Questa cosa bizzarra che si chiama amore

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1/Lore

Rieccoci alle solite, interminabili discussioni. Alla fine, si sa, ci andremo. Ma prima mi tocca sorbirmi tutta la tiritera, e una, e due, e tre volte… Non ne voglio sapere, non mi interessa un bel niente… Certo, è mia figlia, ma della sua vita privata alla lunga non me ne sbatte niente, chissà adesso dove diavolo sarà andato a pescarlo, ’sto tizio… Mi pare già di sentirlo, Harry. Vorrei tanto dirgli: chiudi il becco, una buona volta, non dire più una parola, leggitela con calma, la lettera, e andiamo a questo assurdo matrimonio… sì, è proprio un matrimonio assurdo, hai ragione, ma dopotutto si tratta di nostra figlia, e a me pare veramente inutile mettersi a riconsiderare tutta la questione daccapo. Quanti casini pianta ’sta ragazza, però. I commenti di Harry mi irritano. Me li sento in testa, come se avesse già attaccato a dirli. Lo conosco come le mie tasche, il mio Harry. Comunque ha ragione, ha maledettamente ragione. La vita di Gloria è un disastro bello e buono. Trentasei anni, tre mariti, un matrimonio più fallimentare dell’altro. E anche questo non è l’uomo giusto, lo sento. Una madre le sente, queste cose. Anche stavolta andrà tutto a scatafascio. Dov’è che abbiamo sbagliato con questa ragazza? Era 1


una bambina tanto carina, con i riccioli biondi, gli occhi luminosi, suonava il piano che era una meraviglia. Non l’abbiamo mai forzata. Quando ha voluto interrompere la scuola, l’abbiamo lasciata fare, quando è voluta andare in India, l’abbiamo lasciata fare… l’abbiamo sempre lasciata fare tutto, forse è stato lì l’errore. Lei non voleva vivere alla nostra maniera. I figli non lo vogliono mai, è chiaro. Ma, santo cielo, mica sarà poi così malvagia, la nostra vita! Innanzitutto il nostro matrimonio ha superato alla grande tutti gli ostacoli, un matrimonio sessantottino, questo va detto subito. E invece Gloria, già il terzo marito. Senza contare poi le mille storielle senza arte né parte. Non so neanch’io cosa dire a Harry. Non gli dirò niente, all’inizio. Lascerò che legga la lettera. Prima deve digerire quella. Anch’io. * “Hai letto?” “Sì, certo.” “Allora di’ qualcosa.” “Lore, che cosa vuoi che dica? Immagini già tutto quello che potrei dire.” “È nostra figlia, Harry.” “Naturalmente, è nostra figlia. E sempre lo sarà. Ma tu sai meglio di me che della sua disastrosa vita privata alla lunga non me ne sbatte niente.” “Sapevo che l’avresti detto.” “Allora perché me lo chiedi?” “Dunque non ci andiamo?” “Tu vacci pure, nessuno te lo impedisce. Ma io non ho 2


nessuna voglia di conoscere l’ennesimo bellimbusto, chissà dove diavolo sarà andata a pescarlo.” “Gloria ha superato da un bel po’ la trentina e forse…” “Ne compirà presto quaranta e non la smette di fare cazzate. Perché poi ogni volta deve sposarsi? Che roba piccoloborghese!” “Anche noi ci siamo sposati.” “Già, ma una volta sola. Ai tempi. Per amore.” “Per amore…” “Ah, adesso: non era amore?” “Sull’argomento, dopo quarant’anni, con te non ci torno più davvero.” “Ripeto: tu vacci pure, se vuoi. Io preferisco risparmiarmi la vista di quel Basedow.” “Bredow.” “Bredow, Basedow, un ex tedesco dell’Est, vero?” “Può darsi. Non so, Harry, ha un mucchio di soldi, dice Gloria. Così finalmente sarebbe… beh, insomma, avrebbe le spalle coperte.” “Non credo alle mie orecchie. Perché, ha bisogno di qualcuno che le copra le spalle? Eppure ha studiato!” “Ha fatto tre corsi di studi, ma non ha mai preso un diploma, ha una figlia, ha sempre lavorato, e sai benissimo che non sono sempre stati rose e fiori. Nemmeno adesso. Perché non dovrebbe trovarsene uno ricco?” “Sempre meglio di quello Schluffi.” “Schluffmann. Ma era vent’anni fa, Harry, santo cielo, Gloria aveva diciassette anni.” “India. Matrimonio con Schluffi in India. Meglio che non dica altro.” “Giusto. Non dire altro. Io comunque vado.” “Quando sarebbe?” 3


“In autunno.” “A Lipsia?” “A Lipsia.” “Un ex tedesco dell’Est. Che diavolo fa ’sto tizio, oltre a far quattrini?” “Non c’è scritto.” “Non c’è scritto. Aha. Qui c’è di nuovo qualcosa che non va.” “Harry, mi fai diventare matta. Siediti un momento. Parliamo un po’ senza sragionare.” “Io non sragiono affatto. Per quanto ne so. E non dice niente di Laura.” “Sì, invece. Dice che, a Laura, Frank sta molto simpatico.” “Frank?” “Bredow.” “Frank Basedow.” “Bredow.” “Santamadonna, non so. Non so veramente cosa fare. È mia figlia, è vero. E Laura è nostra nipote, è vero. Ma non riesco a prenderlo sul serio, ’sto matrimonio. Non ci riesco più. Lo capisci o no?” … “Lore, lo capisci o no?” “Sì, certo.” “Ah, meno male.”

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2/Harry

Prima, quando c’era qualche problema con Gloria – e c’era sempre qualche problema – Lore per lo più diceva: Harry, dove abbiamo sbagliato? Adesso, grazie al cielo, non lo dice più. Non abbiamo sbagliato noi, Lore. Mi rifiuto di credere, ogni volta che un figlio ormai adulto ha qualche inciampo nella vita, che sia colpa dell’educazione sbagliata. Abbiamo dato a Gloria una famiglia solida. Siamo sempre stati presenti e l’abbiamo sempre lasciata in pace. Ha avuto tutte le libertà e tutte le possibilità. Io credo che uno dei suoi punti deboli fosse proprio quello di non saper apprezzare questa libertà, perché pareva troppo scontata. Una volta, mi ricordo, Gloria aveva già quasi vent’anni, era appena tornata dall’India ed era piuttosto malconcia e io le ho detto: ah, ragazza mia, suonavi così bene il pianoforte. È stato un vero peccato che tu non abbia continuato. In effetti aveva talento, da chi le venisse non si sa. Cantava bene, era veramente musicale. E lei allora ha detto: dovevate costringermi. Sì, figuriamoci! Avrei voluto vederla, ai tempi, se qualcuno l’avesse costretta a fare qualcosa! Costringere! E come? In che modo? Con schiaffi, punizioni, divieti? Avremmo dovuto 5


obbligarla a finire la scuola? Avremmo dovuto impedirle di andare in India con quello Schluffi? Avremmo dovuto costringerla ad abortire, quando poi è rimasta incinta di un tizio che se l’è filata già ai primi mesi della gravidanza? No, non era nelle nostre corde. Eravamo marchiati a fuoco dai nostri genitori, autoritari e psicologicamente segnati dalla guerra. Su questo punto – su molti altri meno – io e Lore eravamo abbastanza d’accordo. Naturalmente è sempre stata Lore più vicina a Gloria. Per questo lei magari a volte si mette a pensare: dove posso aver sbagliato? E alla fine dice: dove abbiamo sbagliato? E adesso, questo Frank Bredow, che ha dieci anni giusti meno di me, il promesso sposo che non abbiamo mai visto né sentito, che anche Gloria sei mesi fa non conosceva. Frank Bredow, Lipsia, nozze a settembre, matrimonio in grande stile. Come si fa a prendere sul serio una roba del genere? Si sposa per la terza volta e pianta su un simile circo! Beh, non so che dire… e nemmeno ci tengo. Frank Bredow. Ho fatto una ricerchina su Google. Maximilian Bredow, il padre, titolare dell’impresa edile Bredow-Bau-Hamburg (bbh), proprietà immobiliari, svariate filiali, milleduecento dipendenti. Il figlio, Frank Bredow, vicepresidente e direttore della filiale della bbh a Lispsia, quattrocento dipendenti. Dunque, altro che ex tedesco dell’Est, cara Lore. Lipsia, mi sono detto, Lipsia… è lì che, dopo la riunificazione, si è trasferito il collega Polenz del Genio civile. Quindi ho chiamato Polenz. Informazioni interessanti! Ai Bredow, dopo il 1989 è stato restituito un villone ottocentesco, con un sacco di annessi e di terreni. Frank Bredow ha rilevato la tenuta, restaurato la villa e contemporaneamente aperto una filiale della ditta paterna. Diciamo che il mestiere l’ha ereditato, secondo Polenz. Gente ricca, naturalmente non troppo 6


ben vista all’Est. Frank Bredow, a detta di Polenz, è un tipo arrogante. Uno spaccone. Adesso però si è preso una bella scoppola. Ha costruito senza permessi un campo da tennis con l’erba artificiale davanti alla sua villa, nel bel mezzo della zona residenziale. Il comune gliel’ha vietato. E adesso va per tribunali, cosa che, naturalmente, non favorisce molto le sue chance di fare affari nel campo immobiliare con la pubblica amministrazione. A ogni buon conto, dice Polenz, il campo da tennis dovrà scordarselo. Poi mi ha chiesto perché mi interessasse quel tizio. Diventerà mio genero, gli ho risposto, e ho sentito che Polenz ci rimaneva di sasso. A quel punto voleva ritrattare su molti punti, è chiaro, ma io gli ho detto: tranquillo, Polenz, io non lo conosco e credo anzi che non mi andrà molto a genio. E poi, ha aggiunto Polenz alla fine, la sua ditta si chiama Kaiserreich, dal nome di famiglia della madre, Kaiser. Kaiserreich, ci vuole tutta! Ancora non so se e come racconterò tutto ciò a Lore. Forse è meglio che lei vada al matrimonio senza preconcetti. Io mi imboscherò… magari mi darò malato, chissà. * “Lore, almeno sarà felice, te l’ha fatto capire in qualche modo, o è un dettaglio privo di importanza?” “Io credo che nostra figlia sia veramente felice, per la prima volta nella sua vita.” “Sarebbe bello. E da cosa lo capisci?” “È lei a dirlo.” “Non l’ha forse detto tutte le volte che ne aveva uno nuovo?” “No.” 7


“Sì, invece.” “Non essere così testone. Convinciti una buona volta che Gloria è diventata più matura e più saggia. A sentirla al telefono dà un impressione di grande equilibrio. E non è stato sempre così.” “Puoi dirlo.” “Senti questa, che tenera: le ho chiesto se per lei non fosse difficoltoso avere all’improvviso un marito così benestante. Mamma, ha detto, Frank non è benestante, è ricco, ricco sfondato, ma per me non è certo un problema.” “Da dove diavolo gli arrivano, tutti ’sti soldi? Da un’eredità?” “Anche. Il padre è nel settore immobiliare, ad Amburgo. Frank è figlio unico e dirige la filiale della ditta paterna a Lipsia, dove possiedono una supervilla.” “E abitano lì?” “Sì, Frank, Gloria e Laura, più la servitù.” “La servitù? Che ci azzecca nostra figlia, ex fricchettona, con la servitù?” “Invecchia anche lei, Harry. Credo che la villa sia enorme, un edificio storico sotto tutela, rimesso a nuovo, con un grande appezzamento di terreno, scuderie, cavalli, un parco e una casa a sé stante adibita a portineria. E pensa un po’: davanti a casa hanno un campo da tennis tutto per loro.” “Davanti alla villa sotto tutela, in piena zona residenziale?” “Sì, perché no?” “Mi stupirei se a Lipsia fosse permessa una cosa del genere… un campo da tennis privato in una zona residenziale.” “Credo che abbiano avuto un po’ di problemi, adesso comunque il campo da tennis c’è. Frank ha le conoscenze giuste, l’ha dichiarato come ‘prato con strisce’… Buffo, no? 8


Prato con strisce. Verrà inaugurato a Pasqua. E Gloria come dono di nozze regalerà a Frank uno di quei seggioloni…” “Un seggiolone? Perché, non sa stare a tavola?” “Ma no, uno di quei seggioloni da giudice di gara, dove lui può starsene seduto ad arbitrare la partita o a segnare i punti, quando lei gioca a tennis con altri.” “Come il Kaiser in trono, che domina il suo impero e assegna il punteggio.” “Harry, non capisco il tuo sarcasmo.” “Niente, mi è venuta questa immagine. È bello?” “Normale, come tutti i campi da tennis, credo.” “No, il futuro genero.” “Piuttosto basso e tracagnotto.” “Te l’ha detto Gloria?” “No. Non so come dirtelo, Harry, sono davvero spiazzata da questo improvviso rivolgimento nella vita di nostra figlia. Qualche preoccupazione in effetti viene.” “Perché? Adesso ha le spalle coperte, no?” “È proprio questo che mi ha spiazzata.” “Già, ti sei detta: adesso si è accalappiata il primo riccone che passa, senza andare troppo per il sottile.” “Volevo semplicemente sapere che tipo di persona sia Frank e se è il caso di condividere l’euforia di Gloria.” “E adesso lo sai?” “Beh, sì. Ho chiamato una collega della Biblioteca centrale di Lipsia… l’ho conosciuta tempo fa a un corso di aggiornamento e le ho fatto un sacco di domande.” “La mia Lore detective! Mamma in pensiero! E cos’ha detto la collega?” “Ha detto che a Lipsia i Bredow sono conosciutissimi. Famiglia di antico lignaggio locale, prima della guerra figuravano tra i notabili della città. Poi sono fuggiti e ritornati 9


dopo la riunificazione. La mia collega conosce Frank di persona. Dice che è molto generoso… per esempio ha dato un grosso contributo per la ristrutturazione della biblioteca, si dà un gran daffare per la città ed è un tipo alla mano, molto benvoluto.” “Nonché basso e tracagnotto.” “Sì, anche.” “Dunque probabilmente più piccolo di Gloria.” “Probabilmente.” “Lore, tu come reagiresti se il nostro vicino trasformasse il prato davanti a casa in un campo da tennis?” “Cosa c’entra, adesso! La situazione è ben diversa.” “E se noi fossimo qui a sentirci fischiare le palle da tennis nelle orecchie? E se il nostro vicino se ne stesse appollaiato sul seggiolone a urlare: quindici, trenta, palla match, pari! Ti piacerebbe?” “Certo che no.” “Forse anche a qualcun altro, a Lipsia, la cosa non garba molto.”

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Estratto da Helke Heidenreich - Berd Schroeder Questa cosa bizzarra che si chiama amore Titolo originale dell’opera Alte Liebe Traduzione dal tedesco di Margherita Belardetti © 2009 Carl Hanser Verlag München Published by kind permission of Carl Hanser Verlag München by arrangement with The Italian Literary Agency © 2016 astoria srl corso C. Colombo 11 – 20144 Milano Prima edizione: aprile 2016 ISBN 978-88-98713-38-7 Progetto grafico: zevilhéritier

www.astoriaedizioni.it


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