Agatha Raisin – Natale addio!

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Agatha Raisin si annoiava. La sua agenzia investigativa nei Cotswolds andava a gonfie vele, ma i casi erano soltanto minutaglia insignificante e priva d’interesse, che però le portava via un sacco di tempo. A volte sentiva che, se le fosse toccato occuparsi di un altro gatto o un altro cane smarrito, si sarebbe messa a urlare. I sogni e le fantasticherie, quel cuscino che Agatha di solito usava per proteggersi dalla realtà della vita, erano scomparsi del tutto, gettandola nello sgomento. Aveva sognato per così tanto tempo il vicino ed ex marito James Lacey, che adesso non riusciva ad accettare di non esserne più innamorata. Pensava a lui con rabbia, come a una droga che avesse cessato di fare effetto. E così, anche se si era solo ai primi di ottobre, cercò di tenersi impegnata pensando al Natale. A differenza di tante persone, Agatha non aveva mai abbandonato la tradizione. Era cresciuta in un rione malfamato di Birmingham, e il suo sogno di bambina, in quell’infanzia difficile, era stato avere un Natale perfetto. Voleva la lucentezza delle bacche di agrifoglio, voleva una nevicata 1


leggera, e dentro casa un’allegria dickensiana. E nei suoi sogni James la baciava sotto il vischio e, dopo il bacio, come una bella addormentata di mezza età, lei si sarebbe risvegliata alla passione. La sua amica, la signora Bloxby, moglie del pastore, una volta le aveva fatto notare che Natale festeggiava la nascita di Cristo, però la mente di Agatha tendeva a schivare il concetto. Per lei il Natale era più una cosa da Hollywood che non da chiesa. Le pubblicità natalizie stavano già comparendo in televisione e le corsie dei supermercati erano cariche di fuochi artificiali, mince pie e pudding natalizi. Però una mattina fredda e limpida di inizio mese accadde qualcosa che la distrasse dal Natale. Era nel suo ufficio di Mircester e stava passando in rassegna i fascicoli insieme alla signora Freedman, la segretaria, chiedendosi se le convenisse accollarsi un altro barbosissimo caso o se non fosse meglio appiopparlo a uno dei suoi due investigatori, Phil Witherspoon e Patrick Mulligan. Il suo ex dipendente, il giovane Harry Beam, adesso studiava a Cambridge, e Agatha ne rimpiangeva lo zelo e l’energia. “Stavo quasi per dimenticarmene,” disse la signora Freedman, “è arrivata questa lettera per lei. C’era scritto personale, dunque non l’ho aperta.” Agatha la prese. La grafia sulla busta era filiforme e non c’era il mittente. L’aprì. Lesse: Cara signora Raisin, ho appreso dai giornali locali che lei è un’investigatrice assai abile e mi chiedo se non avrebbe il tempo di passare da me per parlare di una cosa. Penso che qualcuno della mia famiglia stia tentando di 2


uccidermi. Non le pare che sia piuttosto caldo, per essere ottobre? Distinti saluti, phyllis tamworthy

La carta da lettere era di pregio. L’indirizzo in rilievo in cima al foglio diceva: manor house, lower tapor, gloucestershire. “Follia,” disse Agatha. “Questa è una matta. Come vanno i nostri introiti?” “Bene,” disse la signora Freedman. “È incredibile quanto ti sia grata la gente quando gli riporti un animale domestico.” “Rimpiango Harry,” sospirò Agatha. “A Phil e Patrick non dispiacciono i divorzi, ma detestano andare alla ricerca di animali. Pensano che sia un lavoro di livello troppo basso per loro, e io penso che sia di livello troppo basso per me.” “Perché non assume un giovane che si occupi di animali smarriti? Una ragazza, magari. Le ragazze amano molto gli animali.” “È un’ottima idea, questa. Metta un annuncio sul giornale locale e vediamo di trovare qualcuno. Scriva che abbiamo bisogno di un’apprendista.” Una settimana dopo, al termine di una lunga giornata di colloqui, Agatha si convinse che mai e poi mai avrebbero trovato la persona adatta. Sembrava che tutte le ragazze più ottuse di Mircester si fossero messe in testa di diventare detective. Qualcuna si era vestita con pantaloni e giubbotto di cuoio nero e scarpe con i tacchi a spillo, pensando che l’immagine alla Charlie’s Angel fosse quella giusta. Sfortunatamente, a parte un’anoressica, le fanciulle erano tutte 3


sovrappeso, pettorute e con certi sederoni imponenti. Ma il peso non sarebbe stato un problema, se avessero mostrato almeno un vago barlume di intelligenza. Agatha si apprestava a chiudere bottega quando la porta del suo ufficio si aprì ed entrò una ragazza. Aveva i capelli biondi, di un biondo che pareva naturale, e occhi azzurri con le ciglia folte e chiare in un viso dai tratti regolari. Era vestita in modo classico, con un completo di sartoria, camicetta bianca e scarpe basse. “Sì?” disse Agatha. “Mi chiamo Toni Gilmour. Mi sembra di aver capito che state cercando un’apprendista detective.” “I candidati dovrebbero presentare richiesta scritta.” “Lo so. Ma vede, l’ho appena deciso, di propormi per questo lavoro.” In realtà Toni era rimasta appostata in strada quasi tutto il giorno, a studiare le ragazze che se andavano dopo il colloquio, scrutandone le facce e origliando quello che dicevano. Aveva capito che nessuna di loro aveva ottenuto il posto. E calcolato freddamente che, se si fosse presentata per ultima, una signora Raisin in preda alla disperazione magari l’avrebbe assunta. Però Agatha non vedeva l’ora di tornare a casa dai gatti e rilassarsi per l’intero fine settimana. “Se ne vada, e presenti domanda per iscritto,” disse. “E ci faccia avere copie dei suoi diplomi scolastici più una breve descrizione dei motivi per i quali si ritiene adatta a questo incarico.” Agatha fece per alzarsi dalla sedia dietro la scrivania, ma si risedette quando Toni disse: “Ho portato con me i diplomi. Sono istruita. Lavoro sodo. Piaccio alla gente. Sento che è importante, quando bisogna raccogliere informazioni”. 4


Agatha la guardò con una smorfia. Di solito le informazioni lei le otteneva o mentendo o ricorrendo a ricatti emotivi o bullizzando la gente. “Non è un incarico di grande fascino,” disse. “Il suo lavoro consisterà nel cercare di recuperare cani e gatti smarriti. È un compito noioso e spesso scoprirà che l’animale è stato investito da una macchina e ucciso, oppure probabilmente è stato rubato. Quando ha lasciato la scuola?” “Lo scorso giugno. Ho diciassette anni.” “Ha un lavoro, al momento?” “Sì, lavoro al banco farmacia di Shalbeys.” Shalbeys era uno dei supermercati locali. “Faccio l’ultimo turno.” “Il problema è che io ho bisogno di qualcuno che cominci subito.” “D’accordo,” disse Toni. “Posso farmi licenziare.” “Non ha intenzione di andare all’università?” “Non sopporto l’idea di avere sul groppone per anni un debito con la banca, per pagarmi gli studi. Signora Raisin, mi conceda una prova, non le costa nulla.” “Non mi garba l’idea che lei si faccia licenziare. Creerà problemi ai suoi datori di lavoro.” “Ci sono un sacco di ragazze pronte a prendere il mio posto. Sto dimostrando spirito di iniziativa, mi pare. Non vorrà mica assumere una detective che si attiene sempre alle regole.” Agatha si rese conto di essere stanca morta. Toni si esprimeva in modo chiaro e preciso, era raro sentire un giovane del posto parlare così chiaramente, visto che ormai il colpo di glottide era considerato de rigueur. “D’accordo. Si presenti qui lunedì mattina alle nove. Farà bene a venire con scarpe basse e vestiti che non ha timore di sciupare.” 5


“Quanto verrò pagata?” chiese Toni. “Sei sterline l’ora, e niente straordinari fino alla fine dell’apprendistato. Ma si dimostri capace e le darò un bonus. Potrà chiedere rimborsi spese purché ragionevoli.” Toni la ringraziò e uscì. “Strana ragazza,” fu il commento di Agatha. “Mi è sembrata simpatica,” disse la signora Freedman. “Un tipo un po’ all’antica.” Toni tornò a casa in bicicletta, abitava in uno dei peggiori quartieri residenziali di Mircester. Spinse la bici lungo il vialetto del giardino, pieno di erbacce, e la appoggiò contro il muro della casa. Poi fece un respiro profondo ed entrò. Suo fratello Terry era ingobbito davanti alla televisione con una bottiglia di birra in una mano e un cartoccio di fish and chips nell’altra. “Dov’è la mamma?” chiese Toni. “Stesa,” disse Terry. A differenza dell’esile sorella, Terry era un ammasso di muscoli. La guancia destra era sfregiata da una cicatrice, ricordo di una rissa a coltellate in un pub. Toni salì le scale e si affacciò in camera della madre. La signora Gilmour era distesa sul letto, vestita. Accanto a lei una bottiglia di vodka, vuota. C’era puzza di sudore e alcol. Toni andò in camera sua e si levò il vestito che si era fatta prestare da un’amica. Lo appese con cura e poi si mise un paio di jeans e una maglietta pulita. Al piano di sotto prese un giubbotto di jeans dall’appendiabiti a muro, e lo indossò. Aprì la porta e ricominciò a spingere la bicicletta lungo il vialetto. Il fratello sbucò sulla soglia alle sue spalle. “Dove stai andando?” urlò. “Lavoro. Turno serale,” gridò Toni. “Ce l’hai presente 6


quella roba che si chiama lavoro, no? Perché non te ne trovi uno anche tu, razza di coglionazzo?” Agatha stava per infilare nel forno a microonde un pasto a base di curry, per la cena, quando qualcuno le suonò alla porta. Andò ad aprire e si trovò davanti l’amica Bloxby, con una cassa di libri. “Sono avanzati dalla vendita in chiesa,” disse la signora Bloxby. “Sono i vecchi gialli Penguin con le copertine verdi e bianche. Pensavo che ti avrebbe fatto piacere averli.” “Ottimo. Entra e posali sul tavolo della cucina. Ho in programma un fine settimana di ozio e mi hai risparmiato un viaggio in libreria.” La signora Bloxby si sedette al tavolo della cucina. Agatha osservò l’amica e fu colta da improvvisa preoccupazione. La moglie del pastore aveva l’aria stanca. Le rughe sotto gli occhi dolci erano più pronunciate del solito, e dallo chignon sulla nuca sfuggivano ciocche di capelli grigi e sottili. “Ti porto uno sherry,” disse Agatha. “Hai l’aria distrutta.” “Alf è raffreddato,” disse la signora Bloxby. Alf era il pastore. Agatha aveva sempre pensato che Alf fosse un nome stupido per un pastore. Avrebbe dovuto chiamarsi Peregrine o Clarence o Digby o qualcosa del genere. “Le visite parrocchiali le ho fatte io al posto suo. A dire il vero, metà di quella gente non si prende neppure il disturbo di venire in chiesa.” Agatha le mise davanti un bicchiere di sherry. “Credo che ormai nessuno abbia più paura di Dio,” commentò Agatha. “Alla gente piace prendersi un bello spavento.” “Cinico, ma vero,” disse la signora Bloxby. “La nuova religione è l’ecologia. Il pianeta sta morendo, i poli si sciol7


gono, ed è tutta colpa vostra, peccatori. L’hai trovata una ragazza per i tuoi cani e i tuoi gatti?” “Ne ho assunta una in prova. È in ordine, pulita e ha un modo di fare e di parlare un po’ antiquato. Insolito, di questi tempi.” “Non fai che cercare di strusciarti contro le mie tette, vecchio pervertito,” stava dicendo Toni al farmacista Basil Jones. “Non c’è molto spazio, qui,” disse Basil, offesissimo. “Stavo semplicemente cercando di passarti davanti.” La rabbia di Basil era accresciuta dal fatto che lui si era davvero strusciato di proposito contro di lei. “Sei un vecchiaccio squallido, ecco quello che sei,” disse Toni. La faccia di Basil adesso era chiazzata dall’ira. “Sei licenziata!” “Okey-dokey,” disse allegramente Toni. “Hai avuto notizie di James Lacey?” chiese la signora Bloxby. “No, è partito per chissà dove. Chi se ne sbatte. Però, se dovesse tornare per tempo, potrei invitarlo alla mia cena di Natale.” “Oh, no, Agatha! Basta!” Agatha aveva già alle spalle una disastrosa cena natalizia, quando aveva utilizzato il forno della sala parrocchiale per cuocere un tacchino enorme, ma aveva alzato troppo la fiamma e la sala si era riempita di un fumo nero e acre. “Sarà tutto perfetto, signora Bloxby!” Agatha e la signora Bloxby ogni tanto si chiamavano per cognome, una vecchia usanza della Società delle Dame di Carsely, alla quale appartenevano entrambe. 8


“Siamo appena a ottobre,” si lagnò la moglie del pastore. “A nessuno dovrebbe essere consentito menzionare il Natale prima dell’inizio di dicembre.” Agatha sogghignò. “Vedrai. La cena la organizzerò per la settimana prima, così non interferirà con i festeggiamenti in famiglia.” La signora Bloxby finì il suo sherry e si alzò stancamente. “Ti do un passaggio in macchina fino alla canonica,” disse Agatha. “Sciocchezze. Posso tornare a piedi.” “Insisto,” disse Agatha. Il pastore stava leggendo un libro con una scatola di fazzoletti sul tavolo accanto. “Ciao, cara,” disse debolmente. “Come sta?” chiese Agatha in tono sbrigativo. “Mi sento ancora molto debole.” “Sua moglie è stanca morta,” disse Agatha. “Quindi mi occuperò io di lei, signor Bloxby, e sua moglie potrà tirare il fiato.” Il pastore guardò Agatha, inorridito. “Non è necessario. In effetti sto cominciando a sentirmi sempre meglio.” “Non vorrà che sua moglie si ammali per il troppo lavoro, vero?” Agatha gli fece un gran sorriso ma gli occhietti ursini erano minacciosi. Il pastore si rivolse alla moglie: “Per favore vai a coricarti, tesoro mio. Ti assicuro che ora mi sono rimesso e sono in grado di preparare una cena leggera per tutti e due. Signora Raisin, i suoi servigi non sono necessari !”. “Alf, non gridare,” protestò la signora Bloxby. “La signora Raisin stava solo cercando di essere d’aiuto.” Agatha tornò al cottage con un sorriso stampato sulla 9


faccia. Uomini, pensò. Tipico. Le donne prendono il raffreddore e gli uomini l’influenza. Dopo cena portò in salotto lo scatolone dei libri. Scelse un giallo di Marjorie Allingham e cominciò a leggere. L’indomani optò per uno di Edmund Crispin che poi fu seguito da un terzo di Freeman Willis Croft. Stava pescando le sigarette dalla borsetta quando le dita incontrarono una busta. La tirò fuori. Era quella strana lettera della signora Tamworthy. Agatha, con la testa piena di racconti gialli, la rilesse con occhi nuovi. E se questa donna fosse stata minacciata davvero? Magari avrebbe invitato Agatha a fermarsi. La signora Tamworthy doveva essere una signora aristocratica, elegante, con le chiome argentate. Doveva avere un figlio grassoccio e pomposo, sposato con una stronzetta. La figlia doveva essere una di quelle tipe sgarbate, alla ricerca di un marito mai trovato. Sicuramente aveva una nipote eccentrica, bellissima, fidanzata con un attore, e un’altra nipote, una creatura schietta e razionale segretamente innamorata dell’attore… Lo squillo acuto del telefono interruppe le sue fantasticherie. Era Roy Silver, un giovanotto che aveva lavorato per Agatha quando lei possedeva una sua agenzia di pubbliche relazioni. “Come vanno le cose?” chiese Roy. “Si sopravvive. E tu?” Roy adesso lavorava per l’agenzia di pubbliche relazioni che aveva rilevato la società di Agatha. “Sto promuovendo un nuovo profumo. Si chiama Désir Vert. Lo produce un’azienda irlandese.” “È buono?” 10


“Te ne porto un flacone.” Ci fu una pausa. “A dire il vero mi sono preso la libertà di venire a Carsely.” “E dove sei?” “Dietro l’angolo.” “E allora ti aspetto.” Agatha andò alla porta d’ingresso e l’aprì in attesa di Roy. Non era da lui presentarsi così senza preavviso. Roy voleva sempre qualcosa. Probabilmente aveva problemi con il lavoro per Désir Vert. Roy arrivò, scese dall’auto, aprì il bagagliaio e trascinò fuori un valigione. “Vai in vacanza da qualche parte?” chiese Agatha. “Qui, se mi accogli, tesoro.” “Roy, aspetta un minuto. Questo significa imporsi.” Con orrore di Agatha, Roy scoppiò a piangere. Il corpicino gracile avvolto nel completo di Armani era scosso dai singhiozzi, e le lacrime scendevano nella barbetta da designer. “Porta dentro quella valigia,” ordinò Agatha, “e ti preparo qualcosa di forte.” Disse a Roy di lasciare il bagaglio nell’ingresso, poi lo fece accomodare in salotto e gli servì una dose generosa di brandy dal carrello dei liquori. “Ecco, butta giù questo,” intimò. “Non pulirti il naso sulla manica del vestito. Sul tavolo c’è una scatola di fazzoletti di carta.” Roy si lasciò cadere sul divano. Si soffiò vigorosamente il naso, bevve un sorso di brandy, e poi fissò il vuoto con aria infelicissima. Agatha gli si sedette accanto. “Avanti, sputa il rospo.” “È stato un incubo irlandese,” disse Roy. “Sono a pezzi. Mi sono occupato di odiosi gruppi pop pieni di droga fino alle orecchie, e di modelle primedonne, ma mai mi era capitato qualcosa di simile.” 11


“Chi lo produce quel profumo? L’ira?” “No, è una casa di moda di Dublino, Colleen Donnelly. Hanno deciso di lanciarsi sul mercato dei profumi. Volevano promuoverlo come profumo ‘per famiglie’, quel genere di cosa che regaleresti a tua nonna. Quindi gli spot pubblicitari sono stati girati nei salottini di quelle paludi di torba con la nonna, la mamma, il papà e i bambini. Siamo andati avanti per mesi. Sono annegato nel tè e nella noia. Ho pensato che se mi fosse toccato stare lì a sentire ancora una volta lo zio di qualcuno che cantava Danny Boy, avrei urlato.” “Eppure doveva essere una gioia promuovere una cosa del genere,” disse Agatha. “Chissà che belle foto ideali da pubblicare sulle riviste patinate.” “Oh, sono riuscito a ottenere buoni spazi. Non si tratta di questo. Si tratta di Colleen Donnelly. Non è irlandese. È di Manchester. Il suo vero nome è Betty Clap.” “Capisci bene perché ha voluto cambiare nome.” “È una stronza. È la peggior stronza per la quale abbia mai lavorato, te compresa, Aggie.” “Ehi, aspetta un attimo…” “Scusa. Continuava a piombare lì, schernendomi di fronte ai cameraman e a chiunque altro, mi chiamava incompetente e mezza calzetta. Mi sono lamentato con il signor Pedman, il capo, ma lui mi ha detto che si trattava di un grosso lancio e di non mollare. E poi, appena prima del grande evento conclusivo della campagna, la Donnelly ha chiamato l’agenzia e chiesto che le mandassero un altro pr. Ha detto… ha detto che era stufa marcia di avere a che fare con un idiota dalla vocetta acuta. E Pedman ha mandato Mary Hartley al posto mio.” “Chi è?” 12


“Una deficiente che è gelosa di me e ha sempre cercato di fregarmi i clienti. Sono un fallito. Non riesco a reggere l’idea. Avevo ferie arretrate, quindi sono salito in macchina e mi sono ritrovato a guidare verso casa tua.” “Hai con te un flacone di quella roba?” Roy si frugò in tasca e tirò fuori un boccettino verde con il tappo d’oro. Agatha stappò il flacone e si spruzzò un po’ di profumo sul polso. “È una schifezza, Roy.” “Ma avrà un sacco di pubblicità e tutto grazie a me, e Mary se ne prenderà il merito.” Agatha gli porse il telecomando. “Tu stai lì e finisci di bere e guardati qualche stupidata. Vedo che cosa posso fare.” Agatha andò nel suo studio e accese il computer. Aprì il file contenente tutti i contatti giornalistici che aveva. Poi spense, prese il telefono e chiamò Deirdre Dunn, caposervizio del femminile di ‘The Bugle’. Constatò con sollievo che Deirdre era ancora al lavoro, a quell’ora. “Che c’è, Agatha?” chiese Deirdre. “Pensavo che ti fossi data alle investigazioni.” “Sì, è così. Ma vorrei che tu mi facessi un favore e stroncassi un profumo che si chiama Désir Vert.” “Perché dovrei?” “Ricordo di aver casualmente scoperto che avevi una tresca con il segretario agli Esteri Peter Branson, giusto?” “C’è bisogno di tirare fuori di nuovo questa storia?” “Solo in caso di necessità.” “D’accordo, vecchia zoccola. Che cosa dovrei fare?” “Prendi nota.”

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Venti minuti dopo, Agatha tornò in salotto. “È tutto sistemato,” disse allegramente. “Ovvero?” chiese Roy. “Deirdre Dunn scriverà un articolo sull’edizione domenicale del ‘Bugle’, dicendo che Désir Vert è un profumaccio, nonostante la brillante opera di promozione da parte di un certo Roy Silver, che l’ingrata Betty Clap ha tradito dimostrando la propria mancanza di acume imprenditoriale, visto che lo ha licenziato all’ultimo momento sostituendolo con una persona di esperienza considerevolmente minore. E sta anche spedendo una sua assistente nelle strade per creare una vox populi, spruzzerà il profumo sui passanti e chiederà che cosa ne pensano. Riporterà solo i pareri negativi. Deirdre è una donna di grande potere. Quel profumo è spacciato. Sei vendicato.” “Non so come ringraziarti, Agatha. Come hai fatto a convincere Deirdre?” “Oh, ci conosciamo da taaanto tempo. Siamo grandi amiche.” Roy lanciò ad Agatha uno sguardo imbarazzato. Deirdre, una tipa dalla magrezza elegante e scheletrica e dalla voce tagliente, una volta gli aveva detto che se Agatha fosse morta lei avrebbe gioiosamente pisciato sulla sua tomba. “Funzionerà?” chiese. “Fidati di me.” “Grazie, Aggie. Come posso ricambiare?” “È sufficiente che tu non ti trattenga a lungo.” Agatha l’indomani mattina scese in cucina e trovò sul tavolo un piatto di croissant appena sfornati, e Roy seduto a leggere i giornali. “Dove li hai presi i croissant?” chiese. 14


“Al negozio del villaggio. Una signora di Carsely ha cominciato a farli. Ho preparato il caffè.” Agatha aprì la porta sul retro e lasciò uscire i gatti in giardino, a giocare. Si servì una tazza di caffè, si sedette a tavola e si accese una sigaretta. “Devi proprio?” chiese Roy, sventolando l’aria con le mani. “Sì, quindi chiudi il becco.” Agatha vide la lettera della signora Tamworthy, che era rimasta sul tavolo. La porse a Roy. “Leggila e dimmi che cosa ne pensi.” Roy lesse attentamente. “Sembra una svitata.” “Magari non lo è. Potrebbe capitarmi di venire a sapere dai giornali che è morta, e sentirmi in colpa.” “È una bella giornata,” disse Roy. La foschia mattutina era in dissolvimento. I gatti di Agatha, Hodge e Boswell, si stavano rincorrendo sul prato. “Potremmo andare a parlare con lei.” “Non ci costerebbe nulla,” disse Agatha. “In questo modo scopriremo se è una matta o no.”

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Estratto da: M.C. Beaton, Agatha Raisin – Natale addio! Titolo originale dell’opera: Kissing Christmas Goodbye Traduzione dall’inglese di Marina Morpurgo © 2007, 2010, 2016 by M.C. Beaton © 2017 astoria srl corso C. Colombo 11 – 20144 Milano Prima edizione: ottobre 2017 ISBN 978-88-98713-81-3 In copertina: illustrazione di Alice Tait Progetto grafico: zevilhéritier

www.astoriaedizioni.it


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