questo stato sono segnali decisamente negativi. Ovviamente la preoccupazione maggiore rimane sempre quella di trovare un lavoro idoneo al proprio percorso di studi. Dati recenti mostrano un tasso di disoccupazione per i dottori agronomi e forestali ad un anno dal conseguimento dal titolo, pari al 18,3%(1). La proposta che come AUSF Italia lanciamo e che vogliamo portare avanti sarebbe innovativa, semplice e decisamente realizzabile se ci fosse l’appoggio di tutte le parti coinvolte: chiediamo che l’assegnazione degli appalti e degli incarichi dalla pubblica amministrazione ai liberi professionisti tenga in particolare considerazione, in forme da valutare e stabilire (ad esempio attraverso facilitazioni economiche), gli studi tecnici di dottori forestali fino ai 35 anni e quelli che abbiano alle loro dipendenze, meglio se non in precariato, neo-laureati in scienze forestali al di sotto dei trent'anni. Per cercare di realizzare queste o altre iniziative che possano in primis ridurre la percentuale di disoccupazione giovanile, ma anche portare ad una diminuzione dello sfruttamento dei giovani laureati e incoraggiare l'imprenditoria giovanile nel settore forestale, Ausf Italia lancia un appello a quei soggetti che hanno capacità e competenze per sostenere quest’idea: Ordini professionali, professionisti, associazioni di settore ed Enti locali preposti. Noi come Ausf Italia, nei limiti delle nostre possibilità (e coscienti di queste) stiamo proponendo idee e lavorando affinché questo progetto si traduca, una volta per tutte, in una realtà comune. Nel perseguire quest’obiettivo è inoltre fondamentale fare un lavoro a monte: le università devono formare laureati con un’istruzione quanto più pratica e vicina a quello che un giovane incontrerà fuori dall’università. Dall’altra parte il mondo professionale deve saper riconoscere ed accogliere persone meritevoli, ed istaurare un rapporto costante e vero con le università. Molto spesso gli intenti sono gli stessi ma non ci si riesce ad incontrare, da questo trarrebbero un vantaggi tutti i soggetti coinvolti… Giulio Di Lallo Presidente Ausf Italia

(1) Elaborazioni Cresme su dati Almalaurea.

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& proposte commenti

“Imprenditore L forestale”. Una figura da riconoscere giuridicamente (e non solo)

Penso che le forti limitazioni allo sviluppo del settore forestale derivino da una carenza di fondo, ovvero un sistema di regole che toglie al mercato delle utilizzazioni forestali la possibilità di selezionare i soggetti coinvolti sulla base delle capacità professionali e delle abilità innovative possedute.

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a qualificazione e la professionalizzazione delle imprese rappresentano tematiche di grande attualità per il settore forestale italiano, il quale si trova ad adempiere in misura sempre maggiore a responsabilità e ruoli che dovranno riportarlo ad assumere la propria tradizionale importanza sociale. I vincoli internazionali relativi alla riduzione delle emissioni dei gas clima alteranti e gli indirizzi delle politiche energetiche europee, infatti, costituiscono degli impegni che, con un’importanza nuova e alquanto forte, rappresentano una possibilità imperdibile per la valorizzazione e il rilancio del settore forestale italiano. Allo stato attuale, però, il settore non è strutturato in modo coeso e stabile: i quantitativi di materiale legnoso utilizzati nei boschi sono scarsamente conosciuti, i soggetti che operano nel comparto delle utilizzazioni non possiedono un inquadramento giuridico chiaro e coerente, la possibilità di costruire delle interfacce rappresentative tra i proprietari e le imprese forestali sembra abbastanza remota. Questi presupposti generano effetti negativi non solo per le imprese, ma anche per l’intero comparto. Le conseguenze possono essere: • tecniche, poiché è molto difficile pianificare lo sviluppo di filiere frammentate al loro interno; • politiche, in quanto non si riesce a delineare entità in grado di rappresentare le esigenze di tutte le figure che operano con i boschi; • educative, legate soprattutto alla difficoltà degli studenti forestali di appropriarsi di una mentalità di filiera. Si potrebbe credere che in una situazione come quella italiana, in cui la maggior parte della superficie forestale non è gestita e la quota prevalente del mercato della legna da ardere non è strutturalmente conosciuta, molte criticità di sviluppo siano legate all’inadeguatezza delle imprese o dei proprietari boschivi. Invece penso che le forti limitazioni allo sviluppo del settore forestale derivino da una carenza di fondo, ovvero un sistema di regole che toglie al mercato delle utilizzazioni forestali la possibilità

di selezionare i soggetti coinvolti sulla base delle capacità professionali e delle abilità innovative possedute. Il sistema è strutturato in maniera tale da non consentire l’esistenza di una filiera locale del legno solida e competitiva, poiché le regole cui sono sottoposti i soggetti preposti alle utilizzazioni sono tecnicamente non valide. Se analizziamo le caratteristiche dei soggetti che costituiscono il comparto delle utilizzazioni forestali, ritroviamo entità dotate di diverse condizioni giuridiche, fiscali e contributive. Nella realtà operativa si riscontrano imprenditori agricoli che praticano la selvicoltura come attività principale o connessa, imprenditori forestali artigiani e, non ultimi per importanza quantitativa, hobbisti di vario tipo e livello. Tutti questi soggetti sono dotati di discipline differenti per quanto riguarda la fiscalità, il carico contributivo e l’inquadramento giuridico: si tratta di una situazione che rischia di penalizzare i soggetti più capaci e quindi meritevoli che operano nelle utilizzazioni forestali. Un esempio pratico può chiarire questo concetto. Un gruppo di giovani vogliono unirsi in una forma giuridica per intraprendere un’attività imprenditoriale nella filiera locale della legna da ardere. In primis essi devono valutare, per la collocazione potenziale della sede aziendale (con adiacente piazzale di lavorazione), i seguenti requisiti tecnici: • disponibilità di materiale legnoso destinabile alla produzione di legna da ardere in un raggio d’azione economicamente vantaggioso; • condizioni infrastrutturali delle superfici forestali sulla base delle quali scegliere le attrezzature di cui dotarsi; • bacino di utenza potenziale e caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione impiegati comunemente nella zona di commercializzazione. Ma tutto ciò non è sufficiente in quanto il gruppo di giovani dovrebbe considerare alcuni fattori di contesto:


• la fortuna di essere in possesso, o la possibilità di entrarne, di una superficie forestale sufficientemente ampia da consentire l’acquisizione dei requisiti necessari per rientrare giuridicamente tra le fila degli imprenditori agricoli, categoria più favorita rispetto a quella degli imprenditori artigiani; • il poter operare in un contesto sociale caratterizzato da una sufficiente conoscenza delle specie legnose, in particolare dalla capacità di comprendere che la legna da ardere va valutata in base al contenuto energetico (offerta eventualmente diversificabile tra legna forte e legna dolce); • la struttura della possibile concorrenza (presenza di concorrenti hobbisti o di imprenditori agricoli che operano anche nel settore forestale). Adottando una visione di sistema risulta palese che i meccanismi regolanti il mercato della legna da ardere, nel contesto normativo italiano, sono determinati da agenti non consoni al progresso tecnico della filiera, poiché c’è da ritenere che il caso, la fortuna e la non educazione siano elementi inattendibili di una efficace selettività del mercato. Di fronte ai numerosi sforzi intellettuali messi in atto negli ultimi anni per riportare smalto alle filiere locali del legno, sicuramente meritorie di aver portato una giusta rivalutazione sociale di questa risorsa, credo sia necessario fermarsi a riflettere sul ruolo che le Istituzioni pubbliche sono chiamate a svolgere nel settore forestale. È necessario apportare un’ondata di innovazione nel mercato, certo, ma ricordando che il compito delle Istituzioni (Università, Pubbliche Amministrazioni ed Enti proprietari) deve essere rivolto alla ricerca del massimo benessere sociale. Un compito molto spesso ridotto alla mera "ragionieristica forestale", in seno alla quale, da decenni, ci si interroga sulle cattive sorti del mondo forestale italiano. Occorre qualificare e investire in innovazione, certo, ma queste azioni non potranno esprimere il loro potenziale fino quando non ci decideremo ad accettare l’idea che anche l’imprenditore forestale possiede una propria dignità e svolge un lavoro intellettualmente parificabile a quello di tutti gli altri attori della filiera forestalegno. Questo passo culturale coincide con un’identificazione giuridica della figura di imprenditore forestale, il quale svolge un lavoro in condizioni di rischio imprenditoriale pari o anche (in particolari contesti di montagna) superiori a quelle degli imprenditori agricoli. Ma del rischio imprenditoriale le regole del mercato italiano non ne tengono conto, troppo spesso la selettività è funzionale alla sopravvivenza dei fortunati... e dei furbi. Un altro fronte sul quale le Istituzioni si dovrebbero maggiormente impegnare, a mio avviso, è quello dell’educazione alla cultura del legno. Molto frequentemente, anche in sedi tecniche, la legna da ardere è descritta come “fonte energetica

tipica dei Paesi in Via di Sviluppo”, “prodotto povero”, “prodotto minore dei boschi” oppure “prodotto di una selvicoltura povera”. Tutte discriminazioni nei confronti di questa forma di legno-energia che contribuiscono ad alimentare quella cattiva percezione, tipica degli ambienti urbani, secondo la quale “bruciare il legno distrugge le foreste”, “la legna inquina” e “il legno rappresenta il passato”. È inoltre necessario considerare il valore umano della foresta, legato all’identità delle persone e al valore simbolico dei luoghi. Se tutte le famiglie che si auto producono la legna da ardere in Italia (da usi civici o boschi privati) venissero private di questo diritto a causa di imposizioni giuridiche, probabilmente, in qualche decennio, questo allontanamento dell'uomo dal bosco potrebbe causare l’affermarsi di una politica dell’immobilismo ambientalista. Magari potrebbe succedere come in Australia, dove la maggior parte della superficie forestale non è gestita a causa del veto politico protezionista. Questa sarebbe un’immane catastrofe per tutti noi forestali e non solo. Allora io dico che il sistema, il modo in cui è organizzata la società moderna, è sbagliato perché travisa l’importanza dei mestieri forestali che rischiano una scarsa considerazione nella società; sostengo che non è il caso a determinare una ridotta attrattività del lavoro in bosco per i giovani o l’abbandono gestionale dei boschi, nonostante le enormi potenzialità produttive delle macchine moderne. Io credo che l'importanza principale assunta dalla stabilità della filiera foresta-legno locale è quella di permettere il miglioramento dei boschi e l'applicazione della gestione forestale sostenibile. Quindi la sostenibilità economica delle imprese boschive è, ancor prima della formazione all’impiego dei dispositivi di protezione e delle buone tecniche comportamentali, una condizione imprescindibile per poter permettere lo sviluppo della sicurezza nel lavoro forestale. Dove ci sono boschi non gestiti probabilmente c’è da supporre che le utilizzazioni hanno una scarsa convenienza finanziaria, questa condizione può venire migliorata agendo sulla struttura del sistema forestale, il quale deve garantire certezze a tutti gli attori coinvolti, altrimenti anche interventi pubblici molto importanti (ad esempio il sostegno allo sviluppo della meccanizzazione) rischiano di avere effetti di appesantimento gestionale per le imprese. Inoltre si sta dimostrando che le macchine e i dispositivi di sicurezza, da soli, hanno un’esigua possibilità di attrarre i giovani a investire nel lavoro in bosco. Anche perché la spinta alla meccanizzazione toglie un punto di forza tradizionalmente importante per il lavoro in bosco, cioè la capacità di creare socialità. Non dimentichiamoci nemmeno che la valorizzazione multifunzionale delle aree forestali è un operazione riguardante anche le imprese, le quali, oltre a organizzare il processo di estrazione delle risorse legnose, forniscono il servizio di “gestione

attiva” del territorio boscato. Questa considerazione implica conseguenze importanti nella concezione del ruolo delle imprese boschive, le quali non devono essere trattate come meri acquirenti di merci, ma devono vedere riconosciute anche le esternalità derivate dal processo di lavorazione. Occorre riconoscere la necessità, soprattutto da parte dei soggetti proprietari, di poter disporre di imprese qualificate, professionali e libere da ogni vincolo economico, giuridico o sociale pregiudicante il pieno esercizio delle competenze operative. Bisogna lavorare alla costituzione di una mentalità di filiera, in cui ogni soggetto possa liberamente operare nell’interesse del proprio settore per la costruzione di un mondo più equo e più giusto per tutti. A mio parere non va sottovalutata la necessità di un forte miglioramento educativo nei confronti del legno e del lavoro in bosco, al fine di liberare il mercato dei prodotti legnosi dalla confusione che ne determina dinamiche distorte. Sono convinto che la libera iniziativa imprenditoriale può portare, nel breve periodo, ad uno sviluppo tecnico e sociale che molti forestali non immaginano neanche, forse perché troppo presi dalla moda di colmare le falle del proprio settore inventandosi una dottrina scismatica da cui profondere vaniloqui spirituali. Troppo spesso il Pubblico agisce dove non occorre e tralascia i suoi compiti istituzionali, forse perché anche noi “forestali senza scarponi” siamo inconsapevolmente schiavi di quel modo di pensare che semina ogni idea sul substrato infecondo della cultura del disprezzo collettivo per il lavoro in bosco. Luca Marconcini Studente in Tecnologie Forestali e Ambientali, tesista presso il TeSAF Università degli Studi di Padova

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pianificazione

Paesaggio agrario e forestale

Il quadro degli interventi del PSR

Il Paesaggio è sempre più spesso concepito come un “indicatore di qualità” di una regione, o di un intero paese, poiché sintetizza in sè aspetti sociali, economici ed ambientali integrati nello spazio e nel tempo. La valorizzazione del paesaggio rurale rappresenta una delle sfide più attuali sia per le politiche nazionali che comunitarie, tanto che nello stesso Piano Nazionale di Sviluppo Rurale 20072013 per la prima volta il paesaggio è stato inserito come obiettivo strategico. L’elaborazione di appropriate strategie ha reso necessario una vasta base conoscitiva che ha coinvolto vari ambiti d’indagine. In questo volume sono raccolti appunto i materiali utilizzati per l’elaborazione di tali strategie; tra cui un'ampia sintesi delle dinamiche evolutive del paesaggio rurale italiano con particolare riferimento a quello forestale, una panoramica sulle politiche nazionali e comunitarie, l’illustrazione di alcune modalità di analisi ed altre conoscenze utili per la pianificazione integrata.

Con questo rapporto viene fatta un'analisi delle politiche e delle strategie per lo sviluppo rurale che anche in Italia sono finalmente entrate nella fase di pieno regime. Un volume interessante, ricco di informazioni riguardanti sia specifici campi d’intervento dei PSR regionali ritenuti particolarmente significativi (servizi e capitale umano, zone svantaggiate, qualità della vita, diversificazione e approccio Leader), sia analisi a più vasto raggio come il bilancio del precedente PSR, il quadro nazionale alla luce del nuovo strumento programmatico PSN e un’analisi relativa della programmazione dello sviluppo rurale 2007-2013 in Europa. Tra i campi d’intervento ritenuti di particolare interesse ci sono anche le foreste a cui viene dedicato un capitolo specifico, e all’interno della trattazione delle zone svantaggiate c’è una parte dedicata alle indennità Natura2000.

Info: Paesaggio rurale. Strumenti per la pianificazione strategica Agnoletti M. 2010. 348 p. 39,00 € Edagricole - www.ecoalleco.it

Simbologia

Pubblicazioni che possono essere acquistate on-line su www.ecoalleco.it

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sviluppo rurale

Info: Le politiche comunitarie per lo sviluppo rurale. Il quadro degli interventi in Italia Storti D., Zumpano C. (a cura di) 2010. 262 p. Osservatorio politiche strutturali www.inea.it/public/it/pubblicazioni.php

silviabruschini@compagniadelleforeste.it

leggere ambiente da

di Silvia Bruschini


gis

foreste

Manuale d’istruzione

Foreste lombarde

Questo volume è stato realizzato per avere un manuale italiano che potesse spiegare in modo dettagliato e approfondito le funzionalità disponibili per la creazione di modelli, processi e simulazioni, e di tutte le potenzialità offerte dal software ArcGIS e dal Model Builder, sia per semplificare, organizzare e documentare il lavoro sia per effettuare analisi ed esplorazioni in vari ambiti. Il testo è basato sulla versione di ArcGIS (9.3.1) e quasi tutte le funzionalità descritte sono comuni alle versioni sia precedenti che attese nell'immediato futuro. Il manuale è indicato per utenti che hanno già una certa dimestichezza con il pacchetto ArcGIS e i vari moduli ArcMap, ArcCatalog e ArcToolbox.

È stato puntualmente pubblicato il Rapporto sullo stato delle foreste della Lombardia 2009. Si tratta di un documento ad aggiornamento annuale realizzato da tre anni da ERSAF e dall’Ufficio Foreste della Regione per monitorare i boschi e il settore forestale lombardo attraverso dati ufficiali, informazioni e sintesi statistiche. L’obiettivo è quello di fornire una base conoscitiva non solo per i tecnici o gli amministratori, ma di avere un documento efficace e di sintesi che possa fornire anche ai non addetti ai lavori una reale, moderna e completa fotografia del settore forestale lombardo. Filiera legno-energia, protezione, abbandono della montagna, lavoro in bosco e produzione di legname, queste alcune delle priorità strategiche da conoscere per gestire in modo più incisivo ed efficiente. I contenuti di questo e dei precedenti rapporti sono visionabili all’indirizzo: www.ersaf.lombardia.it/ servizi/notizie/notizie_homepage_foreste.aspx

Info: Manuale avanzato di ArcGIS 9 e 10. Creare e gestire modelli GIS con Model Builder Riolo F., Vittorio M., 2010. 134 p. 28,00 € Dario Flaccovio Editore www.ecoalleco.it

biodiversità

Pascolo a tutela della biodiversità Una pubblicazione divulgativa che raccoglie i risultati di un progetto di ricerca sulla gestione e sul recupero delle praterie appenniniche con particolare riferimento a quelle della provincia di Pistoia. Lo studio ha avuto tra gli scopi principali quello di elaborare delle vere e proprie linee guida per la gestione delle praterie al fine di ottimizzare la funzione di conservazione della biodiversità e nello stesso tempo di tenere conto della fattibilità tecnico-agronomica e del mantenimento della funzione produttiva zootecnica delle praterie stesse. La pubblicazione, che costituisce anche un momento di riconoscimento della funzione svolta da sempre dagli allevatori nei territori di montagna, è rivolta alle imprese agricole, agli allevatori stessi, oltre che ai tecnici e agli enti locali. Dopo un inquadramento generale sull’ecosistema delle praterie appenniniche nelle sue varie componenti, vengono presentate e brevemente commentate le linee guida, utile supporto ai tecnici del settore.

Info: La gestione e il recupero delle praterie dell’Appennino settentrionale. Il pascolamento come strumento di tutela e salvaguardia della biodiversità Acciaioli A., Londi G., Tellini Florenzano G., 2010. 56 p. Manuali ARSIA - Regione Toscana posta@arsia.toscana.it

Info: Rapporto sullo stato delle foreste in Lombardia. Al 31 dicembre 2009 Della Torre (a cura di), 2010. 96 p. ERSAF e Regione Lombardia www.ersaf.lombardia.it


newsletter@rivistasherwood.it

pillole notizie in

di Luigi Torreggiani Silvia Bruschini

Prime certificazioni di progetto Pianificazione

Sono state rilasciate nelle scorse settimane le prime “certificazioni di progetto” da parte di FSC e PEFC per l’Italia. FSC ha rilasciato la sua prima certificazione di progetto all’azienda Vireo S.r.l., che ha rinnovato i pavimenti della nuova sede di Padova utilizzando parquet in rovere e betulla certificato FSC. PEFC invece al progetto “Sa Di Legno” di Samuele Giacometti: la sua casa nella Val Pesarina (UD) è stata interamente realizzata con legno locale e proveniente da foreste certificate.

Lavoratori forestali: rinnovato il CCNL

E' stato sottoscritto nel dicembre scorso l’accordo fra le principali sigle sindacali per il rinnovo del CCNL per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico forestale. Il rinnovo è frutto di una trattativa condizionata anche dalla recente manovra economica che ha ridotto gli stanziamenti alle Regioni e “congelato” gli aumenti nel pubblico impiego. L'aumento retributivo medio previsto è pari a circa il 6%.

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territoriale: le competenze di Agronomi e Forestali

Recentemente il CONAF, con la circolare n°31/2010, ha ribadito le competenze dei Dottori Agronomi e Forestali in materia di Pianificazione Territoriale, ambito spesso “conteso” con altre figure professionali come Architetti e Ingegneri. Secondo la circolare, Agronomi e Forestali hanno la piena competenza, al pari di altre figure professionali (Ingegnere Civile ed Ambientale, Architetto, Pianificatore, Paesaggista) in materia di Pianificazione Territoriale, sia nelle componenti urbane che extraurbane. Qualora la componente delle trasformazioni urbanistiche e infrastrutturali sia rilevante, è possibile svolgere la pianificazione con un gruppo multidisciplinare, responsabile con firma congiunta. Restano comunque delle competenze esclusive riservate alla categoria di Agronomi e Forestali: quelle relative alla pianificazione dello spazio rurale, dell’uso produttivo di suoli e soprassuoli, delle attività agricole e zootecniche, di utilizzazione e conservazione delle foreste e della funzione ecosistemica del territorio. Per il dettaglio è possibile consultare la circolare sul sito web: www.agronomi.it

Nasce MAI, il Modulo Abitativo Ivalsa

Il Modulo Abitativo Ivalsa - MAI - è frutto di un progetto realizzato con la collaborazione tra il mondo della ricerca, del trasferimento tecnologico e tredici aziende artigiane del Trentino. Nato con l’intento di valorizzare il legno come materiale da costruzione e di promuovere l’edilizia sostenibile, può rappresentare un primo passo verso la definizione dello standard LEED e del regolamento sperimentale “Casa Legno Trentino”. La struttura portante di MAI è realizzata con pannelli X-lam e il legno utilizzato nella costruzione dell’edificio è proveniente da foreste certificate FSC e PEFC. I moduli formano un appartamento dalle altissime prestazioni energetiche, di 33 m2 con due stanze da letto, un bagno, una cucina, un soggiorno e due terrazze esterne da 16 m2 ciascuna.

Futura PAC: basta subire, occorre fare proposte La futura PAC è alle porte, ma sembra che per l’Italia il destino sia già segnato: subire, come è successo in passato, decisioni prese da altri Paesi, magari in collisione con le esigenze dei nostri territori. Secondo il Presidente del Consiglio dell’Ordine nazionale dei Dottori Agronomi e Forestali Andrea Sisti, infatti, “l’assenza dell’Italia nella fase preparatoria della Politica Agricola Comune 2014-2020 è stata totale, basti considerare che a Bruxelles su 5.600 contributi solo 5 sono arrivati dal nostro Paese”. La strada, sempre secondo Sisti, è di essere maggiormente propositivi come sistema-Paese e di comunicare a gran voce le esigenze dell’agricoltura italiana. Proprio perché pare che la nuova PAC sia basata più di prima sulla remunerazione dei benefici non monetizzabili, sullo sviluppo delle aree svantaggiate e sull’aspetto ambientale, la componente forestale, della professione e dei territori, dovrebbe a maggior ragione essere presa in considerazione e valorizzata per il futuro.


prospettive

Biomasse a passo lento rispetto a solare ed eolico

Bioedilizia: verso l’obiettivo 2021

Entro il 2021 tutti gli edifici nuovi, pubblici e privati, costruiti nella UE dovranno essere neutrali dal punto di vista energetico. L’Italia dovrà quindi muoversi attraverso norme, direttive e linee guida per raggiungere l’obiettivo. Un rapporto di Legambiente e Cresme ha cercato di dare un quadro della situazione nazionale: i Comuni che hanno modificato in qualche modo le proprie norme in questo senso sarebbero già 705, in costante crescita, arrivando a coprire il 31% circa della popolazione nazionale. è ora necessario un quadro di regole certe e uniformi su tutto il territorio nazionale e un sistema di comunicazione e informazione rivolto agli utilizzatori e alle imprese. In questa partita lunga dieci anni, il legno deve farla da padrone, un’occasione di sviluppo e valorizzazione così importante è sicuramente da non perdere!

cippato: l’IVA ritorna al 10% L'Agenzia delle Entrate ha risposto positivamente al quesito posto da AIEL e Fiper nel quale si chiedeva di conoscere il trattamento ai fini IVA della vendita di cippato di legno vergine utilizzato per la combustione. L’Ente, dopo aver esaminato la nota dell’Agenzia delle Dogane interpellata dalle due Associazioni, ha ritenuto che il cippato possa essere considerato “al pari della la legna da ardere in tondelli, ceppi, ramaglie e fascine” e che quindi alla sua cessione si renda applicabile l'aliquota IVA ridotta al 10%. Il cippato a cui viene riconosciuta questa aliquota può provenire da legname di diverse qualità, deve essere ottenuto attraverso un processo di taglio meccanico di sminuzzatura o cippatura, triturazione o frantumazione, non deve aver subito trattamenti chimici o ulteriori lavorazioni e deve essere destinato esclusivamente alla combustione nonché alla fornitura e distribuzione di calore ai consumatori attraverso reti di teleriscaldamento. Una buona notizia che premia la costanza delle due Associazioni, da tempo impegnate in questa direzione.

Lombardia: un patto per la filiera Bosco-Legno-Energia

Firmato nella sede di Regione Lombardia il “Patto della filiera BoscoLegno-Energia”, promosso dall’Assessorato ai Sistemi Verdi e Paesaggio con l’intento di aumentare la quota di uso e trasformazione di legname di provenienza locale. Data la rilevanza regionale dei comparti della prima e seconda lavorazione del legno e del teleriscaldamento, colmare lo squilibrio tra la capacità di trasformazione e la potenziale disponibilità di materia prima è una delle priorità del patto, sottoscritto dalle principali associazioni di settore.

Ne w s

Uno studio UE prevede che nei prossimi dieci anni i consumi di biomasse tra i paesi dell’Unione passeranno dai 346 milioni di metri cubi del 2010 a 573 milioni di metri cubi nel 2020. Crescerà quindi il consumo delle biomasse legnose, anche se la loro quota sul totale delle fonti rinnovabili sarà destinata a diminuire, dal 50% al 40%, a causa della diffusione sempre più accelerata dell’eolico e del solare. Secondo lo studio, nel prossimo decennio le foreste e le altre grandi fonti di biomasse legnose non potranno conservare in Europa il loro potenziale energetico senza determinare carenze negli altri settori che utilizzano le risorse forestali. Proprio per questo occorrerà investire nell’efficienza degli impianti di combustione e, aggiungiamo, nella pianificazione delle risorse forestali, strumento di base per garantire un approvvigionamento costante e sostenibile.

www.rivistasherwood.it

L'informazione ritorna grazie al web Durante tutto il 2011, tramite il sito web di Sherwood, verranno resi disponibili i file in versione .pdf delle pubblicazioni che sono state allegate alla Rivista dalla sua origine ad oggi. Grazie a questo servizio gratuito sarà possibile mantenere e diffondere un patrimonio di conoscenze nella maggior parte dei casi utile ancora tutt’oggi. Per il download delle pubblicazioni che varranno via via caricate nel sito, occorre visitare la pagina www.rivistasherwood.it/pubblicazioni-cdf.

Scadenze PSR

I dettagli possono essere reperiti nei siti delle Regioni, di cui è possibile trovare il link diretto all’indirizzo www.rivistasherwood.it/link.html ASSE 1 • Misura 121 - Ammodernamento aziende agricole Regione Campania: 31/12/13 Regione Sicilia: 10/06/11 Regione Umbria: 31/03/11 Regione Emilia Romagna: 28/02/2011; 31/05/2011 • Misura 122 - Accrescimento del valore economico delle foreste Regione Campania: 31/12/13 Regione Sicilia: 30/06/11 Regione Umbria: 31/03/2011 Regione Molise: 31/03/11 • Misura 123 - Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali Regione Calabria: 28/02/2011 Regione Sicilia: 10/11/11 Regione Umbria: 31/03/11 • Misura 125 - Infrastrutture connesse allo sviluppo ed all’adeguamento dell’agricoltura e della silvicoltura Regione Marche: 21/03/2011; 20/04/2011 Regione Molise: 31/12/11 ASSE 2 • Misura 221 - Primo imboschimento di terreni agricoli Regione Campania: 31/12/13 Regione Lombardia: 04/02/13 Regione Sicilia: 30/05/2011 • Misura 223 - Primo imboschimento di superfici non agricole Regione Campania: 31/12/13 Regione Lombardia: 04/02/13 Regione Sicilia: 30/05/2011 Regione Umbria: 31/03/2011 • Misura 226 - Ricostituzione del potenziale forestale e introduzione di interventi preventivi Regione Campania: 31/12/13 Regione Marche: 20/05/11 Regione Molise: 31/12/12 • Misura 227 - Investimenti non produttivi Regione Campania: 31/12/13 Regione Molise: 30/09/11 Regione Sicilia: 30/06/11 Regione Umbria: 31/03/11; 30/06/13 ASSE 3 • Misura 311 - Diversificazione in attività non agricole Regione Campania: 31/12/13 Regione Sicilia: 10/01/12 Regione Valle d’Aosta: 31/12/11

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storia forestale

Foreste, guerre e pace Una riflessione sul ruolo di alberi e foreste nei conflitti e nei processi di pace

di Enrico Calvo

Le foreste sono state nei secoli teatro di numerose guerre ma anche luoghi dove fornire gli eserciti di materiale utile, rifugio e, tutt’ora in alcune aree del mondo, fonte di finanziamento per azioni illegali e bellicose. Ma gli alberi hanno anche significato, sopratutto simbolicamente, pace e vita e i boschi possono essere oggi al centro di processi di pacificazione e cooperazione internazionale. Questo articolo, oltre che curiosa riflessione, può essere un interessante spunto per chi si occupa di educazione ambientale, specialmente verso le giovani generazioni.

“Invano alle querce percossero i venti/Invano il nemico sul Piave tuonò/Fur ponti le querce, l’Italia passò”. Questa iscrizione è incisa su un masso proveniente dal Monte Grappa all’ingresso di Bosco Fontana, vicino a Mantova, quella che un tempo fu una delle principali residenze di caccia dei Gonzaga e che grazie a ciò venne conservata fino ad oggi come isola di alberi in mezzo ad una pianura messa interamente a coltura dall’agricoltura. Le parole ricordano che nel corso della Prima Guerra Mondiale le querce del Bosco Fontana, vanto di quest’area boscata, vennero ampiamente utilizzate a scopi militari per le diverse necessità belliche. La semplice retorica dei versi ci suggerisce un paragone tra le querce resistenti ai furiosi venti e l’Italia resistente sul Piave all’Impero Austro-Ungarico e il successivo destino vittorioso grazie alle querce trasformate in ponti di legno per far passare le armate. La storia è anche questo: l’uso della foresta per

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scopi militari. Ancora nel XX e XXI secolo le foreste continuano a costituire nelle diverse decine di situazioni di crisi o di aperto conflitto presenti nel mondo un obiettivo militare strategico come risorsa e materia prima o come strumento bellico e continuano a subire impatti devastanti con ricadute negative sull’ecosistema e sulle popolazioni locali.

Queste riflessioni sono ritornate all’attenzione in epoca recente a seguito dell’adozione da parte dell’Unione Europea del regolamento FLEGT e di incontri e convegni successivi di approfondimento, in cui il tema dell’illegalità del commercio di legname spesso è stato affiancato dal tema del coinvolgimento di questi traffici in situazioni di guerra. Esperienze condotte in progetti forestali in Bosnia Erzegovina per un decennio a partire dalla fine delle ostilità (Calvo 2005) hanno reso il sottoscritto sensibile al tema, anche nella prospettiva storica del conoscere e capire il rapporto tra foreste e guerre e del costruire, al contrario, un nuovo rapporto tra foresta e pace.

Prospettiva storica

Non c’è guerra, nel mondo antico come in quello moderno, che non abbia visto i boschi partecipare, in prima ed ultima fila, alla drammaticità degli eventi. Di volta in volta le foreste sono state obiettivo militare e risorsa strategica,


per la produzione di materiale necessario alla costruzione di macchine ed infrastrutture belliche; come ambiente di combattimento e rifugio, per nascondere e nascondersi; come ambiente naturale che ha subito impatti ambientali per lo più negativi. Ancora oggi si deve parlare di foreste e guerre, anche se il problema ha antiche radici, perchè ancora oggi, nella civiltà tecnologica e globalizzata, le foreste sono oggetto e strumento di guerra. è noto presso gli autori antichi l’importanza della tutela e del dominio di ampie foreste per poter conservare adeguate condizioni di rifornimento di legname per il successo bellico. Teofrasto e Tucidide riconoscono la necessità per gli ateniesi di rifornirsi di grandi quantità di alberi per le loro flotte cercando di controllare le aree del Nord Egeo come Macedonia, Calcidica e Tracia. Atene arrivò a schierare contemporaneamente 300 navi: solo per armare le triremi era necessario avere 170 remi a scafo, costruiti con alberi d’alto fusto di abeti, cipressi, pini marittimi, oltre al legname per scafi ed alberature (Bearzot 2008). La stessa necessità di legname per imbarcazioni fu avvertita da Roma, nel momento in cui, in lotta con Cartagine per il possesso del Mediterraneo, pose mano alla costruzione di imponenti flotte. Secondo alcuni storici latini, Roma costruì un’intera flotta composta da 100 quinqueremi e 20 triremi in solo 60 giorni. Una flotta di tal genere richiede quasi 30.000 remi, oltre a legname per la costruzione degli scafi e delle attrezzature, e alla resina necessaria per calatafare gli scafi. Nel giro di pochi decenni, in corrispondenza dell’evolversi delle guerre puniche, Roma fu costretta a costruire ripetutamente più flotte, via via distrutte nei combattimenti, nelle tempeste, o per usura a causa della riduzione

dei tempi di stagionatura dei tronchi per le necessità di avere ricambi urgenti. Dal 256 al 241 a.C., quindi, Roma si vide costretta a costruire ripetutamente numerose flotte per un totale calcolato di 1.250 navi da guerra (Lamendola 2008). Con la sofferta vittoria sui Cartaginesi, Roma sviluppò la sua politica di potenza marittima, ingrandendo sempre più le sue flotte militari e commerciali. L’impatto sui boschi della penisola e delle coste mediterranee in genere fu quindi enorme, determinando, già allora, estesi fenomeni di degrado ecologico delle terre, che private della copertura forestale, divennero instabili e franose, con frequenti fenomeni di inondazioni. Come scrivono Galvani (1979) e Giardina (1986) “la costruzione di una flotta comportava inevitabilmente la distruzione di ampie zone boschive, per la necessità, tipica delle costruzioni navali, d’integrare tipi differenti di legno in proporzioni fisse, di selezionare drasticamente la materia prima, con cernita degli esemplari migliori. Nell’antichità più che nell’età moderna le flotte avevano inoltre breve durata, dipendente sia dai limiti tecnologici che dalla frequente necessità di allestire in breve tempo flotte da guerra enormi; è significativo che Plinio il Vecchio spieghi i grandi naufragi della prima guerra punica ricorrendo a una causa tecnica: la scarsa resistenza alle tempeste del legno non stagionato”. Nel Mediterraneo quindi la politica di potenza significava flotta, e flotta era sinonimo di disboscamento. Gli stessi autori ricordano che l’intensa deforestazione nell'area del Mediterraneo occidentale causata dalla politica navale è un fatto ben noto ed accertabile nei particolari grazie anche ai documenti conservati da parte degli Arsenali, come quello di Venezia. La Repubbliche marinare furono, a loro volta, grandi utilizzatrici di boschi. Le tecniche costruttive

si perfezionarono e si poterono usare anche altre specie oltre alle conifere: rovere, pino, larice e abete, rispettivamente per l’ossatura e per gli alberi, faggio per le sovrastrutture ed i remi ma anche olmo, olivo, noce, carpino e cerro (Bovio et al. 1995). Sono di questa epoca le tutele normative, l’individuazione di boschi per le navi (Cansiglio, Bosco di Savona ecc.) e l’istituzione di appositi funzionari deputati alla produzione e al controllo. A scala più globale, al di fuori del Mediterraneo, i problemi erano gli stessi. Le grandi flotte delle potenze marinare come Francia, Inghilterra, Spagna della seconda metà del secondo millennio, erano costituite da centinaia di vascelli militari e commerciali il cui legname proveniva dai boschi europei. Fu in quel periodo che la Francia mise a punto, per esempio, estesi piani di rimboschimento per sopperire alla necessità di materiale per le imbarcazioni. Con la scoperta del Nuovo Mondo, la Spagna nel 1700 trasferì il sua Arsenale all’Avana, a Cuba, da cui nell’arco di un secolo uscirono più di cento navi da guerra, oltre a quelle d’uso commerciale. La scelta dell’Avana non fu certo casuale. Il Nuovo Mondo era una fonte pressoché inesauribile di legname e di nuove specie come mogano e teak che potevano sostituire i pezzi pregiati che avevano in Europa un costo esorbitante. Tenuto conto che un vascello militare di classe media richiedeva circa 3.000 alberi, si stima che la Spagna arrivò ad utilizzare in quel periodo circa tre milioni di piante, pari a 65.000 ha di foresta. Con le guerre mondiali del XX secolo il ruolo delle foreste nelle campagne militari continuò ad essere rilevante e l’impatto su di esse terrificante. Se con la guerra di posizione e di trincea nel Primo Conflitto l’uso del legname fu imponente per la costruzione di infrastrutture, trincee, baraccamenti, con la guerra di movimento nella Seconda Guerra Mondiale non ci fu nessuna foresta in alcun luogo dei combattimenti, dall’Europa al Pacifico, che scampò ai devastanti impatti dei bombardamenti e dei passaggi di truppe. A questi si deve aggiungere, a causa del coinvolgimento delle popolazioni civili, l’intensissimo sfruttamento dei boschi come risorsa per riscaldamento. Nel Nord della Francia le Foreste di Verdun e di Vaux, con migliaia di ettari ancora inagibili per la presenza di ordigni bellici, rappresentano l’immagine più terribile degli effetti dei combattimenti di allora (Webster 1996). Nel secondo conflitto, i boschi costituirono anche il luogo di rifugio e protezione dei combattenti.

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La Resistenza europea trovò specialmente in Italia e in Francia basi e accampamenti nelle aree boscate, più o meno prossime ai grandi centri urbani e alle importanti vie di comunicazione, al punto che in Francia i partigiani che combattevano a fianco degli Alleati contro l’esercito tedesco vennero chiamati maquisard, letteralmente “che vive nella macchia (maquis)”. Ciò che avvenne nella seconda guerra mondiale si ripeté poi in altri conflitti: in Vietnam, in cui si fece larghissimo uso di defolianti e di napalm con una distruzione stimata di 2 milioni di ettari di terreni e foreste, e in Bosnia, con la distruzione delle aree boscate intorno a Sarajevo, durante l’assedio più lungo della storia moderna, e la deposizione di mine su estese superfici. In Bosnia i boschi coprono una superficie immensa del territorio e costituiscono la primaria fonte di ricchezza del paese. La guerra dei primi anni novanta ha rovinato molte di queste superfici di affascinante bellezza vergine e grande produttività, molte decine di migliaia di ettari sono tuttora minati, le infrastrutture sono state completamente distrutte (Vojnikovic 2000). Ma proprio dai boschi sono arrivate i primi segnali di pacificazione e nuova integrazione alla ricerca di una convivenza pacifica. Molte sono state le iniziative, particolarmente italiane, ma anche europee e mondiali, da parte di istituzioni e personale forestale che hanno voluto sostenere la rinascita del paese attraverso il sostegno alle attività forestali, dalla cura dei boschi distrutti al rimboschimento delle aree denudate e tagliate per motivi di guerra, alla promozione di attività di formazione, ricerca e studio, favorendo e sostenendo l'attività di colleghi ricercatori. Dal mondo forestale mondiale è arrivata una solidarietà di grande efficacia e valore e, in molte parti del paese e nella consapevolezza di molte persone, si è riaffermata l’esperienza e la speranza della possibilità di nuove relazioni (Calvo 2000). Questo viaggio nella storia non può terminare se non ricordando quanto, ancora oggi, le risorse forestali siano al centro di conflitti e di interessi in cui l’intreccio tra sfruttamento illegale delle risorse legnose, ricerca di materie prime preziose in aree boscate, traffico d’armi, conflitti di potere, oppressioni di dittature, sono elementi che impediscono ai paesi in via di sviluppo di cercare una propria strada di affrancamento dalla povertà e dall’oppressione (Kaimowitz 2005, Taylor 2005). Il commercio illegale di legname (si stimano 60 milioni di metri cubi annualmente ta-

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gliati in modo illegale in Africa, con una perdita negli ultimi 5 anni di 52 milioni di ettari) finanzia il traffico d’armi che consente la prosecuzione dei conflitti in aree instabili come Liberia, Sierra Leone, Congo, Angola, Cambogia, Mianmar (Benna 2004).

Foreste al servizio della Pace? Foreste come simbolo “Quando cingerai d’assedio una città per numerosi giorni….non distruggere gli alberi, avventando la scure sopra di essi, ma mangia da essi e non tagliarli: è forse uomo l’albero del campo per dover da te essere assediato?”(Deuteronomio). Questo specifico ed insolito punto di osservazione del ruolo degli alberi appartiene da sempre all’uomo e alla sua capacità di rappresentazione della vita, assumendo significati di forza, lotta, vita, casa, pace, guerra. Il rapporto uomo-albero è uno spazio ed un significato profondo che appartiene all’anima, al cuore delle persone, prima ancora che alle leggi ecologiche. “Dentro il recinto un olivo sorgeva di fronde fitte, fiorente. Sembrava il suo tronco una grossa colonna: intorno ad esso il talamo feci”. Nell’Odissea di Omero, l’ulivo lavorato da Ulisse è diventato letto, intorno al quale è stata costruita la camera nuziale. L’albero è il simbolo dell’unità, delle radici poste nel luogo più intimo e fondante la casa. Attorno alle sue radici si fonda e si cementa la stabilità e la comunità. Ulisse ha viaggiato ed errato per tornare a queste radici. “Senza mai uscire dal bosco, aprendosi la strada, quella strada segreta che lui solo sapeva e che passava attraverso tutti i boschi, che univa ogni bosco in un bosco solo, ogni bosco del mondo in un bosco al di là di tutti i boschi, ogni luogo del mondo in un luogo al

di là di tutti i luoghi”. Cosimo, il Barone Rampante di Calvino, ci mostra un volto del bosco come luogo ideale di una vita, come spazio infinito che tutto raccoglie, un solo bosco ma che racchiude in sé ogni altro bosco e si apre nello stesso tempo a rappresentare tutti i boschi in una continuità ideale che fa di ogni albero l’espressione universale della vita. Pur essendo al centro degli interessi bellici, le foreste hanno quindi sempre avuto un valore simbolico di pace, ricchezza, fertilità. A Gerusalemme, presso lo Yad Vashem, dal 1962 sono stati piantati 22.211 alberi a formare il “Giardino dei Giusti”. Ogni pianta ricorda un “Giusto tra le Nazioni”, un uomo normale, un Gentile, che si prodigò per aiutare gli Ebrei durante il nazismo, in piena coscienza e libertà, senza ricavarne nessun interesse materiale od economico (Nissim). Gli alberi formano qui una piccola foresta che ricorda tutti coloro che rischiarono la loro vita: ogni albero porta un cartello con il nome del Giusto. L’albero piantato è la memoria della persona e del suo gesto. Simbolicamente manifesta la speranza che da quel gesto nascano, come frutti buoni, altri gesti simili perché l’orrore non si ripeta. L’esperienza di Gerusalemme è diffusa in altre parti del mondo, Sarajevo in primis, dove altri parchi, giardini, boschi sono cresciuti in un’ideale foresta senza confini per ricordare il valore dei Giusti che in ogni luogo del mondo difendono il primato della persona umana (CPFMG).

Foreste, cooperazione ed educazione ambientale Oltre al valore simbolico, le foreste possono concretamente rappresentare un importante fattore nei processi di pace e sviluppo. L’esperienza di sostegno al mondo forestale della Bosnia Erzegovina per la ripresa di relazioni e convivenze pacifiche ne è una recente e interessante esperienza (Calvo et al. 2005).


Così pure è possibile a ciascuno sostenere e partecipare ad azioni di tutela delle foreste, oggetto di tagli illegali per finanziare guerre, acquistando prodotti legnosi che rechino il sigillo di certificazioni di prodotto preveniente da tagli legali ed ecosostenibili. Ma anche diffondere, attraverso le azioni quotidiane di attenzione all’ambiente e ancor più tramite l’insegnamento e l’educazione ambientale, specie verso le giovani generazioni, può essere un’azione di pace. Lo testimonia l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace per l’anno 2005 a Wangari Maathai con la seguente motivazione: “La pace nel mondo dipende dalla difesa dell’ambiente”.

Conclusioni

Gli alberi e le foreste sono stati nel tempo e sono tutt’ora al centro di conflitti bellici, ma possono al tempo stesso rappresentare il luogo fisico e simbolico di azioni concrete di cooperazione e di tutela, attraverso la gestione sostenibile che può impedire, nel terzo mondo sopratutto, azioni illegali strettamente connesse a fenomeni bellicosi nonché di attività di sensibilizzazione trasversale, sia sugli aspetti ambientali che proprio sulla tematica della pace. è significativo ricordare su questo punto le querce di Monte Sole, testimoni dell’eccidio nazifascista di Marzabotto, che ancora portano i segni dei colpi e che sono state cantate dalla poesia “Le Querce di Monte Sole” di Luciano Gherardi. Quelle querce, come ogni albero, hanno memoria, conserva-

no cioè nei loro tessuti la storia profonda degli accadimenti, forse per insegnare e ricordare all’uomo di essere, lui stesso, memoria, capace e responsabile di un futuro più giusto.

Kaimowitz D., 2005 - Le foreste e la guerra, le foreste e la pace. Linea ecologica.

Bibliografia consigliata

Nissim G., - La Foresta dei Giusti. www.gariwo.net/file/doc_comitato.pdf.

Bearzot C., 2008 - Uomo e ambiente nel mondo antico. Rivista on line della Scuola superiore dell’economia e delle finanze. Anno V aprile-giugno.

Taylor D.A., 2005 - Quando i conflitti coinvolgono le foreste. Linea ecologica.

Benna C., 2004 - I boss del legno. www.volon tariperlosviluppo.it/2004/2004_6/04_6_14.htm. Bovio G., Camia A., Marchisio R. 1995 - I boschi del Savonese. Provincia di Savona. Calvani V., Giardina A, 1979,1986 - Le vie della storia. Editori Laterza, vol. 2. Calvo E., 2000 - Interventi a sostegno del settore forestale in Bosnia Erzegovina, in “Boschi e ambiente in Bosnia Erzegovina - Seminario di studio”, ARF Lombardia e DG Qualità dell’ambiente, pp.7-11. Calvo E., 2005 - Tagli illegali del legname: un crimine non solo contro l’ambiente. Inquinamento n. 71. Calvo E., Cavalli G., Grassi F.,2005 - Il contributo italiano alle foreste balcaniche nella cooperazione internazionale allo sviluppo. Degrado ambientale e biodiversità: due facce opposte della società forestale della Bosnia Erzegovina. 5° Congresso Nazionale SISEF - Grugliasco (TO), 27-29 Sep 2005, Contributo n°. #5.7.3 www.sisef.it/sisef/main. php?action=cong&k=5&n=7&id=821 Comitato promotore delle Foreste mondiali dei Giusti - CPFMG - Si può sempre dire un sì o un no www.gariwo.net/file/sintesi_doc_comitato.pdf .

Lamendola A., 2008 - Le flotte dell’antico Mediterraneo distrussero le foreste causando alluvioni e malaria. www.ariannaeditrice.it.

Vojnikovic’ S., 2000 - I danni causati dalle operazioni militari sui parchi e sulle foreste di Sarajevo e la loro ricostruzione, in “Boschi e ambiente in Bosnia Erzegovina - Seminario di studio, ARF Lombardia e DG Qualità dell’ambiente, pp.71-76 Webster D., 1996 - Le terre di Caino. Quel che resta della guerra. Casa Editrice Corbaccio.

i n f o . artic o l o Autore: Enrico Calvo, Dirigente Dipartimento dei Servizi al Territorio Rurale e alle Foreste - ERSAF Lombardia.

Parole chiave: storia forestale, guerra, pace, educazi-

one ambientale.

Abstract: Forests, wars and peace. A consideration on the role played by trees and forests. For centuries forests have been the theatre of many wars, but also a place where an army could find useful materials, shelter and, even today in some regions around the world, a source of funding for illegal and war actions. But trees are also a symbol of peace and life and nowadays forests can have a role in peace processes and international cooperation. As well as a curious consideration, this paper can be an interesting idea for those involved in environmental education.


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Per chi lavori negli ambiti della gestione forestale e delle piantagioni fuori foresta, come in ogni altro comparto produttivo, è di fondamentale importanza introdurre innovazioni di processo e di prodotto nelle diverse fasi della filiera. Proprietari, gestori, tecnici e operatori chiedono a buona ragione di aumentare la competitività e la sostenibilità ambientale delle attività agro-forestali facendo riferimento ai risultati di ricerche applicate, realmente rispondenti alle problematiche ed alle esigenze del territorio. Risultati ai quali si dovrebbe poter accedere con facilità, sempre che fossero divulgati attraverso metodi e strumenti di facile comprensione per le diverse categorie di utenti. Tuttavia, spesso in Italia il circuito virtuoso che dovrebbe portare prima a “produrre conoscenza” (spesso con costi notevoli per la collettività), poi a divulgarla ed a condividerla, è interrotto in più tratti. Nel panorama della ricerca forestale italiana, poco efficiente specie se raffrontato ad altri Paesi, recenti orientamenti di istituzioni nazionali rischiano di marginalizzare la ricerca applicata. D’altra parte, manca un vero e proprio sistema di valutazione nazionale della ricerca. Le metodologie maggiormente impiegate per valutare l’operato dei ricercatori, associate alla diffusione internazionale dei risultati, con articoli in inglese e impact factor (indice di impatto), non danno peso alle pubblicazioni in lingua italiana e quindi, al trasferimento dell’innovazione sul territorio nazionale. Inoltre, a differenza di altri Paesi europei, in Italia esistono pochi casi di strutture che garantiscano in maniera continuativa il trasferimento dell’innovazione in campo forestale, e poco si investe in modo specifico per organizzare e potenziare proprio la fase della divulgazione. Anzi, il modello messo in piedi a partire dagli anni Ottanta per il settore agricolo, che aveva portato alla creazione dei Servizi di Sviluppo Agricolo regionali (SSA) ed a formare i “divulgatori agricoli”, vero anello di congiunzione tra ricerca e impresa, è stato di fatto progressivamente smantellato. Secondo l’ultimo dato disponibile (fonte INEA), dei 2.000 divulgatori assunti circa 20 anni fa in Italia nell’ambito del Reg. CEE 270/79, al 31.12.2008 ne restavano in attività circa 650, mentre il resto è stato prevalentemente destinato ad altre

mansioni. Le attività dei SSA sono oggi affidate soprattutto agli uffici regionali e solo in parte ad Agenzie specializzate, alcune delle quali peraltro in fase di profonda “riorganizzazione”, come l’ARSIA della Toscana, appena chiusa con la finanziaria regionale, o l’ALSIA della Basilicata, commissariata da oltre 5 anni. In questo scenario difficile, si può comunque individuare qualche elemento positivo. Intanto occorre tener presente che, almeno tra gli obiettivi annunciati della riorganizzazione dei SSA, c’è anche la creazione di strutture regionali di servizio agro-forestali. Un’occasione da non perdere, naturalmente tenendosi ben stretto ciò che resta del patrimonio dei divulgatori. Altro elemento positivo è l’esistenza di una Rete interregionale per la ricerca in agricoltura e foreste, prezioso ambito di confronto su modalità di promozione della ricerca e di trasferimento dell’innovazione, che ha definito obiettivi ed azioni prioritari di ricerca 2010-12 (si veda Sherwood n. 161), approvati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni. Infine, è utile ricordare che il D.Lgs. 27/10/2009, n. 150 (“decreto Brunetta”), definisce la “trasparenza” come accessibilità totale a tutte le informazioni delle amministrazioni pubbliche anche in termini di risultati delle attività. Prevede quindi – art. 11, comma 6 – che informazioni e risultati, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, debbano essere presentati alle associazioni di consumatori ed agli utenti, ai centri di ricerca e ad ogni altro osservatore qualificato, attraverso linguaggi e modalità appropriati, condivisi, si auspica, tra le diverse realtà regionali. In tale ottica, perché non introdurre un “indice di impatto” anche sul trasferimento dell’innovazione? Sarebbe uno strumento utile per valutare la ricaduta di ricerche applicate su quel territorio che prima ha segnalato l'esigenza di nuove conoscenze, poi ha contribuito a generare quelle stesse informazioni, spesso partecipando con proprie risorse.

Quale divulgazione per una conoscenza condivisa?

Lorenzo Camoriano Sergio Gallo

[ ConsiglioEditoriale ]

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