Ti regalo l'Amore regala... i primi due capitoli

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Ti regalo l'Amore Alessandra Paoloni

Romanzo

Copyright 2014 Alessandra Paoloni Cover di Elisabetta Baldan


Un regalo per la vita

Clelia non poteva sapere che il suo regalo di compleanno l'aveva osservata per tutto il tempo da sopra il tavolo della cucina, tra un pacchetto di patatine al ketchup e una bottiglia semivuota di vino bianco. Chi l'aveva confezionato non sembrava avergli dedicato però la giusta cura: lo racchiudeva infatti soltanto un'anonima busta bianca, una di quelle che nelle cartolibrerie si trovano a pochissimi centesimi di euro. Qualcuno osò addirittura posarvi sopra il proprio bicchiere, il cui alone circolare fu ben visibile sulla carta solo dopo qualche istante. Ma ciò non intaccò né il contenuto, né le intenzioni di chi l'aveva lasciato apparentemente incustodito in quel posto. Era stato deciso all'unanimità che la festeggiata avrebbe dovuto accorgersi da sola della sua presenza, anche se così facendo la busta rischiava di ritrovarsi, a serata finita, sul fondo della spazzatura raccolta in un cestino sotto il lavello. Ma il suo contenuto era così prezioso e imprevisto, che prezioso e imprevisto doveva essere anche il suo ritrovamento. E tutti i partecipanti a quella cena erano sicuri che, prima o poi, Clelia avrebbe posato gli occhi su quell'insospettabile dono. Prima o poi. Arianna lanciò un'occhiata all'orologio che teneva al polso, un Rolex da uomo che aveva rubato di nascosto alla collezione di suo padre prima di uscire di casa. L'uomo non si sarebbe accorto di quel piccolo prestito; avrebbe dato maggior peso alla mancanza in garage della sua Mercedes – Benz, parcheggiata ora sotto casa di Clelia. L'una meno un quarto e il regalo non era stato ancora sfilato via dalla busta. Arianna sbuffò, innervosita. Se non avesse visto


subito l'espressione di Clelia nello scartare e ricevere quel dono, sarebbe morta di curiosità. Non aveva nemmeno bevuto quella sera e solo perché voleva restare sobria per non perdersi una scenetta che più volte si era figurata nella mente, la quale andava ogni volta a concludersi in maniera diversa. Nella sua fantasia, Clelia una volta sveniva per l'imbarazzo, generando panico totale tra i presenti, mentre un'altra iniziava a saltare e gridare di gioia, finendo con il rompersi la scarpa tacco dodici che l'aveva convinta, con estrema fatica, a indossare. Alzò gli occhi dalle lancette e li fissò su Mara, che le fece un cenno con la testa. Qualcuno doveva correre ai ripari, o la festeggiata avrebbe iniziato a pensare che i suoi amici si erano dimenticati di presentarsi alla festicciola con almeno una borsa incartata assieme a un paio di orecchini, che Clelia non avrebbe mai messo se non in qualche rara occasione. Arianna si mosse come un felino tra la vegetazione e l'attenzione di tutti si spostò immediatamente su di lei. Ad attirare le occhiate dei presenti non era solo la minigonna vertiginosa che le fasciava le gambe snelle, ma l'aria risoluta con la quale attraversò la stanza. Clelia sostava davanti alla porta della cucina. In mano teneva un bicchiere di coca ancora pieno e spostava di tanto in tanto il peso del corpo da un piede all'altro, sperando che nessuno notasse quel suo movimento. Le scarpe iniziavano a dolerle e le caviglie imploravano una pietà che non poteva ancora concedere. Mentre Antonella, una cugina lontana della quale non ricordava nemmeno l'esistenza, le raccontava qualcosa a proposito del suo nuovo compagno, scusandosi della sua assenza, Clelia pensava che quel compleanno si stava prolungando troppo. Ma cosa c'era da festeggiare? Per quanto le riguardava doveva essere emanata una legge in cui si diceva espressamente che, superati i trent'anni di età, i compleanni non dovevano essere più celebrati. Pena: il pagamento di una tassa. Potevano


chiamarla l'imposta sull'età, o qualcosa di simile. Clelia avrebbe firmato subito un referendum a favore. Ma, peggio di una festa che non si vuole organizzare, c'è solo l'insistenza di chi al contrario si offre di fare tutto al tuo posto. Clelia non poté nulla contro la volontà e l'esuberanza di Arianna e delle altre. Aveva lasciato, rassegnata, che le sue amiche scegliessero per lei luogo e data della festa, gli invitati e addirittura il suo abbigliamento. Le amiche si vedono nel momento del bisogno. Quella frase proverbiale e abusata divenne il motto dei festeggiamenti, tanto che qualcuno l'aveva fatta incidere anche sullo striscione che pendeva ora dal soffitto del salotto. Era stato affisso da mani maldestre e c'era da scommettere che, prima della fine di quella serata, avrebbe fatto da cappello e sciarpa a uno degli invitati, cadendo dal soffitto come una vecchia ragnatela. «Dimmi che c'è dell'altra birra in frigo!» La voce squillante di Arianna fece sussultare Clelia e tutti quelli che assistevano col fiato sospeso alla scena. «Vi siete occupate voi della spesa. Non so se ne avete presa abbastanza...» Clelia per poco non perse il suo già precario equilibrio, trovato a fatica su quei tacchi filiformi, quando Arianna le afferrò un braccio per trascinarla in cucina. Il bicchiere di coca non si rovesciò a terra per miracolo. L'una passata e qualcuno aveva ancora voglia di birra? E lei che credeva la festa stesse finalmente andando verso la sua gloriosa fine! «Se non c'è la birra, deve esserci una bottiglia di prosecco. Non abbiamo ancora brindato alla tua salute.» Come se avesse studiato un copione prestabilito e scritto di suo pugno, Arianna si piazzò accanto al tavolo mentre faceva cenno con una mano a Clelia di esplorare il contenuto del frigo. «La mia salute sta bene, ringraziando Dio, quindi possiamo


anche saltare il brindisi.» Clelia borbottò, aprendo lo sportello del frigorifero, stufa marcia di quelle insopportabili pretese. Aveva messo i tacchi e il vestito stretto alla vita, che le risaltava non solo il seno ma anche i due o tre chili in più che aveva preso negli ultimi mesi. I capelli chiari poi erano stati costretti a un lungo trattamento di stiratura e subito dopo di acconciatura, e infilzati senza pietà sulla nuca con forcine di ogni colore che la facevano sembrare, quando passava sotto le luci dei lampadari, una stupida palla da discoteca ambulante. Si sentiva in dovere di reclamare un po' di pace e tranquillità, dopo quelle torture non richieste. Arianna, in un gesto che avrebbe fatto impallidire anche il più misero attoruncolo di teatro, posò con assoluta nonchalance la mano sulla busta bianca e prese a tamburellarci sopra con le dita. Fastidiosamente e rumorosamente. Il ticchettio delle unghie laccate di rosso richiamò l'attenzione della dozzina di invitati, che s'alternarono sulla porta a sbirciare. Mara saltellò in cucina e si aggiustò gli occhiali sul naso, come se non mettesse bene a fuoco e non volesse perdere un solo fotogramma di quello che stava per accadere. Quando Clelia se la ritrovò accanto le domandò se avesse sete, e la ragazza rispose con un sì forse troppo enfatizzato. Arianna picchiettò, se possibile, ancora più forte. Se Clelia non si fosse accorta di quel movimento, le unghie avrebbero presto aperto un varco prima sulla busta e poi sul ripiano stesso del tavolo. E quando ciò avvenne, quando lei finalmente posò gli occhi assonnati sulla mano di Arianna disse soltanto, lamentando un certo disappunto: «Sveglierai tutto il mondo con quel rumore.» Quello fu decisamente troppo. Bastò un'occhiata veloce tra Arianna e Mara per decidere che il


momento non poteva essere più rimandato. Prima che qualcuno potesse irrompere nella cucina e fermarla, Arianna acciuffò la busta e la sventolò davanti al naso della festeggiata. «Per te, da parte di tutti noi!» gridò. Quel tutti noi attirò l'attenzione degli invitati, che attendevano in salotto. Una singolare esplosione di ilarità risollevò il morale, e destò la curiosità di scoprire la reazione di Clelia a un regalo di compleanno che poteva far invidia a qualunque altro dono ricevuto nella sua vita. «Spostiamoci di là.» Mara si aggiustò di nuovo gli occhiali sul naso e, prima che la cucina venisse invasa, ordinò a tutti di restare dov'erano. Clelia posò gli occhi sulla busta bianca e aggrottò la fronte. Soldi. Quelli dovevano essere soldi, e se ne risentì. Aveva perso il lavoro da poco, ma non era ridotta proprio sul lastrico tanto da accettare una colletta fatta da amici ed ex colleghi. Non voleva la carità da nessuno. Non l'aveva accettata dai suoi genitori, figuriamoci da Arianna e compagnia bella! Ma, pur di arrivare al termine di quella serata, accettò di seguire le due ragazze in salotto e di sedersi sul divano, come da loro comandato. Non ebbe nemmeno il tempo di scansare di lato la borsetta di qualcuno e, quando posò le natiche su quella pochette argentata, sperò che lì dentro non vi fosse nulla di infrangibile. Clelia aveva sempre sospettato che ci fosse qualcosa sotto. Arianna e le altre avevano organizzato quella festa nei minimi dettagli, e si era rifiutata di credere che non avessero prestato la stessa cura maniacale per la scelta del regalo. Non vedendo pacchetti all'orizzonte, Clelia aveva addirittura immaginato che in dono avrebbe ricevuto uno spogliarellista in carne e ossa o magari, nella più ottimistica e romantica delle ipotesi, la presenza a quella festa dei suoi genitori che non vedeva da circa un paio di settimane. Entrambi, spogliarellista o genitori, sarebbero entrati dalla porta d'ingresso in pompa magna con


tanto di musica abbinata a coriandoli che cadevano dal soffitto come pioggia. Al contrario, Arianna le stava porgendo solo una busta bianca, così sottile da farle intendere che all'interno non vi fosse nemmeno la somma in denaro che aveva preso a immaginare. Forse era solo un biglietto d'auguri, che riportava una frase prestampata per l'occasione e le firme di tutti i partecipanti con qualche messaggio spiritoso. Tanti auguri a te... La canzone di rito partì stonata e stonata si concluse. Clelia subì l'applauso che seguì e ringraziò commossa, domandandosi come mai avessero aspettato così tanto per rivolgerle quelle classiche attenzioni. «Prendila, dai!» la incitò Arianna. Prendila, prendila, prendila... Partì un secondo coro di voci. Clelia osservò i presenti uno ad uno, poi allungò il braccio per afferrare con dita incerte la busta tanto osannata e attesa. Seguì un secondo applauso, come se avesse compiuto un gesto importante, come se avesse fatto un goal decisivo alla finale di un mondiale. Che diamine poteva esserci dentro quella busta di così eclatante, tanto da incendiare gli animi assopiti dalla noia di una serata che sembrava non avere mai fine? «Speravamo da ore che tu la notassi. E invece come al solito contro le cose ci devi sbattere il muso!» Le parole di Sergio in un'altra occasione l'avrebbero irritata, e si sarebbe guadagnato per questo una bella risposta in rima. Ma la curiosità di Clelia mise a tacere tutto il resto. Quando l'aprì, calò un silenzio quasi surreale. Clelia si guardò attorno di sottecchi e abbozzò un sorriso. La consapevolezza che tutti in quella stanza pendessero dalle sue labbra, le conferì un potere tale da rallentare di proposito i movimenti e sfilare il contenuto della busta a rallentatore. Un biglietto. Fin qui c'aveva visto giusto. Ma a primo impatto


capì subito che non si trattava di un biglietto qualunque. Era piuttosto una sorta di volantino pubblicitario, uno di quelli che intasano la posta e che finiscono nel cassonetto senza se e senza ma. «Cos'è?» si trovò a chiedere. Alla sua domanda scoppiò una nuova risata. «Leggi!» Clelia ubbidì al comando di Arianna e lesse l'unica frase scritta in stampatello in carattere blu elettrico: Doppio di Cuori. Un regalo per la vita. A lato della scritta, un ragazzo seminudo vestito da cowboy sembrava ammiccare compiaciuto. Clelia inarcò un sopracciglio. Ma che diamine era quella roba che stringeva nella mano? L'invito gratuito in uno strip club maschile? Alzò lo sguardo, sempre più confuso, verso la sua amica che ridacchiava coprendosi la bocca con una mano. «Lo sapevo che non avrebbe capito. Ve l'avevo detto io!» Mara si sedette accanto a Clelia e, quando posò gli occhi sul ragazzo raffigurato nel volantino, si passò la lingua sulle labbra proprio come se lo volesse assaporare. «Clelia, tesoro, hai mai sentito parlare della DDC?» Mara le fece quella domanda senza staccare gli occhi dalla figura del cowboy. Nella sua testolina forse quel fotogramma a colori accesi si era appena animato e stava giocando al lazzo davanti a lei, muovendo i fianchi e lanciando fischi di approvazione. La DDC. Lei conosceva la DC Comics ma era certa non si trattasse di supereroi, anche se quello raffigurato sul volantino doveva avere qualche super arma in qualche posto che l'immagine, rappresentata a mezzo busto, teneva nascosta allo sguardo. «Mai sentita. È un locale? Ditemi che non è un pub di spogliarellisti...» Un'altra risata si elevò nella stanza, breve e fastidiosa, come le


risate registrate in sottofondo di certe sitcom americane. Le avevano sempre dato sui nervi. «È molto di più!» Arianna si sedette dall'altro lato del divano e, con le amiche al fianco e quel foglietto tra le mani, Clelia si sentì come in trappola. Perché aveva la sensazione di essere vittima di uno scherzo o di qualcosa di peggiore? «La Doppio di Cuori è un'agenzia di meetings and holidays. La prima sul mercato italiano.» Meetings and Holidays. Incontri e vacanze. No, quel foglietto che teneva sotto gli occhi non prometteva nulla di buono. In un inglese per nulla perfetto, Mara ripeté quelle due parole straniere, come se Clelia attraverso di esse potesse capire ogni cosa. «Questo biglietto vale una fortuna, in tutti i sensi.» spiegò Mara agitando le mani, eccitata come poteva esserlo davanti a una vetrina di saldi di fine stagione «Vale una vacanza in una località nostrana da passare con uno dei fighi dell'agenzia. Tipo questo qui!» E indicò con l'indice il cowboy che le sorrideva da sotto il suo ridicolo cappello. Clelia pensò che tutti in quella stanza si stessero prendendo gioco di lei. Aveva da poco perso il lavoro ed era single da qualche mese; un'infinità di mesi in realtà, ma nessuno trovava che fosse di buon gusto sottolinearlo. Quelle potevano essere delle buone giustificazioni per decretare il fatto che, a trent'anni da poco passati, una persona con quei requisiti era da considerarsi fallita. Finita. Mara proseguì: «È una vacanza organizzata dalla DDC. Loro mettono a disposizione auto, hotel, cene, pranzi e ciliegina sulla torta... un figaccio da compagnia! È una nuova vacanza trendy. In America ce ne sono a centinaia di agenzie simili, ma questa è la prima italiana. Tu devi solo preparare la valigia e rilassarti.


Ah, devi firmare un contratto prima di partire. Ma le clausole ti consiglio di non leggerle tutte.» Vacanza. Contratto. Figacci da compagnia. Clelia era indignata oltre che stordita. Un'agenzia di incontri e di viaggi. E se fosse stata tutta una truffa? «Dì qualcosa, dai!» Arianna, come tutti i presenti, si aspettava un commosso ed esagerato grazie, qualche salto di gioia e un mancamento plateale di fronte all'immagine del cowboy, con tanto di bava alla bocca al pensiero di poterci trascorrere anche solo qualche ora assieme. Al contrario, Clelia era rimasta in silenzio. Un silenzio preoccupante e deludente. «Io... non so cosa dire. Davvero. È un regalo che non mi aspettavo.» Di fronte a un paio di pentole da cucina, il suo entusiasmo sarebbe stato più eloquente. Una dozzina di occhi la fissavano impietosi. Per tutti loro, amici ed ex colleghi di lavoro, quello era il super regalo, il regalo alfa, qualcosa davanti al quale era obbligatorio esultare e ringraziare con caldi abbracci e teneri baci. Clelia scattò in piedi, con il volantino ancora stretto tra le dita. Ripensandoci, un gruzzoletto in denaro lo avrebbe accettato di buon grado e senza fare storie. «Grazie a tutti... mi avete lasciata senza parole.» Era la pura e semplice verità. Cosa poteva dire di fronte a un dono simile? Tutte le cose che le venivano in mente, come siete tutti da internare, erano da escludere a priori. Mentre dispensava ai presenti della sala ringraziamenti, sorrisi e baci sulle guance, dentro di sé cercava il modo giusto per dire: ehi, questo è troppo per me. Se potete rimandatelo indietro. Ma che era passato nella testa di Arianna, Mara e compagnia bella? A chi era venuta la brillante idea di ricorrere a quell'agenzia? Ma poi: esistevano davvero agenzie che organizzavano quelle vacanze? Lei era a conoscenza di


crociere per single, un'idea quella che la faceva sorridere e che le faceva provare in qualche modo una sorta di compassione verso chi, al contrario, decideva di spendere denaro per una vacanza di quel genere. Quella DDC andava oltre, superando ogni limite immaginabile. E ora Clelia non poteva in alcun modo togliersi da quella situazione, senza rischiare di offendere chi invece a quel regalo sembrava tenere così tanto. Quando le toccò ringraziare Arianna, dilungò il suo abbraccio e lo stesso fece con Mara. C'era lo zampino di quelle due dietro a tutto, ne era convinta. «Io vi ringrazio ancora, ma volete spiegarmi cosa devo aspettarmi da questa Doppio di Cuori? Dove andrò in vacanza? Quando?» E soprattutto con chi? Clelia non voleva nemmeno pensarci a quel chi. Arianna la invitò a rimettersi seduta sul divano, e questa volta Clelia schivò con abilità la povera pochette spiaccicata dalle sue natiche. L'attenzione dei presenti era arrivata alle stelle. Sembrava che quella trovata stuzzicasse più la loro curiosità e i loro sensi, che quelli della festeggiata. «Dovrai scegliere tu il luogo e la data. È scritto nel contratto.» Fu Mara a cacciar fuori, da qualche cilindro magico nascosto lì vicino, una pila di fogli stampati. Clelia, quando li vide, aggrottò la fronte. Quanti potevano essere? Dieci? Venti? Cosa stava per firmare, un contratto col diavolo? «Noi abbiamo solo pensato a prenderti la brochure, ora tu devi fare il resto. Qui nel contratto ci sono dei dati personali, una password e un numero di identificazione. Accedi al sito e segui le istruzioni che ti verranno date. Lì sceglierai il luogo e la data della tua vacanza, tra quelle messe a disposizione. Poi risponderai a una serie di domande sul tuo tipo ideale, e il database troverà il ragazzo che ti accompagnerà in questa avventura. Non te lo mostrerà però. Quella sarà una sorpresa.» Clelia era sempre più confusa, e una sorta di inquieto terrore


iniziò a impossessarsi di lei. In vacanza, se poteva permetterselo, ci era sempre andata con le sue amiche o al massimo con una coppia di cugini. Invece adesso sarebbe dovuta partire con un perfetto estraneo. Ma c'era davvero al mondo chi prenotava vacanze di quel tipo? A lei era stata regalata – dono quello abbastanza discutibile ma c'era davvero chi sceglieva di rivolgersi a quell'agenzia di sua spontanea volontà? Non poteva crederci. «Ok... datemi solo il tempo di leggere questo tomo di pagine.» Clelia afferrò il contratto, ed ebbe la netta sensazione di capire cosa dovevano provare le cellule quando venivano analizzate al microscopio. Un religioso silenzio scese nella stanza quando lei iniziò a sfogliare quelle pagine, leggendone qualche frase estrapolata qui e là. Il contratto spiegava a grandi linee come la Doppio di Cuori fosse nata in Italia, quale era la sua politica, i servizi che offriva e le finalità di un contratto simile. Il linguaggio utilizzato non era differente da quello che poteva essere usato in un qualsiasi altro contratto lavorativo o informativo, e questo convinse Clelia che forse quell'agenzia poteva essere seria davvero. Un viaggio con un ragazzo sconosciuto. Quel regalo andava oltre ogni sua aspettativa, contro ogni previsione di vedersi trascorrere la vita sotto gli occhi in maniera monotona e triste. La quotidianità la stava uccidendo, ma Clelia non l'avrebbe mai ammesso. Tuttavia Arianna e gli altri dovevano aver intuito che aveva necessità di una scossa, di una bella scrollata di spalle. Quel regalo dava anche un calcio nel sedere e un invito a uscire dall'ordinarietà una volta per tutte. I dati personali, che cambiavano da contratto a contratto, erano riportati sulla penultima pagina. Clelia desiderò che il suo portatile si materializzasse davanti a lei, e che tutti nella stanza scomparissero con uno schiocco delle dita. No, non avrebbe


mai fatto il test dell'uomo ideale davanti a qualcuno, nemmeno davanti ad Arianna che credeva di conoscere i suoi gusti in fatto di maschi. «Ragazzi, grazie davvero. Non mi aspettavo una cosa del genere. Ma per favore, non chiedetemi di registrarmi adesso. Sono troppo stanca e...» Arianna scattò in piedi come un soldato pronto all'appello. «Fuori tutti, la festa è finita. Via. Ve l'avevo detto io che sarebbe andata così. Lasciamo che Clelia inizi a godersi il suo regalo.» Levare le tende e andarsene, faceva parte del piano consegniamo il regalo alla festeggiata. Clelia teneva ancora il cowboy stretto nella mano, quando si affrettò a salutare e ringraziare tutti, prima che il suo appartamento si sgomberasse come dopo una prova d'evacuazione. Arianna fu l'ultima a uscire. «Domani aggiorna il tuo profilo facebook, e facci sapere dove hai scelto di andare e quando. Guarda che ci tengo.» Le fece l'occhiolino e svanì prima che Clelia potesse risponderle che lei, il suo profilo facebook, non lo aggiornava da settimane e nemmeno ci teneva a farlo. Aveva avuto ben altro da fare che curare la sua bacheca. Seguire serie tv poteva rivelarsi una fatica olimpionica, quando ci si appassionava a quattro, cinque o a sei di esse contemporaneamente. Ma il cowboy ammiccante sembrava suggerirle che ben presto avrebbe staccato la spina, e che nel farlo sarebbe potuta addirittura saltare in aria.


Dove, quando, con chi? La prima cosa che fece una volta rimasta sola, fu sfilarsi via i tacchi maledetti, lanciandoli con diabolica soddisfazione in un angolo del salotto. Quando i suoi piedi toccarono terra, poté quasi sentire le sue caviglie sospirare felici per l'atterraggio. Clelia non fu mai così entusiasta di tornare al suo metro e sessantacinque d'altezza. Abbassò gli occhi sul volantino, che teneva in una mano, poi guardò il contratto che stringeva nell'altra. Pazzi. Solo dei pazzi potevano fare un regalo simile. Una borsa nuova, o una delle numerosissime trousse della Pupa, sarebbero potute andare bene lo stesso. A pensarci bene l'eyeliner nero le stava finendo, e si rammaricò di non aver segnato una lista di oggetti che effettivamente le potevano tornare utili. Clelia si spostò in camera, accese la luce e si sedette alla scrivania. Il cowboy continuava ad ammiccare nella sua posa plastica che, se si osservava a lungo, risultava ridicola. Scosse la testa e, prima di afferrare il portatile e accenderlo, cercò di levarsi via dai capelli le forcine colorate. Quando ritirò le dita, abbandonando quella che giudicò un'impresa da portare a termine solo davanti a uno specchio, notò che dei fastidiosi brillantini le si erano appiccicati ai polpastrelli. Arianna doveva aver utilizzato su di lei qualche nuovo fissante per capelli, per sua enorme gioia. Clelia si decise ad accendere il portatile dopo aver lanciato un'occhiata all'orologio appeso alla parete. Era tardi. All'una e mezza della notte era solita già abbracciare la fase REM del sonno. Il pc impiegò qualche istante di troppo ad accendersi. Clelia ne approfittò per leggere le note in fondo al contratto, dalle quali Mara l'aveva messa in guardia.


Nota numero 1: La Doppio di Cuori si solleva da ogni incidente o infortunio (di natura fisica o sentimentale) accaduto durante il soggiorno di vacanza. Nota numero 2: La Doppio di Cuori si solleva altresì da ogni responsabilità di smarrimento oggetti o documenti. Nota numero 3: La Doppio di Cuori considera valido, per la durata del vitto e dell'alloggio, il periodo pattuito alla firma del contratto. Si solleva da spese extra di qualunque genere. Nota numero 4: La Doppio di Cuori avverte che, qualunque coinvolgimento sentimentale, aumenta il costo complessivo del M&H del 30%. Clelia rilesse più volte quell'ultima nota con un sopracciglio alzato e la voglia di mandare tutto al diavolo. Non sapeva se scoppiare a ridere o incavolarsi a mo' di iena, chiamare subito Arianna per intimarle di riportare contratto e volantino dove li aveva presi. All'improvviso la sua quotidianità, e il fatto che era rimasta senza un lavoro, le sembrarono le cose più eccitanti che le fossero mai accadute. Il pc la richiamò con il suo beep, e l'immagine di uno Stephen Amell nei panni di Arrow ad arco teso la salutò dallo schermo. Se il figaccio da compagnia è come questo però, quasi quasi... Clelia sorrise alla sua ingenuità e, senza perdere altro tempo, digitò il nome del sito sulla barra di ricerca google. Il link della Doppio di Cuori svettava in alto fiero e gagliardo, deridendo quasi gli altri indirizzi internet che portavano di sicuro a siti più innocui e seriosi. Cliccò sul link e subito la voce di Barry White, e della sua


Can't Get Enough Of Your Love Baby, uscì dall'altoparlante del pc. Clelia si ritrovò a darsi sulla fronte lo schiaffo più forte che avesse mai ricevuto nella sua vita. Ditemi che è uno scherzo... Alla musica s'accompagnò una home del sito alquanto esilarante, colorata ma ben organizzata, dove alcune foto di ragazzi presero a sfilare davanti ai suoi occhi come se fossero su una passerella digitale. Volti di ragazzi biondi, bruni, pelati che dovevano avere un'età compresa tra i venticinque e i trentacinque anni, ammiccavano in pose statuarie, degne del modello più pagato del mondo. Clelia si ritrovò a darsi un'altra pacca sulla fronte. Non poteva essere tutto vero. Lei, ragazza tutta d'un pezzo, che era andata in chiesa almeno fino ai ventun anni con assiduità, ora si trovava davanti al suo pc a fissare visi barbuti, addominali scolpiti e spalle disegnate. Photoshop. Non c'era altra spiegazione. Un'agenzia italiana, ancora sconosciuta per lo più, non poteva vantare una vasta gamma di figacci da compagnia come quella. Clelia cercò il tasto del volume e zittì la voce di Barry. Scusami, ma tu rendi tutto ancora più assurdo. Concentrò l'attenzione su cose serie come le voci della home, e cliccò su info. Lesse velocemente le informazioni, che trovò più o meno simili a quelle riportate nel contratto. Decise quindi di andare al sodo. Ragazzi stragnocchi e reali oppure no, lei era curiosa di conoscere le mete turistiche che quell'agenzia proponeva. Cercò nel contratto i dati con i quali accedere alla sua area personale, e li inserì. Pensò che questi non la portassero da nessuna parte, e che l'avviso lasciaperderetuttoquestononfaperte comparisse sullo schermo a chiare lettere lampeggianti. Invece i dati magici la condussero in un'area ordinaria che le dava un caloroso benvenuto, e la invitava a iniziare le scelte per il suo personalissimo meetings & holidays. Clelia cliccò sulla voce il viaggio che vorresti, e le si presentarono tre opzioni: città d'arte, località balneari e hotel


nel verde. Scartò a priori le località balneari. Non che le dispiacesse il mare, ma i chili presi in quegli ultimi tempi di vita sedentaria, visibili in parte sulla pancia, sarebbero stati troppo esposti tra il pezzo sopra e quello sotto del bikini, e non voleva che il suo accompagnatore inorridisse solo a guardarla. Per non parlare delle smagliature sulle cosce, che non venivano via nemmeno con la crema più costosa presente sul mercato. No... niente mare per lei. Città d'arte. Clelia cliccò su quella voce e il sito la informò che poteva scegliere tra Roma, Milano, Firenze, Venezia, Napoli e Palermo. Tenne in considerazione quell'ipotesi, riservandosi la scelta a un secondo momento, e tornò indietro per cliccare sulla terza scelta: gli hotel nel verde. Tra tutti quelli citati, ce n'era uno che attirò subito la sua attenzione. Hotel Castello dei Contessori. Clelia cliccò di nuovo il tasto destro del mouse e il sito la portò direttamente nella home page del posto. «Wow...» Quello sì che era un luogo tranquillo, immerso nel verde, dove poter trascorrere una vacanza senza dovere indossare un costume, o correre trafelati da un museo all'altro. Era già pronta a scommettere che il figaccio da compagnia avrebbe odiato noiose visite a mostre e monumenti. Dedicò qualche minuto alla lettura delle informazioni dell'Hotel, apprendendo che un tempo era stato un piccolo castello rinascimentale appartenuto alla famiglia Contessori, nobili perugini vissuti a cavallo tra il quattordicesimo e il quindicesimo secolo. Il Castello era stato prima museo e poi, abbandonato negli anni del secondo dopoguerra, era stato acquistato da privati e trasformato in un elegante hotel a cinque stelle. Situato a qualche chilometro dal centro storico di Perugia, è provvisto di ogni genere di comfort, dalla piscina interna alla


palestra, dalla tv satellitare al Wi- Fi. Il paradiso. Piscina a parte. Clelia si ritrovò a ringraziare Arianna & company per la possibilità che le avevano concesso. Con uno stipendio assente avrebbe potuto solo sognare di mettere piede in un luogo simile. Abbandonò a malincuore la pagina web dell'albergo per tornare a quella dell'agenzia. Accanto ad ogni opzione c'era la voce scegli questa destinazione. Clelia non esitò nemmeno un istante e cliccò, attendendo con ansia che il sito le desse conferma. Quando questo avvenne, la pagina dello schermo cambiò e le mostrò questa volta una serie di date. La prima comprendeva il week end che andava dal 15 al 18 maggio, ovvero due settimane a partire da quel giorno. No, troppo presto. Decisamente. A Clelia serviva più tempo per metabolizzare tutto quello che le stava avvenendo. La data successiva riportava il fine settimana seguente. Fece quasi per cliccare la conferma della scelta, ma l'occhio le cadde sulla data sottostante. 29 maggio-5 giugno. Una settimana piena. Sette giorni lontana dai problemi e dai pensieri. Sette giorni nell'hotel dei sogni, abbastanza lontani ancora da poter organizzare tutto con calma. Clelia spuntò quella opzione. Il viaggio si stava definendo sotto le sue dita. Il sito le diede conferma e le mostrò il terzo fondamentale passo: scegliere chi portare con sé. Il figaccio da compagnia, come l'aveva definito Mara. Ma una vacanza e basta non poteva andar bene? Una settimana in totale solitudine, senza pensare a nulla e a nessuno, in compagnia solo di libri e serie tv? Il sito non permetteva di scegliere direttamente il proprio accompagnatore, ma invitava a rispondere a un ridicolo test con domande del tipo cosa ti attrae di più in un ragazzo? Gli occhi, le braccia o il sedere? Clelia confermò il secondo requisito, non disprezzando tuttavia gli altri due.


E il test continuava con quale è la tua serata ideale? Cinema, discoteca o una cenetta romantica tra le mura domestiche? Optò per la terza e continuò fino alla fine del sondaggio. Immaginò che, concluso quell'interrogatorio, saltasse fuori il profilo di un ragazzo, o almeno una sua foto scandalosa che l'avrebbe fatta arrossire fino alla punta delle orecchie. Invece il sistema operativo le disse soltanto uno sterile abbiamo ricevuto le tue preferenze, stiamo elaborando la scelta del tuo compagno. Grazie. Il suo compagno. A quelle parole, Clelia scoppiò a ridere di gusto. Era davvero così facile trovare un compagno? In un futuro non troppo lontano, forse sarebbero state le macchine stesse a decidere con chi dividere il cuore e il letto, quale coppia sarebbe stata affine fino alla fine dei tempi. «Arianna, questa me la paghi...» Borbottando contro un destino non troppo avverso, Clelia tornò nella home del sito e lasciò che le slide riprendessero a scorrere sullo schermo. Trascorrere una settimana in un hotel assieme a uno di quei ragazzi non era dopotutto da considerarsi la peggiore delle torture. Quale tra quelli il sistema operativo del sito aveva già scelto per lei? Il ragazzo con il codino scuro, la tshirt a V dalla quale s'intravedeva il bordo delle mutande firmate Calvin Klein? O quello coi capelli a spazzola, il piccolo orecchino a cerchio e lo sguardo da scarta pure il tuo pacco? Per mettere a tacere le voci nella sua testa, lasciò che Barry White riprendesse a cantare. Clelia si raggomitolò sulla sedia e scommise con se stessa che durante quella settimana sarebbe morta d'imbarazzo. Non frequentava l'altro sesso da diversi mesi, cioè da quando la storia con Riccardo si era conclusa senza troppe lacrime o ripensamenti. Se una cosa non va non va, inutile starci a ricamare sopra si era detta, prima di dire basta a un anno e mezzo di fidanzamento. Riccardo era un bravo ragazzo, forse con una sudorazione troppo eccessiva anche nei mesi invernali,


ma era qualcuno su cui poter fare affidamento. Qualcuno con cui condividere la noia e morirne. Clelia si chiedeva ancora che cosa l'avesse fatta innamorare di lui. Forse la passione che avevano in comune per i libri di George R.R. Martin. Ogniqualvolta un personaggio, primario o secondario che fosse, tirava le cuoia, lui se ne rallegrava e le mandava un sms con annessa descrizione del trapasso. Ne riceveva ogni giorno a decine, praticamente. Ma avere in comune l'interesse per uno scrittore dai toni sadici, non bastò a far durare la loro relazione. Scosse la testa al ricordo dei giorni trascorsi assieme a lui, un periodo che le aveva lasciato solo tanto rammarico. E, rimuginando su quei pensieri, l'occhio le cadde sulla voce della home costi. Già. Quanto era venuto a costare quel regalo? Cliccare e farsi cadere la mascella sulle ginocchia, fu un gesto solo. La Doppio di Cuori informava i gentili visitatori, costringendoli forse subito dopo alla fuga, che il pacchetto intero e complessivo del meetings & holidays si aggirava attorno alla modica cifra di tremilacinquecento euro. Tremilacinquecentoeuro. Arianna & company le avevano fatto un regalo di tremilacinquecentoeuro. Clelia balbettò qualche parola sconnessa, poi si alzò per recuperare il suo cellulare, dimenticato in qualche angolo del salotto. Quando lo trovò, il display la informò che aveva cinque messaggi da leggere, tre di Arianna e due di Mara, nei quali le chiedevano come procedeva la scelta della vacanza. Tremilacinquecento euro. Ammettendo che a fare quel regalo fossero state solo loro due e la dozzina d'invitati alla festa, quanto diamine avevano speso a testa? Clelia fece ciò che forse avrebbe dovuto fare davanti ai suoi amici ed ex colleghi: si commosse. Bislacca o no, per quell'idea tutti ci avevano messo l'anima. E parecchie banconote da cento. Prima di tornare al pc inviò un messaggio a entrambe: grazie di


cuore. Domani vi aggiorno. Ma vi devo chiedere un ultimo favore. Shopping. Please. Arianna fu la prima a rispondere, dicendole che aveva giĂ preventivato un'uscita simile. Clelia quel regalo doveva accettarlo cosĂŹ com'era, imbarazzo a parte. Tremilacinquecento euro. Di fronte a una cifra del genere, sborsata senza che le chiedessero nulla in cambio, doveva fare per forza di cose buon viso a cattivo gioco.


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