Puglie

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Antonia Chimenti

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Antonia Chimenti

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Copyright Š 2013 Antonia Chimenti

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In memoria di Giuseppe Chimenti, mio padre.

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Presentazione Ci è gradito ringraziare, innanzi tutto, la Scrittrice Antonia Chimenti, per questa originale composizione letteraria offerta al Movimento Laico “Beato Bartolo Longo”. I personaggi da lei descritti sono veri e, in questo caso, possono essere considerati unici, per la loro originale caratteristica, propria dell‟ambiente in cui sono stati „ripresi‟, per i sentimenti positivi che esprimono. In realtà è tutto vero quello che lei ci dona: personaggi, situazioni, paesaggi; non solo sembra di vederli, ma anche di viverli, con le loro testimonianze di fede, di sofferenza, di interiore forza morale. Una delicata opera d‟arte, per quel tocco originale che lei sa dare ai racconti, nei quali, da maestra dell‟espressione, riesce a ben amalgamare la lettura con l‟estetica delle immagini, coniugando la visione dei personaggi con il profumo dell‟ambiente. Antonia Chimenti ci invita a vedere e a percepire con lei ogni particolare, cosicché il lettore, anche a volerlo, non può sfuggire alla sua sferzante „visione narrativa‟; è quasi un voler assoggettarci alla percezione dei suoi ricordi, fotografati nella loro realtà ambientale, per poi farli rinascere e vivere nella nostra fantasia. Lei riesce a mettere in risalto aspetti già noti, ma ridando nuova luce, vita nuova, elevando, in tal modo, la sua cosciente sensibilità artistica nel comunicare fatti, personaggi, ambienti, donando veri sprazzi di vita vissuta, sofferta, scoperta con sguardi intimi, ma anche discreti, che fanno di quest‟opera una meravigliosa illustrazione d‟epoca, di irrinunciabile interesse umano. Così si riscoprono barlumi di intensa gioia, di amori sofferti, di tristezze nascoste, insomma di un passato ancora reale, descritto tutto con amore, conservando intatta, nella freschezza dei ricordi, la passione per le cose genuine, semplici, profumate di terra e di … Cielo. Il Movimento Laico di Preghiera “Beato Bartolo Longo

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Prefazione Per una circostanza fortuita mi sono imbattuta nel sito del Movimento Laico di Preghiera e per una circostanza altrettanto fortuita, confesso la mia ignoranza, son venuta a conoscenza della vita e delle opere del Beato Bartolo Longo, edificatore della città di Pompei e del Santuario dedicato alla Madonna del Santo Rosario. Altrettanto accidentale è stata la scoperta del luogo di nascita del Beato e del Movimento che a Lui si ispira nella spiritualità e nella Carità operativa e fruttuosa, esente da trionfalismi, ma tangibile nelle svariate forme in cui si manifesta. Il Beato ed Il Movimento Laico di Preghiera sono nati a Latiano in provincia di Brindisi. Conoscevo invece la drammatica vita di San Pio da Pietrelcina ed il prodigio della sua creazione dell‟Ospedale Casa di Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia. Successivamente, attraverso la lettura della sezione che il sito gli ha dedicato, sono venuta a conoscenza della figura straordinaria di Don Tonino Bello, che nella medesima regione è nato ed ha vissuto la sua eroica testimonianza cristiana. Le Puglie, per una felice coincidenza, sono la terra d‟origine dei miei avi. Comuni radici, dunque, ma soprattutto affinità nell‟elevatezza dei propositi, cui desidero rendere omaggio. L‟autrice

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Introduzione Un breve percorso, sulla scia della memoria, per evocare una terra dove il sacro ed il profano si ammantano di discrezione e pudore, qualità che costituiscono l‟essenza di un popolo dalle origini composite, che lo resero e rendono capace di osare l‟impossibile. Questo popolo ha un timbro di voce meno sonoro di altri, ma la sua presenza è nobile esercizio di sensibilità operosa, congiunta a stili di comportamento improntati a rispetto, garbo, cortesia, che lo rendono speciale.

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Sera d‟estate Nel percorso dal mare di Monopoli alla collina di Fasano si fermarono lungo la strada per raccogliere cicoria selvatica, fresca e profumata. Mentre le due ragazze si inebriavano di sole e di vento Maria e Michele, chini sulle zolle rossastre, tagliavano con meticolosa perizia le salutari foglioline e riempivano un sacchetto di plastica. Trascorsero dolcemente l‟ora del crepuscolo in quel luogo, prima di riprendere il percorso che li avrebbe riportati a casa, dove li attendeva uno spuntino profumato e colorato come una tavolozza d‟artista: rucola, pomodori, aglio, pane raffermo, ammorbidito nell‟acqua salata e fresca, olio, origano. Giuseppe era appena rientrato dal suo viaggio a Bologna con il suo camion. Antonia, sua madre, gli aveva preparato una cena sostanziosa e corroborante. Sullo sfondo, dal jue-box saltellavano le note del Ballo di Simone. La figlioletta si presentò all‟improvviso con la bocca sporca di cioccolata. Era infatti reduce da una visita furtiva al negozio di generi alimentari, dove non aveva saputo resistere all‟attrattiva delle leccornie, che sua madre vendeva agli altri bambini.

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Rucola e libri Erano le dieci del mattino. La giornata si annunciava calda, ma le foglie argentate degli ulivi offrivano il loro eterno incanto ed una brezza leggera alitava tutt‟intorno. I gerani offrivano il loro volto infantile al bacio del sole. Di prima mattina le amorevoli cure di nonna Antonia avevano offerto la loro dose giornaliera di ristoro. Agnese si incamminò lungo un piccolo sentiero: portava un plaid di lana, il libro dei compiti delle vacanze ed una fetta di pane profumato di forno. Giunta ai piedi di un prugno maestoso, dispose con cura il panno alla sua ombra e cominciò la lettura. Si concesse un breve intervallo: si alzò, colse alcune foglioline fresche di rucola selvatica, le assaporò, notando il loro armonioso abbinamento con il pane fresco, poi riprese a leggere. Pigri ed indifferenti, i candidi trulli scintillavano sotto il luminoso sole d‟Agosto.

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Rosolio C‟era il rituale delle visite. Si entrava nel candido soggiorno, generalmente il trullo centrale. Tutto era bianco: i muri tinteggiati a calce, i pavimenti di pietra, strofinati ogni settimana con la spazzola, chine a terra, in ginocchio. La vetrinetta esibiva una collezione di bicchierini da liquore e zia Angelina, con la sua aureola di capelli candidi, che ben si intonava all‟ambiente, si indaffarava a servire il suo liquore di rose alla nipote Maria, venuta da lontano con le sue bambine. Quanta saggezza, quanta fierezza! Era sola, ma felice e fiera di esserlo. Impartiva lezioni senza saperlo e volerlo: insegnava a due bambine che la vita va colta, gustata giorno per giorno, nella semplicità di una candida dimora, al riparo dalla concitazione, dai dèmoni interiori: paura, risentimento, ansia, gelosia, rimorso, in un perenne “fiat”, fuori dal tempo e dallo spazio.

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Latte di mandorla Fresco, dolce, contro l‟arsura nei caldi pomeriggi. Era un altro protagonista dei rituali di accoglienza. Il sorriso di Maria, la sua abilità nel tessere scialli, i suoi fiori sempre freschi ed il latte di mandorla, servito allungato con l‟acqua. Quando l‟estate era estate, quando si imprimevano, vivide nella memoria, le impressioni suscitate dalle persone e dai loro gesti. Maria era a suo agio nel suo mondo di fata, attenta, disponibile operosa. Una donna in un paesaggio che le rassomigliava: caldo, armonioso e fiorito.

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Piantine di caffè In campagna le piantine di caffè, in casa il profumo della carne d‟agnello che cuoce lentamente. Tutto è in ordine nella casa a due piani, nel centro di Crispiano. Due grandi occhi tristi, cerchiati, minuta, dolce, di piccola statura. Tanti figli, tutti lontani. Due sono rimasti: uno per crear problemi con i suoi sogni non realizzati, con la moglie vivace, con i nipotini sempre in movimento, l‟altra è dolce, silenziosa, indolente, ma buona. Emette un sospiro, mentre sorveglia lo stracotto. Timorosa, accoglie il marito imponente, che depone sul tavolo le provviste per la settimana. Domenica andranno in campagna a raccogliere le verdure ed a sorvegliare le piantine di caffè.

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Le melanzane Distribuisce con parsimonia la “ parmigiana” ed osserva severa i nipoti, che allungano, avidi, le mani. La dispensatrice di cibo tiene il piatto di portata, un bel piatto di terracotta smaltata e decorata, serrato contro il petto. È attenta e severa. Non una briciola cade in terra. La sua vita è tutta riposta in suo figlio, l‟unico che non ha sentito il richiamo dell‟esotismo. L‟unico che ha capito che non si fugge da se stessi. Forse si sceglie la differenza, ma non si nega il passato, non si rinnega se stessi. È per questo che la severa cuoca predilige il solo, unico “cucciolo” che è rimasto alla base con lei. Gli prepara manicaretti succulenti, perché suo figlio lavora duramente. Percorre l‟Italia in lungo ed in largo col suo camion e, quando ritorna a casa, trova una madre attenta e premurosa. Non è loquace, non sorride quasi mai. Forse l‟unica foto che la ritrae sorridente esprime la gioia di ritrovare un angolo della sua terra in una città del Nord, per un attimo insieme alle figlie ed ai nipoti che l‟hanno “abbandonata”. Misteriosa sfinge, intimidisce il genero, che rispetta ma non ama. Una donna d‟altri tempi, che una vita di doveri ha per sempre segnato.

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La ricamatrice Cuce, ricama iniziali su lenzuola di cotone lieve come piume, Giuseppina. Esce solo per assistere alla Santa Messa e per andare al Cimitero. Una vita al chiuso, due occhi languidi e malinconici, pelle candida. Un matrimonio con un uomo d‟altri tempi. devoto, rispettoso, nobile. Ha visto solo lutti e sofferenze, ma non è fuggita dal suo destino, si è limitata a viverlo, in una quiete un po‟ indolente, ma creativa, nell‟equilibrio dolce di chi non vuole sembrare diverso, accontentandosi di esistere, senza fughe.

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Canzone Con zio Michele al volante era bello cantare al ritorno dalla spiaggia assolata e battuta dal vento e suo zio sorrideva intenerito nell‟udire gli scanzonati motivi senza tempo, che si tramandano di generazione in generazione. Quel giorno avevano sostato a Fasano, avevano visitato il parco ed avevano eternato quel momento con delle foto che li ritraevano seduti su di una panchina. Elena era triste all‟idea che alla fine di agosto la gioia e la spensieratezza avrebbero ceduto il posto all‟impegno, senza svaghi; ma era triste soprattutto perchè suo zio non sarebbe stato più vicino a lei in quelle spensierate scorribande. La nebbia, il freddo l‟attendevano per un triste ritorno.

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I Santi Medici La Basilica dei Santi Medici evoca ricordi romantici e belli. È dedicata a due misteriosi Santi, venuti da lontano. Il suo fascino dipende dal contrasto architettonico con i trulli. la cui semplicità evidenzia lo slancio di fede e di devozione che ha ispirato la costruzione di questo sacro luogo. L‟interno solenne e maestoso invita alla preghiera, ispira il viaggio all‟interno di se stessi. Lucia si reca spesso in quella chiesa, dove i suoi genitori hanno pronunciato il loro impegnativo “sì”. Le piace raccogliersi in preghiera nella penombra fresca, in netto contrasto con la luce abbagliante dell‟esterno. In un muto dialogo col Mistero chiede perdono per le sue marachelle ed invoca l‟aiuto divino sulla sua famiglia.

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Profumo di tuberose Il profumo delle tuberose è speciale. Non tutti conoscono questo fiore di piccole dimensioni dal profumo intensissimo. Le tuberose costituivano un codice fra madre e figlia. Non c‟era mai uno scambio di gesti affettuosi fra di loro. Erano entrambe timide ed austere, poco loquaci, ma si intendevano con il linguaggio dei fiori. In occasione della sua prima visita al Nord la madre portò in omaggio alla figlia un mazzolino di tuberose e glicini. Era un modo per dirle: “ Ti voglio bene. Mi sei mancata. Mi manchi. Sono sola senza di te.”

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Dalla luce alle tenebre Biondo, accurato ed elegante, molto amato, scherza con il fuoco e, forte dell‟attrattiva che esrcita e dei cuori che fa infiammare, gioca con tutte e non si impegna con nessuna. È‟ ospite gradito e gradevole ovunque, ma la tenacia di Maria ha la meglio sulle sue allergie ai legami e si ritrova fresco sposino in luna di miele, prima, con famiglia a carico, poi. Rughe di preoccupazione gli increspano la fronte e, dopo la nascita del secondo figlio, capisce che la sua bella terra luminosa e profumata non ha da offrire nulla ai suoi sogni di decoro. Finisce a cavar carbone in Belgio. La sua Patria è un ricordo lontano, che può rivivere solo la Domenica pomeriggio, quando si riunisce con i cognati per l‟irrinunciabile rituale del caffè, unico, prezioso ristoro per una vita da trascorrere nelle tenebre di una miniera.

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Pioggia Piove nella campagna di Polignano e i cugini decidono di comune accordo di non avventurarsi nelle consuete passeggiate; è più piacevole star rannicchiati in una stanzetta a chiacchierare. Vivono separati durante tutto l‟anno, in Belgio, nel Nord Italia. Quest‟occasione è davvero speciale, non la si deve trascurare. È un‟occasione per affacciarsi incuriositi su realtà diverse, con le differenze che emergono. I cugini rimasti “a casa” possono solo raccontare storie di lavoro e di obbedienza, in un fedele e monotono ossequio all‟avvicendarsi delle stagioni e delle attività agricole ad esse connesse. Per gli altri, per i “settentrionali”, che comunicano tra di loro in francese, lo studio e la scuola sono regole di vita e motivo di differenza significativa rispetto ai giovani lavoratori. Stesso sangue, ma vite diverse, che una giornata di pioggia unisce per un po‟, ma solo apparentemente. In realtà la vita ha già tracciato solchi incolmabili fra di loro ed il tempo non aiuterà ad appianarli. Il chiacchiericcio vivace e gaio dei cugini sullo, sfondo profumato di un pomeriggio piovoso d‟estate, è un momento irripetibile e senza sviluppi, vivo e presente nella memoria, come l‟immagine di un film senza lieto fine.

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Il paesotto Vincenzo era sarto, un abile sarto, coadiuvato dalle figlie, Laura e Maria. Aveva un bel laboratorio nel leggendario paese di Alberobello e contava origini aristocratiche. Dagli avi aveva ereditato una certa inquietudine di carattere, che lo faceva propendere verso il dinamismo delle grandi città, che, a conti fatti, è spesso nevrosi cronica e contagiosa. I suoi sogni li esprimeva ad alta voce e diceva spesso: “ Me n‟ajja sci da cuss paesott”. Così partì per l‟America come tanti. Tornò dopo breve tempo. Non aveva fatto fortuna. Le città americane non erano migliori del suo piccolo paese. Una cosa rimase: il soprannome che la sua famiglia conserva ancora: “paesotto”.

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In chiesa Muri dipinti a calce, fresca penombra. Quadri dai colori vibranti, il coro delle ragazze. Coro terrestre, di voci vigorose, che richiamano forti passioni, alimentate dal clima e dalla natura del luogo. L‟arte gotica, ascensionale, non poteva nascere qui. Qui tutto richiama la terra. Gli uomini stanno fuori. In qualche modo aderiscono al rito sacro, ma, forse inconsciamente, temono che un contatto più stretto con il luogo dello spirito sia lesivo della loro virilità. La religione è “cosa da donne”. Sul sagrato possono incontrare gli amici e possono incrociare gli sguardi delle fanciulle, agghindate a festa. Lucia sobbalza. Don Pietro la chiama, la invita a leggere l‟Epistola. Fuori c‟è l‟altoparlante: tutti sentiranno la voce della ragazzina che viene dalla città, una città del Nord. Una “biatedd” in miniatura, che sa leggere bene. Un modello“straniero” di devozione.

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Passeggiata Lunghe, lente passeggiate costeggiando il canale di Pirro, che conferiva un‟aura di maestosità ad un paesaggio, la cui caratteristica sarebbe stata semplicemente naturale, ma anonima. L‟ambiente non era ancora oppresso da ingombranti veicoli, che con la loro protervia rumorosa ostacolano l‟inclinazione che talune persone hanno per la meditazione nel silenzio. In certe fresche mattine di Agosto era frequente scorgere un gruppetto di persone non omogeneo per età, due ragazze, un bambino, una bambina, che si divertivano ad andar per boschi, in esplorazione, paghi solo della gioia di stare a contatto con la natura. Gli abitanti li guardavano incuriositi, non era un‟usanza del villaggio quella dell‟escursionismo. La sola uscita concessa era quella per gli acquisti o quella della Domenica mattina in direzione della chiesa. Spesso il gruppetto dei quattro faceva sosta per un piccolo riposo e c‟era sempre qualcuno che, attratto dall‟abbaiar dei cani che custodivano la masseria, offriva premuroso un bicchiere d‟acqua agli avventurosi viandanti.

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Maria Maria giunge a destinazione col suo sposo nel mese di Aprile, alla fine di Aprile, in una radiosa giornata di primavera. È stanca ed emozionata: le nozze, il pranzo con i parenti, il lungo viaggio e la curiosità per l‟ignoto. Una carrozza con i cavalli accompagna i due sposi a casa, nel loro piccolo nido. Il primo impatto è deludente: per chi è abituato alla luce, al bianco, la penombra fuligginosa di una vecchia costruzione d‟epoc,a di una città del Nord, non è esaltante. Maria è creativa ed operosa. Le basta poco per arredare il suo nido, ricreando l‟atmosfera nostalgica della casa materna, a cominciare dalle pareti che dovranno essere di un bianco immacolato. Giorno dopo giorno per la sua gioia e per quella del suo sposo, con le sue mani ed il suo gusto impeccabile, Maria si adatta al nuovo mondo, proponendo il suo e materializzando i suoi sogni.

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Giuseppe Misurato e discreto, istintivo e pudico, dimesso e fiero, imparò tanto dalla vita ed insegnò tanto a tutti, col suo silenzio e con la sua operosità, sino alla fine. Mai un lamento uscì dale sue labbra. Era un modello di riservatezza, era l‟esatta antitesi del chiassoso esibizionismo oggi imperante. Il suo amore per il mare era semplice e non pretenzioso: al sole, al mare ed alla brezza chiedeva alimento ed energia, vita e forza. Maltrattato ed umiliato da tanti, non reagiva; lasciava che gli eventi gli dessero ragione. La vita gli ha riservato dure sorprese, ma ha sempre reagito con dignità, in una solitudine interiore ed esteriore, che non ha alterato il suo equilibrio. Detestava le complicazioni. Lavorava senza essere schiavo del lavoro, coltivava innocenti passatempi: piccoli viaggi, letture, teatro, senza esserne ossessionato. Non parlava mai di sè, ma era contento quando altri ne apprezzavano la delicatezza, l‟abilità nel mestiere, l‟onestà. Non voleva aver ragione a tutti i costi; si sentiva piccolo. Ma nel cuore di tutti è rimasto grande.

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Un vaso di basilico È mezzogiorno: porte e finestre spalancate su di un polveroso ed afoso scenario di città del Nord in piena estate. Tutto è arido; anche i cuori. Unica presenza viva e rigogliosa è una piantina di basilico, curata amorevolmente dalle mani di un uomo che non può dimenticare il suo retaggio di profumi mediterranei. Non rinuncerebbe mai, per tutto l‟oro del mondo, ad una minuscola porzione di spaghetti „al dente‟, conditi con un sughetto fresco di pomodorini „ciliegia‟, più leggeri, da lui preparati avendo cura di non usare in maniera eccessivamente carica gli altri ingredienti: olio ed aglio. Sul piatto di spaghetti fumanti il tocco finale sarà quello di una spolveratina di formaggio e tre foglioline di basilico profumato. Mentre mangia lentamente, nella solitudine, una bianca tortora, attratta dalle briciole che lui ha sparso sul davanzale, accorre silenziosa ed amorevole per dirgli:” Buon appetito!” e fargli compagnia con la sua dolce bellezzza.

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Postfazione Memorie di tempi andati, che lasciano il loro segno nel cuore attraverso suoni, profumi e colori. Su tutto prevale la sobria e nitida fisionomia di un paesaggio, nel quale non ha ancora operato la sua opera devastatrice l‟essere umano. Le persone si integrano a meraviglia nell‟ambiente con la loro dolce austerità, su uno sfondo di pura essenzialità, che invita tuttora a proseguire su quelle tracce, per non tradire un patrimonio di sensibilità ed intelligenza che gli avi hanno trasmesso e che questa regione perpetua nella finezza di comportamento, improntato sempre a rispetto, dignità e decoro, che le persone più spiritualmente elevate praticano nel loro quotidiano e nelle loro scelte di vita.

Antonia Chiment i, Toronto 21 Gennaio 2013 Copyright © 2013 Antonia Chiment i

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Indice Presentazione Prefazione Introduzione Sera dâ€&#x;estate Rucola e libri Rosolio Latte di mandorle Piantine di caffè Le melanzane La ricamatrice Canzone I Santi Medici Profumo di tuberose Dalla luce alle tenebre Pioggia Il paesotto In chiesa Passeggiata Maria Giuseppe Un vaso di basilico Postfazione

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I quadri, olio su tela, sono del pittore Raffaele Murra. (Per gentile concessione)

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A cura del Movimento Laico di Preghiera Beato Bartolo Longo

www.beatobartololongo.net mlp-bartololongo@libero.it 53


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