wimbledoc #1

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Avevo poco tempo. Dovevo finire l’opera di notte e non visto. Di giorno scopavo hmf-ah hmf-ah. [Fig.6] La sera creavo clangh clangh. [Fig.7] Gli altri 3, di giorno lavoravano clangh clangh [Fig. 6] e la sera dormivano ronf ronf; [Fig.7] a sentire l’escort ricaricabile, le cose stavano proprio cosi.

Nelle case rossa verde e gialla, vennero creati rispettivamente - AeroParko per aerei arcobaleno sospinti da vento generato da pale eoliche - SkatoLame tritacarne per regolarizzare clandestini indesiderati in un flusso in&out attraverso porte-ghigliottina - CannaThere serra a forma d’aereo antincendio in cui coltivare drug&food.

La finale arrivò. Al Bybroen zone, il locale verde dal tetto spiovente, 4 teche in vetro contenevano 3 plastici; [Fig.8] in quella vuota, c’era la mia opera trasparente. L’avevo chiamata AutoDio e stava per vedere la luce. [Fig. 9] Invitai tutti ad affacciarsi alle finestre, [Fig.10] premei il pulsante del telecomando [Fig.11] e mentre ognuno guardava il mare e sorseggiava Martini iniziai a pilotare. Tutti urlarono – Ehii, Cazzo! La sala si muove. Questo affare si muove! Dove stiamo andando, eh? Ehii! – [Fig.12] e il coro delle loro voci si levò unanime e rimase sospeso tra pavimento e soffitto come una preoccupazione ingombrante sopra la testa. Poi vennero altre voci, piccole, fuori coro, minime; vocine stridule e paurose che dicevano ahh e oddio e mamma mia [Fig.13] e che sparivano, sotto la gravità di quell’espressione globale, come scintille di luce assorbite da un buco nero. Stavamo lasciando il molo con 52


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