Premio Leonardo Fibonacci 2021

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XVII EDIZIONE


XVII EDIZIONE


INDICE PRESENTAZIONE Valter Tamburini Commissario Straordinario della Camera di Commercio di Pisa

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IL PREMIO FIBONACCI - Albo d’oro - Regolamento

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L’EREDITÀ DI FIBONACCI Paolo Maria Mancarella Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Pisa

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INVESTIRE NELLA CULTURA Innocenzo Cipolletta Presidente Confindustria Cultura Italia

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PREMIO LEONARDO FIBONACCI 2021 - La motivazione e il premio

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PREMIO FIBONACCI 2021

PRESENTAZIONE

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PREMIO FIBONACCI 2021

Il Premio Leonardo Fibonacci fu istituito dalla Camera di Commercio di Pisa nel 1967. La decisione non fu dettata da una vana rivendicazione localistica delle glorie dell’insigne matematico pisano, né dal tentativo di rinverdire i fasti lontani della città di Pisa allineandosi alla moda ormai imperante delle grandi celebrazioni e anniversari. Chiunque conosce la storia del Premio sa bene che esso è sempre stato inteso dalla Camera di Commercio come un significativo riconoscimento ad operatori economici e ad altre personalità che nel loro operato abbiano contribuito alla crescita dell’intero territorio provinciale, coniugando, in questo, doti professionali e qualità umane. Fin dall’istituzione del Premio fu previsto che facessero parte della Commissione di valutazione anche i Presidenti delle Camere di Commercio di Livorno e Lucca, un chiaro segno di anticipazione dei tempi in una visione prospettiva dell’area metropolitana. Oggi, con l’avviato percorso di fusione della Camera di Commercio di Pisa con quelle di Lucca e di Massa Carrara, l’organo di valutazione ha al suo interno i Commissari Straordinari di quelle Camere, in sintonia con le attualizzate razionalizzazioni territoriali. La titolazione del Premio non è casuale. Leonardo Fibonacci (secondo l’accezione ormai comune, che tuttavia non trova ancora del tutto concordi gli storici) fu cittadino pisano. E lo fu in un’epoca in cui la città, approfittando del clima di generale ”risveglio”dell’occidente, seppe partecipare a quell’enorme sforzo collettivo che la vide ben presto protagonista, insieme ad altre, della vita politica, culturale, artistica, ma soprattutto economica dell’Europa, che trovò proprio nel bacino del mediterraneo il suo epicentro. All’aumento demografico che si registrò intorno all’XI-XII secolo, corrispose un contemporaneo aumento della domanda di beni e servizi e conseguentemente la necessità di innalzare il livello della circolazione delle merci. Le vie di comunicazione terrestri, oltre che pericolose, erano però ancora difficoltose, non prive d’asperità e certamente insufficienti, mentre il trasporto marittimo si prospettò come il mezzo più economico e veloce. Leonardo, figlio di un notaio, ossia di quella classe sociale legata strettamente ad interessi di tipo commerciale e mercantile, trascorse la propria infanzia a Bugia (l’attuale Béjaia, in Algeria), dove il padre era funzionario di dogana nel fondaco pisano. E qui, a stretto contatto con la cultura araba, apprese l’algebra e la geometria. Lo studio dell’abaco (ovvero dell’aritmetica commerciale) lo

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portò ben presto ad applicare le nuove tecniche alle pratiche di mercatura: il Liber Abaci, forse la sola testimonianza attraverso la quale è possibile reperire elementi autobiografici, è infatti - tra molte altre cose - il formidabile adattamento del nuovo sistema decimale alle necessità commerciali dei mercanti. La pratica contabile ne fu estremamente trasformata, sveltita e semplificata: prezzi delle merci, valore dei cambi, unità di misura, unità di peso, conti di monete, problemi di ragioneria, ecc. Leonardo non ebbe nel corso dei secoli quella fortuna che invece meritava. Eppure alcune tra le sue scoperte erano destinate a divenire spunto di riflessione per i matematici delle epoche successive. Basti pensare a quello che è stato definito il ”giocoso problema dei conigli“, in cui, prendendo ad esempio la riproduzione annuale di una coppia di questi animali, Fibonacci dimostrò come si potesse costruire una sequenza numerica in cui un numero qualunque della serie fosse uguale alla somma dei due precedenti ed il rapporto tra il precedente e l’antecedente fosse sempre costante (ratio aurea). Il Liber Abaci è senza dubbio il testo di maggiore rilevanza scritto da Fibonacci alla cui stesura ebbe modo di dedicarsi probabilmente una volta rientrato in patria; proseguì poi l’attività teorica e di ricerca (Pratica geometrie, Liber quadratorum, Epistola, Flos) entrando anche in contatto con alcune delle figure di spicco del tempo tra cui l’imperatore Federico II che si interessò molto ai suoi studi matematici. Allo studio e alla riflessione unì poi anche la funzione civile: la Repubblica, infatti, gli assegnò l’incarico di riorganizzare la contabilità pubblica, dimostrazione, questa, del grande livello di considerazione di cui godeva. Portò a termine il lavoro ricevendone, oltre ad un cospicuo compenso, grandi attestazioni di stima. L’opera di Fibonacci rappresenta dunque un fondamentale passaggio per capire l’evoluzione non solo del pensiero matematico ma anche la storia del progresso delle tecniche commerciali e mercantili: sulla sua scorta i maestri d’abaco diffusero la pratica di riportare per scritto qualsiasi conto, che produsse ben presto l’esigenza di una registrazione sistematica delle transazioni commerciali consentendone l’immediata verifica grazie alla estrema ”maneggevolezza“ dei numeri arabi rispetto a quelli romani. Tutto ciò ha permesso di reperire nei fondi archivistici quell’enorme massa di informazioni senza le quali, oggi, la ricostruzione della storia della civiltà occidentale sarebbe stata certamente assai più ardua.

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Non solo: la crescente necessità di trasmettere le conoscenze teorizzate da Leonardo Fibonacci dette luogo alle nascite di ”botteghe“ d’abaco, che, nate in Toscana, si diffusero rapidamente nel resto della penisola. Fu questo uno dei canali di diffusione della lingua volgare, nonché un formidabile strumento di alfabetizzazione per tutti coloro che, pur volendo intraprendere una professione, non avevano bisogno di ricorrere all’istruzione impartita nelle Universitates. Stava nascendo una nuova classe sociale, che non conosceva il latino, ma che tuttavia si era affrancata dall’analfabetismo: mercanti, artigiani, artisti, architetti, idraulici, cartografi spesso si formarono proprio nelle ”botteghe” apprendendo le conoscenze elaborate sulla scia delle riflessioni di Leonardo. Furono questi personaggi gli autori cui si devono oggi larga parte delle grandiose testimonianze trasmessesi in ogni campo dal ‘300 al ’500. Conferendo il Premio, ancora una volta, la Camera di Commercio di Pisa intende riconoscere l’impegno che insigni personaggi hanno profuso nell’accrescere gli assetti produttivi locali facendo tesoro di culture, tecniche e tecnologie differenti, così da permettere prospettive di sviluppo necessarie per il benessere dell’intera collettività.

Valter Tamburini Commissario Straordinario della Camera di Commercio di Pisa

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IL PREMIO FIBONACCI

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ALBO D’ORO PREMIO LEONARDO FIBONACCI 1967 1967 1968 1968 1969 1970 1971 1973 1974 1975 1985 1985 1985 1992 1993 1995 2000 2002 2007 2011 2021

sez. italiana sez. straniera sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. italiana sez. straniera sez. italiana sez. italiana sez. italiana

On. Prof. Giuseppe Togni Ing. Fortuné Betrancourt Cav. del Lav. Harry Bracci Torsi Cav. del Lav. Alfredo Gentili Prof. Enrico Avanzi Ing. Corradino D’Ascanio Prof. Alessandro Faedo Prof. Egidio Giannessi Avv. Leopoldo Testoni Comm. Renato Buoncristiani Prof. Ing. Lucio Lazzarino Ing. Alfredo Persoglio Gamalero Cav. del Lav. Lanfranco Catastini Prof. Avv. Fabio Merusi Prof. Luigi Donato Dott. Giovanni Alberto Agnelli Ing. Franco Forti Prof. Michele B. Jamiolkowski Dott. Roberto Colaninno Ing. Agostino Bacci Dott. Pierfrancesco Pacini

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REGOLAMENTO PER L’ASSEGNAZIONE DEL PREMIO “LEONARDO FIBONACCI” Art. 1 La Camera di Commercio di Pisa conferisce, con cadenza annuale o pluriennale, il Premio “Leonardo Fibonacci” ad una o più personalità viventi, italiane o straniere, che si siano particolarmente distinte in qualsiasi campo di attività con iniziative ed opere dalle quali l’economia pisana in genere abbia tratto impulso, prestigio e decoro. Art. 2 Il Premio consiste in una medaglia d’oro. Il nome dei premiati sarà inciso su una lapide marmorea collocata nell’Auditorium “Rino Ricci” della Camera di Commercio. Art. 3 La Giunta camerale stabilirà ad ogni edizione il numero dei premi da conferire; questi in nessun caso potranno essere superiori a tre. La Giunta nominerà nella stessa occasione anche la Commissione di cui al successivo articolo 4. Art. 4 L’assegnazione del premio sarà effettuata - con decisione motivata - da una Commissione costituita come segue: A. Il Presidente della Camera di Commercio di Pisa; B. Due Componenti della Giunta camerale di Pisa; C. Due Presidenti di Camere di Commercio confinanti con la provincia di Pisa; D. Il Prefetto di Pisa; E. Il Sindaco di Pisa; F. Il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Pisa. I Componenti di cui ai punti B e C verranno designati ad ogni edizione. La Commissione sarà presieduta dal Presidente della Camera di Commercio di Pisa e le funzioni di segretario saranno espletate da un funzionario.

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Leonardo Fibonacci.

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L’EREDITÀ DI FIBONACCI

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Buongiorno a tutti, saluto il Presidente nazionale di Confindustria Cultura, dott. Innocenzo Cipolletta, e il Commissario Straordinario della Camera di Commercio di Pisa, Valter Tamburini, oltre a tutti i presenti in sala. Vi ringrazio per avermi invitato ad intervenire in questa occasione a me particolarmente gradita, visto che ha come protagonista una persona con cui ho il piacere di condividere una lunga amicizia, ma anche la passione per due formazioni, accomunate dagli stessi colori, che in questo momento ci stanno dando molte soddisfazioni. Come Rettore dell’Università di Pisa, poi, la giornata odierna mi è ancor più cara visto che Pierfrancesco Pacini è anche un nostro laureato e, vorrei dire, uno dei più pregiati. Essere qui, allora, è per me un segno non solo di amicizia, ma anche di quel forte senso di appartenenza e di unità che caratterizza la nostra comunità universitaria e che accomuna tutti coloro formatisi sotto il simbolo del Cherubino. Una comunità, la nostra, il cui tratto distintivo è saper immaginare il futuro: lo stesso che, non a caso, si può facilmente intuire anche in Pierfrancesco, tanto nella sua attività di imprenditore dedito alla diffusione della cultura e delle idee, come in quella svolta nelle tante cariche che ha ricoperto e tuttora ricopre ai vertici di alcuni degli enti più importanti della nostra città. Non ultima la Primaziale Pisana, tra i cui tesori spicca il Camposanto monumentale di Pisa, dove si trova proprio la statua di quel Leonardo Pisano detto Fibonacci che dà il nome al prestigioso riconoscimento che a breve gli sarà conferito. Un premio creato dalla Camera di Commercio nel lontano 1967, proprio un anno prima che Pierfrancesco Pacini iniziasse quel percorso che lo avrebbe portato rapidamente alla guida dell’azienda di famiglia, di cui quest’anno si celebra il 150° compleanno… Riflettendo sull’intervento di oggi, vi devo confessare che non avrei voluto soffermarmi su aspetti personali che certamente competono a chi con Pierfrancesco ha un rapporto più intimo. Ma, scorrendo le sue note biografiche, non ho potuto fare a meno di notare come vi siano dei passaggi della sua vita che, seppur indirettamente, lo hanno messo in stretto contatto con campi in cui Fibonacci ha avuto una certa influenza. Penso, in particolare, alla sua laurea in giurisprudenza e al suo ruolo di assistente di diritto finanziario presso il nostro Ateneo alla fine degli anni Sessanta.

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In ambito finanziario, ad esempio, i “numeri magici” di Fibonacci, come li ha definiti Keith Devlin in un suo libro di qualche anno fa, sono alla base di una precisa teoria di previsione, sviluppata da Ralph Elson Elliot, che oggi trader e investitori utilizzano per identificare futuri movimenti di prezzo. Mentre per quanto riguarda la giurisprudenza… beh… qualche anno fa Lothar Phillips, professore emerito dell’Istituto di Filosofia del Diritto e Informatica Giuridica dell’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera, ha mostrato come anche il senso di giustizia trovi, a suo modo, riscontro nelle regole di Fibonacci, in particolare per quanto concerne la misura delle pene e le loro proporzioni… … due esempi, quelli appena fatti, la cui “distanza settoriale” credo ci dia la misura esatta dell’ampiezza delle applicazioni della celebre sequenza di Fibonacci. Una serie numerica che nel medioevo, pensate un po’, era considerata poco più di una curiosità. Erano altri gli “argomenti” del suo Liber Abbaci che all’epoca interessavano maggiormente. È solo a partire dal 1611, infatti, che le possibilità insite in questa serie inizieranno a manifestarsi in modo sempre più ampio, fino alle accelerazioni del XIX secolo, e questo grazie al grande astronomo e valente matematico Giovanni Keplero il quale scoprì, proprio in quell’anno, che nella serie di Fibonacci il rapporto tra ogni numero e il suo predecessore tende inesorabilmente al valore del numero aureo (1,618033…). Un numero a cui Pisa deve moltissimo, tanto da essere stato anche “celebrato” sulla facciata della chiesa di San Nicola, in Via Santa Maria, dove i recenti restauri hanno riportato alla luce, in una delle lunette, un fregio che rappresenta proprio un richiamo diretto a quelle scoperte del nostro matematico, che segnarono la nascita di una scuola di pensiero capace di fare della nostra città la culla della scienza moderna. Non dobbiamo dimenticarci, d’altronde, come Pisa sia una città dove la matematica fiorisce ben prima di quel 1343 in cui Papa Clemente VI, con la bolla In Supremae Dignitatis, ha riconosciuto all’Ateneo lo status di Studium Generale. Tanto che nel 1223 Federico II avrebbe assistito, proprio qui, pensate, ad un singolare torneo tra abachisti e algoritmisti, impegnati a risolvere il celebre “problema dei conigli”. È in quell’occasione, si dice, che sia stato dimostrato come col sistema posizionale indiano, appreso dagli arabi, si possano fare i conti molto più velocemente che con qualsiasi abaco. Quel sistema posizionale che Leonardo

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Fibonacci ha contribuito a diffondere col suo Liber Abbaci, oltre ad aver introdotto quello “zero” che era completamente sconosciuto alla matematica classica e alla cui storia, nel 2019, il compianto Philippe Daverio dedicò una brillante conferenza in Sapienza, davanti a un’Aula Magna Nuova gremita di persone. Da poco, peraltro, è uscita la prima edizione critica di questo prezioso testo, curata dal prof. Enrico Giusti in collaborazione con Paolo d’Alessandro, patrocinata dal Museo Galileo di Firenze e dall’Università di Pisa.

“Carta” del “Liber Abbaci” - Biblioteca Magliabechiana - Firenze.

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“Carta” del “Liber Abbaci” - Biblioteca Magliabechiana - Firenze.

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Una pubblicazione molto attesa dalla comunità scientifica. L’avevamo già annunciato durante la cerimonia per gli 850 anni dalla nascita di Leonardo Pisano e ha colmato un vuoto che durava da troppo tempo. Certamente darà un contributo essenziale per il progresso degli studi legati a questo testo di cui, sfortunatamente, nessuno possiede l’originale autografo, ma che ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della matematica moderna, oltre a darci informazioni preziose sul tempo stesso in cui Fibonacci visse. In quelle pagine si incontrano la spiegazione del metodo per il calcolo in colonna delle quattro operazioni di base, i numeri frazionari e tutta una serie di strumenti di calcolo innovativi per l’epoca e corredati di preziosi esempi legati alla risoluzione di problemi mercantili, come il calcolo dei tassi di cambio o di interesse, il calcolo degli sconti e via dicendo. Fino ad arrivare agli ultimi due capitoli, che rappresentano un vero e proprio trattato di algebra - il primo scritto in latino - e alla celebre successione che oggi ha un’applicazione quasi universale. Pensate che per tenere il “conto” di tutte le sue nuove implicazioni, nel 1963 è addirittura nata una rivista specializzata, la Fibonacci Quarterly, che ogni tre mesi pubblica articoli dedicati ai numeri del matematico pisano e a tematiche ad essi collegate. Anche per questo il nostro Ateneo ha fortemente sostenuto l’iniziativa: per dare un contributo essenziale al progresso degli studi legati a questo volume la cui “influenza” non si è ancora esaurita. Per averne un’idea, basta richiamare alla mente i programmi delle giornate che, assieme al Comune, alla Scuola Superiore Sant’Anna e alla Scuola Normale, l’Università di Pisa organizza ogni anno per celebrare il genio del nostro Leonardo Pisano. Celebrazioni che cadono non a caso intorno al 23 novembre, noto internazionalmente proprio come il giorno di Fibonacci, perché all’americana, la data diventa 1 1/ 2 3, ossia l’inizio della successione che porta il suo nome: una sequenza di numeri in cui ogni numero, dal terzo in poi, è la somma dei due che lo precedono. Ebbene, nei vari appuntamenti organizzati nel tempo, abbiamo potuto apprezzare i legami della sequenza con l’aritmetica, la geometria, la biologia, la botanica, ma anche con l’arte e con la musica.

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Tanto da indurci a dire che chiunque di noi è costantemente in contatto con i frutti del pensiero di Fibonacci. Chi, in questo momento, sta lavorando col suo computer o il suo telefonino, ad esempio, con molta probabilità starà sfruttando le capacità di risoluzione degli algoritmi del cosiddetto “Fibonacci heap”, un complesso meccanismo basato sui suoi numeri e impiegato nel processore Pentium della Intel. Allo stesso modo la sua celebre sequenza numerica è stata applicata allo sviluppo dei codici a barre, ma anche delle credenziali di accesso ai conti correnti online… Ma, per capire la “potenza” di questi numeri, è forse ancor più interessante allargare il nostro orizzonte e, affidandoci al collegamento fatto da Keplero con la sezione aurea e alla spirale ad essa connessa - quella, per intenderci, che potete vedere in questi mesi rappresentata sui ponteggi che coprono il nostro Palazzo Vitelli - ricordare come i numeri di Leonardo si ritrovano anche nella disposizione dei semi, nelle conchiglie dei molluschi, nelle chiocciole. Fino ad arrivare alla geometria dei cristalli, a tanti edifici sacri dell’antichità e a capolavori dell’arte come la Gioconda, in cui il genio di Leonardo Pisano incontra quello di un altro Leonardo, anch’egli destinato a segnare profondamente il nostro mondo. E che dire delle fughe di Bach, delle sonate di Mozart o della famosa “Quinta” di Beethoven… dove le proporzioni auree regnano sovrane. E lo stesso vale anche per i più moderni Genesis, il cui brano Firth of Firth, come spiegava lo scorso anno la musicologa Milli Russo, è tutto basato su numeri aurei. Allo stesso modo, le foglie delle piante che adornano le aiuole di Piazza Vittorio Emanuele II, tanto per fare un altro esempio, con molta probabilità saranno disposte attorno allo stelo secondo una spirale collegata alla serie di Fibonacci e questo farà sì che non si coprano fra di loro e possano tutte ricevere la corretta quantità di luce solare. E ancora, in quasi tutti i fiori il numero di petali è un termine appartenente alla sequenza di Fibonacci. Questa, infatti, compare in numerosi contesti biologici, come ad esempio nel numero di inflorescenze di alcuni ortaggi, tra cui il broccolo romanesco; nelle squame che rivestono l’ananas; o ancora nell’albero genealogico delle api e nel corpo umano. Pensate che anche il rapporto tra le fasi cardiache diastolica e sistolica è prossimo al rapporto aureo… Questo solo per dirvi della meraviglia che il nostro Leonardo riserva a tutti coloro che si addentrano nel suo mondo fatto di numeri, armonie e intuizioni uniche. E di come la sua figura abbia segnato la storia della nostra città e del

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nostro Ateneo, oltre che del mondo. Se oggi Pisa può vantare una delle più importanti e prestigiose Università italiane e del mondo, è anche grazie all’eredità che Leonardo Fibonacci ci ha lasciato. Non ci dobbiamo scordare, d’altronde, che la sua famosa serie trova applicazione anche nel web e nell’informatica, altri due campi in cui Pisa, guarda caso, è una vera e propria eccellenza, dimostrandosi, così, degna erede di questo suo cittadino così illustre. Chiudendo questo mio intervento, credo si possa dire con una certa dose di serenità che dai tempi della Repubblica marinara, il nostro Leonardo Fibonacci ha contribuito, e non poco, a dare “impulso, prestigio e decoro” all’economia pisana. Così come fanno, con le loro iniziative ed opere, tutti coloro che ricevono il premio istituito dalla Camera di Commercio della nostra città e che torna ad essere consegnato oggi dopo 10 anni di assenza. Un “ritorno” che non poteva essere più opportuno, vorrei dire, considerato che Pierfrancesco Pacini è certamente tra le personalità cittadine che maggiormente hanno contribuito al modellamento e allo sviluppo dell’economia pisana, lasciando un segno destinato a durare nel tempo. Proprio come nel tempo dura, indelebile, il segno che qui a Pisa ha lasciato proprio quel grande genio che fu il nostro Leonardo Fibonacci. Grazie per l’attenzione. Paolo Maria Mancarella Magnifico Rettore dell'Università degli Studi di Pisa

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Sono particolarmente onorato e felice di essere stato scelto per fare un intervento in occasione della consegna del premio Leonardo Fibonacci a Pierfrancesco Pacini, e questo per diversi motivi. Il primo, lo confesso, è per il legame che ho con Pierfrancesco Pacini fin dai tempi in cui ero Direttore Generale di Confindustria. Mi ha legato a Pacini una condivisione di fondo dei valori a cui far riferimento sia nella gestione delle imprese che nelle politiche per il Paese. Ho incrociato Pacini a partire dalla metà degli anni ’80 dell’ormai secolo scorso, quando ero Direttore Generale di Confindustria e lui un esponente dell’Unione Industriali di Pisa, di cui diventerà poi Presidente. Erano, quelli, anni di forti contrapposizioni sociali nel mondo delle imprese, con scioperi improvvisi ed estenuanti trattative per la definizione dei contratti nazionali di lavoro. Poi attraversammo la stagione degli accordi sociali (gli anni della concertazione), in piena crisi economica e politica: gli anni di Mani Pulite, quando i partiti politici vennero di fatto sospesi e paralizzati dalle inchieste giudiziarie. Anni in cui le parti sociali si sostituirono, in un certo senso, alla politica assumendosi l’onere di un accordo sociale che distribuiva carichi e metteva fine alla stagione dell’inflazione galoppante. Fu grazie a quegli accordi (1992 con il Governo Amato e 1993 con il Governo Ciampi) che l’Italia superò i sistemi di indicizzazione dei salari, frenò l’inflazione, escogitò un nuovo sistema di contrattazione salariale e riuscì a partecipare sin dall’inizio all’avventura dell’euro. Passammo così dalla stagione delle lotte a quella della ricerca di soluzioni comuni e questa era la vera natura dell’essere parti sociali. Con Pacini condividevamo l’idea che nei confronti della parte sindacale, non si trattasse tanto di vincere una battaglia, ma piuttosto di convincere i rappresentanti dei lavoratori, ossia una parte essenziale del mondo economico, verso soluzioni che fossero di interesse reciproco e, quindi, di interesse nazionale. E per convincere non serve la forza o i colpi di scena, serve una conoscenza approfondita delle dinamiche economiche e sociali, una capacità di dimostrazione, una volontà di comprendere le esigenze dell’altra parte, una disponibilità a cambiare idea se l’altra parte è convincente, una propensione a trovare un accordo piuttosto che a esacerbare una disputa.

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Tutto questo è cultura e di questo ho sempre trovato in Pierfrancesco Pacini un convinto sostenitore, pur in mezzo alle dispute e alle tensioni che caratterizzarono quegli anni. Nelle riunioni della Giunta di Confindustria a Roma o nelle assemblee annuali che si svolgevano a Pisa, ho avuto la possibilità di tessere una tela d’amicizia e di stima con Pierfrancesco e per questa ragione, oggi sono ben lieto di essere qui a testimoniarlo. Il secondo motivo di soddisfazione è trovarmi a presenziare al premio dedicato a un matematico italiano, famoso nel mondo e che ha saputo unire speculazione scientifica e affari per larga parte della sua vita. Avendo io una formazione da statistico, resto attratto e affascinato dalle speculazioni di chi ha saputo intuire la portata conoscitiva della matematica, ha costruito una sequenza rimasta famosa, ha vissuto tra due culture che sembravano contrapporsi, in un’epoca in cui eravamo noi della sponda Nord del Mediterraneo ad importare conoscenza dalla sponda Sud, ossia dal mondo arabo. Nel tardo Medio Evo, quando Pisa era una Repubblica che dominava i commerci marini, Leonardo Fibonacci coniugò scienza e commerci, viaggiò lungo tutto il Mediterraneo, si impadronì delle culture che allora si incrociavano. Era anche quella un’epoca di globalizzazione, pur se su scala ridotta, come ridotti, rispetto ad oggi, erano i mezzi di trasporto e di comunicazione. Ma in quel mondo, che aveva il Mediterraneo come centro e l’Asia come propaggine lontana, vigeva un principio di favore ai commerci come fattore di scambio per il miglioramento della vita dei cittadini. Certamente gli scambi principali erano fatti di prodotti e di manufatti, ma lo scambio di idee e di culture ne era una derivata rilevante e, forse, di maggiore portata rispetto a quella relativa agli scambi di beni. Lo testimonia proprio Fibonacci che, di fatto, importò la numerazione araba in Europa, facendo fare progressi importanti nelle scienze esatte. Sebbene ancor oggi ci sia la convinzione che il Medio Evo fosse stato una sorta di epoca buia dopo l’Impero Romano, dobbiamo invece riconoscere che esso ha rappresentato un’epoca di grandi scoperte e, malgrado non pochi eventi bellici, anche un periodo di tolleranza e di forti aperture culturali che poi hanno consentito l’avvio dell’epoca che abbiamo chiamato del Rinascimento. Che la pace e i commerci liberi siano portatori di progresso e di benessere è opinione diffusa e data quasi per scontata, ma si tende a dimenticarla a fronte di eventi e difficoltà transitori: ed è quello che stiamo facendo anche noi proprio in questi giorni.

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Leonardo Fibonacci alla corte di Palermo presenta il “Flos“ a Federico II.

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Statua di Leonardo Fibonacci - Camposanto di Pisa.

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La stagione della globalizzazione che abbiamo alle spalle è spesso accusata di aver generato tanti guai e assistiamo senza troppo reagire al ritorno di nazionalismi mascherati di patriottismo, di tensioni internazionali tra blocchi di potere, di accuse di intromissione negli affari nazionali, di difesa di immaginari interessi nazionali, di blocchi e sanzioni commerciali e finanziarie, di denigrazioni e accuse ideologiche. Eppure, la stagione della globalizzazione ha profittato sia al mondo industriale che ha trovato nuovi sbocchi commerciali e nuove spinte creative, che ai paesi in via di sviluppo dove si è assistito alla crescita del reddito e all’uscita dalla povertà di miliardi di persone, al punto che l’ONU stesso ha riconosciuto come la battaglia contro la povertà avesse avuto risultati superiori agli obiettivi ambiziosi che erano stati posti anni addietro. E, se è vero che in molti paesi è cresciuta la diseguaglianza come spesso avviene in presenza di forti innovazioni tecnologiche, è anche vero che sono diminuite di molto le diseguaglianze tra i paesi del mondo. Inoltre, l’aumento delle diseguaglianze è avvenuto per la crescita eccessiva degli alti redditi di alcune persone, non per l’arretramento del reddito di altre persone, posto che complessivamente, il reddito è cresciuto ovunque: una situazione questa più agevole da gestire rispetto a quando è la povertà a diffondersi generando miseria. C’è da augurarsi che si torni a considerare la globalizzazione per quello che è: un’apertura dei mercati per favorire gli scambi di merci e di conoscenze, magari affrontando quelle distorsioni che possono generare disagi per evitare quelle crisi che sono sorte durante la globalizzazione per errori o per assenza di strumenti di governo della globalizzazione stessa. Abbiamo già vissuto tre crisi “epocali” negli ultimi 20 anni: la crisi del terrorismo del 2001 con l’attacco alle Torri Gemelle di New York e agli altri bersagli; poi la crisi finanziaria globale del 2008 protrattasi fino al 2013 e quindi la crisi pandemica iniziata nel 2020 ed ancora oggi tragicamente qui da noi. È indubbio che queste tre crisi abbiano trovato nella globalizzazione il veicolo per diffondersi nel mondo. Ma è anche vero che esse sono state il prodotto di errori e soprattutto di un’assenza di governo della globalizzazione, ossia di una modalità per intervenire su problemi che hanno carattere mondiale e non possono trovare soluzioni nazionali.

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Le tre crisi ci hanno fatto perdere molti dei vantaggi conseguiti con la globalizzazione e solo adesso stiamo ritornando sui livelli di reddito che abbiamo conosciuto prima della crisi pandemica. Ma la strada per uscirne non può che essere la collaborazione internazionale. L’Europa lo ha capito ed ha varato un piano, il Next Generation European Union, che prevede proprio uno sforzo comune fatto di risorse europee e di debito europeo da distribuire tra i paesi per rendere le nostre economie più forti e resistenti. È la strada corretta, perché è molto probabile che nei prossimi anni ci troveremo a confrontarci con qualche altra crisi e non c’è altra soluzione che quella di rafforzare la nostra capacità di resistenza. Noi non possiamo sapere né quando ci sarà una prossima crisi né che tipo di crisi sarà. Ma dobbiamo agire come a fronte dei terremoti, imprevedibili ma dai quali possiamo difenderci solo se doteremo i nostri edifici di sistemi antisismici, capaci di evitare i crolli disastrosi. E le tecnologie per raggiungere questo obiettivo sono a nostra disposizione. Lo stesso vale per le nostre economie. Noi non possiamo sapere quale e quando sarà la prossima crisi. Ma sappiamo che, se avremo strutture economiche forti, sistemi di protezione civile e sociale efficienti, una qualche capacità di governo mondiale e se avremo popolazioni istruite e preparate, allora potremo resistere alle crisi e superarle agevolmente. Questo significa essere resilienti ed è questo l’obiettivo che il PNRR italiano si prefigge. L’Italia ha avviato il suo programma di resilienza ed è importante che lo porti a termine. Intanto l’economia sta reagendo bene e la ripresa è sufficientemente robusta. Certo, esistono vecchi e nuovi problemi. Un sistema di governo poco efficiente, un debito pubblico troppo elevato, rischi di inflazione che tornano, strozzature nella disponibilità di materie prime e di lavoro. Ma questi sono problemi risolvibili se resta chiaro l’impegno a migliorare la struttura del nostro Paese ed io sono fiducioso che questo avvenga. Il terzo motivo per cui sono contento di essere qui oggi è perché la matematica sta tornando ad essere rilevante per le nostre vite e per l’economia, coinvolte nella rivoluzione digitale che è fatta di algoritmi e di funzioni matematiche. Per chi come me ha una preparazione da statistico ed ha lavorato tutta la vita basandosi sui dati, è sicuramente un motivo di soddisfazione. Allora come oggi, la matematica è la grande protagonista del progresso tecnico che ci riguarda. Viviamo l’epoca della “transizione digitale”, dove i numeri sono la base di tutta la nostra vita. Siamo aiutati e condizionati nelle nostre

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scelte e nelle nostre azioni da una miriade di algoritmi che disegnano il nostro cammino, che anticipano le nostre scelte, che ci consentono di ampliare le nostre conoscenze, che ci fanno fare “da remoto” cose e attività che mai avremmo potuto immaginare di poter realizzare senza doverci muovere e senza fatica e impegno fisico. Gran parte di questo progresso tecnico lo si deve alla matematica, all’esplosione della capacità di calcolo, alla possibilità di gestione di una massa infinita di dati, mentre la potenza di calcolo continua a crescere ed oggi parliamo con tranquillità di essere arrivati all’era dell’Intelligenza Artificiale, che ci porterà a svolgere con semplicità funzioni complesse e ci permetterà di avanzare nella ricerca verso una innovazione tecnologica continua. Non che tutto questo sia senza rischi. Sappiamo bene della necessità di gestire gli algoritmi senza mai perdere la nostra capacità di intervento e di giudizio. Che si tratti di assegnare un lavoro alle persone, come avviene giornalmente a lavoratori precari che consegnano le merci su incarichi gestiti da un algoritmo, che si tratti di riconoscimenti effettuati con strumenti di immagine facciale nelle inchieste giudiziarie, che si tratti di diagnosi mediche fatte con la telemedicina o di mille altri interventi automatici, è bene sottolineare che deve rimanere sempre presente e partecipe la responsabilità di chi utilizza questi strumenti per evitare che il cittadino rimanga ostaggio di algoritmi inappellabili, costruiti per scopi specifici sulla base di dati comunque imperfetti. Ma non si può non rimanere incantati dalla potenza dei calcoli e dalla rilevanza che la matematica sta assumendo in questa era di forte progresso tecnologico. E, se temiamo degli eccessi dell’uso della matematica nelle nostre vite, quello che dobbiamo fare non è certamente quello di frenare tale uso. Si tratta invece di approfondire e sviluppare con altrettanto impegno tutte le altre discipline e in particolare quelle letterarie che rappresentano il complemento all’approccio scientifico e consentono veramente di progredire a tutta la società. Faccio mia la dichiarazione di Edgar Morin in una recente intervista a un quotidiano nazionale: “Gli economisti, che parlano di calcoli, non si rendono conto che i calcoli non sono sufficienti per comprendere tutti i problemi umani. Il calcolo è uno strumento ausiliario necessario, come le statistiche, i sondaggi e tutto il resto. Ma il punto è che sono tutti strumenti ausiliari di un pensiero (oggi) assente o inserito in una serie di dogmi come i dogmi del neoliberismo.” In altre parole, si tratta di far crescere contemporaneamente tutte le forme di cultura per avere una maggiore capacità di sfruttare i progressi delle nuove

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tecnologie. Poiché questa pandemia ha colpito proprio il mondo della cultura - privato in larga misura della possibilità di operare in presenza a causa dei timori di contagio - appare necessario che l’Italia investa consistentemente nella cultura per far sopravvivere le molte strutture produttive culturali che, per loro natura, sono fragili. Dobbiamo investire di più nella cultura a cominciare dall’investimento nell’istruzione. La pandemia ha colpito il mondo dell’istruzione che ha reagito con generosità da parte degli addetti, ma che si è rivelato impreparato a sfruttare i nuovi metodi di didattica resi possibili dalle tecnologie digitali. Certamente, tutti preferiamo la didattica in presenza, ma un buon investimento in formazione e mezzi tecnici potrebbero far fare un salto di qualità al nostro sistema dell’istruzione. Credo sia necessario cogliere l’occasione di questa pandemia per attrezzarsi a meglio utilizzare le tecnologie, non già per sostituire i sistemi attuali d’insegnamento, ma per integrarli con nuovi strumenti. E dobbiamo sostenere il mondo delle attività culturali che hanno pagato un tributo elevato in questi anni. L’impossibilità di produrre concerti, spettacoli, eventi, esposizioni e le molte altre attività che sono alla base della produzione di cultura, ha impoverito il settore che rischia un forte ridimensionamento. Ciò appare tanto più importante perché gli italiani hanno mostrato di apprezzare la cultura anche e soprattutto in questa fase di crisi. Con la pandemia è aumentato il numero e l’intensità dei lettori di libri, è cresciuto il consumo di musica e di spettacoli trasmessi per via elettronica, sono stati escogitati sistemi per produrre cultura senza implicare la presenza delle persone. Tutti elementi che testimoniano di una domanda e di una necessità che rischia di non essere soddisfatta se dopo la pandemia ci troveremo con un settore della cultura depotenziato dal calo dei redditi e del lavoro che ha caratterizzato il 2020 e gran parte del 2021. È necessario combinare al meglio questa voglia di cultura con il sostegno a chi la produce, in modo da superare questa fase di pandemia, per riprendere il percorso di crescita che il Paese merita. Investire in cultura è, ancora e sempre, il vero traino delle nostre vite, la sola via che ci può far crescere e progredire, che ci può portare fuori dalle secche di questa pandemia, che ci darà le chiavi per generare un mondo pacifico e sostenibile.

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Mi auguro che anche questa cerimonia di conferimento di un riconoscimento ad un uomo di cultura, come Pierfrancesco Pacini, possa rappresentare uno stimolo in più per sostenere il mondo della cultura nel nostro Paese. Grazie della vostra attenzione. Innocenzo Cipolletta Presidente Confindustria Cultura Italia

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PIERFRANCESCO PACINI

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Pierfrancesco Pacini è nato a Pisa, è sposato con due figlie. Laureato con lode in Giurisprudenza presso l’Università di Pisa, dal 1964 al 1968 è stato assistente di Economia politica e Scienza delle Finanze presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa. Nel 1968, a seguito della scomparsa del padre, assume la direzione dell’azienda di famiglia, la Pacini Editore, fondata nel 1872. Negli anni realizza un processo di ampliamento e di sviluppo aziendale conquistando un posto di grande rilievo in Toscana e operando con significativo successo su tutto il territorio nazionale, soprattutto nell’editoria medico scientifica. Nel sistema associativo, Pierfrancesco Pacini è stato Presidente dell’Unione Industriale Pisana, Presidente di Confindustria Toscana e componente del Consiglio Direttivo e della Giunta di Confindustria nazionale. Dal 1990 al 2015 è stato Presidente della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Pisa, Vice Presidente di Toscana Aeroporti Spa. Nel sistema camerale ha rivestito numerosi incarichi, Vice presidente nazionale di Unioncamere, Presidente dell’Universitas Mercatorum, Presidente di Dintec scrl, Presidente di Asseforcamere scrl. A lungo Presidente dell’Unione Regionale delle Camere di Commercio della Toscana e Presidente di Logistica Toscana. Dal 1999, riveste la carica di Presidente dell’Opera della Primaziale Pisana, importante fabbriceria no profit, il cui compito è quello di sovrintendere alla cura, alla tutela ed alla valorizzazione della Torre di Pisa e di tutti i monumenti e musei della Piazza dei Miracoli. Con l’intento di dare a tutte le fabbricerie d'Italia un unico punto di riferimento in campo gestionale e favorirne la crescita, crea l'Associazione delle Fabbricerie Italiane, che tutt’oggi presiede; su suo impulso, sono stati creati protocolli di intesa tra le Fabricerie europee, per i quali ogni anno si tiene a Pisa il convegno delle Cattedrali d’Europa.

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XVII EDIZIONE


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