The Artship #15

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MAST . CHRISTOPH DE BOECK FLAVIO FAVELLI . MATTEO BABBI ALICE CESARI . PREMIO SUZZARA JULIA KRHAN . ALBANO ANIBALLI GIOVANNI POTA . RYAN MENDOZA TEKNEHUB . MAZIAR MOKHTARI

#15 OTTOBRE - NOVEMBRE 2012


Proprietario e direttore responsabile: Vicedirettore: Responsabili di sezione: Responsabili rapporti esterni: Hanno collaborato a questo numero: Si ringraziano inoltre: Illustrazione: Vignetta: Graphic Editor:

Paola Pluchino Pasquale Fameli Maria Livia Brunelli, Alessandro Cochetti, Ada Distefano Margaux Buyck, Valeria Taurisano Francesca Coccolo, Pierluca Nardoni, David lo Gnomo Albano Aniballi, Paola Bocaletti, Olivier Ciappa, Giovanni Covelli, Julia Khran, Angela Madesani, Elisabetta Modena, Marco Scotti Giopota Agata Matteucci Damiano Friscira

Registrato presso la Cancelleria del Tribunale di Bologna Num. R.G. 261/2012, al N. 8228 in data 03/02/2012.

Con il Patrocinio:

In copertina: Mast, particolare della facciata | Mark di Suvero, Old Grey Beam


INDICE 5

Editoriale

Nibiru di Paola Pluchino

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I Racconti di Fedra

Il Violino Nero tratto da Il violino nero di Maxence Fermine

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Sound Forward

Pesi e misure del gesto e del suono: Christoph De Boeck di Pasquale Fameli

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Le Avanguardie tre volte all’indice (ma con piacere) di Pierluca Nardoni

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Punctum

L’Art à vif: l’exposition «les couples imaginaires» d’Olivier Ciappa vandalisée à Paris di Margaux Buyck

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In Conversation With

Aniballi e l'estetica dell'anatomia di Paola Pluchino

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BEYOND BELIEF: Conversazione fra Julia Krahn e Angela Madesani

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A Suzzara l’arte riscopre la sua vena democratica e progettuale di Paola Pluchino

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OPEN CALL Urban Addicted

La moda e la permeabilità dell’arte

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Heart Bauhaus

L'albero della conoscenza di Paola Pluchino

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Peanuts Gallery

Ars combinatoria, strumento per la ricerca sul teatro d’infanzia di David the Leprechaun

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ItaliaNea

Favelli, una metafisica degli arredi di Pierluca Nardoni

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Maldive Pavilion

Maldives Pavilion di Francesca Coccolo

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Young District

Sdoganare i confini dell’arte grazie a coraggio, preparazione e ironia di Paola Pluchino

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La vista, al limite border:solid di Pierluca Nardoni

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Routes Bookanear (p)Ars Construens

Nuovi misteri nella Città Pentagona di Maria Livia Brunelli

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New Opening

Dal gusto monocromo

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Violentare il colore

Focus On

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Money at art

Mercanti di spezie

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Innovazione e Ricerca

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Giopota, Pescastelle | Starfisher, 2013

Giovanni Pota è nato a Caserta nel 1988. Dopo aver conseguito il diploma da tecnico grafico pubblicitario si trasferisce a Milano per lavorare come web designer junior in un’agenzia di comunicazione. Nel 2012 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna all’indirizzo “Fumetto e Illustrazione” per perseguire una carriera da disegnatore.


Nibiru

EDITORIALE

L’antica civiltà sumera offre a noi contemporanei un ricco bagaglio di stimoli e di simbologie. Stranamente, nonostante il lasso di tempo che ci divide sia considerevole, le immagini che ci hanno lasciato si mostrano a noi oggi come chiarissime, per narrazione e contenuti. Tra le storie che sulla pietra lì sono raccontate una colpisce per la sua attualità: è Nibiru, il pianeta alato o quello che ritorna, come oggetto triangolare simile ad un astronave. Una strana sinonimia unisce versanti così opposti della cultura: la scienza da una parte e l’arte dall’altra. Della sua profetica potenza immaginifica è sempre stata il volano dell’arte e gli addetti ai lavori sono ormai abituati all’osservazione di fenomeni e prospettive di ricerca che partite dall’arte affascinano poi le altre scienze. Penso soprattutto alle energie futuriste, al fitomorfismo di Mirò, e oggi penso anche e soprattutto alla sound art, novella sperimentatrice di comunicazioni celesti. Sono passate molte lune e molte processioni, anche di primitivi, poi di artigiani e oggi di artisti, ma ciò che ha accomunato nei secoli questi esploratori del cielo è sempre stata la voglia e l’elasticità mentale di cogliere ciò che non si è mai rivelato completamente, ciò che germina endemicamente tra le piaghe della società, negli interstizi di uno spazio pubblico, tra il passo e quello dopo dell’uomo. Una spinta alla conoscenza che avvicina sempre di più gli antipodi di questa civiltà costringendo lo stesso concetto di tempo ad una sua espansione: non è più solo il tempo a collassare avvicinandosi ma anche i campi del sapere umano. Così oggi agli addetti ai lavori è richiesta ancor più sapienza e - se ciò fosse possibile - sensibilità per non stupirsi se per avvalorare una tesi sonora si guarda oggi al cielo. Paola Pluchino

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I RACCONTI DI FEDRA

Il Violino Nero «Per una curiosa inclinazione dello spirito che talvolta rasentava la follia, Johannes Karelsky non ebbe nella sua esistenza aspirazione diversa da quella di mutare in musica la propria vita. In altre parole, la sua anima era una partitura incompiuta che egli penetrava giorno dopo giorno con sempre più genio.» Tratto da Il Violino Nero di Maxence Fermine (I, 1)

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SOUND FORWARD Pesi e misure del gesto e del suono: Christoph De Boeck di Pasquale Fameli

Alvin Lucier - Music for Solo Performer

Intorno alla metà degli anni Sessanta, musicisti d’avanguardia come Alvin Lucier, Max Neuhaus, Takehisa Kosugi e molti altri1, interessati al rapporto tra suono, corpo e ambiente, hanno colto a piene mani la lezione di John Cage per svilupparla attraverso un vivificante utilizzo dei mezzi elettronici. La traduzione di gesti e movimenti del corpo in sonorità elettroniche, così come l’amplificazione di feedback e risonanze di luoghi e ambienti, non restaurava una primitiva musicalità corporale2 attraverso la tecnologia, ma demoliva completamente la figura tradizionale del compositore, ora chiamato semplicemente a innescare processi di interazione, rendendo i fruitori parte attiva e necessaria per l’attivazione e lo svolgimento dell’evento sonoro. Lungo questo asse, tutt’oggi prolifico, si pone anche la ricerca di Christoph De Boeck (1972), che compie la propria indagine estetica sulle possibili variazioni percettive che le molteplici relazioni tra suono e ambiente possono subire attraverso la presenza e l’azione del corpo umano. In Hortus (2012), infatti, il visitatore è invitato a spostarsi in un giardino in cui una rete di sensori misura le dinamiche del vento e della luce assorbite dalle piante durante i comuni processi di fotosintesi, traducendoli tramite appositi algoritmi in un coro di sintetici cinguettii che riconfigura virtualmente il paesaggio sonoro3 in questione, simulando l’invisibile presenza di uccelli. Un’altra installazione basata sul funzionamento di una rete wireless è Cell (2012), un cilindro in acciaio che nasconde dei sensori dedicati alla misurazione delle variazioni interne all’ambiente: l’amplificazione delle basse frequenze crea un materasso di aria tra l’architettura e il visitatore al suo interno, ponendo così in risalto le strette relazioni esistenti tra la sfera uditiva e quella tattile. Su una logica non troppo diversa si basa anche Time Code Matter (2007), una sorta di arena costeggiata da fogli di acciaio massiccio posti in vibrazione da onde sonore a bassa frequenza che si amplificano all’avvicinarsi del fruitore, aumentando la velocità delle vibrazioni; quasi concretizzando ormai lontani, ma quanto mai attuali, assunti futuristi4, la potenza cinetica e dinamica del suono viene posta in risalto, ancora una volta, attraverso la necessaria mediazione del corpo in movimento. Su un più alto livello di rarefazione si pone invece il funzionamento di Staalhemel (2009), un vero e proprio “cielo d’acciaio” composto da ottanta elementi metallici appesi che vengono percossi da piccoli martelli attivati dalle onde cerebrali del visitatore mediante uno scanner portatile EEG. Si tratta di una sorta di traduzione sonora dell’attività cerebrale, quasi una potenziale “musica di testa” che viene condotta dall’intimità e dall’impercettibilità del pensiero alla pur evanescente ma incisiva fisicità del rumore percussivo. È possibile individuare in quest’opera una rivisitazione estesa su scala ambientale di una delle più note operazioni di Alvin Lucier, Music for Solo Performer (1965), dove l’amplificazione delle onde alfa rilevabili sulla calotta cranica dell’individuo dava vita a una sessione di pura improvvisazione musicale elettronica. L’indagine di Christoph De Boeck sul rapporto tra suono e corpo non può non interrogare anche la sfera della vocalità, luogo di origine e sviluppo di uno degli strumenti più efficaci e duraturi dell’interazione umana, il linguaggio. Con Language I (2009), infatti, De Boeck appronta un sistema sonoro che simula la struttura

Un sistema sonoro che simula la struttura discrezionale alla base di ogni codice linguistico generando flussi asemantici che si sottraggono a qualunque possibilità di interpretazione logica

Su questi e altri autori affini si veda M. NYMAN, La musica sperimentale (1974), trad. it., Shake, Milano 2011. 1

La musica trova, infatti, le proprie origini nel movimento del corpo umano e nella sua interazione con l’ambiente. Per approfondimenti sull’argomento si vedano A. SCHAEFFNER, Origine degli strumenti musicali (1936), trad. it., Sellerio, Palermo 1996, e C. SERRA, Musica Corpo Espressione, Quodlibet, Macerata 2008. 2

Per chiarimenti e approfondimenti in merito al concetto di “paesaggio sonoro” e per tutte le problematiche a esso correlate si rimanda a R. MURRAY SCHAFER, Il paesaggio sonoro, trad. it., Ricordi - Unicopli, Milano 1985. 3

L’esaltazione del dinamismo e del rumore, spesso intrecciati in una stimolante configurazione sinestetica, emerge in numerosi punti della teoria futurista, costituendone uno degli assunti fondamentali. A titolo esemplificativo si vedano almeno C. CARRÀ, La pittura dei suoni rumori e odori, Manifesto futurista, Direzione del Movimento Futurista, Milano, 11 Agosto 1913; L. RUSSOLO, L’Arte dei Rumori, Edizioni futuriste di “Poesia”, Milano 1916; F.T. MARINETTI, La declamazione dinamica e sinottica, Manifesto futurista, Direzione del Movimento Futurista, Milano, 11 marzo 1916. Per altri importanti manifesti futuristi si veda L. DE MARIA (a cura di), Marinetti e i futuristi, Garzanti, Milano 1990. 4

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discrezionale alla base di ogni codice linguistico generando flussi asemantici che si sottraggono a qualunque possibilità di interpretazione logica: il susseguirsi automatizzato degli elementi produce sequenze ritmico-fonetiche che vogliono offrirsi come presupposti formali del linguaggio, come qualità minime, elementari e primitive dell’espressione vocale, antistanti a qualsiasi forma di codifica sintattica e lessicale.

Christoph De Boeck, Staalhemel, installation, 2009

La traduzione di gesti e movimenti del corpo in sonorità elettroniche

Christoph De Boeck, Staalhemel, installation, 2009 (suspension’s detail)

Christoph De Boeck, Time Code Matter, installation, 2007 (Concert and sound performance composed in collaboration with Yves De Mey, aka Eavesdropper)

Christoph De Boeck, Black Box, object / installation, 2014 (wireframe)

Tutte le foto: COURTESY GALLERY FORTLAAN 17 E CHRISTOPH DE BOECK

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Le Avanguardie tre volte all’indice (ma con piacere) di Pierluca Nardoni

♬ Giunto alla sua sesta edizione, il RoBOt Festival si conferma una rassegna capace di calamitare alcune delle migliori forze creative del momento, muovendosi in maniera efficace tra la musica elettronica e le arti visive e performative secondo un’ottica che privilegia gli apporti delle più recenti tecnologie. Tra le proposte più interessanti di quest’anno va senz’altro segnalato il progetto ADvangarde / Innesti postmediali, nato dall’incontro tra Saul Saguatti (1966), Audrey Coïaniz (1978), ossia i due volti del gruppo Basmati, Pasquale Fameli (1986) e il musicista Bartolomeo Sailer (1971). Ospite di una selezione di artisti presentata a Palazzo Re Enzo, il quartetto mette in campo uno spettacolo coinvolgente che riesce a combinare una calibrata ricerca concettuale con la dimensione dinamica e sinestetica del live media. Se è vero, infatti, che il progetto si sviluppa con l’intento di rivisitare il cinema delle Avanguardie storiche, i modi in cui quel cinema è riproposto si allontanano dal piglio speculativo del détournement situazionista e dei suoi assurdi montaggi: le immagini di film quali Anémic Cinéma di Marcel Duchamp, Ballet mécanique di Fernand Léger o Le Retour à la Raison di Man Ray vengono volta per volta proiettate sui tre schermi della sala Re Enzo dove subiscono affascinanti metamorfosi grazie a interventi di live painting e di glitch, il tutto accompagnato da una Gymnopédie I di Erik Satie opportunamente distorta per via elettronica. Si tratta pertanto di un’operazione raffinatissima che mescola i diversi media portandoli a ibridarsi gli uni con gli altri, in linea con quella condizione che Rosalind Krauss ha definito postmediale, proprio per indicare l’attuale perdita di specificità dei linguaggi e dei media artistici1. Va detto però che tra tante ibridazioni c’è anche posto per salvaguardare il video originale, il quale si mantiene integro nell’oasi “protetta” dello schermo centrale. Ma sono gli schermi laterali a proporre le partite più avvincenti, come per esempio quella tra il modello analogico e il modello digitale, dove il primo è ben rappresentato dai disegni su sabbia e dagli inserti oggettuali con i quali la Coïaniz “sporca” le sequenze del film, mentre il secondo emerge in forze dalle mani1

Holding Back - Walking Mountains

polazioni glitch cui Fameli sottopone i codici sorgenti delle immagini (e in fondo sono glitch anche i disturbi e le rotture con cui Sailer distorce il pezzo di Satie). ADvangarde / Innesti postmediali vive di questi attriti, riuscendo efficacemente a comporli (e in ciò risiede la sua forza) secondo inediti matrimoni: si pensi alla dialettica tra il castigato bianco e nero del cinema sperimentale e i colori rutilanti delle improvvisazioni sopra descritte, oppure al dialogo tra la memoria del passato conservata nei film e l’attualità bruciante del live, da cui nasce una valida possibilità di riappropriarsi di quel patrimonio visuale ormai sconfinato che corrisponde al database del web2. Esiste inoltre una logica che accomuna nel profondo i diversi livelli di intervento e dobbiamo rintracciarla in quella particolare categoria di segni che Charles Peirce ha denominato “indici”. A una simile tipologia, com’è noto, appartengono tutti quei segni che producono senso tramite un rapporto fisico e diretto con il loro referente, come per esempio le ombre, i sintomi medici e la fotografia. Se il cinema, quale erede del mezzo fotografico, apparirà subito come un naturale portatore di indicalità, non ci aspetteremmo di trovare una simile caratteristica nel live painting e nel glitch. Eppure, quanto il primo è un diretto discendente della gestualità pastosa o guizzante della pittura informale, della quale accentua il quoziente di “traccia” in presa diretta di un movimento corporeo3, tanto il secondo s’insinua nel codice genetico del messaggio visivo per farne affiorare un campionario di “impronte”, segni tangibili di un intervento che si manifesta nello spettacolo caleidoscopico dei pixel. I tre video si presentano dunque come tre diverse maniere di affrontare il problema dell’indice, oppure, se si vuole, come una triplice “messa all’indice” delle Avanguardie, laddove la messa all’indice non sarà certo da intendersi come un desiderio di abrogare e cancellare ma, al contrario, come un tentativo di rileggere le esperienze avanguardistiche alla luce di una sottile operazione concettuale, senza trascurare un’abbondante dose di piacevolezza estetica.

Si veda in proposito R. KRAUSS, L’arte nell’era postmediale. Marcel Broodthaers, ad esempio, trad. it. Postmedia, Milano 2005.

Per un’acuta interpretazione della “logica del database” si veda L. MANOVICH, Il linguaggio dei nuovi media, trad. it. Edizioni Olivares, Milano 2002, pp. 281-302. 2

Per una lettura del gesto informale come indice si veda R. KRAUSS, Jackson Pollock: una lettura astratta, in EAD., L’originalità dell’avanguardia e altri miti modernisti, trad. it. Fazi, Roma 2007, p. 242. 3

Still dalla performance per RoBOt vol.6, Palazzo Re Enzo, Bologna, 2013

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PUNCTUM L’Art à vif: l’exposition «les couples imaginaires» d’Olivier Ciappa vandalisée à Paris di Margaux Buyck

♬ Si il y a une exposition parisienne qui a fait parler d’elle c’est bien celle d’Olivier Ciappa, les couples imaginaires. Point d’artistes iconoclastes, de pissotière à l’envers ou de critique hurlant au scandale et à la mort de l’Art, juste des clichés en noir et blanc de couples pudiques, de familles réelles ou imaginaires. On aurait même pu reprocher à l’artiste d’user et d’abuser de tendresse et d’un tantinet de mièvrerie si ses photographies ne relevaient pas d’un combat plus profond, celui de la lutte contre l’homophobie.

Les paroles s’envolent les photos restent A chaque événement médiatique ses photographies significatives qui serviront de point d’ancrage pour les générations futures. Les anti-mariages homosexuels ont les leurs: une marée humaine bardée de bleu et de rose, une ex-reine des folles nuits parisiennes militant corps et âme pour la cause, une femme politique s’évanouissant à cause des gaz lacrymogènes… De l’autre côté du front, on retrouve tout d’abord un cliché du photographe de l’AFP, Gérard Julien ayant créé un engouement sans précédent et que les français connaissent à présent sous le nom du baiser de Marseille. On y voit deux jeunes filles (hétérosexuelles) s’embrassant face à des manifestants hostiles au mariage homosexuel. Lorsque l’on observe cette photographie une multitude de références nous viennent à l’esprit. On pense bien sûr au fameux baiser de Doisneau, à cette étreinte mise en scène. Puis l’on retrouve ce militantisme empreint de tendresse ostentatoire comme dans le célèbre cliché de la fille à la fleur de Marc Riboud devenu une icône des Sixties. La sympathie du spectateur va naturellement vers cette jeunesse insolente qui gifle par un baiser les esprits réfractaires, s’opposant à une autre génération représentait pas les femmes au second plan. Une autre image loin du baiser de Marseille, traduisant une violence insoutenable est tristement passée à la postérité: la gueule cassée de Wilfrid Bruijn, pho-

Photographie Vandalisée

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Zazie - Adam et Yves

tographiée quelques temps après que le jeune homme et son compagnon aient été tabassés en pleine rue parce qu’ils se tenaient la main. La communauté gay s’empare de ces images et en fait de véritables étendards. Face aux multiples discours et débats, à la rue qui gronde, il semblerait que les partisans du mariage pour tous aient choisi un autre type d’expression, celui de la photographie. L’image pour témoigner de la violence et de la discrimination mais surtout pout traduire la simplicité de leur vie, la vérité de leurs sentiments et leur volonté d’être perçu comme tout un chacun… C’est dans cette dualité d’expressions de sentiments simples, de mise en avant du quotidien confrontée à une incompréhension et une violence sourde que s’inscrit le travail d’Olivier Ciappa. Au moment du débat sur le mariage et l’adoption homosexuelle en France, le jeune photographe poste sur internet un autoportrait le représentant endormi aux côtés de son compagnon et d’un bambin. Le cliché crée le buzz et fait le tour des réseaux sociaux. Il devient alors l’étendard des partisans du mariage pour tous. Réalisant que sa photographie s’est transformée en un objet militant, Ciappa décide alors de transformer l’essai et de produire une série de photos de couples homosexuels, de familles homoparentales réelles ou fictives. Il met alors en scène des tandems inattendus de personnalités connues des français (l’actrice Eva Longoria, le nageur Florent Manaudou, la femme politique Roselyne Bachelot…), d’origines, de cultures, d’âges et d’horizons différents. L’artiste part du principe que «l’homophobie est d’abord le symptôme d’une grande méconnaissance de l’homosexualité, d’une vision faussée, fantasmée parfois». Il propose alors au spectateur des clichés d’une grande sobriété, d’un militantisme feutré, représentant des scènes du quotidien où des couples et des familles partagent des moments d’intimité et de tendresse. Il s’agit pour l’artiste et les associations qui le soutiennent «d’apaiser une société en tension avec ses minorités», de lui offrir un autre regard sur l’homosexualité. Point de symbolique intellectuelle dans ces œuvres, ni «d’Art en colère». En ce sens on pourrait rapprocher le travail d’Olivier Ciappa, d’une œuvre très médiatisée de l’artiste américain Derek Gores: Love and Only Love. Dans ce collage entièrement réalisé avec l’utilisation de tracts anti-gays, l’artiste représente une journée ordinaire au parc de deux jeunes femmes avec leur petite fille. Les deux artistes mettent en exergue une vie simple, ordinaire: un défi aux discours haineux, à la menace sous-jacente de l’homophobie qui tend à stigmatiser la communauté homosexuelle.


Anne Marivin et Axelle Lafont. Actrices.

L’art outragé, la parole libérée Après neuf mois, d’une forte médiatisation au travers des réseaux sociaux et de la presse, Ciappa se voit proposer d’exposer ses œuvres dans les espaces intérieurs et extérieurs des mairies de la capitale. La mairie du 3e arrondissement expose ainsi à partir du 16 juin les couples imaginaires accrochés au pourtour du square du Temple situé devant la mairie. Dans la nuit du 21 et 22 juin une douzaine de clichés est vandalisée. Les yeux et les visages des modèles sont lacérés ou méthodiquement découpés au cutter. La nuit suivante, le reste de l’exposition est également victime des vandales, trois personnes sont alors arrêtées. Malgré le fait qu’aucune photographie ne soit indemne, le vernissage prévu pour le 26 juin est maintenu. Au côté des nouveaux tirages sont exposées les photographies vandalisées comme autant de «pièces à conviction» de la haine homophobe. L’artiste au lieu de camoufler ses cicatrices les exhibe et met en scène ce vandalisme de l’intolérance. Le vernissage s’est transformé en un véritable rassemblement populaire, en soutien à l’artiste bien sûr mais plus largement à la communauté homo-

Florent Manaudou, Frédérick Bousquet. Nageurs.

sexuelle attaquée à travers la destruction de ces photographies. En réaction les mairies de Paris ont décidé de prolonger les expositions et le projet ne s’arrête pas là. En septembre 2013, l’exposition a investi des lieux extérieurs à Paris et en banlieue, puis voyagera dans toute la France. L’artiste se dit également disposé à exporter son exposition à l’étranger. Passé le choc de la destruction de ces œuvres, on ne peut s’empêcher de constater que ces événements ont porté sur le devant de la scène un artiste jusqu’à présent méconnu du grand public. Celui-ci a bénéficié d’un coup de projecteur médiatique formidable autour de son travail. Olivier Ciappa persiste et signe en réalisant le dessin du nouveau timbre Marianne choisi cette année par les lycéens français. Il explique s’être inspiré du visage de la leader des Femen, Inna Schevchenko. Cette dernière représente selon lui une vision moderne de la Liberté guidant le peuple de Delacroix. Cette déclaration a soulevé, dès le dévoilement du nouveau timbre, une vague de contestations de certains partis politiques. L’artiste se retrouve une nouvelle fois à l’intersection entre Art et militantisme, une fois encore à la limite de la récupération politique. Or, Olivier Ciappa retombe toujours sur ses pattes, déplorant cette «fausse polémique». Il profite de ce nouveau coup de projecteur médiatique pour dénoncer l’absurdité des extrêmes qui se brûlent une fois de plus les doigts en s’attaquant à son travail. C’est en effet ce que l’on peut retenir de cet artiste de 34 ans: ses œuvres au premier abord empreintes d’une sorte de candeur, d’une simplicité extrême se révèlent être de véritables bombes à retardement explosant à la figure de ses détracteurs trop zélés… A suivre.

Photographie Vandalisée

Tutte le foto: COURTESY OLIVIER CIAPPA

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IN CONVERSATION WITH Aniballi e l'estetica dell'anatomia di Paola Pluchino

♬ La valenza del mezzo espressivo - il valore della pittura Il ritorno della mano nelle arti dell’ingegno è un fenomeno che accomuna oggi molti artisti. Cosa risponde a chi taccia questa espressività come obsoleta e incapace di rendere la complessità dell’oggi? La manualità, perfino lo sfoggio di tecnica se necessario, valgono in quanto apportatrici di invenzioni, cioè rielaborazioni attive e consapevoli di un patrimonio preesistente. La complessità è di tutte le epoche, e la manualità non è indifferente, anzi ne segue gli sviluppi e gli ampliamenti concettuali.

The Cramps - What's Behind The Mask

zione di una ambiguità molteplice ed incline alla carne, dove lo spirito si rivela solo attraverso la sua invocazione primordiale, sempre indicata ma mai palesata. Tuttavia questa maschera non si definisce mai esplicitamente nell’uno ma sfuma i tratti rendendo l’espressività del volto mutevole. Quale divenire conservano questi volti? La maschera è tale perché si associa ad un nome. Il divenire di una cosa che non è nominabile, la cui identità si sposta, e un processo di conoscenza una continua scoperta.

La ricerca sul soggetto Per la sua ultima mostra alla Galleria imolese Il Pomo da DaMo ha compiuto una scelta chiara, prediligendo un soggetto femminile che pare teso tra la caduta e la volontà di trasformarsi in icona. Qual è l’interrogativo cogente alla base della sua ricerca? Più che interrogativo lo definirei una tensione, una reciprocità: quella che esiste fra realtà e la rappresentazione, sublimazione e desiderio. Vorrei che le mie figure venissero viste come “stati”, condizioni particolari dell’Essere. Un essere unico e indivisibile, di cui percepiamo i pensieri più nascosti.

L’uso delle maschere Termine abusato e spesso appiattito nell’uso, la maschera pare avere all’interno delle sue opere una componente apotropaica, di svelamento dell’Io sottostante; in più concorre alla defini-

Albano Aniballi, Opposti mentali VII, 2011 | Carboncino, 50 X 70 cm

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Albano Aniballi, Pensieri nascosti, 2013 Alluminiatura, tecnica mista, 93 x 167 cm


La componente mistico - sacrale

Le prospettive della ricerca pittorica

Figure brune che ricordano tribù aborigene o corpi bruciati i soggetti sono pervasi da un simbolismo non casuale dove aureole e cabala sembrano conversare introducendo una spiritualità ibridata: personale, della cultura, meta - testuale. Vorrebbe parlarne? Oggi è difficile se non impossibile appoggiarsi ad una spiritualità condivisa, ad un sacro in senso proprio. Il mio tentativo - spero riuscito - è quello di riattribuire alla figura un’anima. Non alleggerendone i connotati ma, al contrario, indurendoli, dotandoli di una sensualità forte ed impenetrabile.

Nel rapsodico universo dei linguaggi espressivi la pittura sembra reggere il colpo dell’ingresso nel contemporaneo ma pare avere a un tempo l’esigenza di rinvigorirsi, di riprendersi il primato di maestra delle arti visive. Pensa che questo sia possibile e se si come? La pittura non ha tempo. Vive nel limbo dell’immortalità perché attinge l’energia pura, direttamente nell’individuo che lo porta al fare. Operatività manuale è lo specchio del suo pensiero. Nel vasto universo espressivo non esistono sudditanze, ma tutto si confina nel profondo dell’artista il quale è destinato a liberare tutto il suo potenziale creativo.

L’inserimento di oggetti all’interno delle opere - la camera dell’anatomia Come ex voto in un’edicola, all’interno della bidimensionalità della tela, vengono innestate delle piccole finestre a vetro attraverso cui lo spettatore può osservare ossa, pesetti e piccoli oggetti come dentro una camera anatomica. Quale valore assumono questi innesti e con quale criterio vengono selezionati? E legato a questo, vanno letti in rapporto all’opera o devono essere considerati come organismi a se stanti? Concettualmente essi vivono in rapporto all’opera, compositivamente sono estranei e funzionano come una sorte di suggeritore, di “memoria esterna” collegata al soggetto, ma separabile da esso in qualunque momento.

Disegnare con la parte destra del cervello Da quali studi, rimandi teorici, indagini prende le mosse per la creazione delle sue opere? Conosciamo la duplice natura del pensiero umano: quello verbale - analitico, situato sopratutto nell’emisfero sinistro e quello visivo - percettivo, situato in particolare nell’emisfero destro; sono processi che vanno educati e sensibilizzati quotidianamente. E'nell’ambito del comune vivere che ricerco le tensioni emotive che mi portano successivamente ad un indagine interiore, in cui lo spazio è senza tempo; un incontro simbiotico fisico e spirituale.

Albano Aniballi, Nudo 3, 2009 50 x 70 cm , carboncino

Albano Aniballi, Desiderio sospeso, 2013, 93 x 167 cm

Tutte le foto: COURTESY IL POMO DA DAMO

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BEYOND BELIEF* Conversazione fra Julia Krahn e Angela Madesani ♬

Isis - Divine Mother (The Tower Crumbles)

In occasione della doppia mostra di Julia Krahn a Imola, ai Musei Civici e alla Galleria Pomo da Damo abbiamo chiesto all’artista tedesca, che da oltre dieci anni vive nel nostro paese, di parlare di alcune tematiche portanti della sua ricerca. I tuoi lavori nascono sempre da delle domande: quesiti di matrice esistenziale, ma essi non vogliono offrire risposte. Semmai stimolano ulteriori punti interrogativi. Solo attraverso lo scambio dei diversi punti di vista, delle interpretazioni personali è possibile costruire un percorso, che sempre e comunque costituisce una forma di arricchimento. Quanto ha pesato e quanto pesa la tua biografia sulla tua ricerca? Moltissimo. Sei spesso protagonista del tuo lavoro. È un’operazione performativa? Quando scatto sono completamente sola, è come una performance in cui però manca il pubblico. È una cosa molto intima e non potrebbe avvenire in altro modo. Lavoro su me stessa. Ho fotografato mio padre, mia madre. Vogliamo parlare di Mutter, madre del 2009. Come è nato questo lavoro in cui tieni tra le braccia un telo bianco come per cullare un bambino, che in realtà non c’è. Questo lavoro nasce da un quesito sull’esistenza e sulla prosecuzione della stessa. È una domanda sul futuro. Ritornando a Mutter, non riuscivo a dare una forma

al bambino che è in braccio alla donna. Mi interessava cercarlo nelle pieghe del velo. Sentire il peso del bambino che non esiste o forse, semplicemente, non si vede. Sei colpita dalla figura della Madonna, che torna spesso nei tuoi lavori. Mi pare che nella tua pittura ci sia una forte legame con la pittura antica, rinascimentale. Amo andare nei musei, studiare l’iconografia, la luce la postura dei dipinti dei pittori che mi interessano. Ma nonostante tutto questo l’immagine della Mutter deriva da quella di un dipinto di anonimo che è riproposta su un santino che faceva parte della mia collezione personale di immagini di questo tipo. Per esempio nella Mater Dolorosa del 2012, che hai esposto l’anno scorso alla Voice Gallery di Marrakech, in Marocco…
 La vergine dolorosa, inoltre, è una figura commovente, e riuscire a piangere è importante. La Madonna è la terra, è il bisogno dell’origine, la voglia di ritornare a farne parte. È il distacco, ma potrebbe anche essere un richiamo alla responsabilità. Per la mostra in Marocco, come base delle posture della Mater Dolorosa, ho creato una serie di immagini e un video. La Vergine cambia spesso la posa delle mani e attraverso il montaggio delle diverse pose si crea una sorta di movimento, che

Julia Krahn, Erde zu Erde, 2013 COURTESY IL POMO DA DAMO

* Parte di questa intervista è stata pubblicata sulla rivista online Artribune. 14

Julia Krahn, TAUBE, 235x300,2013 COURTESY IL POMO DA DAMO


confluisce in un applauso. La colonna sonora è costituita dalla sovrapposizione di diverse frasi sul tema della Mater dolorosa, da me pronunciate. Un rimando alle preghiere dei monaci o a certe litanie musulmane. È curioso il fatto che l’applauso talvolta sembra più una denuncia che una conferma. Un altro protagonista assiduo del tuo lavoro è il piccione. Il significato primigenio è quello di messaggero e poi di animale sacrificale. È il simbolo dello Spirito Santo. La prima volta che l’ho utilizzato è stato per L’ultima cena: nel 2011. Sulla tavola vuota era rimasto un solo piccione. La gente mi diceva che avevo commesso un errore, che sulla tavola dell’ultima cena c’era una colomba e non un piccione. Così ho tinto il piccione imbalsamato, che avevo utilizzato, prima di bianco e poi di rosso. In occasione della mostra a Imola lo stesso piccione verrà esposto, ma questa volta ricoperto di foglia d’oro, un riferimento a tutto ciò che di prezioso ci circonda. Hai realizzato anche un lavoro video con il piccione…
 Tutta la mostra che ho fatto recentemente a Berlino aveva per protagonista questo animale. Per l’opera video ho utilizzato come colonna sonora la Passione secondo Matteo di Johann Sebastian Bach. Ne ho scelti vari brani e ho fatto iniziare il video con questo in particolare, secondo la traduzione di Quirino Principe:
“Sul calar della sera, quando l’ora è più fresca,
la caduta di Adamo fu palese;
di sera lo avvilisce il Salvatore.
Di sera la colomba ritornò
portando in bocca una foglia d’ulivo.
O bel momento! Ora della sera!
Ora è conclusa la pace con Dio:
Gesù ha già portato la Sua croce.
La Sua spoglia ha trovato ora la pace.
Ah! Tu supplica, prega, cara anima,
va’, chiedi, chiedi in dono Gesù morto,
oh, preziosa reliquia di salvezza!”.
 Mi interessano le parti in cui la Madonna piange e quelle sul tradimento.
L’uomo tra-

Julia Krahn, Melancholie ganz aufgeblüht, 2011 Traditional photography, color print on dibond, cherry wood frame Edition 3 | 69 cm x 55 cm COURTESY OF ARTIST

Julia Krahn, Engel, 2009 Color print mounted on aluminum, white wooden frame | Edition 3 | 28 cm x 28 cm and 84 cm x 84 cm COURTESY OF ARTIST

disce sempre del resto. L’idea di tradimento c’è anche nel Vitello d’oro, che è talmente bello da sembrare di marzapane, ma in realtà è morto, ucciso dalla violenza dell’uomo. Tornando alla mostra che ho fatto nella chiesa a Berlino: la musica veniva dall’alto da un’installazione audio. La gente si sentiva come in una bolla invisibile di musica fortissima. Il piccione è un animale quasi sempre detestato nella nostra società. In realtà è molto intelligente.
 Infatti è stato utilizzato anche come messaggero. Non è casuale che tu abbia utilizzato questo animale.
 Nasce come animale sacrificale. È il simbolo dello Spirito Santo. A noi piace che sia bianco e non grigio, ma sono entrambi colombi, l’iconografia è quella. La tua Ultima cena è vuota. Perché hai tolto le presenze umane? Si tratta di un’immagine che è a tal punto dentro di noi che non sorge neppure il dubbio che le cose stiano proprio così. In realtà si sa poco di quello che si crede di sapere. Cosa fare perché la gente capisca che si tratta di un’ultima cena? Basta pochissimo: un tavolo lungo, coperto da una stoffa bianca a mo'di tovaglia. A terra creo delle impronte: la traccia di una presenza attraverso l’assenza. L’ultima cena è un’icona. È un’immagine di solitudine, di abbandono. Cristo è stato abbandonato, tradito. Quanta umanità in questo episodio! L’uomo tradisce sempre del resto. L’idea di tradimento è anche in Vitello d’oro, che è talmente bello da sembrare di marzapane, ma in realtà è morto.

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Quello che mi affascina è che spesso la bellezza sta proprio nel tradimento. L’uomo è affascinato da tutto ciò che è proibito, in tal senso tradisce, va contro i suoi ideali, procurandosi in molti casi sofferenza. Quanto dolore c’è nella bellezza! A Imola c’è una nuova presenza, quella del serpente, un animale fortemente simbolico sia in senso positivo, come immagine di completezza, che negativo, così nella Bibbia. Adamo ed Eva vengono tentati dal serpente e mangiano il frutto proibito. L’avere utilizzato proprio il serpente da parte delle sacre scritture pare sia una polemica contro i miti cananaici, per i quali il serpente rappresentava la divinità suprema. Ho utilizzato il serpente che è il simbolo del peccato originale in una chiave di denuncia senza alcun significato negativo. Il peccato originale, infatti, ha tolto spazio alla donna. La colpa per la quale la donna dovrebbe soffrire è in realtà una forma di eroismo. Nelle religioni indiane rappresenta Kundalini che è un’energia positiva, e in quasi tutte le culture il serpente è fonte di forza. Una forza che si cerca di controllare e di sottomettere.

Vorrei chiudere questa conversazione parlando di un tuo lavoro che ha suscitato un profondo scalpore, Reinheit Maddalena del 2009. Dove tu sei seduta nuda all’angolo di una stanza. Solo sul tuo capo c’è un drappo di un colore ocra dorato che si sviluppa nello spazio. Dalle tue gambe, dalla tua vagina esce un rosario a grandi chicchi… Indubbiamente è un’immagine molto forte. A prima vista può apparire blasfema, pornografica. In realtà è il mio pensiero sulla spiritualità. Il titolo in tedesco significa purezza. Potrebbe trattarsi di una donna che ha appena concepito o partorito…e cosa c’è di più sacro di tutto questo?

Julia Krahn, Ultima Cena, 2011 COURTESY IL POMO DA DAMO

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A Suzzara l’arte riscopre la sua vena democratica e progettuale* di Paola Pluchino

Nick Drake - Place to be

Un Premio storico, quello di Suzzara. Ideato nel 1948 da Dino Villani (il padre della pubblicità italiana) con il sostegno dell’allora sindaco della città e di Cesare Zavattini. Dopo Renato Guttuso, Giuseppe Zigaina, Renato Birolli, Domenico Cantatore, Giulio Turcato, Antonio Ligabue e i maestri contemporanei Mauro Staccioli, Giosetta Fioroni, Concetto Pozzati, Gianni Colombo, per questa quarantottesima edizione si è optato per la chiamata diretta agli artisti nati i cui lavori e progetti sono ospitati presso la Galleria del Premio Suzzara. Paola Anziché, Sergio Breviario, Ettore Favini con Antonio Rovaldi e Stegania Galegati Shines sono i quattro vincitori che realizzeranno le proprie opere nel 2014. I tre curatori del premio, - Paola Boccaletti, Elisabetta Modena e Marco Scotti - raccontano il significato del premio e le sue prospettive.

Il tema individuato per l’edizione 2013 - La terra si muove con il senso - si lega ai recenti fatti che hanno colpito il territorio del Nord Italia. Ci spiegate quali riflessioni conserva e muove questo soggetto? «L’edizione del Premio Suzzara di quest’anno non poteva non prendere in considerazione quanto accaduto nel maggio del 2012 anche in queste terre: il terremoto dell’Emilia ha interessato diversi centri del mantovano e il museo direttamente. La mostra è articolata in due sezioni: la presentazione dei progetti del concorso a invito per 14 artisti nati dopo gli anni ‘70 intitolato significativamente RIGENERAZIONE, che porterà alla realizzazione dei quattro progetti vincitori nel territorio dell’Oltrepò Mantovano nel corso del 2014, e Progettare il momento. Dell’effimero e del suo contrario in cui Mario Airò, Elisabetta Di Maggio, Eva Marisaldi e Liliana Moro sono stati invitati a pensare appositamente negli spazi museali del Premio. Questi quattro lavori sono dedicati al tema della provvisorietà e della precarietà, del continuo mutare anche di cose immaginate come stabili e durature, di punti di riferimento vissuti come imprescindibili e saldi che cambiano quando meno te lo aspetti. Per questo, insieme al conservatore della Galleria, Marco Panizza, abbiamo scelto di intitolare l’intera edizione La terra si muove con il senso, cercando di seguire la storia di un premio così fortemente connotato e radicato nel contesto». Quali elementi di continuità col passato e quali invece di rottura avete inserito nell’edizione di quest’anno?«La continuità è data dalla straordinaria capacità degli artisti invitati a confrontarsi con il contesto, con la storia, la tradiGianni Colombo, Strutturazione pulsante,1959 zione e la collezione (Mostra personale 1983). Polistirolo, meccanismo elettromeccanico, di un Premio signifitubolari metallici, 257 x 500

cativo come il Suzzara. L’innovazione e la rottura sono invece dettate paradossalmente da una scelta di continuità con la reintroduzione di un concorso rivolto ad alcuni dei migliori artisti italiani nati dopo il 1970 che realizzeranno nel territorio mantovano quattro progetti di arte pubblica entro il 2014: quest’anno il Suzzara si apre dunque al territorio e si svilupperà nell’arco di due anni». In che modo le vostre abilità di curatori si sono combinate tra voi per la supervisione del Premio di quest’anno? «Curare una mostra a più mani permette di confrontarsi, di aprirsi alla discussione e alla varietà di proposte e linguaggi interpretati dalle scelte curatoriali individuali. Per quanto ci riguarda tutte le scelte sono state condivise e le diverse sensibilità si sono sposate in un progetto che riteniamo possa costituire tramite il lavoro degli artisti una risorsa non solo per il museo, ma anche per la comunità e per la sua capacità di rimpossessarsi di un territorio così fortemente colpito dal terremoto del maggio 2012». Volete illustrarci i progetti presentati dai quattro artisti all’interno della Galleria? «Gli artisti invitati si sono relazionati con gli spazi e la collezione della Galleria del Premio, si sono confrontati con la struttura del museo e il suo allestimento “permanente”, e il risultato è stato la loro ridefinizione e in alcuni casi riscoperta. Nello spazio che ospita i fondi librari, Mario Airò incentra il proprio lavoro su un oggetto comune come un libro, tramutandolo in soggetto intorno al quale costruire una vera e propria ambientazione poetica e una nuova lettura Loris Cecchini, Untitled, 2009 dello spazio. Anver(Twister, Rete Musei Lombardia Per L’Arte Contemporanea 2009/10) sa, opera prima - e Acciaio, alluminio, gomma, 410 x 205 x 264 cm

* Intervista pubblicata su Exibart 17


ultima a essere pubblicata - dello scrittore cileno Roberto Bolaño, scritta per frammenti come immagini tra prosa e poesia, è messo in scena attraverso i significati personali che può assumere un libro a fronte di un’intera biblioteca. Il video di Jesse Perret poi, giovane artista il cui lavoro è stato prodotto da Airò all’interno del progetto Penso con le mie ginocchia e portato a Suzzara, propone un racconto visionario dedicato all’installazione di una fragile scultura di vetro in una grotta. Eva Marisaldi e Liliana Moro allestiscono i propri interventi nelle stanze che un tempo erano uffici comunali e ora sono stati recuperati come spazi espositivi. Marisaldi celebra il Dopolavoro come una festa e, riconoscendo nei nostri tempi segnati dalla precarietà la difficoltà nel distinguere il momento del lavoro da quello dello svago, affronta una tematica da sempre legata alla storia del Premio attivando nuovi processi mentali. Liliana Moro concentra la propria ricerca sul tema dell’effimero inteso come mobilità, situazione di passaggio, instabilità, e crea nuove relazioni con gli oggetti da lei assemblati, le opere già presenti in Galleria e lo spazio nel quale sono posti. Elisabetta Di Maggio propone poi all’interno della collezione un minuzioso e delicato lavoro manuale il cui risultato è l’incisione della mappa della città di Suzzara su un lastricato fatto di sapone di Marsiglia. Tutti questi lavori sottolineano non solo la fragilità della nostra storia, ma quella della stessa opera d’arte, e dell’illusione di eternità che storicamente nutre». L’attenzione nei confronti dell’invasione spaziale ad opera di nuove generazioni di artisti è anche il leit motiv del concorso RIGENERAZIONE nato in seno al Premio Suzzara. Che tipo di opere portano in esposizione i 14 artisti nati dopo il 1970? «I progetti presentati sono ovviamente eterogenei, e fin dalla scelta degli artisti da invitare la nostra intenzione di curatori era quella di presentare diverse ricerche e linguaggi, che avrebbero portato ad altrettanto diverse interpretazioni del tema e del rapporto con il contesto. Gli spazi sui quali sono stati invitati a ragionare sono la Galleria del Premio Suzzara, l’Ecomuseo delle Bonifiche di Moglia, il Museo Civico Polironiano di San Benedetto Po e il Sistema Parchi dell’Oltrepò Mantovano. Gli artisti chiamati a partecipare al concorso per la realizzazione di quattro interventi e installazioni artistiche nel territorio dell’Oltrepò Mantovano sono Paola Anziché, Sergio Breviario, David Casini, Ettore Favini & Antonio Rovaldi, Stefania Galegati Shines, Alice Guareschi, Ozmo, Diego Perrone, Luca Pozzi, Laura Renna, Matteo Rubbi, Sissi e Luca Trevisani. La mostra dei progetti è allestita nella grande sala Paola Anziché, Il giardino di Euterpe 500 mt della Galleria attualmen-

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te occupata dalla struttura in tubi innocenti che ospitava le opere “salvate” da chiese ed edifici sacri dopo il terremoto, mentre le quattro opere vincitrici (Anziché, Breviario, Favini con Rovaldi e Galegati Shines) verranno realizzate nel corso del 2014 e saranno documentate attraverso una pubblicazione. Nell’elaborazione delle loro proposte, agli artisti è stato chiesto di progettare opere che potessero Luca Pozzi, You as a gravity monument interagire con la comunità locale e che fossero espressamente pensate per le quattro aree culturali e territoriali individuate. La giuria composta dai quattro responsabili degli enti e dai critici e studiosi Roberto Pinto e Marco Bazzini, ha considerato la capacità dei progetti in gara di rapportarsi con il contesto, l’originalità delle ricerche e la fattibilità delle proposte - che saranno realizzate e “adottate” dai quattro luoghi, ma soprattutto la loro capacità di produrre valori aggiunti e di caratterizzarsi come risorse per il territorio». Un evento si fluidifica all’interno di un divenire temporale che oggi ha dei confini sfumati. Quale scia proietta questo premio sul domani? «Quello della storia, dell’approccio critico consapevole ai luoghi, alle collezioni e al progetto, e la sensibilità di artisti che hanno saputo comprendere il contesto e produrre valori aggiunti attraverso le proprie ricerche e i propri lavori. Non per nulla questa quarantottesima edizione è stata possibile grazie alla convinzione di molte amministrazioni, che insieme hanno collaborato affinché la cultura potesse ampliare i propri orizzonti e portare la sperimentazione di un museo di arte contemporanea da un luogo fisico definito - il museo - a spazio aperto, il territorio. L’evento infatti si inserisce nel progetto “Il sesto senso. Conoscenza e uso responsabile del patrimonio culturale e ambientale come diritto di ogni cittadino”, cofinanziato dal Consorzio Oltrepò Mantovano, Fondazione Cariplo e Regione Lombardia, all’interno del più ampio progetto “Nel sedi Maggio, Parigi 2008 gno mantovano. Proget- SaponeElisabetta di Marsiglia tagliato a mano con to di governance per lo bisturi


sviluppo delle identità territoriali”, il cui ente capofila è la Provincia di Mantova, ed è inoltre sostenuto da DOMInUS, Distretto culturale dell’Oltrepò Mantovano per l’Innovazione, l’Unicità e lo Sviluppo, promosso e realizzato da Fondazione Cariplo all’interno del più ampio progetto Distretti Culturali. Avere avuto a supporto di questo lavoro un’intera rete di sostenitori ci ha permesso di creare sinergie sul territorio altrimenti troppo complesse. Probabilmente questa edizione sarà un esempio di buona pratica per i prossimi anni, perché ha dimostrato di per poter progettare su più vasta area costringendo la comunità a ragionare in senso più ampio e condiviso. Non in ultimo ci permetterà di rigenerare nuovi spazi attraverso l’arte contemporanea dando nuovo impulso e stimolo alla creatività e alla cultura locale!»

GALLERIA DEL PREMIO SUZZARA Fino al 3 novembre La terra si Muove con il Senso Progettare il momento. Dell’effimero e del suo contrario Mario Airò, Elisabetta Di Maggio, Eva Marisaldi e Liliana Moro RIGENERAZIONE Concorso ad inviti per la realizzazione di progetti per il territorio Paola Anziché, Sergio Breviario, David Casini, Ettore Favini & Antonio Rovaldi, Stefania Galegati Shines, Alice Guareschi, Ozmo, Diego Perrone, Luca Pozzi, Laura Renna, Matteo Rubbi, Sissi e Luca Trevisani

OPEN CALL Concrete In Design workshop presso i.lab des.al/ConcreteInDesign 12/12/2013

Switch on your creativity 29/11/2013 Premi in denaro e mostra http://www.asianstudiesgroup.net

Talento cerca Talento - Progetta l’etichetta! premi in denaro affordableartfair.com/milano/news/ 24/01/2014

Alessi In Love 03/12/2013 www.alessi.com Workshop LWPK: Fine gennaio 2014 (presso H-Farm e Alessi HQ)

Festival Cabaret Emergente - Modena 2014 13/01/2014 premi in denaro www.riccardobenini.it

Arte, Patrimonio e Diritti Umani 15/01/2014 Premi in denaro http://www.unesco.it

Festival CinemaZERO 22/11/2013 Premi in attrezzature tecniche http://www.festivalcinemazero.it/

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Be Different: 2° contest internazionale promosso da Giffoni Experience 29/11/2013 Premi in denaro e viaggi http://www.giffonifilmfestival.it

Fonti: www.bancadatiartbox.it www.giovaniartisti.it

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URBAN ADDICTED La moda e la permeabilità dell’arte ♬

Modest Petrovic Musorgskij - Molitva

La moda è spesso considerata una materia al limite con il mondo dell’arte e relegata ad un universo in cui frivolezza e superficialità precedono lo studio coscienzioso e ricerca per le belle forme, perlomeno nel senso in cui la paventata upperclass artistica intende e sostiene. Dentro il mare magnum delle maison creative esistono tuttavia dei lampi di originalità e di gioco all’estremo, dove alla funzione on della vanità si aggiunge e amalgama il raffinato sapore della scoperta, lo stupore della linea tesa o dello spostamento, dell’ordito architettonico o del tratto fumettistico. Se è vero che l’arte precede la realtà stessa e per questo a volte risulta poco commestibile, la moda procede in senso più democratico modificando canoni condivisi (come un paio di scarpe) attraverso lo spirito del tempo. Un’operazione che oltre a potersi considerare estremamente contemporanea (pubblica, ironica, altamente comunicativa) svela cosa dell’arte trapassa nella società. In un certo senso essa è la membrana dell’arte che respira, in parte trasforma e rende utile. Qui in galleria le strutture orgogliose, erranti e non allineate di alcuni stilisti visionari, nuove leve che da Londra, dalla Polonia o da Tokyo spingono perché la moda possa essere veicolo dinamico del bello.

Sullo sfondo: Widmanstätten pattern In alto: Iris Van Herpen Couture Fall Winter 2011/2012 Al centro, da sinistra a destra: Julian Hakes Banana shoe by Kobi Levi Invisible shoe by Andreia Chaves Tea Petrovic Art shoe by Camilla Skovgaard In basso, da sinistra a destra: Wang Zhixian (Coco Mayaki for) Pat Guzik Greg Rybczynski

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HEART BAUHAUS L'albero della conoscenza

A Bologna, grazie all’imprenditrice Isabella Seràgnoli apre il Mast (Manifattura di Arti, Sperimentazioni e Tecnologia) ibrido polifunzionale d’avanguardia di Paola Pluchino

♬ Sono tanti i modi che un soggetto pubblico ha per essere portavoce del proprio potere, economico, politico, imprenditoriale. Una certa tendenza - globale e contemporanea - vuole che questo sia spesso strillato, eccessivo e "maschio" e che in qualche modo volga a rappresentare non una virtuosa élite quanto una volgare casta. Affascina invece, come perla rara e modesta insieme, l'opera quando educa senza violentare, quando permette nell'arte il riposo e la riflessione in luogo della sincopata e ansiosa sua vanità. Nel giardino zen creato dal paesaggista Paolo Pejrone questa duplice natura dell’uomo, delle sue due spinte contrarie dell’avere e dell’essere paiono sospen-

Henry Russell - A leave on the Ocean Wave dersi in un pensiero di cauta e morigerata presenza. Sulle punte dell’ingresso si lasciano alle spalle le abitazioni degli anni sessanta e i parchi anonimi, e osservando quest'opera di trasparente bellezza, si accende l’incanto elegante e luminoso, leggero e imponente. Sono linee pulite quelle tracciate dai due architetti (Claudia Clemente e Francesco Isodori) dello studio romano Labics in un'opera che fonda la sua ragion d'essere su tre coordinate chiare e stringenti a un tempo: la molteplicità dell'uno e il suo contrario, ossia la sfida nell'armonizzare gli spazi un ambiente complesso, il dinamismo della visione, con le due rampe che dall'ingresso s'innervano nelle sale, tra i

Mast, Foyer dell Auditorium | Anish Kapoor, Shine

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Henrik Spohler, From Global Soul, 2008 Photo: Henrik Spohler © (Inventory Number 5432)

piani; infine, in paratassi, la facciata come membrana a rappresentare la natura porosa, dialettica e protettiva (“Non un guscio vuoto ma realtà viva e vivente” nelle parole di Francesco Dal Co) di questo edificio che vuole definirsi, a ragione, di frontiera. Tra materiali sostenibili e colori neutri, rimandi alla Philarmonie di Berlino e ai risultati di Tadao Ando, attraversando la storia dell'architettura e le funzioni idrauliche, ricordando Carlo Scarpa e suoi tagli a respirare, è questa una struttura che sorregge, eleva e integra la delicatezza come naturale forza intrinseca, in una fenomenologia del gesto che vuole attrae il soggetto celando la sua oggettualità. In un salotto culturale dove l’ostentazione spesso genera una sorta di automatica reverenza esiste una tendenza alla vessazione dell’uditorio - massa critica ormai ridotta ad ossicino – che recepisce la parola mendicante come buona e vera a priori. Succede, purtroppo molto più di rado, che adesso qualcuno accompagni invece con poche ma encomiabili parole, valori naturalmente propulsivi per questa generazione e per quelle a venire, aprendo e non imponendo la visione. È questa così posta è un’operazione totale, obbligato passaggio verso una ricerca in cui arte, sperimentazione e tecnologia tendono a cortocircuitare le loro forze, producendo una sorta di pointinisme culturale che può cogliersi solo attraverso l'analisi delle suoi principi fondamentali e intuirsi nel suo amalgamato tessuto connettivo: nella feroce ieraticità dell'opera di Mark di Suvero - Old Grey Beam – ove pare raccontare

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dell'abilità dell'uomo a sottomettere i limiti di rottura dei materiali quasi fosse fil di ferro nelle mani di un gigante, in un rosso fuoco che si specchia sul limen dell’acqua e delle pietre naturali; nella seducente Shine di Anish Kapoor che riverbera la tromba ardimentosa e quieta del colore come sostanza uditiva (in linea con la terminologia dello Spirituale di Kandinsky); in Arnaldo Pomodoro e nella sua grazia classicheggiante, nello spaesamento prodotto dal Coffee Table di Donald Judd; in Olafur Eliasson e nella sua Collective Movement Sphere, metafora radiale di sviluppo della tecnica, compartecipazione al gioco dell’ironia abile e ricercata. Il cuore della Galleria (che ospiterà a rotazione semestrale le sue mostre, questa visibile fino a dicembre) rende chiaro l’intento verso una pacifica e vitale convivenza tra eccellente arte e precisione tecnica, laddove alla realtà aumentata di Studio Azzurro si interfacciano le macchine per l’industria. Un’esposizione “a terrazzamenti” dove la selezione fotografica de I Mondi dell’Industria - racconto dei mondi del lavoro, dapprima attraverso i suoi volti, poi lungo i suoi vuoti - è affidata a Urs Stahel (ex Direttore del Fotomuseum di Winterthur). E se l’indagine sperimenta a suo modo nostalgia, forza, cultura, impegno sociale non dimentica nemmeno fallimento, parossismo e rimembranza. Ciò che questi scatti suscitano, nel loro essere particolari di un’idea, pare essere proprio il monito a ricordare gli errori, in un esame (quello più difficile) in cui la coscienza di sé e di cosa le proprie azioni generino è derivazione emotiva, responsabilità sociale e imperativo morale di chi ha deciso di donare al futuro la macchina che funziona meglio per la gente: la conoscenza.

Mast, atrio e vano scale | Olafur Eliasson, Collective Movement Sphere


PEANUTS GALLERY Ars combinatoria, strumento per la ricerca sul teatro d’infanzia (dai cinque ai novantanove anni) di David the Leprechaun

♬ Sono tre storie che nascono dalle Americhe, quella di un anello evanescente, di un orso custode e di un maglione con doppia personalità. Tre oggetti altamente simbolici che hanno protetto la vita degli attori e che hanno portato in scena (a Piacenza il 26 ottobre, prossimamente a Roma) uno spettacolo per bambini “dai cinque ai novantanove anni”, per ricordare che la vita è un’eterna crescita la cui origine ci accompagna e protegge sempre. Ideato dal giovane regista colombiano Giovanni Covelli, ricercatore presso l’Università di Bologna, grazie alla collaborazione attoriale di Laura Balcàzar, Letizia Binda-Partensky, Marianela Grisolia e con i costumi di Zeinab Heidary Firooz, lo spettacolo fa leva sulle madeleine della memoria, costruendo un'interazione col pubblico cui si affida lo sviluppo della stessa trama narrativa. A seguire la nota di regia che svela in parte le intenzioni del regista, con la speranza che l’attenzione per l’educazione culturale della cosiddetta generazione Z possa trapassare anche nel mondo ingrigito e spesso poco giocoso degli adulti. Lo spettacolo Tre, Due, Una storia: Cuéntame Que Te Cuento! è stato selezionato all’interno del PREMIO SCENARIO infanzia 2012.

La iguana tomaba café

Note di regia Il progetto di creazione nasce dal bisogno del gruppo di parlare di sé e di raccontarsi attraverso i linguaggi teatrali. L’equipe di lavoro, composta da tre latinoamericani e una canadese, vuole rendere conto delle sue origini e delle trasformazioni vissute nel proprio percorso di vita. Ci interessa esplorare il modo in cui, un occhio esterno può raccontare le nostre vite e le nostre biografie, per questo abbiamo scelto di intraprendere la creazione attraverso un oggetto che ci ha accompagnato fin dalla nostra infanzia e che insieme a noi è cresciuto e si è trasformato. Partiamo dunque da materiali reali, da documenti e interviste di famiglia, base per l’elaborazione degli avvenimenti, di cui questi oggetti divenuti sacri sono testimonianza. Vogliamo avvicinarci il più possibile al mondo immaginario di bambini e ragazzi, non elaborando concetti precostituiti, ma riprendendo ricordi e sensazioni della nostra stessa infanzia, che sono parte della nostra memoria. Lo spettacolo si costruisce su una drammaturgia combinatoria, le partiture sono fisse ma gli spettatori avranno la possibilità di scegliere quello che stanno per vedere, attraverso un meccanismo di votazione, che darà vita a un intreccio di storie diverse. Questo esercizio scenico di drammaturgia combinatoria risponde alla percezione frammentata della realtà contemporanea alla quale apparteniamo. Non ci interessa criticare questo modo di vedere la realtà, ma lo usiamo come materiale per risemantizzare questa percezione “da zapping”, attraverso il nostro strumento comunicativo: il teatro.

Prove dello spettacolo - Il maglione con doppia personalità

Sullo sfondo: Il giardino, appunti di scena

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ITALIANEA Favelli, una metafisica degli arredi di Pierluca Nardoni

George Gershwin - S’Wonderful

Sin dalle ultime battute del secolo appena trascorso, la ricerca artistica di Flavio Favelli (1967) si presenta come una delle risposte più interessanti al clima post-concettuale degli anni Novanta. Laddove artisti come Cesare Pietroiusti o Emilio Fantin tentavano di fornire una struttura quanto mai immateriale alle loro brillanti “pensate”, Favelli propone opere dal rinnovato spessore fisico, voluminose e ingombranti, restituendo cittadinanza anche a una manualità preziosa e artigianale. Si tratta di mobili e di altri pezzi di arredamento presentati secondo la pratica del ready made, ossia, in fin dei conti, ricorrendo a una delle opzioni stilistiche della cosiddetta Arte concettuale. Tuttavia, lungi dal recuperare l’anima asettica e mentale del modello duchampiano, Favelli sceglie i suoi oggetti per il loro aspetto singolare e raffinato, spesso persino lezioso, attingendo a piene mani dalle botteghe di antiquariato. Queste “buone cose di pessimo gusto” vengono poi smontate, rimontate e assemblate in maniera tale da comporre assurdi matrimoni, capaci di dar vita ad ambienti spiazzanti nei quali la dimensione quotidiana diviene presto un mondo “altro”. Tutto sommato non siamo lontani dagli “arredi celibi” che prepara in parallelo Marco Samorè (non per nulla coetaneo del Nostro), anche se nel caso di Favelli sembra più indicato parlare di “arredi onirici”, intendendo con un simile attributo richiamare la lezione della Metafisica. Se infatti è ormai evidente la sostanziale affinità tra gli “spaesamenti” ottenuti in pittura da De Chirico e le libere ricollocazioni di “oggetti trovati” praticate dai dadaisti1, sarà senz’altro possibile leggere l’oggettualismo di Favelli alla luce dei meccanismi onirici di cui la Metafisica si fa portavoce, vale a dire delle attività note a Freud come “spostamento” e “condensazione”2. Decisamente “spostate” rispetto al loro habitat risultano allora le sedie, le panche, le testiere di letti de La terza camera, tutte disposte su una pedana bianca e orientate nella stessa direzione, in una immobile attesa. Come non pensare in proposito ai celebri Mobili nella valle dechirichiani? Tra i numerosi esempi di questa modalità d’intervento si ricorda inoltre l’insolito trasloco subito dalle insegne luminose dell’Alfasud e del Totocalcio, simbolicamente collocate sulla facciata del Palazzo comunale di Termini Imerese (Alfasud 1x2). Altrettanto efficaci si rivelano poi le soluzioni che “condensano” elementi estratti dai contesti più disparati: tali unioni danno origine a mostruosi innesti che mantengono pur sempre la possibilità di rintracciare gli ambiti di appartenenza dei singoli frammenti, proprio come accade nei sogni. Pensiamo a Palco-buffet, attualmente nelle collezioni del MAMbo, dove un ripiano di mattonelle bianche e nere viene inserito all’interno di una misteriosa tribuna, conferendole l’aspetto di una gigantesca scacchiera o di un assurdo confessionale; oppure a opere come Gold Cola e Fanta amica Fanta, nelle quali la sapiente ibridazione tra utensili in ceramica e prodotti di ampia diffusione rimescola i quozienti di eleganza e dozzinalità, scoprendo il banale nei primi e l’incanto nei secondi. Altri casi di “condensazione” li troviamo nei collages di francobolli o di comuni carte di cioccolatini, insospettabili riserve di splendori cromatici incorniciati da altezzose cornici in pastiglia. Tutto è domestico, persino familiare, nell’opera di Favelli, eppu-

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Flavio Favelli, Palco Buffet, 2007 Legno verniciato e piastrelle, 180 x 120 x 120 cm COURTESY MAMBO

Uno dei primi studiosi a segnalare tale corrispondenza è stato Maurizio Calvesi. Cfr. M. CALVESI, La Metafisica schiarita, Feltrinelli, Milano, 1982, p. 210. 2 Per l’omologia tra queste attività oniriche e l’opera di De Chirico si legga R. BARILLI, L’arte contemporanea. Da Cézanne alle ultime tendenze, Feltrinelli, Milano, 1984, pp. 208 e ss. 1


re tutto appare subito estraneo, come se lo vivessimo per la prima volta, secondo il copione delle improbabili messe in scena del maestro ideale De Chirico. Anche la collocazione temporale degli assemblages favelliani può definirsi metafisica, nel senso che le loro componenti oggettuali risalgono spesso a un passato imprecisato, definito dal Nostro come inesistente, privato, magicamente sospeso al pari del possibile utilizzo pratico di quelle componenti, sempre sollecitato e immediatamente negato. Vale la pena a questo punto ricordare il recente orientamento che ha portato Favelli a sperimentare una singolare forma di writing. Si tratta di prelevare scritte “già fatte” da giornali o riviste per dipingerle, opportunamente ingrandite, su alcuni muri significativi della penisola, conservandone però il font originario. Succede, per esempio, che il “Campioni del mondo!” con cui la Gazzetta dello Sport festeggiava una storica vittoria dei mondiali calcistici sia riproposto su un muro di Mirandola, città colpita dal terremoto, al modo di una spensierata esortazione (1982). Ecco dunque emergere un velo di ironia, del resto caratteristica di quella speciale “ars combinatoria” che Favelli condivide con i sogni e le metafisiche.

Fanta amica Fanta, 2011 Assemblaggio ceramica e vetro 23 x 36 x 23 cm

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MALDIVE PAVILION Maldives Pavilion

Portable Nation Disappearance as Work in Progress Approaches to Ecological Romanticism di Francesca Coccolo

♬ Le previsioni condannano le Maldive alla scomparsa entro il 2080 a causa dell’innalzamento degli oceani. Un lento ma costante percorso di cancellazione che permette di assistere in tempo reale alle disastrose conseguenze del cambiamento climatico di matrice antropica. Per permettere a una comunità di sopravvivere altrove come nazione si attua così un processo collettivo di raccolta, catalogazione e conservazione che si concentra sui dettagli della sua quotidianità e della sua storia. Questo fenomeno di ridefinizione e traslazione forzata dei propri contesti che investe un vasto gruppo di persone diventa il cuore del progetto curatoriale del Padiglione delle Maldive, alla sua prima partecipazione alla 55. Mostra Internazionale d’Arte a Venezia. Come il paese che rappresenta, il padiglione, a cui è stato assegnato il carattere di “portable pavilion”, prende forma da un insieme di nozioni e di valori mobili e trasferibili, da diffondere su larga scala grazie alla partecipazione e alla solidarietà di artisti da tutto il mondo. La scelta di basare questo progetto espositivo (a cura del collettivo artistico internazionale “Chamber of Public Secrets”) su un approccio all’ecologia definito “romantico” sottolinea questo desiderio di rivendicazione della propria peculiarità ambientale e culturale. Peculiarità compromessa brutalmente e irrimediabilmente con il passare del tempo e la mancanza di pratiche contrastanti diffuse su scala globale. Romanticismo è non a caso anche un sentimento di insoddisfazione per la realtà e trasfigurazione utopica della realtà stessa, che in questa occasione però si tinge dei toni accesi della mobilitazione e dell’iniziativa transnazionale. E'lungo questa linea di intenti che si muovono, tra gli altri, artisti come Oliver Ressler, che con l’installazione For a Completely different Climate critica il cosiddetto mercato - compatibile e la compravendita di permessi per le emissioni inquinanti, che considera strumenti del capitalismo alla stregua di qualsiasi altra operazione commerciale. Il cambiamento climatico necessita in risposta di una radicale rivisitazione delle politiche di distribuzione delle risorse. Il paradosso delle rappresentazioni idilliache dell’Oriente ad opera della cultura euro-americana è il tema del film girato dal libanese Khaled Ramadan, Maldives To Be Or Not. Le Maldive oggi oscillano tra la finzione occidentale e la realtà orientale, in una di-

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Leyge Raha - Unoosha, Traphicjam & Baachi

Sama Alshaibi, Silsila, 2013 Video Installation

cotomia tra cultura e natura che l’artista mira a sanare attraverso una ricerca diretta dei valori storici e culturali di questa comunità. Ursula Biemann, artista con base a Zurigo, denuncia attraverso il video Deep Water lo sfruttamento esasperato delle risorse petrolifere e richiama l’attenzione sull’innalzamento del livello del mare, che costringe un sempre maggior numero di

Stefano Cagol, The Ice Monolith, 2013 Installation and Video documentary


persone a un inevitabile stile di vita anfibio. Ancora, l’installazione di Klaus Schafler, Hacking The Future And Planet, indaga gli effetti collaterali della lotta al cambiamento climatico. Test di laboratorio ed esperimenti diretti su vasta scala, finalizzati a rallentare, se non a invertire, il corso di fenomeni naturali distruttivi indotti dall’inquinamento e dallo sfruttamento delle risorse ambientali, pongono a loro volta importanti questioni sull’etica e la sostenibilità. Per rendere esplicito il problema della sparizione dei ghiacciai, Stefano Cagol (Trento), con la sua performance The Ice Monolith, messa in scena durante l’inaugurazione della 55. Mostra Internazionale d’Arte, condanna il monolite di ghiaccio alpino a sciogliersi al sole della Riva Nel Canale Di San Marco, sancendo l’inizio di un percorso critico articolato in numerosi appuntamenti. Una piattaforma condivisa, distribuita su tempi e spazi diversi, da Venezia A Milano, sul web, in cima ai ghiacciai delle Alpi. Su Un piano più concettuale, Wael Darwesh affronta il tema della memoria, di quella collettiva in particolare, che diventa cruciale per comunità come quella delle Maldive, minacciate nella propria integrità culturale e territoriale. L’artista traduce in una colorata bidimensionalità innestata di materia il carattere fragile e transitorio dei ricordi e delle esperienze passate, in un’amara presa di coscienza dell’incertezza per il futuro, individuale e collettivo. Quelli del padiglione Delle Maldive vogliono quindi essere spazi e momenti capaci di mettere in di-

scussione l’attuale concezione di quello che è Natura, ricordando come il termine si riferisca non tanto a un concetto indipendente e assoluto ma piuttosto a una costruzione sociale che influisce sul nostro modo di porci di fronte e all’interno di esso. Prima D’ispirarci a paradigmi della sostenibilità e della salvaguardia veniamo quindi invitati a una rieducazione più profonda che investe schemi culturali da troppo tempo sedimentati.

DOVE Fondazione Gervasuti, Via Garibaldi, Fondamenta Sant’Anna, Castello 995 30122 Venezia, Italy QUANDO Dal 1 Giugno Al 24 Novembre 2013 Aperto Martedì -Domenica: dalle 11.00 Alle 19.00 Chiuso Lunedì

Achilleas Kentonis & Maria Papacharalambous, Mental Para-Dice Installation

Wooloo, Maldivian Coconut Photo by Martin Rosengaard

Oliver Ressler, For a Completely Different Climate Video

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YOUNG DISTRICT Sdoganare i confini dell’arte grazie a coraggio, preparazione e ironia A Ferrara grazie alla mostra Now! Giovani Artiste Italiane di Paola Pluchino

The Naked And Famous - Young Blood

Esistono dei luoghi che pur appartenendoci non co- zolano sullo schermo, in un onirico gioco di ambiguità nosciamo, dei pezzi di storia che si incastonano e na- e risoluzione (Sospensione). scondono alla gente, che silenziosamente attraversano Per la girgerntina Silvia Giambrone un’installazione i secoli. L’ex Refettorio nel complesso di San Paolo a a video (Sotto Tiro, 2013) che forse avrebbe meritaFerrara è uno di questi, luogo eccezionale e raccolto, to un altro supporto che - considerato il fondo neutro riscoperto grazie ad una mostra di - avrebbe preferito una perfetta La libertà che alle nuove aderenza alla parete in luogo di giovani artiste (Now! Giovani Artiste Italiane) che qui hanno espo- generazioni ancora si con- un suo scollamento (e conseguensto fino al 27 ottobre. te artificializzazione) dell’immagiUna grande sala a pianta rettancede, un onirico gioco di ne. Essere sotto tiro è per l’artigolare col soffitto a cassettoni, sta una realtà con cui fare i conti immagini di santi sulle mura di ambiguità e risoluzione, un in rapporto al bersaglio in cui la pietra rossa, un pavimento scarno mano dell’altro s’allinea con gli circolo virtuoso e impolverato. In questa cornice occhi, la mente e il cuore dell’ingrazie all’intervento delle curatrici Lola B. Bonora e terlocutore. Silvia Cirelli, all’Udi di Ferrara al Comitato Biennale Tre opere quelle presentate da Laurina Paperina, Donna, alla preziosa partecipazione del Comune di punta di traino di questa mostra, con una marmottoFerrara, del Dipartimento della Gioventù - Presidenza na gigante (Giant Marmot), Artists Skull dove dato del Consiglio dei Ministri e dell’Anci che sostengono il un comune denominatore (il teschio) questo viene di più ampio progetto artistico Dentro le mura - al pub- volta in volta declinato sul carattere del soggetto rapblico si regala uno spettacolo inusuale e coerente a un presentato, e How to Kill the artists esilarante instaltempo: protette dalla conoscenza dei secoli qui le arti- lazione a tre canali in cui s’inscena fumettisticamente ste in mostra esprimono le loro linee di ricerca, senza la morte di alcuni dei più fecondi padri dell’arte del essere costrette in linguaggi indicati a priori, con la Novecento e non solo, da Diane Arbus a Yves Klein, libertà che alle nuove generazioni - fortunatamente - passando per Francisco Goya, Douglas Gordon e ancora si concede. Francis Bacon. Quattro artiste under 35 che si dividono lo spazio Campeggia infine al centro della sala l’opera Imitazioin maniera equilibrata (nota di merito in questo va ne di Ludovica Carbotta cui la materia anestetica senz’altro alle curatrici, capaci di superare le diffi- e fredda fa i conti con la sua potenza nel divenire ogcoltà tecniche di un progetto presentato in un luogo getto archeologico, acquisendo, nel suo inerme moto non abitualmente adibito ad esposizioni, anzi, aperto sommato al tempo, l’aura rara dell’artisticità. In un solo per l’occasione). Ci sono i dischi in legno di Elisa gioco in cui la denuncia, l’indagine, la serietà dell’arte Strinna, in cui l’animo retrò si fonde con un certo spi- dialogano forse un po'acerbamente, questa di Ferrara rito animista producendo una colonna sonora che let- è un esempio che andrebbe sistematizzato, concorrenteralmente proviene dalla natura. Sua anche la grande do così ad instaurare un circolo virtuoso dove la gioproiezione a parete in cui la dicotomia sospensione/ vane creatività sposa e ridona dignità a perle cittadine caduta viene risolta con un’unica esemplare immagi- spesso abbandonate. ne: un primo piano fisso sui piedi di una bambina penIn alto: Laurina Paperina, How to Kill the Artists (a sinistra) Still da video Yves Klein | Video istallazione, animazione su dvd. COURTESY L’ARTISTA E STUDIO D’ARTE RAFFAELLI, TRENTO Elisa Strinna, Wood Songs, 2008 (a destra) Installazione composta da giradischi e diverse qualità di legno, dimensioni variabili. Opera realizzata in collaborazione con Eva Cenghiaro. COURTESY L’ARTISTA E EVA CENGHIARO

In basso: Silvia Giambrone, Sotto Tiro, 2013 (a sinistra) Still da video | Single channel video. Photo by Francesco Niccolai. COURTESY L’ARTISTA E FONDAZIONE BIAGIOTTI PROGETTO ARTE, FIRENZE Ludovica Carbotta, Imitazione I, II, III, IV, V, 2010 - 2011 (a destra) 5 sculture in cemento armato, dimensioni variabili. Photo by Maurizio Elia. COURTESY L’ARTISTA

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La vista, al limite border:solid* di Pierluca Nardoni

♬ Se al giorno d’oggi qualcuno intendesse tracciare una mappa delle tendenze artistiche in corso, si troverebbe di fronte a più di un bivio. Tra soluzioni concettuali e riabilitazioni dei valori sensibili, recuperate manualità e acute spersonalizzazioni, fisici ingombri e brillanti smaterializzazioni, magari ottenute grazie ai mezzi video-acustici, gli artisti odierni sembrano affidarsi volta per volta all’uno o all’altro pacchetto di pratiche, riuscendo nei casi migliori a contaminarli per giungere a una affascinante conciliazione degli opposti. Di fronte a questa esuberante eterogeneità che coinvolge ogni sorta di medium, la scelta di Matteo Babbi (1986) e di Alice Cesari (1986) di affidarsi, rispettivamente, all’uso quasi esclusivo di pittura e fotografia suona quasi come un castigo. Se poi consideriamo gli scarsi consensi ottenuti in questi anni dal mezzo pittorico su supporti tradizionali, verrebbe quasi da parlare, almeno nel caso di Babbi, di un artista fuori moda. Ma è proprio dalle opere di Babbi che dobbiamo partire per comprendere i presupposti di questa mostra dal

Alice Cesari, Degenerazioni

Harry Nilsson - One

Matteo Babbi, Exit

titolo un po'arcano, border:solid. Per “bordo solido”, nel linguaggio di formattazione dei siti web, s’intende pressappoco il margine, le linee di contorno con le quali appaiono gli elementi sulla schermata del pc. A voler essere precisi si tratta in realtà di un comando, o quanto meno di un invito ad agire, a tendere l’attenzione verso i bordi, le recinzioni, i perimetri di contenzione delle immagini. Si osservino ora i dipinti in esposizione: guidati da quell’invito balza subito agli occhi l’assenza di cornici, tanto che in sede di allestimento si è resa necessaria una serie di mensole per rendere visibili i quadri, altrimenti destinati ad essere appoggiati sul pavimento. Da qui un senso di precarietà, confermato dal supporto povero e facilmente deformabile del cartone pressato. Sembrerebbe una sistemazione quasi casuale, da riservare a un relitto. Eppure c’è qualcosa di nobile in quei candidi piani d’appoggio e la misura monumentale dei dipinti richiede senz’altro uno sguardo non superficiale. Si scopre allora che Babbi pratica una figurazione con fare largo e impetuoso a ricordo dei Neuen Wilden tedeschi, se non altro per le violente rotture cromatiche. Rispetto a Kiefer e compagni c’è però una maggiore compostezza che consente persino la sfacciata riproposizione di anatomie umane, affrontate con un occhio quasi fotografico. Si veda Salvifico, dove due gambe ossute e fosforiche spuntano dall’alto, prontamente bilanciate da una pioggia di grossi listelli di colore nero che si dispongono sulla composizione come un curioso virus (a voi la scelta se biologico o informatico). E quei curiosi cerotti li ritroviamo anche negli altri lavori in mostra, vera e propria cifra stilistica che oscilla sapientemente tra l’allusione a un linguaggio criptato o cabalistico e l’innesto banale e livellante di tasselli che somigliano ad altrettante censure portate con mano grossolana.

*Testo critico pubblicato in occasione della mostra border:solid presso il concept space Un Altro Studio 29


Se volessimo cercare un esempio del primo atteggiamento (ma le due caratteristiche sono in continuo dialogo) potremmo accostarci a Exit, un paesaggio sidereo dove le placche nere fanno risaltare per contrasto le liquide increspature della distesa bianca; il desiderio di abbassamento ricompare invece in #0000ff, dove le solite mattonelle di colore hanno ormai contagiato l’intera composizione e sollecitano la dialettica tra la figura resa con piglio mimetico e le bande orizzontali dello sfondo, stese con la sprezzatura di un bambino che impara a dipingere con software sul genere di Paint (si veda il particolare dell’aureola e dei pesci galleggianti sopra di essa). Rifinito e citazionista risulta il profilo dei cervi in Sette fratelli, ma in questo caso la figurazione diventa un pretesto per mettere in campo un concetto, un abbozzo di narrazione, che passa per alcuni documenti conservati in una sorta di tabernacolo e giunge, tramite la documentazione video di un’azione, alla scoperta di una costellazione appena percepibile di fori, praticati dall’artista direttamente sul dipinto. La produzione di Babbi oscilla pertanto in un felice equilibrio tra l’esito prezioso e la ricaduta nel kitsch, tra l’apparente incuria stilistica e il richiamo a un surplus di attenzione e, in fondo, tra la spinta ambientale di questi enormi quadri “mobili” e una inevitabile pesantezza. Messa a confronto con l’ostinata caparbietà del compagno di strada, la ricerca della Cesari appare più inquieta e versatile. L’appello a un affinamento dell’organo visivo si fa nel suo caso ancora più evidente, basti pensare al soggetto quasi didascalico della foto di Inoculazioni: si tratta di uno scatto che coglie una ragazza di fronte a uno specchio nell’atto di mettere una lente a contatto. Il gioco concettuale del continuo rimando all’attività oculare viene poi potenziato da alcuni frammenti tratti da copie della fotografia principale che vengono disposti attorno alla foto stessa, tutti tassativamente privi di cornici. Ma l’aspetto speculativo non predomina, controllato da un’attenta regia formale che colloca i lacerti fotografici secondo una struttura elegante ed effimera, pronta a ricevere nuove configurazioni non appena s’alzi una folata di vento. Questa ideale “storia dell’occhio” prosegue occupando due sottili mensole, ossia sfruttando lo stesso espediente che Babbi adotta per sporgere timidamente le sue tele verso lo spazio tridimensionale. Nel caso della Cesari, però, dobbiamo segnalare una fuoruscita più decisa, benché minuta: su un ripiano troviamo infatti una lente d’ingrandimento e un libro di micro-fotografie che ritraggono occorrenze elementari, quasi che la lente ci possa aiutare a decifrare quei minuscoli brandelli di esistenza e a scoprirne le storie nascoste. Sul secondo ripiano un vassoio contiene due lenti a contatto, in una sottile allusione all’iconografia cristiana del martirio di Santa Lucia. Completa l’installazione un piccolo visore

binoculare piantato nel muro che sembra suggerire una via artigianale e squisitamente ingenua per attingere alla vista a raggi infrarossi. C’è una forte attitudine narrativa in queste opere, da intendersi sia nel senso di un’allusione all’ambito cinematografico (le foto del libriccino come assurdi fotogrammi, la visione stereoscopica del binocolo), sia nel senso di un recupero della Narrative Art, opportuAlice Cesari, La Notte namente aggiornata alla luce delle odierne risorse tecnologiche. Laddove gli artisti Narrative si limitavano ad aggiungere testi verbali alle loro fotografie, la Cesari dota La notte di una registrazione audio che va a doppiare un testo redatto a mano e completa l’immancabile intarsio di istantanee. Ne emerge un’installazione suggestiva, grazie all’effetto stridente creato dalla giustapposizione di una voce robotica e monocorde (frutto di un software di sintesi vocale) e il tono intimo e confidenziale dello scritto, tratto da una scena del film La notte di Michelangelo Antonioni. Anche in questo caso l’intervento fotografico richiede un supplemento di attenzione per cogliere un lieve reticolo di graffi che sembra voler incidere l’epidermide della carta. E un gioco di “pelli” può dirsi anche la serie Degenerazioni, che parte da un’immagine elegante, degna di figurare sulla copertina di Vanity Fair, ma poi lascia campo libero al lavorio degli acidi, che logorano il ritratto fino a farne una coltura di macchie informi. Il risvolto interessante di questo complesso risiede ancora una volta nella sua peculiarità installativa, dato che le foto si dispongono spesso a palinsesto, come a mostrare gli strati delle loro metamorfosi, tanto che verrebbe quasi voglia di strappare via via le varie falde per scoprire cosa c’è sotto. Se volessimo cercare un fil rouge che accomuni le produzioni di Babbi e Cesari potremmo forse trovarlo nella volontà di giocare con le regole dei propri mezzi d’espressione, al fine di forzarne i limiti senza tuttavia abdicarli del tutto. Un po'come accadeva nel gruppo letterario dell’Oulipo che sottoponeva i propri membri a vincoli rigidissimi per cercare nuovi spunti creativi, anche Babbi e Cesari insistono sui limiti, sui “bordi”, appunto, del loro linguaggio. E finiscono per assegnare a mezzi prettamente visivi come la pittura e la fotografia qualche gratificazione tattile e uditiva. Fino al prossimo limite.

Matteo Babbi, Sette fratelli

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ROUTES Eventi Bologna - Mambo - Museo d’Arte Moderna Di Bologna La Grande Magia. Opere Scelte Dalla Collezione Unicredit Fino al 16 febbraio 2014 Www.mambo-bologna.org Reggio Nell’Emilia - Palazzo Magnani L’enigma Escher fino al 23 febbraio 2014 www.palazzomagnani.it. Roma - Auditorium - Parco Della Musica Arte Totale: Il Gruppo 63 fino al 3 novembre 2013 Www.auditorium.com Roma - Maxxi - Museo Delle Arti Del Xxi Secolo Jan Fabre - Stigmata. Actions & Performances 1976-2013 fino al 31 gennaio 2014 Www.fondazionemaxxi.it Roma - Gnam - Galleria Nazionale D’arte Moderna Duchamp. Re-Made In Italy dal 7 ottobre 2013 al 9 febbraio 2014 Www.gnam.beniculturali.it Genova - Palazzo Ducale Robert Doisneau - Paris En Liberté fino al 26 gennaio 2014 Www.palazzoducale.genova.it Milano - Palazzo Reale Warhol fino al 9 marzo 2014 Www.comune.milano.it/palazzoreale/ Milano - Palazzo Reale Pollock E Gli Irascibili. La Scuola Di New York fino al 16 febbraio 2014 Www.comune.milano.it/palazzoreale/ Milano - Palazzo Reale Il Volto Del ’900. Da Matisse A Bacon. I Grandi Capolavori Del Centre Pompidou fino al 9 febbraio 2014 Www.comune.milano.it/palazzoreale/

Firenze - Palazzo Strozzi fino al 19 gennaio 2014 L’Avanguardia Russa, La Siberia E l’Oriente. Kandinsky, Malevic, Filonov, Goncarova Www.fondazionepalazzostrozzi.it Rovereto (TN) - Mart L’altro Ritratto fino al 12 gennaio 2014 Www.mart.trento.it Venezia - Collezione Peggy Guggenheim Le Avanguardie Parigine Fin De Siècle: Signac, Bonnard, Redon E I Loro Contemporanei fino al 6 gennaio 2014 Www.guggenheim-venice.it Bologna - Studio Cloud 4 Sedizioni fino al 22 novembre 2013 Www.studiocloud4.net Bologna - Raum RAUM - Ottobre/Novembre/Dicembre 2013 fino al 18 dicembre 2013 Www.xing.it Bologna - Abc Ryan Mendoza - Chromophobia dal 29 novembre 2013 al 10 gennaio 2014 Www.abcbo.it Bologna - Museo Civico Medievale Caroline Demarchi - Mise-enBouche fino al primo dicembre 2013 Www.comune.bologna.it Bologna - (galleria +) oltredimore Maziar Mokhtari _ Yellow Apocalipse dal 15 novembre 2013 all’11 gennaio 2014 it-it.facebook.com/oltredimore Inaugurazione venerdì 15 novembre dalle ore 18 Bologna - Mast I mondi dell’Industria Fino al 31 dicembre 2013 www.mast.org

Modena - Fondazione Fotografia Modena Walter Chappell - Eternal Impermanence fino al 2 febbraio 2014 www.fondazionefotografia.org Imola - Il Pomo da DaMo Julia Krahn - Beyond Belief Fino al 3 novembre 2013 www.ilpomodadamo.it

Fiere Torino - Artissima ARTISSIMA. dal 6 al 9 Novembre www.artissima.it Lucca - Sedi Varie Lucca Comics and games Fino al 3 novembre www.luccacomicsandgames.com Lione - Sedi varie 12. Biennale di Lione Fino al 2 gennaio 2014 www.labiennaledelyon.com New Zeland - Sedi varie SCAPE 7 Public Art Christchurch Biennial 9 November 2013 scapebiennial.org.nz Torino - Ex Manifatture Tabacchi Photissima Art Fair Torino 2013 dal 6 all'11 Novembre www.photissima.it Firenze - Fortezza da Basso The New Florence Biennale - Etica DNA dell’arte dal 30 novembre all’8 dicembre 2013 www.florencebiennale.org Amburgo - Affordable Art Fair Affordable Art Fair dal 14 al 17 Novembre affordableartfair.com

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BOOKANEAR


(P)ARS CONSTRUENS Nuovi misteri nella Città Pentagona di Maria Livia Brunelli

Gyorgy Ligeti - Etude No. 13, Book II: L’escalier du diable

“La città pentagona talora, quando meno se lo aspetta, riserba delle improvvisate al pellegrino che si aggiri per le sue strade”. Così Filippo de Pisis ci raccontava Ferrara, alludendo alla forma della pianta della città, in un passo de La città dalle cento meraviglie. E tre le “improvvisate” in cui ci si può imbattere vistando Ferrara fino al 31 ottobre c’è un sorprendente percorso di arte urbana: cinque installazioni di cinque giovani artisti selezionati da cinque curatori. Pentagona è un evento espositivo che intende stabilire un dialogo fra la ricerca artistica contemporanea delle giovani generazioni ed i luoghi della cultura e dell’arte del centro storico di Ferrara feriti dal sisma del 2012. Il progetto ha visto il coinvolgimento di curatori che operano da diversi anni sul territorio ferrarese - Maria Livia Brunelli, Massimo Marchetti, Eleonora Sole Travagli, Letizia Paiato e Elisa Leonini- ai quali è stato demandato il compito di selezionare ciascuno un giovane artista e di curarne progetto espositivo. I cinque artisti scelti, rispettivamente Andrea Amaducci, laCRUNA, Ornaghi e Prestinari, Silvia Venturi e Luca Zarattini, si sono confrontati con edifici luoghi di culto esistenti a Ferrara fin dall’epoca rinascimentale, sagrati, chiostri e ambienti interni segnati dalle ferite, in alcuni casi ancora plasticamente evidenti, del terremoto. Andrea Amaducci, invitato a creare un’opera per il sagrato di una chiesa fortemente colpita dal sisma, ha pensato al terremoto sociale che più ha scosso la città negli ultimi mesi. E ne è uscita la figura del “martire contemporaneo”. Fin dal Medioevo sulle chiese le statue dei santi e dei martiri parlavano al popolo attraverso simboli immediatamente riconoscibili. Andrea ha recuperato questa usanza riflettendo su chi è il martire oggi, a partire dalla vicenda della Berco SPA di Copparo, controllata dal colosso tedesco Thyssen-Krupp, che avrebbe dovuto licenziare più di seicento operai per esigenze aziendali. L’unione dei lavoratori dei tre stabilimenti coinvolti ha dato vita ad una vera e propria battaglia legale che dura da mesi e che coinvolge politici, manager e media, oltre alle famiglie degli operai stessi. Questa battaglia sembra avere trovato il suo epilogo in un accordo tra le parti interessate, all’inizio dell’agosto 2013. San Berco Martire in tuta da lavoro, sul sagrato di una chiesa che poggia con rassegnazione a terra brandelli di mattoni come pelle staccata da muri, è un invito a prendere coscienza dei danni che ha fatto il terremoto, ma anche dei danni che provocano i terremoti sociali. Ornaghi e Prestinari hanno realizzato l’opera Preoccuparsi. Cullare. Copiare in un contesto storico di rilievo come la Biblioteca Ariostea, opera che apre una riflessione sui meccanismi di protezione fisica e di replica di ciò che si ritiene prezioso. Proteggere e copiare sono quindi le due azioni simmetriche su cui si sostiene la trasmissione della conoscenza, azioni alla base della vita stessa di una biblioteca dove si conservano copie di originali perduti, copie manoscritte di altri manoscritti perduti, ma anche copie di sculture promosse “uniche” da piedistalli. Un nuovo piedistallo costruito seguendo dei criteri di antisismicità

si prenderà cura di un calco in gesso di Antonio Canova implicato in un emblematico groviglio genealogico, mentre parallelamente si esporranno nelle teche materiali scelti nella stessa biblioteca per illustrare la tradizione che fa la manutenzione di se stessa. Questo piedistallo, che non è altro che una scultura fatta per un’altra scultura, nel suo essere uno scheletro schietto di acciaio e legno mostra forza e fragilità, ma anche la condanna all’attesa di una verifica reale che ogni tentativo tecnicamente plausibile è costretto ad affrontare. Impalcatura di Luca Zarattini mostra un’ossatura di tubi innocenti, simbolo tangibile della messa in sicurezza di una moltitudine di edifici martoriati dal terremoto che sostiene, avvolge e protegge un trittico il cui soggetto, un abbraccio, emerge dalla base in cemento. A fronte di un avvenimento drammatico, l’essere umano è costretto a rivedere il senso della propria esistenza, in particolar modo quando ogni elemento materiale sinonimo di stabilità e certezza è andato perduto. Le uniche solide fondamenta da cui ripartire sono i valori immateriali come amore, amicizia e solidarietà. Solo attorno ad esse può essere costruita una struttura stabile che le sostenga, che ne protegga il nucleo essenziale con “rami” nei quali scorre energica linfa vitale. L’installazione Untitled di Silvia Venturi è collocata all’interno dell’area del chiostro del Palazzo Renata di Francia, sede del Rettorato dell’Università degli Studi di Ferrara, lungo il camminamento lastricato che attraversa il cortile. La posizione scelta da Venturi non è affatto casuale: il camminamento è immaginato dall’artista come una sorta di prolungamento della crepa ancora visibile sulla parete verticale corrispondente, una ferita che ricorda la sentita urgenza di ritorno alla normalità. All’interno del chiostro una serie di oggetti dipinti di bianco sono agganciati a dei palloncini, anch’essi di colore bianco, trattenuti a terra dal peso degli stessi. Questi oggetti rappresentano idealmente pezzi della vita delle persone; evocata, nel bianco della pittura, quasi sotto forma di fantasma. Dietro ogni oggetto si cela una storia personale o collettiva che è come se venisse trattenuta e salvata dal palloncino. Salvare un oggetto equivale a trattenere il ricordo e a non disperderne la memoria, a recuperare e mettere in salvaguardia quante più cose siano significative per se stessi e per la collettività, a non dissipare parte della propria identità culturale. L’intervento dal titolo Walk the Line, a cura di LaCruna, gruppo formato da Elisa Leonini e Silvia Sartori, è un’indagine sul rapporto tra corpo umano e corpo architettonico, rappresentato dalle linee di tre grafici, di condizioni limite, rilevate durante un sisma. L’opera pensata dalle artiste per il Teatro Comunale sottintende una sorta di cardio-architettura. All’ingresso del teatro appare la “linea del cuore” un elettrocardiogramma in stato di shock che, idealmente, si divide in due arterie all’interno della platea; da una parte la “linea della scossa” come traccia prodotta dal sisma, dall’altra la “linea del suono”, rilevazione audio dell’evento sismico. Nell’apice di questo flusso grafico lo spettatore “percorre la linea” atemporale dell’arte. Sullo sfondo: Andrea Amaducci, San Berco Martire

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NEW OPENING Dal gusto monocromo

Tra Food Design e promozione dei giovani talenti internazionali a Bologna apre la nuova Galleria Oltredimore ♬ Boogaloo Joe Jones Brown Bag Il 15 novembre la Galleria Oltredimore inaugurerà la sua nuova sede all’interno dell'area della Manifattura delle Arti, un distretto culturale tra i più estesi in Europa, a due passi dal MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna e dalla Cineteca di Bologna. Nei 150 mq della nuova galleria saranno inaugurate in novembre 2 mostre di taglio diverso che esprimono preliminarmente le volontà dei soggetti coinvolti. Si comincia il 15 novembre con la personale di un giovane artista iraniano Maziar Mokhtari, finalista del Talent Prize 2013,che lavorerà nello spazio con un’installazione video sitespecific e presenterà il ciclo di lavori fotografici Yellow Apocalypse dedicato ai muri della sua città natale, Esfahan (testi critici affidati a al poeta iraniano Kayvan Tahmasbian e al curatore e critico italiano Eugenio Viola). Il 23 novembre sarà la volta dei Panem et Circenses (Ludovico Pensato e Alessandra Ivul) che con il loro progetto trEATticon inaugureranno all’interno della galleria un sistema di mostre temporanee (con cadenza trimestrale) dedicate al Food Design. Il progetto del duo artistico si svilupperà in tre momenti successivi MATERIA Prima della conoscenza (l’uomo che non sa) , DELETERIA La trasformazione (l’uomo che conosce), AETHERIA La concettualizzazione (l’uomo che va oltre) indicano la via per un nuovo approccio nel modo di pensare e di agire col cibo, interpretando una prospettiva di ricerca tra le più prolifiche oggi. Spazio anche al corner del distributore internazionale di editoria MOTTO ai cui titoli la galleria affida la messinscena per talk, dibattiti, lecture e performance dal gusto vagamente Fluxus. (galleria +) oltredimore + Maziar Mokhtari _ Yellow Apocalipse inaugurazione venerdì 15 novembre dalle ore 18 15-11-13 | 11-01-14 + Panem Et Circenses _ trEATticon inaugurazione sabato 23 novembre dalle ore 18 23-11-13 | 22-02-14

Maziar Mokhtari, Former Flour Factory COURTESY GALLERIA OLTREDIMORE

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Violentare il colore

Ryan Mendoza a Bologna ♬

Wayne Shorter Quartet - Zero Gravity

Tra le note di un jazz anni sessanta dai toni caldi e pastosi la mostra di Ryan Mendoza promette di trasportarci indietro, in avanti, in quelle regioni private e vischiose che stanno tra lo spirito errante e la sua vividissima carne. Una mostra d’apertura, questa della nuova galleria ABC che ripercorre con un consistente nucleo di opere inedite (circa 15 opere) il cammino dell’artista americano come appropriazione del soggetto da parte dell’artista attraverso l’uso tensivo del colore. Una Chromophobia dal chiaro intento apotropaico, ricche come sono le sue tele di pulsioni barocche e rinascimentali, di soffi vitali che proprio al colore affidano il portato emotivo della sua ricerca. Ryan Mendoza che ha collaborato con Irvin Welsh, Milan Kundera e Bernard-Henri Lévy, suoi primi sostenitori e che in apertura al catalogo la firma di George W. Bush, analizza introspettivamente il mondo dell’arte attraverso il ritratto, in un dialogo in cui corpi risultano sulla tela come rovesciati, specchiati dal lato della sua materia viva e vivente. Durante l’inaugurazione sui pavimenti della galleria saranno sparsi alcuni fogli del suo diario Everything is Mine (che sarà edito da Bompiani nel 2014, pubblicato in 4000 copie in mostra solo 200 firmate), così da creare un gioco alla sintassi in relazione frutto del rapporto mai pago tra artista/soggetto/pubblico.

Ryan Mendoza, Work in progress, 2010-2013 Oil on linen, 250 x 200 cm

Ideata e promossa da ABC con il Patrocinio della Regione Emilia Romagna, di Genus Bononiae e del CNA graze al sostegno della Galleria Massimo Minini la mostra inaugurerà il 27 novembre e rimarrà aperta fino al 10 gennaio 2014. CHROMOPHOBIA personale di Ryan Mendoza Venerdì 29 novembre 2013, ore 18.30 30 novembre 2013 | 10 gennaio 2014

Innovazione e Ricerca “Lo sguardo dentro l’opera” Mostra in occasione del 40° anniversario dell’apertura della Casa Museo Remo Brindisi È definibile come Realtà Aumentata (fruibile attraverso smarthphone e tablet). La mostra sarà permanente e verrà inserita nel percorso museale. Alcuni dei contenuti della Realtà Aumentata riguardano la diagnostica per immagini applicata su alcune opere effettuata dal Dip. di Fisica e Scienze della Terra di Unife e INFN sezione di Ferrara. Il progetto “Lo sguardo dentro l’opera” in collaborazione tra il Comune di Comacchio e il TekneHub - Laboratorio del Tecnopolo dell’Università di Ferrara- si propone di valorizzare la collezione Brindisi, attraverso un primo nucleo di opere scelte, tramite la Realtà Aumentata che permetterà di visualizzare la sovrapposizione tra elementi reali e virtuali, di scoprire nuovi particolari delle opere d’arte.

Casa Museo Remo Brindisi Via Pisano, 51 | Lido di Spina (Comacchio)

FOCUS ON

Casa Museo Remo Brindisi Visone dell’opera di Carmelo Cappello in una fotografia dell’epoca

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MONEY AT ART Mercanti di spezie

Per Artefiera nuove prospettive d’investimento in un’edizione 2014 che guarda all’Est, tra l’Europa e l’Oriente ♬ Björk - Pagan Poetry Dal 24 al 27 gennaio si terrà la trentottesima edizione di Artefiera, ormai consolidata kermesse bolognese che quest’anno ospiterà circa 150 espositori, con un aumento del 15/20% rispetto al 2013. L’edizione 2014 avrà una gemella a Shangai nel settembre prossimo - Shangai Contemporary -, proponendo un progetto dalla forte attrazione sintetica, tarato sul mercato del collezionismo asiatico. Nella prospettiva di Guido Mologni, curatore dell’iniziativa d’Oriente, la struttura dei padiglioni è chiara: 5 zone - 100 gallerie d’arte, una Country Guest (forse Giappone o Corea) , uno spazio per Special Project (con progetti allestitivi affidati a curatori esterni), una Promising, sezione di giovani artisti under 35 e una grande Free Trade Zone, ibrido tra una casa d’asta e una fiera - per portare in fiera il mercato del collezionismo. Grande attenzione anche per la mostra Discovering Ink, in regime di coerenza con l’importanza che in Asia viene dato a questo medium. Dopo il diniego del Motor Show 2014 è l’arte - con i suoi due direttori artistici Giorgio Verzotti e Claudio Spadoni - che prova a fare reparto proponendo una manifestazione che affiancherà oltre alle ormai classiche sezioni - Arte moderna e Contemporanea, Solo Show e Under 35, Fotografia e Grafica d’autore, Conversations e Mostre - una Special Focus Section - Il piedistallo vuoto - , selezione di 100 opere di grande formato provenienti dai Paesi dell’Europa dell’Est. Una sfida quest’ultima affidata a Marco Scotini, curatore indipendente e Direttore di NABA di Milano: « Una ricchezza scoperta dopo lo scioglimento del blocco sovietico in particolare dentro le collezioni italiane (..) che permetterà di invitare a Bologna una costellazione di gallerie sorte nell’est europeo, moltiplicatesi negli ultimi due anni» ma anche « Le maggiori collezioni private: Sandretto Re Rebaudengo , Collezione Trussardi, La Gaia di Torino, Collezione Maramotti, Unicredit, Antonio dalle Nogare, Gemma Testa, Collezione AGI Verona e Giorgio Fasol» ha detto oggi in conferenza stampa . Ai tre curatori spetta il compito di gestire il volano di un’economia se fosse possibile ancor più volatile, diversificata e fluida, segmentata tra piccoli collezionisti e fast consumer, esperti compratori e nuovi boho chic (che investono in futures cioè nella giovane arte

Un’economia segmentata tra esperti consumatori e nuovi boho chic

Chang Chien-Chi, Chinatown, 2010 Black & White Photography, C-Print, 101 x 76cm (x3) COURTESY OF CHI-WEN GALLERY

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Rohini Devasher, Arboreal, 2011 Single Chanel Video: duration 15 minutes

contemporanea, nei multipli, nella fotografia e grafica d’autore). Una fiera che non vuole essere solo mercato ma che nelle parole di Claudio Spadoni punta ad un criterio che «Io credo debba essere quello della ricerca della qualità», impostando la fiera «Con un approccio curatoriale, con il diritto di invitare delle gallerie» ha aggiunto Verzotti. Tra le importanti collaborazioni torna la Artcity realizzata dal MamBo e da Istituzione Bologna Musei, che punta quest’anno a celebrare il maestro Giorgio Morandi, scomparso cinquant’anni fa «Il valore di Morandi diceva il Longhi l’avremmo conosciuto tra cinquant’anni» ha detto Gianfranco Maraniello.

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Altra novità di quest’anno è la collaborazione con la fiera Mia di Milano che tenta la collaborazione tra una fiera specialistica e una più generalista. Misurare i flussi di mercato dell’arte italiana in primis ma anche internazionale, proponendo un modello espositivo in cui alla fiera mercato si affiancheranno tavole rotonde, party e visite guidate, pare essere l’ottica all’interno della quale inserire l’iniziativa, con l’obiettivo di differenziare l’offerta sostenendo a un tempo anche il mercato dei piccoli collezionisti. Una percezione che punta a formare il gusto più che la moda e che pare all’oggi essere «Uno degli ultimi sistemi, modi, mezzi, per contrastare e salvare l’identità delle gallerie, quel luogo in cui i collezionisti dibattevo di arte e cultura, dove si formava il gusto e non la moda del fatto artistico (Massimo di Carlo presidente di ASCOM) ». Le intenzioni, le collaborazioni e i numeri di Artefiera fanno ben sperare anche se il polso della situazione potrà essere valutato scientemente solo all’apertura nel 2014. Certi che qualche rischio vada corso, per evitare che questa manifestazione così ricca di stimoli e di potenzialità finisca per essere solo un luogo di transito e si appiattisca come mercato “secondario” resta implicito il monito di riprendersi con veemenza il carisma culturale che le spetta.

Jiang Pengyi, Everything Illuminates No.7, 2012 | Archival Inkjet Print, 73.35 x 110 cm COURTESY OF AIKE-DELLARCO

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Giopota, work in progress



Il concetto di arte può richiedere una o più caratteristiche prese da un certo insieme, persino la bellezza, ma anche molte altre qualità, come il sublime, tanto per usare un’altra categoria molto discussa nel diciottesimo secolo. Per il momento chiamerò queste caratteristiche pragmatiche, in contrasto con le semantiche, che la mimesi semplifica prendendo in prestito questa terminologia da Lineamenti di una teoria dei segni di Charles Morris, che ebbe un ruolo importante nell’epoca d’oro del positivismo logico. Le proprietà pragmatiche servono a rendere incline il pubblico a provare sentimenti di un tipo o di un altro verso ciò che l’opera d’arte rappresenta. Secondo Morris, ciò che chiama pragmatismo prima era chiamato retorica, una delle discipline principali dell’età classica. Potrebbe essere la funzione pragmatica della bellezza ad ispirare amore verso ciò che mostra un’opera d’arte, e potrebbe essere la funzione del sublime ad ispirare reverenza. Ma ci sono tanti altri casi, come il disgusto che ispira repulsione, la comicità che ispira disprezzo o la libidine che invita a sentimenti erotici. In un certo senso, le proprietà pragmatiche corrispondono a ciò che Gottlob Frege definisce “colore” (Farbung) nella sua teoria del senso. [...] Arthur Danto, L’Abuso della Bellezza


CREDITS Aike dell’Arco - F2, Bldg 1, 50 Moganshan Road (Shanghai, China); +86 02152527164 - www.dearco.it Associazione Culturale Il Pomo da DaMo - via XX Settembre, 27 (Imola); 3334531786 - www.ilpomodadamo.it Associazione culturale Shape - via de'Pepoli, 8 (Bologna); 051271180 - www.shape.bo.it Camilla-Skovgaard LTD - Chelsea Wharf, 15 Lots Road, Unit 20 (London, UK); +44 2073108446 - camillaskovgaard.com Casa Museo Remo Brindisi - Via Nicolò Pisano, 45 (Lido di Spina - Comacchio, FE); 0533314154 - www.centri-contemporaneo-er.it/it/remo-brindisi Chi-Wen Gallery - 3F/No.19/Lane 252/Tun-Hua South Road Section 1 (Taipei, Taiwan); +886287713372 - www.chiwengallery.com Fondazione Biagiotti Progetto Arte - Via delle Belle Donne, 39 (Firenze); 055214757 - www.artbiagiotti.com Fondazione MAST - via Speranza, 42 (Bologna); www.mast.org Galleria del Premio Suzzara - Via Don Bosco, 2/a (Suzzara, Ma); 0376535593 - www.premiosuzzara.it Galerie Fortlaan - Fortlaan, 17 (Gent, Belgium); +32 92220033 - www.fortlaan17.com (galleria +) oltredimore - Via del Porto, 48 a/b (Bologna); 3491250956 - www.facebook.com/OltreDimore Iris Van Herpen - Koningslaan, 54 (Amsterdam, Netherlands); +33 142613436 - www.irisvanherpen.com MamBo - Via Don Minzoni, 14 (Bologna); 0516496611 - www.mambo-bologna.org MLB Home Gallery - Corso Ercole I d’Este, 3 (Ferrara ); 346795375 - www.marialiviabrunelli.com Palazzo Re Enzo - Piazza del Nettuno, 1 (Bologna); 0516375111 - www.bolognacongressi.it Studio d’Arte Raffaelli - Via Livio Marchetti, 17 (Trento); 0461982595 - studioraffaelli.com TeKnehub Physics department - Via Saragat, 1(Ferrara); 0532974211 - www.unife.it/tecnopolo/teknehub UDI Ferrara - c/o Casa delle Donne, via Terranuova, 12/b (Ferrara); 0532206233 - www.biennaledonna.it Un altro studio -Via Capo di Lucca, 12/a (Bologna); www.unaltrostudio.it

Si ringraziano inoltre gli uffici stampa delle gallerie che con la loro disponibilità hanno sostenuto la nostra ricerca.


ARTE CONTEMPORANEA ASSOCIAZIONECULTURALE


Andrea Amaducci, San Berco Martire

Nessuno è stato capace come Dostoevskij di descrivere come la libertà ridotta ad arbitrio annienti se stessa, porti alla schiavitù, dissolva l’uomo. Fabio Barboncini, La libertà in Dostoevskij


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