La creazione di valore per il territorio. L'Euroregione Alpi-Mediterraneo

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Prefazione Nell’ambito della sua missione di sviluppo e promozione economico- culturale e in sinergia con le università italiane e francesi, la Camera di Commercio italiana di Nizza è orgogliosa di riproporre per il decimo anno consecutivo, il Premio Falotico dedicato alla memoria dell’ex funzionario al Ministero italiano degli affari esteri presso il Consolato Generale d’Italia a Nizza, Luciana Falotico, donna brillante e dalle eccezionali qualità umane che credeva fortemente nei giovani. Dieci anni che il premio viene attribuito a brillanti laureandi che si accingono ad entrare nel mondo del lavoro ai quali la nostra Camera dà la possibilità di aver già una prima grande soddisfazione : quella di presentare, promuovere e diffondere la loro tesi di ricerca pubblicandola in versione bilingue. Con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri, e con la fedele collaborazione della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccola e media impresa, il decimo anniversario del premio lo attribuiamo alla giovane dottoressa Francesca Grassi dell’Università di Torino, per il suo pertinente studio sull’Euroregione alpi mediterraneo. La sua tesi di laurea in economia e direzione delle imprese : « La creazione di valore per il territorio; l’Euroregione alpi mediterraneo » espone in maniera puntuale, precisa ed articolata l’importanza economica e politica di questo ricco territorio di frontiera che si pone a metà strada fra l’Italia e la Francia, nonché le notevoli potenzialità in termini di interscambio ed alto potenziale di integrazione che il territorio stesso offre. L’interesse della tesi sta nel rilevare come l’euroregione alpi mediteranneo, si stia proiettando in una dimensione futura di grande sviluppo visto le potenzialità e ricchezze del territorio. Nel ringraziare il Centro Stampa Offset di Imperia nostro fedele partner, ci congratuliamo con Francesca Grassi per la sua ricerca dall’alto profilo, e le rivolgiamo i nostri auguri piu’ sentiti per una brillante carriera.

Agostino PESCE


Prefazione del Centro stampa Offset d’Imperia

Senza accorgercene arriviamo quest’anno alla X edizione del Premio Falotico animati dalla stessa motivazione che fin dall’inizio la nostra azienda tipografica ha avuto nell’accompagnare la dinamica Camera di Commercio Italiana di Nizza alla realizzazione del premio per offrire ai giovani diplomati l’opportunità di far conoscere la loro ricerca ed entrare così nel mondo del lavoro con una pubblicazione che affermi e rafforzi le loro capacità e la loro identità.

In occasione del decimo anniversario del Premio, abbiamo scelto di premiare la tesi di Francesca Grassi alla quale vanno tutti i miei complimenti per essere riuscita ad affrontare con serietà la tematica attuale dell’euroregione, mettendo in primo piano le dinamiche di sviluppo delle Alpi Mediterraneo dove la nostra azienda opera confrontandosi giornalmente alla realtà del territorio. In qualità di fedele aderente alla Camera di Commercio Italiana di Nizza, sono fiero di continuare a portare avanti con entusiasmo un partenariato attivo per questo valido progetto che premia i giovani, motivandoli a crescere per entrare nel mondo professionale nelle migliori condizioni.

Giovanni Amadeo


Desidero ringraziare in modo particolare il Prof. Giovanni Quaglia che mi ha dato la possibilitĂ di svolgere questa tesi sotto la sua supervisione, guidandomi in questo percorso nel migliore dei modi e dimostrandosi sempre molto disponibile in tutti questi mesi. Ringrazio molto anche il Prof. Guido Giovando per la sua collaborazione. Desidero, inoltre, ringraziare il Prof. Giuseppe Tardivo per la supervisione ed il supporto fornitomi nel corso della realizzazione di questo lavoro di tesi.

Ringrazio anche il Dott. Strocco di Unioncamere Piemonte e tutto lo staff della Camera di Commercio Italiana a Nizza per la collaborazione e per tutto il materiale da loro fornitomi per la stesura ed il completamento di questa tesi.

Un ringraziamento di cuore va a mia mamma, a mio papĂ e a mia sorella Alessandra, che, in questi mesi cosĂŹ intensi ed impegnativi, come nel resto della mia vita, mi sono stati particolarmente vicini.

Un pensiero speciale, infine, va alle mie amiche ed ai miei amici piĂš stretti, che, in questi anni, mi hanno sempre sostenuta e con i quali ho condiviso momenti ed esperienze importanti della mia vita.

Francesca


INDICE

INDICE INTRODUZIONE

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1. LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

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1.1 LA CREAZIONE DI VALORE

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1.2 PRINCIPALI CAMBIAMENTI AVVENUTI NEL SISTEMA IMPRESA

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1.3 LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

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2. LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

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2.1 IL TERRITORIO

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2.2 IL SISTEMA VITALE

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2.3 L’IMPRESA E IL TERRITORIO SISTEMI VITALI

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2.4 ANALOGIE E DIFFERENZE

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2.5 EVOLUZIONE DELLE TEORIE TERRITORIALI: L’APPROCCIO SISTEMICO 45

VITALE

2.6 L’OFFERTA TERRITORIALE

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2.6.1 VERSO UN’IPERCOMPETIZIONE TERRITORIALE

55

2.6.2 LE COMPONENTI DELL’OFFERTA TERRITORIALE

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2.7 LA DOMANDA TERRITORIALE

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2.7.1 I SOGGETTI

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2.7.2 IL CIRCOLO VIRTUOSO SODDISFAZIONE – ATTRATTIVITÀ – VALORE

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2.8 LA COMUNICAZIONE TERRITORIALE

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3. STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

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3.1 IL RUOLO DELL’ORGANO DI GOVERNO DI UN TERRITORIO

85

3.2 LA POLITICA DI SVILUPPO LOCALE COME STRATEGIA PER LA COMPETITIVITÀ ATTUATA DALL’ORGANO DI GOVERNO

3.3 IL PIANO TERRITORIALE DI SVILUPPO O PIANO TERRITORIALE

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91


INDICE

REGIONALE (PTR)

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3.4 IL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE (PTC)

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3.5 IL PIANO STRATEGICO COMUNALE

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4. L’ EUROREGIONE ALPI MEDITERRANEO 4.1 INTRODUZIONE E DEFINIZIONE DI EUROREGIONE

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4.2 LE TAPPE DELLA COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA NELL’OTTICA DI UN’EUROREGIONE

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4.2.1 LA COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA

111

4.2.2 LE TAPPE DELLA COOPERAZIONE NEL TERRITORIO DELLE ALPI DEL MARE-MEDITERRANEO

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4.3 EUROCIN G.E.I.E.: IL MOTORE DI UN PROGETTO DI PIÙ AMPIE DIMENSIONI 118 4.3.1 PROFILO ISTITUZIONALE E MEMBRI 4.4 LA NASCITA DELL’EUROREGIONE ALPI-MEDITERRANEO

123 129

4.5 IL TERRITORIO E LA COOPERAZIONE DELL’EUROREGIONE ALPI-MEDITERRANEO

134

4.5.1 LE CINQUE

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REGIONI

4.5.2 GLI AMBITI DI COOPERAZIONE 4.6 L’EUROREGIONE IN CIFRE: ASPETTI SOCIO-ECONOMICI

150 153

5. L’EUROREGIONE ALPI MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

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5.1 LA CREAZIONE DI VALORE IN PIEMONTE: ASPETTI SOCIO-ECONOMICI.

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5.2 QUADRO SOCIO-ECONOMICO CUNEESE: PRINCIPALI EVIDENZE DEL 2006-2007.

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5.3 L’ECONOMIA CUNEESE: DA IMPRESE DI CRISTALLO A PETALI DI ROSA.

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5.4 STRATEGIA ED OBIETTIVI DEL PIANO TERRITORIALE PROVINCIALE.

184

5.5 IL PIANO STRATEGICO CUNEO 2020 COME STRUMENTO DI CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO.

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5.5.1 IL PIANO STRATEGICO CUNEO 2020

187

5.5.2 LA PROGETTAZIONE PARTECIPATA ED I QUATTRO ASSI STRATEGICI. 190

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INDICE

6. L’EUROREGIONE ALPI MEDITERRANEO. LA PACA ED IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

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6.1 LA REGIONE PACA : ASPETTI SOCIO-ECONOMICI

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6.2 IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME (LE DEPARTEMENT DES ALPES MARITIMES)

207

6.3 IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME E LA “VILLE PHARE” NICE

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CONCLUSIONE

214

BIBLIOGRAFIA

217

SITOGRAFIA

225

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INTRODUZIONE

INTRODUZIONE In un contesto economico sempre più caratterizzato da correnti globali, contrastate ed affiancate da azioni volte all’affermazione di localismi e peculiarità regionali, risulta essere critica, oggi più che mai, la capacità di un territorio di essere sistema vitale, cioè di sopravvivere rimanendo unito ed integrale in quanto dotato, intrinsecamente, di meccanismi ed opportunità per crescere ed apprendere, per svilupparsi ed adattarsi incrementando la propria efficacia nel suo ambiente. Il sistema vitale territoriale persegue, quindi, la finalità della sopravvivenza attraverso la produzione di valore economico-sociale per i sovrasistemi esercitanti pressioni ed attese in termini di insediamento e localizzazione spaziale: in questa ottica creare valore significa soddisfare la molteplicità di esigenze ed interessi espressi dai diversi pubblici presenti nell’ambiente in cui si colloca il sistema stesso, i cosiddetti stakeholder. Lo stesso concetto di creazione di valore per gli stakeholder si è notevolmente evoluto subordinatamente allo sviluppo socio-economico di un contesto sempre più dinamico e globalizzato, modificandosi in linea con i mutamenti verificatisi nella struttura sociale, organizzativa e produttiva dell’impresa di oggi: come evidenziato da Rullani, data la crescente importanza propulsiva di fattori immateriali quali la conoscenza, possiamo definire tale evoluzione del valore quale passaggio da “produzione di merci a mezzo di merci, a creazione di valore a mezzo di conoscenza, a creazione di conoscenza a mezzo di conoscenza”.

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INTRODUZIONE

Inoltre, essendo quello di creazione di valore un concetto polisemico, e prescindendo dall’evoluzione di questo, possiamo utilizzare una definizione di creazione di valore fornita da Sraffa secondo il quale “ creare valore significa realizzare qualcosa che valga la pena, cioè che meriti gli sforzi, le energie e le risorse impiegate per ottenerla”. Si tratta, in definitiva, di un concetto economico estremamente plasmabile ed in continua evoluzione che risulta applicabile tanto al contesto aziendale quanto a quello territoriale e consente di evidenziare le caratteristiche di tali realtà, rappresentando il punto di partenza per la progettazione e l’implementazione di piani strategici di sviluppo volti all’incremento di competitività. Il momento della pianificazione strategica è, quindi, cruciale per la creazione delle precondizioni per il successo delle politiche locali e, nell’ottica del modello reticolare, consente una visione globale delle problematiche, delle politiche e degli attori, rappresentando un mezzo di decisione su scelte future, un luogo di mobilitazione ed aggregazione degli interessi che implica un processo di consensus building volto, oltre che alla creazione di valore per il territorio, anche alla valorizzazione della qualità’e delle dimensioni della rete di rapporti intersistemici che essa sarà in grado di costruire giorno dopo giorno. Il territorio dovrà così perseguire la propria sopravvivenza, che si estrinsecherà nella ricerca di una propria vocazione, nella definizione di una propria identità, di una propria immagine in grado di esprimere in modo coerente il processo di valorizzazione delle risorse impiegate rispetto al proprio macro-sistema. Lo scenario imprenditoriale e territoriale globalizzato, ipercompetitivo e sempre più volto alla creazione di valore nel lungo andare, ha favorito l’evoluzione dell’immagine del vecchio continente da Europa degli

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INTRODUZIONE

Stati a Europa delle Regioni, che investe tale ambito regionale di un ruolo determinante nella grande progettualità europea, ed ha aperto il cammino verso la nascita di vere e proprie Regioni Europee, destinate a ricoprire un ruolo di primo piano all’interno di un’Europa unita e libera dalle passate restrizioni. Oggi le frontiere rappresentano i punti nevralgici dell’Europa del futuro, a cui è affidato il compito di salvaguardare e valorizzare le diversità garantendo, al contempo, la coesione, creando un equilibrio che consenta di evitare fenomeni di eccessivo centralismo o esasperata frammentazione: l’esperienza di cooperazione transfrontaliera lungo i confini italofrancesi ha messo in luce l’area delle Alpi - Mediterraneo quale luogo di interscambio ad alto potenziale di integrazione, grazie all’omogeneità del territorio costituito da un’unica etnia alpina e grazie ai valichi, che hanno permesso, dai tempi più antichi, la comunicazione con la realtà francese. All’interno di quest’area i rapporti di cooperazione transfrontaliera risultano avviati dal secondo dopoguerra, dopo il quale si è assistito ad un lento ma progressivo processo storico di integrazione e cooperazione volto alla creazione di valore per il territorio oggi definibile come Euroregione Alpi - Mediterraneo.

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CAP. 1 – LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

CAPITOLO 1

LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA 1.1 LA CREAZIONE DI VALORE 1.2 PRINCIPALI CAMBIAMENTI AVVENUTI NEL SISTEMA IMPRESA 1.3 LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

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CAP. 1 – LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

1.1 LA CREAZIONE DI VALORE Il concetto di valore è un concetto intrinsecamente complesso e polisemico in quanto riferibile ed adattabile a numerose discipline, e presenta radici socio-filosofiche, oltre che economiche, molto antiche e profonde. Tale concetto è economicamente definito come la “caratteristica di un bene per cui esso è scambiabile con una certa quantità di beni ( - di scambio), o è in grado di essere utile, di soddisfare un bisogno ( d’uso)”1: da tale definizione emergono due aspetti del valore, quello di scambio e quello d’uso, che, unitamente a quello di equità, rappresenterebbero, secondo recenti studi, le componenti del valore percepito nell’ambito di processi di scambio. Il valore e la creazione di valore rappresentano due punti cardine della storia del pensiero economico e, nel tempo, si sono evoluti, modificati e completati seguendo lo sviluppo socio – economico e l’evoluzione delle teorie del valore. Possiamo definire teorie del valore (in ambito economico) ”l’insieme delle concezioni riguardanti la genesi e la determinazione del valore, come proprietà delle merci distinta e logicamente antecedente alla determinazione del prezzo, che ne costituisce in tale ottica la manifestazione fenomenica”2; tale definizione appare oggi alquanto riduttiva data l’evoluzione e lo sviluppo di tali teorie in una direzione sempre più orientata verso una competitività raggiungibile attraverso lo sviluppo di competenze e conoscenze intangibili. 1 2

Il Grande Dizionario Garzanti della lingua italiana, Garzanti Editore, Milano 2002. www.wikipedia.it

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CAP. 1 – LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

Storicamente si è passati da concezioni classiche di valore, quali quelle elaborate da Adam Smith3 e David Ricardo4, alla rielaborazione marxista di tali teorie, basata sul mutamento dell’idea classica che il lavoro sia la fonte della ricchezza e che il valore sia determinato dalla quantità di lavoro incorporato nelle merci. Karl Marx5 giunge ad una propria teoria del valore, secondo la quale un prodotto ha tanto più valore quanto più tempo viene impiegato dalla società per produrlo e, dato l’obiettivo primario di accumulazione di ricchezza proprio del capitalismo, giunge alla definizione di plusvalore. Interpretazione alternativa della teoria del valore marxista, basata su numerose considerazioni sociali e storiche, ma carente da alcuni punti di vista logici, è quella fornita dalla scuola sraffiana, che nasce dall’analisi dell’economista torinese Piero Sraffa6, che in “Produzione di merci a mezzo di merci” giunge ad un’estrema critica delle teorie marginaliste dell’epoca, perfezionando le teorie del valore di Ricardo. Proprio da tale elaborato possiamo quindi trarre lo spunto per analizzare, evidenziando l’importanza dell’evoluzione socio-economica di un contesto sempre più dinamico e globalizzato, lo sviluppo del concetto di creazione del valore modificatosi con i mutamenti che si sono verificati nella struttura sociale, organizzativa e produttiva dell’impresa di oggi.

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Adam Smith (1723-1790) pubblicò La Ricchezza delle Nazioni (1776), nel quale sono rintracciabili le linee fondamentali dell’economia classica e dl quale scaturiscono i concetti di valore d’uso e di scambio, di valore come lavoro incorporato, di capitale fisso e variabile. 4 David Ricardo (1772-1823) è sicuramente uno degli esponenti di maggior rilievo della scuola classica che presenta alcune profonde differenze d’approccio rispetto alle teorie smithiane date dalla focalizzazione sull’apparato di produzione e dall’accoglimento della legge di Say; queste ultime portano alla definizione della teoria del valore-lavoro. 5 Karl Marx (1818-1883), autore de Il Capitale (1870), considerato il testo-chiave del marxismo, che si oppone al’economia di stampo liberista del tempo pur riconoscendo il valore di numerosi concetti classici. 6 Piero Sraffa (1898-1983).

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CAP. 1 – LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

Come evidenziato da Rullani, data la crescente importanza propulsiva di fattori immateriali quali la conoscenza, possiamo definire tale evoluzione del valore quale passaggio da“produzione di merci a mezzo di merci, a creazione di valore a mezzo di conoscenza, a creazione di conoscenza a mezzo di conoscenza”7. Volendo prescindere dall’evoluzione di tale concetto possiamo utilizzare una definizione di creazione di valore fornita da Sraffa secondo il quale“creare valore significa realizzare qualcosa che “valga la pena”, cioè che meriti gli sforzi, le energie e le risorse impiegate per ottenerla”. Si tratta di un concetto economico estremamente plasmabile ed in continua evoluzione che, come sarà evidenziato in seguito, è applicabile tanto al contesto aziendale quanto a quello territoriale e consente di evidenziare le caratteristiche di tali realtà, rappresentando il punto di partenza per la progettazione e l’implementazione di piani strategici di sviluppo.

1.2 PRINCIPALI CAMBIAMENTI AVVENUTI NEL SISTEMA IMPRESA Requisito essenziale perché un’impresa sia in grado di governare il mercato e sopravvivere è la profonda e dettagliata conoscenza dell’ambiente nel quale essa si trova ad operare. La fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo hanno visto l’affermarsi ed il consolidarsi di alcune tendenze del mercato già da anni in atto, alle quali ogni impresa deve essere in grado di adattarsi cercando

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E. Rullani, La Fabbrica dell’immateriale. Produrre valore con la conoscenza, Carocci, Milano 2004.

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CAP. 1 – LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

di trasformare quelle che potrebbero rappresentare delle minacce in punti di forza per il proprio sviluppo. In primo luogo è fondamentale evidenziare il passaggio avvenuto da società industriale a società dell’informazione: si tratta di una trasformazione realizzatasi nell’arco di molti decenni, che ha visto quale punto di partenza la società fordista del secondo dopoguerra avente come obiettivo la produzione e la vendita. Tale contesto è stato caratterizzato da produzioni omogenee standardizzate, prive di ogni possibile diversificazione per classe di utenti e basate su prodotti con qualità minime accettabili: date queste condizioni le imprese non hanno mai presentato particolari problemi di sopravvivenza, sopravvenuti con lo sviluppo della società dell’informazione. Appare evidente che tra società fordista e società dell’informazione esistono passaggi intermedi e graduali che hanno portato alla nascita dell’attuale consumatore informato, esigente e sofisticato, che richiede, all’impresa come al territorio, beni e servizi per la soddisfazione di specifiche esigenze. Si tratta di evidenziare il passaggio da un’ottica tradizionale basata sul concetto di impresa che subisce il mercato ad un’ottica innovativa, con la quale l’impresa crea il proprio mercato, lo modella e riesce a governarlo: questo è un cambiamento recente ma radicale per mezzo del quale l’impresa è in grado di imporre i propri prodotti. In secondo luogo si è rivelato fondamentale il passaggio da tecnologia industriale a tecnologia sofisticata hi-tech, cambiamento profondamente connesso alla trasformazione sopra approfondita che ha portato ad alcune importanti conseguenze nella gestione dell’innovazione tecnologica. Fondamentale è analizzare il restringimento del ciclo di vita del prodotto che porta i prodotti dell’impresa ad essere maturi ed obsoleti

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CAP. 1 – LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

agli occhi dei consumatori in tempi molto più brevi8 e l’organizzazione stessa ad implementare nuovi prodotti molto velocemente anticipando il mercato. Tale compressione dei tempi porta l’impresa a dover porre maggiore enfasi sulle spese di ricerca e sviluppo, per il finanziamento delle quali deve essere valorizzata e resa più sofisticata la funzione finanza. Conseguentemente si osservano tempi sempre più ristretti per aumentare le disponibilità monetarie attraverso ipotetici aumenti di prezzo, soluzione solitamente poco conveniente, o ipotetici aumenti dei volumi di vendita, soluzione preferibile in un’ottica di allargamento dei mercati, di globalizzazione e ampliamento del bacino dei consumatori. Terzo fondamentale cambiamento è rappresentato dal passaggio da una programmazione di breve periodo ad una a scenari multipli: in tale ambito si è assistito ad un mutamento profondo dell’ottica tradizionale di programmazione e controllo che imponeva, fino a circa un decennio fa, un continuo miglioramento delle proprie performance quale condizione si ne qua non per il governo del mercato. Nell’attuale contesto globalizzato tale concetto ha perso credibilità, in quanto dal punto di vista della creazione di valore sarà necessario domandarsi se l’impresa possieda i requisiti per sopravvivere a congiunture negative e di recessione: a tal fine le imprese più accorte redigono oggi tre tipologie di bilanci previsionali, incentrati ognuno sull’estrapolazione di tendenze passate, su un’ipotesi favorevole all’impresa e su un’ipotesi a quest’ultima sfavorevole. Altro mutamento importante è certamente quello avvenuto all’interno della struttura organizzativa dell’azienda che necessita di una sempre 8

Si tratta di una tempistica ridotta da circa cinque anni ad uno, portata da un’abbreviazione della curva gaussiana.

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CAP. 1 – LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

maggiore flessibilità, che le consenta di modificare il proprio organigramma coerentemente con lo sviluppo del proprio scenario di riferimento. 1.3 LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA L’impresa opera in uno scenario socio-economico di riferimento, il mercato, che, come precedentemente evidenziato, è in continuo cambiamento per quanto concerne segmenti, gusti dei consumatori ed incipiente innovazione tecnologica e, per tale ragione, deve essere in grado di creare valore governando e dominando il mercato stesso. Condizione fondamentale per l’impresa risulta quindi essere, nel contesto attuale più che mai, la competitività, quale concezione chiara e misurabile, certa e quantificabile. Ciò significa che l’impresa, per essere in grado di sopravvivere governando il proprio scenario di riferimento, deve essere competitiva, cioè stabilmente dotata di competitività. Un’impresa è considerata competitiva se sussistono condizioni di efficienza interna di organizzazione e gestione: si tratta dei parametri classici dell’economia quali efficienza, efficacia, redditività e produttività. Possiamo definire l’efficacia come il rapporto tra l’output prodotto (sia esso un bene o un servizio) e l’input utilizzato (cioè l’insieme dei mezzi impiegati per realizzare l’output), e l’efficacia come il rapporto tra l’output realizzato e gli obiettivi precedentemente prefissati, in quanto, a parità di altre condizioni, un’impresa è considerata efficace se realizza risultati il più possibile aderenti e congrui con gli obiettivi prestabiliti, che devono essere determinati tenendo conto delle condizioni e delle previsioni di mercato.

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CAP. 1 – LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

La redditività consiste invece nella capacità dell’impresa di produrre reddito, di realizzare un utile in sede di conto economico9: tale reddito deve essere effettivamente conseguito, oggettivo nelle sue componenti e coerente con quello del settore di riferimento. Quarto parametro è la produttività: nell’ottica di creazione di valore per l’impresa, quest’ultima è considerata produttiva se possiede contemporaneamente i due precedenti requisiti di efficienza ed efficacia. La realizzazione dei sopraelencati quattro requisiti determina l’efficienza interna di un’impresa che indica la competitività di tale organizzazione nel breve periodo: tale efficienza però, per consentire all’impresa di creare valore, sopravvivendo nel lungo periodo, deve essere affiancata da una buona competitività esterna. In tale ambito i valori ragionieristici devono essere integrati da valutazioni strategiche di mercato relative ad aspetti fondamentali quali innovazione, cambiamento dei gusti dei consumatori, tecnologia e variabili ambientali: tali aspetti riguardano l’evoluzione, oramai sempre più rapida ed imprevedibile, del mercato interno e devono essere tenuti in considerazione per poter realizzare una valida valutazione della redditività aziendale. Ciò significa effettuare valutazioni in un’ottica di benchmarking, cioè confrontare la performance dell’impresa con la media dei risultati delle migliori aziende del settore in termini assoluti. Nell’ottica di creazione di valore perveniamo quindi ad una fondamentale evoluzione della finalità ultima dell’impresa che, da una concezione classica ormai superata supponente quale obiettivo principale il raggiungimento del profitto, giunge ad una concezione moderna nella

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La redditività di un’impresa consiste nella capacità dell’impresa di realizzare la disequazione RICAVI>COSTI.

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CAP. 1 – LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

quale ci si prefigge come finalità principale la sopravvivenza dell’organizzazione nel lungo periodo. Tale fine ultimo dell’impresa, istituto economico-sociale che svolge la funzione economica di produzione di beni e servizi, è la creazione di ricchezza, ossia di valore: ciò ne garantisce lo sviluppo e la sopravvivenza duraturi, rendendo possibile soddisfare, secondo modalità differenti, le esigenze degli stakeholder che a vario titolo apportano risorse funzionali e necessarie alla gestione aziendale10. Si tratta, pertanto, di uno scopo di lungo periodo rispetto a cui vanno orientate tutte le attività d'impresa: in tale direzione, se creare valore è la finalità generale, questa si può articolare in alcuni obiettivi specifici, che possono avere un orizzonte temporale di riferimento di breve o di medio/lungo periodo. Tali obiettivi, frutto delle scelte strategiche effettuate dall'impresa in relazione all'ambiente in cui opera, devono collocarsi necessariamente in un coerente ed equilibrato finalismo aziendale, il cui elemento centrale resta sempre la creazione di valore. Il costante orientamento al lungo termine è giustificato dalla considerazione che l'impresa potrebbe deteriorare le basi del suo successo duraturo se prevalesse un'ottica di breve periodo. Infatti, un’impresa, che, per conseguire risultati economici a breve, taglia i costi di approvvigionamento e produzione, senza prestare attenzione alle conseguenze in termini di qualità del sistema-prodotto o di sicurezza del lavoro, licenzia i dipendenti, perdendo risorse e competenze e minando il consenso sociale di cui gode, non investe in innovazione, trascura l’impatto ambientale delle proprie attività, viola chiari principi di corporate governance o altera, con procedure e soluzioni eticamente 10

A. Tencati, Creazione di valore, sostenibilità e responsabilità sociale, articolo, Milano 2002.

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CAP. 1 – LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

dubbie o addirittura fraudolente, i dati di bilancio, ad evidenza non sta creando valore. Al contrario, sta distruggendo le basi del proprio successo duraturo, dissipando asset strategici come la fiducia dei consumatori, del mercato, dei lavoratori e della comunità di riferimento, il knowledge e la capacità innovativa, il capitale naturale e così via. Tutto ciò resta valido anche se, nel breve e a volte brevissimo termine, certe linee d’azione appaiono erroneamente premianti, perché si traducono in migliori corsi azionari e, dunque, in un più elevato valore di mercato del capitale di lungo periodo. Il concetto di creazione di valore è universalmente applicabile e, in ambito aziendalistico, riferibile ad ogni tipologia di impresa, dalla microazienda alla multinazionale: esso rappresenta un’istanza manifestata da tutti i portatori di valore dell’impresa, gli stakeholder, per la cui gestione saranno definite apposite politiche. Va da sé che la creazione di valore assume una rilevanza tale da essere considerata la ragione d’essere dell’azienda, realizzabile attraverso mezzi quali la competitività e la sopravvivenza della stessa. Il concetto economico di creazione di valore è un concetto che sottende la definizione di valore aggiunto11 ed è caratterizzato da una triplice natura: quella economica, quella mercatistica e quella finanziaria. Il valore economico è osservabile seguendo due differenti prospettive, una interna ed una esterna: la prima riguarda la capacità dell’impresa di sopravvivere nel lungo andare, mentre quella esterna concerne la capacità dell’organizzazione di realizzare, nel tempo, un incremento del

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La differenza tra il valore dei beni e servizi prodotti e il valore dei beni e servizi acquistati per essere impiegati nel processo produttivo è il valore aggiunto. Pertanto si può dire che esso è una misura dell'incremento lordo del valore risultante dell'attività economica.

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CAP. 1 – LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

patrimonio12. Per meglio comprendere il significato e le modalità di misurazione del valore economico possiamo servirci della seguente formula:

Figura 1.1. Misura del valore creato dall’impresa Fonte: G. Tardivo,Lucidi proiettati al Corso di Economia e Direzione delle Imprese II, a.a. 2007/2008.

Il valore del capitale economico deve essere razionale, per assicurare la sopravvivenza dell’impresa, condiviso, per soddisfare le esigenze degli stakeholders, stimolante, per favorire lo sviluppo di una mentalità aggressiva in un’ottica di benchmarking, e misurabile, in modo che l’impresa ed i suoi risultati siano valutabili.

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Cfr. G. Tardivo, Lucidi proiettati al corso di “Economia e Direzione delle Imprese II”, Torino a.a. 2007/2008.

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CAP. 1 – LA CREAZIONE DI VALORE PER L’IMPRESA

Il valore mercatistico rappresenta la capacità dell’azienda di soddisfare adeguatamente le esigenze della clientela per quanto riguarda prezzo, qualità e funzionalità mettendo in atto politiche di customer relationship marketing (CRM)13. Il valore finanziario, o valore per gli azionisti, rappresenta la capacità dell’impresa di perseguire un equilibrio complessivamente soddisfacente tra le esigenze degli stakeholder, talora diverse o opposte: tale equilibrio porta a conseguire una buona competitività orientata al valore. Nel contesto di riferimento gli azionisti assumono un potere dominante dato dall’assunzione di un maggior rischio, per il quale è loro riconosciuto un maggiore potere nella determinazione delle scelte aziendali riguardanti la capacità dell’impresa di creare valore. Nella teoria economica la massimizzazione del profitto (cioè il ritorno degli azionisti) rappresenta l’obiettivo dominante dell’impresa, mentre in un’ottica di creazione di valore tale massimizzazione deve essere resa compatibile, come anticipato, con il livello di soddisfazione degli stakeholder. Si giunge ad un concetto di ottimizzazione del profitto nel lungo periodo che non distrugga valore e non implichi perdita di competitività.

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Che segna il passaggio da società industriale a società dell’informazione.

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

CAPITOLO 2

LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO 2.1 IL TERRITORIO 2.2 IL SISTEMA VITALE 2.3 L’IMPRESA E IL TERRITORIO SISTEMI VITALI 2.4 ANALOGIE E DIFFERENZE 2.5 EVOLUZIONE DELLE TEORIE TERRITORIALI: L’A.S.V. 2.6 L’OFFERTA TERRITORIALE 2.7 LA DOMANDA TERRITORIALE 2.8 LA COMUNICAZIONE TERRITORIALE

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

2.1 IL TERRITORIO

Con il termine territorio, in questo contesto, non si intende semplicemente identificare una determinata “estensione spaziale, un paesaggio naturale o un aggregato di entità naturali ed antropiche”, bensì una comunità localizzata che si palesa e si consolida per effetto dell’azione esercitata da un organo di governo. Benchè si riscontri frequentemente la tendenza a sovrapporre i concetti di spazio e territorio, tale coincidenza non risulta essere corretta in quanto tali due entità presentano caratteristiche differenti. Lo spazio costituisce una condizione imprescindibile per tutti i sistemi viventi, nonché per i sistemi vitali posti in essere dall’uomo. Lo spazio rappresenta quindi una dimensione essenziale per la manifestazione di qualsiasi realtà fenomenica partendo dall’assunto che ogni fenomeno risulta essere spazialmente localizzato. La dimensione fisico-spaziale è un riferimento, una condizione, considerabile sia come un vincolo che come un’opportunità, da cui nessun sistema vivente14 e nessun sistema vitale posto in essere dall’uomo può prescindere . Dimensioni essenziali di qualsiasi realtà fenomenica sono infatti sia spazio che tempo, e nessun ente può esistere senza che la propria struttura risulti essere localizzata; la localizzazione del singolo ente sarà strategicamente finalizzata al perseguimento della propria finalità, cioè la sopravvivenza in condizioni di consonanza e risonanza con i sovrasistemi ed i subsistemi rilevanti. Tutte le iniziative poste in essere da uno o più soggetti individuano un’organizzazione sociale che è spazialmente localizzata. 14

Sistemi viventi quali uomo, animali, vegetali.

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“Il territorio è quindi un’organizzazione sociale ed è spazialmente localizzato, pur realizzando processi sistemici non limitabili in detto spazio”15. Il territorio rappresenta quindi una struttura che non si limita né si esaurisce nella sola dimensione fisico-spaziale, che trascende i propri limiti territoriali, poiché ad essa ne associa una sociale e culturale. E’ quindi intuibile come lo spazio non sia che una componente di notevole rilevanza del più ampio e complesso concetto di territorio, che viene a delinearsi come un’organizzazione sociale derivante dalle attività svolte dalle diverse organizzazioni presenti nella sua estensione spaziale. Tale concezione è maturata in seguito a profondi cambiamenti che si sono verificati negli ultimi anni , tra i quali gioca un ruolo preponderante il fenomeno della globalizzazione che ha incrementato la competitività dei territori stessi, realizzatasi attraverso la valorizzazione culturale ed il decentramento amministrativo. Questo contesto ha messo in discussione la visione di territorio secondo la quale quest’ultimo non rappresenta che lo strumento atto a generare condizioni di maggiore efficienza e competitività per i sistemi di imprese in esso allocati, giungendo all’identificazione del territorio quale sistema16: il territorio è quindi il risultato di un processo comunicativo tra comunità di attori locali e di strutture ambientali, per le quali rappresenta una sorta di “specificazione contestuale”, fondamentale per competere all’interno dell’attuale arena globalizzata. In tale ottica, oggi, il territorio viene a configurarsi come un ecosistema in grado di riprodursi con

15 16

C. M. Golinelli, Il territorio sistema vitale. Verso un modello di analisi, Giappichelli, Torino 2002 Definiamo sistema una struttura fisica dotata di unità interagenti che sono in relazione tra loro.

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interazioni tra le proprie componenti e tra esse ed altri sistemi attraverso processi di conservazione e ricostruzione di identità collettive.

2.2 IL SISTEMA VITALE

Definire in modo preciso ed analitico un concetto di grande complessità quale quello di sistema vitale non risulta agevole e, per tale motivo, risulta essere molto importante chiarire in primis il concetto di sistema. Il termine sistema è stato oggetto di numerose analisi che hanno portato diversi autori a fornirne una personale definizione: Von Bertalanffy sostiene che “un sistema può essere definito come un insieme di unità interagenti che sono in relazione tra loro”17, mentre Saussure18 definisce un sistema come “una totalità organizzata, composta di elementi solidali che possono essere definiti soltanto gli uni in rapporto con gli altri, in funzione della loro collocazione in questa totalità”. Nel vasto panorama di definizioni disponibili quella che risulta essere più appropriata in questo contesto è proposta da C.M. Golinelli ed identifica il territorio come: “Una struttura fisica , dotata di componenti fisiche, intese come qualificazione di predefinite componenti logiche, tra loro interagenti, orientata ad una determinata finalità”19 La capacità del sistema di raggiungere tale finalità sarà subordinato al raggiungimento, da parte delle componenti del sistema, di un determinato livello di efficienza e di efficacia nell’ambito delle interazioni che le une realizzano con le altre. 17

L. Von Bertalanffy., General Systems Theory, Yearb. Soc. Gen. Sys. Res.,1956. F. Saussure, Corso di linguistica generale, Laterza, Bari 1967. 19 G.M. Golinelli, “L’approccio sistemico vitale al governo dell’impresa”, vol 1, L’impresa sistema vitale, Cedam, Padova 2000. 18

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Determinato il significato di sistema è necessario comprendere che l’aggettivo vitale significa “capace di mantenere un’esistenza autonoma (able to mantain a separate existence)”20. Il concetto di sistema vitale risulta non essere nuovo, ma già introdotto in passato da Beer21, e non pare avere sinora esplicato tutti i suoi potenziali sviluppi empirici22. Il modello del sistema vitale risulta essere, inoltre, particolarmente adeguato al fine della qualificazione del sistema impresa in quanto risulta essere riferibile a qualsiasi organizzazione, oltre all’impresa. Attraverso mutazioni (adeguamenti, trasformazioni e ristrutturazioni) nei propri assetti logico-fisici (struttura logica-fisica) e delle configurazioni specifiche, nel tempo le organizzazioni vitali sono poste in condizione di sopravvivere. La prerogativa della vitalità della struttura, infatti, si estrinseca nella dinamica sistemica quando, sulla base di relazioni tra componenti interne e tra alcune di queste con selezionate componenti esterne23, l’impresa interagisce con il contesto per apprendere, adattarsi, svilupparsi e migliorare, con il passare del tempo, le proprie condizioni di efficacia24. Possiamo quindi fornire una definizione compiuta di sistema vitale quale “sistema che sopravvive, rimane unito ed è integrale; è inoltre omeostaticamente25 equilibrato sia internamente che esternamente e possiede, . 21

S. Beer: si tratta di uno dei principali interpreti della teoria cibernetica applicata alle organizzazioni territoriali. 22 S. Beer, L’impresa come sistema cibernetico, Isedi, Milano 1973. 23 Appartenenti alle strutture fisiche di altri sistemi. 24 G. Golinelli, M. Gatti, L’impresa sistema vitale. Il governo dei rapporti inter-sistemici, Istei Università degli Studi di Milano – Bicocca, Milano 2006. 25 Il sistema tende ad un equilibrio detto omeostasi: si tratta di uno stato stazionario che, in quanto tale può essere mantenuto solo nel brevissimo periodo dai sistemi aperti i quali, a causa delle loro interazioni con le componenti esterne, sono caratterizzate da un forte dinamismo. Questi sistemi potranno essere interessati solo da un equilibrio interno di tipo dinamico che tende all’omeostasi, al livello di

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inoltre, meccanismi e opportunità per crescere ed apprendere, per svilupparsi ed adattarsi e cioè per diventare sempre più efficace nel suo ambiente”26. E’ fondamentale sottolineare che vi è una netta differenza tra sistema vitale, quale è il territorio, e sistema vivente, ovvero biologico: tale ultimo tipo di sistema prevede infatti la capacità di riprodurre le sue componenti e di prolungare l’esistenza della sua specie, in quanto gode di una serie di proprietà, è dotato di particolari funzionalità ed attiva reazioni chimico-fisiche. Tale caratteristica non è assimilabile al sistema vitale che, pur essendo proiettato verso la sua sopravvivenza, non è capace di attuare processi riproduttivi di natura biologica, data l’appartenenza dei suoi elementi alla categoria degli esseri non viventi. Per poter individuare appieno le peculiarità di un sistema vitale è cruciale analizzare quelli che sono i quattro postulati che lo caratterizzano. Il primo pilastro fondamentale è quello secondo il quale “un sistema può essere considerato vitale solo se è in grado di sopravvivere in un certo ambiente”27: nonostante il sistema debba essere in grado di sopravvivere in condizioni di autonomia, ciò non esclude che esso debba essere integrato nel suo contesto ambientale e con questo, intrattenere una rete di relazioni e scambi. Il secondo postulato essenziale di un sistema vitale è quello per il quale esso deve essere “isotropo, presentare cioè un’identità propria ed unica che lo differenzia e lo contraddistingue da altre identità”. I sistemi vitali si manifestano attraverso una sorta di immagine sensibile che resta perfezione ottimale, ma di fatto limitato ad un livello di perfezione possibile, cioè effettivamente conseguibile in un contesto non statico. 26 S. Beer , Diagnosi e progettazione organizzative – Principi cibernetici, Isedi, Milano 1991. 27 A. D. Hall, R. E. Fagen, Definition of System, in F. E. Emery, La teoria dei sistemi. Presupposti, caratteristiche e sviluppi del pensiero economico, Franco Angeli, Milano 1974.

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invariata da qualsiasi prospettiva essa venga osservata, conservando un’identità propria ed unica a prescindere dalle varie strutture con le quali interagiscono. Il sistema può essere definito così un unicum con una forte caratterizzazione, in quanto deve garantire un processo dialettico che sia volto a realizzare un continuo scambio e raccordo tra l’area delle decisioni aziendali e quella operativa. Terzo pilastro fondamentale è quello secondo il quale “ogni sistema vitale (L) è orientato al perseguimento di finalità ed al raggiungimento di obiettivi ed è connesso ad una serie di sovra-sistemi28(L+1) e subsistemi29(L-1) dai ed ai quali, rispettivamente, trae e fornisce indirizzi e regole”30. Come sopra descritto, il sistema vitale è inserito in un macroambiente (L+1) dal quale è tenuto a rilevare e soddisfare le esigenze, e all’interno di esso sono individuabili ulteriori sub-sistemi (L-1), la cui attività è condizionata da quella del sistema stesso. Il quarto postulato enuncia che il sistema vitale, attraverso processi di consonanza e risonanza, può arrivare a perdere la propria autonomia dissolvendosi nel suo sovra-sistema di riferimento; la condizione di consonanza viene raggiunta da un sistema vitale nel momento in cui questo realizza una perfetta integrazione all’interno della struttura del proprio sovra-sistema anche in termini di obiettivi e finalità. Da qui può verificarsi un progressivo affievolimento dei contorni che delimitano il sistema vitale di livello L (se questo non è caratterizzato da una forte identità) , il quale può dare origine ad una situazione di risonanza, cessando di

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Definiamo sovra-sistema di un sistema vitale il sistema di livello superiore più prossimo, di cui quel sistema è un componente o sottosistema. Ad esempio, il sovrasistema di un Comune è rappresentato dalla Provincia di appartenenza. 29 Definiamo sub-sistemi quelle parti in cui il sistema di riferimento può essere scomposto, che risultano identificabili assolvendo una particolare funzione. 30 Tale concetto è frutto di una serie di diverse elaborazioni e rielaborazioni susseguitesi nel tempo.

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configurarsi come entità autonoma, confondendosi nel proprio sovrasistema di riferimento. 2.3 L’IMPRESA E IL TERRITORIO SISTEMI VITALI

Dopo aver definito il sistema e, solo in seguito, il sistema vitale, risulta coerente seguire lo stesso percorso concettuale applicando tali definizioni alla realtà dell’impresa. L’impresa come sistema rappresenta “un sistema ordinato di parti, nonché di relazioni tra le parti, che tende al raggiungimento di un fine”31 e da questa definizione possiamo evincere quelli che sono gli elementi che caratterizzano il sistema impresa cioè: 1. La natura composita, in quanto risulta essere articolata in una serie di svariate componenti (quali i reparti, gli stabilimenti di produzione, le sedi amministrative…)che vanno a costituire la cosiddetta struttura funzionale dell’impresa. 2. La natura relazionale, in quanto tale organizzazione non può prescindere da una fitta rete di relazioni, interne ed esterne e tra le varie funzioni, e ha la necessità di essere in piena armonia con il territorio, realizzando uno stabile rapporto di collaborazione e mutua comprensione; tutto ciò è fondamentale e, nel caso in cui dovesse venire meno a causa di problemi di diversa natura, l’impresa rischia di essere espulsa dal territorio. Va da sé che creando valore per il territorio si crea valore per le imprese in esso stabilmente localizzate e armonicamente legate.

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R. Cafferata, Sistemi, ambiente e innovazione. Come s’integrano la continuità ed il mutamento nell’impresa, Giappichelli, Torino 1995.

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3. L’orientamento ad un fine, in quanto l’impresa è proiettata alla propria sopravvivenza, attraverso la quale può raggiungere la sua finalità ultima: la creazione di valore economico, finanziario e mercatistico. Possiamo ora applicare il concetto di approccio sistemico vitale (A.S.V.) all’impresa, apportando significativi adattamenti alla definizione precedente in quanto diviene fondamentale operare una scissione all’interno dell’area delle decisioni, separando le decisioni di governo da quelle di gestione, che pur devono presentare una evidente correlazione. Per decisioni di governo individuiamo tutte quelle che hanno per oggetto l’elaborazione e la pianificazione degli indirizzi strategici, mentre le decisioni del gestire rappresentano la realizzazione pratica delle strategie ideate dall’azione di governo. Da qui possiamo ipotizzare che le decisioni di gestione, unitamente all’area delle operazioni, vadano a costituire l’area della gestione, oggi nettamente distinta dall’area del governo, e, proprio tale peculiarità, distingue il concetto di sistema vitale impresa, configurato dall’interazione tra i due aggregati sopraccitati, da quello più generico di sistema vitale32. Sulla falsariga dell’analisi precedente, risulta importante una accorta rivisitazione dei postulati del sistema vitale quale concetto generico, con l’obiettivo di verificarne l’applicabilità e la compatibilità con la realtà aziendale. In questa ottica l’impresa risulta essere in grado di sopravvivere in un determinato ambiente in quanto sistema aperto33, cioè propenso all’interazione con componenti esterne appartenenti al proprio contesto ambientale di riferimento, e “selettivamente aperto agli input, rispon32

dove era prevista una interazione tra l’area delle decisioni e quella delle operazioni. Il significato del vocabolo aperto va inteso in senso relativo non esistendo organizzazioni sociali completamente chiuse o aperte (Cfr. G. Ferrero, Impresa e management, Giuffré, 1987, p. 127). 33

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dendo solo in parte a tutte le influenze e sollecitazioni ambientali”34 soddisfacendo il primo postulato precedentemente illustrato; anche il requisito dell’isotropia risulta essere pienamente applicabile alla realtà aziendale, dal momento che ogni impresa si presenta quale unicum, con una identità ben definita, e dotata di un organo di governo e di una struttura operativa propria. Il terzo postulato prevede che le finalità dell’impresa possano essere perseguite subordinatamente ad una buona qualità di rapporto dialettico instaurato dall’organo di governo con i propri sovra e sub-sistemi: tale organo deve essere quindi capace di analizzare e monitorare con continuità le aspettative e le motivazioni dei sub-sistemi aziendali e, contemporaneamente, di intraprendere le attese ed accogliere le istanze dei sovra-sistemi. Risulta essere valido ed applicabile anche il quarto postulato, in quanto anche per l’impresa i presupposti per la realizzazione di rapporti di risonanza risiedono nella capacità di condividere con altri sistemi l’analisi e l’interpretazione del contesto ambientale mediante la creazione di linguaggi comuni (nella realizzazione, quindi, di un processo di consonanza). Possiamo, ora senza alcun dubbio, definire l’impresa come sistema vitale. Ogni realtà avente una determinata caratterizzazione territoriale può essere inquadrata all’interno della schematizzazione e della matrice concettuale individuabile in ambito aziendalistico dall’approccio sistemico vitale: analogamente a come l’impresa può essere qualificata in termini di “sistema vitale impresa”, così il territorio è individuabile quale “si34

L. Brusa, Strutture organizzative d’impresa, Giuffré, Milano 1979, p. 11.

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stema vitale territorio”, nonostante risulti particolarmente complesso fare sistema per il territorio data la sua peculiarità di sistema vivo, formato da componenti fisiche, logiche, sociali, culturali e di conoscenza. Nel territorio sistema vitale l’elemento spaziale (come ogni altra risorsa) rientra nella dotazione strutturale ed è soggetto a continui mutamenti che ne causano una continua ricombinazione, nonostante l’uomo sia in grado di controllare l’ambiente naturale in misura nettamente inferiore rispetto alle altre componenti. Al contrario, non esistono sistemi vitali territoriali a prescindere dall’intervento e dall’azione umana35. Ciò ha l’utilità di rendere chiaro l’assunto per cui non si deve legare il concetto di territorio allo spazio fisico e naturale, in quanto esso è sempre espressione di una territorialità, da intendersi nel senso di appartenenza avvertito da uno o più individui. Il territorio vuole quindi identificare una realtà che presiede allo svolgimento della vita civile, sociale ed economica degli individui e dei loro aggregati, ed identifica anche una specifica area geografica. Il territorio è quindi definibile come una qualsiasi aggregazione sociale che va ad identificarsi, per effetto dell’azione esercitata dall’organo di governo, con una parte dello spazio geofisico e generalmente operante per la perpetuazione e lo sviluppo di tale assetto. Tale sistema vitale territorio può essere giuridicamente riconosciuto ed assurgere a “istituzione”36, finendo per essere integrato in un sistema politico-istituzionale, anche se tale ipotesi non sempre risulta verificarsi. In conclusione, possiamo definire il sistema vitale territoriale

35

Si tratterebbe tutto al più di sistemi territoriali di tipo fisico–naturalistico definiti da osservatori esterni. 36 Si tratta in questo caso di rioni, quartieri, municipi, circoscrizioni, comuni, province, regioni, stati federali, stati nazionali, ecc.

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“quel sistema che persegue la finalità di sopravvivenza attraverso la produzione di valore economico-sociale per sovrasistemi esercitanti pressioni ed attese in termini di insediamento e localizzazione spaziale”37. Poiché lo spazio risulta essere una dimensione essenziale per l’esplicazione di qualsiasi attività da parte di tutti gli operatori, ne consegue che “creare valore per i sovra-sistemi incentrati sull’elemento spaziale di riferimento significa soddisfare la molteplicità di esigenze ed interessi espressi dai diversi pubblici presenti nell’ambiente in cui si colloca il sistema territoriale”38. Deduciamo che nessuna area spaziale può essere definita, a priori ed in modo automatico, un sistema vitale territoriale considerando, a sostegno di tale osservazione, l’esistenza di numerosi filoni di analisi e studio sostenenti l’inopportunità di definizioni convenzionali e rigide nell’ambito analizzato. Nello studio del territorio sistema vitale il coincidere tra il sistema vitale stesso ed un’unità amministrativa rappresenta un’ipotesi possibile ma non tassativa. Non è immaginabile che un’istituzione locale possa essere definita come sistema territoriale solo perché ufficialmente preposta ad amministrare una predeterminata area spaziale, in quanto, per essere definita tale, è necessario che le esigenze e gli interessi degli attori localizzati siano adeguatamente interpretati, rappresentati e coordinati dall’organo di governo istituzionale, realizzando un effettivo indirizzo e

37 38

C. M. Golinelli, Op. cit. p. 58. Op. cit.. p. 59.

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controllo dell’ambito spaziale39 ufficialmente attribuitogli40. L’azione di governo esercitata è rilevantemente influenzata dai poteri decisionali riguardanti la raccolta dei mezzi finanziari e dalla loro allocazione: si tratta fondamentalmente di problematiche di finanza accentrata e decentrata e di differenti criteri utilizzabili nell’allocazione delle risorse finanziarie. Considerando l’interazione tra un’istituzione locale e una pluralità di attori locali che diano vita ad iniziative di insediamento stabile e duraturo in un’area spaziale possiamo ipotizzare il realizzarsi di differenti scenari. L’ente istituzionale può infatti qualificarsi come sistema vitale territoriale ed i singoli attori al suo interno possono configurarsi come componenti semplici, composite o addirittura complesse; al contrario, l’organo di governo, anche se ufficialmente investito di competenza territoriale, può non disporre di particolari volontà e capacità di realizzazione e conduzione del sistema territoriale, limitando la propria attività ad una serie di pressioni in un’ottica strumentale e funzionale rispetto ad ulteriori sovrasistemi istituzionali41. Il sistema vitale territorio, inoltre, può nascere seguendo due differenti percorsi interpretativi: secondo un procedimento diretto può infatti essere percepito quale prodotto di una volontà progettuale espressa da più soggetti ma comunque preordinata alle vicende dei singoli. Diversamente, seguendo un procedimento indiretto o mediato, il concetto di territorio può essere ricondotto a quello di organizzazione sociale e formale e, analogamente a come accade per l’impresa, assurge a sistema vitale.

39

L’ambito spaziale si erge così da semplice “area spaziale” a “territorio”. Cfr. C. M. Golinelli, Op.cit. , p. 18. 41 Cfr., Op. cit., p. 19. 40

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

2.4 ANALOGIE E DIFFERENZE

Come sopra illustrato, impresa e territorio sono entrambi sistemi vitali e, data tale circostanza, presentano evidenti analogie. La nozione stessa di sistema implica il concetto di organizzazione, ossia “l’individuazione di capacità, ruoli e compiti utili allo svolgimento di una o più attività”42; in questo senso, l’approccio sistemico si affianca ad una visione strutturalista e ad una funzionalista, che presuppongono la ricerca dell’organizzazione stessa nella realtà fenomenica. Lo status di organizzazione formale e sociale rappresenta la prima fondamentale analogia tra la realtà aziendale e quella territoriale. Tale natura rappresenta un concetto oggi ampiamente condiviso ed enfatizzato poiché proprio le risorse umane, in quanto portatrici e generatrici di conoscenza, sono considerate elemento indispensabile di ogni singola realtà aziendale e, conseguentemente, questa deve essere considerata ed analizzata riservando particolare attenzione agli aspetti biologiconaturali, psicologici, culturali e sociali propri dei soggetti che vi operano. Inoltre, la natura aperta dell’impresa conferisce ulteriore importanza al proprio aspetto sociale e relazionale, che si crea a partire dall’insieme dei rapporti intrattenuti da questa con le entità dell’ambiente, siano questi soggetti umani o formazioni sociali43. La natura di organizzazione sociale del territorio è evidenziata dall’importante ruolo rivestito dal fattore spaziale nell’origine e nella sopravvivenza di fenomeni naturali e sociali; risulta intuibile come nell’ambito territoriale la dimensione spaziale assuma massima rilevan42 43

C. M. Golinelli, Op. Cit., p.21. Sul concetto di apertura del sistema vitale, v. G. M. Golinelli, Op. Cit. 2000, p. 13 sgg e 177 sgg.

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za, poiché la compresenza di più entità ed attività nella stessa unità spaziale rappresenta, da un lato, il fattore propulsivo alla base della nascita di un territorio sistema vitale e, dall’altro, la risultante dell’azione compiuta dall’organo di governo44. Molti, se non la totalità, degli ambiti di studio, sia scientifici che umanistici, confermano attraverso teorie, postulati e studi di diversa matrice la dimensione sociale e civile del territorio. In primis il territorio è alla base del concetto di stato moderno45 e, se inteso come area spaziale costitutiva di un ordinamento giuridico e identificativo di una comunità, rappresenta un fondamentale riferimento per l’applicazione del diritto; inoltre la determinazione delle unità amministrative è fortemente influenzata dall’aspetto territoriale per quanto riguarda la distinzione tra l’ordinamento statuale e quello locale, che oggi evidenzia una forte tendenza alla decentralizzazione con fenomeni di valorizzazione locale, il cosiddetto “localismo”46, che vanno a contrapporsi ad una ormai inflazionata globalizzazione, in un ambito di sempre più accentuata ipercompetizione territoriale47. Scienze umanistiche quali l’antropologia, la psicologia e la sociologia48 definiscono il territorio, come “uno degli elementi fondamentali in cui si concretizza il bisogno di appartenenza pro44

Cfr. C. M. Golinelli, Op Cit, p. 23. Lo stato moderno si afferma in Europa tra il XV e il XVII secolo. La sua formazione avviene attraverso un progressivo accentramento del potere e della territorialità dell’obbligazione politica. Infatti scompaiono le frammentazioni del sistema feudale in favore di un potere centrale, e anche la Chiesa si subordina allo stato. Avviene una concentrazione del potere su uno specifico territorio. Lo stato acquisisce poi il monopolio legittimo dell'uso della forza, che avviene tramite la burocrazia e la polizia; la forza è necessaria per mantenere l'ordine interno e difendere la comunità da attacchi esterni. Infine lo stato moderno si basa sull'impersonalità del comando politico: la legittimazione proviene da regole, da un'obbedienza non dettata dalla paura ma dal riconoscimento da parte dei soggetti della legittimità del potere esercitato. (www.wikipedia.it). 46 Cfr. R. Varaldo, Dal localismo al marketing territoriale, Sinergie, quaderno per la pubblicazione degli atti del convegno “Il marketing per lo sviluppo locale”, Luiss Guido Carli, Roma 1999. 47 Cfr. E. Valdani, F. Ancarani, Strategie di marketing del territorio – Generare valore per le imprese e i territori nell’economia della conoscenza, Egea, Milano 2000, p. 23. 48 Il riferimento è alle teorie motivazionali ed al ruolo dell’immedesimazione – appartenenza nell’ambito dei bisogni, Scala dei bisogni di Maslow (1971). 45

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

prio dell’individuo e delle collettività umane, in quanto l’appartenenza ad una comunità localizzata influisce in misura e maniera decisiva sulla formazione e sullo sviluppo della personalità umana e delle culture dei gruppi sociali”49. L’importanza della dimensione fisico – spaziale nell’ambito dei fenomeni

sociali

e

l’essenzialità

delle

dinamiche

sociali

nell’individuazione di un territorio consentono di affermare che il territorio non può che essere considerato un’organizzazione sociale: esso è il “risultato di un raccordo impresso dall’organo di governo alle soggettività attratte, attivate e/o operanti in una determinata area spaziale”50. In quanto sistema vitale, il territorio è una realtà socioeconomica organizzata che tende alla finalità della sopravvivenza attraverso il perseguimento di un’identità che le permetta di distinguersi e qualificarsi come unicum attraverso la valorizzazione delle proprie peculiarità e lo sviluppo della propria capacità di definire, perpetrare e riqualificare nel tempo una determinata vocazione. Questo obiettivo è perseguito attraverso la precedentemente citata azione di governo, che deve essere in grado di guidare in tale direzione la struttura territoriale, le sue componenti e relazioni. Impresa e territorio posseggono quindi lo status di organizzazione formale e sociale perché caratterizzati da “un’organizzazione formalizzata sul piano sociale e costituita da un insieme di iniziative, caratterizzate da una certa stabilità nel tempo e poste in essere da uno o più individui e destinate ad interessare più soggetti”51.

49

C. M. Golinelli, Op. Cit., p.24 Op. Cit., p.25. 51 Cfr G. Quaglia, Lucidi proiettati a lezione durante il Corso di Economia e Direzione delle Imprese II, a.a. 2007/2008. 50

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

La natura sistemica del territorio rappresenta la seconda importante analogia tra le due realtà in analisi: è infatti nota la caratterizzazione dell’ impresa quale sistema in quanto composta da una pluralità di aree interagenti e strettamente interconnesse tra loro. Come anticipato, anche il territorio può essere analizzato in chiave sistemica considerata la propria natura composita, la propria natura relazionale ed il proprio orientamento ad un fine. Il territorio, come precedentemente illustrato, è dato dall’unione di una serie di componenti interconnessi l’uno con l’altro, che, a seconda delle diverse realtà e condizioni socio-economiche, risultano essere più o meno prevalenti l’una sull’altra: si tratta di elementi imprescindibili quali quella spaziale , umana, infrastrutturale, istituzionale, artistico-culturale ed imprenditoriale. Oltre alla natura composita, anche quella relazionale si addice perfettamente alla realtà territoriale, poiché quest’ultima è intrinsecamente caratterizzata dall’esistenza di una stabile armonia e correlazione tra le sue componenti, realizzabile unicamente attraverso un buon rapporto dialettico supportato da una fitta rete di relazioni, scambi ed intensa collaborazione tra le componenti stesse. Privando il concetto di territorio della sua natura relazionale, potremmo definire il rimanente come un agglomerato di componenti eterogenee che portano avanti e perseguono attività ed interessi tra loro discordanti e scoordinati, o comunque privi di una coerente logica comune. In questa prospettiva, assenza di natura relazionale significherebbe anche assenza di obiettivi e scopi comuni da raggiungere nel lungo termine, fondamentali per motivare azioni di collaborazione e sviluppo dell’entità territoriale in oggetto.

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Conseguentemente, terzo elemento qualificante il territorio quale sistema vitale è proprio, come per l’impresa, l’orientamento ad un fine. Tale finalità risulta essere, anche in questo caso, quella della propria sopravvivenza, pur essendo necessario sottolineare la marcata complessità che tale definizione implica in riferimento alla realtà territoriale: mentre per l’impresa il concetto di sopravvivenza è connesso alla creazione di valore economico, finanziario e mercatistico per gli stakeholder, con riferimento al territorio tale definizione risulta essere decisamente incompleta. La sopravvivenza nel lungo periodo di un territorio in quanto sistema vitale è legata, infatti, oltre alla propria capacità di creare valore, anche alla qualità’ed alle dimensioni della rete di rapporti intersistemici che essa sarà in grado di costruire giorno dopo giorno; il territorio dovrà quindi perseguire la propria sopravvivenza, che si estrinsecherà nella ricerca di una propria vocazione, nella definizione di una propria identità, di una propria immagine che riesca ad esprimere in modo coerente il processo di valorizzazione delle risorse impiegate rispetto al proprio macrosistema. Per quanto concerne il territorio, tale sopravvivenza e tale creazione di valore subordina lo sviluppo economico del sistema vitale, conseguibile con successo solo se le imprese, i cittadini, le istituzioni ed i politici collaborano attivamente tra loro perseguendo un obiettivo comune, oggi sempre più rivolto ad un percorso di internazionalizzazione reso inevitabile

da

un’inesorabile

globalizzazione

dell’economia52.

52

E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit., p. 24.

37

dei

mercati

e


CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

Come l’impresa, anche il territorio non è isolato ma, al contrario, presenta la natura di sistema aperto53, data la sua attitudine ad “intrattenere relazioni di scambio con l’ambiente esterno”54. Entrambe le entità analizzate intrattengono fitte relazioni di scambio con l’ambiente esterno, formato da tutti quei sistemi quali altre imprese e territori, istituzioni e gruppi di individui, che di esso fanno parte. Condizione di sopravvivenza per il sistema è la capacità dello stesso di attivarsi e relazionarsi con tutti gli altri sistemi costituenti lo scenario di riferimento, cioè di aprirsi verso l’esterno ed evitare un eventuale isolamento, che porterebbe la realtà in analisi a ripiegarsi su sé stessa e sulle proprie risorse per forza di cosa limitate: le vie per la crescita e lo sviluppo risulterebbero quindi sbarrate, causando l’estinzione del sistema vitale stesso. Perciò, per entrambe le realtà, la possibilità di rapportarsi con entità esterne è connessa alla possibilità che il sistema vitale impresa ha di aprirsi a relazioni ed interazioni con l’esterno: distinguiamo quindi la possibilità di apertura dalla volontà di sfruttare tali potenzialità, palesata dall’organo di governo a seconda del diverso grado di apertura che si intende realizzare. Tale concetto si riferisce ad un atto volitivo dell’organo di governo che decide come modulare l’utilizzo e l’intensità di utilizzo della capacità di apertura insita alla struttura: la governance locale stabilisce così relazioni ed interazioni con entità esterne al fine di porre in essere comportamenti consonanti e risonanti con il contesto. Calando tali caratteristiche nell’ambito attuale, caratterizzato da notevoli dinamiche ipercompetitive, possiamo analizzare il territorio impresa 53

Come giustamente puntualizzato da James Thompson (1967), bisognerebbe definire tali sistemi “relativamente aperti” perché a fronte dei rapporti con l’esterno tali sistemi devono comunque mantenere un certo “ordine interno” al fine di raggiungere una buona stabilità, almeno nel breve periodo, ed essere in grado di difendersi dalle pressioni avverse derivanti dal macroambiente. 54 G. Quaglia, Op. Cit. p. 16.

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

non solo come un’entità a sé stante, ma all’interno di una costellazione che crea valore con l’apporto di molteplici partner; tale realtà presenta quindi l’esigenza non solo di realizzare strategie che rafforzino le vocazioni nazionali, gli assets e le conoscenze tradizionali dell’area territoriale 55, ma anche di ampliarsi e di aprirsi in una prospettiva a rete. In tal senso

il

territorio

dovrà

sviluppare

strategie

di

integrazione

dell’economia locale nel più ampio circuito dell’economia internazionale, nodo di reti globali di commercializzazione, direzionalità, finanza, competenza e cultura56. Quarta evidente analogia tra i sistemi vitali impresa e territorio è la tendenza ad espletare un’azione coerente e volta alla realizzazione di determinati obiettivi: l’insieme delle attività espletate da tali sistemi può essere paragonate a piccole mattonelle che, accostate le une alle altre in base ad una ben definita logica di fondo, formano un mosaico di vaste dimensioni. Tutto ciò che avviene all’interno di queste considerazioni sistemiche è quindi funzionale alla realizzazione di un determinato disegno strategico, di una chiara pianificazione strategica. La pianificazione strategica è “un processo mediante il quale si conciliano le risorse a disposizione con i propri obiettivi e le opportunità che emergono dal mercato e dall’ambiente”57 Con questo termine intendiamo, quindi, il modo con cui si programmano e si realizzano le politiche locali, in un’ottica non più vincolistica58 ma di promozione, di creazione di valore e di stimolo allo sviluppo ed al55

Il riferimento è al dilemma attuale “localismo-globalismo”. Cfr. E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. 57 Camera di Commercio di Pavia, P. Rizzi, A. Scacchieri, Promuovere il territorio: guida al marketing territoriale e strategie di sviluppo locale, Francoangeli, Milano 2006, p. 34. 58 Ottica vincolistica come ottica tipica dei piani di controllo della crescita degli anni 60 e 70: inizialmente, infatti, il piano regolatore generale era realizzato su scala comunale. 56

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la crescita, in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo; inoltre, la pianificazione riesce a stimolare e costituire una governance locale, ossia “un governo del territorio partecipato da tutti gli attori locali, siano questi gli enti locali di diversa scala59 o le rappresentanze delle associazioni di categoria60 e delle realtà sociali e culturali61”62. Tale governo porrà in essere una strategia63, una sorta di macro obiettivo, che, in ambito sistemico, configura l’assetto che l’organizzazione dovrebbe assumere al fine di permettere il conseguimento della finalità primaria della sopravvivenza del sistema; tale strategia trae origine dalla sintesi degli obiettivi e delle forze attivate all’interno dei subsistemi componenti il sistema di riferimento, e si completa e palesa con l’aggiunta degli stimoli esterni che quest’ultimo è in grado di cogliere e valorizzare. Concludiamo quindi che impresa e territorio sono entrambi caratterizzati dall’identificazione del proprio motore vitale con l’elemento strategico che, per essere attuato in modo coerente, necessita dello strumento della pianificazione che si occupa di definire chi, come e quando deve fare cosa per realizzare, nel lungo periodo, una determinata strategia64. La pianificazione strategica, quindi, è, senz’altro, uno dei meccanismi che consente al sistema vitale di crescere, apprendere, svilupparsi ed adattarsi e, proprio alla luce di tale osservazione, non si può configurare 59

Comuni, comunità montane, province, regioni. Imprenditoriali e sindacali. 61 Volontariato, associazionismo prosociale, organizzazioni culturali. 62 Camera di Commercio di Pavia, P. Rizzi, A. Scacchieri, Op. Cit. p. 34. 63 Il termine strategia ha un’origine militare e deriva dalla parola “strategia”, che significa “compito del generale”( Cfr. M. Robert, E. Marchello, Il valore della strategia, McGraw-Hill, Milano 1997, p. 23). 64 Cfr Op. Cit., p.30. Inoltre, si afferma che il processo di pensiero strategico può essere descritto come il tipo di pensiero che tenta di dominare il cosa, cioè l’assetto futuro dell’organizzazione, mentre i sistemi di pianificazione strategica aiutano a capire come arrivare a tale assetto futuro. Il pensiero strategico risulta quindi essere un approccio innovativo al tema della strategia, in quanto identifica i fattori essenziali che impongono la direzione dell’azienda ed è un processo utilizzato dal management per definire la direzione di marcia e per formulare la propria visione. 60

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come un elemento statico, ma come una realtà in divenire continuo, che si basa sull’esperienza maturata, e si modifica in base alle nuove esigenze imposte dai cambiamenti che intercorrono all’interno del contesto sistemico e nel suo ambiente esterno. Impresa e territorio sistemi vitali presentano quindi numerose analogie che ne consentono un’interessante comparazione: però, perché questa risulti completa ed esaustiva, è necessario tenere presente che vi sono anche alcune importanti difformità tra le due entità in analisi. Sarà quindi necessario valutare quale sia il peso delle differenze riscontrabili in modo tale da capire se questo sia tale da negare l’inquadramento e la classificazione del territorio in ottica sistemico-vitale. Innanzitutto il territorio si differenzia dall’impresa e si distingue nettamente data la sua maggiore rigidità. Il territorio deve infatti confrontarsi con una sorta di “zoccolo duro” immutabile e non facilmente modificabile, costituito dalla propria dotazione di riserve naturali e dalle proprie caratteristiche geomorfologiche65; la realtà territoriale potrà quindi adattarsi solo in una certa misura e tenuto conto di evidenti limiti alle esigenze ed ai bisogni espressi dalla domanda66. La rigidità del territorio si manifesta in modo particolare anche nella scelta dei propri obiettivi e del proprio posizionamento67 sul mercato: in tale fase infatti sarà necessaria un’attenta analisi dei vantaggi competitivi e dei punti di forza della realtà in analisi, rispetto a quelli della concorrenza. Obiettivo sarà quello di costruire e mantenere una posizione distinta sia per il territorio che per i suoi pro65

Banalmente, ci riferiamo, ad esempio, alla natura immodificabile dei territori, universalmente identificabili quali marittimi, montani, pianeggianti. 66 Camagni (1999) segmenta la domanda del territorio in tre categorie di soggetti: gli utilizzatori dei prodotti/servizi, gli stockholders e gli stakeholders.

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dotti e servizi, riuscendo a soddisfare appieno la domanda offrendo qualcosa di differente e migliore rispetto alla concorrenza68. In ambito territoriale la rigidità si palesa anche nella lentezza di reazione, quindi di risposta, agli input ed alle richieste espresse esplicitamente o implicitamente dalle differenti tipologie di domanda. La scelta degli obiettivi di crescita e sviluppo sarà fortemente condizionata dagli interessi di cui sono portatori di valore i diversi stakeholders del territorio e che, nella maggior parte dei casi, sono tra loro contrastanti: nasce da qui la necessità di un’attività di mediazione tra i sopracitati interessi, che è espletata, con un margine di discrezionalità piuttosto esiguo, dall’organo di governo del territorio. Definiamo il territorio più “rigido” dell’impresa anche in merito alle possibilità di scelta che questa realtà ha in termini di offerta: ogni entità potrà infatti scegliere solo in parte le categorie di utenti ai quali rivolgere la propria offerta in modo preferenziale e, inoltre, deve rivolgersi a tutti i segmenti di utenza che risultano, direttamente o indirettamente, connessi. Altra differenza sostanziale tra le due realtà in analisi è data dalla evidente maggiore difficoltà di identificazione del territorio rispetto all’impresa69: quest’ultima è nettamente più isotropa, più facilmente identificabile in quanto unicum, e con caratteristiche ben definite. L’impresa è un organismo circoscritto, dotato di una sede, di una serie più o meno vasta di strutture (uffici, filiali, succursali), e di un determinato numero di soggetti in esso operanti

68

Cfr G. Pellicelli, Il marketing internazionale – mercati globali e nuove strategie competitive, Etas, Milano 2003, p. 204. 69 Tale maggiore difficoltà è palesata dalla maggiore identificabilità dell’impresa in quanto concettualmente inquadrata anche dal Codice Civile agli artt 2555 (azienda), 2082, 2083 e 2135 (imprenditore, piccolo imprenditore, imprenditore agricolo).

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Al contrario, il territorio è una realtà dai contorni più sfumati e più difficilmente definibile esaustivamente perché non coincide con il concetto di estensione spaziale, sebbene questa ne costituisca una componente irrinunciabile, e non è neppure identificabile con un’istituzione o un ente locale, dato che potrebbero esservi casi in cui questi vengono amministrati da soggetti che non riescono a produrre una sufficiente pressione attrattiva, né una significativa azione di indirizzo sulle realtà presenti ed operanti nell’area ufficialmente posta sotto la loro influenza. Inoltre, è necessario sottolineare anche che, nella maggior parte dei casi, aumentando la dimensione del territorio diminuisce la “facilità di identificazione” ed il grado di isotropia dello stesso: ciò avviene date le caratteristiche geo-morfologiche, culturali e sociali che mutano facilmente e risultano essere molto variegate anche nell’ambito di entità non molto estese. Le difficoltà di inquadramento potranno essere superate solo attraverso una apposita valutazione, che dovrà essere effettuata caso per caso proprio date le caratteristiche così peculiari di ogni entità, della sussistenza o meno di un’entità territoriale sistemico-vitale. In base all’analisi teorica sino a qui effettuata possiamo concludere che i punti comuni riscontrati tra impresa e territorio sono tali da giustificare un’estensione analogica a quest’ultimo della natura di sistema vitale: le difformità rilevate non allontanano, infatti, in nessun modo, l’entità territoriale dal genus dei sistemi vitali, in quanto non evidenziano alcun aspetto in contrasto con le caratteristiche tipiche dei sistemi appartenenti alla categoria. In definitiva, il territorio viene ad essere identificato quale ente dotato di caratteristiche analoghe ad un diverso ente sociale, cioè l’impresa: tale

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risultato promuove e conferma la scelta di interpretare le organizzazioni territoriali sulla scorta dei fondamenti teorici dell’approccio sistemico vitale. 2.5 EVOLUZIONE DELLE TEORIE TERRITORIALI: L’APPROCCIO SISTEMICO VITALE.

Abbandonata la precedente prospettiva ontologica, per analizzare l’evoluzione delle teorie territoriali, dobbiamo spostare l’attenzione su quella epistemologica, cioè sulle varie e molteplici interpretazioni formulate dagli studiosi con riguardo ai due enti comparati, cioè l’impresa e, soprattutto, il territorio. E’ importante analizzare le teorie più rappresentative concernenti il territorio, che sono state sviluppate nel corso degli anni grazie al contributo di studiosi riconducibili a discipline tra loro diverse e distinte, perché grazie a tale impostazione d’analisi possiamo verificare che la maggioranza degli assunti teorici specifici elaborati sul concetto di territorio sono collocabili senza difficoltà alcuna all’interno del quadro teorico sistemico-vitale. Ricorrendo all’approccio sistemico vitale non solo risulta più comprensibile la creazione, la progettazione e la conduzione del territorio, ma diviene possibile una reinterpretazione delle diverse ed anteriori proposte di inquadramento del concetto territoriale all’interno di una sorta di “percorso scientifico” coerente ed unitario: tale percorso consentirà, infine, di confermare la completezza e la validità della concezione sistemico-vitale.

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A seconda della matrice di studio relativa alla nascita di ciascuna teoria antecedente l’approccio sistemico vitale, classifichiamo le teorie territoriali in geo-naturali ed economiche-sociali e geo-economiche. Le teorie geo-naturali ed economiche-sociali identificano come nucleo centrale ed assunto fondamentale il concetto di paesaggismo, o Landscape Approach, nel quale prevale una concezione di territorio che si basa sull’inventario, con pretese di oggettività ed esaustività, e sulla caratterizzazione delle componenti costitutive: si pone, quindi, l’attenzione sulle singole risorse genericamente intese, sulle quali l’uomo agisce con l’obiettivo di finalizzarle ai propri obiettivi. In base ad essa, il territorio è inquadrato come superficie dotata di confini obiettivamente delineabili e di una certa quantità di risorse che la caratterizzano a livello visivo ed estetico. Il territorio è quindi considerato, in tale prospettiva, come un paesaggio70 naturale, la cui visione d’insieme risulta, però, meno importante rispetto ai singoli elementi che la costituiscono. Dato l’evidente limite riscontrato in un’analisi basata fondamentalmente sulle singole componenti naturali, si è manifestata l’esigenza di pervenire ad una visione ecosistemica del territorio, nella quale assume un ruolo centrale l’analisi delle interazioni tra le varie componenti delle entità territoriali. In questa prospettiva si riscontra una diramazione in due categorie interpretative. La prima, denominata Landscape Architecture,propone una concezione integrata dell’uomo nell’ambiente naturale ed è fautrice di una progettazione territoriale orientata verso valori paesaggistici congeniali 70

Ingegnoli, Fondamenti di ecologia del paesaggio, Città Studi, Milano 1993 , definisce il “paesaggio” o ecosistema paesistico come un sistema di ecosistemi ecologici diversi, ovvero come la manifestazione di un livello, superiore all’ecosistema, dell’organizzazione della vita.

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alle inclinazioni ed alle vicende storiche umane, seppur rispettose della componente naturale, che assume rilevanza sin dall’avvio dell’attività pianificatoria71. Questo approccio propone, quindi, una progettazione territoriale ispirata a valori paesaggistici che siano, seppur nel rispetto della componente naturale, il più possibile vicini e corrispondenti alle esigenze ed ai bisogni espressi dalla componente umana; si tratta di una visione dell’ambiente prevalentemente estetica, in cui le componenti sono essenzialmente raccontate dal soggetto osservatore, caratterizzata da un rapporto dualistico, definibile anche come antagonistico, tra uomo e territorio, che va a risolversi, quasi nella totalità dei casi, a favore del primo. Tale antagonismo va dissolvendosi e assumendo connotati più positivi, come integrazione e collaborazione, con l’emergere, in teorie successivamente elaborate, della natura sistemica del territorio. Seguendo questo percorso concettuale si perviene all’evoluzione della pianificazione territoriale verso una vera e propria co-progettazione tra uomo e natura, nell’ambito della quale l’uomo rileva attentamente tutti i sub-sistemi ambientali, con l’obiettivo di cogliere e valorizzare ogni potenzialità delle risorse di cui il territorio risulta essere dotato. Si svilupperebbero, quindi, le cosiddette vocazioni territoriali, anche se tale assunto risulta presentare alcuni limiti evidenti, soprattutto alla luce dei tumultuosi cambiamenti socio-economici oggi apprezzabili sullo scenario mondiale: innanzitutto risulta essere poco credibile la concezione di vocazione territoriale come concetto statico e prevalentemente immutabile, e, in secondo luogo, non risulta comprensibile come, in presenza di

71

Cfr C. M. Golinelli, Op. Cit.

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vocazioni predeterminate, si possano innescare fenomeni di mutamento e trasformazione alla base di sviluppo e innovazione. Dal superamento dei limiti sopra indicati si perviene alla Landscape Ecology che amplifica l’interpretazione sistemica del territorio e della pianificazione ecologica: questa teoria, pur risultando ancora incentrata sulla dimensione naturalistica presenta un forte elemento di novità, di rottura con la precedente visione, poiché configura l’ecosistema naturale come sistema vivente72. Questa impostazione rappresenta l’approdo alla concezione ecosistemica dello spazio, nell’ambito della quale vengono esaltati i dinamismi ambientali e, conseguentemente, l’equilibrio dinamico tra le componenti naturali ed antropiche. La Landscape Ecology, incentrata sulla dimensione naturalistica, caratterizza l’ecosistema naturale come un sistema vivente, cioè autopoietico e in grado di autoregolarsi in modo rigenerativo ma non chiarisce come le suddette proprietà influiscano sulla pianificazione territoriale svolta dall’uomo. Inoltre, in questa ottica, le nozioni di superficie spaziale e di confine perdono di significato, in quanto rappresentano un limite evidente alla comprensione dei meccanismi evolutivi che caratterizzano il sistema territoriale quale sistema aperto e basato sulla continua interazione con il proprio ambiente di riferimento. Negli anni sono stati compiuti ulteriori studi in ambito geoeconomico riguardanti il territorio, attraverso i quali si è superata definitivamente la focalizzazione sull’ecosistema naturale per approdare ad una visione integrata dell’ecosistema complessivo. In tale ambito l’applicazione dell’approccio sistemico per la comprensione e la rappresentazione delle realtà territoriali porta alla formulazione delle teorie re72

Per la definizione di sistema vivente si veda il paragrafo 2.2, p. 18.

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lative alla regionalizzazione73, dove per regione geografica si intende “una qualsiasi forma di agglomerazione sociale, corredata di attività economiche ed interagente con l’ecosistema naturale74”. Andando oltre la nozione generica di regione, l’individuazione e la definizione di un territorio può rispondere a criteri diversi di progettazione territoriale, che risentono della matrice concettuale e culturale assunta. Possiamo quindi osservare una pluralità di proposte progettuali tra le quali le più significative sono quelle di regione naturale, amministrativa, omogenea, funzionale ed infine sistemica. La regione naturale risulta caratterizzata da un’impostazione sistemica di fondo, ma circoscritta alle sole componenti fisico-naturali e coincide, in buona misura, con la visione proposta precedentemente dal landscape approach, nella quale il paesaggio è assimilato al concetto di ecosistema naturale. La regione amministrativa o istituzionale risulta invece essere priva di una metodologia identificativa specifica, in quanto la sua unica peculiarità è quella di essere identificabile e delineata da un ordinamento giuridico, dai vincoli e dalle regole da esso consolidate. Si può affermare che la regione amministrativa sia una “non regione”, dato che, più che di una effettiva alternativa di progettazione territoriale, si tratta di una mera costruzione formale. Sempre più strettamente collegati all’evoluzione dell’approccio sistemico sono le definizioni di regione omogenea, funzionale e sistemica. La prima identifica una realtà territoriale orientata alla propria sopravvivenza e perpetuazione, ma dotata di un’organizzazione partico73

Cfr G. Spinelli, L. Scarpelli, Ambiente, economia, ecosistemi. Dai limiti dello sviluppo alla sostenibilità, Kappa, Roma 1994, p. 75 sg. 74 C. M. Golinelli, Op. Cit., p. 38.

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larmente stabile poiché caratterizzata da interrelazioni salde e persistenti ed interazioni relativamente poco frequenti ed intense tra le parti che la compongono. Tale concettualizzazione è stata proposta in corrispondenza della teoria della polarizzazione75, che, applicata agli studi riguardanti la regione omogenea, assume le fattezze della dicotomia esistente tra centro urbano e mondo rurale e nella quale prevale sempre la seconda: risulta chiaro che, dato il fondamento funzionale-strutturalista, tale concezione poteva essere considerata valida solo in un periodo storico che, alle soglie del ventunesimo secolo, risulta essere decisamente superato. La regione funzionale può essere considerata il frutto dello sviluppo industriale e dei processi di crescita degli agglomerati urbani in quanto priva della regolarità e staticità della regione omogenea; in questa concezione i processi di polarizzazione interessano i vari centri urbani e la dinamica sistemica risulta accentuata per frequenza, intensità e rapidità delle interazioni. Questa regione segna così il passaggio dalla struttura reticolare bipolare76, ad una pluripolare, con aree gravitazionali spesso sovrapposte tra di loro e mutevoli nel tempo77. Si giunge, al termine del percorso evolutivo geo-economico, a definire la regione sistemica quale raggiungimento della consapevolezza della necessità di un approccio innovativo nei percorsi di sviluppo economico in ambito locale. Per la prima volta, infatti, sono recepiti i principi della Teoria Generale dei Sistemi, che evidenzia l’importanza della realizzazione di una “sintesi dell’ecosistema naturale con quello socio-

75

La teoria della polarizzazione vede la contrapposizione, ed insieme la specializzazione, tra zone e, quindi, comunità, sistemi di valori ed attività economiche. 76 Tipica della regione omogenea. 77 Cfr C.M. Golinelli, Op. Cit., p.38 sg.

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economico attraverso una visione incentrata non più sulle interdipendenze, bensì sui processi”78, giungendo al concetto di ecosostenibilità79. Sulla base delle costruzioni teoriche fino a qui illustrate, si osserva come il ricorso all’approccio sistemico vitale, ai fini della qualificazione del territorio, risulti essere l’ideale prosecuzione ed il compimento di un percorso precedentemente avviato da altre teorie e concettualizzazioni: in tal senso tale concetto consente, infatti, di includere in un unico costrutto teorico tutte le differenti costruzioni metodologiche precedenti, che possono così essere considerate come stadi progressivi di un processo evolutivo della concezione di territorio, il cui punto di arrivo è l’approccio sistemico vitale. Attraverso tale visione sistemico-vitale possiamo evincere con maggiore chiarezza le differenze riscontrabili tra le varie scuole di pensiero, individuando una sorta di trait d’union che le lega in un cammino evolutivo decisamente virtuoso. Partendo da una visione concentrata sull’analisi e la valorizzazione delle singole componenti della dotazione territoriale, si è andati verso una visione complessiva, o sistemica, del territorio dove risulta essere preminente il profilo dell’integrazione tra le varie entità costituenti lo stesso.

78

C.M Golinelli, Op. Cit., p.43. Cfr. Vallega, Ricerca regionale sistemica: il problema delle interfacce fra teoria e metodologia, in A.A. V.V, Atti delle Giornate, vol.I, Pescara 1984. Inoltre, il concetto di ecosostenibilità può essere assimilato a quello di sviluppo sostenibile. Quest’ultimo viene formulato nell’ambito del “Rapporto Bruntland”, redatto dall’Unep nel 1987. In tale scritto, esso viene identificato come lo sviluppo capace di “assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni.. Esso indica dunque un processo nel quale l’uso delle risorse, la direzione degli investimenti, la traiettoria del progresso tecnologico ed i cambiamenti istituzionali concorrono tutti ad accrescere le possibilità di rispondere ai bisogni dell’umanità; non solo per l’oggi, ma anche per il futuro”. 79

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Inoltre, è importante sottolineare il passaggio compiuto da una pretesa oggettività nella definizione dell’entità territoriale, che portava all’utilizzo dei concetti di superficie spaziale e di confine (oggi ampiamente superati), ad una visione basata sulla soggettività, sul ruolo fondamentale degli attori coinvolti nella sua osservazione: va da sé la maggiore evanescenza del concetto e la maggiore difficoltà di identificazione dei territori, anche se maggiormente rispondente ai reali rapporti esistenti ed alle circostanze effettivamente presenti. L’attenzione si è quindi spostata dall’aspetto esclusivamente naturalistico ad uno “integrato”, in quanto caratterizzato dalla convivenza dell’elemento naturale con quello antropico. Come precedentemente indicato, la caratteristica peculiare di tale approccio innovativo è la capacità di raccogliere, all’interno della propria architettura teorica, ciascuno dei risultati e degli assunti a cui i percorsi evolutivi delle diverse discipline sono giunti. Si tratta, fondamentalmente, di evidenziare la maggiore attenzione posta alle relazione ed alle interazioni tra le componenti e di introdurre una concezione del territorio come risultante sia delle attività umane, che delle risorse naturali dalle quali la realtà territoriale è interessata. Inoltre risulta cruciale l’assunzione del punto di vista di un particolare soggetto decisore, cioè l’organo

di

governo, per quanto

concerne l’identificazione e

l’organizzazione del sistema territoriale80. Conseguentemente deduciamo che “un sistema, come tale, non esiste nella realtà. Esso è frutto di un’operazione cognitiva che un osservatore compie distinguendo una determinata entità da uno sfondo indistinto e attribuendo a tale entità un si80

Il passaggio da una concezione oggettiva del territorio ad una soggettiva, legata alla prospettiva dell’osservatore, risulta particolarmente importante in una prospettiva di inquadramento sistemico del territorio.

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gnificato proprio”81, e che “i sistemi non sono, ma si osservano e ciò presuppone che sia specificato anche l’osservatore. Di fronte alla stessa struttura, osservatori diversi possono osservare sistemi diversi e lo stesso sistema può essere descritto in forme alquanto differenti”82. Oltre a rappresentare un valido “contenitore” dei risultati dei differenti processi storico-evolutivi, l’approccio sistemico-vitale deve essere considerato quale concezione di rottura in quanto sottende numerosi meriti specifici rispetto a tutte le altre teorie sistemiche del territorio. In primo luogo, tale approccio consente una lettura più articolata della cosiddetta vocazione territoriale che non è più vista quale proprietà fissa ed immutabile, che prescinde dall’azione umana e da cambiamenti strutturali, ma che definisce le cosiddette vocazioni come il “prodotto del condizionamento esercitato dalla dotazione strutturale, in particolare quella naturale, sui percorsi sistemici di sopravvivenza definiti dall’organo di governo, per cui le risorse naturali sono certamente un elemento caratterizzante decisivo, ma non per questo inducono al paradosso di ritenere la dinamica sistemica inesistente o univoca”83. In secondo luogo, anche la suggestiva concezione di co-progettazione uomo-natura84 può essere interpretata in chiave sistemico-vitale come attività di governo del territorio conseguente al concorso di fattori naturali ed umani, in cui la rilevanza dei primi è trascurata nel processo di individuazione dell’organo di governo manageriale d’impresa.85 Ciò non to-

81

G. Golinelli, Op. Cit., p. 75. sg. P. Mella, Dai sistemi al pensiero sistemico. Per capire i sistemi e pensare con i sistemi”, Franco Angeli, Milano 1997, p. 27 sg. 83 C. M. Golinelli, Op. Cit., p. 56. 84 Adotta questa linea di pensiero anche McHargh, nella sua opera Design with Nature, Natural History Press, New York, 1971. 85 Cfr C. M Golinelli, Op. Cit. p.56 sg, G. Golinelli, 2000, Op. Cit. p. 61 sg, Frey M., Il management ambientale. Evoluzione organizzativa e gestionale del rapporto impresa ambiente, Franco Angeli, Mi82

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glie, però, che l’obiettivo principale dell’attività di governo dell’impresa resti comunque la ricezione sia delle esigenze umane che di quelle naturali provenienti dalla realtà in analisi. Terzo merito specifico che distingue l’approccio sistemico vitale dalle altre teorie è quello di attribuire al territorio la qualifica di sistema vitale, e non solo vivente: mentre l’ecosistema naturale è configurabile come ecosistema vivente, il sistema territoriale risultante dall’azione della governance attraverso processi di pianificazione regionale86, è un sistema artificiale posto in essere dall’attività umana e, come tale, ha bisogno di una costante e continua conduzione da parte di un’entità regolatrice87. Il principale scarto rilevato tra le concezioni fisico-naturalista e socioeconomica e l’approccio sistemico-vitale consiste proprio nel fatto che, mentre nelle prime la componente naturalistica e quella antropico-sociale interagiscono in modo dialettico, preordinando la pianificazione territoriale all’individuazione di un adeguato contemperamento delle esigenze contrapposte di conservazione ambientale e sviluppo socio-economico88, il secondo supera tale dissidio tra dinamiche sociali e naturali proponendo l’idea di ecosostenibilità.

lano 1995, p. 217 sgg, F. Bertolini e G. Trailo, Green management. L’ecologia come vantaggio competitivo per l’impresa, Egea, Milano 1996, p. 5 sg. 86 Come precedentemente indicato a proposito del concetto di regionalizzazione, con l’attributo regionale indichiamo non una determinata scala spaziale intermedia tra lo Stato nazionale e gli ordinamenti locali, bensì a qualsiasi fenomeno di natura territoriale. In quest’ambito i termini regionale e territoriale sono quindi sinonimi. 87 Cfr Op. cit., p.57. 88 Tale impostazione risulta comprensibile se inquadrata nel proprio periodo storico, gli anni Settanta, in cui sorgono le formulazioni ecosistemiche allargate a seguito delle prime catastrofi ambientali, degli shock petroliferi, dei timori di una crisi energetica planetaria, delle prime rivendicazioni del “diritto allo sviluppo” da parte dei Paesi del Terzo e Quarto Mondo, che favoriscono il formarsi di una consapevolezza in termini critici e conflittuali delle interazioni tra il sistema naturale mondiale e le attività umane.

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Tale idea risulterà come essenziale modalità di pianificazione territoriale, in quanto il possibile degrado ambientale minaccia la sopravvivenza del territorio stesso, esaurendo le potenzialità insite nella struttura ampliata ed in quella logica89. In conclusione, il ricorso all’approccio sistemico vitale risulta configurarsi come particolarmente idoneo all’analisi ed alla comprensione delle dinamiche territoriali grazie alla sua capacità sia di evincere l’intrecciarsi di profili naturali, umani, sociali, culturali ed economici attraverso l’attenzione alla configurazione strutturale del territorio, sia di cogliere il forte legame intercorrente tra esigenze localizzative dei singoli ed esigenze collettive e generali90. In questa prospettiva, i numerosi allarmi emersi oggi su scala mondiale a proposito di una sostenibilità ecologica delle attività umane, trovano concrete e fattive risposte sotto forma di schemi di governo del territorio capaci di legare la tutela ambientale allo sviluppo economico e sociale. 2.6 L’OFFERTA TERRITORIALE 2.6.1 VERSO UN’IPERCOMPETIZIONE TERRITORIALE L’attuale contesto economico ha portato ad una crescente dipendenza della competitività delle imprese dalla più generale competitività dei sistemi, sociali e territoriali, nei quali esse sono inserite. Mentre per quan89

Oggi concetti quali “qualità della vita”, “ecosostenibilità” e “sviluppo sostenibile” possono ritenersi sostanzialmente equivalenti e, anzi, la qualità della vita può considerarsi un sottoinsieme logico della nozione di sviluppo sostenibile, la quale è comprensiva di aspetti tanto ecologici quanto antropicosociali. 90 Le preoccupazioni contenute negli studi degli anni hanno trovato purtroppo conferma nel recente System Dynamics Group Massachussets Institute of Technology (1992) e, ancora più recentemente, dalle conferenze di Rio e di Kyoto, le quali si sono tuttavia risolte in accordi di basso profilo tra le autorità nazionali partecipanti.

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

to concerne le imprese, le politiche competitive sono sempre maggiormente interconnesse e dipendenti dalle risorse specifiche dei territori nei quali sono insediate e dalla qualità sistemica dell’ambiente all’interno del quale l’impresa è localizzata, le realtà territoriali sono state protagoniste di un notevole incremento di concorrenzialità, che ha imposto l’adozione di logiche e strumenti competitivi. Da qui “imprese e territori coevolvono nella ricerca di vantaggi competitivi, essendo gli uni reciprocamente risorse critiche per la competitività degli altri ”91: fonte di tale vantaggio competitivo di imprese, sistemi economici, sociali e territoriali si manifesta oggi, in modo piuttosto consolidato, nella capacità, sia individuale che organizzativa, di accesso, utilizzo e sviluppo di conoscenza. In quest’ottica si evidenzia sempre più il passaggio all’era della conoscenza, dall’importanza del possesso dei beni al possesso ed allo sviluppo di capacità di apprendimento: conseguentemente, si è assistito ad una sempre crescente disponibilità e ad una notevole capacità di accesso alla conoscenza ed all’informazione, possibile grazie al progressivo annullamento delle distanze e il conseguente avvicinamento delle regioni geografiche di tutto il mondo92. Le reti globali di comunicazione incrementano l’indipendenza delle scelte tra territori da condizioni storiche o politiche, consentendo un accurato focus sulle migliori condizioni offerte da un territorio in un dato momento: è proprio tale annullamento ad intensificare i processi competitivi tra territori, con l’obiettivo di ottenere le migliori risorse disponibili. L’incremento di concorrenzialità tra territori che si sta delineando dipende dalla capacità, di ciascuna area, di attrarre, all’interno del proprio

91 92

E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. p 24. Definiamo tale fenomeno geo-economico come compressione spazio-temporale.

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

ambito territoriale, insediamenti produttivi, imprese di servizi, visitatori d’affari, turisti e tutto ciò che può contribuire allo sviluppo dello stesso. La competizione economica si è, quindi, tramutata in globale, proprio in seguito ai mutamenti considerevoli e congiunti avvenuti nell’ambito dei servizi, delle comunicazioni e dei sistemi informativi, che facilitano la crescente mobilità di beni, servizi, tecnologie, capitali e persone attraverso i diversi sistemi territoriali: nell’ambito del paradigma economico che va delineandosi oggi, le imprese si spostano con grande disinvoltura e facilità da un’area ad un’altra per svolgere interi o parziali processi produttivi, ricercando costi inferiori e risorse più qualificate, perseguendo la realizzazione di varie tipologie di economie esterne93. Le cause che spingono verso una sempre più spiccata competitività territoriale possono essere suddivise in esterne ed interne. Le cause esterne sono principalmente individuabili nel fenomeno della

globalizzazione,

della

terziarizzazione

dell’economia,

nell’integrazione economica e monetaria e nella fondamentale interconnessione delle reti di comunicazione, mentre quelle interne vedono protagonisti i cambiamenti avvenuti nella logica gestionale del territorio: si tratta del cosiddetto “New Public Management, sviluppatosi negli anni novanta e basato sull’applicazione dei principi e delle tecniche manageriali alle pubbliche amministrazioni e alla gestione di tutto ciò che a esso fa capo, tra cui il territorio”94.

93

Empiricamente, tale sviluppo è dimostrato dall’emergere di nuove figure professionali all’interno della realtà aziendale, i site location manager, cioè utilizzatori di sofisticati sistemi per la scelta della localizzazione industriale, e dalla nascita di riviste specializzate settoriali quali, ad esempio, la rivista americana “Site Selection”. 94 E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. p. 25.

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

L’interazione dei fenomeni sopraccitati ha intensificato i processi competitivi tra i differenti territori ad un livello tale per cui risulta appropriato definire tale dinamica con il termine di ipercompetizione95. E’ inoltre importante sottolineare che il fenomeno competitivo non rappresenta una problematica europea o macro-regionale, ma un confronto in atto su scala ormai globale che porta e porterà conseguenze sicuramente rilevanti. Saranno infatti messe in discussione le tradizionali gerarchie geografiche96 e la concorrenza si realizzerà non più tra regioni simili, ma bensì tra regioni aventi la stessa aspirazione. L’aspirazione di un territorio è la visione dello stesso condivisa dalla collettività che, pur mutando nel tempo, esprime costantemente il progetto al quale il sistema territoriale aspira per perseguire l’obiettivo dello sviluppo e del benessere dei suoi cittadini: tale aspirazione può essere espressa dal modello della regione complementare, cioè quel territorio che ha inventariato le sue risorse e le sue competenze ponendole a disposizione di altre regioni e imprese, o della regione focalizzata su specifici distretti, solitamente dediti ad un particolare settore quale quello del tessile, della ceramica, dell’agroalimentare o del turismo97. Possiamo affermare con decisione che il territorio italiano, ed anche quello piemontese, aspirano entrambi a realizzare una piena focalizza-

95

Cfr. E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. p. 24 sg. Si tratta dell’elenco dei paesi riportati nel lavoro di Adam Smith, La ricchezza delle nazioni, che, rimasto immutato fino a qualche anno fa, è stato attualmente modificato in modo rilevante, data la capacità di territori più “deboli“ di accedere alla conoscenza e concorrere con aree ad altro reddito, puntando sull’accesso al network della conoscenza. 97 L’economia italiana è fortemente caratterizzata dalla presenza, oltre che di numerose Pmi, anche di moltissimi distretti industriali: ricordiamo quello di Montebelluna, dedito alla produzione di calzature. Il Piemonte vanta un buon numero di distretti industriali: quello dei casalinghi di Verbano – Cusio – Ossola, il celeberrimo distretto orafo di Valenza, il distretto del vino di Santo Stefano Belbo, il distretto del metallo di Pianezza – Pinerolo, il distretto tessile di Oleggio – Varallo Pombia, quello agroalimentare di La Morra, il distretto della rubinetteria di Cusio – Valsesia, il distretto tessile di Chieri e Cocconato ed il noto distretto laniero di Biella. 96

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zione su specifici distretti, come intuibile dalla rappresentazione che segue.

Figura 2.1 I distretti industriali in Italia Fonte: http://www.clubdistretti.it/Distretti/Mappe-dei-distretti.htm

Nel contesto globalizzato ed ipercompetitivo descritto finora, ogni regione desidera emergere ed imporsi, con l’obiettivo ultimo di migliorare la propria posizione competitiva e divenire leader della propria area

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territoriale: a tal fine possiamo elencare alcuni imperativi che devono essere perseguiti con tenacia e determinazione da ogni sistema territoriale che intenda implementare un simile percorso evolutivo di sviluppo. La prima di tali condizioni essenziali è lo sviluppo delle risorse umane, individuabile nell’innalzamento del livello di scolarizzazione medio, del livello di qualità dei processi di apprendimento attraverso il potenziamento di una formazione permanente e, in misura molto rilevante, il crescente accesso alla conoscenza; la seconda è rappresentata dalla promozione della cultura del consenso e del teamwork, che implica lo sviluppo di una stretta collaborazione per il perseguimento di un obiettivo comune, e la terza dall’orientamento all’internazionalizzazione, percorso di evoluzione al quale ormai nessuna regione può sottrarsi. Quarto imperativo rappresenta la creazione di un clima fertile per l’innovazione, negando le convenzioni per migliorarsi costantemente e radicalmente, mentre il quinto rappresenta lo sviluppo di distretti industriali e di regioni digitali, che richiede un’attenzione strategica nel processo di identificazione delle meta-capacità e della conoscenza catalizzanti il distretto stesso. Sesta condizione è lo sviluppo della competitività internazionale e la riduzione della vulnerabilità competitiva, mentre la settima consiste in una rivitalizzazione costante del progetto economico, del proprio progetto di politica industriale, sviluppando costantemente nuove capacità e conoscenze per progredire verso la knowledge economy. Continuando ad utilizzare l’utile paragone impresa-territorio possiamo osservare che, sempre in un’ottica di continuo sviluppo, come un’impresa vede convergere verso di sé l’insieme degli interessi dei suoi stakeholder rilevanti, anche il territorio si trova a sviluppare processi di scambio con mercati e clienti cui deve offrire beni e servizi attraenti, o

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meglio, verso i quali deve rendersi sempre più attrattivo, dato l’attuale contesto di ipercompetizione che impone la costruzione, la difesa e l’accrescimento di vantaggi competitivi territoriali. L’analisi dei bisogni degli stakeholder e dei clienti-mercati è quindi volta a costruire, mantenere e rafforzare rapporti di scambio vantaggiosi con gli stakeholder e con i pubblici esterni di riferimento, con lo scopo ultimo di aumentare il valore del territorio e delle imprese e l’attrattività degli stessi, attivando un circolo virtuoso soddisfazione-attrattivitàvalore.98 L’oggetto della sopraccitata relazione di scambio sarà, quindi, non riconducibile al semplice prodotto, ma al concetto di “prodotto territoriale allargato99”: da tale osservazione si può procedere con la definizione e l’analisi dell’offerta territoriale. 2.6.2 LE COMPONENTI DELL’OFFERTA TERRITORIALE Il territorio è quindi definibile come “prodotto territoriale allargato” in quanto ogni località può essere analizzata secondo due prospettive: la prima considera tale entità ben definita nella sua globalità, formata da infrastrutture, attività, atmosfere e tutto ciò di simbolico che essa può rappresentare, mentre la seconda identifica la realtà territoriale attraverso le sue specificità, ossia l’insieme dei servizi offerti. Si può metaforicamente affermare che l’offerta di una località sia formata da una componente hard, rappresentata da tutte le sue infrastrutture ed attività, e da una componente soft, cioè l’immagine, l’accesso all’informazione, i servizi offerti all’imprenditorialità ed il know-how: l’hard ed il soft possono es98 99

Cfr Op. Cit. p. 35 sg. Tale concetto è anche stato definito, in letteratura, come “offerta di inquadramento”.

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sere quindi riunite nel concetto di prodotto territoriale allargato, dove la componente soft rappresenta la “fonte principale di differenziazione dell’offerta e dell’ottenimento di vantaggi competitivi territoriali”100. In una prospettiva globale e di ipercompetizione101, i prodotti delle differenti entità territoriali non possono nascere tutti da un modello standard ideale, ma, al contrario, ogni singola offerta deve cercare di valorizzare al meglio le specificità locali, partendo dal porre in evidenza l’attuale centralità delle risorse immateriali. In realtà, tale orientamento è stato adottato solo recentemente, data la logica tipicamente tecnocratica prevalente negli anni passati: si trattava di una logica product based basata sulla creazione e sul potenziamento di una buona dotazione infrastrutturale, con la quale il confronto competitivo tra territori tendeva ad incentrarsi su incentivi tipicamente fiscali, che spesso offrivano vantaggi solo di breve periodo. Oggi, invece, le competenze e le capacità interne sono riconosciute come le fonti più ricche del vantaggio competitivo, in quanto ogni area territoriale può trovare nella propria dotazione storica, unica ed inimitabile, le risorse e le specificità locali per superare una logica product based ed approdare ad una resource and knowledge based: in tale prospettiva tutte le risorse collegate al territorio verrebbero a costituire la vera fonte del vantaggio competitivo in quanto scarsamente imitabili ed altamente differenzianti, frutto di un’entità altamente isotropa, ed immediatamente utilizzabili, a differenza della dotazione tecnocratica. Nella nuova competizione della knowledge economy, pertanto, fiducia e conoscenza rappresentano le armi competitive cui un territorio

100

E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. p. 36. Cfr. D’Aveni R., Hypercompetition, The Free Press, New York 1994, trad. it: Ipercompetizione, Il Sole 24 Ore, Milano 1995. 101

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può far ricorso per emergere in termini di “prodotto allargato”, accentuando le proprie specificità. Ogni sistema territoriale dovrà quindi individuare i propri punti di forza, in modo da valorizzarli, riuscendo ad attrarre domanda dall’esterno e soddisfare quella interna, adattandosi al contesto socioeconomico del momento e in continua evoluzione. Il territorio, quale sistema vitale, data la presenza di mercati “demand-lead”102 pone in essere una continua analisi ed un continuo monitoraggio della domanda, oggi completamente globalizzata. Proprio in quanto risposta ad una determinata domanda, l’offerta deve essere continuamente modificata ed il ruolo del territorio deve essere continuamente riprogettato sulla base delle modifiche intervenute nell’ambito della domanda: nasce così una concezione dinamica della realtà territoriale, che vede sei fondamentali risorse su cui la governance può far leva, i cosiddetti fattori competitivi. Questi sono le caratteristiche geo-morfologiche, la dotazione infrastrutturale, l’amministrazione e i servizi pubblici, il tessuto produttivo locale, il patrimonio artistico e culturale e le componenti intangibili. Le caratteristiche geo-morfologiche del territorio rappresentano l’insieme delle risorse naturali e paesaggistiche di cui l’area territoriale è dotata e sono peculiarità rigide e spesso non modificabili, definibili come “zoccolo duro”del territorio stesso. Proprio a causa di questa rigidità tali caratteristiche geo-morfologiche possono rappresentare un vincolo allo sviluppo, ed è compito della governance riuscire a tramutare queste particolarità in opportunità da valorizzare per realizzare un’immagine ben definita e di unicum del sistema territoriale. 102

Si tratta di mercati nei quali è fondamentale la customer satisfaction, nei quali le esigenze dei clienti determinano la produzione di determinati beni e l’abbandono di determinate altre linee.

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La dotazione infrastrutturale è una componente fondamentale del territorio, in quanto più risulta elevato e qualificante il livello di servizi, più un territorio è competitivo. Per dotazione di infrastrutture si intende l’insieme delle offerte a livello di patrimonio immobiliare, rete logistica, telecomunicazioni ed infrastrutture minori culturali, socio-economiche e di utilities che, per loro natura, necessitano di ingenti finanziamenti per essere realizzate e mantenute. A tale proposito l’Italia si è dotata di uno strumento di finanziamento di progetti ad elevata intensità di capitali che inverte completamente lo schema classico: si tratta della tecnica di Project Financing103. Con questo strumento i creditori accettano di finanziare un progetto sulla base dello standing creditizio delle imprese promotrici dell’iniziativa, valutando solo in via residuale la qualità del progetto stesso; con questa tecnica alternativa, oggetto di indagine risultano essere in via preliminare la fattibilità e la redditività del progetto, in quanto i creditori accettano che le fonti per il rimborso dei debiti siano principalmente i flussi monetari generati dall’investimento stesso e che la garanzia sia rappresentata dagli asset che ne fanno parte.104 Con il Project Financig è quindi possibile ottenere buoni risultati in quanto coniuga l’interesse privato di realizzazione di un profitto, con quello pubblico di utilità sociale. Risulta fondamentale anche il ruolo dell’Amministrazione e dei Servizi Pubblici, che in questi ultimi anni si è decisamente modificata attraverso un deciso decentramento dei poteri, una focalizzazione sui servizi pubblici locali ed una politica di incentivi allo sviluppo.

103

Il project financing è stato introdotto con l’art. 37 bis 37 nonies della L 109. Cfr. M. Dellocchio, Finanza d’azienda. Analisi e valutazioni per le decisioni d’impresa, Egea, Milano 1995, p. 398. 104

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Attraverso la Legge 142/90105 si è raggiunto il decentramento funzionale dei poteri, mentre nel 2001 è avvenuta la modifica del Titolo V della Costituzione attraverso la Legge costituzionale 3/2001: con questi interventi l’impostazione di suddivisione dei poteri è stata completamente ribaltata in quanto oggi tutte le competenze sono demandate alle singole regioni, fatta eccezione per alcuni ambiti quali la Politica estera, la Difesa, l’Economia, la Giustizia e l’Istruzione. La maggiore attenzione oggi riservata ai servizi pubblici locali è oggi fondamentale in quanto le attività ed i servizi posti in essere dalla Pubblica Amministrazione soddisfano bisogni primari della collettività come quelli reali (viabilità, trasporti, rifiuti…) e quelli personali (istruzione, sanità, cultura…). La rispondenza dei servizi offerti ai bisogni della collettività qualifica, quindi, lo stato sociale ed il sistema territorio stesso. Sono inoltre stati introdotti elementi volti all’incentivazione dello sviluppo dei sistemi territoriali, quali aiuti economici a fondo perduto o prestiti a tasso agevolato. L’amministrazione ed i servizi pubblici attraverso queste tre caratterizzazioni perseguono quindi un deciso sviluppo ed una proficua valorizzazione del territorio. Il tessuto produttivo locale rappresenta un elemento fondamentale per la competitività e l’internazionalizzazione di un territorio in quanto l’attività produttiva del sistema territoriale contribuisce ad incrementare il valore, in primo luogo, attraverso la creazione di posti di lavoro e la fornitura di beni e servizi. Attraverso l’offerta di posti di lavoro, di diversa natura ed entità, le generali condizioni di vita dei residenti miglio-

105

La legge 142/90 contiene XVI Capi e 65 articoli e deve essere analizzata unitamente alle modifiche apportate dal DL del 24/09/1996 N 495 ed alla L del 15/05/1997 N 127.

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rano notevolmente e si attraggono nuovi residenti all’interno dello stesso territorio, alimentando un consistente ciclo virtuoso. Oltre ai due elementi sopracitati, l’attività produttiva contribuisce a creare valore attraverso altre tre fondamentali esternalità positive cioè incentivi all’insediamento, creazione e miglioramento dell’immagine ed attrazione degli investimenti. In quest’ottica la mission dell’organo di governo è, quindi, quella di attrarre nuovi investimenti, di mantenere le imprese già presenti sul territorio e di facilitare l’eliminazione di diseconomie, giungendo ad un miglioramento della condizione del territorio: tale risultato porta ad un evidente incremento della vivacità dell’attività produttiva e ad un conseguente incremento di valore, obiettivi fondamentali che sono raggiunti utilizzando alcuni fondamentali strumenti come le Aree Sistema ed i Distretti Industriali. Le aree sistema sono sistemi vitali incompiuti, cioè imprese che collaborano tra loro senza essere coordinate da un organo di governo preposto a tale funzione106, mentre i Distretti Industriali risultano essere entità socio-territoriali finalizzate107. Nell’ambito dell’economia italiana, ed in particolare di quella piemontese108, i distretti industriali rappresentano un elemento fondamentale per lo sviluppo del territorio e possono essere definiti come “un’entità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un’area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali”109; in riferimento ad una analisi geo-economica volta ad evidenziare le peculia106

Ad esempio si tratta di aree industriali costituite da un insieme di soggetti legati alla produttività di quell’area. 107 Cfr. G. Quaglia, Lucidi proiettati al corso di “Economia e Direzione delle Imprese II”, a.a.2007/2008. 108 Si veda a questo proposito 2.6.1 e la figura 2.1 p. 51. 109 G. Becattini, Modelli locali di sviluppo, Il Mulino, Bologna, p. 112

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rità

dei

sistemi

territoriali

piemontese

e, in

secondo

luogo,

dell’Euroregione Alpi del Mare, possiamo anche definire il distretto come “un esempio di sviluppo spontaneo per eccellenza, realizzatosi cioè al di fuori delle traiettorie di industrializzazione fatte proprio dalle politiche economiche, e basato sull’intelligente valorizzazione di nicchie di mercato interstiziali rispetto alla domanda di beni di consumo di massa soddisfatta dalle grandi imprese verticalmente integrate. Se si guarda infatti alla tipologia merceologica nella quale i distretti sono specializzati – che è poi la medesima per la quale l’Italia gode di vantaggi competitivi sui mercati dell’export – ci si può rendere conto di come essa riguardi in gran parte beni molto particolari. In primo luogo i beni di consumo durevoli per la persona: prodotti tessili e dell’abbigliamento facenti parte del cosiddetto “sistema moda”, calzature di qualità, articoli in cuoio e pelle di qualche pregio, occhialeria di design, gioielli e articoli da regalo, e così via…Il secondo gruppo merceologico è costituito dai prodotti per la casa (mobili, elettrodomestici, lampade, piastrelle di ceramica, vasche e lavandini, e tutti i macchinari ad essi associati, come, per esempio, le macchine per la lavorazione del legno e il taglio del marmo”110. Possiamo, in conclusione, individuare una realtà distrettuale in quanto caratterizzata da un limitato ambito geografico, dalla presenza di un insieme di imprese di piccole e medie dimensioni specializzate nelle differenti fasi di uno stesso processo produttivo, da una rete stabile di relazioni commerciali esterne, dalla fornitura di materie prime alla vendita di prodotti finiti, da una cultura locale ben definita (cioè valori e conoscenze condivisi e incorporati in una popolazione culturalmente omogenea) e

110

L. Zanfrini, Lo sviluppo condiviso. Un progetto per le società locali, Vita e Pensiero, Milano, p. 46

sg.

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da una rete di istituzioni locali favorevoli all’interazione, competitiva e cooperativa, sia fra imprese diverse, che tra imprese e lavoratori. Il distretto industriale è quindi un sistema vitale, un agglomerato di realtà economiche che si “autoproduce” nel tempo e che genera economie di scala, esternalità positive derivanti sia dal sistema di produzione111 che dalla struttura sociale locale, cioè la comunità ivi localizzata col suo insieme di conoscenze e competenze professionali, la sua cultura ed i suoi valori. Si pone quindi l’accento sul concetto di coesione sociale, di diffusione locale della conoscenza, del favorevole clima sociale e del collegato aspetto relativo al milieu112, che rappresenta il complesso di valori, conoscenze, comportamenti ed istituzioni che si afferma nell’ambito del distretto, come la tradizione artigiana, i canali di informazione, il clima cooperativo ed allo stesso tempo competitivo delle imprese113, fondamentale per perseguire un obiettivo di unificazione. Il patrimonio artistico e culturale rappresenta una componente fondamentale per l’offerta territoriale di una regione: rappresenta, infatti, l’insieme di beni che, per particolare rilievo storico, culturale ed estetico sono di interesse pubblico e costituiscono la ricchezza di un luogo e della relativa popolazione. Riguarda la storia, la tradizione e la cultura di un territorio e si compone dei musei, dei beni culturali, dei parchi culturali, dell’artigianato artistico e delle mostre e manifestazioni che rendono attrattivo il territorio, facendo del patrimonio artistico-culturale un impor111

Caratterizzato dalla concentrazione di imprese simili per attività e dimensione. Ci si riferisce al concetto di milieu innovateur, ovvero di ambiente innovativo. Ciciotti, in Competitività e territorio: l’economia regionale nei paesi industrializzati, Nis, Roma p. 196-7, definisce il milieu innovateur come quell’insieme di relazioni che all’interno di uno spazio geografico unificano un sistema di produzione, diversi attori, una cultura industriale e un comune sistema di rappresentazioni, generando appunto un processo di apprendimento collettivo ed una riduzione del livello di incertezza dinamica dei processi innovativi. 113 Cfr. G. Quaglia, Op. Cit. 112

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tante fattore competitivo capace di creare attrattività interna ed esterna. In tal senso è importante l’implementazione di processi di valorizzazione interni, volti cioè alla formazione di professionisti di alto livello della conservazione e della valorizzazione del patrimonio, ed esterni, volti cioè all’ottimizzazione dei sistemi di informazione e comunicazione per l’attrazione di flussi turistici, oggi importantissimi. Attraverso adeguate politiche di valorizzazione del patrimonio artistico-culturale è possibile instaurare un circuito virtuoso dello sviluppo culturale: da tali politiche deriva, infatti, un miglioramento evidente dell’offerta culturale ed artistica dell’area che porta ad uno sviluppo della produzione artistica e dell’imprenditorialità culturale, che rappresentano la chiave per ottenere la soddisfazione dei residenti e un buon incremento del numero dei turisti (che a loro volta portano ad un miglioramento dell’offerta culturale ed allo sviluppo della produzione artistica…)114. Altro elemento fondamentale è rappresentato dalle componenti intangibili che rappresentano fattori estremamente specifici dell’area e favoriscono la valorizzazione delle risorse materiali del territorio attraverso le quali si realizza la valorizzazione del territorio. Tali “intangibles assets” sono la vocazione e l’identità del territorio115, il complesso di valori civili e sociali delle comunità (ad esempio la cucina, la tradizione…), il livello di coesione sociale, la professionalità e le competenze delle risorse umane, la distribuzione della ricchezza e la vivacità degli scambi. Dopo aver analizzato le componenti dell’offerta territoriale è importante calarle completamente nel contesto di ipercompetizione e globalizzazione attuale, che spinge ad una sempre maggiore differenziazione del capitale sociale di un territorio. Sulla base del modello di Levitt (1980) e 114 115

Cfr. G. Quaglia, Op. Cit. Il cosiddetto esprit du lieu.

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della definizione di prodotto territoriale allargato116, possiamo definire l’offerta territoriale in quanto composta da più livelli (Figura 2.2), in ragione delle diverse opzioni di differenziazione attivabili117. L’acquisizione di un vantaggio competitivo duraturo e difendibile, realizzabile attraverso la differenziazione dell’offerta territoriale, dipende in modo crescente dagli elementi riportati nell’anello esterno della Figura 2.2, dato che il solo potenziamento delle infrastrutture fisiche, oggi, non è più sufficiente, in quanto la mera erogazione di servizi immediatamente strumentali allo sviluppo di attività economico imprenditoriali risulta essere alquanto riduttiva118.

116

Già precedentemente affrontato, 2.6.2, p.54. Cfr. E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. p. 61. 118 In tal senso l’anello esterno dei livelli di offerta territoriale contiene componenti non solo tangibili, ma anche caratterizzate da processi produttivi, di accumulazione e diffusione sul territorio che coinvolgono molteplici attori, economici ed istituzionali, e diversi processi di interazione. 117

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Competenze tecnologiche, operative e manageriali diffuse Servizi reali e finanziari Infrastrutture fisiche Servizi per la produzione di conoscenza e relazioni

Figura 2.2 I livelli di offerta di un territorio Fonte:E. Valdani, F. Ancarani, Strategie di marketing del territorio – Generare valore per le imprese e i territori nell’economia della conoscenza, Egea, Milano 2000.

E’ importante osservare la differenziazione dell’offerta assicurata alle imprese dalla disponibilità di competenze diffuse, e quindi acquisibili mediante localizzazione nel territorio, e dall’esistenza di un clima orientato ad agevolare lo svolgimento delle attività imprenditoriali e quello delle relazioni fra imprese e fra imprese ed istituzioni. Risulta quindi evidente la superiorità delle componenti immateriali dell’offerta territoriale ai fini della differenziazione e che, nell’ambito della prospettiva resource-based del vantaggio competitivo, sono riconducibili all’oggettiva difficoltà della loro generazione119, sia sotto il pro-

119

Cfr. B. Busacca, G. Bertoli, M. Costabile, La difesa delle risorse di fiducia, working paper n. 53, Osservatorio di Marketing, Milano, Sda Bocconi, 1999.

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filo del tempo che del costo necessari, in quanto competenze e relazioni (il capitale sociale) sedimentano nel tempo e non sono riproducibili da parte di territori concorrenti. Altre fondamentali componenti immateriali sono l’insieme degli ostacoli che i territori concorrenti incontrano nel replicare i comportamenti, attraverso i quali, un determinato contesto è riuscito a sviluppare il suo particolare patrimonio di relazioni e competenze diffuse e il carattere fortemente idiosincratico, che rende questi intangible assets difficilmente utilizzabili fuori dal contesto in cui sono state generati120. Il potenziale di differenziazione del capitale sociale è quindi enfatizzato “sia dal carattere di difficile imitabilità delle risorse immateriali da parte dei territori concorrenti, sia dal valore che esso può conferire alla capacità relazionale delle singole imprese e, quindi, al potenziale di successo delle loro strategie di sviluppo”121. In questa ottica, individuiamo il capitale sociale come una risorsa per l’azione delle imprese e degli individui impegnati in attività di sviluppo economico122, una base per l’attivazione di relazioni, a partire da quelle esistenti in un dato contesto territoriale.

2.7 LA DOMANDA TERRITORIALE La precedentemente analizzata ipercompetizione123 proietta l’azione dei territori in un’ottica imprenditoriale, data la decentralizzazione del potere politico e amministrativo, le politiche socio-economiche a livello 120

Cfr. G. Becattini, E. Rullani, Sistema locale e mercato globale, in “Economia e Politica Industriale”, 1993, n. 80, p. 25-48 121 E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. p. 63. 122 Cfr. A. Bagnasco, Tracce di comunità, Bologna, Il Mulino, 1999. 123 Ossia la crescente competitività con altri territori, la competitività esterna.

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locale e la necessità del territorio di definire i propri fattori competitivi124. Tale competizione tra territori ha radicalmente modificato i livelli di manifestazione della competenza territoriale, che è andata aumentando e rafforzando sempre più la competitività delle imprese locali, contemporaneamente ad un aumento dell’attrazione di risorse ed investimenti dall’esterno. L’aumento delle competenze territoriali e l’attrazione di nuove risorse stimola lo sforzo continuo ad attrarre nuove risorse all’interno del territorio, in un’ottica proattiva di sviluppo continuo, che ha condotto alla nascita dell’ Europa delle Regioni. La competitività e l’attrattività esterna sono funzione anche della capacità di generare soddisfazione all’interno, per il raggiungimento della quale si rende necessaria una definizione ed una classificazione dell’insieme dei soggetti che si rapportano al territorio in analisi. La domanda territoriale è “l’insieme delle esigenze e dei bisogni espressi da una serie di soggetti , che risultano in vario modo collegati o collegabili ad un certo territorio”125 e, nell’elaborazione di un’analisi completa, richiede la definizione di questi soggetti e degli interessi di cui risultano essere portatori.

2.7.1 I SOGGETTI

Possiamo individuare differenti suddivisioni in relazione ai soggetti che influenzano la domanda territoriale, elaborate da differenti studiosi in ambiti particolari. 124 125

Cfr. E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. p. 45. Cfr. G. Quaglia, Op. Cit.

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Camagni individua, riferendosi ad una domanda territoriale urbana, ad una realtà prevalentemente cittadina, tre principali categorie di soggetti: i fruitori di prodotti e servizi, suddividibili in residenziali, pubblici e localizzativi, i proprietari terrieri, di immobili e di infrastrutture, e gli stakeholder. Ancarani, invece, nell’ambito della propria analisi, distingue coloro che sono i portatori, nei confronti del territorio, di interessi rilevanti, e che possono essere definiti stakeholder, da coloro i quali sono definibili clienti/mercati, da coloro che si occupano dell’amministrazione del territorio, cioè i policy maker. Ogni territorio assume rilevanza e valore in funzione della sua capacità di soddisfare gli interessi, economici e non, dei propri stakeholder rilevanti: tale incremento di soddisfazione non è, quindi, solo riferibile ad una dimensione strettamente economica, ma, più generalmente, di tipo socioculturale. Ad una prima analisi possiamo suddividere la vasta categoria degli stakeholder in due grandi gruppi: i residenti (lavoratori e non), e le imprese insediate sul territorio. Al pari di quello degli stakeholder, anche l’aggregato dei clienti/mercati risulta essere molto vasto ma ulteriormente suddividibile secondo la differente attrattività del territorio: esso è infatti in grado di fare convergere clienti/pubblici esterni sempre più adatti quanto più risulta essere attrattivo, cioè in grado di soddisfare le specifiche esigenze dei differenti pubblici, raggruppabili in tre categorie. Esistono, in primis, i fruitori di beni e servizi offerti dalle differenti entità territoriali individuabili in soggetti quali turisti, visitatori d’affari, congressuali, o a scopo di shopping. La seconda categoria è quella rappresentata dagli investitori, che fanno confluire capitali e risorse verso quelle aree territoriali in

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grado di attrarle maggiormente, garantendone una maggiore valorizzazione.126 Ultima categoria è quella formata dai potenziali nuovi residenti e dalle nuove imprese che possono decidere di insediarsi sul territorio: questi soggetti possono apportare al territorio, a condizione che questo presenti una sua attrattività, nuove capacità lavorative, nuove competenze, nuova imprenditorialità e nuovi posti di lavoro. Tutti quei soggetti che entrano in relazione con il territorio rappresentano, invece, l’amministrazione territoriale, cioè i policy maker, che sono identificabili come i soggetti che pianificano e gestiscono il territorio per conto degli stakehoder rilevanti, svolgendo un ruolo manageriale critico in un’ottica di New Public Management. 2.7.2 IL CIRCOLO VIRTUOSO SODDISFAZIONE – ATTRATTIVITÀ – VALORE.

Per meglio comprendere i meccanismi ed il circolo virtuoso che, nell’ambito della realtà territoriale, porta alla creazione di valore e ad un incremento di competitività per lo stesso, è necessario analizzare, distintamente, le caratteristiche della domanda interna e di quella esterna. L’analisi della domanda interna si snoda fondamentalmente nell’osservazione di imprese, locali ed attratte, e persone fisiche legate al territorio. In ottica territoriale l’obiettivo, nei confronti delle imprese locali, è quello di mantenerle sul territorio evitando fenomeni di rilocalizzazione ed impoverimento, mentre, nei confronti di quelle attratte, è quello di svilupparle: in entrambe i casi si rende necessaria la realizzazione di economie esterne e la creazione di vantaggi di tipo localizzativo offerti 126

Cfr. E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. p. 46-7.

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dal territorio come, ad esempio, buone infrastrutture quali ferrovie, imprese complementari e buona manodopera. Una volta raggiunti i precedenti obiettivi sarà fondamentale mantenere ed incrementare il vantaggio acquisito attraverso un’audit ambientale continuo, che sarà utile per individuare quali potrebbero essere gli eventuali fattori di ri-orientamento della domanda localizzata ed evitare tale fenomeno. Le imprese, infatti, potrebbero essere tentate dalla rilocalizzazione a causa dell’insorgere di difficoltà nei rapporti con la comunità locale, a causa di un improvviso peggioramento dei vantaggi fiscali, di una rilocalizzazione della manodopera in località a basso costo del lavoro causata dall’acquisizione di imprese all’estero e, infine, a causa di una diminuzione delle vendite sul mercato locale. Per quanto riguarda le persone fisiche, la domanda territoriale interna riguarda principalmente residenti e commuters. I primi richiedono alla propria realtà territoriale un buon livello di qualità della vita, la possibilità di un’occupazione dignitosa ed un crescente valore degli immobili, per poter vivere all’interno di una comunità territoriale che dia attenzione alla sicurezza ed all’ambiente, e permetta lo sviluppo di un clima culturale di un certo livello. I commuters, cioè i lavoratori residenti ed i pendolari, richiedono, data la loro particolare posizione, un buona qualità dei servizi logistici ed una buona occupazione lavorativa127. La domanda esterna si compone, invece, di tre tipologie di componenti: si tratta di soggetti (solitamente imprese) in cerca di prima collocazione nello spazio, di turisti e di soggetti (solitamente imprese) in cerca di nuova collocazione nello spazio.

127

Cfr. G. Quaglia, Op. Cit.

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L’attrattività di un territorio, nel clima attuale di ipercompetizione, è più che fondamentale per la sopravvivenza dello stesso: per tale motivazione risulta fondamentale analizzare quelli che risultano i fattori che spingono l’insediamento, all’interno di un sistema territoriale, di nuove imprese. In tale ottica è molto importante che la regione disponga di una buona qualità128 della forza lavoro, di una buona qualità del sistema scolastico e di una generale soddisfacente qualità della vita; sono inoltre fondamentali le agevolazioni di tipo fiscale, il costo competitivo delle infrastrutture (che rappresenta un importante elemento di attrazione/repulsione), la vicinanza a nodi di comunicazione chiave (ad esempio, il Corridoio 5) e l’esistenza di promotori locali per incrementare il business. I fattori che spingono le persone fisiche ad insediarsi stabilmente in un dato territorio sono una buona dotazione infrastrutturale, cioè ospedali, reti stradali e ferrovie, ecc.., un elevato livello della qualità della vita, riferibile a sicurezza, cultura, ambiente e manifestazioni, e buone prospettive occupazionali. I visitors sono invece attratti da una buona qualità del business locale e dal patrimonio storico-monumetale, da una buona logistica e da un soddisfacente livello di servizi alberghieri e ristorativi. Per il territorio sarà quindi fondamentale riuscire a realizzare un buon equilibrio tra le sue componenti interna ed esterna, giungendo a definire il territorio come una “costellazione di interessi”. La componente interna presenta una maggiore staticità rispetto a quella esterna (un minore flusso di movimenti in entrata ed in uscita), un elevato grado di controllabilità e costi elevati, soprattutto nel caso in cui vi sia eccesso di offerta rispetto alla domanda. 128

Correlata ad una buona qualità della formazione.

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

Tra le due, la componente esterna risulta essere prevalente quando dall’attrazione di componenti esterni scaturisce una netta accelerazione dei processi di crescita e, perciò, vi si destina una maggiore quantità di risorse: tale accelerazione sarà legata ad un incremento delle conoscenze e dall’aumento dell’attrattività del territorio di riferimento che porteranno allo sviluppo territoriale. E’ proprio la capacità di fare sistema che determina il potenziale di sviluppo di un territorio, la sua “forza competitiva”: esso dovrà sviluppare un’ottica ed una serie di obiettivi condivisi, nell’ambito dei quali ogni elemento svolge il proprio ruolo, ed è collegato agli altri da una fitta rete di relazioni ed interdipendenze. La relazione che unisce il territorio alla propria domanda esterna è identificabile con l’attrazione, in quanto le politiche poste in essere dal territorio nei confronti di tali pubblici sono volte a richiamare all’interno dello stesso i possibili movimenti di clienti, come imprese, investitori o turisti. Diversamente, la relazione che unisce il territorio alla propria domanda interna è identificabile con la soddisfazione, in quanto le politiche poste in essere hanno l’obiettivo di generare ed incrementare la soddisfazione dei residenti nel territorio, cioè cittadini ed imprese, e degli attori coinvolti nel processo di pianificazione strategica territoriale, cioè Camere di Commercio, Unione Industriale ed altri. Esiste una evidente circolarità tra soddisfazione dei clienti interni e attrattività del territorio nei confronti dei clienti esterni, che dovrebbe tradursi in un continuo incremento di valore del territorio stesso, come evidenziato nella Figura 2.3.

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

VALORE DEL TERRITORIO

ATTRATTIVITA’ TERRITORIO

SODDISFAZIONE CITTADINI /IMPRESE

Figura 2.3 Il circolo virtuoso soddisfazione – attrattività – valore. Fonte:E. Valdani, F. Ancarani, Strategie di marketing del territorio – Generare valore per le imprese e i territori nell’economia della conoscenza, Egea, Milano 2000.

Osservando la figura risulta evidente che quanto più un territorio è attrattivo, tanto più interessa le differenti categorie di pubblici di riferimento, aumentando così la soddisfazione degli stakeholder e assumendo maggiore valore nei loro confronti; tale incremento dovrebbe indurre i sopraccitati portatori di interessi ad affrontare sforzi ed investimenti per aumentare ulteriormente l’attrattività, ed alimentando, in questo modo, una continua circolarità del rapporto soddisfazione – attrattività – valore. Osservando tale rappresentazione possiamo anche osservare come potrebbe rientrarvi anche il ruolo dei policy maker in quanto, pur non ricevendo benefici derivanti dalla soddisfazione di interessi specifici, essi

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

“dovrebbero essere comunque orientati alla generazione di soddisfazione e all’incremento dell’attrattività del territorio, in virtù del mandato a essa conferito”129.

2.8 LA COMUNICAZIONE TERRITORIALE

Negli anni passati la comunicazione territoriale ha rappresentato la principale componente, ed in alcuni casi l’unica, dei programmi di marketing territoriale per tutti i livelli geografici, la cui attività fondamentale ha sempre coinciso con la realizzazione di campagne pubblicitarie e promozionali riguardanti le dotazioni naturali ed artistiche presenti sul territorio e le capacità di accoglienza di ogni realtà locale. Osservando il fenomeno da un punto di vista piuttosto critico, tale comunicazione promuoveva l’immagine del place, dell’unità geografica di riferimento, spesso senza averne adeguatamente analizzato, conosciuto e compreso le reali esigenze dei target di mercato130 sia all’interno, che all’esterno del territorio. Nel tentativo di affermare la propria immagine e le proprie specificità, i territori hanno in realtà, molto spesso, dato luogo a comunicazioni decisamente omogenee, a causa dell’estrema sistematicità con cui sono stati utilizzati gli strumenti di comunicazione e le relative “advertising ideas”, che mostravano una fortissima similarità per quanto concerneva contenuti e forme dei messaggi131.

129

E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. p. 48. R. F. Martone, La città in ascolto. Una nuova visione del city marketing, in Economia e Management, n. 6, Franco Angeli, Milano 1998, pp. 13-23. 131 J. R. Gold, S. V. Ward, Place promotion: the use of publicity and marketing to sell towns and regions, John Wiley, Chichester 1994. 130

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

Nell’intento di realizzare una corretta ed efficace politica di comunicazione per la promozione e lo sviluppo del proprio sistema territoriale, è fondamentale evidenziare che i numerosi processi evolutivi, esterni ed interni ad esso, hanno fatto sì che il territorio divenisse un sistema sempre più aperto, in cui l’elevata interdipendenza e complessità dei fenomeni descritti richiede un maggiore coordinamento dei flussi di comunicazione informativi e persuasivi, tesi a migliorare l’integrazione tra area geografica ed ambiente di riferimento, instaurando un rapporto di circolarità e di influenza reciproca132. Questi fenomeni portano ad un’estensione del numero e della tipologia di interlocutori verso i quali indirizzare tali flussi di comunicazione multiformi e variegati: così, il territorio non rappresenta più un soggetto interagente con alcuni specifici target, quali i clienti, o con gli attori del processo competitivo, ma con un numero via via crescente e sempre più diversificato di interlocutori133. Tale dimensione generale sottolinea l’insufficienza per i territori di “saper essere” o di “saper fare”, ed accresce la necessità “ di fare conoscere le effettive capacità e di far apprezzare le proprie competenze distintive” rispetto alle altre offerte territoriali, sviluppando un alto livello di credibilità nei propri confronti. “Oggi il territorio deve comunicare per rendere visibile verso l’esterno e condivisibile al proprio interno ciò che è, ciò che sa fare, le sue qualità, il suo valore”134 e, in tale ottica, la comunicazione deve essere in grado di accrescere la trasparenza135. A tal fine l’unità territoriale dovrà effettuare alcune attente analisi finalizzate a comprendere quali siano le competenze distintive per la realizzazione di 132

Cfr. S. Vicari, L’impresa vivente, Etas, Milano 1991. Cfr. F. Ancarani, Il marketing territoriale: un nuovo approccio per la valorizzazione delle aree economico-sociali, in Economia e diritto del terziario, n. 1, 1999, pp. 79-99. 134 E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. p. 156. 135 E. Corvi, R. Fiocca, Comunicazione e valore nelle relazioni d’impresa, Egea, Milano 1996. 133

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

una strategia di posizionamento che, a monte, dovrà essere coordinata allo sviluppo dell’entità stessa. In un’ottica di comunicazione, il territorio comunica, fondamentalmente, per ottenere credibilità strategica e reddituale136, fiducia137, legittimazione (cioè realizzare una sempre migliore rispondenza alle attese degli interlocutori), ma anche per essere efficace nel soddisfare i bisogni differenziati degli interlocutori di riferimento, efficiente nell’essere maggiormente corrispondente alle aspettative di chi controlla o fornisce risorse, e per suscitare adesione emozionale, intesa come apprezzamento emotivo138. Nell’intento di perseguire tali obiettivi la comunicazione dovrà essere condotta su due differenti livelli: il primo livello dovrà essere indirizzato verso una comunicazione di tipo istituzionale, finalizzato allo sviluppo di un’area image e di una percezione complessivamente positiva del luogo e dei prodotti offerti al suo interno, mentre il secondo dovrà focalizzarsi su determinate funzioni d’uso del territorio, rivolgendosi a particolari target/mercati e cercando di creare l’esatta percezione di specifici elementi dell’offerta territoriale. Il coordinamento di tali livelli della comunicazione territoriale determina forti sinergie che, altrimenti, potrebbero disorientare la domanda ed indebolire il posizionamento strategico. Inoltre, perseguendo i sopraccitati obiettivi, il territorio migliora anche la propria immagine che, per essere buona, deve essere basata su serietà, affidabilità, credibilità e fiducia, che si esternano attraverso un atteggiamento di disponibilità verso gli interlocutori. La creazione di un’immagine positiva è cruciale per il successo e lo sviluppo di un si136

Cfr. L. Guatri, La teoria di creazione del valore, Egea, Milano 1991. Cfr. S. Vicari, Op. cit. 138 Cfr. E. Corvi, R. Fiocca, Op. Cit. 137

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CAP. 2 – LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

stema territoriale perché l’immagine che si possiede di una determinata area influenza significativamente le decisioni ad essa relative, sia che si tratti di clienti e residenti finali o potenziali, sia di investitori, di operatori finanziari, di amministratori locali, di dipendenti o di lavoratori.139 Possiamo quindi concludere che l’immagine rappresenta uno dei principali fattori di formazione delle preferenze in quanto concorre a determinare la stabilità delle relazioni con la clientela, originando un flusso di comunicazioni interpersonali positive sul territorio stesso, e rafforzandone così il posizionamento competitivo in quanto, mentre nel breve periodo l’immagine ha un carattere soprattutto strumentale, nel lungo termine essa si configura quale vera e propria risorsa strategica.

139

Cfr. E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. p. 158.

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

CAPITOLO 3

STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO 3.1 IL RUOLO DELL’ORGANO DI GOVERNO DI UN TERRITORIO 3.2 LA POLITICA DI SVILUPPO LOCALE COME STRATEGIA PER LA COMPETITIVITÀ ATTUATA DALL’ORGANO DI GOVERNO

3.3 IL PIANO TERRITORIALE DI SVILUPPO REGIONALE (PTR) 3.4 IL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE (PTC) 3.5 IL PIANO STRATEGICO COMUNALE

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

3.1 IL RUOLO DELL’ORGANO DI GOVERNO DI UN TERRITORIO Nell’ambito di un approccio sistemico vitale il ruolo dell’organo di governo è fondamentalmente quello di preservare l’integrità e l’unitarietà del sistema stesso, condizioni perseguibili solo qualora tale organo sia in grado di selezionare ed inserire nella struttura le componenti a più alta criticità, e di porsi come obiettivo, in un momento successivo, la coesione, l’integrazione ed il coordinamento delle componenti stesse.140 In definitiva, l’azione dell’organo di governo sul territorio viene a palesarsi nella capacità di imprimere alla dinamica del sistema una direzione unitaria, in una logica di compattezza ed aggregazione atta a garantire una maggiore probabilità di sopravvivenza al sistema ed alle singole parti, ed un indirizzo univoco, frutto di una visione complessiva che è funzione di specifici obiettivi e suscettibile di variazioni e correzioni141. Mentre nell’impresa tali funzioni sono chiaramente individuabili in capo ad un unico organo di governo preposto, nel territorio il riconoscimento e l’individuazione di tale organo risulta non essere altrettanto semplice ed immediata; la notevole molteplicità degli interessi, delle visioni e delle istanze del pubblico concorre spesso ad ostacolare i processi di coesione necessari all’emergere del sistema vitale e solo la presenza di un adeguato organo di governo, dotato di leadership ed autorità, consente di perpetrare una specifica vocazione del territorio univoca e distintiva e

140

Cfr. C. M. Golinelli, Op. Cit,. p. 147 sg. La visione può intendersi come la capacità dell’organo di governo di prefigurare la propria impresa nello scenario futuro, cfr. G. Hamel, A. Heene, Competence-based Competition, Wiley, Chichester 1994. 141

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

di ridurre le spinte centrifughe delle componenti sistemiche presenti nella struttura operativa, attenuando il rischio di crisi142. In ambito territoriale il potere decisionale e di indirizzo dell’organo di governo è caratterizzato da una notevole ampiezza, necessaria al perseguimento della sopravvivenza territoriale, date le soggettività estremamente variegate presenti al suo interno. Tuttavia la profondità del potere risulta essere relativamente meno marcata, in quanto solo applicabile ad una parte delle componenti della struttura del territorio. L’organo di governo territoriale si caratterizza, quindi, per un “potere di indirizzo relativamente molto ampio, ma poco profondo, in quanto si propaga alla struttura passando attraverso una molteplicità di attriti ed ostacoli di natura informativa, organizzativa e comunicazionale”143. La valorizzazione del territorio scaturisce da un processo di mappatura delle componenti, di dotazione e sistemiche, che è effettuato dall’organo di governo al fine di coordinare il processo di sviluppo locale e di valutare il patrimonio di capacità alle quali può potenzialmente attingere per la realizzazione del sistema territoriale: attraverso tale processo l’organo di governo può valutare le potenzialità complessive del territorio e progettare una struttura ampliata rispetto alla quale promuovere una serie di iniziative coordinate. Come per l’impresa, possiamo individuare un “sovrasistema prioritario” per il sistema vitale territoriale definibile come un sottoinsieme logico di entità, rispetto al quale valga il duplice requisito dell’esposizione prioritaria al rischio e del potere di controllo: tali entità sono 142

Cfr.G. M. Golinelli, M. Gatti, A. Siano, “Approccio sistemico e teoria delle risorse: verso un momento di sintesi per l’interpretazione della dinamica dell’impresa”, in G. M. Golinelli, “L’approccio sistemico al governo dell’impresa. Valorizzazione delle capacità, rapporti intersistemici e rischio nell’azione di governo”, Cedam, Padova 2002. 143 C.M. Golinelli, Op. Cit., p. 150.

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

l’ordinamento giuridico di appartenenza, attraverso le sue istituzioni rappresentative, ed i pubblici di riferimento, quali ad esempio i cittadini, gli elettori, le imprese ed il sistema politico, capaci di condizionare le scelte evolutive del sistema territoriale. Nei sistemi territoriali, infatti, esiste un sottoinsieme di organi istituzionali dello Stato e dei pubblici di riferimento che, per loro natura e capacità, condizionano effettivamente le linee evolutive ed i percorsi di sopravvivenza, incidendo significativamente sulla definizione della vocazione territoriale: il sovrasistema prioritario

riferibile

al

territorio

è

rappresentato

da

quelle

entità

dell’ordinamento giuridico e dei pubblici di riferimento che esercitano il massimo condizionamento sulla proiezione spaziale del territorio. Il processo di governo del sistema vitale è sempre caratterizzato da una dimensione relazionale144, poiché l’organo di governo definisce la propria azione contestualizzando la propria visione rispetto alle dinamiche ambientali, alla dotazione strutturale esistente ed alla finalità della sopravvivenza del sistema. Conseguentemente, nella relazionalità della decisione di governo devono trovare sintesi e soddisfazione le diverse correnti di domanda, attraverso varie modalità caratterizzate da un notevole livello di indeterminatezza cognitiva145, data l’estrema ampiezza ed eterogeneità dei pubblici di riferimento e delle soggettività coinvolte nella dinamica sistemica. A fronte della pluralità di interessi da considerare, l’organo di governo può assumere una configurazione più o meno composita ed articolata, per cui il processo decisionale di indirizzo diviene “la risultante dell’interazione tra una serie di obiettivi ed un insieme di vincoli, interni 144

Cfr. R. M. Cyert, J. G. March, Teoria del comportamento dell’impresa, Franco Angeli, Milano 1967. 145 Sul concetto di indeterminatezza cognitiva nell’ambito degli studi sulla complessità cfr. G.M. Golinelli, Op. Cit, cap.4.

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

ed esterni, finalizzata alla soddisfazione di una funzione di utilità, anch’essa composita, nella quale confluiscono le funzioni obiettivo, non sempre consonanti, delle componenti della struttura operativa e dei sovrasistemi rilevanti”146. Perseguendo l’obiettivo della riduzione del livello di rischio, possiamo individuare due modelli basilari di pianificazione territoriale: si tratta dei modelli di governo autoritari e di quelli negoziati o partecipati. I primi prevedono un organo di governo strutturalmente semplice e formato da poche soggettività in grado di interpretare bisogni sovra e subsitemici e dotato di adeguate competenze direzionali; punti di forza di questo modello sono la rapidità e la chiarezza, mentre si rischia che si verifichino inadeguatezza e dissonanza cognitiva147; i modelli di governo negoziati o partecipati sono il frutto di processi di contrattazione e scaturiscono da quello che può essere definito un “gioco politico”148. Nell’ambito di questo modello l’organo di governo persegue l’accordo su un insieme di valori prima di pervenire alla definizione delle alternative di scelta ed è caratterizzato da una buona competenza dei problemi, delle variabili economiche e sociali e delle capacità sottese alle diverse componenti del territorio: si tratta quindi di un modello completo ma talvolta piuttosto lento e che rischia la dispersione dell’impulso di indirizzo. Inoltre, il governo del territorio reinterpretato secondo l’A.S.V., consente di pervenire ad un’ulteriore classificazione dei livelli logici di governo dei sistemi territoriali, che si basa sulla focalizzazione sulle moda146

C. M. Golinelli, Op. Cit., p. 157. Sul concetto di dissonanza cognitiva vedi C. Nigro, M. Tronfio, Il sistema turistico della provincia di Salerno. Un’analisi multidimensionale per il posizionamento del Bed and Breakfast, Esperienze d’Impresa, Università degli Studi di Salerno 2001. 148 Cfr. S. Faccipieri, Analisi strategica, in M. Rispoli, L’impresa industriale. Economia, tecnologia e management, Il Mulino, Bologna 1989. 147

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

lità ed intensità di valorizzazione del territorio: concepiamo così l’attività di governo territoriale come la risultante di tre livelli di azione, che possono coesistere in capo ad unico soggetto o competere a tre categorie di soggetti interagenti. In base a tale modello interpretativo individuiamo tre tipi di soggetto. In primis delineiamo un soggetto ordinatore, che interviene nel processo di governo del territorio con la volontà di valorizzare la dotazione strutturale delineando i percorsi di sviluppo: tale soggetto prende parte al governo territoriale nell’interesse generale ed è caratterizzato da una visione ampia e generale dell’ambiente. Pertanto, si tratta di un soggetto dotato di natura istituzionale identificabile, quindi, nello Stato Nazionale, in una Regione o in un ente subregionale o, ampliando l’orizzonte a livello globale, nell’UE o nelle varie organizzazioni internazionali impegnate nelle specifiche problematiche quali ONU, OCSE, FMI, FAO, ecc. Tale soggetto focalizza ed indirizza le proprie risorse allo sviluppo e la salvaguardia del territorio considerato, interviene con le cosiddette “public choices” nelle scelte inerenti gli orientamenti generali del progetto territoriale149, e, non possedendo una visione sufficientemente dettagliata e completa delle componenti del territorio, definisce le linee guida per le iniziative tese alla sopravvivenza ed allo sviluppo del territorio. Il soggetto coordinatore, invece, è un soggetto non necessariamente istituzionale che svolge un ruolo decisivo nella progettazione della struttura fisica del territorio e della conseguente struttura ampliata, data la possibilità di una visione più dettagliata della dotazione strutturale e delle opportunità e minacce esterne: a tale soggetto, infatti, compete la valorizzazione delle componenti in chiave competitiva che è realizzata carat149

Cfr. J. M. Buchanan, Il calcolo del consenso. Fondamenti logici della democrazia costituzionale, Il Mulino, Bologna 1998.

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

terizzando in modo distintivo il sistema territoriale attraverso un’attenta valutazione delle minacce e delle opportunità di contesto e la definizione di linee d’azione specifiche. Tale soggetto focalizza la propria attenzione sulle componenti di dotazione e sistemiche del territorio di riferimento, in quanto la conoscenza di tali ambiti da valorizzare deve essere ottimale per la definizione di linee d’azione adeguate, e nell’accrescimento della propria legittimazione, dalla quale dipende la possibilità di perpetuare nel tempo i piani ed i programmi di azione relativi alla traiettoria evolutiva del sistema territoriale150. Il soggetto proponente è un soggetto non necessariamente istituzionale preposto alla definizione e realizzazione dei singoli progetti e si caratterizza per una focalizzazione territoriale di tipo strumentale, data la natura tipicamente privatistica e non territoriale di imprese, comitati di cittadini, organizzazioni di cittadini, ecc: si tratta di soggetti creatori di competenze progettuali specifiche, complementari ai precedenti soggetti nell’acquisire informazioni di dettaglio sul territorio e capacità di problem solvine in specifici campi di attività. Sebbene l’organo di governo risulti dalla sintesi dei tre livelli logici, risulta evidente la centralità del soggetto coordinatore al quale sono attribuiti la delega sovraordinamentale ed i poteri che gli consentono di assicurare ad un sistema territoriale migliori probabilità di perseguire una propria vocazione ed identità. In definitiva, l’organo di governo del sistema territoriale è “quel soggetto (istituzionale e/o coordinatore) che in virtù di propri e precipui poteri e compiti è in grado di attuare, nel concreto, specifici programmi di

150

Cfr. R. Camagni, Globalizzazione e sviluppo delle economie locali: la sfida per le grandi aree urbane, Sinergie, n°49, 1999.

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

sviluppo o di mantenimento di una vocazione e di un’identità del territorio151”.

3.2 LA POLITICA DI SVILUPPO LOCALE COME STRATEGIA PER LA COMPETITIVITÀ ATTUATA DALL’ORGANO DI GOVERNO.

Lo stato di autonomia giuridica in cui operano i singoli attori locali e la pluralità di tipologie ed interessi ad essi riferibili rendono il governo del territorio estremamente articolato e difficoltoso. Perché il processo decisionale delle azioni da porre in essere per lo sviluppo locale risulti efficace ed efficiente lo si può schematizzare in base alle differenti fasi in cui è articolato: tale processo si costituisce infatti, innanzitutto, di un presupposto concettuale, quale la qualificazione del territorio come sistema vitale, di un punto di osservazione, cioè l’organo di governo, di differenti livelli logici di governo e di una finalità. In seguito sono definite le condizioni necessarie per il miglioramento delle probabilità di sopravvivenza del sistema territoriale che portano alle decisioni di governo del sistema territoriale, a loro volta articolate nelle linee guida di sviluppo del territorio e negli assi prioritari di intervento tesi a valorizzare il patrimonio del territorio, che sono messe in atto attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale: si tratta di Pianificazione Territoriale Partecipata e di Programmazione negoziata152 che sono realizzate con la definizione di diversi livelli logici di analisi del processo decisionale, cioè delle risorse, delle capacità e delle competenze. Sono così identificabili

151

C.M. Golinelli, Op. Cit., p.164. Si tratta di Intese istituzionali di programma, Accordo di programma quadro, Patto territoriale, Contratto d’area e Contratto di Programma. 152

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

gli specifici interventi necessari al territorio ed i relativi ambiti di intervento, che saranno oggetto di valutazioni successive153. In ordine ad un incremento di competitività ed alle impostazioni dell’ A.S.V., l’azione di governo del territorio deve tendere al miglioramento delle probabilità di sopravvivenza, agendo sulle condizioni che lo determinano. Infatti, solo mediante un’azione sinergica tra lo sviluppo e la comunicazione di una peculiare identità del territorio (che risulti coerente con i sovrasistemi di riferimento), tra la crescita della competitività del sistema territoriale (mediante il miglioramento della capacità e delle competenze del territorio) e tra la soddisfazione delle finalità e delle aspettative dei sovrasistemi, si vengono a creare le condizioni di consonanza e di risonanza con le entità presenti nel contesto e, di conseguenza, si migliorano le probabilità di sopravvivenza del sistema territoriale154. Tali dinamiche competitive costituiscono un fondamentale fattore di attivazione dei processi di generazione dei sistemi territoriali e le evoluzioni realizzatesi nei sistemi economici in questi ultimi anni, segnalano uno spostamento del focus competitivo dalle singole imprese ai sistemi territoriali che sono emersi dalla convergenza di finalità di più attori economici155. Le capacità dinamiche, precedentemente attribuite ai tre livelli logici di governo, possono essere rianalizzate in un’ottica integrata, evidenziando le modalità attraverso le quali giungere all’unitarietà dell’azione di governo del territorio: in questo senso la pianificazione partecipata rappresenta un buon modello attraverso il quale fare conver153

Cfr. C.M. Golinelli, Op. Cit., p. 216 sgg. A tal proposito cfr: C.M. Golinelli, Op. Cit., p. 219 sgg; M. G. Caroli. Marketing territoriale, Franco Angeli, Milano 1999; M. R. Napolitano, Dal marketing territoriale alla gestione competitiva del territorio, Esi, Roma 2000; E. Valdani, F. Ancarani, Op. Cit. 155 Tale convergenza ha cause esterne, quali la globalizzazione, ed interne, riconducibili ai cambiamenti nei processi di governo del territorio qualificabili come New Public Management. Cfr: E. Valdani, F. Ancarani, Op. cit. p. 24 sg; M. G. Caroli, Op. cit., p.23 sg. 154

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

gere obiettivi, finalità e competenze per valorizzare il patrimonio territoriale e consentire il perseguimento della sopravvivenza dello stesso156. La pianificazione strategica partecipativa si caratterizza per la centralità attribuita ai processi di concertazione e alla condivisione di valori e modalità di comportamento implicando il coinvolgimento nel percorso strategico di tutti i soggetti che, direttamente o indirettamente, contribuiscono alla definizione ed all’implementazione delle linee di sviluppo del territorio, apportando specifiche competenze progettuali e manageriali157. La creazione di un soggetto collettivo in grado di presiedere allo sviluppo del territorio, attivando processi autoorganizzativi, rappresenta un importante presupposto di coordinamento delle diverse finalità, ed agisce in modo tale che nessun soggetto decisore possa porre in essere comportamenti che ottimizzino gli interessi individuali158.Proprio a tal fine, risulta necessaria una pianificazione territoriale condivisa e capace di integrare le decisioni e le azioni dei diversi soggetti a vario titolo coinvolti nelle dinamiche del sistema territoriale, punto di partenza per la realizzazione di un ottimale sviluppo locale. La realizzazione di politiche di sviluppo locale, rispetto a quelle di scala regionale o nazionale, permette di differenziare gli interventi necessari in modo più agevole rispetto alle politiche centralizzate e di favorire una governance partecipata non solo dal governo dell’ente locale, ma anche dagli attori privati del territorio. In tal modo si costruisce il “capitale sociale, cioè si consolidano le reti formali ed informali del tessuto sociale ed economico locale favorendo una maggiore partecipazione degli attori sociali nelle scelte, una visione condivisa del futuro dello svi156

Cfr. S. Podestà, Il planning nelle aziende europee, Giuffré, Milano 1973. Cfr. M. R. Napolitano, Op. cit., p. 283. 158 Cfr. E. Rullani, Internazionalizzazione e nuovi sistemi di governance nei sistemi produttivi locali, Franco Angeli, Milano 1998. 157

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

luppo locale e la creazione di aspettative su tale sviluppo159 che possono rafforzare la fiducia collettiva locale”160. Tali politiche presentano anche svantaggi e pericoli fondamentalmente riconducibili alla possibile inadeguatezza della scala di intervento (nel caso delle grandi opere infrastrutturali), alle eventuali duplicazioni di servizi ed attività, agli effetti di concorrenza (nel caso di dumping locale a danno delle aree limitrofe o concorrenti) ed al possibile aumento delle disparità areali o alla diminuzione della coesione sociale. A livello generale una prima classificazione delle politiche territoriali161 consiste nella suddivisione in politiche locali di tipo microeconomico, fondamentalmente politiche regionali del lavoro e di sostegno alle attività produttive, e politiche locali di tipo macroeconomico, cioè politiche fiscali e commerciali e controllo locale delle politiche macro nazionali. Lo scenario attualmente creatosi nell’ambito dell’Unione Europea, caratterizzato da spinte volte ad una crescente globalizzazione ma contemporaneamente sempre più concentrato sulla valorizzazione delle peculiarità e delle specificità locali, che ne aumentano la competitività, rappresenta un terreno molto fertile per la nascita di strutture di cooperazione transnazionale fra due o più territori collocati in diversi paesi del nostro continente: inoltre, la maggiore dimensione delle macroregioni create consente di superare i sopraccitati limiti in tema di politiche territoriali, pur mantenendo tutti i vantaggi del caso. Osservando l’andamento dello sviluppo economico locale, e la sua relativa evoluzione a partire dagli anni Sessanta, possiamo osservare diffe159

Cfr. P. Krugman, Geography and Trade, Mit Press, Cambridge 1995. P. Rizzi, A. Scaccheri, Op. Cit., p. 129. 161 Classificazione di H. Armstrong e J. Taylor, Regional economics and Policy, Blackwell, Oxford 2000. 160

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

renti fasi nell’ambito delle quali gli operatori dello sviluppo territoriale hanno raggiunto una migliore comprensione dei fattori di successo delle strategie territoriali, grazie anche al continuo approfondimento teorico ed analitico delle diverse scuole di pensiero delle scienze regionali di tipo sociologico, economico e territorialista. Anche in Italia si è assistito ad una trasformazione radicale delle competenze e delle finalità delle istituzioni locali: si è infatti verificata una decisa crescita del peso economico e sociale di tali enti locali che ha condotto alla riforma costituzionale dei poteri degli stessi. Il mutamento del focus delle politiche locali e dei relativi strumenti adottati a scala territoriale “segue e stimola nello stesso tempo l’evoluzione della riflessione teorica e dei modelli interpretativi dello sviluppo economico”162: gli ultimi decenni hanno visto il passaggio da un modello keynesiano, caratterizzato da un prevalente intervento pubblico, che si manifesta negli approcci dei poli di sviluppo di stampo prevalentemente industrialista e legato ad infrastrutture hard (viabilità autostradale e aerea, energia, siderurgia, meccanica pesante), ad un modello sempre più market oriented, nato dall’esigenza di rispondere alla crisi del welfare state e di sanare gli squilibri dei bilanci pubblici causati dalle grandi crisi petrolifere degli anni Settanta. Fondamentale risulta essere, quindi, il passaggio da modelli fondamentalmente esogeni, che basano la crescita locale sull’incremento delle esportazioni o sull’attrazione di investimenti esterni all’area o esteri, a modelli endogeni, che aspirano alla valorizzazione dei vantaggi competitivi locali ed all’incremento delle potenzialità innovative delle imprese e dei sistemi locali: la chiave dello sviluppo non è più la polarizzazione, ma la diffusione dello stesso in un’ottica integrata, 162

P. Rizzi, A. Scaccheri, Op. Cit., p. 136.

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

alla base dei concetti di sistemi di PMI, dei distretti industriali ed infine della nozione di sistemi economici territoriali (SEST163), che sta ad indicare proprio le interrelazioni tra fattori economici, sociali e culturali nell’innescare processi di crescita sostenibili. Parallelamente all’evoluzione di tali modelli teorici di sviluppo gli strumenti di politica territoriale si diversificano notevolmente, passando da tradizionali forme di agevolazione fiscale e previdenziale a reali servizi per le imprese ( quali centri servizi, incubatori, finanziarie regionali, ecc), giungendo infine a nuove forme di politica locale rappresentate da tutti gli strumenti della programmazione negoziata e dagli interventi comunitari. Lo scenario di riferimento delle politiche di sviluppo locale è quindi ben rappresentato dal concetto di pianificazione strategica, dove con tale termine intendiamo la nuova modalità con cui si programmano e si realizzano le politiche locali, non più in un’ottica vincolistica, ma di promozione e stimolo alla crescita e, soprattutto, in un orizzonte temporale di medio – lungo periodo e non di breve: si tratta di un’ottica di costruzione della governance locale partecipato da tutti gli attori locali. E’ quindi introdotta la pianificazione bottom – up, che ha come obiettivo quello di evitare le strozzature e le inefficienze rilevate dai governi vincolistici, risultati penalizzati in termini di realizzabilità degli interventi a causa di deficit di consenso e cooperazione tra pubblico e privato e tra le differen-

163

Definizione di SEST quali sistemi economico – sociali territoriali fornita da Lel, 1999. Tale termine indica un sistema locale non più solo caratterizzato da un sistema produttivo, ma anche da un settore terziario decisamente rilevante ed integrato e nel quale gli elementi sociali più o meno impliciti nei concetti di milieux, distretti, ecc sono da intendersi in senso più ampio e hanno a che fare con la concezione volontaristica oltre che strutturale della competizione.

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

ti sfere degli interessi della cittadinanza, economica versus ambientale e sociale164. La realizzazione di una strategia di sviluppo locale in un’ottica di pianificazione strategica si compone di cinque differenti fasi, la prima delle quali è data dalla costruzione del network di attori, gli stakeholders, che diventa il fattore determinante per la costruzione del capitale sociale locale, risorsa residente nella struttura delle relazioni sociali165. “Il capitale sociale si può considerare come l’insieme delle relazioni di cui un soggetto individuale o collettivo dispone in un determinato momento: attraverso il capitale di relazioni si rendono disponibili risorse cognitive, come le informazioni, o normative, come la fiducia, che permettono agli attori di realizzare obiettivi che non sarebbero altrimenti raggiungibili, o lo sarebbero a costi molto più alti. Spostandosi dal livello individuale a quello aggregato, si potrà poi dire che un determinato contesto territoriale risulta più o meno ricco di capitale sociale a seconda che i soggetti individuali o collettivi che vi risiedono siano coinvolti in reti di relazioni più o meno diffuse”166. La seconda fase, punto di partenza per ogni strategia, è l’analisi e l’interpretazione del modello di sviluppo di un territorio che è effettuata secondo approcci tradizionali quali quello dell’analisi SWOT interna, cioè dei punti di forza e di debolezza e dei vincoli e delle opportunità di un SEST, e comparata attraverso il benchmarking con altri sistemi di ri164

Possiamo osservare numerosi esempi di piani strategici, frutto di esperienze decennali maturate in città europee quali Barcellona, Glasgow e Lione, best practices oggi riconosciute e consolidate, ma anche in cittadine italiane come Torino, Trento, Pesaro e Piacenza. Cfr. E. Cicciotti, A. Dallara, M. Politi, Valutazione delle politiche territoriali e governance dello sviluppo locale: aspetti teorici e di metodo, in F. Mazzola e M. A. Maggioni, Crescita regionale ed urbana nel mercato globale, Franco Angeli, Milano 2001. 165 Cfr. J. Coleman, Foundations of social theory, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge 1990. 166 C. Trigilia, Capitale sociale e sviluppo locale, in Stato e Mercato, Il Mulino, Bologna 2001, p. 110.

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

ferimento sia nazionali che esteri. Dalla combinazione degli SWOT comparati con le condizioni per l’azione strategica si passa ad una prima schematizzazione della domanda di piano e di politiche pubbliche del territorio da parte degli attori economico-sociali che caratterizzano l’area in esame, che consente la definizione della strategia di sviluppo locale. Tale strategia, realizzata attraverso un approccio integrato allo sviluppo locale, si compone di: Una vision, che descrive il consenso degli stakeholders sul futuro economico e sociale del sistema locale; Gli obiettivi strategici, risultanti dal processo di pianificazione strategica; Gli obiettivi programmatici, che stabiliscono standard di performance e target per lo sviluppo di ogni obiettivo strategico in termini misurabili e tempificati; I programmi, con i quali si predispongono azioni specifiche per realizzare le strategie individuate; I progetti, con i quali si definiscono specifiche componenti delle linee d’azione, che sono gerarchizzati per priorità, coerenza e realizzabilità. Segue la fase di implementazione della strategia di sviluppo locale, che consiste nella realizzazione dei piani di azione che contengono specifiche programmazioni relative alle risorse finanziarie ed ai loro canali di approvvigionamento, delle risorse umane e delle modalità di reperimento, delle risorse istituzionali e delle loro forme di coordinamento e organizzazione. Tale strategia, come ogni altro piano/programma di intervento pubblico in un sistema socio-economico-territoriale, sarà oggetto di una va-

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

lutazione (ex ante, in itinere, ex post) articolata in quattro fasi successive: quella istruttoria, la raccolta dei dati, l’analisi dei dati ed, infine, il giudizio valutativo di efficacia ed efficienza167. Le fasi della strategia di sviluppo indicate rappresentano il percorso metodologico di costruzione di un piano strategico di sviluppo che richiede la traduzione delle strategie in strumenti o in una serie di procedure, azioni e progetti, seguendo lo schema del Piano Strategico Territoriale di tipo reticolare. Tale piano rappresenta la modalità di attuazione dei Piani Territoriali di Sviluppo (PTS) , piani a scala regionale, e dei Piani Territoriali di Coordinamento (PTC), a scala provinciale.

3.3 IL PIANO TERRITORIALE DI SVILUPPO REGIONALE (PTR)

Il Piano Territoriale di Sviluppo, o Piano Territoriale Regionale (PTR), è lo strumento di programmazione con il quale la Regione delinea la strategia di sviluppo del territorio regionale definendo gli obiettivi per assicurare la coesione sociale, accrescere la qualità e l’efficienza del sistema territoriale e garantire la qualificazione e la valorizzazione delle risorse sociali ed ambientali. Il PTR è predisposto in coerenza con le strategie europee e nazionali di sviluppo del territorio e definisce indirizzi e direttive per pianificazioni di settore, per i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciali (PTCP) e per gli strumenti della programmazione negoziata. Nell’ambito del PTR individuiamo i Piani di Sviluppo Rurale (PSR), strumenti di concretizzazione a livello locale delle politiche comunitarie 167

Cfr. P. Rizzi, A. Scaccheri, Op. Cit,. p. 158 sgg.

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

di sviluppo rurale che sono stati introdotti dal Reg. CE 1257/99. I diversi PSR sono organizzati secondo Assi Prioritari di intervento, e sono trasmessi, a seguito della loro elaborazione, alla Commissione che li approva con una Decisione: in Italia la maggior parte delle regioni ha approvato rispettivi Piani di Sviluppo Rurale. Sempre nell’ambito di tale strumento di programmazione, il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) è parte tematica del PTR stesso e si pone come riferimento principale della pianificazione e della programmazione regionale, dettando regole ed obiettivi per la conservazione dei paesaggi regionali; il PTPR influenza le strategie e le azioni di trasformazione del territorio sia attraverso la definizione di un quadro normativo di riferimento per la pianificazione provinciale e comunale, sia mediante singole azioni di tutela e di valorizzazione paesaggisticoambientale.

3.4

IL PIANO TERRITORIALE

DI

COORDINAMENTO PROVINCIALE

(PTC)

Il Piano Territoriale di Coordinamento, o Piano Territoriale Provinciale (PTC), è lo strumento di pianificazione che definisce gli obiettivi di assetto e tutela del territorio provinciale, che indirizza la programmazione socio-economica della Provincia stessa ed ha anche valore di piano paesaggistico-ambientale. Il PTC è quindi definibile come l’atto di pianificazione con il quale la Provincia esercita il proprio ruolo di governo del territorio, raccordandosi ed adeguandosi alle politiche territoriali della Regione, coordinando ed indirizzando la pianificazione urbanistica a livello comunale e la pianificazione settoriale provinciale; in quanto stru-

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

mento di pianificazione strategica, il PTC valorizza le risorse provinciali attraverso azioni integrate e multisettoriali, promuove la partecipazione sociale per la costruzione “dal basso” di scenari di sviluppo condivisi ed individua i sistemi territoriali locali della provincia stessa, quali base per la progettazione di azioni di sviluppo. Si tratta del principale strumento di ascolto e di governo a disposizione della comunità provinciale, il cui scopo è orientare le scelte e mettere ordine nel territorio attraverso una proposta complessiva riguardante soprattutto la grande rete delle infrastrutture, che riconosce e rispetta l’esistenza di un sistema ambientale ed individua un sistema insediativi, fissando gli indirizzi per lo sviluppo dei centri urbani e delle aree produttive: si vuole quindi promuovere l’identità e la coesione sociale attraverso un sistema di obiettivi strategici condivisi. Con la riforma delle Autonomie Locali varata nel 1990 con la Legge 142 le Province, insieme ai Comuni ed alle Regioni, hanno assunto funzioni di pianificazione territoriale, confermate dal nuovo Testo Unico sugli Enti Locali (Dlgs 267/2000) che definisce anche le finalità ed i contenuti del Piano Territoriale.

3.5

IL PIANO STRATEGICO COMUNALE

Come precedentemente illustrato, il momento della pianificazione strategica è cruciale per la creazione delle precondizioni per il successo delle politiche locali e, nell’ottica del modello reticolare, consente una visione globale delle problematiche , delle politiche e degli attori, inserendosi in una logica preventiva che utilizza il coordinamento e l’integrazione come strumenti per la formazione del consenso su un pro-

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CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

getto di città e di sistema locale: in tale direzione la pianificazione non solo offre soluzioni ai problemi già esistenti, ma è in grado di definire alcune linee-chiave di sviluppo a cui le politiche locali e gli attori devono uniformarsi. La pianificazione strategica, quindi, non ha natura univoca ed è un mezzo di decisione su scelte future, un luogo di mobilitazione ed aggregazione degli interessi ed un processo di formazione del consenso (consensus building): si tratta di un’azione condotta da differenti soggetti mirata a elaborare un documento, ovvero il piano stesso. Definiamo “la pianificazione strategica come un modello di coordinamento multilaterale inter-organizzativo che, oltre a gestire il network di attori, lo crea, lo fa sviluppare e tenta di mantenerlo168”. In particolare, si tratta di uno strumento finalizzato, innanzitutto, alla formazione del consenso, con obiettivi quindi non solo di “fare”, ma anche di “comunicare strategie” e di conseguire il pieno accordo sugli obiettivi stessi; in secondo luogo è uno strumento volto a fornire una visione strategica del sistema locale attraverso un processo di adattamento ed esplorazione non sequenziale ma per fasi di definizione - ridefinizione dei problemi monitoraggio dei risultati – ulteriore apprendimento. L’approccio della pianificazione strategica si caratterizza per il carattere multi – settoriale della stessa, per la natura di medio – lungo periodo degli scenari, per la logica reticolare, che tende a perdere la sua natura areale e può coinvolgere una pluralità di comunità locali anche distanti, e per la necessità di tenere conto dei diversi attori mediante il loro coinvolgimento già nella fase di definizione del piano.

168

P. Rizzi, A. Scaccheri, Op. Cit., p. 179.

101


CAP. 3 – STRUMENTI PER LA CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

Inoltre, la pianificazione strategica necessita di operare scelte e prendere decisioni sulla base di processi di natura negoziale e, in Italia, dal punto di vista metodologico, vede la sua prima applicazione consolidata negli strumenti di programmazione negoziata che utilizzano la concertazione e prevedono la diretta partecipazione ai processi decisionali degli attori coinvolti ed è a sua volta preceduta da un’aggregazione di consenso su dati obiettivi e valori. L’elemento fondamentale consiste, in definitiva, nella negoziazione inter-istituzionale per la realizzazione di reti di rapporti, e la creazione e l’aumento di valore per il territorio: perseguendo questa impostazione, in un’ottica di sviluppo locale, gli atti di decisione unilaterale sono affiancati e sostituiti da negoziati, accordi e procedure di natura consensuale. Con questo nuovo approccio l’ente locale assume un ruolo di metaorganizzatore, capace di creare e gestire la rete di relazioni tra i diversi partecipanti al sistema e di animare una pluralità di stakeholder, presupponendo un modello di Stato partner.

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CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

CAPITOLO 4 L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO 4.1 INTRODUZIONE E DEFINIZIONE DI EUROREGIONE 4.2 LE TAPPE DELLA COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA NELL’OTTICA DI UN’EUROREGIONE

4.3 EUROCIN G.E.I.E.: IL MOTORE DI UN PROGETTO DI PIU’AMPIE DIMENSIONI

4.4 LA NASCITA DELL’EUROREGIONE ALPI-MEDITERRANEO 4.5 IL TERRITORIO E LA COOPERAZIONE DELL’EUROREGIONE ALPIMEDITERRANEO 4.6 L’EUROREGIONE IN CIFRE: ASPETTI SOCIO-ECONOMICI

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CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

4.1 INTRODUZIONE E DEFINIZIONE DI EUROREGIONE La storia dell’Europa è stata, per anni, la storia degli Stati Nazionali, volti a salvaguardare fondamentalmente la propria identità ed i propri interessi nazionali: lo Stato rappresentava l’unico soggetto ad intrattenere relazioni internazionali e la sua potenza era fondamentalmente basata sulla ricchezza, cioè sulla dimensione, forza e capacità del proprio mercato interno. Nella seconda metà del ventesimo secolo si è man mano evidenziato un cambiamento e si sono instaurati nuovi equilibri ed un rafforzamento delle regioni dovuto alla creazione, nel secondo dopoguerra, di due blocchi politici ed economici169 e all’avvento di un internazionalismo economico a occidente: si è assistito ad un cambiamento epocale 170 che consiste nel passaggio dal binomio Stato Nazionale / mercato nazionale al binomio localismo politico / mercato globale. Ciò significa che mentre è in atto la globalizzazione, il sistema economico tende a rinforzare lo spirito localistico derivante dall’identità dei singoli luoghi sia per omogeneità territoriali e culturali che per similitudini del sistema produttivo. Nel corso degli anni si è quindi verificato, nell’ambito dell’Unione Europea, un crescente decentramento ed una sempre più forte regionalizzazione171. Nell’ambito degli stati nazionali continua, infatti, ad aumen169

Il riferimento è ai blocchi politici di USA e URSS. Tale cambiamento è identificabile nell’inversione di tendenza di una cultura politica ed economica finora tutta incentrata sugli Stati Nazionali ed ora, invece, sempre più bi polarizzata: da una parte, verso la dimensione sovranazionale non solo europea e, dall’altra, verso la dimensione regionale o addirittura locale. Cfr. L. Senn, “Introduzione verso un’ Europa delle Regioni, in “Verso un’ Europa delle Regioni; la cooperazione transfrontaliera come opportunità e sfida, Franco Angeli, Milano 1993, pp. 13-36. 171 L’integrazione europea sembra cioè produrre un processo di destrutturazione-riarticolazione che vede particolarmente coinvolte le regioni transfrontaliere. Cfr. F. Ferlaino, “La macro-regione delle 170

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CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

tare il ruolo politico, economico e culturale delle regioni e, in particolare, delle regioni di confine, che assumono un aspetto importante nel difficile e delicato processo di ridefinizione dei sistemi territoriali. Queste zone, anche definibili come regioni transfrontaliere, rappresentano un tipo particolare di regioni periferiche nelle quali la vita economica e sociale è direttamente influenzata dalla prossimità del confine politico: si tratta di regioni relativamente complesse e caratterizzate da un certo grado di interdipendenza e integrazione transconfinaria172 che assumono un aspetto importante nel difficile e delicato processo di ridefinizione dei sistemi territoriali, in quanto rappresentano dei punti strategici importanti che devono assolvere il ruolo di cooperazione ed armonizzazione economica e sociale a servizio dell’integrazione internazionale. A tale riguardo lo studioso Claudio Magris scrive: "La frontiera è duplice, ambigua; talora è un ponte per incontrare l'altro, talora una barriera per respingerlo. Spesso è l'ossessione di situare qualcuno o qualcosa dall'altra parte. La frontiera è una necessità, perché senza di essa ovvero senza distinzione non c'è identità, non c'è forma, non c'è individualità e non c'è nemmeno una reale esistenza, perché essa viene risucchiata nell'informe e nell'indistinto. La frontiera costituisce una realtà, dà contorni e lineamenti, costruisce l'individualità, personale e collettiva."173

Le frontiere rappresentano, quindi, i punti nevralgici della futura Europa: a loro è affidato il compito di salvaguardare e valorizzare la diverAlpi Occidentali”, in P. Bonavero - E. Dansero, “L’Europa delle Regioni e delle reti: i nuovi modelli di organizzazione territoriale nello spazio unificato europeo”, Utet, Torino 1998, pp. 154-170. 172 Cfr. M. Buffon, Le regioni transfrontaliere nel processo di unificazione europea in P. Bonavero – E. Dansero, L’Europa delle regioni e delle reti: i nuovi modelli di organizzazione territoriale nello spazio unificato europeo, Utet, Torino 1998, pp. 126-141. 173 Claudio Magris, nato il 10 aprile 1939 a Trieste, scrittore e germanista, è uno dei più notevoli saggisti contemporanei e dei più penetranti e geniali studiosi di letteratura mitteleuropea, erede della tradizione culturale triestina.

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CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

sità garantendo, al tempo stesso, la coesione creando un equilibrio tra unità e diversità, evitando fenomeni di eccessivo centralismo o esasperata frammentazione. La tradizionale immagine dell’Europa degli Stati sta lentamente cedendo il posto ad una moderna Europa delle Regioni che assegna, proprio alle Regioni, un ruolo determinante nella grande progettualità europea: ecco, allora, la nascita di vere e proprie Regioni Europee, destinate a ricoprire un ruolo di primo piano all’interno di un’Europa unita e libera dalle passate restrizioni che hanno vincolato i rapporti socio-economici dei vari Stati membri. Le strutture transfrontaliere che operano sui confini per il miglioramento e la creazione di sinergie sono, quindi, le Euroregioni, le Comunità di Lavoro174 ed altri organismi175. Il termine “Euroregio” deriva dalle parole tedesche “Europaeische Region”, ossia “Regione Europea” ed è stato coniato ed utilizzato pubblicamente per la prima volta nel 1965 in occasione di un’esposizione sulle realtà socio-economiche delle regioni di confine tra Germania Federale e Paesi Bassi. Nella politica europea, “un’euroregione è una struttura di cooperazione transnazionale fra due o più territori collocati in diversi paesi dell’Unione Europea o del continente in genere”176 ed opera essenzialmente a livello regionale e locale occupandosi di questioni relative alla pianificazione regionale con una notevole competenza a livello locale.

174

In molti casi le autorità regionali o locali stabiliscono di cooperare firmando, ad esempio, un protocollo di cooperazione o un accordo giuridicamente non vincolante creando questa tipologia di struttura che, in genere, non ha una propria personalità giuridica ed è denominata Comunità di lavoro. 175 Si tratta di organizzazioni non governative appartenenti al settore privato o volontario. 176 www.wikipedia.it

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CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

Le euroregioni, in genere, non corrispondono ad alcuna istituzione legislativa o governativa, non hanno potere politico ed il loro operato è limitato alle competenze delle autorità locali e regionali che le costituiscono; sono solitamente costituite con l’obiettivo di promuovere interessi comuni che travalicano i confini e per cooperare per il bene comune delle popolazioni di confine. Anche se il termine “euroregione” ha un significato similare, non deve essere confuso con le normali regioni europee. E’ piuttosto difficile associare un’unica struttura legale al termine “euroregione”, in quanto esse operano oltre i confini nazionali e variano notevolmente nelle loro forme particolari. In tal senso, l’Associazione delle Regioni di Confine Europee stabilisce quattro fondamentali criteri per l’identificazione delle euroregioni: Un’associazione di autorità locali e regionali su ambo i lati del confine nazionale, talvolta con un’assemblea parlamentare; Un’associazione transfrontaliera con un segretariato permanente ed una squadra tecnica ed amministrativa dotata di proprie risorse; Di diritto privato, basata su associazioni o fondazioni no-profit, su ambo i lati del confine, in accordo con le rispettive leggi nazionali vigenti; Di diritto pubblico, basata su accordi interstatali, che hanno a che fare, tra le altre cose, con la partecipazione delle autorità territoriali. Storicamente, assistiamo alla nascita delle prime forme di euroregioni dopo la seconda guerra mondiale, precedentemente, quindi, alla costituzione della Comunità Europea; all’epoca, tali formazioni embrionali avevano la funzione di promuovere la collaborazione fra le zone confinanti di quelle nazioni che durante il conflitto erano stati nemici. Tale

107


CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

forma di cooperazione si è poi ulteriormente sviluppata nell’ambito dell’Unione Europea, che stanzia per la promozione della cooperazione transfrontaliera notevoli mezzi finanziari, in particolare attraverso i programmi Interreg ed Eureg. Inoltre, a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo, le comunità locali, ossia province e regioni dei Paesi Europei, si sono attivate per la realizzazione di progetti sulla base di specifici interessi comuni, differenti caso per caso: in alcune delle esperienze esemplari i cittadini hanno addirittura la possibilità di usufruire in modo incrociato di buona parte dei servizi delle pubbliche amministrazioni, in un contesto nel quale, a livello pratico, il confine perde quasi completamente valore. Queste istituzioni hanno attualmente realizzato una notevole diffusione in Europa, anche se non in tutti i casi la loro nascita avviene in un’ottica di costruzione della pace e superamento dei confini, bensì perseguendo obiettivi di integrazione economica a favore di aree finora svantaggiate che vedono nella cooperazione transfrontaliera un’ottima chance per essere, insieme, maggiormente competitive nel grande mercato europeo e mondiale in via di configurazione. Formalmente queste entità sono molto diverse tra loro, date le diverse aree e le relative peculiarità territoriali, storiche e socio-economiche, possono avere un peso più o meno rilevante a livello politico ed economico, e, in alcuni casi, possono anche avere organi comuni come, ad esempio, il Consiglio dell’Euroregione. Oggi, in Europa, contiamo ben 64 entità di questa categoria (la prima fu il Benelux nel 1948), il cui sviluppo è stato anche favorito dall’apertura ad est della UE stessa: si tratta, in definitiva, di un panorama decisamente variegato e differenziato di esperienze che, in comune,

108


CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

ha la presenza di un organismo di collegamento denominato ARFE, cioè l’ Associazione Regioni Frontaliere Europee, con sede in Germania a Gronau177. Con il trascorrere degli anni il ruolo delle Euroregioni è generalmente andato accrescendosi, tant’è che il Parlamento Europeo, nel 2004, ha ritenuto necessaria una Comunicazione agli Stati Membri in merito al ruolo

di

tali

organismi

nello

sviluppo

della

politica

regionale

(2004/2257(INI)) . Nell’ambito di questa risoluzione, il Parlamento Europeo, considerando le conseguenze che l’allargamento dell’Unione Europea ha causato e potrebbe causare e riconoscendo l’importanza di uno sviluppo sostenibile e di un’efficace politica di coesione e di integrazione europea, asserisce che la cooperazione transfrontaliera sia fondamentale e debba quindi ricevere ampio sostegno dagli Stati membri. E’ inoltre sottolineato il ruolo delle euroregioni in merito all’informazione ed ai servizi per i cittadini, istituzioni, enti regionali e locali e la valenza di motore e di cassa di risonanza per tutti i problemi transfrontalieri; la cooperazione transfrontaliera assume anche notevole importanza nell’attuazione della Strategia di Lisbona attraverso la ricerca e l’innovazione comune, le reti di ricerca e sviluppo attraverso le frontiere e lo scambio di esperienze e prassi ottimali.

177

Cfr. http://www.greenman.it/cittadinanza/euroregione.html.

109


CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

4.2

LE

TAPPE

DELLA

COOPERAZIONE

TRANSFRONTALIERA

NELL’OTTICA DI UN’EUROREGIONE

4.2.1 LA COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA

La cooperazione transfrontaliera, intesa come elemento di integrazione tra aree confinanti, rappresenta una condizione imprescindibile, unitamente ad omogeneità territoriali, culturali ed economiche, per la creazione di un’Euroregione. Tale cooperazione è definita come “ogni comune progetto che miri a rafforzare e a sviluppare i rapporti di vicinato tra collettività ed autorità territoriali dipendenti da più parti contraenti, nonché la conclusione di accordi ed intese utili a tal fine” dalla Convenzione Quadro del Consiglio d’Europa del 1980, art.2 comma 1. Si tratta di “territori-laboratori”, il cui obiettivo è quello di conciliare similitudini e differenze nel modo più armonioso possibile, all’interno dei quali si sviluppano azioni di cooperazione dirette all’interno dello stesso e azioni relative alla posizione di questo verso l’esterno. La cooperazione transfrontaliera, a fronte di un passato isolamento sia interno che internazionale, si traduce, perciò, in un superamento ideale delle frontiere, non più considerate come barriere o muraglie divisorie tra Paesi limitrofi, bensì come cerniere e punti di incontro tra popolazioni locali; in questa ottica “la funzione della frontiera è mutata, tende a diventare gradualmente luogo d’incontro tra realtà diverse che scoprono la

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CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

possibilità della complementarietà al di là delle rigide concezioni di sovranità nazionale”178. Le azioni di promozione comune permettono quindi di costruire una nuova identità transfrontaliera che non ha come obiettivo quello di sostituirsi alle identità preesistenti, ma di aggiungersi ad esse creando valore: la dinamica per la realizzazione di tali relazioni transfrontaliere non è immediata, ma assume forme differenti a seconda del grado di cooperazione ed interazione (Figura 4.1).

Realizzazione di progetti a carattere transfrontaliero

Orientamento delle progettualità su basi comuni

Conoscenza, Informazione, Coordinamento

Figura 4.1. I diversi gradi della cooperazione transfrontaliera Fonte: A. Bramanti, R. Ratti, Verso un’Europa delle Regioni, Milano, Franco Angeli, 1993, p.50.

178

R. Respini, La cooperazione transfrontaliera come possibilità di sviluppo, Convegno (versione non ufficiale), Basilea 1998.

111


CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

Al primo stadio della cooperazione transfrontaliera risulta essere molto importante la presa di coscienza delle altre realtà e la creazione di nuovi contatti, con l’obiettivo di giungere ad una reciproca informazione, mentre il secondo è rappresentato dall’impostazione in comune di progetti volti a risolvere problemi caratteristici delle aree di frontiera e si distingue per un’impronta più vincolante e portatrice di effetti giuridici. Il terzo stadio, oggi riferibile alle realtà delle Euroregioni e delle Comunità di lavoro (che rappresentano la struttura istituzionale per lo sviluppo delle varie attività comuni) , vede la realizzazione di progetti ed infrastrutture transfrontaliere gestite in comune.

Figura 4.3. Il logo dell’Euroregione Alpi del Mare Fonte: www.eurocin.eu

112


CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

L’esperienza di cooperazione lungo i confini italo-francesi ha messo in luce l’area delle Alpi del Mare quale luogo di interscambio ad alto potenziale di integrazione per l’omogeneità del territorio costituito da un’unica etnia alpina e dato che i valichi del Monginevro e del Moncenisio sono facilmente transitabili ed hanno permesso, dai tempi più antichi, la comunicazione con la realtà francese. All’interno di quest’area i rapporti di cooperazione transfrontaliera risultano avviati già da parecchi anni: si è, dunque, assistito ad un lento ma progressivo processo storico di integrazione179 e cooperazione volto alla creazione di valore per il territorio oggi definibile delle Alpi del Mare.

4.2.2 LE

TAPPE DELLA COOPERAZIONE NEL TERRITORIO DELLE

ALPI

DEL

MARE - MEDITERRANEO

La cooperazione transfrontaliera nelle Alpi Meridionali inizia a delinearsi al termine della Seconda Guerra Mondiale, con i contatti tra comuni frontalieri, amministrazioni provinciali e gruppi di opinione per la soluzione di problemi relativi al traffico nella Valle Roya, all’epoca contesa tra la sovranità italiana e quella francese. Fu rilevante, in questa fase, l’iniziativa dell’Unione Democratica Federalista Intemelia, nata con il proposito di creare una zona franca transfrontaliera tra la città di Menton e quella di Ventimiglia180. Si susseguirono numerose altre riunioni

179

L’integrazione rappresenta la fase finale delle relazioni transfrontaliere tra entità facenti capo a sistemi giuridici diversi. In quest’ottica di integrazione si incomincia a parlare di bacino transfrontaliero di occupazione, di bacino di innovazione tecnologica e di bacino transfrontaliero di formazione. (Documento del Consiglio d’Europa, 1996, p. 48). 180 Nel susseguirsi delle tappe di sviluppo politico-amministrative del territorio frontaliero delle Alpi Marittime è importante comprendere che, a prescindere dalle diverse sovranità e dall’appartenenza a differenti suddivisioni amministrative, la Provincia di Cuneo, di Imperia e il Dipartimento delle Alpi Marittime è sempre stato ed è tuttora un territorio omogeneo e complementare. Cfr. E. Berio, Alpazur:

113


CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

per discutere problemi di frontiera quali la ricostruzione della ferrovia Cuneo-Ventimiglia-Nizza, la costruzione di un acquedotto che irrigasse le città di Mentone e Ventimiglia e facilitazioni ed esenzioni doganali per lo sfruttamento delle proprietà confinarie. Gli anni Sessanta si caratterizzarono per una decisa presa di coscienza dell’area transfrontaliera delle Alpi Marittime e della sua dipendenza dai tre poli di Marsiglia, Genova e Torino: si creò un sindacato di responsabili di Comuni e di Consigli di Valle, il cui scopo era lottare contro lo spopolamento delle montagne, intraprendendo così una politica comune di sviluppo dell’economia di queste zone. In questi anni la Commissione Europea delle Alpi Marittime (CEAM) organizzò anche numerosi seminari con l’obiettivo di riaffermare l’unità etnica e culturale delle popolazioni del mare. Gli Anni Settanta videro lo svolgimento del Congresso di Digne nel novembre

del

1970181,

che

segnò

il

primo

passo

verso

l’istituzionalizzazione di una cooperazione transfrontaliera e la crescita della consapevolezza dell’unità regionale transfrontaliera nella zona franco-italiana delle Alpi Marittime e della sua importanza strategica a livello socio-economico182. Il Dott. Palmero, in quegli anni Sindaco di Mentone, propose, durante il Congresso precedentemente citato, la creazione del “Triangolo Nizza, Imperia, Cuneo”, sottolineando i grandi vanla cooperazione transfrontaliera nell’interregione delle Alpi Meridionali, Nizza, Cuneo, Imperia distretto europeo, Istituto Storico della Resistenza, Imperia 1992. 181 Questo incontro fu promosso per difendere le posizioni delle Alpe Marittime nei confronti della nuova programmazione regionale francese. Ne parlò in modo approfondito il quotidiano Nice Matin del 9 Novembre 1970 , dove si comunicava la decisione presa, nell’ambito della riunione di Digne, dalle Province di Cuneo ed Imperia, di unire i propri destini economici e turistici a quelli delle Alpi Marittime. Cfr E. Berio, Op. Cit., p. 78. 182 Cresce la consapevolezza della fondamentale unità della regione transfrontaliera che pure smembrata dagli eventi storici rimane una comunità di destino, non certo un’idea dello spirito né una creazione ex-nihilio. Cfr. G. Delli Zotti, B. De Marchi, Cooperazione Regionale nell’area alpina, Franco Angeli, Milano 1985.

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CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

taggi che un’Euroregione avrebbe potuto offrire sia sul piano culturale che socio-economico e, in seguito, l’Istituzione Europeo degli Alti Studi Internazionali (creato a Nizza nel 1965) organizzò alcuni colloqui riguardanti le tematiche transfrontaliere di maggiore rilievo183 Inoltre, fu pubblicato un Bollettino Periodico Bilingue, allo scopo di avviare un’azione di promozione e sensibilizzazione. Dal punto di vista infrastrutturale, il 6 Ottobre 1979 rappresenta una data fondamentale in quanto venne inaugurata la ferrovia Cuneo-Ventimiglia-Nizza184. Gli Anni Ottanta si distinsero, in primis, per la firma della “Convenzione-Quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali”185 fra gli Stati membri del Consiglio d’Europa e, in seguito, per la nascita, nel 1982 a Marsiglia, della CO.TR.A.O. (Communauté de Travail des Alpes Occidentales), il cui obiettivo principale fu lo scambio di informazioni tra membri per poter cooperare e poter così realizzare azioni transfrontaliere comuni186. Facevano parte di questa comunità le regioni francesi Provence-Alpes-Cote d’Azur e Rhone-Alpes, le regioni italiane Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta ed i cantoni svizzeri di Ginevra, Vallese e Paesi di Vaud: in seguito a problemi di coordinamento e cooperazione nacque una struttura di consultazione 183

Si tratta, ad esempio, del colloquio del 1971 sul tema: “Inquinamento e Pianificazione, Costa Azzurra-Riviera dei Fiori”, dove furono trattate tematiche quali lo sviluppo industriale e il turismo, lo sviluppo urbano e la protezione dell’ambiente. 184 E’ considerata una data storica perché solo quel giorno poteva considerarsi davvero terminato il Dopoguerra. Lunga era stata la lotta per arrivare alla costruzione di tale linea che i tedeschi avevano reso inagibile facendo saltare numerosi ponti e gallerie ed il fatto che corresse parte nel territorio italiano ed in parte in quello francese era stato uno dei principali fattori di rallentamento della ricostruzione. Cfr, E. Berio, Op. Cit. p. 119. 185 Con tale convenzione si riconosceva giuridicamente, per la prima volta, il diritto per le collettività frontaliere di cercare di risolvere problemi comuni a livello locale. La convenzione-quadro ha avuto la funzione di colmare la lacuna giuridica che riguardava questo tipo di rapporto tra le collettività locali dei due paesi. Cfr. Op. Cit. , p. 134. 186 Essa fu particolarmente indirizzata a questioni relative ai trasporti ed alle vie di comunicazione, all’agricoltura ed all’economia della montagna, al turismo ed alla protezione e pianificazione del territorio ( Documento del Ministero dell’Interno, 1994, p. 182).

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permanente denominata “Commissione permanente di sviluppo economico Nizza-Cuneo-Imperia” con lo scopo di discutere, elaborare, trattare ed approvare tutti i progetti relativi all’economia, alle comunicazioni ed alla cultura dei tre dipartimenti. Questo accordo permise alla cooperazione transfrontaliera di svilupparsi su vari fronti interessando anche altri enti quali il settore privato, la Camera di Commercio, l’associazionismo e la scuola e, in linea con il percorso fino ad allora seguito, nel 1991, a Ventimiglia, fu siglato l’accordo di cooperazione tra i comuni contigui di Ventimiglia e Mentone. Con il trascorrere degli anni la cooperazione transfrontaliera nel territorio delle Alpi del Mare e, più in generale, lungo i confini italo-francesi, si è sviluppata esponenzialmente riscontrando la necessità di delineare un quadro giuridico chiaro ai fini della cooperazione: perciò, dopo vari incontri, i governi delle repubbliche italiana e francese decisero di sottoscrivere un “Accordo Quadro riguardante la cooperazione transfrontaliera tra collettività territoriali”, che fu redatto in modo definitivo e pubblicato a Roma nel 1993, e riconosceva in forma giuridica le numerose iniziative di cooperazione transfrontaliera già sviluppatesi da tempo tra le collettività locali della frontiera franco-italiana. Tale percorso storico evidenzia una particolare complementarietà dell’area transfrontaliera delle Alpi del Mare ed una volontà di integrazione che, con il tempo, da semplice collaborazione si è evoluta in un bisogno di operare attivamente nell’ambito della cooperazione in maniera più incisiva, con l’obiettivo di uno sviluppo integrato del territorio. La collaborazione interregionale deve costituire, quindi, la base per facilitare e supportare l’avvio di un’Euroregione franco-italiana, traguardo che

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necessita indubbiamente di una pianificazione gestita attraverso strumenti efficaci.

4.3 EUROCIN G.E.I.E.: IL MOTORE DI UN PROGETTO DI PIÙ AMPIE DIMENSIONI

Il 19 Maggio 1994 nasce l’ Eurocin G.E.I.E., il primo Gruppo di Interesse Economico in Europa tra le Camere di Commercio transfrontaliere di Cuneo, Imperia e Nizza.

Figura 4.3. Il Logo di Eurocin G.E.I.E. Fonte: www.eurocin.eu

A livello economico si è quindi individuato un Gruppo di Interesse Economico, uno strumento capace di dare una svolta importante all’integrazione tra i mondi economici: si tratta di una forma di società che permette ai suoi membri, senza compromettere l’indipendenza economica e giuridica, di esercitare insieme una parte delle proprie attività, anche di carattere economico.

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Si tratta, fondamentalmente, di uno strumento realizzato nell’ambito camerale franco-italiano che è stato capace di dare una forte spinta propulsiva allo sviluppo della cooperazione transfrontaliera, un punto di partenza per la realizzazione di un progetto di ben più ampie dimensioni. Grazie a questo strumento giuridico le imprese, appartenenti a Stati comunitari diversi, possono realizzare svariate forme di cooperazione transnazionale basate su uno stesso flessibile modello contrattuale riconosciuto e tutelato dai diritti interni e dal diritto comunitario, in quanto il Gruppo è un ente indipendente dotato di capacità giuridica piena ed autonoma, che gli consente di svolgere la propria attività esercitando un potere di rappresentanza e contrattazione molto più forte di quello che ciascun membro potrebbe esercitare individualmente. Possiamo anche definire il G.E.I.E. come “organismo associativo comunitario finalizzato a consentire agli imprenditori europei lo svolgimento di iniziative economiche comuni, la realizzazione di proficui rapporti di cooperazione internazionale, nonché la partecipazione congiunta a gare di appalto per la realizzazione di opere pubbliche o private”187, con l’obiettivo di incrementare la competitività delle Alpi del Mare e degli organismi ad esso correlati, in un contesto sempre più globalizzato ed ipercompetitivo. L’obiettivo è, quindi, favorire l’integrazione economica, culturale e scientifica attraverso lo sviluppo dei flussi transfrontalieri e la promozione della sua immagine comune sia all’interno che all’esterno dell’Euroregione delle Alpi del Mare188. Le Alpi del Mare rappresentano una regione di incontro fortemente voluta e determinata dal mondo economico e politico, il punto di arrivo 187 188

Cfr. A. Fiale, Diritto Commerciale, Simone, Napoli 1998. www.eurocin.eu.

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di una storia fatta di migrazioni e sodalizi che, per le generazioni future costituisce un territorio da organizzare, da costruire sui valori della libertà delle persone e della solidarietà dei popoli. Il 1999 vede l’apporto di notevoli modifiche statutarie che oggi consentono al G.E.I.E di operare nel rispetto di uno Statuto dotato di maggiore snellezza e flessibilità, che ne amplia il campo d’azione e semplifica l’accesso degli organismi operanti a livello locale, quali Camere di Commercio ed Istituzioni private che fanno parte dell’Euroregione delle Alpi del Mare. Tale Statuto è suddiviso in 35 articoli che focalizzano le strategie che il Gruppo intende perseguire nel breve e nel lungo periodo e, in particolare, il campo d’azione si estende ai seguenti oggetti sociali: Ricorrere a finanziamenti nazionali e comunitari per la realizzazione delle finalità sociali; Favorire la commercializzazione delle produzioni e dei servizi del territorio delle Alpi del Mare; Favorire la realizzazione delle infrastrutture relative alle vie di comunicazione essenziali allo sviluppo dell’Euroregione; Realizzare piani di promozione di vendita, campagne pubblicitarie ed attività di pubbliche relazioni; Organizzare studi, progetti e ricerche di mercato; Pubblicare e diffondere riviste e bollettini atti a far pervenire messaggi d’informazione alle imprese ed alle parti sociali che agiscono nel triangolo delle Alpi del Mare-Province di Cuneo e Imperia (Italia) Dèpartement des Alpes Maritimes (Francia);

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Compiere tutte le attività commerciali e finanziarie, mobiliari ed immobiliari, dirette ed indirette, necessarie alla realizzazione delle finalità sociali, fatta eccezione per le azioni proibite dalla legge; Gestire in nome proprio, come editore, attività pertinenti ai mezzi di comunicazione su carta stampata e non, inclusi i mezzi audiovisivi.189 Nell’ottobre 2000 l’Assemblea Generale dell’Eurocin G.E.I.E. ha ammesso ufficialmente undici nuovi membri: si tratta della Camera di Commercio di Asti, di Alessandria e di Genova, l’Unioncamere Piemonte, la Città di Cuneo, la Banca Regionale Europea, la SI.TRA.CI (Società Italiana del Traforo Ciriegia), l’Agenzia Turistica Locale di Cuneo, l’Autorità Portuale di Savona e, dal lato francese, le Camere di Commercio di Marsiglia e Tolone. L’Eurocin G.E.I.E si è dunque sviluppato, dal punto di vista geografico, all’interno del territorio delle Alpi del Mare, ed ha esteso progressivamente il proprio raggio d’azione dal nucleo centrale iniziale delle zone di Cuneo, Imperia e Nizza fino ai territori limitrofi di Alessandria, Asti, Torino, Genova, Savona, Marsiglia e Tolone. Possiamo quindi definire il G.E.I.E come interlocutore amministrativo accreditato presso la Commissione Europea e come organismo responsabile dei progetti di cooperazione transfrontaliera, in quanto è il primo attore privilegiato per l’attuazione di iniziative che i suoi membri desiderano realizzare utilizzando i fondi strutturali europei ed i diversi programmi comunitari.

189

Cfr. N. Merli, L’Euroregione delle Alpi del mare: esempio di cooperazione transfrontaliera per uno sviluppo socio- economico e territoriale integrato, Grafiche Amadeo, Imperia 2002, p. 28.

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E’ però importante ricordare, dal punto di vista storico-economico, la creazione, avvenuta nel 1997, di un gruppo di concertazione chiamato “Conferenza delle Tre Province”, che vede protagoniste le Province di Cuneo, Imperia ed il Dipartimento delle Alpi Marittime, riunitesi con la volontà di partecipare in modo coordinato ed omogeneo alla pianificazione territoriale dell’area transfrontaliera sulla base di specifici obiettivi quali: l’ottimizzazione delle grandi infrastrutture di comunicazione, lo sviluppo del turismo ed il ruolo delle attività ad esso connesse nelle economie locali e regionali, la gestione delle risorse e del territorio e l’occupazione del territorio190. Con l’avvio di tale cooperazione le tre collettività si sono impegnate a garantire il coordinamento nell’ambito della pianificazione omogenea. Inoltre, nell’ottobre del 1997, sempre nell’intento di favorire la creazione di un’Euroregione Alpi del Mare, i presidenti delle Unioni delle Camere di Commercio di Provence-Alpes-Cote d’Azur, Liguria e Piemonte hanno sottoscritto a Nizza, in occasione del convegno “Vers une Eurorégion”, una carta tri-regionale detta “Carta di Partenariato verso un’Euroregione”: l’accordo ha evidenziato le affinità e le potenzialità economiche, turistiche e culturali di queste regioni, nonché gli importanti scambi già avviati in numerosi settori tra i tre territori. Con tale Carta si è voluto potenziare le relazioni dell’area per promuovere un operato integrato su scala europea, fino alla previsione di Programmi comuni per l’intero territorio191. 190

La zona transfrontaliera ripropone la dualità degli spazi venendo a crescere la disparità tra i territori forti, quali spazi metropolitani, e quelli deboli 191 Tale iniziativa è strettamente collegata al progetto della regione delle Alpi del Mare. Grazie all’accordo di partenariato, sarà possibile puntare ad una maggiore integrazione delle economie delle tre regioni interessate, favorire la mobilità delle persone e dei beni nel loro ambito, sviluppare le attività turistiche, cercare soluzioni comuni rispetto alle problematiche ambientali e favorire iniziative collaterali di formazione. Così ha affermato Ferruccio Dardanello, Presidente della CCIAA di Cuneo.

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In definitiva, in questo territorio di confine franco-italiano sono finora state sviluppate sempre più rilevanti sinergie tra le Province di Nizza, Cuneo ed Imperia, parallelamente al più ampio progetto, in continua crescita,

di

cooperazione

transfrontaliera,

di

sviluppo

e crescita

dell’Euroregione Alpi-Mediterraneo.

4.3.1 PROFILO ISTITUZIONALE E MEMBRI

Come precedentemente indicato, Eurocin G.E.I.E nasce il 19 maggio 1994 ed è il primo Gruppo Europeo di Interesse Economico a nascere nell’ambito del nostro continente ad opera delle Camere di Commercio frontaliere di Cuneo, Imperia e Nizza (i cosiddetti Membri fondatori) , mentre oggi possiamo annoverare un numero molto più elevato di membri sia pubblici che privati, in seguito all’ampliamento avvenuto nel 2000. Le attività che possono essere svolte dal Gruppo sono molto vaste ed eterogenee ma devono risultare sempre attinenti all’attività economica dei suoi membri e devono avere carattere ausiliario della stessa; Eurocin G.E.I.E. opera, quindi, allo scopo di facilitare e sviluppare l’attività dei propri membri, di migliorare ed accrescere i risultati di tali attività, e, essendo dotato di capacità giuridica piena ed autonoma, può svolgere la propria attività esercitando un potere di rappresentanza e contrattazione molto più forte di quello esercitabile da ciascun membro individualmente. Il G.E.I.E. è quindi definibile come uno “strumento giuridico riconosciuto a livello comunitario” disciplinato da: Cfr. G.P. Marro, Cooperazione Piemonte-Liguria-Costa Azzurra, si sigla il documento tra le Camere di Commercio regionali”, in La Stampa, 27 ottobre, 1997, p.40.

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Regolamento CEE n. 2137/85 del 25 luglio 1985 (JOCE L. 199/1 del 31/7/1985); Decreto Legislativo n. 240 del 23 luglio 1991 (GURI n. 182 del 5/8/1991). Tale strumento dispone di formalità costitutive ed operative flessibili in materia di localizzazione, di funzionamento e di gestione semplificata e, grazie alla sua struttura elastica e leggera, consente ai suoi membri di cooperare per la realizzazione di parte delle loro attività senza comprometterne l’indipendenza economica e giuridica. Dall’analisi del regolamento precedentemente citato emerge una evidente flessibilità accordata al G.E.I.E. nell’ambito della scelta dei suoi obiettivi e questo consente alle imprese di poter contare su una notevole forza di rappresentanza e negoziazione: questo organo rappresenta un importante

“veicolo

di

cooperazione

direttamente

radicato

nell’ordinamento comunitario” e costituisce un elemento fondamentale per tutte le PMI del nord-ovest italiano interessate a partecipare a progetti di dimensione europea. Eurocin G.E.I.E. si è dotato di uno statuto articolato in 33 articoli divisi in VII titoli192 che definiscono: La struttura generale del Gruppo; Le modalità di finanziamento; I rapporti tra gli organi amministrativi e di controllo.193 Il Gruppo è inoltre regolato da un Regolamentoche precisa le condizioni di funzionamento, l’organizzazione interna ed i rapporti tra i membri.

193

www.eurocin.eu.

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L’organizzazione interna dell’Eurocin G.E.I.E. prevede la presenza di due organi che ne coordinano e controllano le attività: si tratta del Collegio dei Membri e del Collegio dei Revisori. Il Collegio dei Membri è composto dai due Membri fondatori che designano, ognuno, tre rappresentanti persone fisiche per presenziare alle assemblee ed alle riunioni, e dai Membri Associati, i quali designano anch’essi una persona fisica ciascuno. Ad oggi tale organo si compone, per la CCIAA di Cuneo, di Ferruccio Dardanello (Amministratore Delegato Eurocin G.E.I.E.), Sebastiano Dutto e Giorgio Rivarossa, mentre per la CCI Nice Cote d’Azur, di Gilbert Stellardo (Presidente Eurocin G.E.I.E.) , Gérard Louis Bosio e Christian Bovis; per la CCIAA di Alessandria Luigi Boano, per quella di Asti Mario Sacco, per quella di Genova Paolo Odone, per l’Unioncamere Torino Renato Viale, per l’Agenzia di Turismo Locale di Cuneo Gianni Vercellotti, per l’Autorità Portuale di Savona Rino Canavese, per la BreBanca Elvio Viano e per il Comune di Cuneo Renato Ariaudo. Il Collegio dei Revisori Contabili è invece composto dal Presidente del collegio stesso, Domenico Carboneri, da Antonio Semeria e JeanPierre Isaia. Il Gruppo Europeo di Interesse Economico conta, oggi, al suo interno, undici membri associati:

CCIAA ALESSANDRIA;

124


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CCIAA ASTI;

CCIAA CUNEO;

CCIAA GENOVA;

CCI NICE COTE D’AZUR;

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ATL CUNEO;

AUTORITA’ PORTUALE SAVONA VADO;

BANCA REGIONALE EUROPEA;

COMUNE DI CUNEO;

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SITRACI – Società italiana traforo Ciriegia – MERCANTOUR;

UNIONCAMERE PIEMONTE.

Ciascun membro, all’atto dell’adesione, versa un diritto di ingresso che va a creare il fondo di dotazione iniziale al quale, per definire le reali disponibilità finanziare del Gruppo Europeo di Interesse Economico, dobbiamo sommare le quote annuali a carico dei Membri, le contribuzioni per il funzionamento amministrativo e il finanziamento delle operazioni decise annualmente dal Collegio dei Membri, la remunerazione dei servizi resi dal Gruppo ai suoi Membri e qualsiasi altra risorsa autorizzata dal regolamento CEE e dalla legge nazionale.

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4.4 LA NASCITA DELL’EUROREGIONE ALPI-MEDITERRANEO La creazione di un’Euroregione è un progetto che nasce sul piano regionale ed ha avuto, inizialmente, come obiettivo principale quello di favorire la crescita integrata di Piemonte, Liguria e PACA attraverso l’implementazione di una cooperazione transfrontaliera crescente. Tali azioni di sviluppo integrato hanno portato ad un ulteriore allargamento dei confini dell’Euroregione che, in seguito alla ratifica del protocollo d’intesa firmato il 18 luglio 2007, ha visto la creazione dell’Euroregione Alpi – Mediterraneo, che è ufficialmente nata il 10 ottobre 2007. Il protocollo di intesa di Bard (Valle d’Aosta) ha seguito il percorso avviato nel luglio del 2006 a Torino con la Dichiarazione di intenti per la costituzione di questa nuova Euroregione Alpi – Mediterraneo194, in quanto i firmatari si sono anche impegnati a costituire un Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale, il GECT, previsto dal Regolamento Cee 1082/2006, con l’obiettivo di avviare una concreta cooperazione nei comuni settori di competenza. Il GECT (Gruppo di cooperazione territoriale) è uno strumento giuridico europeo di cooperazione a livello comunitario, che consente a gruppi cooperativi regionali di attuare progetti cofinanziati dalla Comunità e realizzare azioni su iniziativa degli Stati membri: tale strumento è stato istituito il 5 luglio 2006 dal sopra citato regolamento del Parlamento Europeo e vi hanno dato attuazione solo Bulgaria, Romania, Ungheria,

194

Tale Dichiarazione d’intenti è stata siglata dai Presidenti della Regione Piemonte (Mercedes Bresso), della Regione Liguria (Claudio Burlando), della Regione Valle d’Aosta (Luciano Caveri), della Regione PACA (Michel Vauzelle), della Regione Rhone – Alpes (Jean-Jack Queyranne).

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Regno Unito e Francia195 con l’obiettivo di agevolare e promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale tra i suoi membri.

Figura 4.4 Il logo del GECT – Gruppo di cooperazione territoriale Fonte: www.eurocin.eu

Il GECT ha, quindi, il fine di rafforzare i legami politici, economici, sociali e culturali del territorio in oggetto, che potrebbe essere considerato il cardine tra l’Europa ed il Mediterraneo, attraverso la ricerca dei finanziamenti europei per realizzare il piano d’azione adottato dalla Conferenza dei Presidenti. Le cinque regioni componenti l’Euroregione Alpi – Mediterraneo si stanno attivando per la realizzazione di una convenzione e di uno statuto previsti dal Regolamento per costituire il Gect, con il supporto della Mission Opérationnelle transfrontalière (Mot). La presentazione ufficiale dell’Euroregione Alpi Mediterraneo è avvenuta a Bruxelles il 10 ottobre 2007 e, alla base di tale iniziativa, è evi195

L’Italia non ha ancora dato attuazione a questo regolamento.

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dente l’intenzione e la volontà dei Presidenti delle cinque regioni coinvolte di concertarsi e coordinare le proprie azioni su tematiche politiche cruciali per i territori, in un’ottica di creazione di valore e continuo miglioramento. Tali tematiche sono fondamentalmente: Ambiente; Ricerca ed innovazione; Cultura; Turismo; Energia; Trasporti; Partecipazione dei cittadini. A dimostrazione della crescente integrazione e cooperazione tra queste aree il 17 ottobre 2007 si è svolto a Nizza il primo Convegno ufficiale tra le Camere di Commercio transfrontaliere, mentre il 31 gennaio 2008 è stata inaugurata la nuova sede dell’Euoregione Alpi Mediterraneo a Bruxelles. Le regioni italiane e francesi componenti questa nuova realtà allargata, come evidenziato dalla cartina, sono cinque: Piemonte; Liguria; Valle d’Aosta; Provence – Alpes – Cote d’Azur (PACA); Rhone – Alpes. Le regioni hanno stabilito di affidare la Presidenza dell’Euroregione a turno ad una regione: il primo semestre 2008 ha visto affidare la carica alla regione francese della Provence – Alpes- Cote d’Azur, mentre per il secondo è stata attribuita al Presidente della regione Liguria Claudio

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Burlando; a tal proposito, nell’ambito della riunione svolta ad Arles il 23 giugno 2008, è stato predisposto e presentato il Programma relativo alla presidenza ligure del secondo semestre del 2008.

Figura 4.3 La cartina dell’Euroregione Alpi - Mediterraneo Fonte: www. eurocin.eu

Tra i numerosi obiettivi che l’Euroregione Alpi – Mediterraneo si è posta vi è una politica molto ambiziosa rivolta soprattutto al sostegno delle iniziative dei giovani ed alla collaborazione internazionale e trasversale ai diversi settori quali lo sviluppo, l’innovazione, la cultura, il turismo, i

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trasporti e la formazione universitaria e non. Ad ogni regione componente l’Euroregione Alpi - Mediterraneo è inoltre stata assegnata la gestione e la responsabilità di un definito settore in cui operare principalmente: il Piemonte si occupa di trasporti ed accessibilità, la Liguria di turismo e cultura, la Valle d’Aosta di educazione e formazione, la Provence - Alpes – Cote d’Azur di innovazione e ricerca e la Rhone Alpes di ambiente e sviluppo sostenibile. La nuova Euroregione Alpi Mediterraneo rappresenta quindi un importante regione europea, decisamente complementare dal punto di vista economico e territoriale e caratterizzata da una buona omogeneità etnica, che racchiude al suo interno importanti realtà urbane di rilevanza internazionale, sia italiane che francesi, quali Torino, Genova, Marsiglia, Nizza e Lione. In questa ottica di coordinamento il semestre di Presidenza della Regione Liguria ha l’obiettivo di concretizzare sotto tutti i punti di vista l’istituzione di un Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT) e di coordinare i cinque settori nei quali l’Euroregione Alpi Mediterraneo ha intenzione di intervenire: si tratta dei cinque ambiti precedentemente indicati, che saranno gestiti attraverso l’implementazione di otto progetti strategici previsti dal Programma Alcotra relativi alla Prevenzione dei Rischi, Energie Rinnovabili, Qualità dell’aria, Trasporti, Sistemi Produttivi e Innovazione Tecnologica, Turismo, Istruzione ed Informazione, che rappresentano la base per un’attuazione concreta delle priorità politiche dell’Euroregione Alpi – Mediterraneo. Il turno di Presidenza della regione ligure è iniziato il 1 luglio 2008 e, al fine di ottenere una maggiore linearità e completezza dell’attività di pianificazione semestrale, la Regione Liguria ha ricercato una stretta col-

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laborazione e sinergia con gli enti locali e le istituzioni sul territorio piemontese.

4.5 IL

TERRITORIO E LA COOPERAZIONE NELL’EUROREGIONE

ALPI –

MEDITERRANEO Il territorio dell’Euroregione in analisi si è, quindi, recentemente ampliato in seguito all’adesione della regione francese Rhone – Alpes e di quella italiana della Valle d’Aosta. Oggi tale territorio transfrontaliero copre una superficie di circa 110.000 kilometri quadrati e conta una popolazione di circa 17 milioni di abitanti; è situato nella parte centrale dell’Arco Mediterraneo ad uguale distanza tra le due estremità meridionali dell’Europa occidentale ed all’incrocio di fondamentali della circolazione tra Est ed Ovest dell’Europa. Si tratta di una euroregione composta da territori complementari sotto tutti i punti di vista, che si estende dai ghiacciai alpini alle coste del Mediterraneo, unita da secoli di storia e da un’unica matrice linguistico-culturale; le lingue ufficiali di questa regione sono l’italiano ed il francese, unitamente al franco-provenzale, al provenzale occitano ed al walser. Come precedentemente indicato, obiettivo di questa Euroregione è pianificare ed implementare un’azione comune nell’ambito di tutte le tematiche per le quali la cooperazione transfrontaliera gioca un ruolo predominante “mais c’est aussi pour consolider tout ce qui nous rapproche culturellement”196.

196

Afferma Michel Vauzelle, Presidente della Regione Provence Alpes Cote d’Azur ed anche Presidente del primo semestre 2008 dell’Euroregione Alpi – Mediterraneo.

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4.5.1 LE CINQUE REGIONI L’Euroregione Alpi – Mediterraneo si compone di Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria per quanto riguarda lo stato italiano, e di Provence – Alpes – Cote d’Azur e Rhone – Alpes per quello francese.

Figura 4.4: Euroregione Alpi-Mediterraneo da satellite. Fonte: www.alpmed.eu.

La Valle d’Aosta è la più piccola regione italiana, ed anche della realtà euroregionale Alpi – Mediterraneo, e si estende per 3.264 kilometri quadrati, corrispondente a circa l’ 1% del territorio della nostra penisola197.

197

A. Vallega, B. Cassanello, Geografia dell’ambiente e dello sviluppo – Le regioni italiane, Le Monnier, 1994 Firenze, p. 193.

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Figura 4.5: Cartina fisica Regione Valle d’Aosta. Fonte: www.globalgeografia.com.

La popolazione è di circa 120.000 abitanti e, date le peculiarità territoriali e transfrontaliere, questa regione gode dello statuto speciale e può a tutti gli effetti considerarsi bilingue, in quanto il francese ha parità di diritti con l’italiano. Il capoluogo regionale è la città di Aosta, unico nucleo provinciale urbano considerevole, affiancato da altri piccoli ma noti centri come Saint-Vincent, Courmayeur, Valtournenche e Cogne. Questa piccola regione è incastonata nella catena montuosa delle Alpi ed è circondata dalle montagne più alte d’Europa, le cosiddette “quattro 4000”: il Monte Bianco (4.810 m), montagna scolpita nel granito e seconda in Europa solo al caucasico Eltrus, il Monte Cervino (4.478 m), dalla caratteristica forma piramidale, il Monte Rosa (4.364 m), seconda in Europa per altezza, ed il Gran Paradiso (4061 m), unico tra i tre rilievi interamente compreso in territorio italiano. La notevole elevazione dei complessi montuosi valdostani comporta la presenza di numerosi ghiac-

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ciai, mentre dai fianchi dalle montagne si diramano valli di versanti ripidi, coperti di foreste di pini ed abeti, sul cui fondo scorrono acque limpide ed impetuose, nella maggior parte dei casi affluenti di destra e di sinistra della Dora Baltea198, il principale corso d’acqua regionale. Il patrimonio naturale culturale è sicuramente la risorsa di maggiore impatto e redditività della realtà valdostana e si caratterizza per il noto Parco del Gran Paradiso, per il Parco del Mont Avic, per le numerose riserve naturali, i giardini botanici e di rocce; la flora valdostana, frutto di biodiversità e tutela ambientale, vanta la presenza di circa 2000 specie diverse quali il raro pino cembro e le varie specie di Achillea utilizzate per la produzione locale di Genepy199. Inoltre, l’ampia varietà di ambienti con caratteristiche climatiche e vegetazioni differenziate consente di osservare una notevole varietà di specie animali aventi disparate esigenze ecologiche e origini geografiche tra i quali spiccano lo stambecco (in particolare la specie Fiocco di Neve), il camoscio, il cervo e la volpe. Oltre al percorso culturale, fortemente improntato dalla storia romana e dall’arte sacra, assume rilievo fondamentale l’enogastronomia e la tradizione culinaria montana, nota per produzioni tipiche quali la fontina Dop, il lardo di Arnad, le differenti qualità di insaccati e carne ed il miele; inoltre, piatti tipici come la polenta concia, il civet di camoscio e la crema di Cogne, per la loro particolarità e perché spesso serviti in rifugi e piccole strutture ricettive locali, trasmettono i sapori e le tradizioni della terra valdostana. Tutte queste caratteristiche, unitamente ad un florido allevamento bovino, ad un ben sviluppato artigianato locale e ad un settore industriale 198

A sud, gli affluenti di destra della Dora Baltea scorrono nella Valle di Cogne, nella Valsavarenche, nella Val di Rhemes e nella Valgrisenche mentre a nord, quelli di sinistra percorrono la Valpèlline, la Valtournenche, la Val d’Ayas e la valle di Gressoney. 199 www.regione.vda.it

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ben avviato grazie a giacimenti di carbone, di minerali di ferro ed abbondante energia elettrica, fanno della Valle d’Aosta una regione piuttosto completa, anche se il turismo resta la risorsa fondamentale per l’economia locale. Dagli anni Novanta si è sviluppato una forma di turismo sostenibile volto alla conservazione ed alla protezione del patrimonio naturale, fonte di ricchezza e punto da sviluppare per una continua creazione di valore ed un crescente incremento della competitività del territorio. Unitamente a questo aspetto è fondamentale sottolineare l’indole e la cultura degli abitanti, improntate a una cordialità e ad un’esuberanza che derivano, con buona probabilità, da antichi contatti con la tradizione francese dell’antica Provenza, e la vocazione turisticosportiva, che ha visto nascere qui attività come l’escursionismo e l’alpinismo: questa antica tradizione ha ricevuto, negli ultimi decenni, un impulso formidabile grazie al boom degli sport invernali, che, soprattutto in seguito alle Olimpiadi Invernali di Torino 2006, ha proiettato questa piccola regione fra i paradisi internazionali dello sci. La Valle d’Aosta è quindi attraversata da vie di comunicazione di fondamentale importanza per l’Europa: oltre alla rete autostradale che collega Aosta con Torino, il traforo del Monte Bianco (una galleria di circa 11 kilometri) ed il colle del Piccolo San Bernardo permettono di raggiungere il territorio francese, dove importanti vie di traffico collegano il sud-est della Francia, mentre la Svizzera si raggiunge attraverso il traforo del Gran San Bernardo. Il Piemonte è situato nel nord-ovest italiano e si estende su una superficie di 25.399 kilometri quadrati, pari all’ 8.4% della superficie italiana200, con 4.214.670 abitanti circa201. 200

A. Vallega, B. Cassanello, Op. Cit., p. 116.

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Il nome Piemonte deriva dalla parola latina pedemontum, che nel Medioevo era utilizzata per indicare qualsiasi territorio posto ai piedi dei monti: va da sé che la regione sia così denominata in quanto collocata in una zona delimitata su tre lati dalle Alpi e dall’Appennino Ligure.

Figura 4.6: Cartina fisica Regione Piemonte. Fonte: www.globalgeografia.com

Nella catena alpina si incontrano le Alpi Marittime, le Alpi Cozie, un tratto delle Alpi Graie, una parte delle Alpi Pennine e un tratto delle Alpi Lepontine. Paesaggisticamente si tratta di imponenti montagne, caratterizzate da paesaggi di nuda roccia, ghiacciai, corsi d’acqua piuttosto im-

201

www.comuni-italiani.it.

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petuosi e versanti ripidi: dalle pendici del Monviso nasce il Po e in quasi tutte le valli piemontesi scorrono i suoi affluenti202, mentre troviamo anche due importanti laghi, quello Maggiore ed il Lago d’Orta. Torino è il capoluogo della regione ed è situato nel cuore del Piemonte, al centro di una pianura caratterizzata da lievi ondulazioni, che rendono più vario il paesaggio rispetto alla pianura lombarda con cui confina: all’interno della pianura si estende, infatti, una fascia di colline i cui versanti esposti a mezzogiorno si adattano molto bene alle coltivazioni di vigneti che comprende le Colline del Po, il Monferrato e le Langhe203. La città di Torino, e con essa l’intera regione piemontese, è stata protagonista, negli ultimi anni, di un notevole sviluppo culminato con il successo delle Olimpiadi Invernali del 2006, che hanno permesso al capoluogo del Piemonte di farsi conoscere ed apprezzare in tutto al mondo in una nuova chiave turistica comprendente le peculiarità storiche, culturali e la rinomata tradizione enogastronomica. Storicamente la città di Torino nasce nel III secolo a.c., quando le prime tribù taurine si insediarono lungo le rive del Po, e, nel periodo dell’espansione romana fu teatro di guerre ed alleanze con Roma, fino alla fondazione di una vera propria postazione militare che, sotto Augusto, prese il nome di Augusta Taurinorum nel 29-28 a.c. Tra il Sei ed il Settecento, Torino visse un fecondo periodo da capitale dello stato sabaudo, caratterizzato da una importante stagione di arte e cultura e da una prima fase di sviluppo dell’ancora attuale modello di città “ordinata” con strade e grandi corsi allineati. Il Risorgimento vide la città divenire dapprima capitale del Regno d’Italia,dall’anno della proclamazione al 202

Sono affluenti di sinistra la Dora Riparia, la Dora Baltea ed il Sesia, mentre sono di destra il Tanaro e lo Scrivia. 203 Cfr. www.turismotorino.org

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1864, e, in seguito, un importantissimo polo industriale con la nascita della FIAT (Fabbrica Italiana Automobili Torino): l’inizio del ventesimo secolo rappresentò un momento di forte ripresa e di sviluppo tumultuoso caratterizzato dalla nascita della grande industria e dalla conseguente immigrazione dal sud Italia. La città di Torino ed il relativo circondario assumono, nel periodo del boom economico italiano, il sinonimo di Fiat e di indotto del settore automobilistico, con tutte le conseguenze positive e negative del caso: la città è quindi spesso associata ad uno stereotipo triste di aggregato urbano puramente industriale che mette in ombra la storia, la cultura e tutte le peculiarità più vivaci ed interessanti che la caratterizzano. La svolta arriva all’inizio degli anni Novanta, quando Torino ha avviato un percorso che l’ha trasformata da capitale dell’industria, settore che ancora oggi ricopre un ruolo fondamentale nell’economia del territorio, a polo dell’innovazione, della cultura e della qualità della vita. In un’ottica di creazione di valore per il territorio, la città ha saputo trasformarsi da luogo della produzione materiale a centro di creazione e diffusione della conoscenza, in un percorso che richiede nuove infrastrutture di formazione e di conoscenza condivise, di opportunità per i giovani e di qualità dell’ambiente. Le Olimpiadi Invernali del 2006 hanno dato una incredibile spinta propulsiva a tutti i settori dell’economia piemontese, soprattutto a quello turistico-ricettivo, ed hanno rivelato al mondo una città inaspettata, non solo per chi ancora non fosse in grado di collocarla sulla carta geografica, ma a anche a coloro i quali già la conoscevano, rappresentando un importante traguardo di un profondo processo di trasformazione che da tempo la città ha intrapreso204.

204

Cfr. www.comune.torino.it

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Oltre al capoluogo la Pianura Padana ospita le città di Novara, Verbania, Vercelli e Biella. Mentre quest’ultima si distingue per essere il più noto centro tessile dell’industria italiana, in particolare per la lavorazione della lana di alta qualità, Novara ha origini antichissime e, oltre a possedere ottime industrie, rappresenta un grande mercato per i prodotti agricoli della pianura e della collina ed è situata al centro di una delle più importanti aree di risaie italiane; anche Vercelli è nota per la produzione e la lavorazione del riso, mentre Verbania, nata dalla fusione di Intra e Pallanza, è un importante nodo commerciale. Cuneo, oggi una delle città più vivaci e dinamiche del Piemonte, si caratterizza per un’economia prevalentemente volta alla trasformazione di prodotti locali e molto proiettata agli scambi transfrontalieri, che ha recentemente visto un buon sviluppo industriale in ambito chimico e meccanico. Ad Alba, in provincia di Cuneo, inoltre si è sviluppata la nota multinazionale dolciaria Ferrero, in continuo sviluppo ed espansione. Asti, invece, sorge tra le colline, ha origini antichissime e si è sviluppata prevalentemente grazie alle note industrie vinicole, al mercato del tartufo, delle nocciole e dell’uva. Alessandria vede convergere le vie di comunicazione tra Genova e Milano, e tra Torino e l’Emilia-Romagna e ha conseguentemente sviluppato

prevalentemente

funzioni

commerciali

per

i

prodotti

dell’agricoltura e dell’allevamento. La regione piemontese è quindi molto variegata dal punto di vista geografico e produttivo e rappresenta, oggi, una della zone più attive, dinamiche ed in crescita del panorama italiano. Proseguendo nell’analisi geo-economica del territorio, a sud del Piemonte si incontra la Liguria.

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La Liguria ha una superficie di 5.418 kilometri quadrati, pari all’1,8% della superficie italiana, con una popolazione di 1.676.000 abitanti205.

Figura 4.7: Cartina fisica Regione Liguria. Fonte: www.globalgeografia.com.

La conformazione geomorfologica di questa regione stretta tra mare e monti è molto particolare in quanto il territorio è costituito quasi interamente da monti e alture, per la maggior parte direttamente affacciati sul Mar Ligure. La catena montuosa ligure si divide in due parti che appartengono, rispettivamente, alle Alpi ed agli Appennini ed hanno forme, paesaggi e caratteristiche ben diverse: dal confine con la Francia al Colle di Cadibona, esattamente alle spalle della città di Savona, si estendono le Alpi Marittime, montagne aspre e massicce con una fittissima copertura boschiva. Dal Colle di Cadibona, procedendo verso est, si incontra

205

A. Vallega, B. Cassanello, Op. Cit., p. 77.

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l’Appennino Ligure, che è formato da rilievi più bassi di quelli alpini, da valli più ampie e boschi più radi206. Il territorio montuoso ligure, occupando più del 65% della regione, ha da sempre influenzato il modo in cui i liguri hanno organizzato lo spazio in cui vivono: la totale assenza di pianure ha infatti costretto la popolazione a costruire abitazioni ed interi paesi “arrampicati” sulle pendici delle colline o addirittura sulle coste dirupate, o a costruire piattaforme che avanzano nel mare dove sono installati importanti impianti portuali, grandi industrie ed anche l’aeroporto di Genova207. Genova, capoluogo della regione, rappresenta molto bene l’economia dell’intera Liguria, basata fondamentalmente sul connubio industrie portuali e turismo. Metropoli di mare che vanta un passato storico decisamente importante, possiede antiche tradizioni legate alla cultura della marineria non solo di area mediterranea208 e oggi è una delle più importanti e popolose aree metropolitane italiane, con 878.000 abitanti. In passato è stata sede considerevole dell’industria pesante, oggi in parte dimessa o de localizzata, ed è tuttora un fondamentale polo econonomico che ha saputo far rifiorire la sua attività portuale, tornando a competere con quello francese di Marsiglia – Fos, per il primato nell’Euroregione Alpi Mediterraneo. Inoltre, Genova nel 2004 è stata Capitale europea della cultura, e, nel 2006, una parte del suo centro storico è stata inclusa fra i patrimoni dell’umanità UNESCO. Genova è infatti anche un’importante città d’arte, da sempre luogo di intensi scambi commerciali, come testimoniato dal suo passato di repubblica marinara, che vanta il più grande centro storico medievale 206

www.regione.liguria.it Cfr. A. Vallega, B. Cassanello, Op. Cit., p. 78 sg. 208 Genova è anche conosciuta con gli appellativi di Superba o Dominante dei mari, cfr www.wikipedia.it. 207

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d’Europa attraversato da un fitto reticolo di vicolo dove è possibile cogliere l’anima multiculturale della città209. Oltre al capoluogo, anche le città di La Spezia e Savona possiedono un importante porto, situati, rispettivamente, a est e a ovest di Genova. La Spezia si trova all’estremo levante della regione ligure, a pochi kilometri dal confine toscano ed è il secondo comune più popoloso della regione; si affaccia su un profondo golfo, anche conosciuto come Golfo dei Poeti, e deve il suo sviluppo economico e sociale alla costruzione dell’Arsenale Militare nella seconda metà dell’Ottocento per volontà di Cavour ed alla correlata costruzione di importanti industrie specializzate in vari settori. Negli anni Ottanta tali attività sono state per la maggior parte dismesse e tale avvenimento ha causato un periodo piuttosto critico per l’economia spezzina, oggi in parte risolto grazie ad un notevole potenziamento del settore del turismo, i cui punti di forza sono la dotazione naturale di centri turistici noti in tutto il mondo, come le Cinque Terre, e la nascita di moltissimi agriturismi sia nelle valli che sulla costa. Savona è invece situata sulla riviera ligure di ponente, alla congiunzione dell’Autostrada dei Fiori, che unisce Genova con Ventimiglia, e l’Autostrada A6 Savona – Torino. Come precedentemente indicato il porto di Savona è molto rilevante nell’economia di questa città, in quanto fulcro di traffico di merci, soprattutto materie prime, e scalo crocieristico di primaria importanza grazie alla presenza della moderna stazione marittima Palacrociere. Inoltre, a conferma della fortissima correlazione esistente tra le regioni transfrontaliere analizzate in questo ambito, è interessante osservare

209

Cfr. www.turismoinliguria.it

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come alla città di Savona sia attribuita l’invenzione del sapone, in francese, appunto, chiamato “savon”. Il comune di Imperia è invece situato sulla nota Riviera dei Fiori e nacque nel 1923210, per volere di Mussolini, dall’unione di undici comuni limitrofi: la città è note per il notevole insediamento di aziende alimentari, soprattutto olearie e di pasta, ma nel tempo ha saputo sviluppare anche il settore terziario e quello turistico. Lungo tutta la costa ligure sorgono centri turistici molto noti: Camogli, Santa Margherita, Portofino, Rapallo e Chiavari nella Riviera di Levante, Alassio, Sanremo e Bordighera in quella di Ponente. Spostando l’attenzione oltre il confine italo- francese, ad ovest della regione ligure, si incontra la regione Provence Alpes – Cote d’Azur, situata nel sud-est della Francia e bagnata dal Mare Mediterraneo; questa regione ha una superficie di circa 31.400 kilometri quadrati, corrispondente a circa il 4.8% del territorio francese e presenta un territorio molto eterogeneo211. La regione PACA comprende sei dipartimenti: il primo è quello delle Alpes- de-Haute-Provence, che hanno come capoluogo Digne-les-bains, mentre quello delle Alpes Maritimes comprende la zona di Grasse, caratterizzata dalle cittadine di Antibes e Cannes e i cui abitanti sono chiamati “provencaux”, e quella di Nice, i cui abitanti sono chiamati “nicards”o “nissarts”. Il terzo dipartimento è quello di Bouches-duhRhone, che ha come capoluogo la città di Marseille, anche capoluogo regionale dell’intera PACA, mentre il quarto dipartimento è quello delle Haute Alpes, con il suo capoluogo Gap; il dipartimento del Var ha come capoluogo la città di Toulon e, infine, quello della Vaucluse ha Avignon. 210

www.comune.imperia.it Cfr. N. Merli, Op. Cit., p. 39.

211

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Questa regione è separata dall’Italia dalla catena montuosa delle Alpi Meridionali e confina a nord con la regione Rhone-Alpes e ad ovest con la Languedoc-Roussillon, di cui il fiume Rhone delimita il confine, e rappresenta uno dei territori più belli dell’esagono francese in quanto pieno di contrasti, sia dal punto di vista paesaggistico che di popolazione, densa sulla costa e molto più rada nell’entroterra; anche il clima ha evidenti caratteristiche duali ed è mediterraneo sulla costa e decisamente più fresco e montano man mano che ci si spinge verso l’interno, influenzando quindi anche la vegetazione e la fauna, che varia molto da zona a zona. Questa morfologia così ricca e diversificata ha permesso lo sviluppo di un’agricoltura molto varia di frutta e verdura, ad esempio in Vaucluse, e di vigneti e erbe aromatiche, come la lavanda, sulle pendici dei monti. Il turismo resta uno dei settori trainanti l’economia di questa regione tant’è che la PACA risulta essere la prima regione francese in termini di turismo interno e la seconda nell’ambito di quello esterno: è proprio l’estrema diversità a rappresentare il punto di forza di questo settore, dato che permette di implementare molte delle più importanti forme di turismo, da quello balneare e nautico a quello urbano e storico, da quello rurale ed ecologico a quello prettamente sportivo. Vi sono, inoltre, tre parchi nazionali, quattro parchi regionali e moltissime riserve naturali, affiancate da un ricchissimo patrimonio culturale e da numerosi eventi di portata internazionale (uno su tutti, il celeberrimo Festival del Cinema di Cannes). Data la notevole potenzialità turistica, che naturalmente fluttua a seconda della stagione, la PACA ha sviluppato una capacità ricettiva molto

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elevata, pari al 12% di quella totale francese, e si stima che il turismo, sul Pil regionale, pesi circa per il 12.2%, a fronte del 6.6% nazionale212. Come per il Piemonte, anche la cultura enogastronomica gioca un ruolo fondamentale in ambito turistico-ricettivo: la PACA vanta note specialità quali la Bouillabaisse, la Tapenade, la Pissaladière, la Socca, la Salade Nicoise, i Beignets e la Navette de Marseille213. Degna di nota risulta essere la rete di trasporti della regione, che vanta l’ Aeroporto di Nice Cote d’Azur, secondo solo a Parigi, e quello di Marseille Provence, le reti metro e tramway , i porti di Nice, Toulon e Marseille ed i numerosi porti di turistici di Antibes, Mandelieu-La Napoule e Saint Tropez214.

A nord della regione PACA si estende la regione francese Rhone- Alpes, sempre situata nella Francia sud-orientale con una superficie di 43.698 kilometri quadrati e suddivisa in otto dipartimenti: l’ Ain, l’ Ardèche, il Drome, l’Isère, la Loire, il Rhone, la Savoie e la Haute Savoie. Situata fra Parigi e la Costa Azzura, alle frontiere della Svizzera e dell’Italia, la regione Rhone-Alpes è localizzata al crocevia dell’Europa ed è dota di eccellenti collegamenti ferroviari, di un’ampia rete autostradale e dei due aeroporti internazionali di Lyon e Ginevra. Il paesaggio offre scenari molto variegati composti da montagne ricoperte da ghiacciai, come il Monte Bianco e le Gole dell’Ardèche, più dolci vallate con vigneti, campi di lavanda ed oliveti, e abbondanti acque lacustri, data la presenza in questa regione di tre dei maggiori laghi francesi, cioè il Lago Lemano, il Lago di Bourget e quello di Annecy. 212

Cfr. www.crt-riviera.fr. www.decouverte-paca.fr. 214 www.regionpaca.fr. 213

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CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

Più del 50% del territorio è considerato montano in quanto situato ad un’altezza superiore ai 500 m e la metà della superficie della regione è costituita da spazi a dominanza urbana, contro il 41% medio delle altre regioni francesi, tant’è che l’agglomerato urbano del capoluogo Lyon è terzo dopo Paris e Marseille, e quelli di Grenoble e Saint Etienne superano i 250.000 abitanti, seguiti da cinque altre città importanti come Annecy, Bourg-en-Bresse, Chambéry, Roanne e Valence. Il capoluogo della Rhone-Alpes Lyon è anche capoluogo del dipartimento del Rhone, e si è sviluppata nella vallata alla confluenza tra i fiumi Saone e Rhone; come la regione a cui appartiene, si distingue per una particolare dinamicità dal punto di vista delle innovazioni, soprattutto nei cinque poli di competitività lionnesi: bio-salute, chimico-ambientale, sistema dei trasporti, intrattenimento digitale e tecnico-tessile. E’ interessante la presenza de “La Halle de la Martinière”, mercato storico lionese situato in una delle principali piazze della città, e la recente “Les Halles Paul Bocuse” che raggruppano cinquantotto attività commerciali e rappresentano il fulcro della gastronomia di qualità lionnese215. E’ fondamentale citare la vocazione industriale ed innovativa di questa regione che, unitamente alle regioni Lombardia, Baden-Wurttemburg e la Catalogna rappresenta una delle quattro forze economiche trainanti dell’Unione Europea. Dal punto di vista economico, infatti, la Rhone-Alpes è situata nelle vicinanze di importanti mercati, al cuore di principali assi di comunicazione europei ed è dotata di risorse umane qualificate, che le hanno permesso di implementare uno sviluppo dinamico del tessuto produttivo locale, che ha saputo recentemente adattarsi all’evoluzione della filiera 215

www.lyon.fr.

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elettronico-digitale, dei nuovi materiali, delle industrie legate alla salute o utilizzatrici di biotecnologie; inoltre, rappresentano un punto forte dell’economia locale le attività legate alla meccanica, alla plasturgia ed al settore tessile che trovano ottimi sbocchi commerciali, anche transfrontalieri, in settori chiave come quello dell’automobile. La regione, prima in Francia per la produzione energetica, si caratterizza per l’alto livello di capacità di innovazione in numerosi settori, posizionandosi al nono posto nella classifica dell’Unione Europea per la richiesta di brevetti, data la notevole qualità della formazione ingegneristica locale. Inoltre, l’economia regionale è molto attiva dal punto di vista internazionale e il numero delle grandi, ma anche piccole e medie imprese, straniere qui stabilitesi è in continua crescita, favorendo anche lo sviluppo di un completo ed innovativo settore dei servizi alle imprese basato sull’informatica, l’ingegneria ed il lavoro temporaneo216. La regione possiede anche i più grandi ed importanti impianti sciistici del mondo che, oltre ad aver permesso lo svolgimento in questa sede dei giochi olimpici invernali per tre volte, insieme ad oltre sessanta percorsi per il golf, danno notevole importanza al settore turistico-sportivo217. 4.5.2 GLI AMBITI DELLA COOPERAZIONE DELL’EUROREGIONE

Le cinque regioni presentate hanno, quindi, caratteristiche molto varie e complementari, che fanno dell’Euroregione Alpi-Mediterraneo una delle zone più interessanti e competitive dell’Unione Europea: la cooperazione transfrontaliera, ai fini di un’Europa sempre più integrata e coe216

Cfr. www.rhone-alpes.cci.fr. Cfr. www.rhonealpes.fr.

217

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sa, ha assunto una notevole importanza perché in grado di porre fine a tutte le disparità transfrontaliere e favorire una concreta unione economica, politica e sociale. La cooperazione economica tra Italia e Francia offre alle aziende maggiori opportunità di accesso alle risorse produttive e di apertura verso nuovi mercato sul versante opposto del confine in quanto è in grado di combinare e sfruttare la suddetta complementarità e le specializzazioni delle diverse imprese, condividendo le risorse e creando fondamentali sinergie euro regionali. Come evidenziato nell’analisi precedente, il turismo costituisce un importante elemento catalizzatore per l’adeguamento strutturale e lo sviluppo dell’area Alpi – Mediterraneo e, attraverso la cooperazione promozionale e turistica, è possibile sfruttare al meglio la rete infrastrutturale endogena218, che, unitamente alla volontà ed alla capacità dell’Euroregione di approcciarsi al mercato internazionale, ha permesso di raggiungere una notevole diversificazione dell’offerta dei prodotti turistici. Si è venuto a creare un polo turistico europeo unico nel suo genere e le numerose iniziative condotte mirano proprio alla valorizzazione delle Alpi-Mediterraneo, sia all’interno che all’esterno dell’euroregione, grazie alla promozione del territorio e delle sue produzioni agroalimentari. Alla base di ogni tipo di cooperazione deve comunque esserci una cooperazione socioculturale, condizione essenziale per attenuare le barriere psicologiche che molto spesso permangono tra i popoli confinanti e volta, appunto, a favorire la concretizzazione di ogni tipo di integrazione.

218

Rete infrastrutturale endogena intesa come insieme di coste, montagne, qualità dell’ambiente naturale e patrimonio culturale.

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Essa rappresenta infatti il primo passo verso la creazione di contatti tra le popolazioni transfrontaliere ed ha l’obiettivo di incoraggiare la reciproca conoscenza dei punti in comune e delle differenze nell’ambito della cultura, della società e delle tradizioni. Creare valore a livello di risorse culturali e sociali nell’ambito dell’euroregione Alpi-Mediterraneo, valorizzando tratti di storia e tradizioni comuni e dando vita ad una cooperazione culturale, ha ripercussioni molto positive sul potenziale turistico, sugli investitori e sugli operatori economici stranieri. Alle soglie del nuovo millennio, dove ormai i media rivestono un ruolo centrale e determinante in ogni fase e settore economico, la televisione, la stampa e la rete internet rappresentano i mezzi più potenti ed efficaci attraverso i quali attuare una decisa sensibilizzazione dell’opinione pubblica alla cooperazione presentando l’Euroregione transfrontaliera come un’”unità culturale ed economica”. In tale prospettiva, il programma redatto dalla Regione Liguria, attualmente in carica alla Presidenza dell’Euroregione, prevede numerose iniziative e progetti volti allo sviluppo ed al rafforzamento di tali valori auspicati. Nell’ambito della valorizzazione dei prodotti tipici è stata organizzata la partecipazione dell’Euroregione al Salone del Gusto, tenutosi dal 23 al 27 ottobre 2008 a Torino, che ha rappresentato un’ottima occasione per l’esposizione dei prodotti enogastronomici più rappresentativi di ogni regione, ed

ha seguito

il

concorso

“La

cucina d’eccellenza

dell’Euroregione Alpi – Mediterraneo” svoltosi nel mese di settembre. A proposito di educazione e formazione è stata invece organizzata, durante il “Salone dell’educazione della Fiera di Genova, Orientamenti”, un’innovativa iniziativa che coinvolge cento giovani provenienti dalle

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cinque regioni per discutere, affrontare e lavorare sugli stessi temi dei cinque ambiti di lavoro dell’Euroregione; inoltre, in occasione del Festival della Scienza di Genova è anche in programma un incontro presso l’Istituto Italiano di Tecnologia che ha come obiettivo la discussione ed il confronto a proposito di tematiche legate alla formazione specializzata ed ai parchi tecnologici. Infine, nell’ambito delle “Giornate europee della cooperazione allo sviluppo”, svoltesi dal 15 al 17 Novembre 2008 a Strasburgo, è stato organizzato un atelier per l’Euroregione sul tema “La politica euromediterranea rinnovata: dalla cooperazione allo sviluppo alla realizzazione di un partenariato nord-sud”, che ha posto l’accento sull’eccellente percorso fino ad oggi svolto in ambito di cooperazione integrata transfrontaliera. 4.6 L’EUROREGIONE IN CIFRE: ASPETTI SOCIO-ECONOMICI

Riunendo circa 17 milioni di abitanti di Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta, Rhone-Alpes e Provence-Alpes-Cote d’Azur, l’Euroregione Alpi-Mediterraneo è situata nel cuore dell’Europa per aprirsi si apre direttamente sul Mediterraneo ed è nata con la volontà di difendere al meglio l’identità e la competitività del Sud Europa nell’ambito dell’Unione Europea. In un contesto economico globalizzato è indispensabile fare convogliare le forze per mettere in comune le conoscenze armonizzando legami, filiere industriali, università, tecnopoli ed agricoltura al fine di preservare al meglio il territorio sviluppando la rete di trasporti ed il settore delle energie rinnovabili. L’Euroregione rappresenta uno strumento a di-

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CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

sposizione delle Regioni per partecipare attivamente alla costruzione di una realtà europea ed euro mediterranea: essa associa gli attori socioeconomici delle cinque regioni al fine dell’elaborazione di progetti comuni, che illustrino valori di solidarietà e giustizia sociale operando al servizio del benessere dei cittadini. L’Euroregione Alpi-Mediterraneo risulta essere etnicamente piuttosto omogenea e molto complementare dal punto di vista territoriale ed economico: esistono, tuttavia, alcune particolarità e svariate differenze molto interessanti da analizzare al fine di fornire una visione più completa. Come si evince dalla Tabella 4.1, la superficie dell’Euroregione in analisi è pari a 109.184 kilometri quadrati, un’estensione territoriale pari a due volte quella della Croazia e tre quella della Danimarca, nell’ambito della quale la regione Rhone-Alpes è decisamente quella di maggiori dimensioni, seguita dalla PACA e dal Piemonte.

Superficie Euroregione Alpi-Mediterreneo Liguria 10% Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 1%

Rhône-Alpes

Rhône-Alpes 35%

Piemonte 26%

Provence-Alpes-Côte d'Azur Piemonte Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste

Provence-AlpesCôte d'Azur 28%

Liguria

Grafico 4.1: Superficie Euroregione Alpi-Mediterraneo.

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Popolazione Euroregione Alpi-Mediterraneo Liguria 10% Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 1%

Rhône-Alpes

Rhône-Alpes 35%

Piemonte 26%

Provence-Alpes-Côte d'Azur Piemonte Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste

ProvenceAlpes-Côte d'Azur 28%

Liguria

Grafico 4.2: Popolazione Euroregione Alpi-Mediterraneo

La popolazione totale è pari a 16.861.000 abitanti circa e presenta delle particolarità molto evidenti dal punto di vista della composizione per età (Tabella 4.2) : le regioni italiane risultano avere, in proporzione, un numero decisamente più elevato di anziani rispetto a quelle francesi (ad esempio, in Piemonte, su un totale di 4.341.377 abitanti ben 256.536 appartengono alla fascia di età 60-64, mentre tale valore nella regione Rhone-Alpes ammonta a 282.702 su un totale di 6.004.983 abitanti) che si distinguono per una maggiore presenza di giovani (ad esempio, in Piemonte su un totale di 4.341.377 abitanti si contano solo 197.371 appartenenti alla fascia 20-24, mentre nella regione Rhone-Alpes, su un totale di 6.004.983 se ne registrano 394.087). Chiaramente tale tendenza demografica va ad influenzare anche i dati relativi alla disoccupazione che sono più alti per le regioni Rhone-Alpes

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CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

e PACA, caratterizzate da una maggiore pressione demografica rispetto a quelle italiane più vecchie demograficamente (Tabella 4.3). La Tabella 4.4 evidenzia, per ogni regione, il settore maggiormente sviluppato sul totale: il Piemonte resta ancora oggi il fulcro dell’industria, seguito dalla Rhone-Alpes, mentre la PACA si distingue per l’eccellente performance nell’ambito dei servizi alle persone. La bilancia commerciale euroregionale (Tabella 4.5) risulta pressochè in pareggio ed evidenzia esportazioni pari a 101.497 milioni di euro, il cui 42% è attribuibile alla Rhone-Alpes, e circa il 34% alla regione piemontese. Oltre alla struttura import-export possiamo anche osservare, per ciascuna regione, il numero di imprese locali esistenti ogni mille abitanti: le imprese italiane risultano essere molto più numerose di quelle francesi ma nell’ambito di tale considerazione è necessario considerare anche la tendenza della nostra penisola alla piccola e media dimensione di impresa, non riscontrabile in territorio francese. Volendo infine analizzare la “ricchezza” dell’Euroregione AlpiMediterraneo si può osservare quello che è il PIL, nonostante tale indicatore presenti ormai diversi limiti, sia complessivo che procapite. Il PIL complessivo euroregionale a prezzi correnti 2006 ammonta a 447.089 milioni di euro e risulta essere superiore al PIL di intere realtà statali come la Turchia, il Belgio e la Svezia; il PIL procapite per abitante è piuttosto omogeneo anche se la regione più benestante risulta essere la Valle d’Aosta e la meno ricca la PACA. Confrontando i dati del PIL procapite di queste regioni con la media dell’Unione Europea, l’Euroregione in analisi risulta essere in una posizione decisamente privilegiata in quanto, ponendo uguale a 100 la media europea, tutte e cinque le realtà regionali risultano essere più ricche me-

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CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

diamente del 18,1%, con picchi del 27 e del 23%, rispettivamente per Valle d’Aosta e Rhone-Alpes.

Pil per abitante Euroregione Alpi-Mediterraneo: confronto Euroregione AlpiValle d'Aosta; 127,4 Rhône-Alpes; 123,1 Mediterraneo; 118,4 PACA; 115,6 Piemonte; 118,7 Liguria; 111,3

140,00 120,00

Media UE; 100,00

Media Europea Rhône-Alpes

100,00

Provence-Alpes-Côte d'Azur

80,00

Piemonte

60,00

Valle d'Aosta

40,00

Liguria

20,00

Euroregione Alpi-Mediterraneo

0,00

Grafico 4.1: Pil per abitante Euroregione Alpi-Mediterraneo: confronto

Per trarre qualche indicazione sulla tendenza alla dinamicità ed sulla mobilità internazionale dell’Euroregione Alpi-Mediterraneo possiamo basarci sulla numerosità di studenti universitari che negli anni accademici 2003-2004, 2004-2005 e 2005-2006 hanno partecipato a programmi Erasmus di scambio: i risultati sono molto evidenti e riflettono le forti diversità culturali esistenti tra Italia e Francia in tema di indipendenza economica dei giovani e disponibilità alla mobilità. La regione francese Rhone-Alpes ha avuto, nell’anno accademico 2005-2006 e su un totale euro regionale di 5472 ragazzi partiti in Erasmus, ben 2857 studenti e la PACA 1404, mentre il Piemonte 989 , la Liguria 489 e la Valle d’Aosta 4: la regione del Rhone ha quindi più della metà degli studenti in mobilità internazionale rispetto al totale, come evidenziato dalla Tabella 4.8 e dal grafico.

156


CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

Studenti Erasmus Euroregione AlpiMediterraneo a.a. 2005-2006 Rhône-Alpes (a) 489; 9% Provence-Alpes-Côte d'Azur (a)

3; 0% 989; 17%

2.857; 50%

Piemonte (b) Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste (b)

1.404; 24%

Liguria (b)

Grafico 4.1: Studenti Erasmus Euroregione Alpi-Mediterraneo.

157


CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO Codice NUTS e nome della regione Rhône-Alpes Provence-Alpes-Côte d'Azur Piemonte Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste Liguria

Nazione

Città principale

Superficie (a)

Popolazione

fr Francia fr Francia it Italia it Italia it Italia

Lyon Marseille Torino Aosta Genova

43.698,2 31.399,6 25.402,0 3.263,0 5.422,0

6.004.983 4.780.986 4.341.733 123.978 1.610.134

/

/

109.184,8

16.861.814

Euroregione Alpi-Mediterraneo (a) in km2

Fonte: Eurostat, http://epp.eurostat.ec.europa.eu (Aggiornamento maggio 2008) Tabella 4.1: Nazione, città principale, superficie e popolazione nell'Euroregione Alpi-Mediterraneo Anno 2005 Fonte: Piemonte in Cifre 2008, Annuario Statistico Regionale a cura dell’Unioncamere Piemonte, Regione Piemonte e Istat.

Meno di 5 anni

Tra 5 e 9 anni

Tra 10 e 14 anni

Tra 15 e 19 anni

Tra 20 e 24 anni

Tra 25 e 29 anni

Tra 30 e 34 anni

Tra 35 e 39 anni

Rhône-Alpes Provence-Alpes-Côte d'Azur Piemonte Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste Liguria

391.951 279.052 183.508 5.741 59.554

381.141 273.702 179.417 5.563 58.700

375.927 280.345 176.174 5.110 59.833

394.855 297.246 178.008 5.175 59.956

394.087 285.743 197.371 5.579 63.525

381.539 276.900 254.386 7.587 80.406

414.750 303.912 331.793 9.939 112.610

433.711 328.403 356.201 10.848 125.830

Euroregione Alpi-Mediterraneo

919.806

898.523

897.389

935.240

946.305

1.000.818

1.173.004

1.254.993

158


CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

Tra 40 e 44 anni

Tra 45 e 49 anni

Tra 50 e 54 anni

Tra 55 e 59 anni

Tra 60 e 64 anni

Tra 65 e 69 anni

435.096 340.935 347.672 10.655 129.014

407.154 325.872 308.428 8.832 112.352

392.235 317.320 288.972 8.315 102.527

395.725 325.787 309.253 8.449 116.500

282.702 254.832 256.536 7.153 102.461

239.929 221.464 280.265 7.243 113.993

684.181 669.473 693.749 17.789 312.873

6.004.983 4.780.986 4.341.733 123.978 1.610.134

1.263.372

1.162.638

1.109.369

1.155.714

903.684

862.894

2.378.065

16.861.814

Rhône-Alpes Provence-Alpes-Côte d'Azur Piemonte Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste Liguria Euroregione Alpi-Mediterraneo

Da 70 anni in su

Tabella 4.2: Popolazione residente per classe di età nell'Euroregione Alpi-Mediterraneo Anno 2005. Fonte: Piemonte in Cifre 2008, Annuario Statistico Regionale a cura dell’Unioncamere Piemonte, Regione Piemonte e Istat. dai 25 anni in su

Totale

Rhône-Alpes Provence-Alpes-Côte d'Azur Piemonte Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste (a) Liguria Euroregione Alpi-Mediterraneo (b)

Maschi

Femmine

Totale

Maschi

Femmine

Totale

6,6 12,1 3,2 3,4

9,2 12,4 5,1 6,6

7,8 12,2 4,0 3,0 4,8

5,0 10,2 2,5 2,6

7,7 10,6 4,1 5,9

6,3 10,4 3,2 4,0

6,6

8,8

7,6

5,2

7,3

6,2

(a) dati non disponibili o non certi (b) elaborazione Unioncamere Piemonte su dati Eurostat; non tiene conto della Valle d'Aosta Fonte: Eurostat, http://epp.eurostat.ec.europa.eu (Aggiornamento maggio 2008) Tabella 4.3: Tassi di disoccupazione per età e per sesso nell'Euroregione Alpi-Mediterraneo Anno 2006. Fonte: Piemonte in Cifre 2008, Annuario Statistico Regionale a cura dell’Unioncamere Piemonte, Regione Piemonte e Istat.

159

Totale


CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO Agricoltura Industria (A, B) (C, D, E) Rhône-Alpes Provence-Alpes-Côte d'Azur Piemonte Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste Liguria Euroregione Alpi-Mediterraneo

Edilizia (F)

Commercio Servizi alle (G, H, I) imprese (J, K)

Servizi alle persone (da L a Q)

Non risposto

Totale

81,9 30,6 68,4 2,8 13,8

479,0 174,7 525,1 6,7 87,1

181,0 111,1 139,0 7,0 47,4

576,3 409,1 434,8 12,6 194,8

311,3 209,8 263,6 6,3 99,3

798,8 619,4 420,6 20,2 194,2

3,5 7,1 -

2.431,8 1.562,0 1.851,4 55,6 636,7

197,5

1.272,6

485,5

1.627,6

890,3

2.053,2

10,6

6.537,5

(a) secondo la nomenclatura NACE (classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità Europea): A, B: agricoltura, caccia, silvicoltura e pesca C, D ed E: totale attività industriali (esclusa l'edilizia) F: edilizia G, H e I: commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la casa; alberghi e ristoranti; trasporti, magazzinaggio e comunicazioni J, K: intermediazione finanziaria; attività immobiliari, noleggio, attività professionali ed imprenditoriali da L a Q: Pubblica Amministrazione e difesa; assicurazione sociale obbligatoria; istruzione; sanità e altri servizi sociali; altri servizi pubblici, sociali e personali; servizi domestici presso famiglie e convivenze ed enti o organizzazioni extra-territoriali

Fonte: Eurostat, http://epp.eurostat.ec.europa.eu (Aggiornamento maggio 2008) Tabella 4.4: Occupati per settore (a) nell'Euroregione Alpi-Mediterraneo Anno 2006 (Dati in migliaia) Fonte: Piemonte in Cifre 2008, Annuario Statistico Regionale a cura dell’Unioncamere Piemonte, Regione Piemonte e Istat.

160


CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO

Anno 2006 Import Rhône-Alpes Provence-Alpes-Côte d'Azur Piemonte Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste Liguria Euroregione Alpi-Mediterraneo

Export

36.164 27.669 26.722 401 9.257

43.183 18.606 34.909 589 4.210

100.213

101.497

(a) in milioni di euro Fonte: ISTAT, http://www.coeweb.istat.it, INSEE (Aggiornamento maggio 2008) Tabella 4.5: Import-export (a) nell'Euroregione Alpi-Mediterraneo Anno 2006 2005 Rhône-Alpes (a) Provence-Alpes-Côte d'Azur (a) Piemonte (b) Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste (b) Liguria (b)

52,5 64,5 109,5 124,9 119,9

Euroregione Alpi-Mediterraneo

-

(a) dati Insee, (b) dati InfoCamere Fonte: Insee, Infocamere (Aggiornamento maggio 2008) Tabella 4.6: Unità locali ogni 1.000 abitanti nell'Euroregione Alpi-Mediterraneo Anno 2005 Fonte: Piemonte in Cifre 2008, Annuario Statistico Regionale a cura dell’Unioncamere Piemonte, Regione Piemonte e Istat.

161


CAP. 4 – L’EUROREGIONE ALPI - MEDITERRANEO PIL totale

PIL per abitante

PIL per abitante

(milioni di euro)

(euro)

(UE 27 = 100)

Rhône-Alpes Provence-Alpes-Côte d'Azur Piemonte Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste Liguria

164.982,7 123.401,0 115.256,1 3.522,2 39.927,5

27.581,5 25.892,1 26.581,5 28.537,2 24.935,7

123,1 115,6 118,7 127,4 111,3

Euroregione Alpi-Mediterraneo

447.089,5

26.514,9 (a)

118,4 (a)

(a) elaborazione Unioncamere Piemonte su dati Eurostat Fonte: Eurostat, http://epp.eurostat.ec.europa.eu Tabella 4.7: PIL totale e per abitante a prezzi correnti nell'Euroregione Alpi-Mediterraneo Anno 2005 a.a. 2005-2006 a.a. 2004-2005 a.a. 2003-2004 Rhône-Alpes (a) 2.857 2.936 2.691 Provence-Alpes-Côte d'Azur (a) 1.404 1.171 1.135 Piemonte (b) 989 1.025 1.058 Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste (b) 3 6 0 Liguria (b) 489 456 486 Euroregione AlpiMediterraneo 5.742 5.594 5.370 (a) Fonte: Agence Europe Education Formation France, (b) Fonte: Agenzia Nazionale Socrates Italia Tabella 4.8: Numero di studenti che partecipano al programma ERASMUS nell'Euroregione Alpi-Mediterraneo, Anni accademici 2003-2004, 2004-2005 e 20052006 Fonte: Piemonte in Cifre 2008, Annuario Statistico Regionale a cura dell’Unioncamere Piemonte, Regione Piemonte e Istat.

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

CAPITOLO 5 L’EUROREGIONE ALPI-MEDITERRANEO: IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO 5.1 LA CREAZIONE DI VALORE IN PIEMONTE: ASPETTI SOCIO-ECONOMICI 5.2 QUADRO SOCIO-ECONOMICO CUNEESE: PRINCIPALI EVIDENZE DEL 2006-2007 5.3 L’ECONOMIA CUNEESE: DA IMPRESE DI CRISTALLO A PETALI DI ROSA 5.4 STRATEGIA ED OBIETTIVI DEL PIANO TERRITORIALE PROVINCIALE 5.5 IL PIANO STRATEGICO CUNEO 2020 COME STRUMENTO DI CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

163


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

5.1 LA

CREAZIONE

DI

VALORE

IN

PIEMONTE:

ASPETTI

SOCIO-

ECONOMICI

La Regione piemontese è situata nell’Italia Nord-Occidentale e, nell’ambito italiano come in quello euroregionale, ricopre un ruolo di estrema importanza data la rilevante dimensione territoriale e la continua e crescente capacità e volontà di migliorare la propria immagine e la propria competitività in un’ottica di creazione di valore per il territorio: si tratta, quindi, della capacità di implementare ed attivare entro i confini del Piemonte nuove attività economiche o produttive tese a potenziare la posizione competitiva del territorio nel confronto internazionale, al fine di attrarre gli investimenti produttivi favorendo lo sviluppo delle imprese locali219. Il territorio è definibile come un prodotto composito, nel quale sono riconoscibili componenti fisiche strutturali e immateriali e relazioni tra soggetti, tra i quali le imprese, e servizi. D’altro canto, l’impresa stessa è un sistema, formato dagli elementi che lo compongono e dalle relazioni esistenti tra tali elementi, accomunati da un fine unitario: da tale visione discende la definizione di prodotto quale risultato di un processo di trasformazione e di esistenza dell’impresa per la soddisfazione dei bisogni presenti sul mercato. Per tale ragione l’impresa vive attraverso una serie continua di scambi con l’ambiente circostante, in quanto chiamata a percepire i bisogni espliciti ed impliciti del mercato, caratterizzato da una notevole dinamicità data la mutevolezza dei bisogni, delle tecnologie e della quantità e qualità delle 219

Cfr. G. Quaglia, Op. Cit.

164


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

risorse disponibili220. Conseguentemente, tra l’ambiente e l’impresa si instaurano complesse relazioni e definiamo l’impresa come “sistema economico aperto dinamico”221. In linea generica definiamo ambiente tutto quanto circonda l’impresa, anche se ai fini dell’amministrazione della stessa è rilevante solo ciò che può influire sulla sua struttura e sul suo comportamento: in particolare, possiamo definire due livelli di analisi delle relazioni, cioè uno più generale ed uno più specifico. Identifichiamo come ambiente generale il Paese in cui l’azienda ha sede e principalmente opera, cioè come quadro di riferimento comune a tutte le imprese che operano nello stesso ambito territoriale, mentre l’ambiente specifico rappresenta un contesto più particolare e più ristretto nell’ambito del quale opera ogni singola impresa (il cosiddetto mercato o settore). L’ambiente generale si compone dell’ambiente fisico-naturale, di quello culturale, di quello tecnologico, di quello sociale, di quello economico e di quello politico-legislativo. Ad esempio, l’ambiente economico piemontese influenza l’attività di ogni piccola e media impresa e di ogni multinazionale radicata sul territorio “definendo il contesto entro cui ogni impresa può avere un variabile grado di libertà d’azione, in rapporto all’intervento pubblico e di opportunità da cogliere, in relazione alla situazione economica contingente ed alla collocazione internazionale dell’economia”222. Simultaneamente ogni impresa radicata, essendo uno strumento di produzione e di distribuzione di ricchezza, contribuisce a determinare e modificare svariati aspetti dell’ambiente economico.

220

Cfr. Dipartimento di Economia Aziendale, Lezioni di Economia Aziendale, Giappichelli Editore, Torino 1996. 221 Dipartimento di Economia Aziendale, Op. Cit. p. 4. 222 Op. Cit., p. 16 sg.

165


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

L’incremento di valore territoriale risulta quindi strettamente interconnesso con la creazione di valore economico, finanziario e mercatistico del sistema impresa. Ponendo una particolare attenzione alla creazione di valore possiamo quindi delineare un quadro d’insieme della situazione economica piemontese, che, alla base, si caratterizza per alcune peculiarità del tutto italiane. Ci si riferisce molto spesso, infatti, nell’ambito dell’esperienza imprenditoriale italiana, ad una carenza di imprenditori di stampo weberiano-schumpeteriano, che hanno dimostrato una certa difficoltà ad affermarsi, e ad una suddivisione tra imprenditoria d’élite ed una di piccola e media impresa: il caso italiano si distingue dagli altri paesi industrialmente avanzati per un’imprenditorialità diffusa223 e di dimensione medio-piccola che presenta un carattere spiccatamente locale (soprattutto in termini di formazione e senso di appartenenza), una forte integrazione con la struttura sociale e politica e tra le unità produttive e l’importante ruolo giocato dall’istituzione famigliare come unità economica224. Oggi, a conferma dei moti di globalismo-localismo ormai preponderanti in ogni settore, alcune PMI italiane sono state inglobate da società multinazionali o globali che, proprio attraverso azioni di acquisizione, espandono il proprio raggio di azione ed attività. Solo le piccole e medie realtà industriali italiane che hanno dimostrato di sapersi adattare a queste nuove tendenze in atto sono “sopravvissute” e, in alcuni casi, si sono anche rafforzate, trasformando una minaccia incombente in una opportunità di crescita e sviluppo: sono così nate, anche nel territorio piemonte-

223

A tale riguardo anche A. Bagnasco, Microsociologia dello sviluppo in Quaderni di sociologia, n.1 e La costruzione sociale del mercato in Stato e Mercato, n.13. 224 Cfr.G. Mussati, Alle origini dell’imprenditorialità La nascita di nuove imprese: analisi teorica e verifiche empiriche, Etaslibri, Milano 1990.

166


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

se, alcune importanti realtà multinazionali225, che fanno del miglioramento continuo e della gestione dell’impresa in un’ottica di continua creazione di valore, i loro punti cardine. Possiamo citare come banale esempio quello dell’impresa Ferrero di Alba, nata come media impresa famigliare e oggi leader di mercato in numerosissimi paesi europei, che, nonostante il notevole sviluppo e la notevole crescita, ha saputo mantenere una gestione pressoché famigliare, da sempre improntata alla ricerca di una qualità eccellente ed all’innovazione continua dei propri prodotti, adattandoli sulla base delle esigenze dei diversi mercati in cui opera. Osservando la distribuzione delle unità locali dell’industria in Piemonte, suddivise per settore, risulta evidente la netta preponderanza del settore dell’attività manifatturiera con ben 69.519 industrie registrate nel 2007, tra le quali spiccano il settore Fabbricazione e lavorazione del metallo con 16.041 unità, le Industrie Alimentari e delle Bevande con 9.518 soggetti e quello di Fabbricazione macchine e apparecchi meccanici con 7.558 industrie; seguono i settori delle costruzioni, dell’energia elettrica e quello estrattivo226. D’altro canto, resta comunque importantissima in Piemonte la presenza di piccole realtà imprenditoriali rappresentanti l’eccellenza dei prodotti artigianali, vinicoli ed enogastronomici, da sempre fiore all’occhiello dell’economia pedemontana e forte attrattiva turistica. Nel 2006 le imprese artigiane in Piemonte erano 133.955 e circa la metà di queste (cioè 65.818 unità) risultavano localizzate nella provincia di Tori225

Definiamo imprese multinazionali le imprese che operano in una pluralità di mercati e che soddisfano quattro connotati: operare in più paesi e quindi in più sistemi economici e politici con una pluralità di unità operative, essere presenti all’estero con unità operative di cui controlla direttamente la gestione, ricondurre sotto una sola strategia le politiche di gestione delle varie unità operative e il fatto che le attività internazionali abbiano un certo peso sull’attività totale dell’impresa. Cfr. G. Pellicelli, Imprese multinazionali: la risposta europea, Etaslibri, Milano 1993. 226 Fonte dei dati: Piemonte in Cifre 2008, Annuario statistico regionale a cura di Regione Piemonte, Istat ed Unioncamere Piemonte, sezione 12.01.

167


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

no, mentre la restante metà era distribuita tra le restanti province, anche se quelle di Alessandria, Cuneo e Novara risultavano decisamente più attive e produttive. In quest’ottica di valorizzazione delle peculiarità e dei valori locali, la Regione Piemonte con la Legge Regionale 21/97 (Testo Unico sull’Artigianato)227 assegna un ruolo importante all’Artigianato Artistico e tipico di qualità attribuendo il riconoscimento di “Eccellenza Artigiana” alle imprese che ne abbiano i requisiti; così facendo la Regione intende salvaguardare e rilanciare lavorazioni artigianali di antico prestigio e, contemporaneamente, offrire opportunità professionali che, oltre a recuperare i cosiddetti “antichi mestieri”, avvicinino le nuove generazioni a professioni con elevato contenuto di professionalità e garantiscano la continuità dell’attività d’impresa, innovando ed espandendo la gamma dei prodotti dell’artigianato.

Figura 5.1: il marchio Piemote Eccellenza Artigiana Fonte: www.regione.piemonte.it.

Il successo ed il valore di questo marchio è piuttosto chiaro constatando l’elevata percentuale di imprese piemontesi che, nel 2006, hanno

227

www.regionepiemonte.it.

168


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

deciso di avvalersene, pari a circa il 26,35% del settore manifatturiero ed al 34,36% di quello alimentare228. Gli addetti delle imprese artigiane nel 2006 risultano essere 303.238, dove si registra una maggioranza di lavoratori, nell’ordine, nel settore delle Costruzioni, dell’Industria Metalmeccanica, della Manifattura Leggera e Varia e dei Servizi alle Persone229. Nell’ottica di lungo periodo di creazione continua di lavoro gli investimenti in Ricerca e Sviluppo risultano fondamentali: in questo ambito il Piemonte ha registrato, nel 2005, un totale di circa due milioni di euro, realizzati per più del 75% di tale importo da imprese private. Il Piemonte osservando la percentuale di PIL investito in R&S pari all’1,74%, in Italia, risulta secondo solo al Lazio che destina a tale scopo l’1.81%, dimostrando

una

notevole

vivacità

ed

una

maggiore

propensione

all’innovazione rispetto alla media italiana230. Il settore agricolo fa osservare, nel 2007, una produzione di circa trenta milioni di quintali di cereali, quasi tre di ortaggi e quasi cinque di prodotti fruttiferi: risulta molto interessante e peculiare osservare la notevole quantità di uva prodotta, pari a 3.908.748 quintali proveniente da una superficie a questo dedicata pari a 51.266 ettari, e destinata alla produzione dei celeberrimi vini piemontesi, stimata intorno ai 2.723.946 quintali231.

228

Cfr. G. Tardivo, L’Economia Cuneese: il coraggio di investire e la capacità di innovare, dattiloscritto 2007. 229 Fonte dei dati: Piemonte in Cifre 2008, Annuario statistico regionale a cura di Regione Piemonte, Istat ed Unioncamere Piemonte, sezione 12.20. 230 Fonte dei dati: Piemonte in Cifre 2008, Annuario statistico regionale a cura di Regione Piemonte, Istat ed Unioncamere Piemonte, sezione 12.21. 231 Fonte dei dati: Piemonte in Cifre 2008, Annuario statistico regionale a cura di Regione Piemonte, Istat ed Unioncamere Piemonte, sezione 11.12.

169


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

Il settore turistico, un tempo decisamente poco rilevante e sviluppato, ha conosciuto in questi ultimi anni, anche grazie alla spinta propulsiva dei Giochi Olimpici Invernali del 2006, una crescita ed un potenziamento davvero notevole: il Piemonte ha sempre dato un’immagine prevalentemente industriale ed è solo da circa una decina di anni che si sono intraprese azioni di marketing e promozione territoriale per evidenziare peculiarità turistiche, sportive ed enogastronomiche. Tale crescita è riscontrabile anche osservando i dati relativi ai movimenti turistici nelle province piemontesi: si ha, in totale, una continua crescita di turisti italiani, anche se con incrementi inferiori rispetto al 2005-2006 (nel 2005 si registra un aumento del 18.4%, nel 2006 del 2.1% e nel 2007 del 5.6%), mentre i turisti stranieri, dopo il boom olimpico, sono in calo (nel 2007 decremento del 12.4%). In controtendenza rispetto alle altre province piemontesi dimostratesi piuttosto stabili, quella di Cuneo ha registrato nel 2007 un incremento turistico di più del 12%. Analizzando la provenienza dei turisti stranieri è evidente una netta maggioranza di francesi, tedeschi e, in minore misura, di svizzeri, sicuramente facilitati ed invogliati dalla prossimità territoriale: Torino vanta, inoltre, una notevole presenza di inglesi, soprattutto nell’ambito delle strutture extraalberghiere232. A livello di commercio interno (settore delle imprese commerciali) la regione piemontese registra, in totale, 65.015 esercizi di vicinato, localizzati in proporzioni maggiori nelle province di Cuneo, Alessandria e Novara, 4.134 medie strutture e 214 grandi strutture, prevedibilmente concentrate nella provincia di Torino che ne registra ben 84, a fronte del232

Fonte dei dati: Piemonte in Cifre 2008, Annuario statistico regionale a cura di Regione Piemonte, Istat ed Unioncamere Piemonte, sezioni 16.1, 16.2, 16.3.

170


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

le 8 della provincia astigiana, in questo ambito la meno dotata. Confermando l’attuale dualismo globalismo – localismo, a fianco di uno sviluppo notevole di centri commerciali ed imprese commerciali di distribuzione, resta viva e ben radicata nel territorio pedemontano la tradizione dei mercati ambulanti alimentari e non, che risultano essere, nella regione, ben 1069, di cui 518 localizzati nella provincia del capoluogo, dove prevale nettamente la tipologia di mercato misto. Segue con ben 182 unità, un numero decisamente notevole se proporzionato al territorio, la provincia di Cuneo, decisamente attrezzata su questo frangente, anche data la numerosità degli scambi transfrontalieri attivi.233 Il commercio estero piemontese risulta essere ben sviluppato ed in crescente sviluppo: il Piemonte esporta il 10.3% del totale italiano ed è quarto dopo Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Come evidenziato dai dati della Tabella 5.1, la bilancia commerciale risulta infatti in attivo in tutti e tre gli anni considerati, i cui valori sono cresciuti proporzionalmente con il tempo senza mostrare squilibri. Anno 2007 (b) Import Export Agricoltura, caccia e pesca

Anno 2006 Import Export

Anno 2005 Import Export

1.559,54

323,54

1.586,59

275,88

1.408,2

231,1

733,02

35,42

829,16

37,95

633,3

38,2

Alimentari, bevande e tabacco

1.337,83

3.024,41

1.140,31

2.778,42

1.165,0

2.565,0

Industrie tessili, abbigliamento

1.553,47

2.879,02

1.594,43

2.866,97

1.450,1

2.837,7

Fabbricazione di cuoio, pelli

332,53

273,47

289,70

237,73

289,4

259,4

Legno e prodotti in legno

337,85

124,91

323,40

113,72

288,3

100,1

Pasta da carta, carta, editoria

804,35

933,36

798,91

941,46

771,7

972,3

Coke, raffinerie petrolio

121,09

411,52

132,64

431,61

100,1

394,1

Prodotti chimici

2.860,27

2.465,80

2.673,23

2.370,82

2.391,6

2.099,8

Gomma e materie plastiche

1.121,54

2.351,89

1.072,23

2.155,10

943,6

1.968,2

348,27

514,99

309,95

486,96

291,5

452,2

Metalli, prodotti in metallo

3.974,60

3.571,63

3.510,96

3.134,70

2.731,7

2.634,8

Macchine ed app.meccanici

3.125,50

7.378,22

2.725,65

7.023,96

2.537,4

6.439,5

Estrazione di minerali

Minerali non metalliferi

233

Fonte dei dati: Piemonte in Cifre 2008, Annuario statistico regionale a cura di Regione Piemonte, Istat ed Unioncamere Piemonte, sezioni 14.1 e 14.2.

171


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO Macchine elettriche

2.792,28

2.664,26

2.757,52

2.471,73

2.481,6

2.165,0

Mezzi trasporto

6.716,37

8.749,17

6.141,88

8.507,78

5.274,5

7.877,9

Altre ind. manifatturiere

913,14

1.225,27

795,15

1.053,51

649,1

947,5

Altre merci

197,02

36,76

40,40

20,58

99,9

34,3

Totale

28.828,67 36.963,64 26.722,12 34.908,88 23.507,1 32.017,2

(a) Dati in milioni di euro (b) Dati provvisori. Tabella 5.1: Import-export in Piemonte per gruppi di prodotto Anni 2005-2007 (a) Fonte: Piemonte in Cifre 2008, Annuario Statistico Regionale a cura dell’Unioncamere Piemonte, Regione Piemonte e Istat.

Si osserva, inoltre, una notevole propensione all’esportazione di mezzi trasporto e di macchine ed apparecchi meccanici (in crescita dal 2005 al 2007 e fortemente influenzata dalla ripresa dell’indotto automobilistico Fiat), di prodotti in metallo, alimentari, bevande e tabacco e di abbigliamento. Per osservare l’attrattività delle imprese e del territorio del Piemonte in termini di investimenti analizziamo gli IDE, Investimenti Diretti Esteri, comparandoli con quelli dell’intera penisola: la situazione della regione risulta essere decisamente migliore di quella totale italiana in quanto gli IDE in entrata sono circa quattro volte quelli in uscita, mentre gli investimenti diretti esteri in entrata sono superiori di quelli in uscita. Si nota un picco di investimenti esteri in entrata proprio a partire dal 2005, in concomitanza con l’ondata di sviluppo e promozione dovuta a Torino 2006.

Piemonte 2006

Inv. entrata Investimenti

2005

Italia 2004

2006

2005

2004

17.392

18.856 9.460

160.357

135.116

106.483

Disinvestimenti

12.565

12.352 8.169

135.758

119.107

93.267

Saldo

4.827

6.504 1.291

24.599

16.009

13.216

172


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

Inv. uscita

Investimenti

12.912

Disinvestimenti

11.694

Saldo

1.218

1.970 7.414

65.027

30.523

33.149

2.190 6.279

36.999

14.802

17.559

1.135

28.028

15.721

15.590

220

Tabella 5.2: Investimenti diretti esteri (IDE) Piemonte - Italia Anni 2004-2006 ( in milioni di euro) Fonte: Piemonte in Cifre 2008, Annuario Statistico Regionale a cura dell’Unioncamere Piemonte, Regione Piemonte e Istat.

Nell’ambito del quadro piemontese, la provincia cuneese si distingue per una accentuata dinamicità: si è infatti sviluppata come centro di strada sulle vie del Colle di Tenda e della Maddalena che mettono in comunicazione il Piemonte con la Francia meridionale e conseguentemente come mercato di prodotti agricoli e zootecnici delle valli alpine e della pianura circostante. Tale posizione strategica della città ha influito in modo decisivo sulle sue vicende storiche, sul suo sviluppo urbanistico e commerciale, tanto da determinarne la notorietà proprio come centro di scambi transfrontalieri, come evidenziato dalla Tabella 5.3, che mette in luce la propensione all’esportazione tipica del cuneese: osservando i dati del 2007 salta immediatamente all’occhio l’importanza, nell’ambito dell’export, del settore alimentare e delle bevande (rappresentante circa un quarto del valore totale): tale settore, tra il 2005 ed il 2007, ha decisamente migliorato la propria attività all’estero sviluppando e valorizzando il settore enogastronomico, punta di diamante dell’economia locale. Le importazioni della provincia di Cuneo riguardano quasi tutti i settori e non si evidenziano dati estremamente significativi, anche se i più elevati riguardano i settori di agricoltura, caccia e pesca ed il settore alimentare.

173


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO Anno 2007 (b) Import Agricoltura, caccia e pesca Estrazione di minerali

Export

Anno 2006 Import

Export

Anno 2005 Import

Export

526,27

275,61 568,40

228,88

541,28

179,90

26,30

11,99 19,12

11,95

20,27

11,33

1.378,48

364,52

1.259,45

Alimentari, bevande e tabacco

509,36

1.500,23 363,10

Industrie tessili, abbigliamento

337,00

388,87 348,37

372,97

293,67

355,31

Fabbricazione di cuoio, pelli

41,74

35,20 38,11

29,50

35,92

29,60

Legno e prodotti in legno

84,73

35,61 89,56

34,45

79,05

30,07

221,85

332,91 245,80

311,15

230,12

312,92

4,28

0,15

Pasta da carta, carta, editoria Coke, raffinerie petrolio

8,03

0,20 9,30

0,15

Prodotti chimici

343,60

185,95 336,92

179,46

277,18

170,72

Gomma e materie plastiche

134,86

604,10 117,42

572,17

106,40

479,80

Minerali non metalliferi

130,30

178,09 122,36

169,87

122,51

165,07

Metalli, prodotti in metallo

281,93

329,03 279,76

299,72

252,65

294,70

Macchine ed app.meccanici

260,86

665,67 220,72

619,25

168,23

548,76

Macchine elettriche

148,66

144,05 145,36

125,46

106,73

104,05

Mezzi trasporto

367,84

1.107,72 363,16

957,01

340,74

1.037,44

Altre ind. manifatturiere

122,52

183,15 94,56

181,38

83,71

168,02

1,50

0,76

3.028,77

5.148,03

Altre merci

5,47

Totale

3.551,33

0,81 2,56 5.979,19 3.364,58

0,90 5.472,75

(a) Dati in milioni di euro. Tabella 5.3: Import-export in provincia di Cuneo per gruppo di prodotti 2005- 2007. Fonte: Piemonte in Cifre 2008, Annuario Statistico Regionale a cura dell’Unioncamere Piemonte, Regione Piemonte e Istat.

5.1

QUADRO

SOCIO-ECONOMICO CUNEESE: PRINCIPALI EVIDENZE

DEL 2006-2007

La provincia di Cuneo presenta una popolazione residente di 577.633 abitanti, di cui circa il 6.2% è composto da stranieri, una percentuale leggermente superiore alla media piemontese; la densità abitativa è di circa 84 abitanti/kmq, pari a circa la metà della media piemontese.

174


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

Il livello di istruzione relativo alla scuola secondaria ed all’Università presenta valori inferiori alla media regionale a causa del contenuto grado di industrializzazione, data la prevalenza del settore agricolo e delle imprese famigliari, e del ritardo nella creazione delle sedi distaccate dell’Università di Torino. Nonostante ciò è interessante osservare come il tasso di occupazione cuneese sia superiore di circa dieci punti percentuali rispetto a quello italiano (68,5% contro il 58,4 della penisola) e quello di disoccupazione decisamente inferiore (2.7% contro il 6.8% della penisola)234. Il valore aggiunto pro-capite rappresenta una misura quantitativa della ricchezza prodotta dal sistema economico e la provincia di Cuneo, nell’ambito delle 103 province italiane, si posiziona all’undicesimo posto con 28.988 euro pro-capite e tale valore è superiore sia a quello regionale che a quello nazionale. Analizzando la struttura imprenditoriale cuneese, formata da 71.800 unità imprenditoriali circa, risulta subito evidente una forte presenza di imprese individuali, cioè una netta preponderanza di quello che è considerato il “capitalismo dei piccoli”: la frammentazione causata da tale presenza di piccole realtà imprenditoriali (delle quali il 74% si presenta sotto forma giuridica di impresa individuale e il 20% sotto quella di società di persone235) è affiancata dall’aggregazione di tali realtà in gruppi di aziende omogenee, i consorzi, presenti soprattutto nei settori dell’agroalimentare e dell’agricoltura con valori superiori alla media nazionale236. La provincia di Cuneo è caratterizzata da una buona combinazione di picccole, medie e grandi imprese che risultano spiccatamente 234

Cfr. G. Tardivo, Datt. cit. Cfr. Camera di Commercio di Cuneo, Elaborazione dell’Ufficio Studi e Ricerche, 2005. 236 Cfr. Centro Studi Unioncamere Italiana, Osservatorio sui gruppi di impresa, 2005. 235

175


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

concentrate territorialmente nella zona dell’Albese e del Monregalese, mentre l’ammontare delle imprese risulta distribuito piuttosto uniformemente rispetto alla quota di popolazione residente sul territorio. E’ inoltre interessante, nell’ottica di creazione di valore per il territorio e, di conseguenza, per le imprese ivi radicate, osservare come i territori che hanno potuto avvalersi della promozione della loro immagine caratteristica e peculiare abbiano goduto di uno sviluppo socioeconomico decisamente più marcato rispetto alla media, come, ad esempio, le Langhe ed il Roero. In tutta la Provincia Granda, ed in particolare nelle zone sopraindicate, è il settore agroalimentare a fare da traino all’economia, grazie alle sinergie venutesi a creare tra il comparto agricolo, l’industria alimentare, il turismo e la ristorazione. Il comparto più sviluppato sia nel commercio interno che internazionale, agevolato dalla presenza di prodotti di eccellenza riconosciuta da denominazioni di origine ed indicazione geografica, è quello del settore vinicolo: tale settore è infatti attivatore di una catena del valore che si estende ad una pluralità di settori che vanno dalla sfera agricola a quella terziaria, coinvolgendo anche le attività turistiche, la gastronomia, l’indotto di servizio, il mercato immobiliare e le attività culturali. Il rilancio del settore agroalimentare, dato da un diffuso incremento di valore delle imprese, è avvenuto grazie all’innovazione, alla capacità di fare sistema ed agli investimenti in qualità e specializzazione: nell’attuale contesto globalizzato, attraversato da importanti correnti localiste, è palese la differenza tra beni anonimi ed indifferenziati, quindi facilmente aggredibili attraverso guerre di prezzo, e beni provenienti da

176


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

produzioni a forte connotazione di specialità237 che, invece, rappresentano il motore propulsivo della catena del valore, alla base della nascita dei distretti industriali. Molti degli elementi caratterizzanti i distretti sono già attualmente riscontrabili in territori quali il Saluzzese, il Cuneese, le Langhe ed il Roero, aree che presentano una specializzazione agricola rilevante in cui è possibile osservare la presenza di imprese qualificate di piccole e medie dimensioni collocate in una limitata area geografica, e nell’ambito di una cultura locale caratterizzata e ben definita. La specializzazione e l’elevata qualità sono, quindi, punti cardine del settore agricolo e di quello delle imprese artigiane da cui, attraverso l’eccellenza qualitativa, hanno origine mercati di nicchia formati da prodotti prevalentemente certificati e noti in tutto il mondo. E’ anche interessante osservare, nella realtà dell’impresa cuneese, il ruolo importante e crescente dell’imprenditoria femminile238, denotato dalla presenza di ben 17.663 imprese “in rosa”, pari al 24,59% di quelle totali: il settore agricolo e quello commerciale-ricettivo e dei servizi sono quelli che vedono una maggiore presenza di iniziativa femminile. Nell’ottica della creazione di una funzionale rete commerciale estera è molto rilevante l’attività messa in atto dalla rete di istituzioni locali volta a creare un’interazione competitiva e cooperativa tra le imprese presenti nell’area, con l’obiettivo di rafforzarne le peculiarità e la capacità competitiva. Oltre alle sinergie di istituzioni locali, rappresenta un punto di forza dello sviluppo cuneese la forte presenza di banche a dimensione locale, che tendono a specializzarsi sulle piccole e medie imprese sia manifatturiere che dei servizi, sostenendone la vitalità e lo svi237

Cfr. Ires Piemonte, Filiere e politiche agro-industriali in Piemonte, Contributi di Ricerca n. 192, Torino 2005. 238 Si tratta della cosiddetta “Speranza in Rosa”.

177


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

luppo: caratteristica chiave di questi istituti di credito è l’autonomia gestionale che permette loro di operare in piena sintonia con il territorio, cogliendo al meglio le necessità che si palesano data l’approfondita conoscenza del territorio239. A fronte di queste peculiarità positive è però importante analizzare la dotazione infrastrutturale del territorio che risulta essere fortemente deficitaria e che rappresenta un freno ed un limite allo sviluppo economico dell’area, dal momento che tutti i settori risentono di questa notevole mancanza riguardante il settore autostradale240, ferroviario e delle reti telematiche e di telefonia; il deficit strutturale riguarda anche le infrastrutture

sociali

quali

complessi

culturali

e

ricreativi,

sanitari

e

dell’istruzione, che sono leggermente carenti a paragone con quelli del resto del Piemonte e dell’Italia Nonostante le carenze strutturali citate, la provincia di Cuneo ha comunque saputo ritagliarsi una posizione importante nel commercio transfrontaliero instaurando ottime relazioni con i possibili territori di sbocco delle sue produzioni, ed evidenziando una notevole propensione all’esportazione essendo seconda, in tale ambito, solo alla provincia torinese241. Inoltre, la spiccata apertura verso l’estero è anche evidenziata da una buona propensione all’attrazione degli investimenti dall’estero, che evidenzia le spiccate capacità e le ottime potenzialità del milieu cuneese di innescare meccanismi atti alla creazione di valore. 239

Cfr. Il Sole 24 Ore Nord Ovest, Piccole banche: rete in espansione con Cuneo capofila, 28 maggio 2004 e G. Tardivo, Datt. cit. 240

Il riferimento è all’importanza che ha assunto, negli anni Sessanta, la realizzazione dell’autostrada Torino-Savona, che ha portato alla localizzazione su tale tratto di molte nuove imprese decentrate. Tale autostrada divenne infatti “la principale arteria di raccolta del movimento merci da e per il Cuneese”. Cfr. Regione Piemonte/Provincia di Cuneo, Scenari economici e sociali, in Piano Territoriale Provinciale, Cuneo 2003. 241 Vedi anche pag. 167-168, Tabella 5.3.

178


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

L’ECONOMIA

5.2

CUNEESE: DA IMPRESE DI CRISTALLO A PETALI DI

ROSA

In quest’ultimo ventennio “è stato il Piemonte meridionale, e il Cuneese in particolare, l’area che ha mostrato il percorso di sviluppo maggiormente innovativo ed interessante, fondato sull’intreccio di attività industriali a rilevante proiezione internazionale e di un complesso di attività agricole ed agroalimentare di alta e altissima qualità, che costituiscono l’asse portante di un ricco tessuto di lavoro autonomo, che si estende al terziario, mostrando rilevanti capacità di creazione occupazionale. Le produzioni dolciarie del Cuneese e l’area vinicola delle Langhe costituiscono a tutti gli effetti altrettanti distretti monoindustriali, mentre il complesso delle attività alimentari della Provincia dà vita ad un polo integrato a vasta gamma (vini, dolciumi, tartufi, formaggi e salumi) di rilevanti dimensioni produttive e organizzative, un’autentica “food valley” all’interno della quale, in certe specifiche aree, come ad esempio AlbaLa Morra, cibo e turismo, strettamente connessi l’uno all’altro, rappresentano oltre la metà del Prodotto Lordo locale”242. Ne consegue che, in un ambito sempre più competitivo, per poter sopravvivere in modo efficace creando valore, la Provincia di Cuneo dovrà, in futuro, continuare a potenziare la propria connotazione di territorio sistema vitale, attraverso la coniugazione di un’entità spazialmente limitata e di una socio-economia organizzata, con l’obiettivo di assicurarsi la sopravvivenza attraverso un incremento di sviluppo e di competitività. Come precedentemente dimostrato, l’identificazione culturale di242

Scenari economici e sociali – L’evoluzione del tessuto economico, Relazione al PTP della Provincia di Cuneo, Cuneo 2003.

179


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

scende da una buona capacità di fare sistema, per la quale sono indispensabili una buona accessibilità del territorio, alcuni fattori distintivi del modello di organizzazione produttiva e la capacità di attrazione di capitale umano, finanziario e tecnologico qualificato. Tali elementi risultano cruciali in questa fase di transizione delle realtà produttive piemontesi, che le vede trasformarsi “da imprese di cristallo a petali di rosa243”. Questa metafora si adatta perfettamente alla tipologia di cambiamento che si sta realizzando oggi nell’ambito strutturale ed organizzativo delle piccole e medie imprese della Provincia Granda. Il cuneese ha, infatti, sempre avuto l’immagine di un’area decisamente ricca di imprese di cristallo, realtà imprenditoriali estremamente preziose in quanto portatrici di grandi tradizioni artigiane di elevata qualità, ma anche estremamente fragili data la ridotta dimensione ed alcune carenze ambientali ed infrastrutturali del territorio stesso. Tali piccole e medie imprese “di cristallo” per potere fare il salto di qualità e poter essere paragonate ai “petali di rosa” devono chiaramente, innanzitutto, dimostrare di possedere una buona salute patrimoniale, economica e finanziaria. E’ il bilancio d’esercizio il documento contabile di sintesi nel quale sono esposte le situazioni patrimoniale, finanziaria ed economica dell’impresa: tale documento si compone di Stato Patrimoniale, che evidenzia gli investimenti esistenti in un determinato momento (le attività) ed in che modo tali investimenti sono stati finanziati, attraverso le passività ed il patrimonio netto, del Conto Economico, che illustra il risultato economico della gestione di un determinato periodo contrapponendo i ricavi ed i costi di competenza di quel periodo e misuran243

Cfr. G. Tardivo, Datt. Cit.

180


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

do, in tal modo, l’incremento o il decremento che il patrimonio netto ha subito per effetto della gestione aziendale, e, infine, della Nota Integrativa, che ha un compito prevalentemente esplicativo244. Le PMI cuneesi devono anche dimostrare le potenzialità di sviluppo del proprio business che, oltre ad essere innovativo e di alta qualità, deve essere ramificato e diversificato nell’ambito di più settori. Ecco quindi che la metafora dei petali inizia ad essere più chiara, in quanto le imprese, come sopra indicato, devono essere sane, ad elevata potenzialità e ramificate: ogni impresa presenterà caratteristiche differenti e accentuazioni più o meno consistenti, rappresentanti le varie sfumature ed i diversi profumi e colori delle rose che, per sbocciare, necessitano di alcuni requisiti fondamentali. Si tratta, prevalentemente, di infrastrutture adeguate, buoni sistemi logistici ed un buon coordinamento territoriale: per meglio comprendere quali caratteristiche questi elementi debbano avere è fondamentale tracciare uno scenario di riferimento dei “petali di rosa”. Si tratta di uno scenario caratterizzato da una società in transizione dalla fase industriale a quella dell’informazione, che vede una crescente attenzione al cliente ed all’innovazione ed un conseguente accorciamento del ciclo di vita del prodotto; sono inoltre da considerare alcune tendenze socio-economiche e culturali oggi affermate a livello globale quali l’etica, il rispetto ambientale, l’ipercompetizione e la globalizzazione stessa. E’ proprio in questo ambito piuttosto complesso che le imprese della provincia cuneese potranno completare il percorso di sviluppo indicato, a patto che le carenze e le problematiche oggi presenti riescano ad essere ridotte o in parte eliminate. 244

Cfr. Dipartimento di Economia Aziendale, Op. Cit.

181


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

La Provincia Granda, situata nel Piemonte Sud-Occidentale, rappresenta un crocevia naturale tra la nostra penisola ed il resto dell’Europa ma presenta notevoli carenze infrastrutturali. Manca, infatti, un collegamento diretto ed agevole con la regione PACA, sia dal punto di vista autostradale che ferroviario, ed è necessario completare la costruzione dell’autostrada che collegherà la città di Asti con quella di Cuneo; inoltre, il Traforo del Col di Tenda, passaggio frontaliero italo-francese, necessita di essere rifunzionalizzato e sarà, in futuro, implementato il Progetto del Traforo del Mercantour. Oltre alle sopra citate carenze infrastrutturali stradali e ferroviarie, si aggiungono anche alcuni recenti deficit nei settori della telefonia e della telematica (sviluppatesi soprattutto tra il 2000 ed il 2004), che vanno a sommarsi ad alcune carenze delle infrastrutture sociali e legate all’educazione, che indicano un insufficiente investimento in capitale umano, caratteristica piuttosto insolita e frenante nell’attuale “era della conoscenza”, dove l’imperativo è “creare conoscenza a mezzo di conoscenza”. Il superamento, o anche solo il ridimensionamento, di alcuni di questi deficit, congiuntamente all’incremento degli investimenti in qualità e ricerca e sviluppo nei settori trainanti dell’economia, rappresentano alcuni degli obiettivi fondamentali sia degli assi del piano strategico “Cuneo 2020” che del Piano Territoriale Provinciale cuneese.

182


CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

5.3

STRATEGIA

E OBIETTIVI DEL

PIANO TERRITORIALE PROVINCIA-

LE

Il Piano Territoriale Provinciale ha assunto il compito fondamentale di far emergere la necessità di soddisfare le esigenze del territorio cuneese nei termini della creazione di una infrastrutturazione adeguata all’attuale rilievo economico della Provincia Granda: tale tema ricopre un’importanza fondamentale in quanto il rendimento del potenziamento della rete infrastrutturale inciderebbe su numerosissimi settori ed avrebbe importanti conseguenze. Il disegno proposto dal Piano Territoriale Provinciale consiste in una maglia autostradale di nuova configurazione, interconnessa con la rete primaria, che prenda il posto delle strade statali e dei principali percorsi provinciali collegando le intersezioni autostradali ai principali recapiti urbani, ai valichi, alle concentrazioni produttive ed ai vari poli turistici, e nel necessario potenziamento della rete ferroviaria, da realizzare attraverso l’integrazione tra le dorsali principali già presenti e le tratte prevalentemente locali; è inoltre presente il tema dell’infrastrutturazione telematica in quanto rappresenta un indiscusso fattore di crescita competitiva. All’interno del Piano sono elencati nel particolare tutti gli obiettivi, dai quali deriva la stesura dei progetti a questi correlati: trattandosi di differenti livelli di una pianificazione strategica concertata multilivello, è evidente che molti di questi progetti e proposte saranno anche ripresi ed approfonditi a livello comunale nell’ambito del Piano Strategico Cuneo 2020. Al fine di rafforzare ed aumentare la competitività del sistema cu-

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

neese possiamo individuare numerose politiche di concertazione tra le città cuneesi per lo sviluppo dei processi di innovazione urbana, arricchimento della gamma di funzioni presenti e la valorizzazione dei punti di eccellenza del sistema. In particolare, la concertazione, secondo il Piano, dovrà svilupparsi soprattutto con riferimento ai campi della: Mobilità, logistica ed intermodalità (persone e merci); Telecomunicazioni e cablaggio urbano (rete Internet); Formazione superiore ed universitaria; Poli tecnologici e funzioni di ricerca; Funzioni fieristiche ed espositive; Strutture e reti della grande distribuzione; Strutture ed organizzazione della comunicazione artistica e culturale (teatri, musei, biblioteche, ecc); Grandi impianti sportivi; Funzioni finanziarie; Funzioni ospedaliere; Informazione, comunicazione, media; Reti tecnologiche, ecologiche ed energetiche; Cooperazione interistituzionale. Inoltre, il Piano Provinciale pone l’accento sulla necessità di sviluppare una funzionale rete di integrazione delle relazioni e dei trasporti tra le diverse città e di mettere in atto politiche volte al sostegno dell’innovazione del sistema produttivo, appoggiato anche da un potenziamento del sistema scolastico ed universitario: tutti questi progetti sono stati interamente recepiti, adattandoli alla realtà del capoluogo, dal Piano Strategico Cuneo 2020, che pone la cittadina cuneese come ente capofila del territorio provinciale sul quale manifesta la propria leadership.

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

Elemento importantissimo nell’ambito della pianificazione strategica su più livelli è la presenza di un coordinamento di grado superiore che sia in grado di garantire l’attuazione di molti dei progetti presenti nel Piano Territoriale Provinciale, che potrebbero incontrare numerose difficoltà di realizzazione ed implementazione se esclusivamente affidati ad enti con competenze territoriali più ridotte.

5.5

IL PIANO STRATEGICO “CUNEO 2020”

COME STRUMENTO DI

CREAZIONE DI VALORE PER IL TERRITORIO

Il Piano Strategico “Cuneo 2020” segna “il passaggio ad una nuova modalità di costruzione di un futuro condiviso su cui si impegnino tanto le Amministrazioni locali, quanto gli attori economici, culturali e sociali che costituiscono il capitale di esperienza e di intelligenza di un territorio”.245 In questa ottica partecipativa le debolezze del modello cuneese devono, quindi, essere affrontate con decisione, al fine di mantenere e rafforzare i livelli di competitività, tanto delle singole aziende, quanto del territorio; la polverizzazione del sistema produttivo deve essere vista sia come una risorsa capace di assorbire le crisi congiunturali, sia come ostacolo ai processi di innovazione e di internazionalizzazione che, unitamente al basso livello di scolarizzazione ed all’assenza di forti politiche di formazione spinge tutto il sistema verso la strada della continua innovazione. Va da sé che tale strada deve essere imboccata, in primis, dal settore pubblico attraverso un’adeguata governance, definibile come “effetto di governo” prodotto dall’azione di molti attori ma non ricondu245

Il Piano Strategico della città e del suo territorio Cuneo 2020: Documento di Programma, p. 5.

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

cibile direttamente ad alcuno di essi, che rappresenta uno dei contenuti metodologici principali del Piano Strategico. Attraverso il Piano Strategico Cuneo 2020 si vuole sviluppare al massimo l’interconnessione orizzontale e verticale tra i diversi ambiti amministrativi, a partire dai 54 Comuni del sistema locale del lavoro, per coinvolgere la Provincia e la Regione: nella fase di avviamento del processo di pianificazione strategica è stata data particolare attenzione al metodo, in quanto può rappresentare una vera e propria infrastruttura immateriale di innovazione per il mondo politico, per i soggetti collettivi e per tutta la comunità territoriale. Si assiste, quindi, ad una modernizzazione del sistema, ad una vera e propria creazione di valore, ad opera della Pubblica Amministrazione che considera “il piano strategico, in primo luogo, un atto di fiducia in sé stessi ed esprime la volontà di fare conto sulle risorse e sulle capacità innovative della società locale”246. E’ importante sottolineare che tale Piano Strategico non nasce indipendentemente da altre iniziative di pianificazione, ma è influenzato in modo evidente dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, il cui documento programmatico è stato presentato nel giugno del 2004247.

5.5.1 IL PIANO STRATEGICO CUNEO 2020

Il Piano Strategico Cuneo 2020 è un progetto nato dalla collaborazione tra l’Università del Piemonte Orientale e l’Amministrazione Comunale della città di Cuneo, che rappresenta la realizzazione pratica di uno strumento volto alla creazione di valore per il territorio, in questo caso 246

Piano Strategico Torino 2000. Il riferimento è all’esercizio di una leadership organizzativa e culturale effettuata da parte delle sette province nei confronti dei territori che su di esse gravitano. 247

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

non solo limitatamente all’ambito cittadino cuneese, ma allargato al territorio ad esso circostante. Volendo esprimere il cambiamento auspicato da tale pianificazione in termini di linguaggio, possiamo tradurlo nel passaggio da isolamento a rete, da frammentazione a cooperazione istituzionale e da tradizione a innovazione: si vuole quindi evidenziare la fortissima importanza che i fattori competitivi presenti sul territorio, come le infrastrutture, assumono nella capacità di creare valore ed incrementare la competitività propria delle imprese. Il Piano Strategico Cuneo 2020 rappresenta il mezzo attraverso il quale la pubblica amministrazione agisce per tentare di risolvere o ridimensionare le criticità e le problematiche del territorio cuneese, cercando di trovare soluzioni ottimali ma anche coinvolgendo e sensibilizzando su tali problematiche una vasta serie di attori, con l’obiettivo di dare seguito ad una più ampia serie di iniziative atte a mantenere elevata la competitività dell’area: in questo frangente risulta estremamente evidente la rilevanza di tutti gli stakeholders, i quali, contribuendo alla progettazione ed all’implementazione delle iniziative, ne sono protagonisti, ne influenzano l’andamento e ne condividono lo scopo. Alla città di Cuneo spetta, quindi, il compito di dare vita ad una nuova cultura politico-amministrativa imperniata sulla cooperazione tra istituzioni e sul dialogo sociale, attività che richiedono ai comuni di darsi una strategia, di fissare con consapevolezza la propria missione ed i propri obiettivi, che dovranno essere raggiunti attraverso una tessitura di reti, alleanze e relazioni. Dati i diversi livelli di pianificazione, programmazione e gestione del territorio, è molto importante essere consapevoli dell’esistenza di più strumenti differenti che devono essere coerenti ed inquadrati in un ambi-

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

to più vasto, gestito, in questo caso particolare, dal Piano Territoriale della Regione Piemonte, che rappresenta il principale strumento di riferimento per le politiche territoriali. Tale piano è, infatti, volto a definire le attività di promozione di politiche che hanno come obiettivo il superamento di ostacoli materiali ed immateriali alla comunicazione ed allo scambio di flussi di persone, merci ed informazioni, mediante l’individuazione di direttrici di riequilibrio territoriale tra i due versanti alpini, sia attraverso le aree montane che attraverso le aree metropolitane e le coste ligure e francese. In continuità con tale Piano Territoriale Regionale piemontese, anche il Piano Territoriale Provinciale, come abbiamo visto, si basa, per la costruzione dei progetti e degli obiettivi comuni, sul coinvolgimento dei numerosi soggetti, istituzionali e sociali, che operano sul territorio e nel mercato, il cui consenso è fondamentale per la realizzazione dell’iniziativa stessa; sempre coerentemente con i sopra citati punti focali è stato redatto il Piano Strategico del comune di Cuneo e del territorio limitrofo “Cuneo 2020”, che contiene gli obiettivi che la città intende conseguire tracciando le strategie da adottare e le azioni da implementare nell’arco di tempo indicato. In linea generale gli obiettivi perseguiti sono: L’aumento dei collegamenti per la viabilità , al fine di favorire e potenziare gli scambi ed i trasferimenti di persone, merci, informazioni e servizi; Il rafforzamento delle connessioni e delle relazioni funzionali, già piuttosto consolidate, con le grandi realtà metropolitane a nord e costiere a sud, sia sul versante ligure che su quello francese;

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

Il rafforzamento delle differenti relazioni stabilitesi tra l’area cuneese e le realtà urbane minori e diffuse nell’arco alpino e nella pianura; La progettazione e l’implementazione di una nuova generazione di servizi altamente innovativi realizzati grazie allo sviluppo dei settori informatici telematici248; L’uso e la promozione dell’ambiente, inteso in senso allargato, cioè comprendente una vasta gamma di elementi naturali, rurali, tradizioni enogastronomiche e culturali ed un patrimonio storico diffuso.

Tutta la programmazione integrata e realizzata su diversi livelli, è coerentemente volta alla realizzazione di uno spazio economico continentale in cui il Piemonte, potenziando strategicamente le proprie connessioni transalpine, si ponga come “porta naturale” fra l’ Europa centromediterranea e quella nord-occidentale249.

5.5.2 LA PROGETTAZIONE PARTECIPATA ED I QUATTRO ASSI STRATEGICI.

Il Piano Strategico di Cuneo e del suo territorio circostante è un insieme peculiare di elementi: può essere definito un metodo, una sperimentazione, una miscellanea fisiologicamente unica, in quanto declinata sulla base delle specifiche caratteristiche e dinamiche della società locale di riferimento250.

248

Con basi soprattutto localizzate sul suolo italiano, più in ritardo rispetto a quello francese. Cfr. Comune di Cuneo, Programma esecutivo delle attività – Progetto Sistema, Cuneo 2005. 250 Cfr. Il Piano Strategico della città e del suo territorio Cuneo 2020: Documento di Programma. 249

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

Il primo step per la realizzazione di una pianificazione partecipata strategica è l’individuazione dell’area territoriale di interesse ed i suoi relativi confini, considerando che nessuna città è avulsa dal territorio in cui è situata, nessuna è autosufficiente, e ogni decisione è sempre più o meno densa di ricadute esterne ad essa; individuato il territorio di riferimento è fondamentale, per stabilire gli obiettivi principali che ci si vuole porre, una conoscenza approfondita di tutti gli aspetti della realtà attuale, “ascoltando il territorio”: a tal fine, nel cuneese, è stato realizzato un set di interviste che hanno portato alla realizzazione di una matrice SWOT251 che ha evidenziato punti di forza, di debolezza, opportunità e minacce della città di Cuneo inserita nel contesto socio-economico attuale. I risultati di tali matrice hanno dato il via ad un processo autoriflessivo della società locale, che, in seguito ad un ciclo di conferenzedibattito, è proseguito con l’avvio del processo di progettazione partecipata del territorio con la costruzione di una cornice condivisa. In seguito alle discussioni relative alle carenze del territorio cuneese sono emersi chiaramente quattro Assi Strategici su cui si è focalizzata la successiva fase di ricognizione territoriale e poi di progettazione nei Tavoli e nei Gruppi di Lavoro. Tali Assi sono:

1. Città della conoscenza e dei saperi: Conoscenza e saperi rappresentano una risorsa di primaria importanza per lo sviluppo socio-economico del territorio. Entrambe devono essere interpretate sotto un duplice aspetto: da un lato come promozione e riproduzione delle conoscenze legate alle tradizioni, alla cultura ed 251

L’Analisi SWOT è un utile strumento di supporto all’analisi del contesto (interno ed esterno) entro cui si collocano un progetto o un intervento. L’acronimo SWOT è composto dalle iniziali dei termini inglesi strenght (forza), weakness (debolezza), opportunities (opportunità) e threats (minacce).

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

all’identità e memoria storica, dall’altro come leva di sviluppo della città stessa e del proprio territorio, attraverso un’integrazione con il mondo economico e della ricerca. Il raggiungimento del primo obiettivo evidenzia la necessità di promuovere iniziative sinergiche tra le differenti istanze territoriali, incentivando la valorizzazione delle culture locali e transalpine e la formazione culturale di base unitamente alla creazione di professionalità sul territorio e la produzione di nuova cultura; il secondo aspetto pone la conoscenza come presupposto fondamentale per lo sviluppo del sistema economico, dato che la continua innovazione dei settori produttivi e la velocità dei cambiamenti rende necessario un sistema formativo locale particolarmente efficiente ed integrato. In questo scenario la promozione di un’offerta formativa qualificata rappresenta un fattore decisamente strategico volto a migliorare lo sviluppo socioeconomico del territorio e ad attrarre e trattenere risorse creative in loco.

2. Qualità della vita urbana e del territorio La qualità urbana e territoriale ha assunto importanza crescente divenendo un elemento fondamentale della competizione territoriale sia per l’attrazione di imprese sia per lo sviluppo di un terziario commerciale di qualità. Pur non sottovalutando questo aspetto, in questo ambito, per qualità della vita urbana si intende la qualità della vita di chi risiede o vi si reca quotidianamente per lavoro. Tale concetto di qualità è relativo e pluridimensionale, in quanto composto da una dimensione economica, una organizzativa, una sociale ed una infrastrutturale, che, talvolta, possono entrare in conflitto tra loro; è inoltre importanti inserire in tale concetto altri aspetti quale il welfare locale, le politiche di sostegno alle famiglie, l’inclusione sociale, l’efficienza

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

amministrativa, i trasporti, il benessere ambientale, l’offerta culturale e quella sportiva.

3. Ambiente e infrastrutture L’attenzione alle risorse ambientali, le uniche non riproducibili in un territorio, si traduce nel perseguimento di un modello di sviluppo economico che sia in grado di coniugare l’efficienza produttiva con il benessere e la sostenibilità ambientale, lo sviluppo quantitativo con quello qualitativo. Relativamente al primo obiettivo, una delle problematiche emerse, oltre alla nota questione dei collegamenti stradali e ferroviari del cuneese e della sua economia con il Nord ovest della Francia, è la presenza di un terziario debole ed inefficace, con una scarsa propensione alla produzione di servizi innovativi; rispetto al secondo obiettivo si viene a porre un problema fondamentalmente di salvaguardia e conservazione del patrimonio, su cui innestare politiche ed iniziative volte alla sua valorizzazione. Tra i temi portanti di questo asse ritroviamo l’investimento in nuove tecnologie di produzione e razionalizzazione dell’uso dell’energia, programmi per l’insediamento sul territorio di attività economiche non invasive e la promozione di servizi ad alto contenuto tecnologico e di infrastrutture immateriali. Ci si basa, quindi, su un’ottica tipica di un “sistema integrato” di politiche insediative, di mobilità territoriale e di servizi avanzati dal punto di vista tecnologico, rispettoso della ricchezza e dell’integrità fisica del territorio.

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

4. Economia e innovazione La diffusione capillare sul territorio di imprese di dimensioni mediopiccole rappresenta, da un lato, un fattore di dinamismo economico, mentre, dall’altro, comporta elementi di debolezza intrinseca. La piccola e media impresa si caratterizzano per una scarsa capitalizzazione, che rende difficoltoso l’accesso al credito per i finanziamenti necessari all’innovazione; inoltre, per le stesse ragioni, molto spesso è preclusa anche un’attività di ricerca autonoma. A fronte dei rischi di frammentazione di un sistema economico con tali caratteristiche si registra, negativamente, la percezione di una scarsa propensione all’integrazione ed al coordinamento; la necessità di incentivare e sviluppare il coordinamento e l’integrazione tra le PMI e di rafforzare ancora di più i servizi alle imprese già esistenti rappresenta, quindi, un obiettivo fondamentale per migliorarne la competitività dei prodotti. La promozione e la diffusione di una “cultura della rete”, che sia in grado di favorire la realizzazione di azioni congiunte per conseguire risultati più efficaci, riguarda soprattutto i campi della ricerca e dell’innovazione, dei rapporti con il sistema creditizio e delle politiche di internazionalizzazione.

I quattro Assi Strategici hanno, quindi, fissato le direttrici per la ricognizione territoriale e la successiva attività di vera e propria progettazione suddivisa per Tavoli di Lavoro, uno per ogni asse, e organizzata al loro interno per sottogruppi tematici, alcuni trasversali a più Tavoli. A tali Gruppi di Lavoro è spettato il compito di redigere lo scenario al 2020, di

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

individuare le azioni atte a realizzarlo e, infine, di concretizzare queste ultime in singoli progetti. In linea definitiva, il Piano Strategico di Cuneo e del territorio limitrofo si articola in 16 obiettivi, 28 azioni e 117 progetti distribuiti sui quattro assi sopra citati: di questi progetti solo otto sono rimaste Idee Progetto, ritenute rilevanti per il loro contenuto ma che andranno riprese, sviluppate ed opportunamente specificate, mentre dei restanti 109 progetti ben 40 sono raggruppati in 9 Progetti Rete. Al termine di questa analisi resta fondamentale sottolineare che la bontà di un Piano Strategico (traducibile in capacità di creazione di valore per l’area in esame) non è misurabile sulla carta, ma solo nello snodo cruciale del passaggio dalla fase progettuale a quella attuativa, e dalla loro capacità di saper continuare a promuovere ed alimentare nel tempo, in un’ottica di lungo periodo, nuove reti di cooperazione e di imprenditorialità collettiva.

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CAP. 5 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. IL PIEMONTE E LA PROVINCIA DI CUNEO

Figura 5.2. Le parole chiave della ricognizione territoriale attraverso i quattro Assi Strategici. Fonte: Il Piano Strategico della città e del suo territorio Cuneo 2020, pag. 20.

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CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

CAPITOLO 6 L’EUROREGIONE ALPI-MEDITERRANEO: LA REGIONE PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME. 6.1 LA REGIONE PACA: ASPETTI SOCIO-ECONOMICI 6.2 IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME 6.3 IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME E LA “VILLE PHARE” NICE

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CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

6.1 LA REGIONE PACA: ASPETTI SOCIO-ECONOMICI Nell’ambito dell’Euroregione Alpi-Mediterraneo la regione PACA, acronimo di Provence-Alpes-Cote d’Azur, è riconosciuta quale realtà territoriale potenzialmente completa, dato che, pur essendo bagnata a sud dal Mar Mediterraneo, vede al suo interno, procedendo verso l’entroterra, caratteristici paesaggi collinari che portano alle Alpi Marittime. Situata nel sud-est della Francia, è l’unica regione dove si accostano e comunicano due universi differenti ma complementari: l’arco alpino, tratto d’unione verso l’Europa continentale, e lo spazio mediterraneo, fulcro della circolazione di uomini, idee ed innovazioni tecnologiche252. La Provence Alpes-Cote d’Azur è la terza regione economica francese e svolge un importante ruolo geo-strategico euro-mediterraneo: tale favorevole posizione geografica, unitamente alla sua storia, infatti, ne hanno fatto l’interfaccia principale dei paesi dell’arco mediterraneo. Proprio in questo senso, la PACA si caratterizza per una forte tradizione di scambi e di negoziazioni transfrontaliere e possiede, ad oggi, il terzo miglior potenziale tecnologico e scientifico della Francia, oltre a possedere un terziario molto sviluppato e rappresentante una rilevante percentuale del valore aggiunto. Per tutte queste ragioni la Provence Alpes Cote d’ Azur è terza, nell’ambito della realtà francese, per l’attrattività degli investimenti esteri: la scelta del sito di Cadarache, ad esempio, per la localizzazione del reattore di fusione sperimentale ITER ed il riconoscimento ufficiale da 252

Cfr. www.paca.cci.fr/region

197


CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

parte degli organi di governo locali di otto poli di competitività testimoniano il notevole potenziale innovativo e di sviluppo economico di questa regione. Inoltre, anche dal punto di vista della qualità della vita e dei principali indicatori di benessere, la PACA offre un quadro e condizioni sociali piuttosto attraenti: infatti, oltre ad essere la regione più soleggiata di tutta la Francia e a godere di un clima decisamente favorevole e piacevole, quest’area figura tra le regioni meglio dotate dal punto di vista del patrimonio naturale, culturale e del tempo libero, caratteristiche che le hanno permesso di andarsi a posizionare quale destinazione turistica di rilievo del vecchio continente. Una rilevante particolarità è la presenza evidente di dieci agglomerati urbani regionali, corrispondenti ad altrettante unità di rilievo economicocommerciale: si tratta delle unità urbane di Marseille-Aix en Provence (che conta circa il 30% della popolazione regionale), di Nice (che ne conta circa il 19%), di Toulon, di Avignon, del Frejus, di MentonMonaco, di Arles, del Salon de Provence, del Draguignan e dell’Istres253. Questa regione presenta quindi una notevole dinamicità economica ed una forte propensione al commercio internazionale e transfrontaliero: a conferma di ciò, il prodotto interno lordo dell’anno 2006 è stato di 116.125 milioni di euro, pari al 7.4% di quello totale francese.

ProvenceAnnée 2006*

Alpes-Côte d'Azur

Valeur ajoutée bru-

253

PACA / France

France métropo-

métropolitaine

litaine

7,4 %

1 572 128

116 125

Fonte INSEE-RGP.

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CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME te (millions euros) Agriculture

1,6 %

5,9 %

2,0 %

Industrie

10,5 %

5,3 %

14,6 %

Construction

6,5 %

7,6 %

6,3 %

Services marchands

56,3 %

7,5 %

55,5 %

Services administrés

25,1 %

8,6 %

21,6 %

Tabella 6.1: Prodotto Interno Lordo per settore di attività. Fonte : INSEE-Comptes régionaux en base 2000.

Come evidenziato dalla Tabella 6.1, i servizi hanno un peso notevole sul totale del Prodotto Interno Lordo, pari quasi ai tre quarti dello stesso, composto da un 56.3% relativo ai servizi commerciali e da un 25,1% dei servizi amministrativi. Oltre a questo evidente sviluppo del settore terziario, il settore dell’industria rappresenta il 10,5% del PIL totale, il settore delle costruzioni il 6.5%, mentre l’agricoltura pesa solo per l’1,6%. Tale particolare struttura è riscontrabile anche osservando la ripartizione delle realtà imprenditoriali provenzali per settore: in totale queste sono 144.763, percentualmente pari a un decimo del totale francese.

Provence-AlpesCôte d'Azur

PACA / France

Industries agricoles et alimentaires

3 614

8,0 %

Industries des biens de consommation

2 363

7,7 %

97

5,1 %

Industries des biens d'équipement

2 754

9,3 %

Industries des biens intermédiaires

2 590

5,8 %

139

7,4 %

Industrie automobile

Energie

199


CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME Construction

18 033

9,5 %

Commerce

34 864

9,6 %

Transports

4 427

9,4 %

Activités financières

4 168

8,7 %

Activités immobilières

12 304

9,2 %

Services aux entreprises

19 750

9,5 %

Services aux particuliers

23 524

9,8 %

Education, santé et action sociale

11 805

8,9 %

4 331

9,1 %

144 763

9,3 %

Administration TOTAL

Tabella 6.2: Ripartizione delle unità imprenditoriali per settore di attività. Fonte : ASSEDIC, 2006 provvisorio (escluse imprese e cooperative del settore agricolo).

Il settore del commercio registra, infatti, ben 34.864 imprese (pari al 9.6% sul totale francese), seguito dai servizi ai privati con 23.524 unità e da quelli alle imprese con 19.750 unità. Hanno un peso abbastanza rilevante anche il settore delle costruzioni con 18.033 imprese e quello dell’educazione, salute ed azione sociale con 11.805 unità. E’ inoltre interessante notare come, sul totale delle imprese manifatturiere della regione PACA (pari a 97.014), solo due terzi di queste siano realmente amministrate e controllate da organi localizzati, come sede ufficiale, nella regione stessa, e che ben 25.071 imprese siano controllate dalla regione della capitale, l’Ile de France. La massiccia presenza di imprese dedite al commercio interno ed esterno evidenzia e conferma quella che da sempre è considerata una tendenza tutta francese, che consiste nel dare una notevole importanza ed enfasi alla fase distributiva della catena del ciclo produttivo. Il modello

200


CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

della grande distribuzione francese è nato dopo la 1^ guerra mondiale, dopo un periodo di miseria e grave crisi economica in cui il paese si è ritrovato in serie difficoltà: nel dopoguerra la classe politica sostenne lo sviluppo parallelamente all’affermazione di una sempre maggiore fiducia nel modello consumo-crescita-impiego, che sarà alla base di questo particolare percorso evolutivo che ha inizio negli anni Cinquanta: le piccole botteghe si trasformarono in minimarket (superficie di 400 metri quadrati), che in seguito divennero supermercati (da 400 a 2500 metri quadrati), per completare lo sviluppo trasformandosi, infine, in ipermercati (superficie di più di 2500 metri). Con l’inizio del trentennio glorioso francese si entrò ufficialmente nell’era del consumo che vide la costruzione di grandi e medie superfici da adibire alla grande distribuzione: la Francia in questi anni divenne il paese europeo con la più elevata concentrazione di supermercati contando 15 unità distributive ogni milione di abitanti, mentre in Italia se ne registravano 2 e in Spagna 3. Prese forma una potentissima rete distributiva centralizzata in sei punti d’acquisto in grado di controllare l’intero mercato francese e che vedeva l’ipermercato quale simbolo dello sviluppo delle imprese commerciali francesi. Ed è proprio nell’ambito di relazioni transfrontaliere euro regionali tra l’Italia e la Francia che i grandi colossi della distribuzione francese hanno attraversato le Alpi e si sono insediati, inizialmente, in Piemonte e Liguria con una copertura capillare: oggi, in Italia la grande distribuzione francese controlla una consistente fetta del mercato in quanto molte insegne, un tempo nelle mani di imprenditori italiani, sono oggi controllate da multinazionali francesi. Si tratta principalmente del colosso Carrefour, che ha recentemente acquistato il marchio GS (prima di proprietà

201


CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

della famiglia Benetton) e di Auchan, che ha acquisito il gruppo italiano La Rinascente254. In definitiva, la realtà distributiva francese gode di un forte potere contrattuale e di una rete organizzativa molto ben strutturata e funzionale: anche la regione Provence-Alpes-Cote d’Azur, come il resto della Francia, possiede una struttura commerciale al dettaglio ed all’ingrosso degna di nota, annoverando ben 26.505 unità nel primo caso e 8.359 nel secondo, con un totale di 34.864 realtà distributive.

Provence-Alpes-

PACA /

Côte d'Azur

France

Commerce et réparation automobile

4 933

9,4 %

Grande distribution

827

6,7 %

Vente à distance

124

11,5 %

20 621

10,0 %

26 505

9,7 %

255

9,2 %

1 410

18,4 %

1 388

9,7 %

1 543

8,1 %

Commerce de gros interindustriel

3 763

7,9 %

TOTAL COMMERCE DE GROS

8 359

9,2 %

Autre commerce de détail TOTAL COMMERCE DE DETAIL Commerce de gros d'équipement automobile Intermédiaires du commerce de gros Commerce de gros en produits agroalimentaires Commerce de gros de biens de consommation non alim

254

C. Jaquiau, Smontiamo le superfici della grande distribuzione organizzata, articolo, Parigi 2006.

202


CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME TOTAL COMMERCE

34 864

9,6 %

Tabella 6.3: Ripartizione delle imprese commerciali 2007 Source : ASSEDIC, 2006 provvisorio.

Nell’ambito del commercio al dettaglio della regione provenzale si registrano 4.933 imprese nel settore del commercio e della riparazione delle automobili e 827 unità della grande distribuzione; il commercio all’ingrosso vede una presenza massiccia di operatori interindustriali (ben 3.763 ), ed una equilibrata quantità di intermediari di prodotti agroalimentari e non, rispettivamente con 1.388 e 1.543 unità.

Provence-Alpes-Côte PACA / France métropod'Azur

litaine

Hypermarchés

98

6,4 %

128

141*

349

6,3 %

88

114*

300

7,1 %

41

47*

densité (m² pour 1000 hab) Supermarchés densité (m² pour 1000 hab) Hard discount densité (m² pour 1000 hab) *Densità Francia Tabella 6.4: Numero delle imprese commerciali 2007. Fonte : Guide Panorama de la Distribution.

La Provence-Alpes-Cote d’Azur presenta 98 ipermercati, 349 supermercati e 300 hard discount con una densità media inferiore rispetto a

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CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

quella francese, soprattutto per quanto riguarda la presenza di iper e supermercati, dove la densità varia, rispettivamente, di 13 e 26 unità medie. Oltre al notevole sviluppo del settore commerciale, questa regione transfrontaliera si distingue in quanto prima, in Francia, per il tasso di creazione di nuove imprese: la PACA ha registrato, nel 2006, la nascita di ben 36.155 imprese ed un relativo tasso di creazione del 13,2%, superiore alla media nazionale, pari al 12.1%, che indica una particolare vivacità imprenditoriale. Settorialmente il tasso di creazione è del 10.2% per l’industria, del 17.4% per il settore delle costruzioni, del 13,7 per il commercio e del 12.4 per i servizi: tutti e quattro gli indicatori risultano superiori alla media nazionale francese, a conferma di quanto dedotto precedentemente. La completezza e la complementarietà dei paesaggi e del territorio di questa regione si riflette anche in un’offerta turistica molto sviluppata e diversificata, facilmente adattabile alle diverse esigenze: per tali ragioni la regione Provence-Alpes- Cote d’Azur è la prima, in ambito francese, per la ricettività di turisti interni e la seconda per turisti stranieri. Infatti, proprio questo patrimonio così variegato ha permesso di realizzare un continuo incremento di valore territoriale attraverso l’ implementazione di gran parte delle più differenti e particolari forme turistiche: il turismo balneare e nautico, il turismo urbano, delle città d’arte e storiche, il turismo rurale, i campi da golf, tutte le attività invernali legate alla neve (si contano sessantotto stazioni di sport invernali e centri di sci), il turismo verde e quello sportivo. Per poter accogliere tale notevole flusso turistico la regione dispone, infatti, di una capacità ricettiva molto forte: i 2.8 milioni di posti letto destinati al turismo di questa regione rappresentano ben il 14% del totale

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CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

nazionale ed i consumi turistici sono stimati intorno ai 10 miliardi di euro annuali. La percentuale del PIL relativa al settore turistico è, in questo territorio, pari al 12.2%, dato nettamente superiore alla media nazionale pari al 6.6%, anche se, trattandosi di un turismo prevalentemente estivo, è importate considerare la fluttuazione di tali flussi in funzione dei differenti periodi dell’anno. La Regione PACA vede, al proprio interno, sette differenti dipartimenti, osservabili e localizzabili anche sulla cartina, che si distinguono per alcune peculiarità: Departement des Alpes Maritimes; Departement du Var; Departement des Bouches du Rhone; Departement de la Vaucluse; Departement du Drome Provencale; Departement des Hautes Alpes; Departement des Alpes de l’ Haute Provence255.

255

Cfr. www.provenceweb.fr.

205


CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

Figura 6.1: I sette dipartimenti della Provence-Alpes-Cote d’Azur. Fonte: www.provenceweb,fr.

Il Dipartimento delle Alpi Marittime, grazie alla sua collocazione geografica e ad una spiccata vocazione turistica e commerciale rappresenta uno dei dipartimenti più interessanti e vivaci della regione PACA.

6.2

IL DIPARTIMENTO

DELLE

ALPI MARITTIME (LE DEPARTEMENT

DES ALPES MARITIMES).

Situato nell’estremità sud-orientale della Francia lungo il Mar Mediterraneo, e confinante ad est con la frontiera italiana, il territorio delle Alpi Marittime, della Costa Azzura e del suo entroterra256 formano un

256

Il noto “arrière-pays”.

206


CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

Dipartimento noto in tutto il mondo per la sua ricchezza culturale, turistica ed artistica. Oltre alla celeberrima “Cote d’Azur”, la particolarità di questa area consta nel possedere un paesaggio scosceso direttamente a picco sul litorale dove “les Alpes plongent dans la mer257”: le località montane, infatti, distano circa un’ora di automobile da quelle marine, conosciute in tutto il mondo per il clima estremamente mite e favorevole caratterizzato, mediamente, da circa 320 giorni di bel tempo ogni anno. La Costa Azzurra è una parte della costa mediterranea nota a livello mondiale per luoghi di villeggiatura quali Cannes, Antibes e Menton, dove sorgono palazzi risalenti alla Belle Epoque e numerose residenze di villeggiatura lussuose. Questo tratto costiero, soprattutto animato nei mesi di luglio ed agosto, deve la sua notorietà alle sue spiagge di sabbia fine o di sassi, ai suo ampi e spaziosi lungomare, quali la Promenade des Anglais a Nice e La Croisette ad Antibes, ed ai suoi centri storici ricchi di tradizione grazie ai numerosi mercati tipici locali ed ai piccoli porticcioli. Lasciandosi alle spalle il mare ci si ritrova molto velocemente nel cuore dell’”Arrière Pays”, dove i rilievi diventano molto velocemente ripidi e le piccole stradine delle colline molto tortuose: qui la vegetazione è tipicamente mediterranea, cioè formata da pini marittimi, timi, olivi, lauri, cactus giganti e resa ancora più peculiare dal tipico canto incessante delle cicale di questa zona258. E’ proprio grazie a questa abbondanza di sentori, profumi e piante aromatiche che la cittadina di Grasse è diventata una delle capitali mondiali per la creazione di profumi. 257

Letteralmente “le Alpi si tuffano nel mare”, proprio per questo paesaggio così ripido e scosceso a ridosso della costa. 258 Nel territorio provenzale le cicale, in francese “cigales” , rappresentano un simbolo tipico di buon auspicio e fortuna, parte della tradizione locale.

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CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

Nella zona settentrionale del Dipartimento svettano le cime innevate delle Alpi Marittime (che ne rappresentano circa l’80% della superficie), note per le numerose stazioni sciistiche invernali e per gli oltre 300 kilometri di fiumi navigabili che offrono la possibilità di fare canyoning o canoa; inoltre, il Parco Naturale del Mercantour offre un insieme di paesaggi dove la fauna e la flora sopravvivono floridamente grazie alle caratteristiche notevolmente favorevoli del clima e ad una diffusa cultura di sviluppo sostenibile259 e tutela territoriale260. In un’ottica di creazione di valore per il territorio, tutto l’indotto turistico è quindi di rilevanza fondamentale del Dipartimento delle Alpi Marittime, che ha saputo valorizzare le proprie peculiarità attraverso azioni volte al potenziamento dell’immagine e di tutti i servizi commerciali volti alla collettività ed al cittadino. In tale contesto, Nizza rappresenta la “ville phare261” della Costa Azzurra. IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME E LA “VILLE PHARE”

6.3 NICE

Nizza è considerata a tutti gli effetti una vera e propria metropoli ed è la quinta città francese grazie alla sua numerosa popolazione, alla sua propensione alle attività industriali, scientifiche, di alta tecnologia, piut259

Il concetto di sviluppo sostenibile si compone di molte definizioni. Parafrasandone alcune possiamo affermare che tale sviluppo permette di realizzare una duratura soddisfazione dei bisogni umani ed un miglioramento della qualità della vita, che consente di soddisfare le necessità del presente senza compromettere tale capacità delle generazioni future. Rappresenta, inoltre, un requisito in base al quale l’uso attuale delle risorse non dovrebbe ridurre i redditi reali del futuro, garantendo un equo accesso allo stock di risorse per ogni generazione, ed una prospettiva che richiede un sistema di produzione che rispetti l’obbligo di preservare la base ecologica per lo sviluppo. Cfr. A. Scaletti, articolo, 2007. 260 Cfr. www.provenceweb.fr. 261 Letteralmente la “città faro”, il nucleo luminoso della Costa Azzurro.

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CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

tosto che grazie alla realizzazione di progetti di alto livello quali l’Acropolis, Sophia Antipolis, il Palais des Congrès ed il noto aeroporto internazionale, secondo solo a quello parigino. Questa cittadina è contemporaneamente elegante e popolare, caratterizzata da un fascino tipicamente mediterraneo e dall’architettura barocca dei castelli e dei palazzi che sorgono sulle colline sovrastanti il “Vieux Nice”, con le sue viuzze pittoresche e le facciate colorate con sfumature calde: i nizzardi, in francese “les niçois”, possiedono una propria lingua, il Nissart, ed una cucina tipica dai sapori intensi nota per ricette quali la Pissaladière, la Ratatouille, il Pan Bagnat e la Salade Niçoise. Oggi Nizza rappresenta il capoluogo del Dipartimento delle Alpi Marittime, la città nucleo della Communauté d’Agglomeration Nice Cote d’Azur, situata al centro di una conurbazione litorale262 che si estende da Mandelieu a Menton e che penetra progressivamente nell’entroterra: tale conurbazione concentra circa 900.000 abitanti, che corrispondono all’88% della popolazione dipartimentale. Centro metropolitano consolidato dal 1970, Nizza è una città plurifunzionale che ricopre sia il ruolo di centro amministrativo che di polo economico, concentrando al suo interno le grandi infrastrutture di una capitale, nella quale, ogni giorno, transitano più di 310.000 persone: ma più che per tali connotazioni amministrative, questa metropoli si distingue in quanto cuore di un territorio chiamato “Pays Niçois”. Quest’area, caratterizzata da rilevanti influenze ed interdipendenze d’oltralpe, realizza la propria unità urbana, economica, sociale e politica per mezzo dell’amministrazione pubblica del Comune di Nizza; le Pays Nicois ri262

Conurbazione litorale significa un’agglomerazione formata da più città vicine le cui periferie si congiungono.

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CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

sulta strettamente interconnesso alle province italiane piemontesi e liguri date le relazioni transfrontaliere privilegiate che enfatizzano il carattere europeo ed euro regionale della metropoli nizzarda. La storia di questa cittadina ha visto, fino al diciannovesimo secolo, un ruolo fondamentale del settore agricolo, che ha rappresentato per molto tempo la principale fonte di introiti per la maggior parte della popolazione, data anche l’importanza marginale che, a quell’epoca, ricopriva il porto di Nizza. E’ in seguito all’annessione allo stato francese che Nizza ha saputo sviluppare un’economia portuale volta all’attività militare ed al transito di merci, innescando un motore di sviluppo che ha coinvolto tutti i settori e, in particolare, quello turistico. Oggi, infatti, il settore piuttosto stabile e consolidato del turismo riveste un ruolo molto importante nell’economia locale, ed ha attenuato, negli anni Novanta, l’impatto della crisi che ha investito il settore delle costruzioni e delle opere pubbliche, che nel Pays Nicois si compone prevalentemente di imprese di piccole e medie dimensioni piuttosto dinamiche ma al contempo fragili. Punti di forza dell’economia nizzarda restano senza dubbio il tessuto industriale, storicamente rappresentato da una nutrita schiera di piccole strutture artigianali diversificate, e l’attività commerciale e dei servizi, che costituiscono la prima fonte di ricchezza economica di questa metropoli: inoltre, oggi, l’economia di Nizza è strettamente legata allo sviluppo ed alla creazione di valore e competitività della Costa Azzurra, capace di una forte dinamicità, di una notevole diversificazione delle proprie attività e del rafforzamento delle filiere di eccellenza locali, cioè quelle della salute, dell’immagine, del settore multimediale e quella dell’insegnamento superiore.

210


CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

Nell’ottica di una strategia di sviluppo di lungo periodo improntata dal binomio globale -locale, oggi, la Communauté d’Agglomeration Nice Cote d’Azur263 implementa a pieno diritto, in nome e per conto dei comuni membri, azioni di sviluppo economico di interesse comunitario; parallelamente, la città di Nizza persegue una politica incentrata sulle specificità nizzarde, sullo sviluppo di progetti urbani e sull’impostazione di un dialogo continuo con il settore imprenditoriale, senza, però, sottovalutare la necessità, in un’epoca come quella attuale, di realizzare uno sviluppo sostenibile. Tale via, infatti, sembra essere l’unica atta a consentire un’evoluzione ed una creazione di valore territoriale equilibrata e destinata a riprodursi nel tempo, in quanto pone in primo piano problematiche globali, locali, economiche e politiche fondamentali nell’ambito dell’attuale contesto socio-economico. Si tratta, quindi, di un “enjeu economique264” per la città di Nizza che attraverso il connubio sviluppo sostenibile ed ambiente può potenziare esponenzialmente la crescita della propria economia locale e transfrontaliera265. Conscio dell’esperienza piemontese, sempre coerentemente con l’obiettivo di incrementare lo sviluppo ed il valore intrinseco della città, del Pays Niçois, e dell’intero dipartimento, l’attuale sindaco della città di Nizza, Christian Estrosi266, ha candidato la propria metropoli quale sede dei Giochi Olimpici Invernali 2018: tale evento potrebbe rappresentare 263

Tale comunità nasce nel gennaio 2002, dato l’aumento costante dell’agglomerato nizzardo, dovuto all’effetto congiunto del notevole incremento demografico e dello sviluppo dei trasporti su strada ed aeroportuali. Tale organo si prefigge di: Assicurare uno sviluppo armonioso ed una gestione coerente dei servizi nell’ambito dell’insieme dei diversi comuni che compongono l’agglomerato; Mettere in comune i mezzi umani e tecnologici necessari al fine di realizzare le grandi infrastrutture necessarie; Beneficiare dei nuovi mezzi finanziari forniti annualmente allo Stato. 264 Si intende una scommessa di tipo economico-sociale di ampia portata. 265 Cfr. www.nice.fr. 266 Christian Estrosi, Deputato Sindaco della Città di Nizza.

211


CAP. 6 – L’EUROREGIONE ALPI – MEDITERRANEO. LA PACA E IL DIPARTIMENTO DELLE ALPI MARITTIME

una forte spinta propulsiva che proietterebbe tutta la regione verso una nuova dimensione globale e sempre più competitiva.

Figura 6.2: L’ ipotetica locandina dei Giochi Olimpici Invernali di Nice 2018. Fonte: www.nice.fr

212


CONCLUSIONE

CONCLUSIONE

L’Euroregione Alpi-Mediterraneo, nata ufficialmente il 18 luglio 2007 in seguito ad un lungo processo di cooperazione ed integrazione transfrontaliera, rappresenta un valido strumento di creazione di valore per il territorio ed è identificabile quale area composta da territori differenti ma complementari sotto tutti i punti di vista, che si estende dai ghiacciai alpini alle coste del Mediterraneo, unita da secoli di storia e da un’unica matrice linguistico-culturale. E’ fondamentale che alla base di un processo sinergico di questo calibro sussista una cooperazione socioculturale di base, condizione essenziale per attenuare le barriere psicologiche che molto spesso permangono tra i popoli confinanti e volta a favorire la concretizzazione di ogni tipo di integrazione e collaborazione: essa rappresenta, infatti, il primo passo verso la creazione di contatti tra le popolazioni transfrontaliere ed ha l’obiettivo di incoraggiare la reciproca conoscenza dei punti in comune e delle differenze nell’ambito della cultura, della società e delle tradizioni in un’ottica di creazione di valore che abbraccia tutti i settori. Le cinque regioni che la compongono (Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta, Rhone-Alpes e Provence – Alpes - Cote d’Azur) hanno caratteristiche molto varie e complementari, che fanno di questa Euroregione una delle zone più interessanti e competitive dell’Unione Europea: la cooperazione transfrontaliera, ai fini di un’Europa sempre più integrata e coesa, ha assunto una notevole importanza perché in grado di porre fine a tutte le disparità transfrontaliere e favorire una concreta unione economica, politica e sociale. Alle soglie del nuovo millennio, in una realtà

213


CONCLUSIONE

nella quale i media rivestono un ruolo determinante in ogni fase e settore economico, la televisione, la stampa e la rete internet rappresentano i mezzi più potenti ed efficaci capaci di attuare un’incisiva sensibilizzazione dell’opinione pubblica alla cooperazione ed all’integrazione, attraverso la presentazione dell’Euroregione Alpi – Mediterraneo come “unità culturale ed economica”: tutto ciò perché obiettivo di questa realtà euro-regionale

è

pianificare

ed

implementare

un’azione

comune

nell’ambito di tutte le tematiche per le quali la cooperazione gioca un ruolo decisivo, ma anche “consolider tout ce qui nous rapproche culturellement”. In un contesto economico mondializzato è necessario che queste cinque regioni, per mantenere ed incrementare la propria posizione competitiva a livello sia europeo che globale, uniscano le forze armonizzando le filiere industriali, il settore universitario e della conoscenza, l’ambito della ricerca e sviluppo e delle tecnopoli, l’intero indotto dei trasporti e l’ambito culturale, partecipando attivamente ad una costruzione euromediterranea mediante la progettazione e l’implementazione di progetti comuni. L’ Euroregione Alpi - Mediterraneo opera, quindi, con la doppia ambizione di riuscire a sviluppare progetti relativi alle tematiche prioritarie per il territorio e per l’attuale contesto socio-economico, quali l’innovazione, lo sviluppo sostenibile, il settore turistico e dei trasporti e quello della conoscenza e della formazione, e di realizzare un’azione concertata presso le istituzioni europee nell’ambito del Programma Comunitario 2007-2013. Tale azione è sempre esplicitata valorizzando e potenziando le peculiarità locali delle differenti regioni componenti tale realtà mediterranea che, come precedentemente osservato soprattutto per la Provincia di Cu-

214


CONCLUSIONE

neo ed il Dipartimento delle Alpi Marittime, rappresentano un patrimonio culturale, artistico ed economico coeso, dinamico e particolarmente vivace che deve essere promosso e sostenuto attraverso azioni di pianificazione strategica coordinata su più livelli. E’ proprio in tale ottica di lungo periodo che l’Euroregione Alpi – Mediterraneo, quale strumento di creazione di valore e competitività per il territorio e per le imprese in esso insediate, attua la propria strategia di sviluppo attraverso politiche trasversali condivise basate sulla “produzione di conoscenza a mezzo di conoscenza” nell’intento di dare nuove prospettive euro-regionali globali e innovative spinte propulsive locali alle differenti economie che la compongono.

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