Amici del Musical 07 Italia

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amici del

musical

I tranta anni della Compagnia della Rancia Sugar Gypsy Federico Bellone Gianluca Sticotti Giò Di Tonno Giulia Odi

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07italia|2013


Trent’anni, e non sentirli di Saverio Marconi

Ti svegli una mattina e ti accorgi che sono passati 30 anni! 30 anni da quando è nata la Compagnia della Rancia. Avevo 35 anni in quel lontano 1983. Qui non vorrei ricordare tutti gli spettacoli fatti, tutte le persone che hanno creato e fatto crescere la compagnia, ma fare delle riflessioni su questi anni trascorsi: praticamente metà della mia vita. Ero in un momento molto bello della mia 1 carriera d’attore, protagonista di un film che ha vinto Cannes, Nastro d’argento e Valentino d’oro come interprete, protagonista di quattro film presentati in due edizioni del festival di Venezia, copertine su varie riviste… ma quello non sarebbe stato il mio percorso, il destino mi indicava un’altra strada. La mia passione per costruire qualcosa insieme ad altre persone, la mia passione per scoprire nuovi orizzonti mi ha dato la forza di far nascere la Compagnia della Rancia in un piccolo paese delle Marche. Molti dicevano che sarebbe stato impossibile partire dalla provincia, ma noi eravamo testardi; abbiamo smentito quei “molti”! La passione per il musical l’ho sempre avuta, fin da piccolissimo! Per for-


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tuna non so cantare, altrimenti ora – forse - sarei un interprete e non un regista. Molti dicevano che non era possibile fare il musical in Italia perché non apparteneva alla nostra cultura e non c’erano interpreti in grado di farlo; non abbiamo mai creduto a questi banali pregiudizi, non li abbiamo ascoltati, abbiamo solo tentato di dimostrare il contrario e abbiamo smentito quei “molti”! Che emozione, che soddisfazione, che energia ci hanno dato gli applausi che ci confermavano 2 che il musical piaceva in Italia, gli applausi che confermavano che i nostri sconosciuti interpreti erano bravissimi… Credo che per fare il musical, che di seguito chiamerò TEATRO MUSICALE, bisogna prima di tutto conoscere il teatro. Per fortuna la Compagnia è stata sempre diretta da persone che venivano dal teatro di prosa e questo è stato un fondamentale aiuto per il raggiungi3 mento dei nostri obiettivi. Non farò molti nomi in que-


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1. Tommaso Paolucci, Saverio Marconi e Michele Renzullo al teatro Vaccaj di Tolentino 2. La Piccola Bottega degli Orrori 3. A Chorus Line 4. Pinocchio 5. The Producers 6. Grease 7-8. Cantando Sotto La Pioggia 9. Frankenstein Junior 10. Cats

ste mie riflessioni ma non posso dimenticare Pietro Garinei. è stato Garinei che ha creduto e riconosciuto il valore della Compagnia della Rancia e ci ha aperto le porte del più prestigioso teatro italiano della commedia musicale: il Sistina, quando era ancora IL SISTINA! Per molti anni abbiamo presentato i nostri spettacoli in quel teatro: grazie, Pietro e come eri solito dire: EVVIVA! Che battaglie abbiamo sostenuto per dimostrare che i testi delle canzoni dovevano essere tradotti nella nostra lingua. Quante critiche ci siamo presi, quanta “puzza sotto il naso”abbiamo dovuto sopportare. Poi i maggiori detrattori, privi di un minimo di coerenza, hanno cominciato ad imitarci traducendo le canzoni in italiano. Dopo 10 anni dalla fondazione è nato il nostro primo spettacolo di Teatro Musicale tutto italiano e inedito: Fregoli. 5 Non è stato facile per noi affrontare questa sfida ma il grande desiderio di costruire spettacoli nuovi ci ha fatto superare ogni ostacolo ma ci ha anche fatto sbagliare. Abbiamo capito che per creare un nuovo spettacolo bisogna conoscere prima di tutto la drammaturgia, abbiamo capito che non bastava mettere dei numeri musicali e qualche coreografia per fare


Le foto sono di: 1. Anna Bulfon 2. Giovanni Montenero e Fabio Parenzan 3. Sandro D’Ascanio 4. Sandro D’Ascanio 5. Antonio Agostini 6.Giovanni Montenero e Fabio Parenzan 7. Igor Guerrini 8. Antonio Agostini 9-10. Alessandro Pinna

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uno spettacolo musicale. I nostri grandi compositori del passato ce l’hanno dimostrato ampiamente con le loro opere. Questa voglia di nuovi spettacoli è continuata nel tempo e dopo 20 anni dalla fondazione è nato uno degli spettacoli musicali simbolo della compagnia: Pinocchio. Questa voglia di nuovo non si è esaurita! Il Teatro Musicale ha avuto una grande diffusione anche grazie a molte star che hanno partecipato ai nostri spettacoli e qui le ringrazio tutte! Siamo stati criticati anche per questo: usare nomi famosi per attirare pubblico. Che stupidaggine! Evviva le star che attirano pubblico, che fanno aumentare il numero di spettatori e che diffondono la passione per il Teatro Musicale! Gli stessi che ci criticavano hanno poi seguito la nostra strada. Per noi il teatro deve essere popolare e avere successo di cassetta senza dimenticare la qualità e la professionalità. Non è facile far tornare i conti; 7 questi sono stati i momenti più difficili per la nostra compagnia, quando il successo non combaciava con l’incasso!


8 La passione e la dedizione al nostro lavoro ci ha fatto incontrare una persona che ha creduto e crede in noi, che con animo artistico ci ha aiutato per gli ultimi 10 anni: grazie Marco! Abbiamo creduto per molto tempo che in Italia, come in molti altri paesi, ci fosse la possibilità di fare la lunga tenitura. Sbagliavamo! Una grande produzione mondiale arrivata in Italia per tentare l’avventura di rendere Roma e Milano simili alle grandi capitali mondiali ha fallito. L’Italia è un paese diverso da tutti gli altri, nel bene e nel male, ma diverso. Diverso deve essere quindi anche il nostro approccio e questa sarà la nostra prossima sfida! Non saremmo arrivati a 30 anni se la Compagnia della Rancia non avesse avuto dei collaboratori validi, pieni di passione e col desiderio di crescere e migliorare sempre. La forza della Compagnia è proprio il gruppo! 9 Nel tempo i collaboratori cambiano, si alternano perché si modifica il percorso, ma è la continua ricerca che ci da la forza di andare avanti! Per una compagnia teatrale il traguardo di 30 anni non è facile, soprattutto mantenendo sempre lo stesso nome. Quante compagnie nascono, muoiono, cambiano nome: ma non è la stessa cosa! Sono pochissime le compa-


gnie nella 10 storia del teatro italiano che possono vantare questo record e di questo ne siamo molto orgogliosi. Arrivati a 30 anni di attività ci sembra ora importante incominciare a pensare di lasciare un’eredità alle prossime generazioni di appassionati del Teatro Musicale nella speranza che il nome “COMPAGNIA della RANCIA” duri almeno altri 30 anni! Poiché come ha scritto Giorgio Strehler “Un vero discorso teatrale è possibile soltanto se vi è una comunità che vive, che lavora assieme”, vogliamo ringraziare tutte le persone che hanno collaborato con noi, che sono cresciute con noi: i direttori di scena, i macchinisti, gli attrezzisti, i datori luce, gli elettricisti, i fonici e i microfonisti, le sarte, le parrucchiere, le truccatrici, i laboratori scenografici, i trasportatori e i facchini. Gli organizzatori, i grafici, gli amministrativi, gli uffici stampa, i responsabili gruppi, i responsabili dei siti internet, le segretarie. I registi, i registi associati, i coregisti e tutti gli assistenti dei vari reparti. Gli scenografi, i costumisti, i creatori del disegno luci e fonico, i coreografi, i compositori, i parolieri e i traduttori e tutti i musicisti compresi i preparatori vocali e i direttori, e infine tutti gli interpreti. è giusto chiudere queste riflessioni sui 30 anni della Compagnia della Rancia con tre nomi più uno: Marco Michele Saverio e Tommaso



La grande festa della Rancia A Tolentino una serata senza precedenti e una grande mostra per i trenta anni della Compagnia fondata da Saverio Marconi di Alessandro Caria Giovedì 11 luglio a Tolentino è stata festa! La Compagnia della Rancia, diretta da Saverio Marconi, ha infatti compiuto trenta anni di attività. è stata festa per tutti gli artisti – arrivati per l’occasione da ogni parte d’Italia – che hanno lavorato in questi anni con le celebre compagnia marchigiana. è stata festa anche per tutti gli appassionati del genere musical, ai quali Saverio Marconi & Co. hanno regalato tanti straordinari spettacoli. La festa è cominciata con il vernissage dell’imponente ed evocativa mostra allestita nel salone del secondo piano del Castello della Rancia, “Compagnia della Rancia 1983-2013: trent’anni di spettacoli”. Il Castello della Rancia di Tolentino per la prima volta ospita la compagnia che ne porta il nome e lo diffonde in tutta Italia dal 1983. La mostra, organizzata dal Centro Teatrale Sangallo - la scuola di teatro

fondata e diretta da Saverio Marconi a Tolentino nel 1980 e da cui nel 1983 è nata la Compagnia della Rancia - è il risultato di un intenso lavoro di recupero degli archivi e dei magazzini, per immergersi – tra grandi star, elementi di scenografia e sfarzosi costumi – nelle magiche atmosfere del teatro musicale. L’allestimento, curato in maniera superba dallo scenografo Gabriele Moreschi con la collaborazione del laboratorio di scenografia della Compagnia della Rancia, svela, attraversando trent’anni di produzione teatrale, tutte le fasi dell’allestimento di uno spettacolo, dai bozzetti preparatori alla costruzione delle scenografie e al lavoro di sartoria, gli spartiti musicali, etc… Il progetto grafico e la scelta dei materiali d’archivio, frutto di uno straordinario e prezioso lavoro curato da Anna Ciottilli, Sara Maccari e Stefania Sciamanna, riesce a rico-


struire brillantemente le tappe fondamentali della Compagnia attraverso centinaia di fotografie di scena e scatti inediti. Un vero viaggio nella memoria teatrale e “personale” per ciascun visitatore. è stato magico tornare indietro nel tempo... Appena si attraversa l’esposizione si è avvolti da quella poesia e da quella emozione che solo il Teatro può dare: per chi ne è stato protagonista significa nostalgia, ricordi, amicizie; per chi ne è stato spettatore significa emozione, risate e qualche lacrimuccia di commozione. Ecco allora che ci accoglie la macchina Anni Cinquanta di Grease… le suggestive foto in foto di Lello Busiello e Massimo Davico

bianco e nero dei tanti interpreti italiani di A Chorus Line (quelle con cui termina il numero I Hope I Get It, per intenderci) insieme ai mitici cappelli a cilindro che ‘piovono’ dal soffitto insieme a tanti costumi e scarpe di scena di altri spettacoli… gli ombrelli di Cantando sotto la pioggia, le colonne di Jesus Christ Superstar, la tinozza di Sette spose per sette fratelli, la moto di Happy Days insieme al camino di Frankenstein Junior e tantissimo altro ancora che forse è giusto non svelare per non togliere la sorpresa a quanti si recheranno a vedere la mostra nei prossimi mesi! La festosa serata, inserita nell’am-


bito della XXVII edizione della Biennale Internazionale dell’Umorismo nell’Arte, doveva proseguire in piazza, ma visto il temporale abbattutosi nel pomeriggio si è optato per ‘rifugiarsi’ nel Cineteatro Don Bosco, pieno all’inverosimile e con tanta gente in piedi. Prima standing ovation quando sale sul palco un emozionatissimo Saverio Marconi, nelle vesti di presentatore, con accanto il fidato Michele Renzullo. I due raccontano qualche curiosità: Marconi ricorda la piccola bugia detta a Renzullo per convincerlo ad andare a Tolentino per aprire una Scuola di Teatro (“Dai, Tolentino si trova solo ad un'ora da Roma"), poi

spiega il nome della Compagnia (“Serviva un nome importante per la nostra Compagnia, così pensammo al Castello della Rancia di Tolentino che sta lì da secoli e ci ha portato bene, visto che dopo 30 anni siamo ancora qui”) e infine ricorda con tanta commozione l’indimenticato Tommaso Paolucci. Poi, tra un video e l’altro (che hanno raccontato la storia della Compagnia) a salire sul palco sono stati vari artisti che hanno ricordato e cantato alcune celebri canzoni degli show che si sono succeduti in tre decenni… magari i numeri non sono stati tecnicamente perfetti ma proprio per questo ancora più



“veri” e sentiti, come il momento richiedeva... si è partiti con Manuel Frattini nel tango di Piccola Bottega degli Orrori (l’incontro della Compagnia con il Musical); poi uno scatenato Giampiero Ingrassia ha cantato Sandy e un numero corale di Grease insieme agli interpreti e ballerini presenti che vi hanno preso parte; poi di nuovo Frattini (introdotto da Stefano D’Orazio) con la struggente La mia notte dei miracoli da Pinocchio. Sale sul palco Fabrizio Angelini, fulgido esempio di artista cresciuto nella factory marchigiana del musical e diventato eclettico regista e coreografo, che ricorda insieme a Marconi il suo primo provino... è poi la volta di Valeria Monetti che esegue magistralmente Solo lui da Sette Spose per Sette Fratelli. Davvero esilaranti sono gli auguri fatti alla Compagnia dagli Oblivion con un sorprendente video-omaggio. Si va avanti con la bravissima Sabrina Marciano che canta con gusto Din-Don-Dan da Bulli e Pupe. La stupenda voce di Alberta Izzo ci fa ascoltare La musica

sa cosa vuole il cuore da Tutti Insieme Appassionatamente… e ancora Valentina Gullace con l’intensa Non so chiamarlo amore da Jesus Christ Superstar… ritorna Frattini con Mauro Simone e cantano Un vero amico da Pinocchio (anche qui sono intervenuti alcuni interpreti dei vari cast presenti alla serata). Chiara Noschese ricorda con Marconi l’importanza dell’umorismo nel Teatro e una spassosissima Giulia Ottonello canta, coadiuvata da Federica Baldi, la storica Memory da Cats. Gran finale con Renata Fusco che canta con sincera emozione L’ho fatto per amore da A Chorus Line, numero emotivamente devastante dove i ballerini (eternamente in cerca d'autore) ci ricordano l’amore e la passione per il loro lavoro… con quel “ma di te, ma di voi, non mi scorderò” cantato insieme a tutti (sul palco alcuni degli interpreti delle tre edizioni, in platea gli altri artisti presenti), con le lacrime agli occhi e il groppo in gola. Buon compleanno, Compagnia della Rancia!


Amici del Musical www.amicidelmusical.it sito ideato da Franco Travaglio webzine issuu.com/amicidelmusical ideazione, coordinamento editoriale, progetto grafico e impaginazione Francesco Moretti in redazione Alessandro Caria, Enrico Comar, Laura Confalonieri, Sara Del Sal, Diana Duri, Roberta Mascazzini, Roberto Mazzone, Valeria Rosso, Enza Adriana Russo, Franco Travaglio si ringrazia Saverio Marconi, Sara Maccari n. 07italia|2013 22 luglio 2013

Abbiamo fatto il possibile per reperire foto autorizzate e ufficiali. Per ogni informazione e/o chiarimento scrivete a: francesco.moretti@gmail.com


Facts & Figures

Ouverture Trent’anni e non sentirli La grande festa della Rancia

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Le recensioni Sugar - A qualcuno piace caldo Gypsy

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Le interviste Federico Bellone Gianluca Sticotti Giò Di Tonno Giulia Odi

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In breve

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A tutti piace caldo L’incontenibile trio Mattera-Ginepro-Pignatelli nel riuscitissimo remake di “A qualcuno piace caldo”  di Roberto Mazzone Stagione di anniversari da celebrare, quella appena conclusa, per Federico Bellone, prima regista autore (e co-produttore) del musical Titanic – Il racconto di un sogno (accolto tiepidamente da critica e pubblico, n.d.r.), a 100 anni dal tragico affondamento; in seguito, lo troviamo alla guida del revival del musical A qualcuno piace caldo, tratto dall’omonimo film del 1959 firmato da Billy Wilder. Bellone ha scelto di ricordare l’icona Marilyn Monroe a cinquant’anni dalla sua scomparsa attraverso l’estrosa figura di Justine Mattera e, a questo scopo, ha aggiunto nel titolo il nome Sugar. Questa edizione, prodotta dalla neofita Wizard Service insieme al Teatro Stabile di Verona e con la collaborazione organizzativa della Compagnia della Rancia (che già aveva messo in scena lo spettacolo nella stagione 2000/2001) ha debut-

tato il 26 e 27 marzo scorso all’Europauditorium di Bologna, dopo una serie di anteprime; in particolare, in queste righe, ci si riferisce al debutto torinese dello spettacolo, avvenuto presso il teatro Alfieri, lo scorso 16 aprile. La prima cosa che colpisce dell’allestimento è la scelta di realizzare l’intero spettacolo inseguendo alcune suggestioni di tipo cinematografico (utilizzo del bianco e nero); un po’ come portare il cinema sul palcoscenico, intuizione molto apprezzata dal pubblico in sala, soprattutto perché rende al meglio l’atmosfera del “proibizionismo” americano e l’intera contestualizzazione dello spettacolo. Le coreografie di Gillian Bruce sono fresche, dinamiche e ammiccanti quanto basta. Lo stesso si può dire per la direzione musicale di Simone Giusti e per la traduzione di testi e liriche di Michele Ren-


zullo (le liriche aggiunte per questa edizione portano la firma di Franco Travaglio). In generale, lo spettacolo pone al centro dell’azione scenica la musica jazz, proprio come elemento hot, derivante dal titolo originale dell’opera. Convincente Justine Mattera nel ruolo di Zucchero Candito; chi meglio di lei può vestire i panni di Marilyn? Dolce, svampita e - all’occorrenza, decisa femme fatale, che non riesce a instaurare relazioni durature con l’altro sesso e cerca continuamente consolazione nell’alcool. Vere rivelazioni dello spettacolo, per simpatia, grinta e soprattutto


spirito di adattamento, sono Christian Ginepro e Pietro Pignatelli, nei panni di Jerry e Joe, due squattrinati musicisti, loro malgrado testimoni della “strage di San Valentino”. Costretti a fuggire, si ritrovano all’interno di un’orchestra di sole donne, nei panni di Dafne e Josephine. E da quel momento, i colpi di scena non mancheranno… I due attori si dimostrano una coppia davvero collaudata sulla scena e rappresentano l’elemento trainante di tutto lo spettacolo, insieme a tutto il resto della compagnia: Annamaria Schiattarella, Silvano Torrieri, Giorgio Avanzini, Manuel Mercuri, Federica Nicolò,

Giulia Patti, Chiara Rosignoli e Chiara Vecchi. E cosa dire del duetto-in-tango tra Christian Ginepro (Dafne) e il simpaticissimo Mimmo Chianese (Osgood)? Solo quello vale tutti gli applausi della serata e resta impresso nella memoria, forse ancora più dell’immancabile battuta finale: “Nessuno è perfetto!”. Dopo la pausa estiva, il musical si prepara già a ripetere il successo della prima tranche di rappresentazioni, con una nuova tournée, che partirà l’8 novembre prossimo da Saronno, per toccare i principali teatri italiani (Genova, Pavia, Roma e Milano quelli finora confermati).


Si ringrazia Cristina Cozzi (ufficio stampa MAS) ‘per le foto


Ma sul palcoscenico questo Gypsy non va Non convince la versione italiana di uno dei grandi classici del teatro musicale americano di Enrico Comar Nello scrivere questo articolo, forte era il timore di fare una recensione poco oggettiva, avvelenata dalla rabbia e dalla frustrazione dovuta non tanto al fatto di aver assitito ad uno spettacolo oggettivamente mediocre (di quelli ce ne sono a decine, anche di gran lunga peggiori, come è lecito che sia) ma, in un momento così delicato e importante per il musical italiano, dal veder giungere sui circuiti del grande teatro e quindi ad una visibilità di prim’ordine (come inevitabilmente impongono un nome di tale spicco nel cast e M.A.S. e Poltronissima alla produzione) uno spettacolo che rischia seriamente di dare un’idea distorta di cosa un musical può (e deve) essere. Spettacolo tra i più amati d’oltreoceano (con attrici del calibro di Angela Lansbury e Bernadette Peters), Gypsy racconta la vera storia di Rose, madre ambiziosa e ossessiva nell’America degli anni ‘30 (Loretta

Goggi) pronta a tutto pur di dare alle figlie quel successo che a lei è stato negato, trascinandole in un calvario verso la fama (che alla fine giungerà, seppure in forme diverse rispetto ai progetti di Rose) che la porterà a sacrificare l’amore del fedele impresario Herbie (Sergio Leone) e i rapporti familiari pur di coronare le proprie ambizioni. Abbandonata dalla talentuosa primogenita June (Eleonora Tata), Rose riversa le sue attenzioni sulla timida Louise (Gisella Szaniszlò), che troverà un inaspettato successo come diva del burlesque col nome di Gypsy Rose Lee. Un classico a suo modo anomalo, a tratti più simile ad una piéce con canzoni, che ad un musical vero e proprio.Vìola apertamente le regole del genere, utilizzando la musica nei momenti descrittivi e di raccordo (tolti i brani inclusi nei consueti numeri di “spettacolo nello spettacolo“,


restano una manciata di canzoni, la cui efficacia si regge più sugli affilati testi di Stephen Sondheim che sulle musiche di Jule Styne), affidando invece quelli più determinanti quasi interamente alla prosa, forte di una scrittura teatrale (di Arthur Laurents) solida e calibrata, ma anche alquanto delicata. Il progetto offriva più di una ragione per essere memorabile. Innanzitutto il ritorno sulla scena di una tra le più importanti dive del palcoscenico italiane (assente dalle scene dal 2010, in seguito a gravi problemi familiari), oltre naturalmente all’occasione di eseguire per la prima volta nel nostro paese uno dei classici del teatro

musicale americano e alla sfida di proporre al pubblico italiano un musical per certi versi “diverso”, impegnativo e non facile, che non lascia comode vie di fuga tra scene spettacolari o numeri musicali di facile presa sul pubblico, ma costringe ad una sapienza registica non banale, offrendo (proprio in virtù della sua intrinseca imperfezione) grandi opportunità, e il cui equilibrio si regge fondamentalmente su due fattori: un’efficace resa della complessa figura di Rose e la capacità di rievocare e far comprendere allo spettatore il periodo storico e il contesto sociale e culturale che fa da sfondo alla vicenda.


Se il primo obiettivo può dirsi discretamente ottenuto grazie all’indubbia esperienza e capacità attoriale della protagonista, il secondo (di per sé difficile da rendere agli occhi del pubblico non americano) viene invece totalmente ignorato dal regista Stefano Genovese, che, al contrario, sembra voler annullare qualsiasi tentativo di rievocazione storica (i costumi di Matteo Piedi, autore anche delle scene, per esempio, non solo evitano ogni cura filologica, ma non cercano nemmeno di evocare l’epoca, tentando piuttosto di aderire al carattere dei personaggi), optando per un allestimento quasi decontestualizzato che, forse per

enfatizzare la grottesca parabola di Rose e dei suoi compagni, calca la mano sui toni kitsch e caricaturali (imbarazzanti i personaggi delle bambine affidati a attrici più che ventenni, dalle vocine squittenti), evolvendosi solo nell’ultima parte verso virate più glamour e classiche, aiutato (se così si può dire) da scenografie naif e dalle monolitiche luci di Valerio Tiberi. Il risultato è però straniante e finisce solo per confondere il pubblico e impedire un contatto autentico con i personaggi. Orchestra preregistrata, ovviamente. Microfoni e altoparlanti al massimo anche nei momenti parlati (impianto audio monofonico, con l’irritante e


bizzarro effetto di voci stentoree palesemente provenienti dai lati del palco indipendentemente dalla posizione dell’attore sulla scena), con suoni impastati nelle parti cantate, rendendo non solo difficile valutare la qualità degli arrangiamenti e delle esecuzioni, ma impedendo a volte la comprensione stessa dei testi delle canzoni (tradotti dallo stesso regista con una certa cura). La protagonista, che pure si dona generosamente al personaggio, è penalizzata da uno strumento vocale ormai alquanto compromesso, i cui limiti, nonostante una certa abilità nell’utilizzare trucchi e accenti espressivi per eludere le difficoltà,

alla lunga vengono visibilmente a galla (con oltretutto un forte sospetto di uso del playback in almeno un paio di occasioni). Il resto del cast sembra scelto soprattutto per non far sfigurare la star dello show. Ed è triste che in un paese in cui i talenti certo non mancano (come il pubblico del Rossetti ha avuto occasioni di constatare più volte quest’anno) si decida di affidare uno spettacolo del genere ad un gruppo di artisti, non certo privi di capacità (Gisella Szaniszlò ha alcuni momenti davvero toccanti e l’ottimo Matteo Tugnoli concede un numero di ballo, su coreografia di Stefano Bontempi, di grande effetto), ma intrappolati in un


campo non loro e soprattutto mal serviti da una regia assente, con risultati spesso del tutto deludenti. Unico ad uscirne a testa alta è Sergio Leone; anche lui, a voler ben guardare, decisamente poco avvezzo al canto, ma in grado di delineare un personaggio autentico e commovente. Lo spettacolo arranca durante tutta la prima parte senza riuscire a dare corpo e voce ai propri personaggi, appesantito soprattutto dalle mediocri parti musicali, che spesso turbano e rallentano l’azione scenica. Il secondo atto offre qualche timido miglioramento e i pochi momenti davvero interessanti si concentrano nell’ultima parte (il confronto tra

madre e figlia, il monologo finale di Rose, in cui la Goggi indubbiamente da il meglio di se), in ogni caso troppo tardi per la pazienza del pubblico del Rossetti che accoglie lo spettacolo con timidi applausi di circostanza e qualche fuga dalla platea nella pausa tra il primo e il secondo atto. Fuori luogo anche il discorsetto di commiato della protagonista “forse vi aspettavate qualcosa di diverso […] non è il solito musical tutto paillettes e lustrini”, maldestro e abbastanza irritante tentativo di salvare la faccia (scaricando oltretutto le colpe su una presunta incompetenza del pubblico) di fronte alla palese mediocrità dello spettacolo offerto.


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Il sogno americano Un fiasco, un successo, una trasferta in America: una stagione molto intensa per il regista Federico Bellone di Roberto Mazzone Momento d’oro per Federico Bellone, che si prepara a una stagione 2013/14 altrettanto ricca d’impegni quanto quella appena trascorsa, nonostante la tiepida accoglienza da parte di pubblico e critica al suo Titanic. La versione in musical dell’evergreen di Billy Wilder, A qualcuno piace caldo, si prepara al secondo anno di tour, e già sono annunciate importanti piazze (Genova, Pavia, Firenze, Roma, Milano) a partire dal prossimo mese di novembre. Nel frattempo, il giovane regista, autore e produttore racconta alla nostra webzine la gratificante esperienza professionale vissuta in California come regista associato in un revival del musical Show Boat. E si prepara al suo debutto come regista di prosa, al Todi Festival il 30 e 31 agosto, con il testo di Aurora Faccani, American Bar. Che bilancio tracci di questa stagione?

“Una stagione purtroppo molto dura a causa della situazione economica del nostro paese, che per quanto mi riguarda ha visto da una parte un flop e dell’altra un grande successo. Infatti, dopo un workshop riuscitissimo, la versione musicale per il palcoscenico di Titanic non è risultata come speravo, collezionando uno scarso interesse da parte del pubblico e delle critiche miste tendenti al negativo. Le ragioni sono molteplici, ma basti comunque pensare che il punto di riferimento di coloro che fanno teatro commerciale, Broadway, vede ogni stagione pochissimi successi di pubblico e critica rispetto al numero degli spettacoli prodotti. Il lato positivo di questa esperienza è stato il comprendere pienamente delle cose da non ripetere e, soprattutto, il migliore cast a livello umano con cui abbia mai avuto a che fare, oltre che artisticamente di altissimo livello.


Dall'altro lato della medaglia la trasposizione a musical della celebre pellicola di Billy Wilder, A qualcuno piace caldo, che ha conquistato totalmente pubblico e critica in maniera entusiastica, con la nascita di una nuova produzione capacissima, la Wizard, che si è distinta nonostante la prima esperienza produttiva e la recessione. Lo spettacolo riprenderà quindi anche la prossima stagione ripartendo da Saronno l'8 novembre, per poi toccare tutta l'Italia. Todi Festival 2013: come è nata la collaborazione? Puoi raccontarci qualcosa su American Bar, il tuo primo progetto a non essere totalmente un musical, se non erro? “Ho ricevuto una telefonata dal direttore artistico, Silvano Spada, che aveva seguito il mio percorso e che mi ha offerto questa regia. American Bar è un testo di prosa drammatico originale, scritto da Aurora Faccini, ed è una fotografia dei giovani nell’Italia del primi anni '60, visti per la prima volta come categoria a sé stante e non più unicamente legata

ai propri genitori. Lo spettacolo fornisce lo spunto ad un’indagine su come i giovani d’oggi siano proprio una conseguenza di quella generazione del dopoguerra.” Raccontaci qualcosa sull'esperienza californiana di Show Boat... “è stata in assoluto l’esperienza lavorativa più eccitante della mia vita. Non di più soddisfazione, perché il ruolo di regista associato è ovviamente molto più limitato rispetto a quello di regista, ma certamente la più stimolante. In questa produzione americana, tutti, dal reparto artistico a quello tecnico, avevano un mestiere e una professionalità almeno quattro volte più sviluppati che nel nostro paese, ovviamente con le dovute ma rarissime eccezioni italiane. Il cast, praticamente tutto con esperienze precedenti da protagonista a Broadway, offriva già spontaneamente un’interpretazione molto coerente con il proprio personaggio nello spettacolo e allo stesso tempo era velocissimo nel mutare una scelta rispetto a una richiesta della regia. L’orchestra, anch’essa di prim’ordine, con tanto di trombetti-


sta solista proveniente dall'ultimo revival di Gypsy a Broadway, dopo la prima lettura era già eccellente. La direzione di scena una macchina da guerra come mai vista nella mia vita.” Cosa gioverebbe al teatro musicale in Italia? “Il teatro musicale italiano è fatto, come nel resto del mondo, da persone. Pertanto la formazione, sia tecnica, sia artistica, è di primaria importanza. è per questo che negli ultimi anni, e in particolar modo dopo questa esperienza, stiamo cercando di adeguare la SDM - La scuola del musical di Milano alle maggiori istituzioni accademiche americane e britanniche, con l’apporto dei rispettivi direttori e docenti stranieri, che insegnino a noi italiani quello che effettivamente appartiene ora più a loro che a noi, come a nostra volta in passato abbiamo fatto - e facciamo tuttora noi con l’opera lirica. Infine anche Broadway sta ormai tornando a un teatro sempre spettacolare ma con più idee e meno automazioni. La magia del musical è in parte, e comunque in maniera consistente, scene e costumi, ma ultimamente spesso si è toccata la soglia della stucchevolezza a mio avviso (non mi riferisco a Priscilla). In Italia dovremmo a mio avviso, e siamo costretti comunque a farlo, tornare anche noi verso questa strada.”

Un pensiero per la Compagnia della Rancia, che ha da poco festeggiato i suoi 30 anni di attività... “Mi si è stretto il cuore non aver potuto festeggiare con tutti loro mentre mi trovavo negli Stati Uniti. Un grande grazie per essere stati i pionieri di questo genere anglosassone in Italia con altissima qualità, per tutto quello che hanno fatto per me e per avermi cresciuto veramente come un figlio.” Una previsione/appello sulla prossima stagione teatrale, sia considerando i tuoi impegni, ma anche in generale? “Credo ci sarà più qualità, perché la stagione precedente ha dato una stangata ai prodotti di serie B. Modestia a parte, non mi sento nella posizione di fare un appello. L’unica cosa che posso dire è che se un tempo esistevano già i grandi attori, registi, autori, creativi e produttori, ma non le scuole di adesso, probabilmente c’era tanta più voglia di conoscere e scoprire quello che c’era intorno a noi, più di quanta ce ne sia oggi.”



Direste che sono un architetto? A tu per tu con Gianluca Sticotti di Sara Del Sal Quando la redazione pensa ad un articolo, lo affida a uno dei suoi collaboratori, attraverso una scelta basata su diversi fattori. Capita quindi che il prescelto debba iniziare a studiare l’argomento da trattare o talvolta raccontare qualcosa o qualcuno che sente distante da sé. Per quanto sembri complicato, chi scrive farà il possibile per essere imparziale. Quando la redazione mi ha chiesto di realizzare la seguente intervista ho accettato subito, ma solo successivamente mi sono resa conto di dovere raccontare una persona che conosco, una persona con la quale talvolta collaboro, un amico, ma anche un performer che è in grado di emozionarmi ogni volta che lo vedo sul palcoscenico. è reduce da una tournèe da tutto esaurito in giro per l’Italia con Grease, ha ripreso il suo ruolo nello spettacolo On Air con Stefania Seculin a Fabbrico (RE) ed ha tenuto

uno stage di musical, affiancato da Luca Spadaro, all’Associazione Arteinventando di Moimacco, fuori Udine. Gianluca Sticotti è di certo uno che sa come tenersi impegnato, facendo quello che ama... “Il musical per me è un bel modo di vivere: non vivo la mia vita come un musical ma il musical, il mio lavoro mi fa vivere bene. Fuori da teatro vivo una vita normale, ma questo lavoro mi da’ grandi soddisfazioni” Kenickie in Grease cosa ti ha dato? “Mi ha dato una grande spinta. Mi ha fatto crescere, è il primo ruolo che interpreto ed in tournèe. Questo ruolo è impegnativo e dovendo andare in scena anche quando stavo male o quando ero più stanco ho avuto la possibilità di mettermi in gioco ancora di più.” Prima dell’ingaggio in Grease hai lavorato nel musical La bella e la bestia e in Priscilla. Come è stato salire sul palco senza un trucco che ti trasfor-


masse in qualcosa o qualcuno di diverso, ma mostrando al pubblico quello che sei. “Bello, ma all’inizio mi ha spaventato:è stato diverso perché indossare una maschera in tutti i sensi è più facile e ti permette di giocare sul palco senza pensieri. Invece indossare un ruolo che porta il mio viso è diverso. La mimica di Priscilla e della Bella e la Bestia ho dovuto rivederle e lavorare su quelle che sono le mie espressioni.” Tre ingaggi uno via l’altro con tre produzioni diverse. Quali sono le cose che ti hanno insegnato queste tre diverse metodologie di lavoro? “La Stage la disciplina, Mas mi ha

aiutato a togliermi i freni inibitori, la Compagnia della Rancia mi ha insegnato che si può lavorare con il cuore sempre.” Quando hai scelto di lasciare il tuo lavoro di architetto, traguardo raggiunto con una laurea, per iniziare a studiare alla BSMT, in cosa speravi? “Speravo di avere fatto la scelta giusta. Speravo di ottenere anche solo una parte di quello che sto vivendo ora.” Sei un musical performer completo, ma suoni anche il pianoforte e la chitarra. Che posto ha la musica nella tua vita? “La musica è in qualsiasi parte della mia vita. Nel lavoro, nell’allena-


mento, nei miei rapporti di amicizia e di amore. Quello che io faccio per identificare un sentimento o un’azione è usare una melodia. Quando devo capire qualcosa lo metto in musica.” Hai tradotto musical, scritto spettacoli come il tuo “24h” che è andato in scena alla Sala Bartoli del Rossetti, ti sei intrufolato in ogni angolo di questo straordinario mondo. Cos’è che ti stimola di più? “L’immaginazione e il fatto di reinventarsi ogni giorno… Sono eclettico, mi piace fare mille cose. ” Sempre a Trieste, hai partecipato al progetto Musical StarTS, salendo per la prima volta sul palcoscenico della

tua città natale. “Era la prima volta che ci salivo da diplomato BSMT, non la prima in assoluto. In passato avevo partecipato al primo progetto di teatro ragazzi dello Stabile con Il bugiardo di Goldoni e poi avevo fatto un Sogno di una notte di mezza estate. Con Musical StarTS mi sono fatto conoscere dal pubblico triestino che con gli spettacoli residenti che ho fatto non mi aveva mai visto lavorare.” Ritornare in Friuli Venezia Giulia per insegnare in uno stage, che effetto ti ha fatto? Cosa ti ha dato quell’esperienza? “Ormai da diversi anni insegno. Farlo nella mia regione mi ha im-



paurito un po’ ma ho fatto l’esperienza più bella di insegnamento fatta finora perché la mentalità dei ragazzi in quella zona è più chiusa rispetto al resto d’italia e mi aspettavo qualche difficoltà e invece i ragazzi si sono messi in gioco al 100%. Mi hanno studiato all’inizio poi si sono fidati e poi si sono lasciati andare completamente.” Vederti insegnare ai ragazzi è sicuramente un’esperienza. Sei molto umile e attento. Cosa ti piacerebbe che portassero con loro? “L’entusiasmo. Il mio entusiasmo e il fatto che la musica arriva dove non riescono ad arrivare le parole.” Qual è il tuo dream role?

“Tony in West Side Story, Galileo in We will rock you, Der Tod in Elisabeth, Jesus in Jesus Christ Supestar, e tanti tanti altri.” C’è un musical che desideri andare a vedere? “Recentemente sono rimasto ammaliato da Matilda, quindi ora direi The Book of Mormons.” Descriviti in tre aggettivi. “Biondo, sensibile, forte.” Qual è il complimento più bello che hai ricevuto in questi anni? “Mi ricordo una frase, dopo Il bacio della donna ragno che ho fatto a Bologna. Una signora all’uscita mi ha detto: sono rimasta stupita da te perché oltre ad essere un bravo attore sei anche un grande cantante.” Hai cantato di fronte a una leggenda vivente come Andrew Lloyd Webber. Che cosa ti ha regalato quell’esperienza? “Mi ha fatto capire che nella vita non ci sono limiti.” Qual è, dal tuo punto di vista, la ricetta giusta per fare bene il musical in italia? “…Essere performer completi, in primis essere attori e credere fino in fondo in quello che si sta portando in scena.” Questo è Gianluca Sticotti, un performer ricco di sorprese che vale davvero la pena di ascoltare dal vivo.



Non solo Quasimodo Le mille sfaccettature di Giò Di Tonno, tra opere popolari e musical d’autore di Enrico Comar è sempre una piacevole sorpresa vedere un teatro di provincia colmo in tutta la sua capienza (e anche un po’ di più); ancora più insolito è assistere a scene degne del West End, con gruppi di ammiratori (e soprattutto ammiratrici) di tutte le età in attesa all’uscita artisti, continui scintilli di flash fotografici e corsa agli autografi a fine serata. Questo è il caso di Talk Radio, piccolo/grande spettacolo con protagonista Giò Di Tonno in scena al Teatro di Talmassons (paesino di quattromila abitanti nella pianura friulana) a cura di Walter Sivilotti (anche nelle vesti di arrangiatore e pianista). Una immaginaria diretta radiofonica notturna (con l’effervescente Marco Caronna nel ruolo di un ingombrante intervistatore) in cui il cantante si racconta, recita e canta accompagnato dall’Orchestra Giovanile Arrigoni. Uno spettacolo piacevolissimo, che potrebbe

offrire idee e spunti a molti piccoli teatri del nostro paese. Giò Di Tonno è sicuramente uno dei nomi più noti al pubblico italiano quando si parla di musical. Ma la tua carriera è iniziata in tutt’altra direzione... Da quando ero ragazzo, sono sempre stato molto interessato alla figura del cantautore; e in quella direzione ho improntato la mia carriera. Sin da adolescente, ho cercato di farmi strada cantando canzoni composte da me, che nel ‘93 mi hanno portato, appena maggiorenne, a partecipare per la prima volta al Festival di Sanremo. Gli anni successivi sono stati determinanti nel mio percorso professionale; l’ incontro con Franco Bixio, la seconda partecipazione a Sanremo, alcune apparizioni televisive e l’incontro con altri autori e generi musicali. Un periodo anche ricco di momenti di difficoltà, che mi hanno


spinto, o meglio costretto, ad allargare i miei orizzonti e a cercare nuovi sbocchi, che precedentemente non avevo preso in considerazione. E’ in questo periodo che il musical entra in gioco? Si. L’idea di raccontare una storia, di portare

in scena un personaggio attraverso la musica è indubbiamente esaltante per un cantante. E, anche se non mi sono mai definito un attore nel senso stretto del termine, il teatro e il musical sono diventati senza dubbio una parte importante della mia vita. La grande svolta è segnata dall’incontro con Zard e Cocciante. In realtà fu la mia ragazza (la fotografa Sara Benmessaoud, ndr) a farmi conoscere per la prima volta Notre Dame De Paris, insistendo nel


farmi ascoltare i brani della versione francese, che all’epoca, lo confesso, ascoltai in modo distratto e senza grande interesse. Solo un paio di anni dopo mi presentai finalmente alle audizioni per il ruolo di Quasimodo, personaggio che ho poi interpretato per ben tre anni (e che, in un modo o nell’altro, mi ha accompagnato per molto tempo anche dopo la fine delle repliche ufficiali) aprendomi le porte del mondo del musical, dandomi l’opportunità di dare vita ad altri grandi personaggi

come Jekyll o Don Rodrigo. Dopo Cocciante sei quindi passato a Wildhorn. Un tipo di spettacolo piuttosto diverso. A livello produttivo, Jekyll&Hyde è stato secondo me uno spettacolo molto significativo. In una realtà in cui il teatro musicale di serie A sembrava materia esclusiva di poche grandi compagnie, il Teatro stabile d’Abruzzo ha saputo creare un musical commercialmente competitivo (lo spettacolo è stato in tournée dal 2006 al 2008, ndr) e di alta qualità, riunendo un gruppo di eccellenti artisti sia sulla scena che dietro le quinte. In Italia c’è una sorta di lotta, spesso molto agguerrita, tra gli amanti del musical “classico” da un lato e i se-


guaci di Zard e delle Opere popolari dall‘altro.Tu cosa pensi a riguardo? Al suo apparire, Notre Dame De Paris rappresentava un grande elemento di novità ed ha dato un grande impulso al teatro musicale in Italia. Se il musical tradizionale, come lo chiami tu, ha saputo sfruttare l’occasione e svilupparsi in modo autonomo, molte successive “opere popolari” si sono invece adagiate troppo pigramente sul modello lanciato dagli spettacoli di Zard. Alla lunga si è giunti ad un format fotocopiato senza originalità, in cui la ricerca di qualità musicale e teatrale ha lasciato posto ad una gara di spettacolarità pura e semplice, con produzioni sempre più monumentali ma spesso realizzate in modo grossolano e poco curato, che hanno dato spesso cattiva fama ad un genere in grado invece di offrire anche prodotti di alto livello. Un problema molto discusso, in Italia, è quello dell’uso abituale di basi musicali pre-registrate... è innegabile che l’accompagnamento dal vivo sia molto più appassionante, sia per il pubblico che per gli interpreti; lo spettacolo di questa sera ne è la prova. Le basi mantengono sempre una certa freddezza e limitano molto il lavoro dell’interprete. Tuttavia spesso si tratta di un compromesso necessario sia per questioni economiche che logistiche. Il musical in Italia è

pressoché bandito dai grandi teatri d’opera, e le sale polivalenti o di prosa spesso non risultano adeguate ad accogliere orchestre, né sanno rendere giustizia alle esecuzioni musicali dal vivo. Il gioco potrebbe non valere la candela, complicando inutilmente una situazione già difficile e facendo levitare i costi senza adeguati benefici. Inoltre temo che, con una tipica politica del risparmio molto diffusa in questo ambiente, si finirebbe per utilizzare soluzioni ibride, orchestre ridotte all’osso o band mediocri, rispetto alle quali francamente preferisco le basi. Come interprete, c’è differenza tra lavorare in produzioni come quelle di Zard o in spettacoli di impostazione più classica?


In lavori come NDDP o I promessi sposi sei in qualche modo un elemento di un grande ingranaggio; si tratta di un tipo di spettacolo improntato su un apparato scenografico monumentale, su grandi scene corali e una teatralità più stilizzata, che crea una sorta di filtro che ti fa sentire più protetto e distaccato. In un musical tradizionale come J&H, invece, si è molto più “scoperti” e quasi nudi di fronte al pubblico. è necessario vivere più intensamente il personaggio e curare di più il lavoro interpretativo. Nel tuo caso, come procedi nella creazione di un personaggio? Come ho detto, mi considero innanzitutto un cantante, quindi, nella creazione dei personaggi, mi piace partire (a differenza di molti miei “colleghi”) dall’aspetto vocale. Ho avuto la fortuna di lavorare con re-

gisti molto abili e capaci, e spesso mi sono affidato molto a loro per guidarmi nel lavoro scenico, ottenendo, grazie al loro aiuto, risultati che da solo difficilmente avrei potuto raggiungere. Da parte mia, mi concentro sulla ricerca del timbro e del tipo di fraseggio adatti al personaggio. Nel caso di Mr Hyde, per esempio, il rischio era di riproporre il clichè di Quasimodo (per non parlare delle chiare affinità con la celebre gag di Fiorello) e si è reso necessario un lungo lavoro prima d trovare una vocalità adeguata. Una capacità di plasmare la voce che il pubblico italiano ha avuto modo di apprezzare recentemente in televisione. Ho partecipato a Tale e Quale Show proprio per mettermi in gioco come cantante e attore: portare in scena un personaggio per pochi minuti, coglierne l’essenziale e comunicarlo al pubblico nel tempo di una canzone. Inoltre non posso negare l’importanza di una esperienza del genere in termini di visibilità. Le apparizioni televisive degli ultimi tempi mi hanno dato l’opportunità di farmi conoscere da un pubblico più ampio e confesso che questa nuova fama si sta rivelando molto utile nella realizzazione di alcuni progetti futuri. Ci è concesso avere qualche indizio? Sto lavorando ad un nuovo spettacolo, questa volta nelle vesti di autore. Sarà qualcosa di… diverso.



Amici del Musical fa 2000 Giulia Odi è la 2000esima Amica del Musical su facebook: l’abbiamo incontrata per voi. di Franco Travaglio Giulia Odi è una giovane performer di musical. Iscritta al primo anno della Bernstein School of Musical Theatre di Bologna, ventenne, vive tra Bologna e Torino, e unisce all’interesse per il teatro musicale una grande passione per il cinema e la prosa. Lo scorso 5 giugno è diventata la duemillesima iscritta alla pagina facebook di Amici del Musical. Come ti senti ad essere la 2000esima Amica del Musical? Felice di entrare in contatto con persone che condividono la mia stessa passione. Dispiaciuta, però, di essere solo la numero 2000. Come nasce la tua passione per il teatro musicale? Nasce dalla mia necessità di raccontare storie per mezzo della musica. Ho trovato nel teatro musicale il contesto ideale per sperimentare arte su più fronti. Qual è il tuo musical preferito, e perché?

è molto difficile sceglierne uno. Sono molto affezionata ad Hair, perché tratta di un periodo storico a cui sono molto affezionata. Però ultimamente ho scoperto e amato Once nella sua versione teatrale, dopo averlo già apprezzato in quella cinematografica. Lo stile delle canzoni è molto moderno, particolare e semplice allo stesso tempo. E la semplicità, è per me, la cosa più difficile da rappresentare. Quale ruolo sogni di interpretare? Amando molto il rock aspetto con impazienza un jukebox musical con i brani dei Led Zeppelin! Ma parlando di musical esistenti mi piacerebbe riuscire ad interpretare Mrs Lovett, in Sweeney Todd. Qual è stata la produzione italiana che hai amato di più? Parlando dell’anno appena trascorso ho amato Priscilla. Non avevo mai visto il pubblico così partecipe ad uno spettacolo (forse ha


contribuito il fatto che si tratta di un jukebox musical). Se dovessi scegliere un artista italiano che meglio rappresenta il musical chi sceglieresti e perché? Giulia Ottonello. E lo dico dopo aver visto Frankestein Junior (l’avevo vista in Cats e non mi aveva colpita). In FJ è stata fenomenale. è riuscita a far vedere come dovrebbe essere un bravo performer: duttile. Le sue vocalità erano mille e una. Parlaci del tuo compositore preferito di musical. Credo Cole Porter. Ma perché sono un’amante delle belle parole messe in fila e della semplicità. O forse perché mi sono affezionata

alla sua storia dopo aver visto DeLovely. In questi giorni si celebrano i 30 anni della Compagnia della Rancia. Che augurio ti senti di rivolgergli da appassionata? Spero che riescano a trovare soldi da investire in produzioni di musical nuovi per la scena italiana. Sempre più artisti italiani vanno a lavorare all'estero, fuga dei talenti o segno dell'eccellenza italiana? Vorrei dire segno di eccellenza, ma credo che sia una fuga dall'incertezza italiana. In Italia chi ha la fortuna di riuscire a lavorare è costretto per la tournée a saltellare di città in città per poter riempire i


teatri, mentre all'estero sono di più le produzioni stabili. Al momento sono in Germania e ho visto a Whadersfeld (una città nemmeno troppo grande) una produzione di Showboat in programmazione per 3 mesi. In Italia tappe così lunghe le vedi ogni tanto a Roma o Milano, purtroppo. Gli altri paesi possono dare garanzia di maggior stabilità agli artisti, per questo chi riesce a farlo se ne va. Cosa manca in Italia al musical e qual è la più grande opportunità che abbiamo? Manca la cultura. La gente non compra i biglietti perché non conosce il teatro musicale e per questo non se ne interessa. La più grande

opportunità per l’Italia sarebbe investire sull’educazione culturale teatrale dei suoi cittadini, sin dalla tenera età. Portando il teatro tra le nuove generazioni le cose cambieranno, perché sempre più gente si affezionerà al genere, dopo che lo avrà conosciuto. E più gente a teatro vuol dire più biglietti che si vendono, vuol dire più soldi da investire per produzioni più grandi e musical nuovi, e questo permetterà agli italiani di lavorare in Italia e ad Amici del musical di avere molto più di 2000 iscritti. Ringraziamo Giulia per la sua testimonianza e le facciamo un enorme In Bocca Al Lupo per la sua carriera!


in breve

ACT, SING, & AUDITION DISNEY Sarà Jeff Lee, regista associato per Disney Theatrical production, ad aprire International Masterclasses Program, un progetto volto ad approfondire alcuni aspetti della formazione artistica con focus sul settore del musical theatre. Un programma formativo intensivo che prenderà avvio ad ottobre 2013 e si concluderà a maggio 2014. Barclays Teatro Nazionale ospiterà importanti e premiati creativi internazionali, quali registi, coreografi, direttori musicali, direttori casting, che si sono formati nel West End di Londra e a Broadway e hanno girato i teatri di tutto il mondo con le loro produzioni. Il regista e produttore Jeff Lee propone una masterclass in cui guiderà i performers italiani attraverso un percorso costruito con scene e canzoni estratte dai 5 migliori Disney on Broadway shows: The Lion King,The Little Mermaid, Aladdin, Newsies e Tarzan al fine di indagare i criteri e le modalità di audizione di questi grandi musical e di rivelare alcuni segreti per approcciare nel miglior modo qualsiasi tipo di audizione. Jeff Lee ha lavorato in ognuno di questi spettacoli, seguendo il percorso produttivo ed evolutivo di ogni show in tutto il mondo. > info imp@stage-entertainment.it tel. 02.00640856


Torna per la terza volta in Italia l’allestimento orginale di Cats (1995 e 2008 i precedenti), grazie a Bags Live e al Teatro Rossetti di Trieste, che ospiterà la prima nazionale alla quale seguirà la tappa al Teatro degli Arcimboldi. Il tour europeo è organizzato dalla David Ian Productions in accordo con la produzione di Cameron Mackintosh and The Really Useful Group.

Cappuccetto Rosso è una delle favole più popolari in tutto il mondo, resa celebre, tra gli altri, da Charles Perrault (con il titolo Le Petit Chaperon Rouge) e dai Fratelli Grimm. è la prima favola che si racconta ai bambini e che viene memorizzata nell’età infantile. La libera interpretazione che verrà data a teatro rispecchia l’immagine che i bimbi più piccoli hanno della protagonista. L’arrivo in teatro della “fiaba delle fiabe” è previsto per la stagione 2013/2014, con debutto il 13 e 14 dicembre al Teatro della Luna di Milano. Una produzione Stuntman Show, realtà che da anni opera nella realizzazione di show e stunt-show presso il teatro del parco a tema di Mirabilandia. La regia è di Marco Giony, su libretto di Tobia Rossi e liriche di Antonio Torella, con le musiche di Giovanni Maria Lori.




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