Volodeisensi Magazine Vol.44

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Emanuela Arlotta

Volodeisensi Magazine

12 December 2012

N.44 Marzo 2016 COPIA GRATUITA-www.volodeisensi.it

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Intervista esclusiva a Riccardo Piroli e Giulia Colonna 1

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INTERVISTA A

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RICCARDO PIROLI E GIULIA COLONNA INTERVISTA A ERICA MOU

INTERVISTA A

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MARTA LOCK

INTERVISTA A ROSANNA BARBATI

Director: Emanuela Arlotta Art director & designer Emanuela Arlotta

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04 INTERVISTA A RICCARDO PIROLI E GIULIA COLONNA "J.F. Kennedy disse che ‘Gli uomini vincenti trovano sempre una strada...i perdenti una scusa... ‘ e io sono assolutamente d’accordo con lui. È questione di fede nelle proprie convinzioni.”.

12 INTERVISTA A ERICA MOU “Sono una campionessa dell’estraniazione nel disordine e nel caos! Dormo con le tapparelle alzate, studio con la lavatrice in funzione, non ascolto quasi mai la musica nelle cuffie. Mi piace che il mondo esterno entri nei momenti preziosi,

INTERVISTA A RICCARDO PRENCIPE

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condizionandoli.. “

INTERVISTA A RICCARDO PRENCIPE “Corde Oblique è una bottega aperta di musicisti, dal 2005 scriviamo e produciamo musica ispirata alla storia dell’arte italiana“

18 INTERVISTA A MARTA LOCK “Il passato è fondamentale, è ciò che siamo oggi, senza il nostro passato non saremmo le persone che siamo, ecco perché credo sia necessario voler bene a ciò che ci è successo”

20 INTERVISTA A ROSANNA INTERVISTA A MARIA STELLA BRUNO

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BARBATI “Dopo molti anni di esperienza non ho remore a dire che qualche volta manca l’ascolto “vero” ai problemi del paziente.”

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” J.F. Kennedy disse che ‘Gli uomini vincenti trovano sempre una strada...i perdenti una scusa... ‘ e io sono assolutamente d’accordo con lui. È questione di fede nelle proprie convinzioni. ”

Intervista al Dott. Riccardo Piroli e alla Dott.ssa Giulia Colonna, medici veterinari e titolari della clinica veterinaria Cassia. a cura di Patrizia Palese

In tempi attuali si manifestano manie, mode, modi di fare che un bravo sociologo o antropologo, potrebbe spiegare. Oltre al quasi accettato da qualche decennio, voglia di formare famiglia sempre più oltre i 30 anni, e di conseguenza, il numero minimo di prole quando c’è; oltre al prolificare di pizzerie, frutterie, uffici di acquisto e rivendita preziosi, c’è anche quello di avere un animale in casa. La normalità, si pensa, si ferma al cane, gatto, pesce rosso e canarino, ma ci sono stati e ancora si leggono sui giornali, manie di animali diciamo esotici che non si limitano al pappagallo o a pesciolini carnivori, ma a serpenti boa, ragni velenosi, leoni, e similari. Questo preambolo, per alcuni fuori luogo e con un retrogusto polemico, vuole invece sottolineare che decidere di far entrare nella propria vita un altro essere vivente, che solo per una diversa combinazione di cellule appartiene a una razza diversa da quella umana, è comunque un atto di grandissima responsabilità e in questa responsabilità deve rientrare, gioco forza, anche la priorità che questi nostri amici devono essere trattati al meglio, e non

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di ben vengano i corsi di aggiornamento. Quale consiglio si sente di dare, oggi, a chi decide di diventare Medico Veterinario?

solo giocando con loro e dando un cibo adatto. Loro si ammalano o comunque hanno necessita fisiche che solo un medico può capire e curare, se il caso lo richiede, o prevenirne un peggioramento, se la situazione in un contesto, può far avvenire: a via Igino Lega n° 2, zona Cassia, si possono trovare due medici che, nella Clinica Veterinaria Cassia, svolgono il loro lavoro con competenza e simpatia, insieme ai loro collaboratori…ed è bello vedere che, pur essendo giovani, per una volta, sono rimasti in Italia a portare avanti il loro progetto lavorativo. Per una come me che si muove con i mezzi pubblici (e qui si dovrebbe aprire un discorso questa volta sì polemico, ma rimando ad altri momenti), arrivare fino “a casa di Dio”, come dico io quando dall’Eur mi devo recare alla parte opposta della città, mi aveva creato un attimo di ansia: a che ora devo partire? Speriamo che non piova… Quanto tempo mi ci vorrà?.invece, almeno questa volta, tutto è stato abbastanza <umano e sopportabile>. E così mi sono trovata davanti all’ingresso della Clinica in un primo pomeriggio e, pazientemente, mi sono messa in attesa sperando in un momento di calma, perché in realtà era un continuo entrare di pazienti con il loro amici umani, di squilli telefonici, di terapie per i ricoverati. Ogni tanto passava un medico, mi sorrideva e io sorridevo a lui ma si continuava a fare quello che già si stava facendo. Poi, finalmente, un momento di tranquilla normalità. E allora ho approfittato per iniziare. Seduti in un ambulatorio io e il dottor

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Riccardo Piroli ci siamo sentiti un po’ fuori da quel mondo dalle pareti bianche, dai quadri di animali, dalle sedie colorate. Vorrei entrare subito in argomento. Lei è un medico e le chiedo se nella sua branca considera importante partecipare a dei corsi di aggiornamento affini alla sua professione Sì, certo; l’aggiornamento e il confronto sono alla base del mio lavoro. Tratto con terapie, mezzi diagnostici che si rivoluzionano in continuazione; bisogna stare al passo per fare bene ciò che si ama. La mia professione prevede una sempre continua attenzione, quin-

E’ dura, sempre. Sopratutto in un’Italia cosi fallimentare nella creazione professionale dei giovani. Nonostante ciò l’idea che si può avere di se stesso, se lo si vuole veramente, è destinata a realizzarsi e tutto l’universo si muoverà per aiutarvi, se voi e solo voi, crederete che sia possibile. Troverete la strada giusta. Sarebbe utile per la professione istituire un premio per colui/colei che porti avanti un discorso diverso come prevenzione o altro, nella cura di un animale? No, penso che tali idee, nascano dalla passione e dalla voglia di cambiamento, di miglioramento. In tal senso, se dovessero nascere da altro, anche i fini cambierebbero. Evidentemente mercificare le proprie idee lo deve aver disturbato parecchio, e anche la sintetica risposta lo ha chiarito. Se non avesse fatto questo mestiere che lavoro avrebbe svolto? Non saprei, certo un lavoro autonomo,


in mezzo alla natura o in rapporto diretto con i giovani. Anche qui si deve aver chiaro in testa cosa si è disposti ad accettare e cosa no. E’ una missione, una scelta di vita, o soltanto un lavoro come un altro solo con un po’ più di sensibilità? E quale è stato, nel personale, il motivo principe che le ha fatto scegliere questa professione? Una domanda molto articolata. Mi sento di certo privilegiato. Perché questo lavoro mi appassiona e nonostante la routine che appartiene a qualsiasi professione, nell’essere Veterinario si possono trovare continui campi di accrescimento e sono molteplici i mezzi che portano ad arricchirmi. Questo lavoro non lo ho scelto io, ho solo rispettato la scelta di un bimbo di 3 anni che con tutta l’ingenuità e inconsapevolezza che gli apparteneva, mi ha proiettato in una bellissima avventura. Bello sapere che c’è ancora qualcuno che protegge il fanciullino dentro di sé. Pascoli ne sarebbe fiero, ma non credo sia il caso di ricordarlo. Lei ha animali in casa? Consiglierebbe

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di avere un animale in casa e perché? Sì, certamente, vivere con un animale ci ridimensiona. Riporta sulle vere priorità, e loro ce lo insegnano in continuazione. Risposta secca: cosa pensa dell’abbandono degli animali? La nuova normativa è sufficiente o lei pensa che la mentalità della gente non cambi? E’ giusto punire un atto di tale gravità, ma non basterà una multa a rendere umano chi non lo è. Scegliere di vivere con un animale, vuol dire scegliere di essere <umani>…ma è un discorso lungo. Oggi in Italia la sensibilità verso gli animali è cambiata rispetto a 10 anni fa? Cosa pensa degli animalisti, vegani, vegetariani? Hanno ragione quando accusano le grandi aziende di atti di barbarie nei confronti di bovini, ovini, suini e pollame? Sì, certo è cambiata e per fortuna, ma come tutti i cambiamenti spesso passa per gli eccessi al fine di trovare un equilibrio. L’ultima domanda è cosi vasta che trovo difficoltà per trovare una sola risposta. Negli anni la salute

e benessere degli animali cosi detti da reddito, è stata regolamentata per ridare dignità a tali situazioni. Dovremo attendere qualche anno per verificare quanto sia giusto e quanto c’è da cambiare Riccardo Piroli e Giulia Colonna in sette parole e anche la Clinica ovviamente Vorrei dare più spazio alla Clinica che alle persone, per cui risponderò: La Clinica un’idea, un concetto, un’idea ... Non è più un’astrazione e pure si nutre ancora di idee …qualche parola in più ma le merita tutte Finalmente sorride. Ci sono progetti prossimi per quanto riguarda la Clinica? Molti. Ora, dopo l’apertura h24, stiamo lanciando i piani di prevenzione veterinaria. La medicina deve cambiare orientandosi nella prevenzione delle patologie e non aspettare i sintomi per proporre una cura. Cosa non le piace nel suo mestiere? Lo scontro che esiste fra prezzo e pos-


sibilità di diagnosi e cura. Ecco perché, dove è possibile, consiglio di informarsi su assicurazioni veterinarie esistenti.

partendo da noi, in primo luogo, non accettando ricatti morali o intimidazioni psicologiche.

Ha un hobby?

Quanto ha ragione…e pensare che la mia generazione aveva creduto di abbattere ogni forma di vessazione…oggi ha solo cambiato forma, ma per fortuna ci sono giovani come lui che fanno un altro tipo di contestazione: dicono no e vanno avanti per la loro strada.

Per lo più sport all’aperto, arrampicata, ciclismo, camminate in montagna, barca a vela, immersioni. Anche se ora tutto il mio tempo libero, con felicità, lo passo con la mia famiglia, la mia compagna che fra l’altro è anche lei un medico veterinario e i miei figli. Di nuovo sorride; evidentemente sono bei momenti. Il lavoro e la famiglia: stesso sorriso, quindi stessa soddisfazione. Che cosa non deve mancare mai nel rapporto con un animale?

Ricorda ancora il primo animale che ha curato/guarito? Sì, certo, ma di più il primo che non ho guarito. Mi ha insegnato che ho il dovere di sapere sempre di più se voglio essere un bravo Veterinario Cosa non rifarebbe oggi?

Come tutti i rapporti a due, l’amore, il dialogo e la fedeltà.

Nulla; tutto mi è servito per essere quel che sono.

Anche stavolta sorride, ma credo per un pensiero accennato nei miei confronti: <Ma che domanda fa? Ovvio, no?>

Saggia risposta…sembra di parlare con un buddista!

Le piacerebbe che i suoi figli seguissero la sua professione? Sembrerà banale o retorica la mia risposta. Io vorrei che si realizzassero, vorrei solo vedere in loro, la passione e l’emozione nel concretizzare l’idea di se stessi; in cosa, non è importante, è solo un mezzo. Stavolta sorrido io: piccoli bimbi crescono, possibilmente felici…è questo che si dovrebbe volere. Crede nella pubblicità per sensibilizzare a un rapporto più etico uomo-animale?

Si devono umanizzare gli animali (amore della mamma, vieni dal papà ecc.) e quali sono gli errori più frequenti nell’alimentazione? Certo che no; la magia di questo dualismo è proprio la diversità, voler accorciare tale diversità rischia di creare chimere in cui nessuno dei due riesce a riconoscersi. Gli errori di alimentazione sono spesso dovuti a questa, chiamiamola, incomprensione di ruoli. L’animale ha bisogno di regole, abitudini e cibi corretti per la sua natura, tutto questo per la sua serenità e il suo benessere.

Quale è stato il più grande ostacolo da superare per avere la realtà della Clinica?

La porta dell’ambulatorio si apre: appare la dottoressa Giulia Colonna, compagna di questo giovane sia nella vita che nella professione. C’è un emergenza. La chiacchierata termina qui. Avrei voluto delle opinioni anche da lei, ma è chiaro che ora l’attenzione è per il cagnolino morso da non so bene quale altro cane. Raccolgo i fogli, chiudo la porta dell’ambulatorio, abbottono il cappotto e faccio un cenno a una loro collega, anche lei tanto giovane, almeno così sembra.

La burocrazia, l’invidia, l’arroganza. Viviamo in un paese dove chi detiene il potere, anche piccolo, può instaurare una forma di terrorismo mediatico senza doverne pagare le conseguenze. Le cose devono cambiare e cambiano

Le giornate si sono allungate, ma alle 18, sulla Cassia, comincia a fare buio. Arrivo alla fermata del 201 e subito dopo arriva l’autobus; sulla strada consolare mi faccio cullare dal dondolio ferroso del mezzo e intanto penso al

La pubblicità è un efficace mezzo di comunicazione, bisogna sempre vedere come viene utilizzato. Del resto viviamo in un mondo dove la comunicazione è immediata e a volte il problema è proprio questo: si può costruire molto e nello stesso modo e tempo si può distruggere tanto.

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cagnolino “Speriamo che se la cavi”…

La Clinica Veterinaria Cassia si trova in : via Igino Lega, n°2, telefono 0689821557.

Il sito della Clinica è: www.clinicaveterinariacassia.it per chi vuole mettere in mani sicure i propri amici pelosi e piumosi.


s“Sono una campione e ion sa dell’estraenieaz l ne din or nel dis le n co o rm Do ! caos ate, stutapparelle alzat rice in dio con la lavn as lto funzione, no musco quasi mai laMi piaica nelle cuffie. ester-ce che il mondomomenti no entri neindizionanpreziosi, co doli.”

Nell’autunno del 2015 le foglie cadono spogliando gli alberi ed Erica Mou li riveste facendo sbocciare il suo quarto album, “Tienimi il posto”. Nasce anche la sua indipendenza discografica, fra note che sanno di separazione e nuove modalità di scrittura. Il necessario è l’essenza dei testi della cantautrice pugliese, accompagnati da ritmi melodici sempre diversi, li presenta sul palco al suo pubblico, che la attende con occhi curiosi perché ogni concerto non è mai uguale al precedente, con una teatralità unica che è suo il pregio maggiore. Il magazine on-line Volo dei sensi tiene il posto a Erica Mou. Nel rapporto con la scrittura è lei che decide dove andare mentre visualizza le parole o si lascia trasportare dal viaggio interiore? Per lo più il primo approccio a una canzone, l’idea iniziale, non è razionale ma arriva con prepotenza all’improvviso. Poi però, nella fase di scrittura vera e propria, la mente interviene e comincia

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Intervista a Erica Mou ..................................................a cura di Filippo Spatafora

il lavoro sul brano.

spiegare il significato di questo gesto?

Quando l’ispirazione bussa alla porta della creazione ci si rinchiude in un altrove che appartiene all’immaginazione creativa. Come difende questo momento – al quale non ci si può sottrarre – dal mondo esterno?

La sedia simboleggia una presenza, silenziosa ma viva. E, insieme ai palloncini che volano alla fine dello spettacolo, si fa incarnazione della Separazione, tema intorno al quale ruota tutto il mio nuovo album. Il mio desiderio, poi, è quello di tenere il posto ad ogni singolo ascoltatore che ho di fronte a me durante i live.

Sono una campionessa dell’estraniazione nel disordine e nel caos! Dormo con le tapparelle alzate, studio con la lavatrice in funzione, non ascolto quasi mai la musica nelle cuffie. Mi piace che il mondo esterno entri nei momenti preziosi, condizionandoli. L’ispirazione, d’altra parte, viene allo stesso tempo da dentro e da fuori di me. Il suo ultimo album si intitola “Tienimi il posto”, ho assistito ad alcuni dei suoi ultimi concerti e dietro di lei c’è un sedia vuota, identica a quella della copertina dell’album, con attaccati dei palloncini. Qual è il significato della sedia? Forse tiene il posto a qualcuno? Alla fine dei sui concerti taglia i fili che tengono i palloncini attaccati alla sedia, lasciandoli liberi di volare. Può

Nella canzone “Oltre” chiede di essere portata oltre le apparenze, oltre le stupide credenze, oltre… Ha mai pensato chi e cosa, fra persone, emozioni, oggetti, porterebbe nell’Oltre? Qualunque cosa decidessi di portare, non dimenticherei di accompagnarla con “l’intensità”. Per riuscire davvero a sentire le cose. Perdersi è un po’ un modo per riscoprire nuovi mondi interiori. Smarrirsi fra le note che si muovono in testa è un ritrovare ogni volta una nuova Erica? Sì. E’ un modo straordinario per cono-


scersi, per tirare fuori delle parti di me che mi appartengono ma che tendo a lasciare inesplorate. E’ incredibile come una canzone possa essere in qualche modo profetica, anticipando spesso sentimenti e pensieri non ancora espressi. Le abitudini imprigionano la nostra libertà di pensiero, a volte con loro si vive nei ricordi, anche l’amore viene rovinato dalla routine.

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È riuscita a cancellare le orme delle sue abitudini per sentirsi finalmente libera senza inutili catene? Provo a farlo, è una ricerca molto lunga. Però ho sicuramente imparato a lasciare andare quando occorre, a non aggrapparmi a tutti i costi a qualcosa di familiare. A tuffarmi un po’ di più nel vuoto, proprio come la figura dipinta da Paolo Troilo per la copertina di “Tienimi il posto”.

Se potesse tuffarsi nel tempo e fermarlo un po’ dove vorrebbe portare la sua fantasia per curarla, accarezzarla e rigenerarla? Non vorrei mai fermare il tempo. Ho paura che l’immobilità rovini la bellezza che abita nella felicità di un momento. Però un giretto nella seconda metà degli anni ’60 lo farei molto volentieri!


Intervista a Riccardo Prencipe dei Corde Oblique a cura della Dott.ssa Agnese Monaco

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1- Ciao Riccardo come nasce Corde Oblique? Chi siete? Corde Oblique è una bottega aperta di musicisti, dal 2005 scriviamo e produciamo musica ispirata alla storia dell’arte italiana, ci ispirano i luoghi poco conosciuti, i borghi antichi; Cerchiamo di portarli alla luce anche grazie alla musica. Quello che scriviamo è essenzialmente di “pancia”, non di testa. Io mi occupo di scrittura di musica e testi, poi ci sono i bravissimi musicisti che rendono concrete le mie idee e le valorizzano immensamente, senza di loro non esisterebbe il progetto. 2- Vi definite un gruppo “ Progressive Ethereal Folk” vogliamo spiegare ai nostri lettori cosa significa esattamente questa definizione? Si tratta di una definizione “di comodo”, partiamo in realtà dal Neofolk degli anni ‘90, in particolar modo da una sorta di revival medievale, da cui poi ci siamo progressivamente emancipati. Oggi siamo una band piuttosto eclettica, nel nuovo album ci sono parti di musica antica, un quintetto d’archi, flauti tibetani, fino a batteria e chitarra elettrica distorta... insomma non facile da definire, anche se necessario. 3- Parliamo del nuovo album, attesissimo, è il sesto, ce ne vuoi parlare? Come ho anticipato si tratterà di un arcobaleno di timbri e strumenti davvero disparati. Sono orgogliosissimo di quanti bravissimi talenti abbiano accettato di lavorare con noi per il nuovo lavoro. Ho invitato i musicisti provenienti da tante realtà diverse, che però fanno parte della mia personale storia musicale. Dal quintetto d’archi all’oud turco. Inoltre l’ho scritto in una fase della mia vita molto particolare: nel 2015 ho avuto due fratture, tra cui una molto complicata, un brano l’ho scritto mentre ero ingessato e potevo usare solo due dita, ho quindi trovato un’accordatura adatta e messo la chitarra in verticale, a volte i limiti sono spunto per delle grandi novità. 4- Dove vi troviamo sul web? Prossime date? Siamo appena rientrati da un’importante tournée in Cina, abbiamo suonato in nove grandi città (la città più piccola era più grande di Roma). E’ stata un’esperienza indimenticabile, ed è stato favoloso vedere i fan cinesi cantare i nostri brani insieme a noi davanti al palco, non me lo sarei mai aspettato, ora ci concen-

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triamo sul nuovo disco e poi ripartiremo con i live. Sul web potete trovarci e seguirci sul nostro sito ufficiale www. cordeoblique.com oppure sulla nostra pagina facebook www.facebook.com/ cordeoblique mi raccomando iscrivetevi anche alla nostra newsletter: info@ cordeoblique.com grazie a tutti! Riccardo Prencipe


VISTI PER VOI - CINEMA

Remember a cura di Patrizia Palese

tinuo a Zev.

REMEMBER, una parola che racchiude molto, anche una vita che non si ricorda più, un suono dove la lettera M da l’idea di un’onda che ritorna uguale alla precedente, un suono dolce, come deve essere stata dolce la vita fra Zev e sua moglie Ruth. Una vita che si racchiude in quel domandare di lei, in un cappello, in un continuo ritorno alla realtà senza di lei: sua moglie Ruth è morta e lui, Zev, che significa lupo come ci tiene a precisare il protagonista a un bambino, è solo un vecchio affetto da demenza senile, un sopravvissuto alla vita in una clinica di lusso. Ma Zev è un sopravvissuto anche a una delle più orribili stragi etniche della Storia, quella del Nazismo contro gli Ebrei. A ricordargli tutto questo non è la sua memoria violentata dalla sua malattia, ma Max, un suo amico, anche lui nello stesso clinica. E subito inizia il gioco del labirinto, dove c’è un’unica strada per guadagnarsi la pace, non certo di Zev, ma di Max, che ha nutrito per tanti anni la sua ferrea volontà di trovare tutti gli aguzzini di Auschwitz, che massacrarono le loro famiglie, come ricorda di con-

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Poche le musiche che accompagnano la storia nella sua evoluzione; a fare da colonna sonora ci sono i suoni della vita di tutti i giorni: una sirena di una diga, una doccia scrosciante, un ringhio rabbioso di un cane lupo, e poi quelle visioni di un’America che porterà Zev fino in Canadà, paesaggi che l’uomo vede dal finestrino di un treno, di un autobus, di un taxi, luoghi che per lui significano poco o che forse non ricorda di aver visto, ma obbedisce senza discutere a Max e alle sue direttive che rilegge ogni volta nella lunga lettera che il suo amico gli ha preparato: Max gli ha detto che lui aveva promesso alla morte di Ruth che avrebbe trovato l’ennesimo aguzzino del campo di concentramento e lo avrebbe ucciso. Lo aveva promesso e ora doveva mantenere la promessa, anche se lui, Zev, non ricorda di aver fatto quella promessa. E così, da subito, il film prende un’altra strada: da film sulla Memoria diventa un Thriller che cresce a ogni sequenza. Qualcuno potrebbe obbiettare che non c’è nulla di nuovo nel prendere spunto dal criminale nazista rifugiatosi in America, scoperto dopo decenni e a conferma di ciò possiamo citare NOTORIUS e IL MARATONETA, tanto per fare i primi nomi che mi vengono in mente, ma in REMEMBER c’è un elemento in più: il protagonista è inconsapevole di dove lo porterà il suo procedere e che

cosa troverà realmente; persino il titolo del film, che alla prima impressione sembra utilizzato per via della malattia di Zev, avrà il suo perché nella sequenza finale del film, come si prevede da un vero e autentico film di suspense. In più il voler utilizzare degli attori, straordinari certamente, ma oltre gli 80 anni, calca la mano su quelle scelte di business attuali in cui si prevede che solo professionisti giovani e accattivanti possano chiamare pubblico nelle sale, valutando anche che il tema “Nazista da trovare e punire” è sicuramente un filone sfruttato. Ma Egoyan, il regista, sa bene come muovere i fili della storia: il racconto procede sulle gambe di un vecchio che non ricorda nulla, e sulla volontà di un altro vecchio che, paralizzato, guida il suo amico in quella caccia all’uomo attraverso il telefono rassicurandolo e premendo perché scovi l’assassino delle loro famiglie. E Zev si affida ciecamente al suo amico, lui anziano, confuso, incerto, compra una pistola, si fa portare là dove Max gli ha detto di andare per trovare chi deve essere ucciso perché nessun processo lo farebbe morire in tempo: sono tutti sopravvissuti, sono tutti vecchi, vittime e carnefici. Christopher Plummer, Zev, vaga con lo sguardo, trascina i piedi, ma va avanti: Max gli ha detto che lui ha promesso. E nel film l’anziano si rapporta facilmente con i bambini (quello del treno, la bambina dell’ospedale), mentre gli adulti, compreso suo figlio, non lo capiscono. Solo i bambini e i malati capiscono Zev, come l’omosessuale in fin di vita, che Zev va per uccidere, come legge dalle istruzioni di Max, ma che abbraccia quando vede sul suo braccio il tatuaggio del numero dei deportati…e allora si squarcia la visione sulla Shoa:


non solo gli Ebrei, ma anche loro, gli omosessuali. Quello che invece non ti aspetti, proprio perché il film ha avuto un’andatura fin troppo lenta, è il finale: tutto si velocizza, tutto si sovrappone, tutto si conclude e capisci che per tutta la storia il regista ha lasciato delle piccole tracce per farti capire prima della fine, ma la tua attenzione era concentrata sulla storia e lo capisci solo dopo, alla fine, mentre scorrono i titoli di testa: l’acquisto della pistola, proprio quella e non altre, il terrore dei cani, il chiedere perdono all’omosessuale, il saper suonare un piano e naturalmente, quella parola, REMEMBER. Quindi se è vero che tutto è stato scritto, letto, ascoltato e detto, Egoyan dimostra che anche il già visto può diventare nuovo, o almeno interessante. Proprio per la natura dei personaggi non ci si aspetta azioni alla 007, tutt’altro, e la bravura del regista è proprio in questo: tutti possono essere altro, tutti nascondono altro, ma lo si scopre senza azioni eclatanti, così, semplicemente. In fondo stiamo parlando di un paese, l’America, dove le armi si possono acquistare senza troppi problemi, dove tutti, ma proprio tutti, possono avere un’arma, anche un vecchio come Zev. Film di denuncia? Forse, sicuramente film ben costruito. Se ci sono critiche da fare, io non ne trovo. Un cantautore diceva “Sono solo

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canzonette”, e traslando si potrebbe dire “Sono solo dei filmetti”, ma ultimamente si trova ben poco che meriti il titolo di film; per lo più canovacci di storie senza capo e né coda, con copioni scopiazzati da altri, con finali più che prevedibili, con assenza completa di logica nello svolgersi del racconto, per cui un film come REMEMBER è il benvenuto. Almeno per me e spero per altri. Un film sulla memoria, quindi, ma non quella storica della Shoa da cui prende spunto, ma su quella umana che agenti esterni sbranano lasciando l’individuo privo di tutto, un film sulla solitudine, sul dolore, sull’incomunicabilità che tutto questo comporta, perché quando si diventa vecchi, malati, confusi, la vita di oggi ti rifiuta. Dal punto di vista puramente tecnico, si può dire che Atom Egoyan presenta una regia essenziale proprio per dar respiro alla storia, senza effetti speciali, inquadrature improponibili, ma tutto rientra nel classico primo piano, campo lungo. La portata dei personaggi, sostenuti da Christopher Plummer e Martin Landau, solo per citare i due più importanti, fa sì che tutto il film risulti uno spettacolo da ricordare e, dal mio punto di vista, da portare come esempio di alta professionalità.


Carol a cura di Patrizia Palese

Premetto che quando sono entrata nella sala cinematografica, l’ho fatto con le migliori intenzioni. Se un film del genere, che tratta un tema del genere, ossia l’amore saffico, riesce a sfiorare l’Oscar, vuol dire che di argomenti ne deve avere parecchi. Non dimentichiamo che l’America ha un senso di pruriginoso perbenismo, ereditato dai vecchi Padri Pellegrini. Entro, mi siedo nel salotto di un cinema del quartiere Testaccio e mi libero da ogni preconcetto. Sono etero, non sono omofoba, ma soprattutto sono per un democratico “ognuno pensi a sé e ai propri limiti e non insegni agli altri”. Quindi, quando si parla di omosessualità alzo le antenne: non si fa Accademia su un aspetto così delicato della vita di alcune persone, non si deve mancare loro di rispetto. Il film inizia e io mi incanto: inquadrare come prima immagine la griglia di un tombino e farla apparire come un mer-

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letto, dico fra me, è magia. Ma nemmeno per sogno: se la prima cosa che fai vedere è l’ingresso di una fogna, vuol dire che tu, regista o sceneggiatore che sia, vuoi dare come messaggio subliminale che quello che accadrà è solo il rifiuto di una America per bene anni ’50 e questo lo capisco quasi subito. Mi calmo; ci deve essere una spiegazione. Sono attenta allo svolgersi della storia ma, accidenti, che mi vogliono far credere? Che esiste il colpo di fulmine? E sia. E si va avanti. Che basti un paio di guanti dimenticati per far travolgere dalla passione Carol e Therese e farle fuggire verso Ovest, anche se la prima dice di voler crescere sua figlia, anche se professa di amare la bambina a tal punto da chiedere alla commessa che cosa si può regalare a una bambina di 5 anni? Ma per favore, qualcuno rimetta le cose in ordine! Respiro lentamente. No, sicuramente

c’è un trucco; adesso si chiarisce tutto. E che cavolo! È candidato all’Oscar! Nulla, assolutamente nulla. Lei, Carol, bella da farti venire una fuoriuscita di bile ogni volta che la inquadrano, sempre impeccabile, sempre algida, sempre inappuntabile, si piega fino a far credere, marito e famiglia di lui annessa, che è disposta a “curare” il suo problema per avere di nuova la figlia con sé abbandonando il suo amore con cui, però, era fuggita, salvo poi a ripensarci, quando davanti al giudice dichiara che è meglio che stia con il padre perché lei è così e non potrà cambiare. L’altra, Therese, dolce, quasi adolescenziale nel suo apparire, porta avanti la sua grande storia d’amore esattamente come un’adolescente che ha i suoi ricordi fatti di foto che però nasconde sotto il lavandino e, magia, all’improvviso, da semplice commessa di un grande magazzino, riesce a coronare il suo sogno e lavorare in un grande giornale america-


no come fotografa. Il finale? STUPENDO E SOPRATTUTTO ORIGINALE! Durante una festa la piccola Therese vede a uno a uno i suoi pretendenti con la propria ragazza e allora decide, oh meraviglia, che anche lei deve stare con il suo amore e la va a cercare. Le due si guardano e vissero tutti felici e contenti. Accetto tutto, anche i finali a tarallucci e vino, ma pretendo i 7 nani e una zucca che diventa carrozza, altrimenti finirò per fare il tifo per Tarantino! Almeno con lui sai cosa aspettarti. Se devono premiare questo film lo facciano per i costumi, per le scenografie, per le musiche e anche per il montaggio, ma lasciamo stare il resto! E se proprio vogliamo parlare di omosessualità femminile, si riveda 10, 100, 1000 volte il film QUELLE DUE, il cui titolo originale è The Children’s Hour, un film di William Wyler del 1961, il primo ad avere un personaggio lesbico, che – come da tradizione di quegli anni – si suicida quando realizza di essere innamorata della propria migliore amica. La storia è quella di Karen, interpretata da Audrey Hepburn, e Martha, Shirley MacLaine, due insegnanti che dirigono una scuola privata femminile. Tutto sembra filare liscio, fino a quando una loro studentessa mette in giro la voce che il loro rapporto non sia soltanto amicale. Forse è chiaro che come spettatrice, sono molto delusa da questo film. È chiaro, vero?

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“Il passato è fondamentale, è ciò che siamo oggi, senza il nostro passato non saremmo le persone che siamo, ecco perché credo sia necessario voler bene a ciò che ci è

Intervista a Marta Lock

successo, ”

.......................................................a cura di Cristina Rotoloni

vissuto e interiorizzato nella mia vita da non-scrittrice, permettendomi di scoprirmi in grado di comunicare con una facilità impensata attraverso le parole su carta. Subito dopo l’uscita del primo romanzo ho aperto il mio profilo Facebook, parliamo del 2011, dove ho preso l’abitudine di scrivere un aforisma al giorno, di tipo filosofico-emotivo, e ho notato che sempre più persone iniziavano a seguirlo, quasi aspettandolo. Da lì poi è nata l’idea di creare la rubrica come approfondimento settimanale di uno degli aforismi più apprezzati dal mio pubblico o quello che, al momento della stesura dell’articolo, mi coinvolgeva di più. La mia inclinazione a scavare nell’anima, già evidente nei romanzi dove l’aspetto che più caratterizza e si ricorda dei miei personaggi è quello psicologico, interiore, piuttosto che quello esteriore, si è confermata e consolidata attraverso la strada parallela del parlare di emozioni, sentimenti, dubbi e insicurezze, nell’epoca contemporanea. La rubrica L’Attimo Fuggente è stata sicuramente la tua fonte d’ispirazione. Di cosa si tratta e come ha creato “Ricomincia da te”?

Ciao Marta, siamo nuovamente lieti di ospitarti sul nostro magazine con questa tua ultima pubblicazione. La stesura dedicata ai sentimenti mi sembra che abbia avuto in te un crescendo. E’ come se i romanzi fossero stati un trampolino di prova per trovare la sua espressione massima in questo saggio. E’ così? Ciao Cristina, anche per me è un piac-

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ere tornare a trovarvi su Volodeisensi ed essere intervistata da te. Ti ringrazio per la tua domanda che mi da modo di esporre i differenti ma conformi ambiti letterari sui quali mi muovo: in realtà i miei aforismi prima e gli articoli della mia rubrica L’Attimo Fuggente nascono quasi in parallelo ai miei romanzi. Sicuramente il primo, Notte Tunisina, ha rotto la diga delle emozioni che avevo

La rubrica è stata la base di partenza imprescindibile per la stesura di Ricomincia da te. Come accennavo nella precedente risposta, è nata proprio perché percepivo il bisogno delle persone che quotidianamente leggevano i miei aforismi, di ritrovare quel legame perduto con la propria interiorità e di avere un aiuto per interrogarsi sui perché e sulle reazioni che a volte si è convinti di subire, o aver subito, senza essere capaci di soffermarsi o di aprirsi a un punto di vista diverso dal proprio, quello dell’altro, troppo spesso visto come il nemico o l’antagonista, che permetterebbe di dare una spiegazione differente da quella ricevuta quasi come uno schiaffo in pieno viso. La difficoltà del vivere


contemporaneo è proprio nella fretta di voler far rientrare qualcosa all’interno di uno schema che non può esistere, perché siamo tanti, diversi l’uno dall’altro, come tante sono le realtà relative con cui ognuno di noi ha a che fare. Perciò ho intitolato la rubrica L’Attimo Fuggente, perché desideravo diventasse un modo per cogliere quell’attimo fuggente emotivo che spesso perdiamo dentro la realtà contingente, dentro la foga del dover fare tante cose, accumulare tanti beni, dimenticando di guardare noi stessi e gli altri come persone che non possono rispondere all’equazione ‘tanto costi = tanto vali’… per l’essere umano tutto cambia, tutto è più morbido, sfumato, a volte doloroso e fuori controllo ma comunque più intenso. L’idea di farne un libro, un percorso di crescita emotiva come amo chiamarlo io, è venuta a Leonardo Lovari titolare di Harmakis Edizioni, casa editrice che pubblica saggistica: lui già leggeva i miei articoli su Linkedin e mi ha commissionato appunto una raccolta da trasformare in un prodotto editoriale che potesse essere utile a tutte le persone che hanno bisogno di guardarsi dentro e ritrovare la forza interiore perduta dopo le cadute, che pensano che non sia possibile ricominciare e che il futuro sia cupo. Il mio punto di vista è positivo, sorridente, sono ottimista fino al midollo, e viene da un percorso che io per prima ho compiuto nel corso della mia vita, ecco perché sono convinta che analizzando i perché si può trovare la strada verso una maggiore consapevolezza e serenità. Seguendo la lettura delle pagine del tuo saggio voglio chiederti: quanto il passato influisce sul nostro presente? Il passato è fondamentale, è ciò che siamo oggi, senza il nostro passato non saremmo le persone che siamo, ecco perché credo sia necessario voler bene

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a ciò che ci è successo, anche le situazioni meno felici, più dolorose, ci hanno lasciato un insegnamento a cui attingere per andare avanti più forti e sicuri di noi, non fosse altro che per la forza che abbiamo scoperto di avere nel superarle. Non serve rinnegare il nostro passato o avere il rimpianto di non aver agito diversamente, se abbiamo fatto o detto qualcosa in quel momento lo volevamo dunque lo abbiamo scelto e se l’esperienza non è stata quella che credevamo o non ha portato il risultato che speravamo, probabilmente è perché in quel momento dovevamo inciampare, cadere, forse perché dietro un altro angolo voltato grazie a quell’intoppo, a quella deviazione, si nasconde quella che poi si rivelerà la cosa migliore per noi. Quindi non si può vivere nel passato ma neanche dimenticarlo o detestarlo bensì considerarlo semplicemente come parte integrante del nostro percorso, della nostra crescita, della nostra maturazione come individui. Estrapolando qualche riga dal tuo libro, qual è il consiglio più spassionato che ti senti di dare ai tuoi lettori? Di credere sempre che qualcosa di bello succederà, anche nei momenti più bui, di non fermarsi in terra dopo essere caduti pensando a cosa si sarebbe potuto fare per evitarlo ma rialzarsi, scrollarsi di dosso la polvere e ricominciare a sorridere, grati per aver avuto la forza di rimettersi in piedi e di proseguire il cammino. Di non vedere l’altro, quello che ci ha feriti, come un cattivo carnefice e noi le sue vittime, probabilmente i suoi comportamenti avevano delle motivazioni che prescindevano da noi e comunque, se la situazione si è chiusa, è stato perché i percorsi non erano allineati e probabilmente non era con quella persona con cui dovevamo continuare a camminare. Più avanti ne incontreremo un’altra che ci renderà molto più felici. Di

credere in se stessi perché è solo dentro di sé che si troverà la forza, la fiducia e l’amore necessari per amare ed essere amati non perché se ne ha bisogno bensì perché lo si sceglie. Le ultime pubblicazioni si sono distanziate dai romanzi, hai cambiato genere o intendi portare avanti diversi tipi di scrittura? Porterò avanti entrambi i filoni, i romanzi sono il mio primo amore, mi diverte dar vita a personaggi, tessere trame e intrecciare le loro vite, e amo raccontare di paesi lontani, mi piace far ridere i miei lettori, farli arrabbiare per le vicende in cui i protagonisti si trovano, farli commuovere con le loro tempeste interiori, e farli appassionare alle loro sorti. Ho già due romanzi inediti fermi nel cassetto e pronti per essere pubblicati: Dimenticando Santorini e Gente di Rio. Ma adoro anche toccare le corde profonde dell’animo umano, interrogarmi e far interrogare chi mi legge per raggiungere profondità interiori che hanno dimenticato di avere o che da soli non riuscirebbero a riportare alla luce, mi piace aiutare gli altri a sentirsi meglio, a trovare un faro nella vita di cui hanno bisogno ma a cui spesso rinunciano o non sono capaci di chiedere, mi affascina il fatto di farlo senza dare risposte, perché nessuno può avere tutte le risposte o quelle che vanno bene per tutti perché non ne esistono di tali, bensì attraverso domande che scavano fin dentro l’anima permettere agli altri di trovare le proprie, quelle che derivano dal loro carattere, dal loro vissuto, dalle loro esperienze, e il riscontro che ho e continuo ad avere grazie a questo percorso, i ringraziamenti quotidiani dei miei lettori, sono una continua fonte di gioia e di grande soddisfazione per riuscire a dare una luce, un’ottica più positiva, più emotiva al loro quotidiano.


Un paese di presepi - Pro-Loco Ville di Fano (AQ) A cura di Cristina Rotoloni

“Un paese di presepi” è il progetto creato e portato avanti con molto entusiasmo da Noris Canofari, la presidentessa della Pro-Loco di Ville di Fano, insieme a tutto il suo gruppo, nel periodo natalizio. Il concorso, alla sua prima edizione, ha riscontrato oltre ogni attesa un meritato successo con ben 63 presepi iscritti. Il 16 gennaio alle 17:00 presso la sede della Pro-Loco l’iniziativa ha visto la premiazione di ben 15 vincitori e 3 premi di merito. A tutti i partecipanti sono stati donati l’attestato di partecipazione e un cd realizzato da Davide Foglietta, tecnico della Pro-Loco, contenente tutte le opere. Ai vincitori e i premi di merito è stata donata anche una targa. Con soddisfazione posso dire che, nonostante il tempo avverso, la sala era stracolma di gente desiderosa di conoscere l’esito e vedere le immagini di tutte le composizioni partecipanti all’evento. Il grande successo ottenuto farà sì che ci sia, l’anno prossimo, una seconda edizione che probabilmente prenderà in considerazione anche

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nuove categorie e i presepi viventi. Un concorso di cui ho il piacere di parlarvi perché ho fatto parte della giuria insieme a Eleonora Ponzi e Luigi Polito, splendidi compagni di avventura. E’ stato divertente poter visitare i vari paesi regionali e non che hanno aderito all’iniziativa. E’ stato sorprendente e piacevole notare che hanno partecipato, scuole, chiese, associazioni e famiglie del comune di Montereale, Borbona, Capitignano, Cagnano, Pizzoli e Amatrice. La cosa più bella che mi sento di citare è stata l’accoglienza e l’orgoglio con cui ogni singola persona ci ha mostrato il suo presepe e le sue capacità artistiche. Abbiamo potuto ammirare molte creazioni dalla carta pesta, alla lavorazione del legno, all’argilla, all’utilizzo delle foglie di pannocchia, ci hanno sorpreso composizioni con telefonini, lattine di coca cola, spaghetti e bulloni. Un’infinita creatività che ha donato non solo l’atmosfera natalizia, ma anche il valore sentito che queste composizioni contengono. Mi sento per questo di fare i

complimenti a tutti i partecipanti che invito ad essere presenti anche nella prossima edizione e con la stessa enfasi estendo il mio invito a tutti coloro che realizzano presepi nell’intimità della propria abitazione fino alle istituzioni e i luoghi pubblici. Vi cito con gioia i vincitori. Per la categoria FAMIGLIA il primo posto è andato al presepe: “La strada dei Magi” di Cesaproba (AQ). Un vero percorso attraverso la natività, la tradizione e l’innovazione. Di spettacolare effetto la scia di luce che partendo dal mondo unisce, mutandosi in culla, l’universo con il simbolo della vita: il bimbo Gesù. Al secondo posto vince il presepe realizzato dal padre di Elisabetta Ripaldi Bordona (RI). Scenograficamente perfetto, è impeccabile nella tecnica e nel riciclo degli oggetti. Un piccolo dipinto tridimen-


sionale.

atmosfera alla composizione.

Al terzo posto vince il presepe Jonathan Giandomenico San Giovanni di Cagnano (AQ).

Al terzo posto vince Pro Loco di Scai (RI).

Un’intera collina di tecnica ed elementi in movimento che induco l’osservatore ad ammirare ogni dettaglio. Per la categoria CHIESE il primo posto è andato al presepe di San Lorenzo - Marruci (AQ). Magico e ricco di atmosfera immerge lo spettatore in un angolo poetico e intimo. La fonte naturale sottolinea l’incanto del luogo ricreato intorno a lei. Al secondo posto vince il presepe La Madonnella Santa Maria in Ospedale di Pizzoli (AQ) Buona tecnica e ottima rivisitazione di un borgo abruzzese. Al terzo posto vince San Giovanni di Amatrice (RI). Lo spettatore entra in uno spazio adornato come una nicchia dove poter restare in contemplazione del presepe. Per la categoria SCUOLE il primo posto è andato al presepe dell’infanzia di Marana - Montereale (AQ). Il tema del girotondo intorno al bimbo Gesù abbraccia tutto il mondo e gli stessi alunni che si sono rappresentati, usando materiali di recupero, nel presepe. Al secondo posto vince l’infanzia di Montereale (AQ). Il bosco fa da padrone in questa composizione con l’utilizzo di tutti i materiali in modo creativo. Al terzo posto vince l’infanzia di Pizzoli (AQ). Personaggi con tappi di sughero e frutta secca con legumi con pongono con fantasia tutto il presepe. Per la categoria ASSOCIAZIONI il primo posto è andato al presepe Pro Invalidi Onlus Aringo (AQ). L’abilità compositiva e la capacità tecnica ricordano le palle di vetro con la neve. Al secondo posto vince Avis Amatrice (RI). Decoupage e merletti vintage donano

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La capanna di legno e pietra spicca in una composizione prospettica valorizzando la natività.

L’ottima manualità le ha permesso di creare statuine d’argilla raffiguranti personaggi del paese vestiti con abiti da lei creati. Famiglia Claudia Carluccio di Montereale (AQ).

Sono state istituite anche due categorie a parte che non hanno concorso con quelle in precedenza citate per un fattore di equità e correttezza. Una di queste è dedicata alle chiese del comune di Montereale e vince il primo posto la Madonna della Neve di Ville di Fano (AQ).

Le opere di suo padre presentate al concorso sono molte e vanno dalla lavorazione della cartapesta ad abili composizioni in miniatura con rocce e conchiglie.

L’opera è su due livelli e inserisce una fontana di conche discendenti che rappresenta con l’acqua la vita.

Magico e con interessanti elementi prospettici come il lago inclinato.

L’altra categoria è dedicata alle famiglie di Ville di Fano e vincono a pari merito Pietro Barigelli e Pierino Massari. Entrambi le famiglie hanno realizzato i presepi in ambienti riconducibili alla tradizione e alla storia del paese valorizzando le loro origini. In ultimo, ma non per questo ultimi, le targhe di merito sono andate a: Famiglia Anna Maria Pelosi di Capitignano (AQ).

Chiesa della Santa Natività Termine di Cagnano (AQ).


E N I L N O CHEF alese

atrizia P P i d a r u c a

CANNELLONI DI VERDURE - INGREDIENTI PER 4 PERSONE: -Pasta fresca per lasagne a fogli gr. 300 -Mezzo peperone rosso -Mezzo peperone giallo -Due zucchine e due pomodorini -Un gambo di sedano -Una carota -Ricotta gr.300 -Noce moscata q.b -Parmigiano grattugiato gr.100 -Burro gr.50 -Olio extravergine di oliva q.b. -Sale e pepe q.b. Lavare e mondare la rucola. Salare e pepare il pollo. Rosolare il pollo in una teglia con l’olio e continuare la cottura in forno a 180° per 20 minuti, quindi distribuire le mandorle e cuocere ancora per 2 minuti. Scaldare una padella sul fuoco con l’olio e l’aglio, adagiarvi la rucola e rosolarla per due minuti a fiamma vivace, salare e pepare. Distribuire la rucola nel piatto da portata con il pollo e le mandorle e condire il tutto con l’aceto balsamico. Mondare, lavare e tagliare il sedano e la carota a bastoncini e i peperoni a striscioline. Lavare una zucchina e ridurla a fiammifero, eliminandola parte centrale dove sono i semini, mentre l’altra a fettine sottilissime. In una padella con l’olio rosolare il sedano e la carota per dieci minuti, unire la zucchina, salare, pepare e continuare a rosolare per dieci minuti. Sbollentare i peperoni in acqua salata per cinque minuti, sgocciolarli, trasferirli nella padella con e altre verdure e lasciare insaporire sul fuoco per qualche minuto, quindi disporre le verdure in una ciotola, unire la ricotta precedentemente passata al setaccio, un pizzico di noce moscata grattugiata, metà del parmigiano e amalgamate. In ogni quadrato di pasta fresca adagiare al centro le verdure condite coni filetti di pomodorini e avvolgere i fogli di pasta fresca su se stessi, facendo tanti cannelloni.

PARMIGIANA DI MELANZANE INGREDIENTI PER 4 PERSONE: -4 melanzane lunghe -gr.150 di salsa di pomodoro -gr.80 di parmigiano grattugiato -gr.300 di mozzarella -un mazzetto di basilico -olio extravergine di oliva q.b. -sale q.b. Prima di tutto tagliare le melanzane a fette dopo aver eliminato la buccia; metterle a canestro in uno scolapasta con una lieve spolverata di sale e lasciarle coperte a spurgare per almeno due ore. Lavare il basilico. Dopo aver asciugato le fette in un foglio di carta da cucina, infarinarle e cuocerle in olio bollente per pochi minuti, scolandole su un piatto oblungo ricoperto di carta da cucina. Adagiare in una teglia oliata le fette di melanzane prima in orizzontale e poi in verticale cospargendo ogni strato di salsa di pomodoro, basilico tritato, parmigiano grattugiato e mozzarella tagliata a dadini, salando pochissimo. Concluse le fette di melanzane, mettere le teglia in forno a 180° per 15 minuti. Servire la parmigiana versando una ulteriore manciata di parmigiano e di dadini di mozzarella a forno spento.

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CROSTATA AI FICHI E MANDORLE INGREDIENTI PER 8 PERSONE: -gr. 400 di pasta frolla -un chilo di fichi o marmellata di fichi -farina e burro per lo stampo q.b. -3 decilitri di latte (un bicchiere grande) -3 tuorli d’uova -gr. 100 di zucchero -gr.30 di farina -gr.100 di mandorle -la buccia di un limone grattata -un limone spremuto (si può usare quello usato per la buccia) Lavare i pomodori, sbollentarli in acqua per 30 secondi, sgocciolarli, lasciarli intiepidire, eliminare la pelle, i semi e l’acqua di vegetazione.Tagliare la polpa a pezzetti.In una padella con l’olio rosolare la polpa dei pomodori a fuoco vivace per 5 minuti, salare e pepare. Disporre le mozzarelle di bufala in uno scolapasta, pressarle leggermente con le mani per eliminare l’acqua e ridurle a dadini. Lavare il basilico, sfogliarlo, asciugarlo, frullarlo con un filo d’olio e aggiungervi un pizzico di sale e di pepe. Cuocere gli spaghetti in acqua salata, scolarli, condirli con il sugo di pomodoro fresco, farli saltare in padella per qualche secondo e fuoco spento versarvi i dadini di mozzarella e il pesto al basilico. Servire caldissimi. Preparare la crema: scaldare il latte con la buccia di limone grattato. In una ciotola sbattere i tuorli con lo zucchero e unire la farina. Appena il latte comincia a bollire, versatelo a filo nel composto di uova, mescolate, rimettete sul fuoco a fiamma moderata, lasciate sobbollire per 5 minuti, mescolando sempre e stendete la crema su un vassoio, lasciandola intiepidire. Stendere la pasta frolla con uno spessore di circa 3 millimetri. Imburrate e infarinate una tortiera, rivestitela con la pasta frolla, trasferitela nel forno a 190° e cuocere per 15 minuti. Versate la crema nella tortiera. Lavate i fichi, tagliateli a spicchi con la buccia, disponeteli sulla crostata come più vi aggrada, possibilmente senza lasciare spazi fra di loro; distribuite le mandorle tritate grossolanamente e riportate nel forno a 190°, continuando la cottura per altri 10 minuti. Estraete la crostata dal forno e lasciarla intiepidire prima di servirla. TORTELLINI IN BRODO - INGREDIENTI PER 4 PERSONE: -400 gr. di tortellini freschi al prosciutto crudo -300 gr. di polpa di manzo -un gambo di sedano -una cipolla -100 gr. diparmigiano grattugiato -olio di oliva extravergine q.b. -sale e pepe q.b.

Lavare le verdure e cuocere in acqua salata per mezz’ora, dopodiché immergere la polpa di manzo e continuare a cuocere per un’ora a fuoco medio e coperto. Togliere dalla casseruola il manzo e le verdure e tenere, sempre coperto, il brodo ottenuto. Cuocere nel brodo ancora caldo i tortellini e servirli cosparsi di abbondante parmigiano e pepe macinato al momento. P.S. Con la carne di manzo e le verdure si potrà fare un ottima insalata di carne condita con aceto e senape da servire come secondo.

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artisti si nasce Poesia di Morgan (8 anni) L’estate E’ arrivata l’estate e le rose son sbocciate. Le farfalle son tornate con le ali colorate. Finalmente vedrò il mare dove mi potrò tuffare. Con la maschera potrò osservare tanti pesci e con loro potrò nuotare. I gelati freschi e gustosi verranno mangiati da bambini golosi. Ma la cosa che dell’estate più mi piace è che mi sento vivo e felice.

Disegno di Grace (6 anni)

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Piccole fiabe per grandi sognatori è la somma di sei brevi fiabe, raccolte in un unico, imperdibile, volume. L’autrice, Emanuela Arlotta, con il suo stile dalla tenera limpidezza è in grado di catturare il cuore di grandi e piccini sin dalla prima pagina. Regala ai suoi lettori più grandi l’emozione di sentirsi ancora una volta bambini e ai più piccoli, avventure, magia, emozioni, sogni ma, soprattutto, importanti insegnamenti di vita. LINK PER L'ACQUISTO 23


Girl Gang di Ashley Little Profondamente emarginate e frutto di una società canadese degradata, le cinque ragazze si gettano nel mondo a occhi bendati: terrorizzano Vancouver con freddezza e furiosa velocità, facendo terra bruciata attorno a loro per cercare il modo di cancellare un passato doloroso.

Ashley Little è nata a Calgary, Alberta, nel 1983. Laureata in scrittura creativa e cinematografia presso l’Università di Victoria, ha poi conseguito un Master in Fine Arts alla British Columbia University. Il suo primo romanzo, PRICK: Confessions of a Tattoo Artist (Tightrope Books, 2011) è stato finalista per il ReLit award e opzionato per il cinema. Il secondo, The New Normal (Orca, 2013) ha vinto lo Sheila A. Egoff Children’s Literature Award.

Cinque giovanissime, cinque rose in boccio delicate e spietate, ingenue e disilluse, fragili e violente.

una piccola gang dedita allo spaccio di droga e ai furti di auto, fino a un tragico epilogo che stronca ogni speranza.

Sono le Black Roses, la gang al femminile protagonista di “Girl Gang”, il terzo romanzo del nuovo talento letterario canadese, Ashley Little, e il primo ad essere arrivato in Italia, pubblicato dalla casa editrice Unorosso.

Mac e Mercy sono migliori amiche e vivono di prostituzione, sotto la protezione dei Vipers, una delle bande criminali più potenti di Vancouver. Stufe di essere sfruttate ed esposte ai rischi che la vita di strada comporta, decidono di rendersi indipendenti e fondare una propria gang, tutta femminile, con un unico obiettivo: fare soldi e trasferirsi nella zona ricca della città.

“Girl Gang” è la cronaca diretta, tagliente e dolorosa di una banda di ragazze appena quindicenni, che terrorizzano le strade di Vancouver, capitale canadese delle gang, tra droga, solitudine e degrado. Mac, Mercy, Kayos, Sly Girl e Z: è attraverso le loro vive voci, intervallate dall’io narrante della città di Vancouver, che la vicenda si snoda, lungo tutte le fasi di nascita, costruzione e ascesa di

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Al duo, si uniscono con il tempo Kayos, ragazza madre dall’età di tredici anni, con una storia di violenza e abusi in famiglia; Sly Girl, tossicodipendente fuggita dalla riserva di First Nations in cerca di una vita migliore; e Z, writer di origini cinesi, anticonformista e ribelle.

Anatomy of a girl gang (Arsenal Pulp Press, 2013), è il suo terzo romanzo e ha vinto il Premio Fiction Ethel Wilson, è stato finalista nell’importante Vancouver Book Award 2014 ed è stato opzionato per la televisione. Ashley Little vive attualmente nell’Okanagan Valley, British Columbia.


Recensione “Il nome“ di Matthieu Delaporte & Alexandre de la Pantellière Opera teatrale rappresentata in Germania da Progetto 15 - traduzione e adattamento a cura di Valentina Fazio

Sabato 6 febbraio 2016 si è svolta a Monaco di Baviera, presso l’importante centro di cultura internazionale Gasteig – Black Box, l’ultima di una serie di rappresentazioni teatrali dell’opera dal titolo “Il nome” di M. Delaporte & A. del a Patellierè. A rappresentarla con l’entusiasmo di chi sa mettersi in gioco dinanzi ad un pubblico non troppo facile, sono gli attori emergenti di Progetto Quindici, composto da Valentina Fazio, nella parte di Babù, Mathias Falco, nella scena Riccardo, Walter Tagliabue, sul palco Giampiero, Augusto Giussani, in quest’opera Claudio, Sandra Scalon per l’occasione Anne, i giovanissimi attori Adriano e Leonardo Fazio Campos in Arcadio e Telemaco ed infine, ma non certo per ultima, Marta Veltri, la donna dall’età che non teme amori sconfinati, in Silvana. Si apre il sipario e l’atmosfera si riempie già dopo pochi minuti di una inusuale e curiosa atmosfera di quotidianità, ove una famiglia, apparentemente qualunque, dà inizio alla sua storia. Gli attori si muovono con convinzione, destrezza e tanta voglia di comunicare subito con un pubblico sempre più preso ad immaginare cosa potrà accadere in seguito. E´la storia di una moglie di nome Babù che con la sua spontanea professionalità, oserei dire quasi simile ad un dolce frutto pronto per maturare, dà vitalità a tutta l’interpretazione. E´ anche la storia di suo marito Giampiero che tra

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una battuta e l’altra sa animare la scena come se il tic tac del tempo non avesse realtà per questa serata a teatro. Ci sono poi i loro due figli, perfettamente avvolti nel ruolo discreto, ma fondamentale nel far girare con tenerezza, la ruota illusoria, di una famiglia quasi perfetta. C’è il fratello di Babù, che si accorge di avere attorno a se non solo una sorella, un cognato e dei nipoti che sanno riempirgli la vita senza sottrazioni numeriche, ma anche una fidanzata, Anne, che con la sua istintività genera quel pizzico di pepe che sa dare gusto ad un piatto da assaggiare senza riserve. E´con questa metafora che si scoprono i sapori, gli odori e la inaspettata, quasi turbolenta, convivialità di una serata a cena. Una cena preparata con il cuore. Un sentimento che si concretizza con pietanze piene di aromi. Cibi mediterranei che donano quel tocco di originalità inaspettata. Come l’aroma di un amore che lascia spazio all’immaginazione di chi interpreta e di chi assiste chiedendosi: “Ma quando ci invitano a salire sul palco? Mi vien voglia di partecipare mangiando!”. E´ davvero un’opera da vivere, da applaudire e da rivedere. Ogni battuta, ogni movimento, sembra emergere da un irrefrenabile desiderio di vivere e amare. E´infatti l’amore uno dei punti fondamentali che animeranno questa cena. L’amore di un giovane, amico di famiglia, Claudio, che non sa più proteggere i suoi sentimenti per Silvana. La donna

da un’età ormai non più considerata per un amore che invece allieta la vita degli amanti e degli innamorati. La protagonista invisibile di una relazione inspiegabile agli occhi di chi guarda alla vita come una scacchiera. Una mossa dopo l’altra. La vita però non è una partita a scacchi. Non può essere una riflessione dopo l’altra. Può rivelarsi invece il volteggiare libero di ali di gabbiano in volo su un mare infinito chiamato amore. Il gruppo teatrale Progetto Quindici sa esprimere con altrettanta destrezza, maestria e chiarezza, sentimenti e reazioni difficilmente distinguibili tra la finzione e la realtà. Una nota di merito a chi, come loro, ha saputo realizzare sul palco tratti di vita che attendono ancora una volta di essere ammirati ed applauditi.


IL REGISTA DIMENTICATO Esitò, quando il meteo tacque. L’occasione era propizia –si rese conto, spegnendo la radio–, ma la forza per attuare il “piano” (peraltro già studiato e preparato da tempo) tardò a presentarsi, lì per lì. L’anima non s’atteggiava all’ardimento, per dirla col poeta. Oh nessun problema, ad ogni modo, perché eccolo il rimedio: scherzare fra di sé. «Lo schiocco secco del cuore che si spezza è proprio come quello di un ciac in campo», pensò, allora. E all’improvviso trovò il coraggio: un coraggio amaro, che l’accompagnò per mano alla rada solitaria. Così adesso, in quell’esterno notte che si era scelto, il regista dimenticato non voleva tornare più alla vita che lo aveva diseredato, né gli riusciva di capire se a gonfiare il genoa e spingere il piccolo cutter malandato fossero le frequenti scosse d’aria o le immagini “ondose” che il vecchio proiettore a bobine –dall’alto del suo treppiede, assicurato con gomene e cime a proravia– drappeggiava sul bianco agitato della vela. Guardandola, continuava a ripetersi: «Senza il minimo dubbio, Marosi alla deriva è il mio film migliore!». E mentre una stilla di sorriso iniziava a formarsi sulle sue labbra, gli sembrò di scorgere i flash dei fotografi. Ah, no... erano i lampi. Quelli, per ora lontani, della tempesta in arrivo. Il bollettino dei naviganti, beh non si sbagliava. Pietro Pancamo (pipancam@tin.it; pietro.pancamo@alice.it)

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DELUSIONE di Pietro Pancamo La bravura simbiotica delle rime a incastro. Il sogno è un conservante, l’additivo artistico per rimodernare ambizioni letterarie, o speranze, sopite ad honorem. Comunque il sole non è bello come prima. Adesso mi pare una vecchia fotografia. Il particolare, anzi, di una vecchia fotografia ... ritagliato via dall’alone di un sorriso.

*********************** Controsoffitta poesia d’Amor, by Vincenzo Cinanni. Parfum di desiderio, scorgo nella tazza. E’ una tempesta di sensazioni, un uragano flebile, che impazza. Che scossa potente, se l’Amor ci prende. Vediamo sole lucente, si apre un terrazzo infinito, su cui Lei ci attende. Rosso d’Amor, ripenso... Lo scriban poeta, autore.

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“Dopo molti anni di esperienza non ho remore a dire che qualche volta manca l’ascolto “vero” ai problemi del paziente. . ”

Intervista a Rosanna Barbati

L’insostenibile leggerezza del superfluo e dell’effimero.

.......................................................a cura di Patrizia Palese

Conoscere una donna come Rosanna Barbati farebbe bene a molte persone e non solo perché è un medico serio e ancora innamorata del suo “mestiere”, ma soprattutto perché è una persona che non si è mai arresa. Essere un medico ed essere anche una donna, bella donna, una madre e una moglie, non deve essere stato semplice. In genere, nonostante si creda che la parità dei diritti sia una realtà acquisita, tutte le donne debbono navigare in acque non sempre tranquille quando decidono di non tradire i loro sogni e di continuare a difen-

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dere i loro traguardi. Sembrerebbe un discorso fuori tempo, ma nel momento in cui ho conosciuto Rosanna ho visto in lei la semplice constatazione che quando si vuole si può arrivare dovunque. Ho avuto modo di approfondire la conoscenza in quanto lei, medico con anni e anni di esperienza ospedaliera nel campo della dermatologia, ha accettato di essere una delle due protagoniste del mio lavoro teatrale LA NONNA DICEVA SEMPRE…, andato in scena a dicembre nel teatro Petrolini di Roma. Perché ho scelto lei? Perché Rosanna, in seguito

a cambiamenti nella sua vita privata e lavorativa, aveva scelto di dedicarsi ai suoi due sogni di sempre: il Tango e il Teatro. Queste scelte, però non le hanno fatto dimenticare la sua professione ed è in questo campo che ho voluto incontrarla: un medico dermatologo che, nonostante la sua decisione di andare in pensione, ha pensato che molti pazienti vittime di ustioni, di patologie deturpanti e simili, meritassero un’attenzione in più per poter continuare a vivere in un mondo che non accetta nessun tipo di diversità, dove tutto deve essere omologato per non creare sensazioni, emozioni, domande. Le chiedo se vuole concedermi un’intervista e lei non solo mi dice di sì, ma quasi mi ringrazia; Rosanna è fatta così: non pensa che tutto le sia dovuto e soprattutto ha un grande rispetto per gli altri. Arrivo a casa sua e mi sento molto a mio agio. Ci beviamo un caffè nel terrazzo coperto con l’immancabile fruttiera ricolma di frutti di ogni tipo (“Adoro la frutta e mi piace quella buona”, così mi dice sorridendo). A dicembre le giornate sono brevi e già comincia a scurire, per cui si comincia con le domande. Come definiresti oggi la tua vita rispetto a qualche anno fa: migliore, diversa,


Probabilmente vorrebbe aggiungere altro, ma il fatto che abbia specificato di essere viaggiatrice e non turista mi fa avere verso di lei una specie di venerazione. Quanti “vestiti” indossa Rosanna Barbati come donna e quali le stanno proprio stretti? Indosso ogni tipo di abito a seconda delle circostanze: dalla tuta all’abito da sera Gli abiti troppo stretti non li indosso più da molto tempo... divertente, impegnativa? Non voglio escludere nessuno dei quattro aggettivi che hai elencato. E ti spiego anche perché: - migliore, perché vivo nella piena consapevolezza dei miei limiti senza dover più dimostrare di essere quella che sono e che valgo - diversa perché tutto cambia - divertente perché ho finalmente tempo per i miei hobbies - impegnativa perché è difficile fare tutto nel migliore dei modi ...24 ore al giorno non bastano Senza pensarci troppo: una tua opinione sul mondo della Medicina, mirata più che altro a evidenziare deficienze da parte dei tuoi colleghi nei confronti dei papabili pazienti. Dopo molti anni di esperienza non ho remore a dire che qualche volta manca l’ascolto “vero” ai problemi del paziente. C’è ancora troppa confusione sul concetto di salute che non è più solo assenza di malattia, ma stato di benessere psico-fisico e non solo fra i comuni mortali, ma anche fra di noi, medici intendo Rosanna Barbati in sette parole! Dermatologa, mamma di due splendidi ragazzi di cui sono molto orgogliosa, viaggiatrice (non turista), ballerina di tango argentino, lettrice vorace, autoironica e ...non mi viene altro...per ora

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Nel mio intento la parola “vestiti” voleva significare atteggiamenti, ma credo che anche lei con le sue risposte mi abbia risposto sullo stesso tono Se un domani le venisse offerta la possibilità di partecipare, con un suo progetto, a un importante ricerca scientifica, quali sarebbero i suoi dubbi, e a cosa sarebbe disposta rinunciare Fondamentalmente rimango sempre un medico, e l’unico dubbio sarebbe, indipendentemente da una mia notorietà, quanto il mio progetto possa essere un vero vantaggio per la salute della collettività e sulle rinunce non ho dubbi: rinuncerei al compenso per darlo in beneficenza Nel suo campo una donna ha le stesse possibilità di un uomo? Assolutamente no, soprattutto se sei giovane e carina...e qui non aggiungo altro E sorride; ha ragione, purtroppo ha ragione. Attualmente è impegnata in un progetto di “nascondimento” del diverso per una maggiore integrazione nella società dei soggetti colpiti da gravi lesioni dermatologiche, che le sta dando delle soddisfazioni evidenti. Dopo questo c’è qualcosa che lei prima o poi vorrà realizzare? Un mio progetto, dopo aver toccato con

mano quanto questa tecnica aiuti, sarà quella di fare conoscere quest’attività al grande pubblico tramite altre manifestazioni, ma soprattutto creare una scuola di formazione per tutti coloro che vogliono dedicarsi al Camouflage Rosanna Barbati quale tipo di lettura preferisce? Come ho già detto sono una lettrice vorace. Leggo di tutto, dai romanzi d’amore ai saggi di filosofia. Quando inizio a leggere un libro, porto sempre a termine la lettura anche se non mi piace e se accade me ne pento perché ho perso tempo con un cattivo libro e per una storia deludente. Oltre la sua attività di medico, ha un hobby o una mania del tutto estranea all’ambiente da cui proviene? Veramente ne ho due: il tango argentino e la recitazione Mi ha sempre incuriosita la motivazione che spinge un medico a scegliere una specializzazione invece di un’altra, per cui ne approfitto e le chiedo: da cosa parte la scelta di una specializzazione invece di un’altra? Sarebbe molto carino dire che questo avviene per delle “eredità” di una vita trascorsa, ma la realtà è ben diversa; purtroppo le specializzazioni sono a numero chiuso e non sempre si “ sceglie”. Mi verrebbe da chiederle quale specializzazione avrebbe scelto oltre la dermatologia, se mai l’avesse scelta e non accettata, ma non mi sembra giusta risvegliare ricordi Molti affermano che nel nostro paese non esiste una buona informazione preventiva perché tutto è mirato a privatizzare le cure mediche con i grandi Baroni. E’ la solita diceria di popolo o è vero? E anche qui debbo spezzare una lancia: il nostro SSN investe molto nella prevenzione; purtroppo c’è ancora molta disinformazione e dicerie basate sul sentito dire. Un esempio? Basti pensare ai bimbi che muoiono perché non vaccinati E visto che si è entrati nel mondo dell’infanzia diciamo qualcosa. Par-


liamo allora del mondo dell’infanzia. Quanto è possibile fare per loro, oltre il fatto che esiste la Medicina del Sorriso e similari I bambini sono il nostro futuro e le nostre speranze fatte realtà: quando un bimbo si ammala tutta la famiglia ne risente. È quasi sempre sentito come una maledizione, un’ingiustizia e subentra in molti casi il dolore cieco. Ecco perché dico che spesso manca il giusto supporto sia economico che psicologico e sociale a tutta la famiglia. I bambini devono essere protetti anche dalla disperata rassegnazione dei loro familiari e innanzi tutto si dovrebbe garantire per loro un supporto economico al di sopra di tutto il resto, sia alle famiglie che per la ricerca scientifica. E’ mai accaduto di pensare che avevi sbagliato mestiere? Sì, accadde appena assunta in ospedale. Per festeggiare avevo offerto una torta al personale che era di guardia notturna con me. Ci fu un Pronto Soccorso impegnativo, e misi i miei primi punti; subito dopo mi senti male e vomitai tutto. A quel punto pensai di aver sbagliato tutto, di non essere in grado di fare il medico, mi volevo addirittura licenziare. Fortunatamente il turno successivo fu con la stessa equipe. Gli infermieri volevano sapere dove avevo comperato quella torta perché erano stati male tutta la notte proprio come me!!! Se penso che alla fine del turno ero convinta di dover andare a consegnare la lettera di dimissioni ... e tutto per colpa di una torta non freschissima! Il desiderio più assurdo della tua vita Sono sempre stata molto pratica e questa domanda mi lascia un po’ interdetta…non lo so, forse non ho mai avuto desideri assurdi…chissà che non faccia bene averne… e sorride Come vorrebbe essere ricordata su Wikipedia? Ricordata su Wikipedia? Non lo so...in realtà avevo sempre e solo pensato di essere ricordata da chi mi vuole bene... Il suo difetto migliore di cui lei è orgogliosa. Dire sempre tutto quello che penso e non solo con le parole, ma anche con gli occhi e i gesti Come le è nata l’idea del nascondi-

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mento? Il Camouflage è nato per dare una risposta ai pazienti che presentavano inestetismi permanenti. Ho lavorato presso l’ospedale Sant’Eugenio che è un centro di riferimento per le grandi ustioni e lo sguardo rassegnato dei pazienti alla fine del loro percorso terapeutico è stata una sfida a fare ancora qualcosa per migliorare la qualità della loro vita È stato difficile trovare chi appoggiasse la sua idea? Fortunatamente no. Quando ho iniziato, 15 anni fa, al Sant’Eugenio appunto, c’era la clinica dermatologica che adesso ha la sua sede presso l’Università di Tor Vergata, e il direttore della cattedra, il professor Chimenti, mi incoraggiò a intraprendere questo percorso Una curiosità: ha qualcuno che si occupa del settore informatico per la raccolta dati? Purtroppo no e per me è un supplizio… ho un’idiosincrasia per il telematico e quello che faccio lo svolgo sempre con molto fastidio. Esiste un progetto nel quale credeva moltissimo, ma che non ha avuto successo? E perché? Sì, ma è talmente doloroso che preferirei non parlarne…magari in un altro momento. Posso solo dire che era un progetto di vita.

Un sogno? Allora voglio sognare in grande: “Anna dei miracoli” Però! Un suo incubo ricorrente. Il più classico di tutti: cadere nel vuoto Qual è il libro che le ha lasciato un segno? Ne avrei un elenco lunghissimo. L’ultimo è stato “Suite Francese” di Irene Nemirowski e la trasposizione cinematografica non ha nulla a che vedere con il romanzo…come spesso accade. E l’esame più difficile che avrebbe pagato per non dare nel corso di studi universitari? Non ho dubbi: Clinica Urologica! Era anche un esame complementare, quindi facoltativo Ho fatto quell’esame perché all’epoca studiavo con colui che sarebbe diventato mio marito, che voleva e si è poi specializzato in Urologia. Ero l’unica ragazza che sosteneva l’esame e il professore durante l’esame mi fece solo domande sull’apparato genitale maschile in maniera molto puntigliosa. Volendo avrebbe potuto anche fare domande sul rene o la vescica..., ma no, insistiamo su un unico organo…non aggiungo altro. Ricorda un episodio della sua professione che l’ha convinta che quello era il suo mestiere?

Ma la dottoressa Barbati dove si rifugia quando vuole pensare solo a se stessa?

All’inizio della carriera ho cominciato con una sostituzione di un medico di base.

Nella mia casa. Stacco ogni forma di comunicazione, ascolto musica, leggo, mi ascolto ...e quando mi sento pronta, rientro nel mondo

Alcuni pazienti hanno continuato a contattarmi per anni pur essendo giovane e inesperta e queste oltre a essere soddisfazioni, sono conferme.

Un consiglio per una ragazza che volesse diventare un medico.

Una domanda che avrebbe voluto sentire e che non le ho fatto.

E’ una professione difficile. Bisogna essere molto determinati e non lasciarsi abbattere: se tutto va bene, occorrono oltre 10 anni per affacciarsi al mondo del lavoro

Sì: Sei mai stata felice? Ma a questa domanda non rispondo perché non mi è stata fatta...

E come madre? Che tipo di madre è? Una domanda molto difficile... Bisognerebbe chiederlo ai miei figli Ama il teatro. Quale ruolo vorrebbe interpretare?

Accidenti! La prossima volta dovrò inserirla fra le domande papabili. Ma nel vederla so che la dottoressa Barbati si considera sicuramente una persona che non si è accontentata…forse questo è più importante dell’essere felice.


Leggiti tra le righe

Mi siedo e aspetto

“Ci sono momenti nella vita in cui è la vita

che la tua anima implume

stessa che ci conduce verso il nostro destino.

attraversi il ponte tra il sembrare e l’essere.

In questi momenti bisogna tendere la mano e

Mi siedo e aspetto

lasciarsi trasportare dallo scorrere del fiume,

con la calma delle donne

senza opporre resistenza. Bisogna abbando-

che l’infiorescenza sbocci

narsi per potersi un giorno ritrovare …. “

e trabocchi di colori. E nell’attesa vivo, nel desiderio di riaverti senza abiti o coperte con cui velarti i desideri. Emanuela Arlotta

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“...Nei fantasy ad ambientazione medievale solitamente alle donne non sono riservati ruoli eclatanti, eccetto nei casi in

da salvare. Io ho voluto

Intervista a Maria Stella Bruno

creare invece diverse

‘L’erede perduto’

cui non sono combattenti tostissime o fanciulle

tipologie di donne ...” serlo perché cela un grande segreto: è in grado di prevedere gli eventi del futuro. Entrambi non conoscono le loro reali origini, non sanno di essere stati adottati. Vivono una vita tranquilla che viene travolta da diversi eventi dolorosi che, come dicevi, li porterà a separarsi. Seguendo la propria indole, affronteranno il mondo, scoprendo anche le trame che avevano portato alla morte i loro genitori naturali e i segreti della loro famiglia d’origine. I personaggi nel tuo libro sono tanti e tutti ben caratterizzati. Hai una preferenza, ti senti di citarne qualcuno e perché?

II Ciao Maria Stella, anche “L’erede perduto” è un libro avvincente e appassionante. La storia narra di due gemelli tanto uniti quanto divisi nel corso della storia. Parlaci di loro e di chi sono. Mi rende immensamente felice sapere che il mio romanzo ti sia piaciuto e ti ringrazio di ospitarmi in queste pagine. Xaver e Alwaid, protagonisti della mia storia, sono due giovani all’apparenza normali. Xaver ama l’azione, l’avventura. È cresciuto con il mito di grandi gesta e non vede l’ora di andare in guerra e farsi una reputazione. Alwaid è più riflessivo, più calmo, ma deve es-

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a cura di Cristina Rotoloni

Difficile scegliere. Ognuno è stato importante per me. Comunque, alcuni personaggi sono “nati” ancor prima di scegliere il contesto in cui inserirli. Himahanes, ad esempio, cacciatore seminomade della tribù degli Ojixoue. Ricordo che in quel periodo stavo leggendo un libro sulla storia degli Indiani d’America e quindi mi venne facile immaginare un personaggio ispirato a quella lettura. Poi c’è Vidas, figlio di un nobile e di una schiava. Un uomo che sa mescolare allegria e amarezza e che vive un profondo dolore interiore. Mentre, personaggi come Vekim il ladro o Novyor il poeta e mediatore d’affari sono stati divertenti da scrivere per le loro “stramberie” e per il loro percorso narrativo. Le donne hanno un ruolo importante

all’interno di questo racconto. Svolgono molti ruoli fondamentali per lo sviluppo delle varie vicende. Mi piacerebbe far conoscere ai nostri lettori le dinamiche e l’essenza che vuoi trasmettere con queste figure. Nei fantasy ad ambientazione medievale solitamente alle donne non sono riservati ruoli eclatanti, eccetto nei casi in cui non sono combattenti tostissime o fanciulle da salvare. Io ho voluto creare invece diverse tipologie di donne (ci sono pure le guerriere toste e le donzelle in pericolo, ma non solo) per mostrare che, seguendo la propria natura, ognuna poteva primeggiare anche in un’epoca prevalentemente maschilista. Così c’è Han Howes che con l’arte dell’astuzia, del ricatto e della seduzione è diventata Delegato Regio, oppure Sarin “Pelle di Leopardo” che, malgrado le sue evidenti imperfezioni, è a capo della Gilda dei Ladri. Per non parlare di Dana Sabiak, affarista strozzina, che grazie ai suoi soldi crede di poter avere tutto… Quelli che ho citato solo sono solo alcuni nomi e forse neanche i più “in vista” del libro. La forza (dove non significa solo “aver muscoli”), il coraggio, la dedizione, come la bontà o la cattiveria non sono certamente soltanto maschili, quindi perché non dare alla femminilità la stessa varietà di personaggi dell’altro sesso? Ecco cosa mi sono riproposta di fare. Leggendo le pagine della tua saga si ha la sensazione di conoscere parte di


questa storia e di alcuni suoi personaggi, le terre da te narrate non sono poi così sconosciute. Vuoi svelare ai nostri lettori perché accade questo? Accade perché “L’Erede Perduto” potrebbe essere considerato un pre-sequel della saga de “Il Sigillo del Drago Infinito”. Dico “potrebbe” perché è una storia che può essere letta senza saper niente di ciò che ho scritto prima. Resta comunque il fatto che le vicende di questo libro, metteranno in moto gli eventi che dopo secoli troveranno compimento nell’altra saga già edita. Alwaid d’altronde è un veggente ed è l’uomo che scriverà il libro di profezie al centro delle peripezie de “I custodi dei frammenti” e “La Spada e il Drago”, nonché fondatore della Torre GiornoStella. Mentre a Xaver dobbiamo i cavalieri e la Torre AlbaNotte. Vorrei che regalassi ai nostri lettori, un passo, qualche riga oppure un episodio riguardante la creazione di questo libro. “Dana Sabiak era una mercante, un’affarista o, come meglio era conosciuta a Safida, una strozzina. Il suo passo era lento, quasi zoppicante, mentre il suo corpo agognava solo di raggiungere una delle poltrone ricolme di cuscini alla fine della sala. Era già stanca, benché la strada percorsa dalla sua lussuosa car-

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rozza al maestoso edificio dalle cupole rosse, le cui grandi arcate sul davanti si aprivano accoglienti verso l’esterno, non era poi molta. Ma a Dana Sabiak non piaceva camminare. Più tonda che alta, aveva comunque un’enorme considerazione di se stessa e del suo aspetto. Adorava il suo lavoro a tal punto da ritenere un’arte quella di riuscire a spillare più soldi possibili dal prossimo.” Ricordo che quando scrissi questo pezzo, mi venne in mente “La vergine cuccia” del Parini, così, di seguito, inserii una cagnetta trattata mille volte meglio di un uomo, reo solo di non essere riuscito a pagare gli interessi esorbitanti di un prestito. “Senza fare alcun commento, nel brusio dei presenti, i soldati trascinarono l’uomo seduto. Inutili furono le implorazioni di questi o i suoi tentativi di resistenza, Dana aveva posato la propria attenzione sul cane della figlia, dimentica completamente di lui e della sorte che gli aveva riservato. L’ultima immagine che l’uomo ebbe di lei, prima di essere trascinato in strada, e alla sua morte, fu quella di Dana che vezzeggiava e coccolava la già viziata bestiola uggiolante…” Trovo che l’intera scena, col riferimento pariniano, dia un quadro completo delle priorità e dei “valori” del personaggio di Dana. E’ appena uscito un altro tuo lavoro dal titolo “Nuova era”, ho il piacere di

averlo, ma non l’ho ancora letto, puoi anticiparci le diversità essenziali tra questo e “L’erede perduto”? Le diversità sono tante. Innanzitutto il genere. Abbandonate le ambientazioni medievali, in “Nuova Era” narro di un’umanità colonizzatrice di mondi sconosciuti, la cui vita gira intorno alla tecnologia e al ricordo di una Terra mai vista. E’ un romanzo di fantascienza, avventura e un pizzico d’amore. Lo stile è forse più immediato, do più spazio ai dialoghi e i capitoli sono più brevi. Ci sono meno personaggi. Il cambiamento è stato necessario per adattarsi ad un tipo di storia che non ha i toni epici e di grande respiro de “L’Erede Perduto”. Infatti la stesura di “Nuova Era” mi ha richiesto meno tempo, ma il risultato mi soddisfa e molto. A mio parere, ne è uscita una vicenda particolare, non comune, ma… al lettore l’ardua sentenza! Quindi, Cristina, aspetto il tuo parere anche su “Nuova Era”. Chi meglio di te che ha già letto “L’Erede Perduto” potrà notare se sono riuscita a dare un tono diverso a questa mia altra storia. Perciò, ringraziandoti, ti auguro (spero) una buona lettura!


“Sono cosciente di vivere in un gregge e cerco almeno nei sogni di andare oltre”

Intervista a Samantha Pagnini a cura di Agnese Monaco

Oggi ho il piacere di presentarvi Samantha Pagnini, il suo curriculum parla già da solo. Ciao Samantha, parlaci del tuo excursus artistico e della tua quotidianità. Ciao Agnese piacere di conoscerti, dunque, ho iniziato molto presto lo studio del canto, a 12 anni già ero in accademia a Riccione con la professoressa Norina Angelini per cercare di capire di più di questo fantastico strumento che è la voce. Mi sono preparata bene e ho lavorato con costanza e a 15 anni sono stata ammessa al conservatorio G. Rossini di Pesaro. Qui oltre allo studio del canto ho appreso anche l’arte della musica in tutte le sue sfaccettature studiando il pianoforte, la storia del teatro antico, l’armonia, la storia della musica che se ben fatte hanno un grande fascino. A 21 anni mi sono poi diplomata e il mese successivo ho effettuato un’audizione per l’opera da tre soldi, per il ruolo di Polly e dopo un mese circa ho debuttato prima al salone Pedrotti a Pesaro, poi al teatro comunale di Cagli. E’ stata un’esperienza molto bella che mi ha dato poi la carica per affrontare altre prove di questo lungo e arduo percorso.

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Per quanto riguarda la mia quotidianità, studio regolarmente tutti i giorni per almeno due ore per mantenere la voce sempre squillante e ben preparata per qualsiasi evenienza. Una serie di incontri fortunati misti alla tua bravura hanno dato luogo alla realizzazione dei tuoi sogni vuoi parlarcene? Si, durante il mio percorso ho avuto l’onore di lavorare con Marcella Crudeli, famosissima concertista presso i suoi salotti a Roma, poi ho conosciuto Mirella Freni e proprio quest’inverno grazie a una trasmissione sulla lirica tenuta dal soprano Wilma Vernocchi ho conosciuto Angelo Nicastro, il direttore artistico del Ravenna Festival che mi ha condotto da Cristina Mazzavillani Muti, moglie del rinomato direttore d’orchestra, con la quale ho lavorato per un’opera contemporanea del compositore Adriano Guarnieri andata in scena il 5 giugno 2015. La prossima estate sarà ripetuta al festival dei due mondi a Spoleto, per chi fosse interessato. Dove possiamo seguirti nel web? Prossimi appuntamenti in ambito nella musica lirica? Per chi volesse, ho un canale youtube dove si trovano alcuni miei video, alcuni anche vecchissimi, però cerco di tenerlo aggiornato, basta digitare Soprano Samantha Pagnini. Per ora mi sto preparando per debuttare nel ruolo di Musetta nella Boheme di G. Puccini e sto studiando per un’opera al ROF. Cosa significa per te la lirica e cosa invece essere una cantante? Dunque, essere un cantante è un qualcosa che sentì dentro, è’ un canale preferenziale per esprimersi, innato. Di solito canto senza un perché, è’ un qualcosa che mi nasce spontaneo e senza il quale la mia energia interiore rimarrebbe bloccata. Ci sono emozioni così complesse e ineffabili che solo un suono può riassumerle. Per me l’essere cantante è proprio uno stile di vita, è l’ascolto profondo di sè, oserei dire un atto curativo. La lirica invece è il teatro allo stato puro, è una palestra dove pian piano conosci te stesso attraverso lo studio dei personaggi che in fondo sono

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parte di te. Non c’è interpretazione migliore che andare a scavare nel proprio vissuto e far emergere tutto questo attraverso il canto. In questo modo è tutto più fluido e leggero e assolutamente affascinante per chi ascolta. Quali sono le diversità nell’apprendimento della lirica rispetto ad altri generi canori? Sicuramente nella lirica la tecnica è fondamentale, bisogna applicarsi, studiare molto proprio perché i suoni richiedono una certa “costruzione” al contrario della musica leggera o musical theatre dove la voce resta il più naturale possibile e il range vocale su cui si muove è’ più limitato. Prima di fare un acuto o un sovracuto possono passare anche diversi anni proprio perché è un’arte in cui ci vuole tanta pazienza e costanza. Io certe agilità prima di farle ho aspettato dieci anni e sento che sono sempre in continua evoluzione. Cosa cambieresti in Italia in rapporto al tuo settore? Quanto veramente la crisi influenza questo settore? In Italia quello che non funziona è che ci sono pochi finanziamenti soprattutto per i giovani che vogliono creare qualcosa di bello e di nuovo. Troppi tagli alla cultura e all’arte, se solo si capisse l’importanza della creatività, della condivisione, dell’espressione personale, sarebbe tutto meno deprimente e sicuramente stimolante. La crisi ha toccato sensibilmente l’arte, di conseguenza i posti per un lavoro dignitoso sono veramente pochi e la concorrenza è spietata. Per non parlare che si lavora spesso solo se sei in contatto con qualcuno “che conta”, ormai contano più i contatti e il personaggio che ti crei piuttosto che il talento.

Quello che cambierei principalmente è sicuramente questo sistema a circuito chiuso in cui la meritocrazia passa spesso in secondo piano, però mi rendo conto che nonostante molti lo pensino difficilmente cambierà. Grazie per la disponibilità, concludiamo con la classica domanda di rito, “La domanda Grido”, quella in cui tutto è concesso, lasciate il vostro messaggio, Oh voi che uscite”. Grazie a te per l’intervista, quello che vorrei “gridare” è un mantra che ho assimilato da Mary Setrakian,vocal coach a Broadway e dal quale trovo ispirazione per la mia arte; penso infatti che ognuno di noi si dovrebbe ricordare tutti i giorni che: “You are enough, you are so enough, it’s unbelievable how enough you are”. Provare per credere!


LA REDAZIONE

Laura Capone

La Laura Capone Editore è una casa editrice che opera online, produce, distribuisce e promuove libri nei vari formati (cartaceo, e-book, audiolibro, ecc.). Nasce nel novembre 2010 e si afferma velocemente per la correttezza e la trasparenza operativa. La LCE si pregia di avere in redazione professionisti di settore per ogni competenza che, in una stretta rete di collaborazioni online, si prefiggono la rivalutazione del talento letterario ed artistico italiano contemporaneo, anche attraverso la promozione e distribuzione elettronica delle nostre opere tradotte. Per citare solo alcuni collaboratori: la dott.ssa Luigia Torrusio appassionata di lettere antiche, traduttrici quali Chiara Rolandelli e Alessandra Baroni, artisti quali Lisa Fusco, Moreno Chiacchiera (attualmente l’illustratore più quotato sia in Italia che all’estero), il Maestro Marco Serpe, il Regista Sebastiano Giuffrida, in un crescendo di professionisti più o meno noti che partecipano con grande competenza, professionalità e soprattutto passione.

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Cristina Rotoloni nasce a Roma il 20 luglio 1977. Vive parte della sua vita tra L’Aquila, Ville di Fano e Capitignano. Si diploma come Maestro D’Arte e consegue la Maturità Artistica all’Istituto Statale d’Arte. Si laurea con il massimo dei voti in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di L’Aquila. Ha esposto due mostre pittoriche: una a Ville di Fano e l’altra a Montereale (AQ). Ha collaborato per l’organizzazione e la scenografia di alcuni spettacoli teatrali con l’Accademia di Belle Arti e l’Istituto Gramma di L’Aquila. Ha progettato e realizzato, in collaborazione con Annalisa di Filippo, dei cappelli per la “Perdonanza Celestiniana”. Ha collabora con l’associazione onlus “Il Camaleonte” per dei corsi di “Arte, immagine e modellismo”. Dipinge quadri ad olio e pittura su vari materiali. Dopo il terremoto di L’Aquila 2009 si trasferisce in provincia di Chieti dove scrive e illustra le sue favole dal titolo “Stellino” e “Tom”. Si dedica anche alle illustrazioni delle favole di altri autori come “Matilde” di Antonio Sparatore. Scrive articoli per il Magazine online “Volodeisensi°” di Emanuela Arlotta. Idea e cura la pagina su facebook “Un Racconto a più Mani”. Intervista, recensisce e presenta i libri degli autori emergenti per i quali ha ideato e realizzato la Video Rubrica “Oggi parliamo di…” E’ nel 2013 tra i finalisti del concorso “Montesilvano Scrive - Una storia di Natale”. Pubblica, come libro d’esordio, la raccolta di racconti “Frammenti di Vita” nel 2012. Nel 2014 pubblica il suo primo romanzo dal titolo: “Tatuaggio”.


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Emanuela Arlotta

Leonzio Nocente

Nata a Roma il 20 Settembre 1975. Ho sempre avuto una forte propensione all’introspezione e alla conseguente scrittura di poesie e racconti che indagano in maniera approfondita l’animo umano, quello legato all’Io più profondo. Questa mia voglia di comunicare ha superato i limiti della carta e della distanza con la creazione di questa community letteraria (Volodeisensi.it) che gestisco con passione e amore tutti i giorni e di cui sono felice facciano parte tante persone che credono ancora nei sogni. Anche il Magazine online è una mia idea, realizzata grazie al supporto informatico di alto livello di mio marito Leonzio Nocente, il quale è anche il creatore materiale di Volodeisensi.it e di altri siti molto conosciuti. Lavoro nell’informatica da anni e scrivo da quando sono nata. Ho auto-pubblicato due libri nella collana ‘ilmiolibro’, uno di poesie ‘Volodeisensi’ e uno di racconti ‘La Sfera’, che stanno riscuotendo molto successo e che presto saranno disponibili anche in formato ebook nello store Apple. Ho pubblicato la silloge poetica ‘Dalla parte dell’Anima’ edita da Galassia Arte Editore.

Nato a Francavilla Fontana il 23 Maggio 1979, Architetto informatico che lavora da 14 anni nel settore IT. Le sue conoscenze vanno dallo sviluppo di portali alle applicazioni in tutti i campi compreso quello mobile. Nella sua carriera ha partecipato alla nascita di grandi portali Nazionali del settore comunicativo e collaborato con grandi multinazionali Italiane e Americane. “Questa mia opera epica che ha visto ben due anni di progettazione e sviluppo è stata la mia più grande soddisfazione, realizzare il sogno sempre vivo di una bambina, mia moglie Emanuela. Volodeisensi.it non è una semplice community ma un vero e proprio portale Letterario dove i sogni diventano realtà. Sono solo l’autore materiale, un penna su un foglio vuoto che viene guidato dalle emozioni di mia moglie che ogni giorno dà la possibilità a tanta gente di esprimersi e soprattutto di essere ascoltata.Con tanta commozione dedico questo nostro lavoro ai nostri figli e a tutta la gente che crede e crederà in Volodeisensi.it”


Patrizia Palese Nata il 28 maggio 1954 a Roma, ricercatrice storica. Presidente dell’Associazione Culturale OMNIAPOLIS dal 2006. Poetessa, romanziera, drammaturga, sceneggiatrice, regista. Libri editi: ‘Come Orfeo’ - Gruppo Edicom, ‘Gli infiniti volti dell’amore’ – Linee Infinite, ‘La trama e l’ordito’ - Liberodiscrivere-Studio64, ‘Vita e Monumenti’ auto-pubblicato. Le opere teatrali rappresentate: -Diritto di Recesso, a Milano nel gennaio del 2008, Roma, Crotone, Bologna nel 2013-2014. –‘Caterina, donna d’amore’, Roma 2012 - Roma 2015. Racconti in Antologie: - “Mondo a rovescio”, “Cattighiusa”, “Pensieri Letali”, vincitore del (III posto) nel concorso nazionale “GOCCE DI SANGUE” (marzo 2014) -Il racconto C’ERA UNA VOLTA vincitore della Seconda Edizione Nazionale Concorso Racconti Inediti “LAURACAPONEEDITORE” – Monologhi e corti teatrali : “…e così sia!” Verona 2012; “Un giorno come un altro” Roma 2014. Membro del Direttivo dell’Associazione Culturale Tertulia’s con il ruolo di Responsabile Amministrativo. Attualmente si occupa di recensioni teatrali, cinematografiche, libri editi oltre a condurre la gestione di rubriche presso il giornale Volodeisensi Magazine e Art Litteram.

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Mariagrazia Talarico Talarico Mariagrazia nata il 14-09-80 a Bellano Lecco, Residente in provincia di Lecco, studi magistrale Bertacchi Lecco. Una silloge edita “Delicata com’ali di farfalla” ed Il Filo classificata terza del concorso internazionale insieme nel mondo 2.


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