Agatha Raisin e il modello di virtù

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Nel villaggio di Carsely, tra le colline inglesi dei Cotswolds, su una cosa erano tutti d’accordo: non si era mai vista una primavera così, prima d’allora. La signora Bloxby, la moglie del pastore, uscì in giardino e si riempì i polmoni d’aria fresca e profumata. Non c’era mai stata una fioritura come quella. I rami dei lillà erano curvi sotto il peso dei fiori viola e bianchi. Lungo i viottoli di campagna le siepi di biancospino formavano viali da cerimonia nuziale. Le clematidi ricadevano sui muri, come cascate d’acqua fiorite, il glicine ornava la pietra dorata dei cottage con piogge di delicati fiori violetti. Gli alberi erano vestiti di un verde nuovo e brillante. La campagna sembrava un animale coperto da una folta e sontuosa pelliccia di fiori e foglie. I pochi eterni scontenti del villaggio scuotevano la testa e dicevano che una primavera del genere era il segno che l’inverno sarebbe stato infame. La natura si muoveva in modo misterioso per proteggersi. Il campanello della canonica suonò e la signora Bloxby andò ad aprire la porta. Si trovò davanti Agatha, ben piantata, con l’aria bellicosa e una ruga di preoccupazione tra gli occhi. 1


“Entra,” disse la signora Bloxby. “Perché non sei in ufficio? Non ci sono casi da risolvere?” Agatha dirigeva un’agenzia investigativa a Mircester, che lei stessa aveva fondato. Era ben vestita, come sempre in quel periodo del resto, con un completo pantalone in lino; i capelli castani e lucidi avevano un bel taglio corto, alla moda. Ma gli occhietti nocciola avevano un’espressione preoccupata. La signora Bloxby le fece strada in giardino. “Caffè?” “No,” disse Agatha. “Ne ho già bevuti litri. Volevo solo fare due chiacchiere.” “Parla.” Agatha si sentì avvolgere da una sensazione di conforto. La signora Bloxby con i suoi occhi dolci e i capelli grigi aveva sempre avuto un effetto calmante su di lei. “Avrei bisogno di trattare un caso davvero grosso. Qui sembra che ci siano solo sciocchezzuole come gatti e cani smarriti. Non voglio finire in rosso. La signorina Simms, che mi faceva da segretaria, si è involata con il mio investigatore a tempo pieno, Patrick Mullen. Lui è andato in pensione e non ha più voglia di faticare e lavorare. Sammy Allen si occupava della documentazione fotografica e Douglas Ballantine della parte tecnologica, ma ho dovuto mandarli via. Non c’era lavoro a sufficienza, punto e basta. E poi Sally Fleming, che aveva rimpiazzato Patrick, mi è stata carpita da un’agenzia investigativa di Londra, più attraente della mia, e quella mia fantastica segretaria, la signora Edie Frint, ha pensato bene di risposarsi. Forse i problemi derivano dal fatto che ho rinunciato ai casi di divorzio. Gli avvocati mi davano parecchio lavoro.” La signora Bloxby sapeva benissimo che Agatha aveva divorziato dall’amore della sua vita, James Lacey, ed era 2


convinta che fosse questo il motivo per il quale Agatha non voleva occuparsi di casi di separazione. Disse: “Forse dovresti accettare qualche caso di infedeltà coniugale tanto per fare entrare di nuovo un po’ di soldi. Certamente non vorrai occuparti di omicidi”. “Meglio un omicidio che un divorzio,” borbottò Agatha. “Forse hai lavorato troppo. Avresti bisogno di qualche giorno di vacanza. Insomma, è una primavera così bella.” “Davvero?” Agatha osservò il giardino con gli occhi della cittadina che non si era mai assuefatta alla campagna. Aveva venduto una fiorente società di pubbliche relazioni, era andata in pensione anzitempo, e aveva lasciato Londra. Fin da bambina Agatha aveva sognato di poter vivere nei Cotswolds, ma dentro di sé portava ancora la città, con la sua attività e il passo frenetico. “Chi hai assunto per rimpiazzare Patrick e la signorina Simms? E sei sicura di non volere nulla? Ho degli scones fatti in casa.” Agatha era tentata, ma i pantaloni le tiravano già sulla pancia. Scosse la testa. “Fammi pensare… la squadra. Allora, come segretaria ho una certa Helen Freedman di Evesham. Mezza età, competente, una vera perla. E le investigazioni le faccio io, da sola.” “E per la parte tecnologica e fotografica?” “Sto cercando qualcuno. Gli esperti si fanno pagare carissimi.” “Qui nel villaggio c’è il signor Witherspoon. È un cameraman esperto, è bravo con i computer e con tutte queste cose.” “Lo conosco, il signor Witherspoon. Deve avere circa cento anni.” “Oh, andiamo. Ne ha solo settantasei, e di questi tempi a settantasei anni si è giovani.” 3


“Non è giovane. Suvvia. A settantasei anni si è rottami.” “Perché non vai a parlare con lui? Abita nel cottage delle Rose, accanto alla scuola.” “No.” Gli occhi della signora Bloxby, abitualmente miti, si indurirono un filino. Agatha si affrettò a dire: “D’altra parte non mi farebbe alcun danno andare a fare due chiacchiere con lui”. Agatha Raisin, che era pronta a tener testa al mondo intero, crollava di fronte al minimo segno di disappunto da parte della moglie del pastore. Il cottage delle Rose, a dispetto del nome, di rose non ne aveva nemmeno una. Il giardino sul davanti era stato coperto da una colata di asfalto per consentire al signor Witherspoon di parcheggiarci la sua vecchia Ford, invece di lasciarla per strada. Il cottage era uno dei pochi villini moderni di Carsely, un brutto coso a due piani in mattoni rossi. Agatha, che conosceva il signor Witherspoon solo di vista, era già pronta a trovare antipatico un uomo dai gusti così beceri. Sollevò la mano per suonare il campanello, ma la porta si aprì e il signor Witherspoon spuntò fuori. “È venuta a offrirmi un lavoro?” disse allegramente. Per quanto amasse la signora Bloxby, in quel momento Agatha sentì che l’avrebbe volentieri strangolata. Detestava avere la sensazione di essere manipolata, e a quanto pareva la signora Bloxby proprio quello aveva fatto. “Non lo so,” disse Agatha, burbera. “Posso entrare?” “Ma certamente. Ho appena fatto il caffè.” Gli ha telefonato non appena io sono uscita. Proprio così, pensò. Lo seguì in una stanza trasformata in ufficio. Era di una pulizia e un ordine impeccabili. Davanti alla finestra c’era una scrivania con sopra un computer, e di 4


fianco due scaffali d’archivio. Dominavano il centro della stanza un tavolino rotondo e due sedie. Sulla parete di fronte alla finestra, file di scaffali con una collezione di macchine fotografiche e di lenti. “Si accomodi, prego,” disse il signor Witherspoon. “Porto il caffè.” Era un uomo di corporatura media, con i capelli grigi e folti. La faccia non era tanto rugosa quanto stazzonata, dava l’idea che stirandola con un ferro caldo la si sarebbe potuta riportare alla giovinezza di un tempo. Era snello. Non ha la pancia, pensò Agatha. Se non altro non può essere un beone. Lui tornò di lì a poco con un vassoio su cui c’erano il servizio da caffè e un piatto di scones. “Nero, grazie,” disse Agatha. “Le spiace se fumo?” “Faccia pure.” Bene, un punto a suo favore, pensò Agatha. “Le vado a prendere un posacenere,” disse il signor Whiterspoon. “Si serva dei dolci.” Uscì dalla stanza e Agatha fissò il piatto degli scones, improvvisamente insospettita. Ne prese uno e lo addentò. Gli scones della signora Bloxby. Ci avrebbe giurato. Ancora una volta si sentì manipolata e poi provò una gioia maligna al pensiero di rifiutare quell’uomo. Lui tornò e piazzò accanto ad Agatha un grosso posacenere di cristallo. Si sedette di fronte ad Agatha e disse: “Che cosa posso fare per aiutarla?”. “È solo una visita di cortesia,” disse Agatha. Negli occhi verdi e offuscati dell’uomo passò un lampo di delusione. “Molto gentile da parte sua. Come va l’attività dell’agenzia investigativa?” 5


“Al momento non c’è molto lavoro.” “Che strano. Con tutte le infedeltà coniugali che ci sono nei Cotswolds l’avrei creduta molto impegnata.” “Non mi occupo più di casi di divorzio.” “Peccato. È lì che girano soldi. Prendiamo Robert Smedley, quel tizio di Ancombe: è ricchissimo, ha un’azienda che produce elettronica, follemente geloso. È convinto che la moglie lo tradisca. Pagherebbe qualunque somma pur di riuscire a scoprire se è vero.” I due si studiarono reciprocamente per un lungo istante. Ho proprio bisogno di soldi, pensò Agatha. “Ma il signor Smedley non mi ha contattata,” disse, alla fine. “Potrei spingerlo a farlo.” Agatha aveva un conto in banca corposo, e azioni e obbligazioni, ma non aveva intenzione di diventare una di quelle persone tristi che si mangiavano i risparmi di una vita nel tentativo di tenere in piedi imprese fallimentari. Disse cautamente: “Ho bisogno di qualcuno che faccia intercettazioni ambientali e fotografie”. “Potrei farlo io.” “A volte significa lavorare molte ore al giorno.” “Sono in piena forma.” “Mi lasci vedere, oggi è domenica. Se lei riuscisse a parlare con questo signor Smedley e farlo venire domani in ufficio, io potrei dire alla signora Freedman, la mia segretaria, di stilare un contratto di assunzione. Facciamo un mese di prova?” “Benissimo, vedrà che non resterà delusa.” Agatha si alzò e si congedò con una frecciatina: “Non dimentichi di ringraziare la signora Bloxby per gli scones”. Una volta fuori si rese conto di essersi dimenticata di fu6


mare, e così si accese una sigaretta. Era questo il problema con i militanti antifumo di cui ormai pullulava il mondo. Sembrava quasi che la loro disapprovazione inquinasse l’aria e costringesse la gente ad accendersi una sigaretta anche quando non se ne aveva voglia. Le tradizioni della Società delle Dame di Carsely facevano sì che le signore del villaggio solitamente si chiamassero per cognome. Quindi la signora Freedman continuò a essere la signora Freedman anche in ufficio, ma il signor Witherspoon invitò gli altri a chiamarlo Phil. Agatha si irritò nel vedere arrivare Phil da solo, però il neoassunto le disse che Robert Smedley sarebbe passato più tardi. Il signor Witherspoon non protestò di fronte alla modestia del compenso che gli veniva offerto, quindi Agatha si sentì un po’ in colpa e gli promise un aumento nel caso fosse rimasta soddisfatta del suo modo di lavorare. L’ufficio era un’unica stanza con il soffitto a travi, sopra a un negozio nella parte vecchia di Mircester, nei pressi dell’abbazia. Agatha e la signora Freedman avevano entrambe la scrivania sotto la finestra: a Phil fu assegnata la scrivania che era stata di Patrick, quella contro il muro. C’erano un divano foderato di chintz e un tavolino basso da caffè con due poltrone per i visitatori. Il resto del magro arredo era composto da alcuni schedari e da un bollitore con una confezione di tè e un barattolo di caffè istantaneo, latte e zollette di zucchero, il tutto disposto su un vassoio. Robert Smedley finalmente arrivò e l’umore di Agatha sprofondò. Sembrava il tipo d’uomo che lei disprezzava con tutte le forze che aveva in corpo. Tanto per cominciare era insaccato in un completo troppo stretto. Doveva essere costato parecchio, all’acquisto, e il signor Smedley era chiaramente uno di quelli che non avrebbe mai ammesso di 7


aver messo su ciccia, né mai avrebbe speso dei soldi per far sistemare il vestito. Aveva occhietti neri nella faccia gonfia e sovrastata da due sopracciglia nere a cespuglio. I capelli erano liscissimi e nerissimi. Stanno migliorando le tinture per capelli al giorno d’oggi, pensò Agatha. Sembrano quasi naturali. Il signor Smedley aveva una boccuccia serrata, “a culo di gallina” come la descrisse in seguito Agatha alla signora Bloxby, così poi le toccò scusarsi per il linguaggio scurrile. “Prego, si accomodi,” disse Agatha, preparandosi a sparargli contro un preventivo caro come il fuoco, per sbarazzarsi di lui. “Come posso esserle d’aiuto?” “La situazione è molto imbarazzante.” Il signor Smedley si guardò attorno nel piccolo ufficio, con occhi torvi. “Oh, comunque. Credo che Mabel abbia un altro.” “Mabel sarebbe sua moglie?” lo incalzò Agatha. “Sì.” “Cosa le fa pensare che possa avere una relazione con qualcuno?” “Oh, piccoli dettagli. Un giorno sono tornato a casa prima del solito e l’ho sentita che cantava.” “E cosa c’è di tanto strano?” “Non canta mai, quando ci sono io.” E come fargliene una colpa, pensò acidamente Agatha. “C’è dell’altro?” “La settimana scorsa si è comperata un vestito nuovo senza consultarmi.” “Le donne lo fanno,” disse Agatha, paziente. “Insomma, perché dovrebbe aver bisogno del suo permesso per comperare un vestito nuovo?” “I suoi vestiti li scelgo io. Sono un uomo importante e mi piace che mia moglie si vesta in modo adeguato.” 8


“C’è dell’altro?” “E non basta questo? Io ve lo dico, se mia moglie si vede con un altro mi serviranno prove per il divorzio.” In quel momento Agatha avrebbe strangolato volentieri Phil e la signora Bloxby. L’avevano convinta ad assumere un caso geriatrico con la promessa di questo incarico, e adesso saltava fuori che Smedley non era nulla di più di un bullo geloso. Per liberarsi di lui sparò una tariffa e un rimborso spese elevatissimi. Smedley tirò fuori il libretto degli assegni. “Le darò mille sterline subito e poi mi potrà addebitare le spese e il resto, se la cosa andrà a buon fine.” Agatha lo fissò brevemente con gli occhi socchiusi, pensò alle spese di gestione dell’agenzia e accettò l’assegno. Dopo che Robert Smedley se ne fu andato, Agatha disse con rabbia a Phil: “Tutta questa storia non è altro che un mucchio di scempiaggini, ma tanto vale provarci. Io e lei andremo ad Ancombe a sorvegliare la casa. Ha con sé la macchina fotografica?” “Ne ho l’auto piena,” disse allegramente Phil. “Okay, andiamo.” Ancombe distava da Carsely poche miglia. Trovarono rapidamente la casa di Smedley. Era nei sobborghi del villaggio in una zona molto boscosa, in cima a un’altura. In origine era stato un piccolo cottage del Settecento, costruito con la pietra dorata locale, ma sul retro era stato aggiunto un grosso corpo nuovo. Phil parcheggiò l’auto a una certa distanza, al riparo di un gruppo di alberi. Tirò fuori una macchina fotografica con un lungo teleobiettivo. “Sto perdendo colpi,” si lagnò Agatha. “Avrei dovuto chiedergli una foto della moglie.” 9


Phil si affacciò a osservare la strada. “Un’auto sta percorrendo il vialetto. Si metta lei al volante. La seguiamo.” Agatha partì sterzando e iniziò il pedinamento a distanza di sicurezza mentre Phil fotografava la vettura e la targa. “È diretta a Moreton,” disse Agatha. “Probabilmente sta andando a comperare un altro vestito o a compiere qualche altra nefandezza analoga.” “Sta girando per andare alla stazione,” disse Phil. “Forse ha appuntamento con qualcuno.” “Oppure deve prendere il treno,” disse Agatha. Scese dall’auto una donnina dall’aria scialba. “Spero che sia lei, e non la donna delle pulizie,” disse Agatha. “Se il vestito glielo ha scelto il marito meriterebbe la fucilazione.” La tipa che speravano fosse Mabel Smedley indossava uno chemisier di cotone con una stampa vistosa. L’orlo le arrivava quasi alle caviglie, ai piedi un paio di scarpe di vernice con il tacco basso. I capelli erano biondo rossicci e stopposi, raccolti in una crocchia. Era palesemente più giovane del marito. Smedley avrà poco meno di cinquant’anni, tirò a indovinare Agatha. Se questa era la signora Smedley, la moglie doveva avere da poco passato i trenta. La faccia, priva di trucco, era priva anche di rughe, i lineamenti erano comuni. Occhi piccoli e stanchi, bocca regolare, mento minuscolo. La donna entrò nella biglietteria. Come al solito c’era coda, così Phil e Agatha ebbero la possibilità di mettersi in fila lasciando alcune persone tra loro e lei. Le sentirono chiedere un biglietto di andata e ritorno per Oxford in giornata. Quando venne il loro turno, presero due biglietti per Oxford e poi salirono sul sovrappasso per raggiungere il binario. Phil aveva svitato il tappo del teleobiettivo e scattò con 10


discrezione parecchie foto alla signora Smedley in attesa di prendere il treno. Il treno aveva il solito irritante ritardo di dieci minuti – come un capo che ti tiene in attesa dieci minuti davanti alla porta per sottolineare il fatto di essere un uomo importante e impegnato. La donna scese a Oxford e si avviò a piedi. Loro la seguirono. Agatha tirò fuori il telefonino e chiamò la signora Bloxby. “Sai che aspetto abbia la signora Smedley?” “Sì, Agatha, devi averla già incontrata da qualche parte, ma forse non l’hai mai notata. Si dà parecchio da fare per la Società delle Dame di Ancombe. È piccola e magra con i capelli biondo rossicci. Mi pare che abbia quattordici anni meno del marito, o qualcosa del genere. Molto taciturna. Che c’è…?” “Te lo racconto dopo,” disse Agatha, e riattaccò. “Sì, è lei,” disse a Phil. “Dove starà andando?” La seguirono lungo Worcester Street e poi in Walton Street. Alla fine la signora Smedley si fermò davanti al cinema Phoenix ed entrò. “Non si faccia prendere troppo dal film,” sibilò Agatha. Comprarono i biglietti. Il cinema era quasi vuoto. Si sedettero tre file dietro quella della signora Smedley. Il film era russo, e si intitolava Le steppe della libertà. La fotografia era splendida, ma agli occhi cinici di Agatha il film sembrò privo di avvenimenti, l’eroina o piangeva o fissava la steppa. Evidentemente la signora Smedley doveva annoiarsi quanto Agatha perché si alzò prima della fine. Le lasciarono qualche minuto di vantaggio prima di seguirla. Tornarono in Walton Street e poi in stazione. Risalirono sul treno fino a Moreton e da lì la pedinarono fino a casa. 11


“Forse sperava di incontrare qualcuno,” disse Phil, “e quel qualcuno poi non si è presentato. Insomma, mi pare strano fare tutto quel viaggio per poi stare lì a guardare un film noioso.” “Le ha fatto foto mentre entrava nel cinema?” “Certo.” “So cosa dobbiamo fare,” disse Agatha. “Andiamo dalla signora Bloxby. A quanto pare sa vita morte e miracoli della signora Smedley.” Guidarono fino alla canonica. Venne ad aprire la porta il pastore Alf Bloxby, e la sua faccia nel vedere Agatha si indurì in un’espressione contrariata. “Se è venuta a trovare mia moglie, sappia che è impegnata,” disse. La signora Bloxby si materializzò alle spalle del marito. “Ma cosa stai dicendo, Alf ? Entra, Agatha, e anche lei, signor Witherspoon.” Il pastore borbottò tra i denti qualcosa tipo “puah” e se ne tornò dritto nel suo studio. “Andiamo in giardino,” disse la signora Bloxby. “È una giornata così bella. Non durerà, naturalmente. Non appena comincia Wimbledon, torna a piovere garantito.” Si sedettero al tavolo in giardino. “Vedo che hai assunto il signor Witherspoon,” disse allegramente la signora Bloxby. “Per il momento,” la rimbeccò Agatha. “È in prova. Il caso di cui ci stiamo occupando riguarda Mabel Smedley. Suo marito è convinto che abbia un amante.” “Non mi pare molto plausibile. Insomma, in un posto piccolo come Ancombe. Lo saprebbero subito tutti.” “Che tipo è, lei?” “Difficile dirlo. Ma Agatha, te ne sei dimenticata? La Società delle Dame di Ancombe dopodomani ha in pro12


gramma una vendita di beneficenza, e alcune di noi andranno a dare una mano. Potresti venire anche tu e vedere direttamente con i tuoi occhi. La signora Smedley è una che lavora sodo per le buone cause, ma è riservata e modesta. Sono sposati da appena due anni.” “Figli?” “No, e il signor Smedley non ha avuto figli neppure dalla prima moglie.” “E che fine ha fatto la prima signora Smedley?” “Poverina. Soffriva di crisi depressive. Si è suicidata.” “Non mi stupisco. Sposata a uno come quello.” Agatha lo descrisse in termini trancianti, concludendo con il dettaglio della bocca a culo di gallina. “Ma Agatha! Insomma.” “Scusami,” mormorò Agatha. Phil soffocò una risata fingendo uno starnuto. “Sono convinta che il signor Smedley sia patologicamente geloso, tutto qui,” disse la signora Bloxby. “Oh santo cielo,” sospirò Agatha. “Questa storia sembra una gran perdita di tempo, e basta. Per oggi possiamo chiuderla qui, Phil, e se lei mi riporta in ufficio io recupero la macchina. Ci rivediamo domani, poi. Ho un po’ di cose sulle quali lavorare.” Agatha stava per affrontare una cena a base di patate fritte e lasagne, il tutto cotto al microonde, quando squillò il telefono. “Non azzardatevi a toccare la roba da mangiare,” ammonì i gatti, Hodge e Boswell. Rispose e sentì la voce un po’ effeminata del suo ex assistente, Roy Silver. “Sono secoli che non ho tue notizie,” disse Roy. “Non ci sono più stati ammazzamenti, lì da voi?” 13


“No, niente. Solo un caso di divorzio, e io i casi di divorzio li odio.” “È logico, tesoro. Sei una donna che ha divorziato così malvolentieri.” “Non è questo il motivo! Li trovo sgradevoli, tutto qui.” “Non c’è agenzia investigativa che non porti a casa la pagnotta con i divorzi. Il motivo della mia telefonata è che volevo chiederti se posso venire da te per il fine settimana.” “Il prossimo? D’accordo. Fammi sapere che treno prendi e mi farò trovare a Moreton.” Quando Agatha mise giù il telefono, si sentì felice all’idea di avere compagnia. Il suo matrimonio con James Lacey era stato di breve durata e infelice. Non avevano neppure vissuto insieme. Ma dopo il fallimento della storia, quando non lavorava a pieno ritmo soffriva di solitudine. Poi Agatha si rese conto di non aver affrontato la signora Bloxby, di non averle rinfacciato di averla manipolata e indotta ad arruolare Phil. Le telefonò. “Stammi un po’ a sentire, cara la mia signora Bloxby,” esordì Agatha, “sento che tu mi hai costretta ad assumere Phil.” “Il signor Witherspoon. Sì, immagino di averti spinta in quella direzione.” “Ma perché? Di solito non sei prepotente e manipolatrice.” La signora Bloxby sospirò. “Avevo saputo che lui campava solo di una pensione molto magra. Ha investito incautamente i suoi capitali, ed è andata male. Ha un bisogno disperato di soldi ed era pronto a svendere alcune delle sue preziose macchine fotografiche. Tu avevi bisogno di un fotografo, lui aveva bisogno di lavorare. Non ho potuto trattenermi.” 14


“Oh, d’accordo,” borbottò Agatha, tutto sommato rabbonita. “Stiamo a vedere come se la cava.” “Vai ad Ancombe?” “Naturalmente. Mi sono dimenticata di chiederti a che ora comincia.” “Alle due del pomeriggio.” “Ci sarò.” Agatha tornò in cucina e colse in flagrante i gatti, che in piedi sul tavolo le stavano facendo fuori la cena. “Piccoli bastardi,” ululò. Aprì la porta della cucina e li spedì entrambi fuori in giardino. Gettò nel bidone della spazzatura i resti del pasto e all’improvviso scoppiò a piangere. Alla fine si asciugò le lacrime con uno strofinaccio dei piatti e si accese una sigaretta con mano tremante. Agatha aveva passato da non molto i cinquant’anni, ma negli ultimi tempi era stata colta dalla paura della vecchiaia e della solitudine. Nelle giornate umide avvertiva delle fitte all’anca, però le ignorava stoicamente. Non poteva assolutamente essere artrite. Era troppo giovane. “Ripigliati,” disse ad alta voce. Che si trattasse di menopausa, alla fine? Era stata segretamente orgogliosa di non aver ancora raggiunto quella linea di confine. Il telefono suonò di nuovo. Agatha andò stancamente a rispondere. “Sono Charles.” L’amico di Agatha, sir Charles Fraith. “Oh, ciao, Charles. Dove sei stato, negli ultimi tempi?” le parole di Agatha furono interrotte da un singulto. “Stavi piangendo, Aggie?” “Non chiamarmi Aggie. È solo un po’ di allergia.” “Hai cenato?” 15


“Stavo per farlo ma i gatti sono arrivati prima di me.” “Tra poco sono lì da te. Avevo in programma di offrire un picnic a uno schianto di ragazza e lei non si è presentata. Porto la roba e ci facciamo un picnic nel tuo giardino.” “Oh grazie, Charles.” “Quindi asciugati le lacrime.” “Non ho pianto!” Ma Charles aveva riagganciato. Si presentò mezz’ora dopo, e così Agatha aveva avuto il tempo di bagnarsi la faccia con l’acqua fredda, e di rifarsi il trucco. Era contenta di vedere Charles, anche se di tanto in tanto lo trovava irritante. Il baronetto aveva i capelli biondi e i lineamenti delicati ed era freddino e indipendente come un gatto. Charles portò in giardino una grossa cesta da picnic, e cominciò a disporre i piatti sul tavolo del giardino. “Aspic di petto d’anatra, asparagi, champagne… dovevi tenerci un sacco a questa ragazza.” “È assai decorativa,” disse Charles. “Sfortunatamente per me ne è consapevole.” Mangiarono facendosi buona compagnia mentre Agatha gli parlava del caso Smedley. “Potrei venire con te,” disse Charles. “Ti spiace se dormo qui?” “No, la stanza degli ospiti la conosci.” “Ho la borsa in macchina. La prenderò dopo.” Il sole tramontò lentamente dietro gli alberi in fondo al giardino. Agatha ripensò con imbarazzo alla crisi di pianto. Adesso le sembrava una follia.

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Estratto da M.C. Beaton, Agatha Raisin e il modello di virtù Titolo originale dell’opera: Agatha Raisin and the Perfect Paragon Traduzione dall’inglese di Marina Morpurgo © 2005 by M.C. Beaton © 2016 astoria srl corso C. Colombo 11 – 20144 Milano Prima edizione: novembre 2016 ISBN 978-88-98713-56-1 In copertina: illustrazione di Alice Tait Progetto grafico: zevilhéritier

www.astoriaedizioni.it


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