Piante musone

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IC “F.lli Trillini” Osimo

Progetto “Osimo sotto-sopra” Anno scolastico 2014-2015

Le piante raccontate dagli alunni della 3^A e 3^B Sc. primaria “Marta Russo”


Il progetto “Osimo sotto-sopra” ci ha dato l’opportunità di studiare da vicino il luogo dove viviamo, dove spesso andiamo a passeggiare con le nostre famiglie, dove possiamo fare una corsa in bicicletta , in particolare l’ambiente del fiume Musone. Abbiamo voluto prima studiare le piante che crescono spontaneamente lungo i suoi argini e poi inventare delle storie fantastiche legate agli alberi e ai suoi abitanti.

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La quercia, come il faggio e il castagno, appartiene alla famiglia delle fagacee. La quercia comune, chiamata anche farnia, ha un portamento maestoso e una struttura robusta e la chioma globosa. Un tempo le querce, con le roverelle formavano le foreste di pianura che coprivano la pianura Padana I suoi rami sono nodosi e la chioma è irregolare. La quercia può essere alta 30- 40 metri e larga 6-7 metri. Può raggiungere i 500 anni di età. Esistono 100 tipi di querce e anche le foglie sono diverse. Le foglie della quercia sono di colore verde, il contorno è arricchito di lobi arrotondati, ha una forma ovale allungata con tanta venature. Vicino al picciolo si trovano delle orecchiette, nella pagina inferiore della foglia ci sono gli stomi che fanno entrare l'ossigeno e l'anidride carbonica. La quercia ha dei fiori che crescono in primavera insieme alle foglie, quelli maschili sono lunghi 2-5 centimetri. Ci sono anche i fiori femminili, poco evidenti , non pendenti e solitari. Da questi fiori si svilupperanno le ghiande, frutti tipici della quercia. I fiori appena sbocciano fanno uscire una grande quantità di polline che, grazie al vento, viene trasportato nell'aria. 4


I fiori in generale sono nello stesso albero. La ghianda è un frutto secco lungo dai 5 millimetri ai 3 centimetri. La quercia nasce da una ghianda che è ricca di nutrimento. In primavera una radichetta buca il guscio della ghianda e affonda nel terreno. Lo stelo penetra in superficie e spuntano le foglioline. Per crescere la quercia ha bisogno di acqua e di sole. La corteccia della quercia è come la pelle per il nostro corpo, evita che insetti nocivi entrino per provocare malattie e danneggiano l’albero. La corteccia della quercia adulta ha spaccature lunghe e profonde. Le radici fissano l'albero al terreno, terminano con sottili radichette lunghe fino a 80 centimetri e forniscono alla pianta azoto, acqua e sali minerali. La struttura della foglia è semplice e picciolata, la forma è lobata con l'apice ottuso, il margine è lobato e la nervatura penninervia. La lamina superiore della foglia è verde oliva, quella inferiore è verde terra. Il frutto della quercia in passato veniva usata per allevare i maiali. Il legno è compatto, duro, pregiatissimo e resistente e di colore rossiccio. Viene usato per costruire le doghe delle botti. La quercia è un albero conosciuto da tante popolazioni antiche, è simbolo di forza e di benevolenza tanto che si dice "forte come una quercia". Viene considerato l'albero della saggezza. 5


Il salice bianco è un albero che appartiene alla famiglia delle Saliacee, è diffuso in Europa, Asia centrale e Nord America. Il nome scientifico è Salix alba e deriva forse dal celtico: "salis" che significa "amante dell'acqua" e "alba" riferito al colore della pagina inferiore della foglia che è molto chiara. Nel mondo si contano circa 300 specie diverse di salice e 33 sono presenti in Italia. L'altezza dell'albero varia dai 6 ai 22 metri, la chioma è conica, perde però la forma con l'avanzare dell'età. I salici sono forti e robusti e vivono anche in luoghi inquinati. Non sono molto longevi infatti vivono tra i 50 e i 60 anni, ci sono esemplari eccezionali che hanno raggiunto i 100 anni di vita. I salici, per la loro velocità di crescita, sono usati per consolidare le rive dei corsi d'acqua. Il legno della pianta è giallastro, leggero, resistente e duttile ed è un buon combustibile: i fornai bruciavano la piante perché faceva riscaldare subito il forno. Per la sua resistenza, viene utilizzato anche per i pavimenti. I rami flessibili sono usati per legare innesti e viti e anche per costruire cesti e panieri.

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La corteccia, nelle piante giovani, è bianco-grigiastro o bianco-argentato. Sulle piante vecchie invece, la corteccia diventa profondamente sgretolata e grigia.

Il salice ha il fogliame deciduo, cioè le foglie in autunno cadono. Il colore della lamina superiore della foglia è verde oliva, quella inferiore è grigio-antracite. La struttura della foglia è semplice picciolata; la forma del lembo è lanceolata con l'apice acuminato; il margine è seghettato e la nervatura è penninervia. Le gemme del salice sono di colore rosa scuro coperte da peli grigi. I fiori sono maschili e femminili, si chiamano amenti, crescono separati sugli alberi. Gli amenti femminili sono verdi e lunghi circa quattro centimetri, diventano lanosi e bianchi quando liberano i semi. Gli amenti maschili sono gialli con stami. Il frutto è una capsula che si apre per liberare il seme. 7


Il nome scientifico è "Salix purpurea" e quello italiano è "Salice rosso". È un arbusto o un piccolo albero ramificato alla base con portamento eretto che vive in boschi umidi. Può raggiungere i 4 metri di altezza. La corteccia è liscia e di colore cenere, nei giovani rami è giallognola o rossiccia. Le gemme sono ovoidali allungate di colore rossiccio e lisce. Le foglie sono caduche, opposte e alterne, lanceolatooblunghe o linearispatolate, glabre (cioè senza peluria), piane, con margine leggermente serratolenticolato, di colore verde scuro, opache o appena lucide di sopra; glauche (cioè verde azzurrognole) e con nervature secondarie pochissimo evidenti di sotto. I fiori, unisessuali, su piante diverse, sono riuniti in amenti pelosi di colore giallo o rossiccio. Fiorisce da febbraio a marzo prima di mettere le foglie.

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I frutti sono capsule fornite di una fitta peluria, alla maturità, raggiunta tra aprile e maggio, liberano semi forniti di ali. IL salice rosso cresce dal livello del mare fino a 500- 600 metri, lungo i corsi d'acqua. Dalla sua corteccia, come da quella di altri salici, si estrae l'acido salicilico usato come cosmetico e come anti infiammatorio, composto capace di combattere la febbre e che è alla base della composizione della comunissima aspirina. Il salice vive al sole, tollera la mezz'ombra, cresce in terreni bagnati, discretamente areati, poco acidi e con poco azoto. I suoi rami sono utilizzati per la realizzazione di cesti e stuoie. Il salice rosso viene utilizzato anche nei

lavori di consolidamento di greti e sponde dei fiumi o di tutti quei substrati instabili, in prossimità dell'acqua. La rapidità con cui si sviluppano i frutti e la loro conseguente caduta prima di giungere a completa maturazione, evocò nei Greci l'immagine di un albero che uccide il proprio frutto, simbolo della Madre Terra che continuamente crea individui per riprendere poi nel suo grembo gli esseri creati.

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Il pioppo bianco ha due nomi: quello scientifico " Populus Alba" e quello italiano "Pioppo bianco" L'origine del nome è dovuta al colore della sua corteccia chiara per differenziarlo dal pioppo nero che ha la corteccia scura. La pianta può superare i 30 metri di altezza e un metro di diametro. È una pianta caducifoglie e ha un accrescimento rapido. Come tutti i pioppi predilige i terreni alluvionali. È un albero molto diffuso in gran parte dell'Europa

meridionale, dell'Asia meridionale e del Nord Africa. La foglia ha la lamina superiore inizialmente biancastra e poi verde opaca, mentre quella inferiore è bianco nivea.

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La struttura della foglia è semplice e picciolata, la forma generale del lembo è cuoriforme con l'apice ottuso; il margine è lobato e la nervatura penninervia. Con il legno del pioppo bianco si possono fare imballaggi e, nell'industria della carta, viene utilizzato per la produzione della cellulosa.

Il pioppo bianco viene chiamato anche “gattice”. I suoi fiori ancora in boccio, infatti, sono coperti di una peluria grigia che assomiglia al pelo morbido del gatto. I pioppi vengono coltivati in grande quantità soprattutto nella pianura Padana. La coltivazione dei pioppi in Italia, è utilizzata principalmente alla produzione di pannelli di legno compensato. Gli alberi fra i 9 e i 12 anni vengono abbattuti e, dopo l'abbattimento, il terreno potrà essere usato per piantare altri pioppi oppure usato per altre colture. Per scopi ornamentali, vengono usati in filari e in gruppi di piante; si preferiscono le specie a chioma ampia.

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Il nome scientifico del pioppo nero è Populus nigra. Appartiene alla famiglia delle Salicacee. Vive nei boschi padani e submontani vicino ai corsi d'acqua. Il tronco è nodoso con la corteccia molto scura. Le foglie sono caduche e bifacciali con un mediante lungo 3- 7 centimetri, i rametti sono verdi giallastri, che diventano bruni con il passare degli anni. Le gemme brune contengono una sostanza viscosa. La lamina della foglia è triangolare con nervature, l'apice è appuntito, il margine ha una piccola seghettatura. La pagina superiore è liscia e di colore verde limone, quella inferiore color muschio è opacizzata con nervature. Il pioppo nero è una pianta dioica: alcuni alberi hanno fiori maschili, altre fiori femminili. I fiori compaiono tra marzo e aprile. Le inflorescenze maschili sono alte 8 centimetri, i fiori hanno quindici o trenta stami di colore rosso. L'infruttiscenza che matura a maggio, è costituita da capsule e, raggiunta la maturità, rilascia piccoli semi piumosi.

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Il pioppo nero vive in ambienti luminosi e temperati, si sviluppa vicino ai corsi d'acqua insieme agli ontani, i frassini e i salici. Il pioppo nero con il salice bianco, predilige terreni freschi, profondi, drenati ricchi di sali minerali, ma non vive in substrati calcarei. Il legno chiaro e leggero del pioppo nero viene sfruttato per produrre il carbone, per fabbricare mobili e fiammiferi, per realizzare imballaggi e viene utilizzato anche nell'industria cartaria Dalla corteccia vengono estratte sostanze medicamentose efficaci per la cura della bronchite, dell'artrite e del reumatismo. Una varietà di pioppo nero è il pioppo cipressino, è alto circa 40 metri. Ha un portamento colonnare e fastigiato, ha rami eretti, ravvicinati. Le piante maschili producono fastidiosi piumini. Il pioppo cipressino vive in grandi parchi, le foglie sono più piccole di quelle del pioppo nero, la corteccia presenta una minore nodosità, i rami partono dal tronco e ha una attività pollonifera. Vive nell' Europa meridionale e nelle regioni asiatiche e anche nell'Italia, nelle zone pianeggianti fino a 1200 metri. Può raggiungere 25 o 30 metri di altezza. Ha una chioma fitta, un portamento a cappello e fastigiato ramificato secondo le varietà. Il pioppo nero viene utilizzato, a scopo ornamentale, per alberare viali che conducono a ville . Una curiosità: si dice che Leonardo da Vinci, dipinse la sua Monna Lisa sul legno di pioppo nero.

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La "Robinia pseudoacacia", detta robinia o acacia è una pianta forestale. È una pianta angiospaermae cioè le piante che hanno gli ovuli racchiusi nell’ovario. L'albero è originario degli Stati Uniti centrorientali. Tipica dei boschi mesofili misti di latifoglie, in cui la temperatura si aggira attorno ai 2545 gradi. La robinia, spostata in Europa, ha dato vita a piante che vivono in territori diversi in grado di colonizzare ambienti fresco-umidi dal clima oceanico a quelli caldo-aridi dal clima mediterraneo. Il nome è stato dedicato da Linneo a Jean Robin, un giardiniere che per primo coltivò la pianta nel 1600 quando ebbe l'incarico di organizzare l'orto botanico dell'Università di Parigi. Quando venne introdotta a Parigi, rimase una pianta da giardino fino alla fine dell'ottocento. In Italia fu coltivata nel 1602 nell'orto botanico di Padova. Venne poi utilizzata per irrobustire i lati delle ferrovie per evitare frane e cadute di massi sulle rotaie, perché la sua diffusione è velocissima. È alta fino a 30 metri, ha la chioma slanciata e deformata, irregolare di colore verde opaco. Ha il tronco cilindrico, dritto, con una spessa scorza grigia incisa da profondi solchi verticali. La parte alta del tronco e i rami sono ricoperti da spine robuste simili a quelle delle rose. Ha le foglie caduche, imparipennate alterne lunghe fino a 30 centimetri, composte da 13/15 segmenti ellittici arrotondati all'apice, lunghi fino a 4 centimetri, un po' più chiari nel lato inferiore. La robinia fiorisce a Maggio, i fiori sono bianchi, molto profumati, numerosi in racemi penduli che misurano fino a 25 centimetri. 14


I fiori attraggono le api che producono un miele di qualità commercializzato come miele d'acacia. I fiori sono commestibili e in Veneto, vengono fritti in una pastella dolce. Il frutto è una specie di legume nerastro, appuntito, lungo fino a 5- 10 centimetri., rimane sull'albero fino a metà inverno, i semi sono brunoscuri. I semi trasportati dal vento fino ad una lontananza di 100 metri, possono conservare la germinabilità per molti anni, per i germogli la luce è fondamentale. La corteccia, i semi e le foglie, per gli uomini sono velenosi e provocano vomito e mal di pancia, per gli animali potrebbero essere mortali, tranne che per le capre. L'apparato radicale svolge un'azione che migliora il terreno in genere e crea un sottobosco più denso. La robinia ha una vita prevalentemente breve(60-70 anni) anche se cresce molto in fretta e può occupare grandi superfici. Quando cresce soffoca le piante che crescono nelle sue vicinanze emettendo l'azoto. Per questo motivo è severamente vietato piantare questo albero dove le piante sono protette. Per eliminarle bisogna bruciare le radici oppure usare un metodo chiamato "cercinatura", cioè si toglie la prima parte della corteccia,la pianta soffoca e non germoglia più. Questa pianta fornisce un ottimo legno da carbone, brucia anche appena tagliato. È resistente agli incendi ed è usato per la fabbricazione dei giocattoli e la costruzione di mobili, parquet e addirittura di case. Nel Medio Evo le piante della robinia venivano utilizzate come confine per dividere i Regni.

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La pianta, proviene dalla Cina, si è diffusa in Italia nella seconda metà del 1800. L'origine del nome ailanto significa "alto, che arriva al cielo", è conosciuto anche come “albero del paradiso” L'ailanto è una pianta caduca, cioè quando arriva la stagione fredda, perde le foglie. Il fusto dell'ailanto è alto dai 16 ai 22 metri. Ha fusto eretto e chioma molto ramificata; la corteccia è di colore castano chiaro, grigia sui rami; le foglie sono composte, imparipennate costituite da 15-20 piccole foglie ovali, di colore verde brillante, alterne, un'intera foglia può essere lunga anche 4050 cm. La forma del lembo è ovato-lanceolata con l'apice acuto, il margine è liscio e la nervatura penninervia. Le foglie hanno il picciolo lungo e il rachide che va dai 20-25 centimetri. In tarda primavera gli alberi femmina producono piccoli mazzetti di fiorellini giallo-verdi, cui fanno seguito, a fine estate, numerosissime piccole samare cartacee, che rimangono sull'albero per molti mesi. Questa pianta, in alcune zone del globo, viene considerata infestante e quindi in questi luoghi non è consigliabile porla a dimora in giardino. Le foglie, i fiori e la corteccia emanano un odore sgradevole. Questo albero cresce in qualsiasi posizione, preferendo gli spazi aperti e luminosi; viene molto usato per le alberature stradali, in quanto sopporta 16


benissimo l'inquinamento. Allo stesso modo sopporta freddo, siccità , calore estivo e venti forti. Il suo legno risulta un buon combustibile che produce fiamme di colore chiaro e lascia poche ceneri. Gli alberi giovani possono venire utilizzati dall’industria della carta o, per la sua lavorabilità , per la produzione di piccoli oggetti. In Cina viene ampiamente impiegato dalla medicina tradizionale, in particolare la corteccia, i frutti e le radici sono ritenuti utili per curare l’intestino. I suoi fiori attirano particolarmente le api e il suo nettare fa parte di mieli millefiori.

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Il nome scientifico del biancospino è crataegus monogyna e appartiene alla famiglia delle rosaceae. Il nome crataegus pare sia stato dato alla pianta dall’antico scienziato greco Teofrasto e deriva dal termine kratos, che significa “forza”, per ricordare la durezza del legno e l’impressione di forza che sprigiona l’intera pianta. È un arbusto spinoso alto 2-8 metri che può raggiungere un’altezza di 8-10 metri e può presentarsi come un vero e proprio albero. È diffuso in tutta Italia e in gran parte dell’Europa La corteccia grigio-bruna ha molte piccole squame, chioma è rotonda, i fiori sono bianchi, emanano un tenue profumo, i frutti sono polposi e sono detti pomi; in autunno diventano scuri e color rosso-vino. Il biancospino ha foglie decidue, cioè che cadono in autunno. Le foglie di questa pianta sono ovali o romboidali, con margine semplicemente dentellato o inciso da 3-7 lobi poco profondi. Sono provviste di picciolo e presentano la pagina superiore color verde chiaro e lucida, mentre quella inferiore è verde-grigiastra, glabra o leggermente pelosa. I fiori hanno cinque petali e appaiono in aprile e maggio raccolti a gruppi di 15 o 20 riuniti insieme da sembrare piccoli ombrelli. Il nettare, prodotto in gran quantità, è raccolto soprattutto da mosche e coleotteri. I frutti sono piccoli pomi di forma tondeggiante, rossi quando diventano maturi, contengono un solo seme osseo. I frutti sono insipidi e farinosi e molto apprezzati da passeri, merli, tordi e cornacchie.

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Nella tradizione cristiana il biancospino è l’albero della Madonna, perché la candida fioritura ricorda la purezza della Vergine. I frutti del biancospino forniscono cibo invernale agli uccelli. Da essi si può ricavare una gelatina ricca di vitamina C. In tempi di carestia i frutti del biancospino sono stati utilizzati anche dall’uomo: seccati e macinati, venivano mescolati col pane. Sicuramente rientravano nell’alimentazione degli abitanti delle palafitte. Il biancospino cresce rapidamente e può vivere quasi ovunque; per secoli è stato usato per delimitare i campi. È anche coltivato nei parchi e nei giardini come pianta ornamentale. Il legno viene usato soprattutto come combustibile e per fabbricare bastoni e manici per attrezzi visto che è molto duro. Il biancospino è utilizzato in medicina perché i fiori, i semi e la corteccia contengono vari acidi organici oltre ad altre sostanze specifiche che migliorano la funzionalità del cuore e dei vasi sanguigni. Nel Medioevo questa pianta era ritenuta utile per curare la lebbra.

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Il rovo è un arbusto perenne, semisempreverde, originario dell'Europa centro-meridionale. È formato una grossa ceppaia, da cui partono numerosissimi fusti sottili, arcuati, ricoperti da moltissime piccole spine curve. Ogni anno produce molti polloni, che si possono sviluppare anche per alcuni metri in una sola stagione. I fusti sono molto ramificati e talvolta formano un intrico impenetrabile.

periore, bianco sulla pagina inferiore.

Le foglie sono composte, formate da piccole foglie ovali, dentate, di colore verde scuro sulla pagina su-

I fusti di un anno producono, a fine primavera, o all'inizio dell'estate, delle infiorescenze che terminano a forma di pannocchia, formate da piccoli fiori bianchi o rosa. A fine estate la pianta produce i piccoli frutti verdi, che diven-

gono neri a maturazione e sono commestibili. Le more sono frutti molto apprezzati crudi, oppure utilizzati per la produzione di confetture o di liquori. Una varietà di rovo è coltivato anche nei giardini per la particolarità di non avere spine, i frutti di questo rovo non sono molto dolci da crudi, ma sono ideali per preparare marmellate. Alcuni rovi vengono coltivati come piante decorative, perché hanno fioriture molto belle.

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La sanguinella“Cornus sanguinea” è una specie botanica della famiglia delle Cornaceae. Deve il suo nome al colore delle foglie rosse in autunno e al legno duro dei suoi rami. La sanguinella è arbusto che cresce spontaneamente Le sue foglie sono semplici, opposte sono ovali e possono raggiungere una lunghezza di dieci centimetri, sono caduche. Hanno una forma ovale con il picciolo breve. La loro superficie è ruvida, pelosa e morbida. I rami più giovani assumono spesso un color rossastro. Produce bacche di cui vanno ghiotti gli uccellini. La sanguinella è un arbusto che può crescere fino ad un massimo di cinque metri. I giovani rami rossi dell'arbusto si raccolgono a fine inverno per fabbricare graticci e cesti. Dalla scorza dei rami si estrae la dimetilglicina, utile nella produzione di farmaci. La sanguinella fiorisce da maggio a giugno; i fiori sono bianchi e profumati. Vengono impollinati da diverse specie di api. Vive in Europa e l'Asia Minore. In Europa Centrale è ampiamente diffusa. Predilige terreni calcarei e cresce spesso ai margini di foreste o presso corsi d'acqua.

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Il termine generico della pianta del sambuco deriva dal greco 'sambyke' = strumento musicale costruito con i rami del sambuco privi di midollo, strumento che i latini chiamavano sambuca. Il sambuco è una arbusto cespuglioso che può raggiungere un’altezza di 6 metri, è comune in tutta Italia, Europa e in larga parte dell’America del Nord. Le foglie sono caduche, il tronco è legnoso e cilindrico dotato di molti rami, la corteccia è grigio-bruna, con profondi solchi. Le foglie sono opposte, composte (ossia formate da 5-7 “foglioline” più piccole chiamate segmenti fogliari) e di una lunghezza di circa 20-30 cm. Il margine è seghettato. I fiori hanno molteplici piani di simmetria raggiata. La corolla presenta 5 petali bianchi e all’interno ci sono 5 stami con antere gialle. I fiori si riuniscono in infiorescenze formando una sorta di ombrella. Il sambuco fiorisce da aprile a giugno. Il frutto è carnoso, sferico, di colore nero violaceo il cui diametro è di circa 6 mm. Al suo interno contiene un solo seme. Il legno è di diverse qualità, a seconda di quale parte della pianta proviene: se viene dalla parte superiore del fusto è un legno tenero, altrimenti se preso dalla parte basale è un legno duro, pesante, buono per essere utilizzato sia in lavori di tornitura che per oggetti da cucina o come combustibile. Il Sambuco può essere utilizzato anche come pianta officinale: le sue parti (i fiori in particolar modo) attivano la sudorazione e favoriscono la diuresi. Le bacche hanno proprietà lassative e vengono usate nella preparazione di marmellate e sciroppi. Vengono inoltre usati in tintoria poiché forniscono un colorante viola. Le foglie e i frutti acerbi sono altamente tossici. 22


Amenti:Raggruppamenti di fiori di forma allungata e pendule. Angiospaermae: Piante che hanno gli ovuli racchiusi nell’ovario (in contrapposizione alle Gimnosperme, che hanno gli ovuli allo scoperto) Dioica: Pianta che ha individui con soli fiori maschili e altri con soli fiori femminili. Glabro: Sprovvisto di peli. Imparipennata: Foglia composta terminante all’estremità con una fogliolina centrale. Linneo: Il grande botanico che diede nome e cognome alle piante. Linneo, medico e botanico svedese, si occupò di piante sin da giovane cercando nuovi criteri per nominare e classificare le piante note e quelle sconosciute che arrivavano dai continenti appena scoperti. Lo fece introducendo la nomenclatura binomia, ovvero assegnando alle piante (e poi agli animali) due nomi: uno per il genere e uno per la specie. Mesofili: Con questo termine si indicano boschi che necessitano di condizioni climatiche fresche e umide. Pollonifera: Pianta con rami (polloni) che partono dal terreno. Racemi: Infiorescenze con un asse principale dominante, come una spiga o un grappolo. Rachide: Organo dal quale prendono origine brevi ramificazioni secondo una simmetria bilaterale. Samara: È un frutto secco formato da un'ala membranosa, che sfrutta la forza del vento per una più ampia diffusione del seme che contiene. Sericeo: Coperto di peli setosi

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Era la fine di Febbraio , il picchio Baddy iniziò con il suo becco appuntito a bucherellare , nella parte alta del tronco, un vecchio pioppo nero. Era l’albero adatto per costruire la sua tana: inoltre nel punto preciso dove aveva iniziato a picchiettare aveva avvertito la presenza d’ insetti e di larve, il suo cibo preferito. L’uccello affamato cominciò il suo lavoro con molta energia, voleva sbrigarsi e preparare in pochi giorni la sua casetta, formata da una sola stanza , piccola ma accogliente. Dopo quattro giorni Baddy aveva finito la sua tana: essa aveva una porticina tonda come una sfera e all’interno era rivestita di morbidi trucioli di legno . Il padrone di casa guardò soddisfatto il suo lavoro, poi iniziò a battere delicatamente sul tronco; il suo sembrava un ritmo musicale dolce e delicato, adatto ad attirare l’attenzione di una picchiettina. Subito ne arrivò una molto graziosa che dopo aver osservato la tana nel pioppo e Baddy, decise di rimanere con lui e di mettere su famiglia.. Lucy depose cinque uova che covò amorevolmente e dopo alcune settimane queste si schiusero e vennero fuori quattro picchietti dal piumaggio meraviglioso, scuro come la notte più nera, ma uno,, il quinto, era bruttino, tutto spelacchiato, con piume dal colore della terra secca e un becco così corto e insignificante, che neanche si vedeva. In un primo momento tutti si spaventarono, ma poi il saggio papà Baddy disse: -E’ un vostro fratellino, lo dobbiamo aiutare perché fa parte della famiglia! Voi verrete come a caccia di insetti, mentre lui farà la guardia alla nostra casetta . A forza di guardare il picchio sviluppò una vista così acuta che riusciva a vedere i predatori da molto lontano, prima che si avvicinassero alla fitta boscaglia dove c’erano i nidi di tutti gli uccellini e a dare l’allarme emettendo un fischio lungo e fastidioso. Salvò tante e così tante volte gli altri uccellini che ben presto nessuno dei volatili si accorse più del suo aspetto un po’ mostruoso; si fece tanti amici e visse spensierato in quel bosco, per tante e tante stagioni. 25


In un bosco fitto ed ombroso era nato un pettirosso che dai suoi genitori venne chiamato Don. Venne alla luce in un nido costruito dalla sua mamma in mezzo ai rovi, vicino ad un grande abete, in una zona tranquilla e silenziosa chiamata “ Il paradiso degli animali”. Come per tutti i pettirossi appena nati, il papà portava cibo in abbondanza per farli crescere forti e robusti; più volte al giorno venivano imboccati con insetti, larve, semi, frutta e squisitissimi e teneri vermiciattoli. Passate due settimane Don cominciò ad essere autonomo, provò ad abbandonare il nido in cerca di cibo: amava seguire , come gli aveva insegnato il papà, i grossi cinghiali che smuovevano la terra e lasciavano scoperti deliziosi vermetti, il suo pasto preferito. Un pomeriggio, seguiva da tempo un cinghiale che però passeggiava tranquillo senza sforzarsi per niente a rivoltare la terra in cerca di cibo, decise allora di scendere in picchiata per pungerlo con il suo ancor tenero becco e fargli qualche dispetto. Scese come un razzo, ma andò a sbattere con forza contro la dura testa del cinghiale e si ritrovò a terra intontito e confuso. Il cinghiale non lo degnò di uno sguardo, per lui era una preda piccola ed insignificante. Un po’ malconcio Don tornò al nido e non desiderò più fare i dispetti agli altri animali, anzi da quel giorno, volando in alto, sopra le chiome degli alberi indicava ai cinghiali alle lepri, ai conigli selvatici, alle donnole dove potevano trovare più facilmente del cibo facendo loro da guida volante. Tutti nel bosco impararono a trattarlo con rispetto e a chiamarlo ” Il pettirosso bussola” perché sapeva svolgere molto bene il suo lavoro.

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Era una bella mattina d’Autunno . Una famiglia di scoiattoli che viveva tra i rami di una maestosa quercia decise di iniziare la raccolta delle provviste per la stagione fredda . Tutti gli scoiattolini saltavano continuamente da un ramo all’altro per raccogliere nocciole, noci, castagne; tutti si davano da fare tranne uno, il più piccolo dei fratellini, il simpatico Freddy. Lui chiedeva sempre alla mamma: -“Ma”, perché io non sono capace di saltare da un ramo all’altro come tutti i miei fratelli? - Sei ancora piccolo, vedrai quando saranno passati tutti i giorni dell’Autunno ci riuscirai anche tu! Freddy ascoltava con pazienza le parole della mamma e si consolava, ma desiderava tanto poter essere utile pure lui. Quando poi arrivavano i fratelli iniziava la solita” tiritera”: -Guardati quanto sei piccolo e ridicolo, non riesci neanche a raccogliere una nocciola! Ridevano e lo prendevano in giro facendo vedere le loro prodezze: corse su e giù per il tronco, salti veloci da un ramo all’altro, piroette e pure salti mortali. Il povero Freddy osservava tutti con un po’ d’invidia e con tanto desiderio d’imparare, ma niente, lui proprio non ci riusciva. Si sentiva triste e sconsolato. Una mattina arrivò il vecchio e saggio gufo del bosco per avvertire di un grave pericolo:

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-State attenti, in alcune radure qui vicino sono state viste delle martore che stavano costruendo le loro tane, vuol dire che cercheranno cibo nei dintorni. Occhi aperti e attenti ai cuccioli! I membri della famiglia non credettero tanto a quelle parole, alcuni esclamarono: -Sono le solite leggende del bosco! Pensiamo a raccogliere provviste che la brutta stagione sta per arrivare! Quando si fece buio tutta la famiglia si mise a dormire tranquilla nella tana perché stanca del gran lavoro svolto tutto il giorno. Solo il piccolo Freddy rimase sveglio, anzi dormì con un occhio chiuso e uno aperto per accorgersi di un eventuale pericolo. Era notte fonda quando sentì uno strano rumore, si affacciò dalla porticina della tana e vide una martora che si stava arrampicando velocemente sul tronco della grande quercia. Il piccolo scoiattolino si preparò e quando la martora gli arrivò vicinissima, con i suoi dentini aguzzi la morse con forza sul naso e poi la spinse con la sua coda fino a farla cadere all’indietro, giù fino a terra. La martora sparì dal bosco perché grande era la sua vergogna per essere stata attaccata e sconfitta da quel piccolo e tenero roditore. Freddy però divenne l’eroe del bosco perché aveva spaventato il peggior nemico di loro scoiattoli e ricevette pure dal sapiente gufo una medaglia per il coraggio dimostrato. Da quel giorno nessuno lo prese più in giro, si era guadagnato la stima di tutti gli abitanti del bosco .

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All’inizio di un piccolo bosco scorreva un fiume, il Musone, e lungo i suoi argini crescevano grandi salici piangenti. Sotto le radici di uno di questi alberi viveva una famiglia di tassi: il papà era abilissimo costruttore di gallerie, tunnel e cunicoli… Tutti i giorni ripeteva ai suoi tre cuccioli: -Dovete imparare tutti i segreti delle costruzioni sotterranee, osservate bene! Le gallerie devono essere collegate e dobbiamo prevedere anche quattro uscite di sicurezza, ben nascoste sotto le siepi per quando arriveranno i nostri predatori. Gigi, il più grande dei fratelli, cercava d’imparare tutto, osservava con attenzione il papà e poi provava e riprovava a scavare un tunnel, ma niente; tutti i tentativi erano vani perché le sue gallerie crollavano sempre. Lui ci rimaneva proprio male: i suoi fratelli già sapevano costruire tunnel comunicanti e si divertivano un mondo a rincorrersi, a nascondersi e a ritrovarsi. Un giorno che era proprio sconsolato trovò, scavando con il suo unghione ricurvo, vicino all’argine del fiume un libro degli scout sui segreti della natura. Sfogliando le pagine vide bellissime immagini di pigne allineate una sull’altra, così da formare speciali colonne, incollate e lucidate pure con un intruglio speciale fatto di miele, fango secco e resina di tiglio. Gli venne un’idea geniale; usare le pigne per fare colonne leggere, ma resistenti. Si procurò tutti gli ingredienti e formò la colla lucida e appiccicosa che gli rimase tra le unghie per settimane e settimane. Alla fine però costruì una splendida tana, come non si era mai vista, con colonne originali e resistenti che sostenevano perfettamente tutte le gallerie. Ben presto si sparse la voce tra gli animali che c’era da poter visitare un magnifico e originale rifugio, chiamato: La supertana di Gigi. Ancora oggi arrivano da ogni parte delle Marche comitive di tassi che vanno ad ammirare tutto l’ingegno e il talento” del grande Gigi.” 29


Era autunno e uno scoiattolo di nome Squitty cercava lungo le rive del fiume Musone le provviste per l’inverno. Mentre Squitty vagava, si fermò davanti ad un altissimo pioppo nero e urlò: -Mi faresti da riparo per il mio letargo? Il pioppo rispose: -No mi dispiace tanto, ma sto già ospitando tre famiglie di scoiattolini. Più tardi Squitty incontrò una robinia ma anch’essa disse: -Non sono mica un albergo! Sto già ospitando troppi ghiri, non ne posso più di questo russare. Dopo tante ore di ricerca improvvisamente lo scoiattolino si trovò davanti ad un’enorme e bella quercia e le chiese: -Posso fare la mia casina nel tuo tronco finché non mi sveglio dal letargo? La quercia gli rispose: - No, non puoi rovinare il mio bellissimo tronco. Squitty andò via tutto disperato, allora la quercia lo richiamò per fargli una proposta: -Puoi fare un buchino nel mio tronco solo se trovi un metodo per attaccare le mie foglie che stanno cadendo a terra, così sarò la più bella di tutto il bosco. Lo scoiattolino accettò la proposta e si mise a pensare a come risolvere il problema. Saltellando di qua e di là gli venne l’idea di andare a trovare suo cugino Scatto che aveva la tana su un alto pino.

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Mentre si arrampicava velocemente sul tronco, la sua zampina gli rimase incollata in una sostanza appiccicosa di color giallino trasparente. - Aiuto, aiuto sono intrappolato! Immediatamente il cugino che stava facendo la doccia, intervenne in suo soccorso e lo salvò lanciandogli una cordicina formata da nervature di foglie unite tra loro da piccolissimi nodi. -Grazie che mi hai liberato!- esclamò lo scoiattolino. Subito dopo i due andarono nella tana di Scatto e, Squitty chiese: -Che cos’ è che cos’è quella sostanza così appiccicosa? Scatto gli rispose: -E’ la resina, mi meraviglio che tu non lo sappia. A quel punto Squitty ebbe una magnifica idea. Finalmente aveva trovato una soluzione. Si era accorto che quella sostanza così appiccicosa poteva essere utile per incollare le foglie della quercia. Più tardi Squitty s’incamminò alla ricerca di qualcosa per trasportare la resina. All’improvviso inciampò su un cappellino di una ghianda ed esclamò: -Ah ah questo è l’oggetto giusto, lo chiamerò il cappellino magico. Di notte, mentre la quercia russava beatamente, Squitty si mise all’opera. Per far prima si fece aiutare da Scatto e da tutti i suoi amici e parenti: c’era chi metteva la resina nei cappellini, chi la spalmava sui rami della quercia e chi invece attaccava le foglie. Il mattino dopo la quercia si svegliò e vide la sua chioma bella, folta e con una varietà di magnifici colori. -Sono meravigliosa, sarò invidiata da tutti gli alberi del bosco. Chi ha fatto tutto questo per me?

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Gli scoiattolini esclamarono felici in coro: -Siamo stati noi a riempire la tua chioma di bellissimi colori sfumati. La quercia stupita del lavoro fatto disse rivolgendosi a Squitty: -Bravo scoiattolino, hai risolto il difficile problema perciò ti lascerò libero di fare una tana nel mio tronco e potrai abbellirla come vorrai. Squitty ringraziò e provò a darle un consiglio: -Anche se tu sei bella, non ti devi dare tutte queste arie altrimenti potresti rimanere senza amici.

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In una cavità di una vecchia quercia viveva un lupo solitario, chiamato Achela, che era abilissimo a cacciare cinghiali, capre, pecore e teneri agnellini. Ogni mattina si svegliava, infatti, con una fame da lupo e si preparava per la caccia quotidiana. Un giorno di Aprile Achela, con il suo olfatto finissimo avvertì la presenza di ovini nella radura poco lontana dalla sua tana: aveva già l’acquolina in bocca pensando al bel pranzetto che avrebbe fatto. Con un ululato lungo e lamentoso avvisò gli altri lupi della zona di prepararsi alla caccia perché c’erano prede da catturare. In pochi minuti si dispose ai bordi della radura un numeroso branco di predatori che, aspettando il momento adatto, lentamente si preparavano a stringere il cerchio intorno agli ovini controllati da tre cani pastore. Il caso sembrava favorirli: erano rimasti indietro cinque piccoli agnelli che belavano spaventati per attirare l’attenzione dei genitori. Achela con i suoi aiutanti di caccia si avvicinò per azzannarli e ucciderli in pochi secondi, ma si era accorto di tutto un vecchio cane pastore che con coraggio si avventò contro il capobranco. Il lupo cercò di colpirlo con una zampata poderosa: ringhiava e aveva gli occhi rossi come il sangue, ma il cane fu più veloce e con le sue unghie nere gli provocò una ferita nell’occhio destro. Achela emise un gemito fortissimo, si fermò un attimo, guardò negli occhi quell’avversario e poi indietreggiò facendo ritirare tutto il branco. Tornò sconsolato nella sua tana, tenendo chiuso l’occhio ferito e quel giorno si accontentò di mangiare solo qualche bacca, alcune ghiande e due cavallette che trovò addormentate sulla siepe che ricopriva l’ingresso della sua tana. Pensò che a volte è meglio un pasto poco soddisfacente che correre un grosso pericolo. 33


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Hanno partecipato tutti gli alunni delle classi 3A e 3B della scuola primaria “Marta Russo” dell’IC “Fratelli Trillini” Osimo

BENIGNI BINCI CAPUTO CARLETTI CARPERA CATUOGNO DERMANI FALCIONI FONTANAROSA GHISU GIOVAGNETTI IZZO MARASCA MARCHRGIANI MARINELLI MARZOCCHINI MASSACCESI MUSTAFI PALUMBO PELINGU PISTELLI PISTOSINI PIZZICHINI SANHAGI SPINA

AFFINITO AGOSTINELLI AGOSTINELLI BELLOTTI BELLUCCI BERRAHALE BRUGIAVINI CASTIGNANI COLETTA DELLA MARRA DI MARTINO EVOLI FEDERICO GARITO GAZZELLINI HATIOUCH KORRIKU LUCCHESI RAIOLA SAPONARA SCARPONI STRAPPATO TEOLI TOMARELLI TORRENTE

REBECCA LODOVICO SAMUELE JACOPO TOMMASO FRANCESCO JACOPO ALEXANDER MATTEO ALESSIA VITTORIA AURORA CHIARA EDOARDO NICO ARIANNA ELENA LEILA ILARY BORIS ANGELO LEONARDO EMMA ABDEL RAHMAN MATILDE

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KRISTIAN DIEGO FILIPPO ANTONIO DANIELE NADIA ALESSANDRO EDOARDO NICOLO’ CHIARA TOMMASO CRISTIAN KEVIN ANNA MICHELE MOLKA MELISSA VALENTINA ASIA ELISABETTA ALICE LUCA PAOLA ALESSANDRO ALESSANDRO


I veri insegnamenti arrivano dai grandi...

“Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già creata.” (Albert Einstein)

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