La Banconota - Numero 60 - Dicembre 2009

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la Banco nota ISSN 1972 - 8379

N. 60 - Dicembre 2009

100 anni Il centenario celebrato degnamente Storia Per il Banco Desio, significativi gli anni ‘80 Anniversari 100 anni fa…

Il Sole 24 ORE Business Media Srl - via G.Patecchio 2 - 20141 Milano - POSTE ITALIANE SPA

Finanza La nuova normalità post crisi economica Nuove filiali I fiammiferai di Moncalieri Come eravamo La pubblicità ai tempi di “Selezione del Reader’s Digest” Villa Tittoni-Traversi Il restauro delle vetrate della cappella



Sommario la Banco nota Nuova Serie N. 60 - Dicembre 2009 REGISTRAZIONE Tribunale di Milano n. 292 del 15/04/2005

Direttore Responsabile: Luigi Gavazzi Comitato di Direzione: Riccardo Battistel, Luigi Gavazzi, Alberto Mocchi, Marco Sala, Umberto Vaghi In Redazione: Alessandra Monguzzi Collaboratori: Renzo Butazzi, Enrico Casale, Giovanni Ceccatelli, Alessandra Monguzzi, Francesco Ronchi

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Il centenario celebrato degnamente

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Una storia che continua

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Riunita tutta la grande famiglia del Banco Desio

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I maratoneti del centenario

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Una villa del Piermarini per accogliere la clientela

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Il restauro delle vetrate della cappella

Impaginazione: Diego Poletti Stampa Faenza Industrie Grafiche S.r.l. Costo copia: € 2,00

Editore incaricato:

Presidente: Eraldo Minella Amministratore Delegato: Antonio Greco Direttore Editoriale: Mattia Losi Ufficio Commerciale e Traffico: Anna Boccaletti (anna.boccaletti@businessmedia24.com) Il Sole 24 ORE Business Media S.r.l. Via Patecchio, 2 - 20141 Milano Tel. 02.3964.60.11 - Fax 02.3964.62.91

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Due giorni di manifestazioni dedicate a Desio

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Un anno di sport

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Per il Banco Desio, significativi gli anni ‘80

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100 anni fa…

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La nuova normalità post crisi economica

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I fiammiferai di Moncalieri

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La pubblicità ai tempi di “Selezione del Reader’s Digest”

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Fuoritema

Associato USPI Unione Stampa Periodica Italiana

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I più sentiti auguri di buone feste a tutti i lettori La Banco nota

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100 anni

Il centenario

È anche presidente delle due controllate bancarie Banco Desio Lazio e Banco Desio Veneto, della compagnia di assicurazione Chiara e della fiduciaria lussemburghese Brianfid-Lux.

celebrato degnamente

Avvocato, ora che l’anno del centenario volge al termine un suo commento su quest’appuntamento storico per l’azienda di famiglia. “Pur alla presenza di un contesto domestico e internazionale critico, il Banco ha voluto onorare degnamente l’avvenimento, allestendo una serie di iniziative celebrative che consentissero di cogliere il senso ed il valore delle sua storia e della sua tradizione – risponde Stefano Lado -. Dal punto di vista personale, ho vissuto l’esperienza sul filo di una memoria che nel mio caso non è solo professionale ma anche affettiva. Mio nonno Luigi Lado Manca è stato presidente del Banco per vent’anni, dal 1939 al 1959, mio padre Ignazio anch’esso per un ventennio dal 1982 al 2002. La mia presenza all’interno del Gruppo Banco Desio, oggi, assume quindi il segno di una continuità che ha rappresentato e rappresenta ancora oggi uno tra i punti di forza di quest’azienda”.

Il vicepresidente del Banco, Stefano Lado, sottolinea il forte legame tra le tradizioni centenarie dell’azienda e la storia della propria famiglia

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conclusione dell’anno che ha visto il Banco Desio celebrare il centenario dalla fondazione, incontriamo Stefano Lado, vicepresidente dell’istituto. Avvocato, nato nel 1960 a Milano - dove vive e lavora - Stefano Lado inizia a occuparsi della banca di famiglia nel 1988 entrando nel Consiglio di amministrazione delle controllate Desio Brianza Leasing spa, Desio e Brianza Factoring spa ed Informatica Brianza spa. Socio accomandatario e vicepresidente di Brianza Unione, holding delle famiglie Gavazzi e Lado, nel 1993 entra nel Consiglio del Banco, di cui è attualmente vicepresidente. 4

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Suo padre, l’ha ricordato lei stesso, ha vissuto come amministratore e presidente un lungo periodo della storia recente della banca. Quali insegnamenti le ha trasmesso con la sua esperienza? “Ho sempre apprezzato in lui la capacità di andare al nocciolo del problema, di giungerne al cuore, separando gli aspetti di dettaglio da quelli fondamentali, e solo su questi ultimi approfondire l’analisi senza preconcetti e precipitazione: un approccio, intessuto di concretezza e pragmatismo, sempre mediato però da una forte sensibilità relazionale”. Tornando al Banco, la crescita registrata dall’azienda nell’ultimo ventennio è stata rilevante… “Guardi, ho iniziato a occuparmi del Banco alla fine degli Ottanta: allora la banca aveva una rete distributiva pari a una trentina di filiali concentrate tra Alto milanese e Brianza. Oggi contiamo, con le controllate bancarie, su poco meno di 170 filiali in sette regioni e stiamo ancora crescendo.


100 anni Stefano Lado, vicepresidente del Banco Desio

Negli ultimi dodici mesi abbiamo aperto ben undici nuove filiali. Sempre in tema di Gruppo Banco Desio, il suo rilancio risale al 1999, con l’acquisizione di una piccola ma dinamica società di gestione del risparmio (Anima, ndr) cui hanno fatto seguito le tre banche e le società prodotto. Mi piace però in quest’occasione ricordare l’esperienza con Anima non solo per lo sviluppo che registrò la società sotto il nostro controllo, ma anche perché per me fu molto significativa dal punto di vista professionale e personale, avendola seguita sin dagli inizi come consigliere e in seguito come presidente”. In chiusura, dal suo osservatorio privilegiato come vede l’evolversi della crisi che stiamo attraversando? “Stiamo, in effetti, affrontando una crisi difficile - conclude il vicepresidente -. Fare previsioni di questi tempi è esercizio complesso se non impossibile, tante e variegate sono le variabili in gioco. Da parte nostra, senza essere distratti da vaticini di dubbia efficacia preferiamo concentrarci sull’oggi, lavorando giorno per giorno affrontando problemi e difficoltà

con l’approccio contingente e pragmatico di sempre, tenendo sempre ben presenti le nostre dimensioni, il nostro mercato e uno sviluppo sano ed equilibrato”. l.b.n.

Una storia che continua Compiere un secolo non è cosa di tutti i giorni, non per una persona fisica e neanche per un’azienda: logico dunque celebrare la ricorrenza in maniera degna. Ed il Banco Desio, nato in Desio sotto le insegne di piccola Cassa rurale cooperativa e nel frattempo diventato solido gruppo finanziario privato presente nell’intero Centro-Nord del Paese, ha ritenuto di dover commemorare degnamente la ricorrenza, con tutta una serie di iniziative che si sono susseguite nell’arco di quest’anno che va ormai a concludersi. Di queste iniziative “La Banconota” ha dato puntuale riscontro negli ultimi numeri, caratterizzati in copertina nel suo numero di marzo dal logo del centenario, in quello di giugno dalla figura del Presidente del Banco, Agostino Gavazzi, ripreso durante il suo saluto a tutti i dipendenti riuniti, sabato 23 maggio, presso il Forum di Assago, nel numero di ottobre assumendo la mongolfiera come il simbolo della grande festa dedicata all’intera città di Desio ed in questo numero la bella facciata di villa Tittoni, luogo prescelto per i festeggiamenti con la clientela.

Altri contributi hanno consentito, attraverso una carrellata su fatti e personaggi di cento anni fa, di cogliere i cambiamenti che hanno profondamente segnato il secolo scorso, mentre la storia del Banco è stata ripercorsa con una serie di articoli degli autori del volume“Banco Desio 1909-2009 Il valore di una storia centenaria”, dal quale traiamo il capoverso con cui si chiude il libro e che vogliamo riproporre: “Ai 35 soci che il 4 agosto 1909 si costituirono «in Società Commerciale Cooperativa in nome collettivo denominata ‘Cassa Rurale di Desio’ avente per iscopo il miglioramento morale ed economico della borgata e particolarmente dei Soci, mediante atti commerciali, escluso qualunque fine politico, colla durata di novantanove anni», oggi il Banco e tutte le persone che in un arco di tempo così lungo – a diversi livelli di ruolo e responsabilità - hanno prestato intelligenza, competenza e passione, possono rispondere, con orgoglio, di aver risposto al mandato di quell’atto lontano e di esser pronti a rinnovarlo, ogni giorno, per i prossimi 99 anni”. La Banconota

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100 anni

Riunita tutta

la grande famiglia del Banco Desio

Il personale in attività e i dipendenti in quiescenza accomunati nella celebrazione del centenario della nascita della banca

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’anno del centenario, per il Banco Desio, è stata l’occasione per riunire in un grande momento di celebrazione sia tutti coloro che hanno dato in passato il loro contributo ai successi dell’istituto, sia chi oggi lavora per esso, e che insieme rappresentano la grande famiglia del Gruppo. 6

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Ai primi è stato riservato un pranzo nella giornata del 6 maggio scorso. Con Agostino Gavazzi, presidente dell’istituto, il fratello Luigi, consigliere, i vicepresidenti Stefano Lado e Guido Pozzoli, l’amministratore delegato Nereo Dacci e la direzione generale, hanno celebrato la ricorrenza più di duecento fra uomini e donne. L’incontro conviviale ha vissuto momenti di commuovente partecipazione, a testimonianza di quanto forte e profondo sia ancora l’attaccamento all’azienda di quanti l’hanno lasciata anche molti anni addietro.


100 anni

I maratoneti del centenario Lo scorso 11 ottobre le strade della città di Pavia hanno visto un folto gruppo di atleti (ben 4000 fra uomini e donne) affrontarsi in una manifestazione sportiva, suddivisa in competitiva e non competitiva ma comunque altamente impegnativa, la VII edizione della Corripavia Half Marathon. Organizzata da Atletica Cento Torri di Pavia e Associazione Corripavia, la manifestazione si è snodata lungo un percorso cittadino di circa 22 chilometri che è iniziato e terminato a fianco del Castello Sforzesco, e che è arrivato fino al Ponte Vecchio transitando anche di fronte alla sede della filiale locale del Banco, in via Robecchetto. La rappresentativa del Gruppo Banco Desio era costituita da una ventina di partecipanti, che si sono comportati onorevolmente. Ecco la classifica degli atleti del Gruppo:

• • •

1° 2° 3°

UOMINI: Simone UBERTI Massimiliano BOSCHI Paolo CAGNANI

• • •

a

1 2a 3a

DONNE: Mariangela SARTO Stefania MAZZONELLO Cristina MOLTRASIO

Ai dipendenti attuali del Gruppo è stata invece dedicata la giornata del 23 maggio. Punto di incontro, il “tempio” dello sport milanese come di altre manifestazioni, quel Pala Forum di Assago capace di accogliere i quasi tremila invitati mettendo a loro disposizione gli ampi spazi dove è stato allestito il grande percorso storico che ha ricostruito la vita del Banco, dal momento della sua nascita come Cassa Rurale nel lontano 1909 fino ai giorni nostri, e l’arena dove ha avuto luogo il concerto di Zucchero Fornaciari, particolarmente apprezzato ed applaudito. La Banco nota

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100 anni

Una villa del Piermarini per accogliere la clientela

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n Desio, il Banco ben difficilmente avrebbe potuto trovare un ambiente più consono di Villa Tittoni Traversi dove ricevere per una serata di gala una degna rappresentanza della sua clientela (400 gli invitati, a fronte dei 150.000 clienti del Gruppo). A ricevere gli ospiti, il sindaco di Desio Giampiero Mariani, che ha voluto recare il saluto della città, ed il presidente del Banco Agostino Gavazzi, che nel porgere il benvenuto agli ospiti ha ricordato i legami che avvincono, da sempre, la banca alla città brianzola.

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La bella residenza del Piermarini, fulgido esempio neoclassico dell’architettura padronale della Brianza, ha aperto le sue stanze per una mostra sulla storia del Banco e per la presentazione del volume celebrativo del centenario. Favorita dal clima estivo, la serata è proseguita nel parco dove, dopo la cena offerta ai convenuti, ha avuto luogo una esibizione al pianoforte del maestro Giovanni Allievi. Un suggestivo spettacolo pirotecnico ha chiuso degnamente la serata.


100 anni

Il restauro delle vetrate della cappella Il nucleo originario della villa Titttoni Traversi apparteneva ai marchesi Cusani. Questi affidarono nella seconda metà del Settecento all’architetto Piermarini il progetto di costruzione dell’edificio, che venne dotato in seguito di un parco - sempre su progetto del Piermarini e dell’agronomo Luigi Villoresi. La villa - nel frattempo come proprietaria era subentrata la famiglia Traversi - subì nella prima metà dell’Ottocento altri interventi e la costruzione nell’ambito del parco (allora più esteso dell’attuale e dotato di un laghetto di cui rimane un ricordo nella fontana) di una torre neogotica sulle rovine di un convento francescano, a sua volta edificato sui resti di un castello trecentesco visconteo. Tutti gli interventi furono affidati a Pelagio Pelagi (1775-1860), architetto di Corte di Carlo Alberto di Savoia. Nei primi anni del secolo scorso, la villa conobbe i suoi momenti più rappresentativi quando il proprietario subentrato ai Traversi, Tommaso Tittoni, senatore e ministro degli Esteri (1903) del governo Giolitti, la utilizzò come sede di rappresentanza per accogliere delegazioni straniere. Quest’anno la villa, che ora è di proprietà del comune di Desio, ha potuto contare sull’aiuto del Banco Desio per un intervento di recupero conservativo delle suggestive vetrate della cappella curato dalla Vetreria Artistica Besana di Lissone. Le vetrate, composte da mosaici policromi di vetri soffiati colorati, sono state oggetto di un sapiente intervento di ripristino e restauro che ha consentito di riportarle all’antico splendore.

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100 anni

Due giorni

di manifestazioni dedicate a Desio

Tutti i concittadini coinvolti nella grande festa che ha visto aperte le porte dell’istituto a chi voleva partecipare alla celebrazione del suo centenario

di Alessandra Monguzzi

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uale altra degna conclusione avrebbero potuto avere le celebrazioni del centenario, se non coinvolgendo tutta la cittadinanza desiana nella ricorrenza? Ecco perché l’istituto ha messo in calendario per le

giornate di sabato 17 e domenica 18 ottobre tutta una serie di manifestazioni dedicate ai concittadini. Nel pomeriggio del sabato si sono dunque aperte le porte della sede dell’istituto, dove era stato allestito il percorso storico che raccontava la nascita e lo sviluppo del Banco, legandoli agli avvenimenti più significativi degli ultimi 100 anni di storia italiana ed internazionale in chiave economica, politica e sociale. Il giorno dopo è stato inaugurato uno spazio dedicato ai cittadini più piccoli, che in


100 anni

Un anno di sport Quello del Centenario non poteva non essere anche un anno di sport, per il Banco Desio. Dopo aver detto nelle pagine precedenti della mezza maratona di Pavia, occorre dare conto del 7° Torneo interaziendale di calcio, cui il 19 e 20 settembre hanno partecipato 5 squadre in rappresentanza di altrettante realtà del Gruppo. La partita finale si è disputata sul campo del Quantavillage di Milano ed ha visto affrontarsi per il titolo di campione le squadre “Parco Nord” e “Desio Toscana”. Si è imposta per 7-2 la prima formazione, che rappresentava l’area di Milano e della Brianza. Nella foto, la squadra vincitrice esulta innalzando la coppa destinata ai primi classificati. Per il mondo del basket, invece, tra venerdì 18 e sabato 19 settembre si è tenuto il Trofeo Banco Desio, un quadrangolare cui hanno partecipato Armani Jean Milano, Cimberio Varese, Vanoli Cremona e NGC Medical Cantù. Il torneo ha sicuramente riportato alla memoria degli appassionati i begli anni in cui lo scudetto del basket non usciva mai dal triangolo delimitato da Milano Varese e Cantù: altri tempi, ma il tifo, almeno quello, è rimasto lo stesso. Si è imposta la squadra del NGC Cantù, che nella finale ha superato gli avversari del Vanoli Cremona per 92-82.

una serie di stand hanno potuto apprendere diverse maniere di divertirsi, truccandosi, travestendosi, realizzando giochi differenti. Nel primo pomeriggio, la salita in mongolfiera per i più coraggiosi. Poi, tutti al Pala Desio, per il grande spettacolo di Giorgio Panariello, prima, e, al termine, al punto di ristoro del Gruppo Alpini di Desio, in attesa dei fuochi artificiali. Tanti i partecipanti, che hanno voluto accogliere l’invito del Banco a partecipare alla sua festa. La Banco nota

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Storia

Per il Banco Desio significativi gli anni ‘80

L’istituto che si apprestava ad affrontare il nuovo decennio era una realtà che aveva retto bene i difficili momenti precedenti e che già guardava alle nuove condizioni operative imposte a tutto il settore del credito

L di Riccardo Battistel

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a prima metà degli anni Settanta si connotò come un periodo tormentato e difficile della storia del nostro Paese. Sul fronte politico, il susseguirsi di governi (ben sette nei primi cinque anni) che dovettero confrontarsi con crisi e difficoltà di varia natura ed ampiezza: dall’epidemia di colera dell’estate del 1973 a Napoli, in Campania e in Puglia, debellata solo a fine ottobre successivo, all’improvviso e vertiginoso aumento della quotazione del greggio, dai gravi disordini di Reggio Calabria del luglio 1970 protrattisi sino

al settembre all’uccisione a Milano nel maggio del 1972 del commissario Calabresi ed all’attentato dinamitardo di piazza della Loggia a Brescia. Le cronache nazionali di quegli anni parlano di un escalation di violenza che culminava nell’agosto del 1974 con la strage del treno Italicus (12 morti e 48 feriti). Anche il quadro economico presentava caratteristiche di grande turbolenza: inflazione e crisi occupazionale (i disoccupati nell’ottobre ’74 sono ottocentomila, la Fiat mette in cassa integrazione 65.000 dipendenti riducendo l’orario di lavoro a 24 ore settimanali). Per il Banco quegli anni si caratterizzarono per il profondo ricambio generazionale che investì dapprima il Consiglio ed in seguito la direzione. Nella seduta del 22 maggio 1969 il presidente Pietro Gavazzi comunicò che era opportuna la nomina di un vicepresidente che potesse sostituirlo in caso di assenza o di impedimento. Venne nominato Ignazio Lado. Nato a Milano nel 1923, figlio di Luigi Lado Manca, Ignazio faceva parte del Consiglio dal 1947.


Storia Nel 1970 venne nominato consigliere Marco Gavazzi, figlio di Franco Gavazzi e nipote del senatore Giuseppe Gavazzi. Un ricambio vi fu anche nel collegio sindacale, dove il 23 ottobre 1973 venne nominato un nuovo sindaco: il ragioniere Guido Pozzoli “valente collaboratore nello studio professionale del compianto rag. Viganò”. Nella seduta di Consiglio del 23 febbraio 1976 il presidente diede lettura della lettera con la quale Veneziani comunicava l’irrevocabile decisione di lasciare la direzione generale. Assunto nel 1953 come vicedirettore, Veneziani era diventato direttore nel 1961. In quell’anno, il Banco svolgeva la sua attività in otto comuni della Brianza, i depositi ammontavano a 13 miliardi, i dipendenti erano 93. Nel 1976 l’azienda disponeva di 26 dipendenze, un patrimonio di oltre 3,3 miliardi, masse fiduciarie per oltre 200 miliardi e impiegava 345 dipendenti. Anche Danesin intervenne, indirizzando al suo ex collaboratore diretto “un accorato ed affettuoso saluto nel ricordo del lungo periodo passato insieme”. Il 1° marzo Francesco Moro - già vicedirettore generale - assunse la direzione generale del Banco. Ma l’era Veneziani non era ancora giunta a conclusione: dopo poco meno di due anni il direttore generale rassegnò le dimissioni e Veneziani tornò prepotentemente alla ribalta. Venne nominato vicepresidente delegato con i poteri del direttore generale. Riassunto a tutti gli effetti il governo della banca e richiamati in servizio suoi diretti collaboratori (Calenzani, Como, Morganti e Masperi), Veneziani declinò un preciso piano di interventi volti alla riduzione delle spese, al congelamento delle assunzioni, alla revisione dei criteri di erogazione del credito, allo snellimento delle procedure e alla revisione dell’organigramma. Il 14 aprile 1978 Pietro Gavazzi lasciò dopo diciannove anni la presidenza del Banco. Al suo posto venne nominato Pietro de Mojana di Cologna , che venne sostituito alla presidenza del collegio sindacale da Alessandro Marelli. Prima dell’estate giunse un notizia da tempo attesa:l’autorizzazione della Banca d’Italia per la trasformazione dell’ufficio di rappresentanza di Milano in filiale operativa. In aggiunta veniva individuata un interessante opportunità per i locali in affitto di via della Posta 8/10, di fronte

a palazzo Mezzanotte. Per Veneziani l’apertura operativa sulla piazza milanese costituiva, oltre che il coronamento di un progetto personale a lungo perseguito, un importante polmone di espansione per l’attività del Banco. E ne precisò la struttura e gli obiettivi in una seduta del Consiglio: la filiale doveva essere operativamente indipendente, soggetta alla sola direzione generale, ed in prospettiva si doveva appoggiare a Milano gran parte del servizio estero e titoli, sottraendoli alla sede desiana. La sua visione sul ruolo strategico di Milano però non trovò d’accordo, per la prima volta, il Consiglio. Questo ritenne infatti prematura l’impostazione proposta, lasciando di fatto la filiale di Milano nello stato in cui si trovava e considerandola come la ventiseiesima filiale del Banco. Veneziani insistette, segnalando che si stava“perdendo tempo preziosissimo mentre la

Mario Veneziani, Direttore Generale del Banco dal 1961 al 1976

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Storia

Interni della filiale di corso Milano a Monza

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concorrenza sta aprendo a Milano con obiettivi elevati”. L’apertura avvenne il 4 dicembre 1978 e per espressa volontà del Consiglio non fu celebrata in forma solenne “ma soltanto tramite comunicazione sulla stampa finanziaria”. Il Banco che si apprestava ad affrontare gli anni Ottanta era una realtà che aveva retto bene il difficile decennio precedente, migliorando la propria quota di mercato nella tradizionale zona di influenza e perpetuando la propria immagine di banca attenta al frazionamento del rischio ed alla diversificazione degli impieghi, orientata alla piccola e media azienda ed alle famiglie. In questa direzione andarono anche gli sforzi per aprirsi all’esterno. Per esempio, nel marzo 1980 il Banco partecipò alla costituzione del Gruppo BANKNORD, un raggruppamento di istituti di dimensioni ed operatività simili, il cui scopo era quello di realizzare iniziative e progetti comuni . Veneziani fu il primo presidente del gruppo, affiancato alla vicepresidenza da Maurizio Sella della biellese Banca Sella.

L’iniziativa venne premiata nel marzo 1984 con l’autorizzazione della Banca d’Italia ad aprire un ufficio di rappresentanza del gruppo a Monaco di Baviera, sorto per agevolare contatti ed attività sull’estero della clientela, in costante aumento in quegli anni. Sempre sul fronte internazionale, insieme alla Banca Sella, al Credito Emiliano e a cinque banche estere di area MEC, il Banco diede vita ad una associazione di banche europee, il Groupement Europeen de Banques (GEB), che fu costituito a Parigi il 21 gennaio 1981. La Banca d’Italia in quegli anni continuò ad esercitare con estremo rigore il suo potere rispetto ai nuovi insediamenti bancari e alla struttura complessiva della rete distributiva del sistema. Il Banco nell’aprile 1980 inoltrò richieste per l’apertura di filiali ad Agrate Brianza, Arcore, Origgio e Cantù, ma con una lettera del maggio successivo la vigilanza comunicò di non averle prese in considerazione. Ebbe maggior fortuna il tentativo compiuto l’anno seguente, ottenendo l’autorizzazione di apertura su due piazze delle sette richieste: Misinto ed Origgio. Venne ripreso anche il progetto - non più procrastinabile- di dotarsi di una nuova sede. Quella attuale di piazza Conciliazione accoglieva 131 persone suddivise in 14 uffici. Tra questi, ad assorbire maggiori quote di risorse erano, oltre alla direzione (10 persone), l’estero (32), i titoli (11) i fidi (12) e l’ufficio commessi (17). Presso il centro elaborazione dati, il centro stampa, l’ufficio portafoglio e “rimesse viaggianti” lavoravano altre 68 persone. Dopo un incontro con l’amministrazione comunale di Desio vennero esaminate varie possibilità, e tra queste un area un po’ decentrata ma molto ampia nei pressi di via Milano. Pietro Gavazzi nel consiglio del 21 gennaio 1980 intervenne sul progetto - cui teneva in modo particolare - non escludendo che sull’area oltre alla banca potessero essere realizzati anche servizi alla cittadinanza. Gavazzi chiese “un progetto di lungo termine, per la banca di oggi e di domani (…) semplice ma dignitoso”, e concluse: “si tratta di sistemare il Banco per i prossimi 30 anni”. Veneziani espresse molte perplessità in merito alla scelta dell’area, troppo decentrata rispetto alla sede esistente nella piazza principale di Desio, ma venne messo ancora in minoranza.


Storia È sempre negli anni Ottanta che il Banco allargò decisamente l’offerta di prodotti alla clientela sia sul fronte della raccolta che degli impieghi. In questa prospettiva il Banco creò a partire dalla prima metà degli anni Ottanta due società operanti nel campo del leasing e del factoring. Dapprima venne costituita Desio e Brianza Leasing Spa con un capitale iniziale di due miliardi. Anche per il Banco - come per altre aziende di credito del periodo - si prospettò da subito l’opportunità di entrare nel nuovo settore insieme ad altre realtà, condividendo il rischio dell’iniziativa. Ma la scelta del Consiglio di allora fu di detenere il controllo totale della società. Due anni dopo, nel 1984, venne costituita Desio e Brianza Factoring Spa, anch’essa con un capitale sociale di 2 miliardi e con sede legale a Milano in via della Posta 8/10. Alla disintermediazione creditizia si fece fronte invece sul versante del passivo e della raccolta con un serie di iniziative realizzate con il concorso di altre realtà imprenditoriali. Il Gruppo Banknord diede vita ad una fiduciaria (Fiduciaria Banknord), mentre due anni dopo, a capofila di un gruppo di operatori economici brianzoli, il Banco promosse la nascita di Tecnovalori Spa. La società - di cui il Banco diventò banca depositaria - costituì un fondo bilanciato denominato “Corona Ferrea” distribuito dagli stessi sportelli del Banco. Sempre con Banknord il Banco era già impegnato nel collocamento delle quote del fondo “Nordfondo”. La banca iniziò a perseguire in quegli anni politiche più strutturate di comunicazione e marketing. Vennero impostati piani più organici di partecipazione a fiere ed esposizioni (furono una diecina nel 1983) specializzate nei settori tradizionali ed in particolare in quelli del mobile e dell’arredamento. Fu progettata la realizzazione di una pubblicazione periodica indirizzata a tutti gli operatori della zona di competenza, clienti e non. Direttore responsabile ne fu l’onnipresente Veneziani, cui successe negli anni successivi Luigi Gavazzi. Nell’aprile del 1982 uscì il primo numero di “Brianza Economica”, rivista del Banco destinata a diventare vent’anni dopo “La Banconota”. All’allargamento delle società controllate dal Banco concorse infine Informatica Brianza Spa. Nata con un capitale iniziale di 500 milioni la

società si propose come società di servizi informatici e di elaborazione dati per conto del Banco e per altre società. In Informatica Brianza vennero fatto confluire il Centro elaborazione dati del Banco, verso il quale l’azienda aveva destinato negli anni cospicui investimenti per dotarlo di notevoli risorse hardware e software. La prima metà degli anni Ottanta vide anche il cambiamento degli assetti del Consiglio, a causa della scomparsa del presidente De Mojana e di Pietro Gavazzi. Ignazio Lado assunse la presidenza, con Mario Veneziani e Marco Gavazzi vicepresidenti. Nel consiglio entrò Agostino Gavazzi, cooptato in sostituzione del padre Pietro.

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Storia

Nella foto grande, i lavori per la costruzione della nuova sede

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A metà degli anni Ottanta si ebbe anche il cambio al vertice della direzione, dove al posto di Colombo salì il vicedirettore generale Sommazzi. Gli inter venti organizzativi importanti di quegli anni mirarono a dotare la banca di una strumentazione meglio strutturata in termini di controllo di gestione, di budgeting e report gestionali e di gestione del personale (che aveva sorpassato le 500 unità). Sulla rete, oltre all’implementazione di un sistema di obiettivi per meglio correlare il sistema premiante ai risultati raggiunti, fu abbandonato il modello accentrato caro a Veneziani e si riarticolò la struttura di governo delle filiali suddividendole in otto aree, con a capo responsabili decentrati.

Il 26 maggio 1986, nell’ambito delle iniziative di comunicazione e di marketing promosse in particolare modo in quegli anni dal vicepresidente Marco Gavazzi, il Consiglio esaminò le proposte del nuovo marchio realizzate dal noto designer olandese Bob Noorda. Al termine della presentazione Mario Veneziani si disse contrario all’iniziativa; ne scaturì una vivace discussione, in cui vennero avanzati dubbi sull’efficacia di un nuovo marchio in ambiente bancario, tanto diverso da quello industriale dove logiche di brand e marca si erano affermate da anni. Al termine del confronto, che registrò momenti particolarmente accesi, fu approvato “il marchio a forma di “D” a strisce trasversali salienti bianche e rosse ed il logo in caratteri “Bodoni”, costituito dalle parole “Banco Desio”. L’ unico voto contrario fu quello di Mario Veneziani, che a breve avrebbe lasciato definitivamente il Banco. Sempre prima dell’estate 1986 un altro avvenimento segnò indelebilmente una tappa importante nella storia della banca: dal settembre successivo , secondo un piano prestabilito tutti gli uffici avrebbero traslocato nel nuovo immobile di via Rovagnati. Il complesso che insiste su un area di 20.700 metri quadri complessivi constava di tre edi-


Storia fici per un volume totale di 49.000 metri cubi. Il progetto architettonico - che segnava, per le scelte progettuali, le linee architettoniche ed i materiali utilizzati, in modo forte ed innovativo il contesto circostante - fu realizzato dall’arch. Angelo Giudici di Meda in collaborazione con l’arch. Diego Milaudi di Milano, mentre i lavori vennero eseguiti dall’impresa Mauri di Desio. Nella seconda metà degli anni Ottanta l’economia italiana visse un periodo assai positivo: la lira resse bene il confronto con le altre valute e nel 1987 l’inflazione scese, per la prima volta dagli inizi degli anni Settanta, sotto il 5%. Nel sistema bancario il periodo si caratterizzò per il costante e progressivo processo di disintermediazione e per l’ampliamento delle scelte di investimento messe a disposizione dei risparmiatori. Questi videro nella Borsa il luogo dove far affluire quote sempre più rilevanti di risparmio a scapito di BOT e CCT. Anche il Banco registrò un deciso incremento del volume di affari nel comparto dei titoli azionari, che quintuplicò - nel 1987 rispetto al 1985. Sempre più difficile realizzare la raccolta, contesa tra concorrenti istituzionali e nuovi interlocutori, con una trasformazione ormai evidente del passivo bancario che vedeva i depositi a risparmio cedere vistosamente il passo. Nel 1987 il Banco propose alla clientela un nuovo prodotto: i certificati di deposito “DesioBond”, registrando subito un notevole successo: lanciati ad ottobre in due mesi raccolsero 32,9 miliardi. La gamma dell’offerta fu ampliata nel 1989 con i ”DesioBond Prime” e i “DesioBond Vip”, il cui taglio minimo era rispettivamente di 250 milioni e di un miliardo. Sempre in quel periodo venne rilanciato il “Conto Lei” e lanciato il nuovo “Conto Domani”, con caratteristiche di tassi, condizioni ed offerte di servizi pensate in funzione di specifiche categorie di clientela (anziani, giovani, donne, professionisti, ecc.), nel solco di una tendenza sempre più diffusa e rivolta a offrire soluzioni di prodotti e servizi per macrosegmenti di clientela. Fu avviata anche l’offerta di credito al consumo (“DesioCredit”) e di mutui. Si avvertì quindi la necessità di articolare l’offerta di prodotti e servizi secondo criteri di comunicazione e di marketing maggiormente

strutturati, e venne creato un ufficio marketing, fortemente sostenuto dal vicepresidente Marco Gavazzi. Nel 1988 la Banca d’ Italia finalmente liberalizzò i trasferimenti di filiale tramite la regola del silenzio assenso. Il direttore generale propose allora di trasferire gli sportelli di Turate e Veduggio su altre piazze: Busto Arsizio, Va-

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Storia

Il Banco cominciò ad impostare nella prima metà degli anni Ottanta politiche più strutturate di comunicazione e di marketing

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rese, Lecco e Bergamo oppure, in subordine, cittadine insediate nelle immediate vicinanze di questi centri. La sua proposta per aperture in centri di dimensioni maggiori era rivolta ad allargare una rete ritenuta troppo ristretta e riposava sulla convinzione che “la progressiva riduzione degli spread potrà essere compensata in futuro soprattutto dalla crescita delle masse intermediate, da qui la scelta di orientarsi verso piazze con un potenziale economico superiore, anche se caratterizzate da maggiore concorrenza”. Il dibattito che ne scaturì mise in evidenza il contrasto tra due visioni di sviluppo del Banco: una orientata ad uscire dalla tradizionale zona di influenza, affrontando i rischi di apertura in piazze dove il Banco era meno conosciuto

e la concorrenza era maggiore; l’altra intesa invece a privilegiare uno sviluppo orientato soprattutto verso piazze più piccole e a tenersi lontani dalle realtà di maggiori dimensioni. Questo orientamento ad allargare a nuovi contesti la presenza del Banco trovò una ulteriore facilitazione anche in nuove disposizioni di vigilanza che consentirono anche la liberalizzazione di insediamento di uffici di rappresentanza. Anche il Banco quindi si affrettò, agli inizi di maggio 1989, a inoltrare le richieste per le piazze di Como, Varese, Novara e Bergamo, privilegiando nella richiesta le prime due piazze (che - nel 1992 - vedranno infatti l’apertura di due uffici di rappresentanza). Nelle sue considerazioni finali del 31 maggio 1989 il governatore della Banca d’Italia scriveva: “Il passo ulteriore da compiere è quello della liberalizzazione sostanziale per l’apertura di nuove dipendenze. La Banca d’Italia presenterà al Comitato per il Credito una procedura basata sul silenzio assenso. Il nuovo assetto implicherà un diverso modo di essere presenti sul territorio. Le dipendenze bancarie dovranno divenire in generale più snelle, operare sempre più o di contatto con la clientela e di vendita di servizi che come luogo di produzione; quest’ultima potrà essere relativamente accentrata, così da contenere i costi fissi e consentire l’impiego più efficiente del personale e della tecnologia”. Nella primavera successiva Bankitalia emise il provvedimento attuativo. Anche per l’apertura di nuovi sportelli sarebbe valsa la regola del silenzio assenso, la vigilanza sarebbe intervenuta solo se avesse considerato la banca non idonea - dal punto di vista della situazione aziendale - ad ampliare la sua rete distributiva. Si chiudeva così un fase storica caratterizzata dalla massima discrezionalità della vigilanza nella valutazione del mercato ad una nella quale l’intervento sarebbe stato circoscritto ad una analisi di requisiti patrimoniali, reddituali e di ordinato funzionamento dell’azienda richiedente. Nel luglio 1989, al Banco si aprì la discussione sull’opportunità di aprire una decina di minisportelli (definiti inizialmente “agenzie satelliti”ed in seguito “sportelli speciali”); seguendo un orientamento teso a privilegiare


Storia in accomandita per azioni che con il 53% delle azioni del Banco assunse il controllo di tutto il Gruppo. Nei primi anni Novanta il Banco si impegnò in un ulteriore fase di profonda trasformazione, causata sia da importanti novità legislative (che delineavano per le aziende di credito nuovi scenari strategici e operativi) sia da un ricambio ai vertici dell’amministrazione e della direzione della società. Nel 1992, infatti - sempre sotto la presidenza di Ignazio Lado - Agostino Gavazzi subentrò a Marco Gavazzi alla vicepresidenza del Banco, mentre l’anno successivo Nereo Dacci diventò direttore generale e Stefano Lado, figlio di Ignazio, venne cooptato nel Consiglio di amministrazione.

Ignazio Lado, Presidente del Banco dal 1982 al 2002

unità periferiche di dimensioni più contenute in grado di sfruttare appieno una tecnologia di servizio in fase di forte espansione. Si definirono le caratteristiche dei nuovi sportelli: ubicazione in locali in affitto, superficie di circa 100 mq, prossimità a una filiale “madre”; organico ridotto a tre persone (contro le 7/8 di uno sportello medio); clientela prevalentemente privata (famiglie); proposta di prodotti coerenti al segmento di clientela servito Con tale impostazione vennero aperti nel 1991 un secondo sportello a Desio ed uno a Monza, a Cologno Monzese, Castellanza, Limido e Sesto San Giovanni. Con l’apertura nello stesso anno dello sportello di Saronno - dopo Rho aperta come filiale nell’ottobre ’90 - si completò questa fase espansiva della rete. Le dimensioni raggiunte e le maggiori complessità gestionali imposero anche un irrobustimento patrimoniale che si concretizzò nell’aumento di capitale da 10 a 50 miliardi. Sempre in quel periodo, le famiglie Gavazzi e Lado costituirono Brianza Unione, una società La Banco nota

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Anniversari

100 anni fa... Continuiamo la carrellata di alcuni dei personaggi che hanno visto la luce nel 1909

di Enrico Casale

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IL 5 FEBBRAIO… … a Certaldo, nasce Ernesto Calindri, l’attore che, per chi ha oggi tra i quaranta e i cinquant’anni, rimane l’uomo della pubblicità del Cynar. In realtà Ernesto Calindri è stato uno dei migliori attori italiani dell’ultimo secolo, uno dei protagonisti sia della scena teatrale sia del cinema. Figlio d’arte (i genitori erano attori), trova il successo nell’estate del 1937,

quando viene chiamato da Renato Simoni a Venezia per sostenere la parte di Florindo ne «Il bugiardo» di Carlo Goldoni. Da quel momento inizia la sua brillante carriera, accanto a nomi importanti come quelli di Sergio Tofano, Luigi Cimara, Antonio Gandusio, Emma Gramatica, Laura Adani e Evi Maltagliati. Nel 1939 sposa l’attrice Roberta Mari. Nel dopoguerra fa compagnia teatrale insieme a Laura Adani, Tino Carraro e al giovane Vittorio Gassman. Nel 1950 crea la sua prima compagnia che comprende, fra gli altri, anche Lia Zoppelli, Valeria Valeri, Lauretta Masiero, Franco Volpi e Alberto Lionello. La televisione consente a Ernesto Calindri di raggiungere il grande pubblico, che si affeziona presto al suo personaggio. Vi esordisce nel 1958 apparendo in «La spada di Damocle», e si mette inoltre in luce come presentatore nel programma di intrattenimento «Il signore delle 21», del1962. Come a molti valenti attori prima di lui, gli viene proposto di interpretare brevi filmati pubblicitari. Dapprima fu la volta della China Martini, in seguito nel 1966 inizia la serie di filmati pubblicitari per Cynar. L’avanzare dell’età non sembra intaccare minimamente l’energia e la brillantezza di Calindri che, a ottant’anni suonati, sorprende tutti interpretando in teatro la commedia musicale «Gigi» di Colette, dove si esibisce addirittura come cantante e ballerino. Si spegne nel sonno a Milano la sera del 9 giugno 1999. IL 22 GENNAIO… ... nasce Porfirio Rubirosa, diplomatico e pilota automobilistico dominicano e giocatore di polo. Rubirosa passa alla storia come uno dei più celebri playboy del XX secolo, morto a soli cinquantasei anni in un incidente d’auto a Parigi. Sposato più volte, delle mogli ricordiamo l’attrice cinematografica francese Danielle Darrieux, Flor de Oro Trujillo, figlia del dittatore dominicano Rafael Leónidas Trujillo Molina, che gli assegnò un incarico diplomatico a Berlino, Doris Duke, giornalista e milionaria, la miliardaria Barbara Hutton e Odile Rodin, attrice francese diciannovenne. A Rubirosa sono state attribuite numerose relazioni sentimentali con importanti nomi


Anniversari diretto da Giuseppe Di Vittorio (che poi fondò la Cgil), ma si avvicinò anche ad ambienti marxisti eterodossi e strinse amicizia con Aldo Garosci e Franco Venturi, militanti di Giustizia e Libertà. Nel 1939 ruppe con il Pcd’I dopo il patto Molotov-Ribbentrop e fu internato nel campo di concentramento di Vernet d’Ariège allo scoppio della Seconda guerra mondiale. In prigionia conobbe un altro ex comunista, Arthur Koestler, che divenne suo amico e gli dedicò un bel ritratto nel suo libro «La schiuma della terra». Nel 1940, dopo l’invasione tedesca della Francia, Valiani riuscì a evadere e rifugiarsi in Messico. Rientrato in Italia nel 1943, divenne esponente del Partito d’Azione nel Comitato di liberazione nazionale alta Italia, organizzando, insieme a Pertini e ad altri esponenti della resistenza antifascista, l’insurrezione dell’aprile 1945. Dopo la guerra fu deputato nell’Assemblea costituente e quando il Partito

Nella foto di apertura Ernesto Calindri, di fianco Porfirio Rubirosa

Leo Valiani

del mondo dello spettacolo e del jet-set. Ricordiamo fra le tante Dolores del Río, Marilyn Monroe, Ava Gardner, Rita Hayworth, Soraya Esfandiary, Veronica Lake, Kim Novak, Eva Peron e Zsa Zsa Gabor. Morì come detto in un incidente d’auto, schiantandosi con la sua auto contro un albero del Bois de Boulogne Dopo una notte di baldorie in seguito alla vittoria nella coppa di Francia di polo. IL 9 FEBBRAIO… …nasce a Fiume, sotto l’impero austroungarico, Leo Valiani, giornalista, ma anche partigiano e politico tra i più lucidi e illuminati del Dopoguerra. All’anagrafe si chiamava Leo Weiczen e il suo nome fu italianizzato in Valiani nel 1927. Oppositore del fascismo sin da ragazzo, fu mandato al confino (1928) nell’isola di Ponza, dove aderì giovanissimo al Partito comunista d’Italia (Pcd’I). Successivamente (1931) fu condannato a cinque anni di carcere per la sua attività cospiratoria nelle file del Pcd’I. Fuggito in Francia, collaborò al settimanale del partito «Il Grido del Popolo» e al quotidiano filocomunista «La Voce degli Italiani», La Banco nota

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Anniversari cessi con la sua Big Band ed è ritenuto il più importante protagonista dello swing. Nato da poveri immigrati ebrei, a 10 anni cominciò a studiare il clarinetto, e a 12 suonava già nell’orchestra del teatro. Il suo modo di suonare il jazz deriva dai grandi solisti delle band degli anni 1921 tra cui il Creole Jazz Band di King Oliver e i più noti rappresentanti del Chicago Jazz come Johnny Dodds, Barney Bigard o Don Redman. Goodman entrò in una delle band principali di Chicago, l’orchestra di Ben Pollack, nel 1932, per suonare poi con band di livello nazionale: quelle di Red Nichols, Isham Jones e Ted Lewis. Nel 1934 Goodman fondò la Big Band che unì per la prima volta musicisti bianchi e di colore. Nel 1938 Goodman diede il suo famoso concerto jazz nella Carnegie Hall di New York City che era riservata fino allora solo alla musica classica. Fra gli anni Trenta e Quaranta fu lui il più importante esponente della musica jazz fra i bianchi, legando il suo nome non solo a composizioni rimaste nella storia («Stompin’ at the Savoy» o «Air Mail Special») ma anche a personaggi musicali che in seguito divennero di vero spicco (Ella Fitzgerald e Peggy Lee). Oltre alla sua Big Band fondò anche il Benny Goodman Quartett che unì i grandi del jazz: Teddy Wilson, Gene Krupa e Lionel Hampton e in seguito un sestetto. Goodman è morto a New York nel 1986.

Benny Goodman

d’Azione si sciolse, si ritirò dalla politica attiva e divenne giornalista. Aderì successivamente (1956-1962) al Partito radicale e, negli anni Ottanta, al Partito repubblicano italiano (come indipendente). Tornato al giornalismo, collaborò con «Il Mondo», «L’espresso» ed il «Corriere della Sera». Nel 1980, l’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, lo ha nominato senatore a vita. Valiani è morto nel 1999. IL 30 MAGGIO… …a Chicago, nasce Benjamin David «Benny» Goodman, clarinettista, compositore e direttore d’orchestra statunitense, che specialmente negli anni Trenta ebbe grandi suc-

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IL 18 MAGGIO… … a Stockport nel Cheshire, in Inghilterra, nasce Frederick John Perry , il cui nome è legato sia alle sue imprese sportive nel mondo del tennis e del ping-pong, sia al marchio di abbigliamento, caratterizzato da una coroncina d’alloro, che porta il suo nome. Nel mondo del tennis, viene ricordato per i suoi tre successi nel torneo di Wimbledon, in quello del ping-pon per aver vinto il campionato del mondo del 1929, disputatosi a Budapest. Quanto alla linea di abbigliamento che reca il suo nome, per decenni è stata considerata fra i marchi migliori del settore dell’abbigliamento sportivo, rivaleggiando con quella creata dal suo amico-avversario Renè Lacoste, caratterizzata da un piccolo coccodrillo.


Anniversari

IL 5 NOVEMBRE… …nasce a Somma Lombardo Angelo Moratti, industriale, petroliere ma, soprattutto, grande dirigente sportivo che ha regalato all’Inter i titoli più prestigiosi. Cavaliere del Lavoro, laurea honoris causa in Economia, ha fondato la Saras, un gruppo industriale italiano attivo nella raffinazione del petrolio e nell’energia, attualmente controllato dagli eredi Gianmarco e Massimo (che ha raccolto anche il testimone sportivo del padre diventando negli anni Novanta presidente nerazzurro). Incominciò a lavorare a 16 anni, esercitando vari mestieri. Da rappresentante di combustibili diventa egli stesso produttore, dopo l’acquisto di una torbiera. Nel 1932 fondò a Roma la Petrocargom, una società di commercio di oli combustibili e raffinati dall’innovativo sistema di stoccaggio dei prodotti. La mentalità imprenditoriale intuitiva e aperta lo ha portato successivamente a soluzioni brillanti di fronte a scenari in evoluzione. Nel 1939 fonda la Società minerali del Trasimeno. Attraverso questa società acquista e riapre una miniera di lignite a Pietrafitta nei pressi del lago Trasimeno e realizza una centrale elettrica che darà luce alla capitale. Terminata la seconda guerra mondiale è stato il primo imprenditore a realizzare un grande insediamento industriale in Sicilia. Dopo aver acquistato una vecchia raffineria in Texas, ne trasporta via oceano gli impianti

e fonda nel 1948 ad Augusta (Sr), la Rasiom. Fonda poi una società per il trasporto petrolifero marittimo, la Prora, le cui principali navi porteranno i nomi delle tre figlie. Nel 1962 a Sarroch nei pressi di Cagliari apre la sua ultima grande realizzazione: la Saras, raffinerie sarde, la più grande raffineria petrolifera del Mediterraneo. In seguito arriverà l’acquisto della Società petrolifera italiana con raffinerie a Livorno e alla Spezia. Moratti è però noto soprattutto per essere stato dal maggio 1955 il presidente dell’Inter, che rileva da Carlo Masseroni e di cui rimane proprietario fino al maggio 1968, quando lascia la presidenza a Ivanoe Fraizzoli. La sua fu la Grande Inter. I primi anni furono avari di soddisfazioni, nonostante gli ingenti sforzi economici e squadre dall’alto tasso di spettacolarità. Con l’arrivo di Helenio Herrera e di un giovane, ma già competente dirigente come Italo Allodi, e applicando le regole ferree delle altre sue aziende, cominciò a vincere e non si fermò più. Con lui l’Inter ha vinto tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe intercontinentali, segnando un periodo glorioso per il club che finora non ha più eguagliato il record. Angelo Moratti è morto nel 1981.

Fred Perry

Angelo Moratti con Helenio Herrera

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Finanza e Investimenti

La nuova normalità post crisi economica

In un contesto in cui le risorse umane e materiali continueranno a restare abbondanti, è difficile immaginare un ritorno delle spinte inflative in tempi relativamente brevi

C a cura dell’Ufficio Gestione Patrimoni Mobiliari del Banco Desio analisi al 1/12/2009

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he ne è rimasto della grande crisi economica e finanziaria del ventunesimo secolo? Poco, a giudicare dalle notizie che ci vengono proposte dai mass media e dall’andamento dei mercati azionari negli ultimi nove mesi. Moltissimo, guardando ai milioni di lavoratori che nell’ultimo anno hanno perso il posto in tutto il mondo, agli impianti chiusi ed alla produzione delle aziende calata del 20%30% rispetto all’era pre-Lehman. E che cosa ne è stato della finanza sregolata, delle grandi banche d’affari ultra indebitate, dei derivati, dei titoli tossici e dei super-bonus, ma soprattutto degli intenti riformatori dei principali governi mondiali? Negli ultimi mesi l’economia globale ha iniziato a stabilizzarsi

e il timore di un collasso totale del sistema finanziario è venuto meno, grazie agli interventi concertati di governi e banche centrali. I primi si sono indebitati a dismisura per sostenere l’economia e per salvare le istituzioni finanziarie in crisi. Le banche centrali hanno portato a zero i tassi ufficiali, hanno prestato denaro alle banche sostituendosi al mercato interbancario ed hanno comprato i titoli di stato emessi dai governi ed i titoli cartolarizzati che gli investitori non volevano più. Gli investitori hanno così ritrovato l’appetito per il rischio ed hanno ricominciato a comprare obbligazioni societarie ed azioni. Insomma, se fino a marzo si era instaurato un circolo vizioso, da aprile ne è iniziato uno “virtuoso”,


Finanza e Investimenti come prima. Il problema delle istituzioni finanziarie“troppo grandi per fallire”resta irrisolto ed in alcuni casi è anche cresciuto: molti fallimenti sono stati evitati solo grazie ad acquisizioni fatte in extremis dai concorrenti più forti. Le politiche di pagamento dei bonus ai dirigenti e trader non sono cambiate. Anche per alcune banche e assicurazioni nazionalizzate, i dirigenti si sono affrettati appena possibile a emettere nuove azioni al fine di sganciarsi dall’ingombrante azionista statale, che non gli consentiva di pagare i tanto agognati premi. Negli Stati Uniti la lobby delle grandi banche d’affari si sta dimostrando troppo potente, altrimenti non si spiegherebbe perché non siano state prese iniziative concrete, come quelle proposte dal presidente Obama e dai suoi consiglieri economici. Ad oggi solo in Gran Bretagna il dibattito si sta facendo stringente e potrebbe portare in tempi ragionevolmente brevi ad interventi regolamentari.

sostenuto anche da una quadro congiunturale in oggettivo miglioramento, rispetto a livelli tremendamente depressi e ad aspettative altrettanto negative! Non servono grandi analisi per capire che diversi problemi emersi durante la crisi sono rimasti semplicemente nel cassetto, senza venire affrontati. I titoli cartolarizzati ci sono sempre, ma le banche hanno adottato politiche più rigide nell’erogazione dei prestiti, dovendo affrontare una mole crescente di crediti in sofferenza. Il percorso di riduzione della leva finanziaria resta ben lungi dall’essere compiuto. Il mercato dei derivati è ancora florido e poco regolamentato, specie per quanto riguarda i derivati sul credito, che restano dei contratti tra le parti. L’attività di investimento speculativo resta collegata all’attività bancaria tradizionale. I requisiti di patrimonio rispetto agli investimenti delle istituzioni finanziarie non sono cambiati ed i bilanci delle grandi banche restano opachi La Banco nota

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Finanza e Investimenti Skyline di Shanghai

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Il governo sta lavorando su un progetto di legge che imporrebbe alle banche inglesi di dichiarare il numero di dipendenti che percepiscono bonus superiore al milione di sterline e che renderebbe obbligatorio legare i premi al raggiungimento di obbiettivi di medio termine, limitando la parte da assegnare su base annua. In tal modo si vorrebbero disincentivare strategie aziendali troppo rischiose e di dubbio valore nel lungo termine. Un altro argomento di discussione in questi mesi riguarda le distorsioni create dagli investimenti speculativi sulle materie prime. In un periodo in cui l’utilizzo e la domanda reale di materie prime è calata, i prezzi sono saliti notevolmente. Le contrattazioni all’ingrosso di numerose materie prime avvengono su mercati regolamentati come la piazza di Chicago e quella di Londra. Acquirenti e venditori sono sia gli operatori “industriali” realmente interessati allo scambio fisico di questi beni, ma soprattutto gli investitori puramente finanziari. Questa seconda categoria nel corso degli anni ha preso il sopravvento, tant’è che il volume di contrattazioni effettuate puramente a scopo speculativo supera di oltre dieci volte quello dei contratti che finiscono con uno scambio del bene fisico (petrolio, gas naturale, rame, acciaio, ma anche grano, frumento, carne e altri generi alimentari). Insomma, se certe borse erano nate per aiutare produttori e utilizzatori di materie prime a fissare i prezzi e agevolare gli scambi, oggi vengono utilizzate prevalentemente come mezzo per speculare. Peccato che ciò comporti un aumento del costo di prodotti che utilizziamo ogni giorno e che in periodi di crisi rischia di mettere in ginocchio molte aziende che si vedono contemporaneamente ridurre la domanda e aumentare il costo di produzione. Per limitare la speculazione su beni di interesse generale come questi, basterebbe restringere l’accesso ai soli operatori “industriali” o imporre il pagamento del controvalore completo dei contratti al momento della chiusura, anziché far pagare solamente il “margine” iniziale. Ciò porterebbe automaticamente ad una riduzione della leva degli operatori speculativi. Cerchiamo ora di capire come questi aspetti possano influenzare il corso dello sviluppo economico.

Nei mesi estivi la produzione industriale ha smesso di calare nella maggior parte dei Paesi industrializzati, anche se molte aziende stanno continuando a ridurre gli organici. Per alcuni settori, come le auto o gli investimenti in infrastrutture, gli aiuti di stato hanno contribuito a sostenere la domanda. In parte anche il mercato delle abitazioni statunitensi sta mostrando segnali di stabilizzazione, grazie a incentivi fiscali sull’acquisto della prima casa, nonostante il crescente numero di case pignorate messe all’asta. In generale le famiglie stanno per forza di cose riducendo la spesa, ma senza che si siano registrati tracolli particolarmente vistosi. Nel corso dell’anno il commercio mondiale ha iniziato a riprendersi, grazie anche al forte dinamismo di Paesi come Cina e Brasile, che hanno retto particolarmente bene alla crisi. Nel caso cinese il governo sta riuscendo a


Finanza e Investimenti

indirizzare molte risorse verso investimenti interni, soprattutto infrastrutture e sanità, in modo da sopperire prontamente al calo della domanda estera. I principali istituti di ricerca economica si attendono una leggera ripresa congiunturale nel 2010, che per gli Stati Uniti e l’Europa dovrebbe essere guidata inizialmente da una ricostituzione delle scorte, oltre che da una stabilizzazione della domanda e dal contributo fornito dalle politiche fiscali e monetarie accomodanti. In un simile contesto, in cui le risorse umane e materiali continueranno a restare abbondati, è difficile immaginare un ritorno delle spinte inflative in tempi relativamente brevi. Inoltre per ora la forte iniezione di liquidità operata da parte delle banche centrali non si è trasferita in maggiori finanziamenti alle aziende e alle famiglie, sia perché le politiche di finanziamento sono divenute più restrittive

(a fronte anche degli accresciuti rischi di inadempienza), sia perché la stessa domanda di finanziamenti è diminuita di pari passo col calo degli investimenti e dei consumi. C’è però un ulteriore aspetto da considerare in merito all’inflazione. Le aziende che hanno chiuso interi stabilimenti stanno lavorando con una leva operativa maggiore (meno dipendenti per produrre quantità di prodotto o servizi analoghe) e questo dovrebbe portare a margini di guadagno maggiori. Prima che le stesse aziende tornino ad assumere, la domanda dovrà riprendersi in maniera sostenibile. Prima che decidano di riaprire gli impianti chiusi ne passerà di tempo ed anzi alcune aziende hanno voluto ridurre il livello di offerta globale (si pensi al cemento o all’acciaio) per sostenere i prezzi. Nel prossimo anno sarà bene monitorare questo aspetto, perché potrebbe generare un rialzo dei prezzi più rapido del previsto, pur in presenza di una crescita debole e una disoccupazione molto elevata. A fronte di un quadro economico ancora incerto, i mercati azionari stanno beneficiando sia del miglioramento degli utili aziendali, sia della mancanza di concorrenza da parte degli investimenti“sicuri”. Le banche centrali potrebbero aspettare parecchio tempo prima di schiacciare il freno alzando i tassi. Prima di farlo inizieranno a rimuovere la liquidità, smettendo di sostituirsi al sistema interbancario e riducendo gli acquisti di titoli cartolarizzati, poi di quelli governativi. I principali governi continueranno a indebitarsi parecchio emettendo molta carta. È difficile immaginare come gli investitori possano provare interesse per i rendimenti offerti dai titoli di stato, che attualmente sono particolarmente bassi, a meno che la congiuntura non torni a peggiorare e che le spinte deflattive prendano il sopravvento. Se così non fosse, i rendimenti dovranno prima o poi salire. Nel frattempo le obbligazioni corporate continueranno ad attirare gli investitori. Il rischio è che la domanda smetta di analizzare i rischi sottostanti e accetti qualunque prezzo, un po’ come era successo tra il 2004 e il 2006. Intanto, se il quadro di stabilizzazione economica verrà gradualmente confermato, gli storni dei mercati saranno visti più come occasioni di acquisto che di vendita. La Banco nota

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Nuove Filiali

I fiammiferai

di Moncalieri

Come e perché questa zona che oggi fa parte dell’hinterland torinese divenne sede di importanti stabilimenti per la lavorazione dello zolfo

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di Francesco Ronchi

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ei quasi 48 km del territorio di Moncalieri, di cui fanno parte anche tredici frazioni, s’incontrano, oltre al Po, gli affluenti Sangone, Chisola e Banna. I quartieri industriali fanno ormai parte dell’hinterland sud di Torino, ma nella zona collinare rimangono tracce consistenti delle attività agricole. Nel Medioevo i barconi da carico giungevano sin sotto le mura dell’antica Porta Navina, là dove oggi una pensilina accoglie gli utenti delle autolinee. L’edificio più noto della Moncalieri storica è il castello da dove nel novembre 1849 re Vittorio Emanuele II chiese ai sudditi savoiardi d’eleggere una Camera disposta ad accettare l’armistizio con l’Austria. Si dice sia una fondazione dei Templari, che nel ‘200 avevano

ottenuto il controllo del ponte sul Po e dell’hospitale, frequentato dai pellegrini lungo la via Franchigena. L’Ospedale Santa Croce nei secoli è stato ospitato in molteplici sedi; in attesa del trasferimento a Carpice, da cent’anni si trova in quella donata dall’industriale del fiammifero Ambrogio Dellachà (1824 -1916). La produzione su vasta scala di fiammiferi e cerini risale alla prima metà dell’Ottocento, quando per le capocchie veniva utilizzata una piccola quantità di fosforo bianco. Molti dei pionieri italiani del settore aprirono la loro attività in Piemonte, regione che pur non possedendo giacimenti della materia prima (la fosforite) era ben collegata ai circoli finanziari ed industriali della Francia.


Nuove Filiali

Nel 1845 il genovese Francesco Lavaggi aprì una fabbrica a Trofarello, a metà strada tra Chieri e Moncalieri; in questa cittadina sino ad allora votata all’industria tessile giunse una decina d’anni dopo dalla natia Novi Ligure il Dellachà, attratto dalla ferrovia e dal mercato del bestiame. Il treno dal 1848 collegava Moncalieri a Torino e dal 1853 a Genova, approdo per la fosforite del Magreb; dalle carcasse degli animali si ricavavano il nero d’ossa e le pelli scamosciate per filtrare i vapori di fosforo. Dellachà sapeva che il fosforo intossica, e pagava al meglio gli operai (molte le donne): non a caso il primo sciopero avvenne solo nel 1894. In quel periodo tutti ormai sapevano che la soluzione era il fosforo rosso, atossico. Gli svedesi l’impiegavano già da dieci anni, ma aveva il difetto d’essere più costoso. C’era poi il problema dello stabilimento, l’attuale sede della Pretura: esso ormai era insufficiente, così alcune fasi della lavorazione erano affidate a cottimiste. Si riducevano i costi del personale, ma un po’ a scapito della qualità; a trarne vantaggio era anzitutto una concorrente locale, la Abbona & Romagna. Per i produttori nazionali ormai i margini di guadagno erano ridotti, anche perché pur di mantenere la clientela le aziende facevano a gara nel confezionare gli umili fiammiferi in scatole decorate con bellissime (e costose) litografie a colori. Accordi tra i produttori - Per finanziare la spedizione in Etiopia, il governo Crispi nell’agosto 1895 aveva introdotto l’obbligo di porre su

ogni pacchetto l’attestazione del pagamento dell’imposta di fabbricazione. L’occhiuto Fisco italiano temeva che pagamenti forfettari potessero indurre gl’industriali a dichiarare di produrre per l’esportazione e non per il mercato interno. Ciò non sarebbe stato difficile per il fiammerificio di Moncalieri, dato che da anni il fratello di Ambrogio, Gaetano, aveva aperto con successo una filiale in Argentina, dedita anche all’import/export di materie prime e di cappelli in feltro. La Dellachà versò nel 1896 all’Erario 940 mila lire, cioè 1/7 del totale raccolto in Italia. Alcuni tra i maggiori produttori decisero ch’era il momento di superare antiche rivalità e di unirsi in una sorta di cartello, in grado d’ottenere dallo Stato garanzie in merito all’assorbimento della produzione. La Soc. An. Fabbriche Riunite Fiammiferi venne costituita a Milano alla fine del 1898; tra le tredici aziende fondatrici c’erano anche le due di Moncalieri, e Dellachà ottenne la vice presidenza. Tuttavia la direzione della nuova società fu sin dal principio nelle mani degli azionisti “milanesi” della maggiore produttrice italiana di cerini, l’azienda fondata nel 1870 dall’ex garibaldino Giacomo Medici: essi disponevano di capitali e di appoggi politici. Nonostante il numero consistente delle aziende piemontesi, s’investì soprattutto a Magenta (Medici), a Fucecchio (F.lliTaddei) e a Venezia Cannaregio (L. Baschiera). Durante l’età giolittiana s’accentuò il fenomeno della concentrazione gestionale, culminata durante la Grande Guerra con la creazione del Monopolio e, dal 1923, con una serie di Convenzioni tra lo Stato ed i produttori. In epoca fascista la Riunite si trasformò nella Saffa, un “colosso” dai piedi d’argilla che alla fine degli anni ‘60 chiuse definitivamente le sue fabbriche a Moncalieri, fatte poi oggetto d’interessati progetti di recupero urbanistico, tra cui la Biblioteca.

La filiale del Banco Desio a Moncalieri è in piazza Failla, 3

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Come Eravamo

La pubblicità ai tempi di “Selezione del Reader’s Digest“ Con gli anni del boom, in Italia, incominciano a cambiare il modo e la forma della comunicazione: molto testo per sottolineare l’affidabilità di un prodotto e tanto di prezzo sia per gli articoli più economici sia per quelli più costosi

di Riccardo Battistel

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a comunicazione pubblicitaria negli ultimi cinquant’anni ha subito un evoluzione coerente con i grandi cambiamenti che hanno visto il nostro paese trasformarsi radicalmente dagli anni Cinquanta del secolo scorso (fa un po’ impressione utilizzare questo termine, nevvero?) ai nostri giorni. In quegli anni un canale importante per la pubblicità era rappresentato dalla carta stampata, dato che la televisione muoveva allora i primi passi.


Come Eravamo gistrata sin ad allora. La rivista è “Selezione del Reader’s Digest”che arriva in Italia nel secondo dopoguerra e che diventa in breve tempo molto popolare presso le famiglie italiane. La rivista è l’edizione italiana di “Reader’s Digest”, un periodico ideato negli anni Venti da due coniugi americani che pubblicano una selezione di articoli presi da altri periodici, condensati e riassunti, con un successo crescente, testimoniato dalla diffusione raggiunta: 50 edizioni in 78 paesi, traduzione in 21 lingue per 130 milioni di lettori. Nei numeri che abbiamo esaminato dell’edizione italiana si col-

Abbiamo così esaminato la comunicazione pubblicitaria riportata in un periodico, focalizzando l’attenzione sul periodo 1955-1959. Siamo nei cosiddetti “anni del boom” italiano e l’analisi, oltre che fornirci un interessante spaccato sulla comunicazione pubblicitaria di una rivista a grande diffusione, ci offre anche indirettamente un sommario ritratto dei modelli di consumo in un paese che si affaccia in quegli anni ad un nuovo benessere, a nuovi consumi ed in definitiva ad una qualità della vita ma reLa Banco nota

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Come Eravamo gono alcuni cambiamenti importanti della comunicazione pubblicitaria di quegli anni: molto testo scritto e relativamente poche immagini, largo uso di testimonianze (illustri o comuni) che dichiarano (con tanto di nome cognome ed indirizzo… alla faccia della privacy) bontà ed affidabilità del prodotto reclamizzato. Altro aspetto interessante la presenza consistente di prodotti e medicamenti per curare fegato, stomaco, ansia e nervosismo che pare riportarci ad una pubblicità ancora di stampo ottocentesco. Un’altra caratteristica interessante è quella di riportare il prezzo dei prodotti sia per prodotti correnti dal costo contenuto sia per beni durevoli (dagli elettrodomestici alle automobili). Certo erano anni in cui la lira era una moneta molto stabile ma in ogni caso va rimarcata l’estrema trasparenza dell’offerta. Molti i prodotti per la cura della persona. La capigliatura, per esempio, che per gli uomini di allora voleva dire abbondare in brillantine ed unguenti per capelli rigorosamente corti ed ordinati mentre per le donne significava un uso smodato di lacche e fissativi per tenere in ordine sostenute e voluminose permanenti. Se la cura di sé è importante, altrettanto importante è quella della propria abitazione ed ecco allora il ricorrente spazio pubblicitario dedicato ad insetticidi (citando ad ogni piè sospinto il famoso DDT di cui non si conoscevano evidentemente ancora i “difetti”). D’altronde, in altre pubblicità del tempo, si giunge ad utilizzare anche la “nuova” energia disponibile (quella atomica) tragicamente sperimentata solo dieci anni prima, per reclamizzare prodotti di bellezza e carburanti... Ma il benessere significa anche accedere a status symbol come l’orologio da polso ( solo il 54% 32

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Come Eravamo

degli italiani ne è in possesso, e fra di essi il 40% ce l’ha da meno di cinque anni ) che occupa un posto rilevante nella pubblicità del periodico. Si tratta di una accessorio ambito ma per un discreto orologio in acciaio occorre sborsare almeno 36.000 lire di allora (448 euro attuali), quando un impiegato con un buon stipendio guadagna circa 100.000 lire al mese.

Una casa moderna non può non essere dotata di quelle apparecchiature che rendono la vita della casalinga (perché tale è la condizione ideale della donna per i pubblicitari di allora) meno faticosa ed ingrata, ed ecco allora il fiorire delle prime pubblicità su frigoriferi e lavatrici. E se proprio la lavatrice, anche a rate, è per il momento una spesa non sostenibile, ecco pronta la pubblicità che invita la casalinghe a buttare l’asse per lavare in antiquato legno per dotarsi della nuovissima asse in plastica Moplen! Ed infine largo spazio al televisore (le prime trasmissioni in bianco e nero sono del 1954), alle macchine fotografiche, alle cineprese ed ai proiettori 8mm, destinati ad immortalare i momenti più importanti della vita familiare. Come le vacanze, per esempio, altra grande “scoperta”di quegli anni (tra il 1956 e il 1965 raddoppiano le presenze degli italiani negli alberghi ed ancor di più nei campeggi). Certo molti ancora partono in treno od in torpedone come prima della guerra, ma molti stipano famiglia e bagagli sulla Seicento od addirittura sulla Millecento, che tra poche rate sarà tutta loro. Perché c’è grande ottimismo, si respira un’aria diversa, piena di nuove e sconfinate possibilità. E la “congiuntura” è di là da venire. La Banco nota

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Fuoritema

Gli inglesi, noi e

l’understatement verbale di Renzo Butazzi

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uando un inglese afferma “temo che” (I’m afraid) a proposito di qualcosa, vuol dire che ne è sicurissimo. Il suo “timore” - che il caffè sia finito, che John non verrà, che Margaret non sia d’accordo - non esprime un dubbio, ma serve per addolcire una certezza sgradevole. E’ una delle forme di quell’understatement verbale che contribuisce all’immagine riservata e distinta della personalità inglese così come lo stereotipo dell’eleganza britannica implicava le toppe ai gomiti della giacca di tweed. Anche noi però - contrariamente a quanto si potrebbe pensare - siamo maestri di understatement, fino a utilizzarlo in modo ancor più malizioso e strumentale. Gli alti burocrati, quando qualcuno del loro giro pare essersi comportato male, auspicano o promuovono un’indagine “conoscitiva”, facendo finta di non rendersi conto

che un’indagine è conoscitiva o non è: non credo si possa parlare di indagine ignorativa come contrapposta all’indagine conoscitiva anche se, di fatto, molte indagini finiscono con l’essere ignorative. E allora perché quella tautologia? Evidentemente per far capire che nessuno ha da temere alcunché dai risultati dell’indagine medesima. Con la crudezza del termine un’indagine pura e semplice può far paura, mentre quel “conoscitiva” vale una strizzatina d’occhio rassicurante. Può darsi che nel corso della sua attività qualche politico o burocrate abbia commesso quello che, per la gente comune, sarebbe considerato un reato. Ebbene, per lui si tratterà spesso di “un incidente di percorso”. Come una storta alla caviglia, una caduta dalla bicicletta, un ribaltamento. Questa formula, anche se usata con ironia allusiva, non solo riesce a nascondere l’aspetto riprovevole del suo comportamento, ma ci presenta il reo come uno sfortunato, una persona da compatire. Quanto a pudica sottovalutazione sono ottimi artifici il verbo “slittare” al posto di“ritardare”e la parola“ritocco”al posto di “aumento”. Un ritardo nel pagamento delle pensioni, nell’apertura di un ospedale o di una scuola, implica la responsabilità di qualcuno e indispettisce il cittadino interessato. Il quale, invece, fin da piccolo ha imparato che chiunque può “slittare” senza colpa: si slitta perché sulla strada, c’è olio, ghiaccio, acqua. Dunque lo “slittamento” non è imputabile a nessuno, men che meno al conducente. E come si fa per non impressionare troppo il cittadino quando si aumenta, magari di poco ma si aumenta, un prezzo o una tariffa? Si usa il termine “ritocco” che, in generale, evoca un’immagine positiva. Si ritocca una parete macchiata, una carrozzeria graffiata, una fotografia insoddisfacente ma sempre per riparare, ripristinare, migliorare. Insomma, per fare del bene.




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