The Artship # 12

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JIMMY DURHAM - CLET ABRHAM VERMIBUS - I FILM DELL’ARTE PREMIO FURLA - THIS AGE MARTIN DASKE - ALBERTO TADIELLO

#12 DICEMBRE - GENNAIO 2013


Proprietario e direttore responsabile: Vicedirettore: Responsabile di redazione: Responsabili di sezione: Responsabili rapporti esterni: Hanno collaborato a questo numero: Illustrazioni: Graphic Editor:

Paola Pluchino Andrea M. Campo Giuditta Naselli Vincenzo B. Conti, Pasquale Fameli, Gabriella Mancuso, Elisa Daniela Montanari, C.S., Elena Scalia Margaux Buyck, Valeria Taurisano Martina Bollini, Maria Livia Brunelli, Alessandro Cochetti, Ada Distefano, Federica Fiumelli, Federica Melis Marco Mirabile, Gaia Carboni Damiano Friscira

Registrato presso la Cancelleria del Tribunale di Bologna Num. R.G. 261/2012, al N. 8228 in data 03/02/2012.

Con il Patrocinio:

In copertina: Alberto Tadiello, Hyper, 2012 MDF panels, metal structure, cables, lamps / pannelli in MDF, profilati metallici, cavi, lampadine 240 x 240 x 40 cm Elaborazione grafica


INDICE 5

Editoriale

Il ruggito di Paola Pluchino

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I Racconti di Fedra

Lettera dalla fine del mondo di Andrea M. Campo

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Sound Forward

Contrappunti materici: le partiture scultoree di Martin Daske di Pasquale Fameli

Risonanze metalliche. Le sonorità “industriali” di Alberto Tadiello di Pasquale Fameli

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Eightes

David Bowie. Da Berlino a Bologna di Martina Bollini

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Das Narrenshiff di Paola Pluchino

Se l’albero di Natale diventa creazione di moda e di arte di Ada Distefano

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L’Intervento

La moda contemporanea tra sogni e desideri di Ada Distefano

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Macadam Museum

Streets of Rome and other stories: Jimmie Durham in mostra al Macro di Federica Melis

“Urban Restyling” di Federica Fiumelli

Inciampare nella memoria di Elisa Daniela Montanari

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E-Bomb

L’arte nei film. Una top 10 di Martina Bollini

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Il Proiettore di Oloferne

La fuga trova il suo approdo di Giuditta Naselli

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L’Intervento

Non svegliarmi di Giuditta Naselli

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chaiers d’Histoire

Au Nord c’étaient les corons di Margaux Buyck

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Bookanear Balloon

Fantasmi al Louvre di Alessandro Cochetti

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(p)Ars Construens

Sig. Terremoto, ti racconto un po’chi siamo di Maria Livia Brunelli

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Routes di Gabriella Mancuso L’Intervento

OPEN CALL di Gabriella Mancuso

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L’Immanente e il Trascendente

Di poesia, di musica e divino la Redazione

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Post - sense di Paola Pluchino

Urban Addicted

Il dolce auspicio di Gabriella Mancuso


Marco Mirabile, Schizzo, Acquerello, 2010

Marco Mirabile. (Palermo, 1982) ù un artista poliedrico. La sua formazione avviene all’Istituto d’arte di Siracusa (199699) e prosegue poi all’Accademia di Belle Arti di Palermo, dove consegue il Diploma di Laurea di I livello (V.O.) in Alta Formazione Pittorica nel 2006, e il Diploma di Laurea Specialistica di II livello (N.O.) in Alta Formazione Pittorica nel 2009. Nei suoi lavori predilige il medium pittorico, olio o acrilico, unito spesso a materiali di scarto, in una densa stratificazione segnica e materica mirata alla raffigurazione e trasfigurazione della realtà circostante. Ha partecipato a diverse mostre personali e collettive in Sicilia e in Italia. Attualmente vive e lavora a Palermo


Il ruggito

Ossia diurne considerazioni intorno all’arte contemporanea ♬ Muse – Madness Esprimersi nel mondo dell’arte oggi Ăš certamente un istinto che accomuna sempre piĂč larghe fasce della popolazione giovanile (ma anche non). Fin dalle epoche piĂč remote gli esseri umani hanno sentito l’istinto di eternizzarsi, in qualche modo, di lasciare una traccia del loro passaggio su questa terra. Dai graffiti delle grotte di Lascaux di tempo e di tecniche ne sono passate, come le effigi egizie, le costruzioni maya, le trovate urbanistiche dei romani. Fino a noi, ai nostri tempi caotici e interessanti. Proprio qui, le cose hanno cominciato a complicarsi. L’idea della serialitĂ , insieme alle opportunitĂ  sempre piĂč a portata di mano e on demand hanno consentito la produzione spasmodica di qualunque tipo di materialitĂ , oggetto funzione e uso immaginabile. Una quantitĂ  di oggetti hanno cominciato ad affollare dapprima le nostre abitazioni, moderni contenitori di confort estetico, poi i nostri pc, infine il nostro gusto estetico.

Pur ammirando apertamente questa tipologia di artisti (spesso a cavallo tra il Minimal e la sound art), non posso redimermi dal constatare molteplici altri filoni d’indagine, altra arte che continua stancamente ad esistere, cercando di emergere. Nel mare vasto della compenetrazione dei generi Ăš tuttavia obbligatorio serbare una sorta di luciditĂ , dei cardini sicuri cui agganciare le coordinate del nostro discorso. Come primo termine si prenda il principio dell’universale singolare: un’opera d’arte per dirsi tale deve assolvere un duplice godimento estetico: il proprio (ossia di chi lo ha prodotto e non necessariamente intendendolo come piacere positivo) e quello di chi lo osserva (come sopra). Secondo: deve superare se stesso: ossia spingere talmente in avanti la propria idea da ritrovarsi a testa in giĂč nel suo senso. Terzo: non spiegare la propria vanitĂ  diluendone il senso (lo spettatore non Ăš stupido ma capisce a modo suo). Quarto: colpirci, nostro malgrado. Quinto: un critico potrĂ  dire che quell’opera Ăš interessante perchĂ© nel suo compiersi riesce ad esprimere con veemenza l’ardore primigenio della natura nella sua follia, ma se non ha valore per voi allora fa schifo, punto. Sesto: essere filosofici, ossia avere bene in mente una domanda, l’opera d’arte, se Ăš buona, saprĂ  darvi una risposta (per gli artisti questo discorso Ăš inutile in suo luogo si osservi come la bravura di un’artista sia inversamente proporzionale all’altezza al quale tiene il mento mentre vi sta parlando o guardando). Settimo: Coraggio. Paola Pluchino

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EDITORIALE

Parimenti, e piĂč specificamente nel mondo dell’arte si Ăš assistito ad un esponenziale sovraffollamento di arte e pseudo artisti, di rumori sempre piĂč intensi. Questo ha portato una certa sofisticata Ă©lite, una certa intelligencija a virare la propria espressivitĂ  nel verso della smaterializzazione (a volte completa, totale ed estrema) dei contenuti, imponendo alla critica uno sforzo ulteriore di categorizzazione del risultato o a volte, dell’ammissione della non possibilitĂ  di discernere il confine tra arte e scienze naturali, arte e storia, arte e sociologia.


I RACCONTI DI FEDRA Lettera dalla fine del mondo di Andrea M. Campo

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The great destroyer – Nine Inch Nails

Rapidamente si Ăš consumato il rito antropico della celebritĂ  che osanna i pari e calpesta i vinti. Rapidamente si Ăš consumata quella mano che nel suo battere mi ha condotto sopra le sfere del cielo dove il mio sguardo ha valicato l’orizzonte e trovato il divino responso. Credersi un dio ha destato la fierezza delle creature sacre che ora puniscono me e tutta la mia razza. Non vi Ăš altra spiegazione, nessun’altra veritĂ  e le mie parole di studioso non possono che trovare conferma nell’oggettivitĂ  dei fatti. È irrazionale, per chi come me riduce l’evento a un giudizio univoco ripetibile sistematico, affermare l’esistenza di un’entitĂ  superiore d’indefinita forma e sostanza e che questa entitĂ  abbia rivolto il celeste intuito verso noi piccoli esseri di un piccolissimo pianeta di un minuscolo sistema solare di una microscopica galassia ma solo l’intervento divino puĂČ spiegare ciĂČ che Ăš accaduto. Soltanto un dio indispettito ha potuto trasformare la piĂč grande invenzione dell’uomo nella sua condanna ultima. La mia idea ha provocato l’ira di un essere superiore e la vendetta Ăš stata crudelmente ironica: ciĂČ che avrebbe dovuto eliminare la fame, portare prosperitĂ , cancellare carestia e povertĂ  sta lentamente annientando l’umanitĂ . Le mie mani sempre piĂč piccole non potranno reggere ancora a lungo il peso della penna ma spero che qualcuno sopravviva al letale decreto del caos e leggendo le mie ultime righe comprenda l’errore e dissuada i sopravvissuti, -se ce ne saranno!- dal ripetere gli stessi errori. Seppur crudele, sbagliata, ingiusta, la Terra in cui viviamo Ăš l’unica possibile. Ogni cosa non ha altro modo d’essere se non quella che Ăš. Se cosĂŹ non fosse, la vita non avrebbe spazio nella realtĂ  razionalmente intesa. E tantomeno avrebbe ragion d’essere. L’esistenza, come la conosciamo, non ha alternativa. Io ho voluto infrangere questa regola credendo di poter rendere la terra un posto migliore, dove a ogni essere Ăš concessa la dignitĂ  di un’esistenza piena e opulenta. Dove il bisogno non Ăš tale e la ricchezza un gioco poco elegante. Ho creato un composto di sostanze naturali che accresce infinitamente le dimensioni di ogni materia vegetale con cui viene a contatto. Il composto Ăš alla portata di tutti e chiunque puĂČ produrne un po’con dei semplici passaggi. Il prodotto –con un gioco di parole l’ho chiamato Fod, dall’unione delle parole God e Food
quale arrogante pretesa!- Ăš stato distribuito in tutti i luoghi in cui l’ignoranza o l’insufficienza delle materie prime non ne permetteva la lavorazione. Il Fod si rigenera autonomamente in poche settimane e un grammo Ăš sufficiente per decine di anni e diverse generazioni. Un granello di Fod rende una carota alta come un edificio di tre piani senza perdere nulla in sapore, in bontĂ  e in equilibrio degli elementi. Per sfamare interi paesi Ăš stato sufficiente inviare qualche cassa di frutta e verdura e una busta di Fod. In pochi anni Ăš stata debellata la fame nel mondo. E in ogni luogo sono spuntate patate grandi come tir, spighe di grano che superano le piĂč alte torri realizzate dall’uomo, alberi di mele tali da rubare la luce del sole, funghi che sfidavano le antiche sequoie del Nord America. Vorrei spiegare minuziosamente ciĂČ che Ăš accaduto ma non credo di avere altro tempo a disposizione. ScriverĂČ utilizzando il residuo di un lapis, le lettere si faranno sempre piĂč piccole ma spero seguiate il mio consiglio e leggiate tutto fino in fondo nonostante le difficoltĂ  che questo potrebbe crearvi. Vorrei chiedere perdono per i miei errori, per l’arroganza con cui ho peregrinato tra gli imperscrutabili inviti dell’eternitĂ  e ancor di piĂč vorrei chiedere perdono per non aver fatto il mio dovere di scienziato. Ebbro del mio successo non ho provato le mie teorie e ho sparso il seme dell’incoscienza per tutto il globo. Il desiderio di gloria ha oscurato il lume della scienza e le mie ardite congetture non hanno dovuto valicare il muro della prova empirica. Non ho avuto il tempo per comprendere le ragioni ma giĂ  ho potuto sperimentarne gli effetti, per questo, tenterĂČ di illustrare le conseguenze del Fod in modo comprensibile pur non conoscendone le cause. Il Fod genera uno squilibrio delle masse disponendo l’energia secondo uno schema ancora non chiaro. CiĂČ che rende gigantesche le masse crea uno stato di temporanea riduzione dell’energia che deve essere controbilanciata: dopo un indefinito intervallo il Fod si disaggrega assorbendo l’energia ed esaurendo la massa. Chiunque abbia ingerito i prodotti trattati con il Fod ha

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cominciato a rimpicciolirsi lentamente. Non esiste modo di fermare questo processo. Si diventa sempre piĂč piccoli fino alle dimensioni di un’unghia prima di sparire definitivamente. Ho visto sparire interi popoli di tutti i paesi, poi i miei conoscenti, i miei amici, mia moglie e mio figlio e ora anch’io non ho piĂč tempo; le mie braccia si stringono a malapena sulla punta della matita, per questo, con un ultimo sforzo vi chiedo di diffondere questa lettera e distruggere ogni residuo di Fod esistente. Perdonatemi. Che Dio abbia pietĂ  della mia anima. Dott. Colleen Trouser La lettera fu trovata dal Gruppo Explorex 21 in viaggio nel settore C5 della Grande Via della Luce su un piccolo rigoglioso pianeta denominato Geo. Dai dati non risultano forme di vita sul pianeta. Il pianeta seppur ricco di materie prime e riserve di cibo Ăš stato dichiarato a “rischio 5”, il piĂč alto valore mai riscontrato in quella parte dell’universo.

Bill Viola, Isolde’s Ascension (The Shape of Light in the Space After Death), 2005 Performer: Sarah Steben 10:30 minuti Edition of twelve with one artist’s proof Foto: Kira Perov FONDAZIONE MUSEI CIVICI VENEZIANI

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SOUND FORWARD Contrappunti materici: le partiture scultoree di Martin Daske di Pasquale Fameli

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Martin Daske - Memoiren eine Echonebels (2008-9)

Le diverse aperture della musica contemporanea verso forme gestuali, oggettuali ed elettroniche ha naturalmente trasformato quello che per secoli Ăš stato l’unico possibile sistema di fissaggio e conservazione della musica: lo spartito1. Su una via giĂ  indicata in seno alle avanguardie storiche da Russolo, Cangiullo, Kandinskij, Duchamp, ma che in realtĂ  ha radici molto piĂč profonde2, musicisti come John Cage, Christian Wolff, Earle Brown, Mauricio Kagel, Giuseppe Chiari e tutti i loro colleghi e prosecutori hanno abbandonato la notazione tradizionalmente intesa per ricorrere a frasi, istruzioni, ma soprattutto a grafemi segnico-gestuali che riconfigurano la partitura come una pittura astratta. La forma seduce l’occhio dell’interprete e l’esecuzione dello spartito grafico arriva a coincidere con un processo gestaltico3 di conversione inter-sensoriale: il senso della forma, ricavato dalla sensazione muscolare dell’occhio che la ridisegna, puĂČ essere emulata dal gesto che agisce sullo strumento musicale, cosĂŹ da ottenere un corrispettivo effetto sonoro. Sul finire degli anni Ottanta, il berlinese Martin Daske (1962), allievo di Christian Wolff presso il Dartmouth College di Hanover, nel New Hempshire, ha iniziato a sviluppare forme tridimensionali di partitura astratta in leggeri assemblages con elementi in pietra, vetro, plexiglass e metallo in cui si avverte l’eco di alcune importanti esperienze plastiche di metĂ  Novecento: Folianten 11 for Mbila (1989), ad esempio, con le sue combinazioni di viti, molle e bulloni, somiglia molto a una “macchina” di Jean Tinguely, cosĂŹ come anche Folianten 30 for Viola (2010), coi suoi nervosi grovigli

metallici, Folianten 31 for Guitar (2010), con le sue sovrapposizioni reticolari in cui si incastrano piccoli oggetti colorati, e Folianten 32 for 1-3 Flutes (2011), con frammenti di flauto che pendono da sinuose e vorticanti ramificazioni di plastica, mentre altre partiture come Folianten 15 for String Quartet (1989) e Folianten 29 for Double Bass (2009), ad esempio, ricordano certo Informale europeo (Fontana e Hartung, ad esempio). Esattamente come per le partiture astratte su carta, per quelle tridimensionali di Daske l’interprete Ăš chiamato a “tastare” con l’occhio i valori plastici e materici, a ripercorre le curve e le spezzature valutando e stabilendo lunghezze e altezze su un metro personale, che favorisce dunque l’unicitĂ  di ciascuna “lettura” cosĂŹ come l’indeterminatezza del suo risultato. Ma a differenza di quelle cartacee, le partiture tridimensionali di Daske consentono una molteplicitĂ  di punti di vista che accresce in maniera esponenziale le possibilitĂ  di libera esecuzione, anche attraverso uno spostamento continuo intorno alla scultura-spartito che scardina la tradizionale immobilitĂ  del musicista di fronte a un bolso leggio. Stridori, sfregamenti, strofinii e pizzicati maldestri diventano i gesti piĂč adatti alla formalizzazione sonora di queste astrazioni, stralci di una musica magmatica, deflagrata, informe, che rifiuta lo specialismo dei conservatori e fa del maltrattamento dello strumento musicale una modalitĂ  di liberazione libidica dai costrittivi obblighi di un opprimente principio prestazionale, all’insegna di uno spirito Fluxus4 che aleggia ancora nei laboratori della piĂč avanzata ricerca artistica e musicale attuale.

Sulle nuove forme di partitura e di notazione contemporanee si vedano AA.VV., Spartito preso. La musica da vedere, Vallecchi, Firenze, 1981 e A. VALLE, La notazione musicale contemporanea. Aspetti semiotici ed estetici, Edt, Torino, 2002. 2 Si veda in proposito D. HIGGINS, Spartiti figurali e Pattern Poetry. Guida bibliografica per lo studio delle relazioni fra partitura e immagine, in «La taverna di Auerbach», n.1, 1987, pp. 30-38. 3 Si pensi, ad esempio, agli esperimenti di fonoestesia dello psicologo Wolfgang Köhler riportati in W. KÖHLER, La psicologia della Gestalt (1929), trad. it., Feltrinelli, Milano, 1967, e in particolare pp. 148-149. 4 Per una buona panoramica delle performance musicali di artisti Fluxus quali George Brecht, Philip Corner, George Maciunas, Ben Patterson e molti altri si vedano almeno M. NYMAN, La musica sperimentale (1974), trad. it., ShaKe, Milano, 2011, pp. 92-109 e S. SOLIMANO (a cura di), The Fluxus Constellation, Neos, Genova, 2002. Si veda anche G. BONOMI, E. MASCELLONI (a cura di), Fluxus nella sua epoca 1958-1978, AP, Colognola ai Colli, 2000. 1

Martin Daske, Folianten 32 for 1-3 Flutes, 2011 Schist, plexiglass, copper wire, stone, flute parts 40 x 40 x 55 cm COURTESY GALERIE MARIO MAZZOLI

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Risonanze metalliche. Le sonorità “industriali” di Alberto Tadiello di Pasquale Fameli

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Il suono e l’elettricitĂ  condividono una natura ondulatoria che li rende mezzi intercambiabili e tra i piĂč adatti a una ricerca artistica proiettata verso l’immaterialitĂ  e la leggerezza. Sfruttando materiali comuni come motorini e cavi elettrici, il vicentino Alberto Tadiello1 (1983) costruisce insoliti congegni attraverso cui trasformare l’energia in suono, esplorando l’applicazione di meccanismi funzionali in una condizione processuale sterile e autotelica. È quanto accade, ad esempio, con EPROM (2008), dove mappe schematiche e minimali di sottili cavi elettrici attivano quaranta carillon (posti alle loro estremitĂ  come le mete di un percorso) a una velocitĂ  di rotazione tale da logorare gradualmente i piccoli cilindri, annullando le loro sequenze melodiche in un frenetico e stridente turbinio di freddo rumore metallico. Qualcosa di simile accade anche nelle componenti sonore di altri suoi lavori, ossia nelle diverse elaborazioni elettroniche di vari campionamenti, tirati a velocitĂ  elevatissime oppure fatti marcire in un corrosivo rallentamento. L’espansione delle onde sonore sembra trovare inoltre profonde corrispondenze nel suo lavoro grafico, caratterizzato dalla libera stratificazione di semicerchi nello spazio del foglio, quasi in un incontenibile accumulo di forze centrifughe che sembra alludere, pur nella sua elementaritĂ  strutturale, al diffondersi ambientale di rumori e radiazioni. La rarefazione degli inizi si ribalta perĂČ ben presto nel suo opposto, trovando corpo nella pesantezza e nella soliditĂ  del metallo, recuperando carcasse industriali e meccaniche come aberranti resti di uno scenario post-atomico. In installazioni del 2010 quali LK100A e HL, contorti grovigli tubolari trasmettono diarroici flussi di rumore che sgorgano da enormi trombe metalliche, quasi in un cogente richiamo al futurista Luigi Russolo e ai suoi Intonarumori. Forse, il recupero di un desueto immaginario meccanico-industriale non Ăš da interpretarsi nel senso di un omaggio agli albori della civiltĂ  contemporanea, nell’atteggiamento che fu tipico delle avanguardie concreto-costruttiviste, ma nel senso di un riuso, quasi in una

Andy Stott - Sleepless (2012)

Per ulteriori informazioni sul giovane artista si vedano D. CAPRA, G. CARBI (a cura di), Alberto Tadiello 20kHz. Premio Giovane Emergente Europeo Trieste Contemporanea 2008, Juliet, Trieste, 2008; F. DI NARDO (a cura di), Alberto Tadiello, in «KLAT Magazine», n. 1, inverno 2009-2010, pp. 101-105; D. ZANGRANDO (a cura di), Alberto Tadiello, Perarolo di Cadore, 2009 e ID., Alberto Tadiello. Delle bestie e del disgelo, in «Flash Art», n. 285, luglio 2010, pp. 56-58. 1

Alberto Tadiello, Taraxacum, 2012 MDF panels, metal clamps, cables, lamps, dimmer / pannelli in MDF, staffe metalliche, cavi, lampade, dimmer 220 x 220 x 20 cm

Alberto Tadiello, LK100A, 2010 Metal sheets and structures, nuts and bolts, pvc tubing, air compressors, pneumatic horns / lamiere e profilati metallici, dadi e bulloni, tubi in pvc, compressori ad aria, clacson pneumatici 360 x 350 x 460 cm

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ritrovata poetica MERZ (Ă  la Schwitters), una decongestione del detrito, dello scarto meccanico, ormai ampiamente superato dalla leggerezza dei circuiti elettronici e dall’immaterialitĂ  della codifica digitale. CosĂŹ, mentre tre vecchi cingoli sembrano riposare in un profondo letargo, una frastagliata rosa di lamiere e barre d’acciaio minaccia lo spettatore con le sue punte, i suoi cunei e le sue frange affilate, e lo scheletro di una betoniera “tarantolata” ruota ininterrottamente senza assurgere alla funzione preposta, impastando, al piĂč, il cacofonico barrito dei suoi stessi ingranaggi. Torna, dunque, l’idea duchampiana (piĂč ampiamente sviluppata dallo svizzero Jean Tinguely) della “macchina celibe”, di una tecnologia defunzionalizzata al fine di una sua piena autodeterminazione estetica, come viene da pensare anche per i clacson appaiati di E13 00625, che richiamano alla mente prototipi di armi sonore, o per gli altoparlanti abbottonati alla parete di Shift, quasi propensi a sgretolare la superficie con la forza delle loro vibrazioni. In altre opere piĂč recenti come Elektronskal (2011), Hyper e Taraxacum (2012), cavi elettrici, profilati metallici, lamiere e lampadine vengono riscattate dal loro comune utilizzo attraverso ingegnose riconfigurazioni dal forte carattere decorativo, come sintetiche infiorescenze con pistilli di luce o geometriche campanule risonanti.

Alberto Tadiello, Shift, 2009 – 2010 Amplifier, audio speakers, transformers, electric cables / amplificatore, altoparlanti, trasformatori, cavi elettrici dimensions variable photo Enrico Gualandi

Alberto Tadiello, Hyper, 2012 MDF panels, metal structure, cables, lamps / pannelli in MDF, profilati metallici, cavi, lampadine 240 x 240 x 40 cm

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EIGHTES David Bowie. Da Berlino a Bologna di Martina Bollini

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Ryuchi Sakamoto - Forbidden colours

Varcata la soglia di questa piccola galleria bolognese, ci si trova di fronte ad una parete interamente ricoperta dai 33 e dai 45 giri usciti nell’arco della carriera di David Bowie. Al centro, si staglia una delle immagini piĂč iconiche dell’artista, scattata da Brian Duffy per la copertina di Aladdin Sane. E proprio da Aladdin Sane, uscito nel 1973, prende le mosse questa mostra, che ricostruisce attraverso un’accurata selezione di immagini la parabola artistica del Bowie degli anni Settanta. L’uccisione del suo alter ego Ziggy Stardust, l’alienato set de L’uomo che cadde sulla terra, le sessioni di registrazione di Station to station, la trasformazione nel Duca Bianco, fino ad arrivare al periodo berlinese, focus dell’esposizione. Quando Bowie si trasferisce a Berlino Ovest nel 1976, insieme alla sua assistente Coco Schwab e a Iggy Pop, era sull’orlo del collasso, consumato dalle paranoie e dalla cocaina. C’ù chi dice volesse sfuggire alla celebritĂ , chi pensa fosse stato attirato lĂŹ dalla scena artistica e musicale del tempo e chi Ăš convinto che in una cittĂ  isolata e divisa come Berlino Bowie cercasse nuovi stimoli artistici. Le storie sul suo conto si rincorrono e, d’altro canto, fanno parte del suo mito. Mito che Ăš stato creato anche grazie agli scatti di Brian Duffy, Masayoshi Sukita, Terry O’Neill presenti in mostra.

Masayoshi Sukita, Heroes cover shoot, 1977 COURTESY OF ONO ARTE CONTEMPORANEA

fotografie in mostra lo ritraggono negli studi di registrazione Hansa by the Wall in compagnia di Brian Robert Fripp e Tony Visconti, il Le storie sul suo conto, Eno, romantic(izzat)o protagonista della Nella cittĂ  tedesca Bowie sembra d’altro canto, fanno struggente storia d’amore di Heroes. muoversi come uno dei rarefatti Nel percorso espositivo seguono alpersonaggi di Addio a Berlino di parte del suo mito cuni celebri scatti del muro. ProbaChristopher Isherwood, tra gallerie d’arte, bar e cabaret, in cerca dei fantasmi degli ar- bilmente solo questa cittĂ , cosĂŹ lontana e cosĂŹ vicina al tisti espressionisti che tanto avevano segnato la sua resto dell’Occidente, poteva spingere Bowie ad abbandonare le hit da classifica in favore di uno sperimentagioventĂč. Berlin Ăš anche il nome di un album del 1973 di Lou lismo elettronico e oscuro che cambierĂ  il volto della Reed. L’anno precedente Bowie, suo ammiratore dai musica. tempi dei Velvet Underground, aveva prodotto insieme a Mick Ronson Trasformer, disco che frutterĂ  a David Bowie Ăš musicista, artista, attore, icona pop. Reed enorme successo. Questi, perĂČ, sentiva di essersi La Galleria Ono Arte, nel piccolo spazio di via Santa piegato a troppi compromessi per conquistare la fama Margherita 10, riesce a raccontare tutto questo. Forse e finisce con il litigare furiosamente con Bowie, col- perchĂ©, come Bowie, non si presta a facili definizioni, pevole, a suo dire, del suono troppo commerciale del essendo sia un lounge bar sia un negozio di vinili sia disco. La crisi che segue sarĂ  il materiale alla base di una sede espositiva con annesso bookshop. Insomma, Berlin, un album di disperata bellezza, che contribui- un luogo dedicato all’arte in tutte le sue forme. sce ad accrescere il fascino cupo e, allo stesso tempo, accogliente di una cittĂ  che appare come meta d’esilio Quella su Bowie Ăš solo l’ultima in ordine tempo di una serie mostre contraddistinte da una forte connessiodelle anime lacerate e distrutte. ne tra arte e musica inglese, tra cui quella dedicata a Qui, in nemmeno tre anni, Bowie produsse tre dischi Kevin Cummins e alla scena di Manchester, o quella rimasti nella storia: Low, Heroes e Lodger. Alcune su Janette Beckman e lo stile di strada dal Punk alla

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Brian Duffy, Scary Monsters (and Super Creeps), 1980 COURTESY OF ONO ARTE CONTEMPORANEA

Thatcher. Alle mostre si accompagnano regolarmente eventi collaterali, come la proiezione di video e documentari collegati all’esposizione in corso. Usciti da qui vien voglia di comprare al piĂč presto un biglietto per Londra dove, dal 23 marzo al 28 luglio 2013, al Victoria & Albert Museum, si terrĂ  la prima grande retrospettiva internazionale dedicata a David Bowie, di cui la mostra bolognese offre una piccola, bellissima, anticipazione. DAVID BOWIE | BERLINO: a new career in a new town Galleria Ono Arte Contemporanea, Bologna 29 novembre 2012 – 17 gennaio 2013 http://www.onoarte.com/index.html

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Jan Persson, David Bowie & Iggy Pop, 1976 COURTESY OF ONO ARTE CONTEMPORANEA


Das Narrenshiff di Paola Pluchino

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Arnold Schoenberg - Erwartung, monodramma in un atto, op. 17

Esprimere disagio vuol dire avere avuto a che fare ripetutamente o costantemente con un dolore, un trauma, con un atteggiamento vessatorio o arrogante, con una condizione di disequilibrio tra due o piĂč parti. Le forme del disagio da Jacques Lacan in poi hanno assunto delle forme d’espressione sempre piĂč subdole, smettendo di manifestarsi apertamente nella societĂ  che pure le aveva sviluppate in seno. Se negli anni della sperimentazione della Body Art Marina Abramovic, Gina Pane (ma non solo) avevano manifestato un disagio che era estremamente estetico ma superficiale, ossia volto ad una purificazione estatica attraverso il dolore (secondo la triade esteriore/esteta/estasi ) il disagio di oggi pare invece aver mutato il verso a questo percorso, implodendo in una sorta di bidimensionalitĂ  quieta ma solo apparente. La collettiva This Age, impressiona soprattutto per la compostezza con la quale esprime sentimenti che dovrebbero incanalarsi piĂč agevolmente entro coordinate affini alla rabbia, alla violenza, all’inganno percettivo. Invece niente di tutto questo Ăš presentato: una sorta di chiocciola labirintica Ăš stata scavata nella composizione delle opere in mostra, una detonazione interiore di un disagio generazionale (la mostra Ăš curata dai partecipanti al 19° corso in pratiche curatoriali) che pare soffocato nella mura cadenti degli interni (Valentina Sanna), nelle delicate stoffe degli abiti (Claudia Moretti), nelle sovraimpressioni nostalgiche della Russia sovietica (Enzo Comin). Abilmente allestita negli spazi veneziani dell’A+A Centro Espositivo Sloveno e nell’adiacente Palazzo Malipiero, questo movimento dell’anima si sviluppa su orbite psichiche affini al rimosso, a quel unheimlich che tanto giovava ai filosofi tedeschi che piĂč non trovavano spiegazioni egregie nella pantomima umana. L’uomo rimane, anche in questa esposizione, nodo focale entro cui i ragionamenti si imbastiscono, le parole si spendono, gli occhi si consumano. È tuttavia un uomo sopraffatto dalla vertigine del mondo, dall’incapacitĂ  di definirsi distintamente e in modo risoluto. È un vinto, un’animula che vaga nella terra desolata dei vivi, un’amante senza pena, il caos postumo e d’assordante nulla. Questa etĂ  che perennemente elude il presente superandolo fa ruotare il tempo in modo antinomico e sincopato, velando il cielo con il sulfureo olezzo cromatico che tutto prende e niente cede, dimentico della bellissima intuizione che a un poeta dobbiamo: «Vedi, in questi silenzi in cui le cose s’abbandonano e sembrano vicine a tradire il loro ultimo segreto, talora ci si aspetta di scoprire uno sbaglio di Natura, Il punto morto del mondo, l’anello che non tiene, Il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità» Eugenio Montale

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URBAN ADDICTED Se l’albero di Natale diventa creazione di moda e di arte

A Roma la XIX edizione della Mostra “Il Natale dei 100 Alberi d’Autore” di Ada Distefano

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È Natale e le città si colorano, si illuminano, ogni luogo si impreziosisce e si arricchisce di quell’atmosfera magica, delicata e gioiosa che questo evento porta. L’abete adornato, simbolo universale del Natale, con le mille luci e le infinite decorazioni diverse giunge festoso e colorato in ogni luogo, lo si scorge luminoso e carico di sogni dietro le finestre delle case, o grande e vivace al centro delle piazze nelle varie città del mondo; annuncia l’arrivo del Natale riscaldando l’atmosfera ed i cuori. L’albero di Natale ù anche l’elemento unico della mostra “Il Natale dei 100 Alberi d’Autore” inaugurata a Roma il 6 dicembre nello spazio espositivo dello storico palazzo di via Borgognona gentilmente concesso dalla famiglia Fendi ed aperta al pubblico dal 7 al 13 dicembre. Ad accogliere i tanti ed illustri ospiti del mondo della moda e dello spettacolo giunti alla grande serata di gala per l’inaugurazione della mostra vi erano la madrina di questa edizione, Tosca D’Aquino e Sergio Valenti, l’uomo che nel 1994 ha ideato e realizzato questo evento dando vita ad un connubio tra l’attività creativa delle case di moda e la solidarietà in occasione del Natale. La mostra“Il Natale dei 100 Alberi d’Autore” ideata dall’Associazione Sergio Valente e giunta alla sua XIX edizione ù divenuta un evento

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All I want for Christmas is you- Michael BublĂ© immancabile durante il periodo natalizio e negli anni ha contribuito al sostegno di importanti progetti di associazioni benefiche e di enti di ricerca grazie al generoso supporto dei suoi protagonisti e delle tante persone che vi partecipano. La manifestazione, organizzata da Eduardo Tasca e Simona Gabrielli, realizzata in collaborazione con Franca Sozzani e presentata dalla giornalista Cinzia Malvini, quest’anno andrĂ  a supporto dell’iniziativa F4D – Fashion for Development, progetto in collaborazione con l’Onu volto a mobilitare l’industria della moda per promuovere lo sviluppo economico, ed il fondo per la ricostruzione dei beni artistici per il restauro del Teatro Borgatti di Cento danneggiato dal sisma dell’Emilia Romagna. Le sale dello storico palazzo di via Borgognona si riempiono di aria natalizia e di creativitĂ  con l’esposizione ”Il Natale dei 100 Alberi d’Autore”. I 100 Alberi sono autentiche opere d’arte, originali ed uniche, di nomi illustri del mondo della moda, dell’arte, del design e dello spettacolo dove denominatori comuni ed essenziali sono la creativitĂ  ed il Natale con il suo simbolo, l’albero. L’albero diviene quasi una tela, una scultura da plasmare, modellare,


arricchire, a cui far prende forme diverse ed esclusive tra le mani creative dei suoi autori, diviene l’opera unica ed inaspettata. Ogni albero rappresenta la creatività e lo stile del suo autore come l’albero ricoperto di rose bianche di Blumarine, l’albero pieno di cuori colorati di Agatha Ruiz de la Prada, l’albero con elementi e colori che rimandano alla Sicilia, come il rametto di corallo rosso messo in punta, di Marella Ferrera, l’albero composto di 13 piccoli cappottini bianchi realizzati in cachemire e cuciti a mano che celebra i 60 anni del capo di Max Mara, l’albero prezioso ed elegante ricoperto di spille e cristalli Swarovski di Carlo Pignatelli, l’albero con tulle scuro e sandali di Loriblu, l’albero che viene dal mare, dal Mediterraneo, di Massimo Rebecchi, l’albero a forma di cuore maculato di Roberto Cavalli, l’albero con specchi e cristalli di Sarli, l’albero impreziosito di catene e pendenti dorati di Ferragamo, l’albero composto di cuscini sovrapposti con l’iconica fantasia della maison Missoni e poi ancora gli alberi di Valentino, Fendi, Ermanno Scervino, La Perla, Gucci, Borbonese, Angelo Marani, Alviero Martini, Moncler, Hogan, Enrico Miglio, Diego Rossetti per Fratelli Rossetti, Guglielmo Mariotto per Gattinoni Couture, Arianna e Luca Caprai per Cruciani, Anna Piazzolla di Gioielli Talo’, Marco Fini per Testoni. Molti anche gli alberi creati da nomi del mondo dello spettacolo come l’albero che appare come un elegante trionfo floreale presentato da Sophia Loren, l’albero bianco e dorato di Bianca Guaccero ed ancora l’albero di Claudia Gerini, Matilde Brandi, Chiara Boni e di tanti altri. Al termine dei giorni espositivi, in un perfetto connubio tra creazione artistica e solidarietà, ognuno dei “100 Alberi d’Autore” viene messo in vendita ed il ricavato contribuisce a dare un prezioso supporto al progetto di F4D ed al restauro del Teatro Borgatti di Cento. In linea con questo evento di arte, moda e solidarietà ù la frase con cui

l’ONU ha aperto la 65esima sessione delle Nazioni Unite “Giving back is the new luxury”. L’Albero d’Autore rappresenta un’opera unica e preziosa e donare uno di questi alberi artistici diviene così un atto di solidarietà e coscienza in perfetta sintonia con il Natale. “Donare un albero diventa un simbolo di quanto sia importante sentirsi responsabili anche della vita degli altri.” Franca Sozzani.

Il Natale dei 100 alberi d’autore 2012: 1. Albero Marella Ferrera 2. Albero Max Mara 3. Albero Ermanno Scervino 4. Albero Massimo Rebecchi 5. Albero Guglielmo Mariotto Per Gattinoni 6. Albero Valentino 7. Albero Moncler 8. Albero Borbonese 9. Albero Sarli 10. Albero Testoni 11. Albero Ferragamo

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La moda contemporanea tra sogni e desideri

L’INTERVENTO

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Madonna - Vogue

La moda riflette chi siamo, esprime il nostro modo di essere, i nostri tempi ed in continua evoluzione segue in modo attento e sensibile il trasformarsi della societĂ , le nostre esigenze ed i nostri desideri. La vera rivoluzione nella moda giunse nel XX secolo quando couturier come Madeleine Vionnet, Coco Chanel, Jeanne Lanvin, Elsa Schiapparelli prima, Christian Dior, Hubert de Givency, Valentino Garavani, Yves Saint Laurent, Giorgio Armani e altri grandi stilisti dopo riuscirono a capire e ad attuare l’esigenza di una moda in grado di adeguarsi ad un mondo in continuo mutamento. La moda con i suoi abiti, i suoi accessori racconta le trasformazioni, i desideri ed i sogni delle donne e degli uomini che la indossano. CiĂČ che caratterizza la moda degli ultimi anni Ă© il ritorno e la ricerca del vintage, la tendenza dello street style, l’attenzione rivolta a“hit girl”e star del mondo dello spettacolo che divengono non solo testimonial ma fonti di ispirazione e di collaborazioni per le case di moda. Gli accessori e le borse iconiche delle maison di moda diventano elementi indispensabili e rappresentano l’oggetto del desiderio da sognare e da avere. Sono anche gli anni in cui Ăš permesso a tutte realizzare il sogno di avere un abito disegnato dai grandi nomi della moda grazie alla tendenza delle capsule collection nate dalla collaborazione tra le case di moda ed i grandi gruppi di abbigliamento; si stravolge cosĂŹ il concetto di moda inaccessibile regalando sogni possibili. Forse quello che vorremmo ora Ăš che la moda e le tante maison continuassero a farci sognare con abiti da favola, sfilate in contesti ed ambientazioni uniche, grandi eventi, collaborazioni con artisti capaci di portare la propria arte nella moda realizzando pezzi unici e preziosi e collaborazioni tra maison e grandi gruppi di abbigliamento.

Ada Distefano

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MACADAM MUSEUM Streets of Rome and other stories: Jimmie Durham in mostra al Macro di Federica Melis

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Morcheeba - Rome wasn’t built in a day

Adesso, da ogni cittĂ  che Marco gli descriveva, la mente del Gran Khan partiva per suo conto, e smontata la cittĂ  pezzo per pezzo, la ricostruiva in un altro modo, sostituendo ingredienti, spostandoli, invertendoli. Italo Calvino, Le cittĂ  invisibili. Un artista, un poeta nomade, un mago che ha fatto dell’immagine in esilio il proprio marchio di fabbrica. Opere, quelle di Jimmie Durham, che con sagace ironia sfidano e demoliscono definizioni consolidate, significati, veritĂ  fondamentali, stereotipi e pregiudizi della cultura occidentale. La sua arte, attraversata da numerose correnti culturali e da differenti stili, incrocia con pertinace genio il campo visivo, il teatro, la performance, la saggistica, la poesia, la scultura, l’assemblaggio e le installazioni con una ricerca che, attingendo dalla sfera urbana e da quella naturale, esplora il rapporto tra oggetto, parola e significato. Al MACRO, dal 29 novembre 2012 al 10 febbraio 2013, si omaggia la lunga carriera dell’artista Cherokee con la prima grande mostra personale in un museo pubblico italiano: Streets of Rome and Others Stories. Allestita presso la Sala Bianca, la mostra offre al pubblico una visione inedita e trasversale sull’universo poetico, formale e critico dell’artista in cui oggetti e materiali, riacquistando una forza primigenia e pre-verbale, diventano simboli di un’archeologia comunicativa commistionata tra natura, tecnologia e civiltĂ . L’esposizione raccoglie le opere piĂč significative realizzate dall’artista negli ultimi dieci anni procedendo in un itinerario tra installazioni, disegni e video che riflettono il particolare rapporto intrattenuto con Roma, cittĂ  nella quale Durham ha vissuto negli anni a cavallo tra il 2007 e il 2012: Pursuit of Happiness (2003), un cortometraggio di tredici minuti ambientato fra il deserto e l’autostrada in cui l’artista albanese Anri Sala interpreta un giovane indiano impegnato nella raccolta degli oggetti piĂč disparati -ossa di animali e indistinti rifiuti- che andranno a costituire l’opera d’arte finale. Un film che per la sua esplicita aderenza all’operato durhamiano esula da ogni principio di mimesi e che dunque non rappresenta, ma presenta spettacolarizzata quell’avventurosa operazione di recupero dei materiali di scarto profondamente impiantata nel quotidiano. Templum: Il sacro, il profano e altro (2007), installazione – realizzata con elementi provenienti dal mondo naturale e oggetti prelevati dall’industria- che articola la propria riflessione intorno ai temi centrali dell’esistenza, dove gli elementi protagonisti, il sacro e il profano, si accostano per contrapposizione come testimonianza della contraddizione di un mondo globalizzato. Il sacro -secondo le parole di Claude LĂ©vi-Strauss- Ăš “ciĂČ che attiene all’ordine dei mondi, ciĂČ che garantisce questo ordine. Ma il sacro concerne anche l’uomo e non solo il cosmo fisico. Il sacro Ăš in tal senso un valore, una produzione culturale”. E dunque il sacro, come valore culturale e il profano, incarnato nello spazio sociale, risiedono stabilmente in un unico grande “Templum” della

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Jimmie Durham, Templum: Il sacro, il profano e altro, 2007

Jimmie Durham, Arch de Triumph (Red), 2007


civiltà globale, fondendo caratteri di antico ordine esistenziale con istanze politiche e sociali che ne mostrano l’attualità. Underground and cloud connections (2012) installazione nata in seguito ad una passeggiata sull’Appia antica, s’interroga intorno alle possibili metamorfosi paesaggistiche del territorio romano. Frammenti di corteccia, rami nerboruti, tubi idraulici, un quadrato di vetro e una pelle di serpente post-muta vengono ironicamente accostati nell’intento di insediare l’idea di un cambiamento che germoglia nell’arida fissità di scene note. La mostra conclude con due opere appositamente concepite e realizzate per gli spazi del MACRO e con una serie di installazioni che avvalorano l’interesse di Durham per la storia dell’arte e l’iconografia: Deposizione (2006), Homage to Constantin Brancusi (2011), Arch de Triumph (Red) (2007) e la serie Joe Hill Painting (2002).

Jimmie Durham, Underground and cloud connections, 2012

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Jimmie Durham, Templum: Il sacro, il profano e altro, 2007


“Urban Restyling”

La street art firmata Vermibus e Abraham di Federica Fiumelli

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The Cinematic Orchestra - To build a home

CanterĂČ le mie canzoni per la strada | ed affronterĂČ la vita a muso duro | un guerriero senza patria e senza spada | con un piede nel passato | e lo sguardo dritto e aperto nel futuro. | E non so se avrĂČ gli amici a farmi il coro | o se avrĂČ soltanto volti sconosciuti | canterĂČ le mie canzoni a tutti loro | e alla fine della strada | potrĂČ dire che i miei giorni li ho vissuti. Prendiamo queste incisive parole del grande cantautore italiano Pierangelo Bertoli, teniamo a mente, la parola strada, e lo sguardo dritto e aperto nel futuro. Prendiamo una cartina geografica, poi l’Europa, poi la Germania e la Francia. A volte ci sono fili trasparenti che partono da lontano, fanno giri immensi e poi legano cose, persone, idee apparentemente distanti ma straordinariamente vicine. Se Kerouac sosteneva che la strada era lĂŹ e bisognava andare, occorreva andare, spostarsi, muoversi, ecco questo breve trip tra queste righe, in questo articolo, si dispiegherĂ  lungo le strade di alcune cittĂ , incluse quelle italiane, alla ricerca di stimoli, di nuovi occhi, grazie a due interessanti artisti europei che operano in maniera molto simile. Fil rouge sarĂ  la tanto chiaccherata e discussa street art, arte pubblica, sociale, quella che tutti ma proprio tutti possono incontrare semplicemente passeggiando per le strade; illegale? Brutta? Inutile? Personalmente credo che ci sia ben altro che rispecchi

Clet Abraham, art urbain in Bologne

questi quesiti, quello che Ăš certo Ăš che la strada Ăš il primo spettacolo che abbiamo, senza pagare alcun biglietto, un teatro urbano il teatro della strada, un museo a cielo aperto. Clet Abraham, artista francese, nato in Bretagna, ha viaggiato molto in Italia e non a caso ha il proprio studio a Firenze, dove passeggiando per le strade, alla vista di ordinari cartelli stradali si puĂČ notare qualcosa di nuovo. L’artista si definisce sticker street artist, i suoi intereventi infatti non comportano danni o eccessive modifiche, si tratta semplicemente di sticker applicati ai normali cartelli. Siamo costantemente e quotidianamente sottoposti a normalizzazione e standardizzazione, la volontĂ  d queste operazioni quindi Ăš quella di riportarci ad uno stato di straniamento mentale. Si vuole vestire di nuovi colori e sensazioni estetiche la vecchia e impolverata routine. Se, soprattutto in Italia, non si Ăš potuto farlo negli ultimi vent’anni in politica almeno in strada, l’arte si impone nella sfera pubblica e sociale, e anche da esempi europei, possiamo prendere spunto, per comprendere che cambiare qualcosa che sembra immune si puĂČ, e bisogna crederci. In un intervista Abraham dice che per street art si poteva intendere anche il David di Michelangelo ai suoi tempi, visto che, se tutta l’arte Ăš contemporanea del proprio tempo, anche Michelangelo voleva dire qualcosa attraverso un’opera pubblica. L’artista francese in un’altra intervista, afferma che i cartelli stradali, sono simboli di un’autoritĂ  cieca, obbligano, impongono, dirigono, sbarrano, vietano;

Clet Abraham, art urbain in Rome

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occorre che l’arte costruisca un senso civico critico e responsabile, non dobbiamo andare di lĂ  perchĂ© dall’altra parte ce lo vietano, non dovremmo andare di lĂ  perchĂ© dovrebbe essere il nostro buon senso a capirlo. Ed ecco, il restyling ironico e pungente, cristi, omini, diavoletti, popolano i cartelli esaltandone il significato. Il divieto di accesso, diventa una pesante sbarra che un omino chinato deve portare, le due frecce diventano gambe di un corridore diabolico dal corpo geometrico, quasi alla Oscar Schlemmer. Un restyling non cambia totalmente quello che Ăš presente, lo altera, lo modifica con l’intento di stupire, di un different whatching. Continuiamo a camminare per la strada, arriviamo fino a Berlino. Un nome, Vermibus, ma anche un parametro estetico e si capirĂ  perchĂ©. Ed ecco, che scende la notte, un ragazzo incappucciato, si aggira per le strade tiepidamente illuminate, fredde e addormentate, con una bicicletta. Si avvicina ad alcuni manifesti pubblicitari, pressochĂ© di moda, li stacca, li rotola e se li porta via. A che scopo? Tornato nella sua officina, ecco che inizia il restyling, un salone di bruttezza piĂč che di bellezza, anche la Sherman approverebbe (vista la personale parabola nell’ambito della moda, attraverso travestimenti orrorifici e grotteschi) benzina, acetone e diluente, e taaac, l’urlo di Munch urlerebbe, ma dalla gioia di scorgere altri simili, da super modelle come Kate Moss ecco venirne fuori dei mostricciatoli, delle masse ibride, tra pittorico e fotografico, dove la pennellata centrifuga di Van Gogh di una Notte Stellata, ne sarebbe attratta. Movimento inquieto, espressionista, che rompe gli schemi e i confini, i volti, la pelle sono cancellati, modelle alla Bacon, una nuova ricetta che passa da promettenti sogni di moda a destabilizzanti, perturbanti, turbati incubi. È il tripudio del disfacimento della carne, tutto Ăš groviglio, impasto, centrifuga sem-

brano comparire solo fibre muscolari-pittoriche, quasi come tanti vermicelli. L’effetto di straniamento e inciampo ù riuscito. Altro che shampoo. L’artista berlinese scippa le sue top-victim e le ripropone con un restauro altamente corrosivo, apportando una modifica, un restyling in quel luogo visivo certo come ù il cartellone pubblicitario, promessa di sogni di (vana) gloria e bellezza. Sul sito dell’artista, attraverso un video caricato on Vimeo, ù documentato tutto il lavoro. Open walls in open minds. Cammini per la strada, e paam, ecco che inciampi, il solito scalino invisibile, ti spettavi di vedere la solita ultra bellissima top che con sorriso smagliante e aria ammiccante promuove l’ultimo capo Chanel, e invece no, te la ritrovi letteralmente mostrificata, in preda al grido e al terrore. Anche Schiele avrebbe apprezzato, sorridendo penso che un mi piace lo avrebbe messo. E voi? Condividete?

Vermibus, Kate Moss series, 2012

Vermibus, Berlin, 2012

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Inciampare nella memoria

Un percorso intimo e discreto attraverso le vie di Roma per ricordare gli orrori dell’Olocausto di Elisa Daniela Montanari

Con l’avvicinarsi della giornata della memoria, 27 gennaio, si avvicina anche la quarta edizione romana del progetto “MEMORIE D’INCIAMPO”. Migliaia le targhette d’ottone sottoforma di sampietrini installate in tutta Europa e tante quelle che dovranno ancora venire durante questa iniziativa titanica. Iniziato nel 1995, il progetto, ideato dall’artista tedesco Gunter Demnig, prevede la posa di un sampietrino di ottone nelle vicinanze di tutte le abitazioni dove vissero persone deportate nei campi di concentramento nazisti. Nome completo, anno di nascita, data e luogo del campo di deportazione, se conosciuta, data di morte; questi gli elementi scelti per ricordare una persona che la follia nazista voleva ridurre soltanto a un numero. Non solo ebrei, ma anche omosessuali, oppositori al regime, zingari, portatori di handicap e tutti coloro che malauguratamente venivano riconosciuti come “diversi” dall’ideale ariano, vengono oggi ricordati, lasciando un segno indelebile nella pelle delle cittĂ . L’idea venne all’artista due anni prima il suo esordio, quando nel 1993 in occasione di un invito a Colonia per un’installazione in memoria di cittadini rom e sinti deportati, un’anziana signora obiettĂČ che nessun cittadino rom avesse mai abitato nella cittĂ . Da quel momento il lavoro dell’artista si concentrĂČ sulla ricerca e testimonianza dell’esistenza di cittadini scomparsi a seguito delle persecuzioni naziste. L’impresa, che vede posare le sue prime pietre (Stolpersteine) proprio a Colonia, conta oggi piĂč di 22.000 targhette sparse per le vie della Germania, Austria, Ungheria, Ucraina, Cecoslovacchia, Polonia, Paesi Bassi e Italia. Il luogo dell’installazione, preferibilmente il piĂč attiguo

possibile all’abitazione occupata un tempo dai perseguitati, viene deciso in accordo con i familiari delle vittime e gli abitanti attuali delle dimore. Si tenta di evitare in questo modo alcune polemiche sorte in passato in merito a queste “pietre”, che, seppur discrete, sono portatrici di un peso psicologico difficilmente ignorabile, sede della memoria di atrocitĂ  reali, avvenute in un tempo non ancora cosĂŹ distante. L’inciampo prodotto non Ăš fisico ma visivo e mentale; costringe il cittadino a ripensare a un doloroso passato che torna a bussare alla porta, non attraverso la solita, fredda e sterile monumentalitĂ , ma divenendo «parte della cittĂ , a conferma che la memoria non puĂČ risolversi in un appuntamento occasionale e celebrativo, ma costituire parte integrante della vita quotidiana», cosĂŹ come dichiarato dal Mibac.

Alcuni esempi di “pietre d’inciampo” (Stolpersteine)

Alcuni esempi di “pietre d’inciampo” (Stolpersteine)

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E-BOMB L’arte nei film. Una top 10 di Martina Bollini

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Fabrizio De André - Ottocento

Il 1° gennaio Ăš uscito nelle sale l’ultimo film di Giuseppe Tornatore, “La migliore offerta”. Protagonista della pellicola Ăš un battitore d’aste impersonato da un impeccabile Geoffrey Rush, il quale conserva nel caveau di casa un’impressionante raccolta di ritratti femminili. Che siano opere piĂč o meno improbabili non importa. Quello che importa Ăš entrare fisicamente nel magnifico sogno del protagonista, un sogno fugace e meraviglioso, che ha le sembianze di una moderna wunderkammer.

Lasciando da parte le considerazioni inerenti al valore del film, allo stato del cinema italiano contemporaneo, a blablabla, il film offre lo spunto per una top 10 assolutamente arbitraria di film che hanno come protagonista principale l’arte o chi per lei (rigorosamente in ordine sparso). 1. ARCA RUSSA (2002) di Aleksandr Sokurov 96 minuti di piano sequenza all’interno del Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo a.k.a. il museo dell’Ermitage. Un assoluto capolavoro.

2. BASQUIAT (1996) di Julian Schnabel Dei tanti biopic sugli artisti probabilmente questo Ăš uno dei meglio riusciti (piĂč di Pollock di sicuro). E poi c’ù David Bowie che fa Andy Warhol!

3. CARAVAGGIO (1986) di Derek Jarman Ben prima che il Nostro diventasse l’artista sfonda-botteghino che (purtroppo) tutti noi conosciamo, questo strambo regista inglese fece un ancor piĂč strambo film su Caravaggio. Diciamo un ritratto “fuori dalle righe” (forse addirittura collocato fuori dall’universo euclideo).

4. I MISTERI DEL GIARDINO DI COMPTON HOUSE (1982) di Peter Greenaway «Il cinema Ăš un’arte troppo importante per lasciarla ai narratori di storie» diceva Greenaway. Tutti i suoi film, veri e propri quadri in movimento, rientrerebbero a pieno titolo in una classifica simile. Questo racconta la storia di Neville, pittore paesaggista nonchĂ© gigolĂČ per caso.

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5. FUR – UN RITRATTO IMMAGINARIO DI DIANE ARBUS (2006) di Steven Shainberg Un film imperfetto ma poetico, dal fascino sottile, che offre una (im)possibile teoria di come Diane Arbus sia diventata la piĂč celebre fotografa di freaks del Novecento.

6. IL MIO PIEDE SINISTRO (1989) di Jim Sheridan Storia di Christy Brown, ragazzo quasi del tutto paralizzato ad eccezione della gamba sinistra e divenuto famoso come pittore e scrittore. Daniel Day Lewis in una delle sue piĂč belle e toccanti performance mimetiche.

7. CAMILLE CLAUDEL (1988) di Bruno Nuytten Prima di Frida venne lei. E una splendida Isabelle Adjani. Nei panni di Rodin, suo amante, un ancor magro e dignitoso Gerard DĂ©pardieu.

8. I COLORI DELLA PASSIONE (2011) di Lech Majewski Dalla tavola allo schermo, letteralmente. Il film traspone La salita al calvario di Bruegel (1564), e tutto l’universo che ci sta dietro. Un’incredibile esperienza estetica.

9. ANDREI RUBLEV (1969) di Andrei Tarkovsky Film monumento e monumentale, forse l’unico che sappia parlare davvero dell’Arte con la A maiuscola. Rublev ù un pittore di icone del Quattrocento, sullo sfondo di una Russia epica.

10. LOVE IS THE DEVIL (1998) di John Maybury Ricostruzione dell’amore tra Francis Bacon e il ladruncolo George Dyer, crudele, deformante, e masochista come l’arte stessa di Bacon. Cast eccezionale, che annovera un perfetto Derek Jacobi, Daniel Craig (sì, proprio 007), Tilda Swinson.

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IL PROIETTORE DI OLOFERNE La fuga trova il suo approdo

Tavole separate (Separate tables, 1958) di Delbert Mann di Giuditta Naselli

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David Raksin - Theme from Laura

In una modesta e disadordalla solitudine, da Maude Reilton-Bell, anziana madama na pensione di Bourneche cerca di nascondere la fragile figlia Sibyl al maggiore mouth, stazione balneare Pollock, inetto in quanto militare e inappropriato in quaninglese sul canale della Mato uomo tanto da nascondere l’accusa di presunte molestie nica, sono ospiti fissi: il sig. sessuali, possano condividere la loro solitudine, legittimati Fowler, ex preside di scuodalla medesima condizione di outsider. la media, l’anziana signora La fuga Ăš un tema ricorrente dell’arte cinematografica Lady Gladys Matheson e statunitense come lo Ăš della cultura americana in genere, l’amica Maude Reilton-Bell, in quanto figlia di immigrati europei. Ma la domanda che sempre accompagnata bisogna porsi Ăš perchĂ© l’artista, sin dalla sua democratizzadalla timida e instabile fizione, ha scelto gli Stati Uniti, come approdo sicuro? Cerglia Sibyl, Miss Meacham, to non per, come i piĂč possono addurre, libertĂ  di culto, appassionata di biliardo e dato che l’Inghilterra del Settecento era molto piĂč liberale cavalli, la coppia di giovani dell’America dei padri pellegrini! Il perchĂ© lo spiega molto fidanzati Charles e Jean, il bene D.H. Lawrence nel saggio Classici Americani: “Che maggiore Angus Pollock e cosa fondarono quando vi giunsero? La chiamereste libertĂ , lo scrittore americano John quella? Non vi andarono per la libertĂ , o, se lo fecero, si Malcolm che, da qualche trassero tristemente indietro. Ma allora, per che cosa vi ananno intrattiene un rapdarono? Per tante ragioni, delle quali la minore Ăš la libertĂ , Separate tables, 1958. Delbert Mann porto amoroso segreto con una libertĂ  positiva. Essi vi andarono per il piĂč semplice dei Miss Cooper, titolare della motivi: per sfuggire, allontanarsi. E da che? In ultima analisi pensione. per allontanarsi da se stessi, da tutto. Ecco perchĂ© sono Sin dalle prime immagini lo spettatore si chiede perchĂ© i per- andati in America, per allontanarsi da tutto ciĂČ che sono e sonaggi abbiamo scelto, come dimora stabile, una pensione sono stati”. cosĂŹ umile e fuori dal mondo. Si intuisce cosĂŹ che ognuno di Lo scrittore D.H. Lawrence, in un saggio che, essendo del loro nasconde un recondito segreto che le mura claustro- 1924, dimostra la sua disarmante modernitĂ , analizza, con fobiche dell’albergo sembrano contenere, finchĂ© un nuovo estrema luciditĂ , il vissuto dell’artista americano, dimopersonaggio non giunge a destabilizzare l’equilibrio. È strando come la vitalitĂ  dell’arte americana sia da imputaAnn Shankland (Rita Hayworth), re alla taciturna ribellione che ogni La corrosiva e nascosta immigrato cela nei confronti dell’anex modella ed ex moglie dello scrittore John Malcom (Burt Lancaster), tutela dell’Europa. Eppure, noopposizione americana tica che sconvolge quel gioco silenzioso nostante la continua fuga, nessuno tra gli ospiti della pensione, quelnon fa che corroborare si puĂČ esimere dal proprio passato. la sequela di tavole separate ma Succede cosĂŹ che la corrosiva e nacontigue, che durante l’ora dei pasti, una riverente e ossequiosa scosta opposizione americana non fa celebrano il bisogno, che ogni singolo obbedienza alla vecchia che corroborare una riverente e ossepersonaggio ha, di familiaritĂ  e apparquiosa obbedienza alla vecchia signosignora Europa, del quale ra Europa, del quale l’immigrato fatitenenza ad una comunitĂ . Il regista Delbert Mann, dopo esser ca a liberarsi. Solo con l’ammissione l’immigrato fatica approdato alla regia con Marty, vita della cudi un timido (Marty, 1955), che gli pezza a liberarsi vale immediatamente un Oscar, nel e della corso della sua carriera lavora sia a commedie romantiche complessitĂ  del proprio io, ed esilaranti come Amore ritorna! (Lover Come Back, l’americano potrĂ  definirsi libe1961) e Il visone sulla pelle (That Touch of Mink, 1962) ro e finalmente comprendere che a film piĂč impegnati come Jane Eyre nel castello dei se stesso e l’altro. Rochester (Jane Eyre, 1970) e Niente di nuovo sul fron- CosĂŹ, infatti, accade alla fine te occidentale (All Quiet on the Western Front, 1979) ma del film Tavole separate, in Ăš con Tavole separate (Separate tables, 1958), che, ispi- cui, ogni personaggio si dirandosi all’omonima piĂšce di Terence Rattingan, gira uno spensa per trasformare l’umidei suoi film piĂč complessi e controversi. le e modesta pensione in una Mann racconta, con incredibile sobrietĂ , come in un alber- felice e ospitale comunitĂ  che, go, lontano da occhi indiscreti, i personaggi, in fuga da se incurante di tabĂč e pregiudizi, stessi, da John Malcom, scrittore alcolizzato ancora inna- accoglie e redime ogni uomo, morato dell’ex moglie a Ann Shakland, ex star impaurita anche il maggiore Pollock. Deborah Kerr in Tavole Separate

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Non Svegliarmi ♬

The Chemical Brothers - Close Your Eyes

Giuditta Naselli

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L’INTERVENTO

Il 28 dicembre del 1895, all’interno del Salon Indien nel Grand CafĂš, nel cuore di Parigi, fu possibile, pagando una piccola somma, partecipare ad uno spettacolo senza precedenti: la proiezione di una serie di dieci vedute della durata di circa un minuto, tra cui l’ArrivĂ©e d’un train en gare de la Ciotat, che mettendo in scena l’arrivo di un treno terrorizzĂČ molti degli spettatori, costringendoli alla fuga. Vedere su un telo bianco, in un piccolo cafĂš di Parigi, un treno in arrivo alla stazione? Com’ù possibile che ciĂČ che fino a quel momento era considerato un’utopia, avesse conquistato il requisito di reale? Non Ăš possibile rispondere a questa domanda perchĂ©, a piĂč di cento anni dalla nascita, il cinema Ăš ancora al limite tra il sogno e la realtĂ . Nessun’arte, come quella cinematografica, ha la capacitĂ  di sconvolgere l’animo dello spettatore, e di coinvolgere tutti i cinque sensi dell’essere umano, sorprendendo ad ogni proiezione la sua immaginazione. BenchĂ©, infatti, apparentemente il cinema non puĂČ, nei suoi racconti, rendere complice l’olfatto, chi puĂČ dire di non sentire il profumo dei piĂč bei fiori d’Egitto quando Elizabeth Taylor che interpreta Cleopatra, nell’omonimo film del 1963, entra trionfante a Roma o di non percepire l’odore del mare, che sarĂ  fatale per l’attore in declino Norman Maine, interpretato da James Mason nel film È nata una stella (A Star is Born,1954)? Nel corso del tempo i cineasti da un lato hanno cercato di rendere il racconto cinematografico sempre piĂč reale mentre dall’altro, con tecniche sempre nuove (l’ultima il 3D), hanno limitato fino all’inverosimile il confine tra lo spettatore e lo schermo. Attenzione, perĂČ, perchĂ© per quanto si voglia mettere piede nell’universo che si materializza davanti ai nostri occhi, non Ăš possibile farlo se non con le proprie emozioni. Non tentiamo dunque di rendere concreto un sogno che ha la possibilitĂ  di rimanere tale in eterno.


CHAIERS D’HISTOIRE Au Nord c’étaient les corons di Margaux Buyck

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Pour son douziĂšme numĂ©ro, The Art Ship, a choisi de consacrer dans sa rubrique francophone, un article Ă  un grand Ă©vĂ©nement français et international : l’ouverture le 12.12.12 du musĂ©e Louvre Ă  Lens. Il y a des nouvelles qui donnent du baume au cƓur. AprĂšs 9 ans d’attente, les lensois ont pu dĂ©couvrir ce 12 dĂ©cembre la nouvelle antenne du prestigieux musĂ©e parisien au cƓur du bassin minier. Le Louvre-Lens est l’aboutissement d’un projet pharaonique, ayant coĂ»tĂ© prĂšs de 150 millions d’euros, portĂ© Ă  bras le corps par la courageuse et ambitieuse rĂ©gion du Nord-Pas de Calais. Construit sur un ancien carreau de mine, la fosse 9-9 bis, le musĂ©e ambitionne d’accueillir prĂšs de 500 000 visiteurs par an, devenant ainsi l’un des fers de lance culturels de la rĂ©gion, mais aussi du pays. Un enjeu de taille pour la rĂ©gion Nord-Pas de Calais. Au delĂ  de l’intĂ©rĂȘt culturel du projet, le Louvre-Lens est un vĂ©ritable enjeu Ă©conomique et social pour la ville et plus largement pour la rĂ©gion. TouchĂ© durement par la crise, le Nord-Pas de Calais est aussi l’une des rĂ©gions les plus jeunes de France. Pour Daniel Percheron, prĂ©sident de la rĂ©gion, ce projet est « une greffe sur le programme gĂ©nĂ©tique de la rĂ©gion, une chance extraordinaire pour le bassin minier », qui permettra au Nord-Pas de Calais de relever la tĂȘte. En ce sens, Lens a la volontĂ© de s’élever au niveau de la grande mĂ©tropole Lille et de faire du Nord-Pas de Calais l’une des rĂ©gions les plus attractives d’Europe d’un point de vue culturel. L’ambition des diffĂ©rents acteurs du projet ne s’arrĂȘte pas Ă  la construction du musĂ©e, l’objectif Ă©tant d’insuffler une vĂ©ritable dynamique de transformation du territoire et de parier sur son attractivitĂ© culturelle. Notons, Ă  ce titre que le bassin minier du Nord-Pas de Calais a Ă©tĂ© rĂ©cemment classĂ© patrimoine mondial de l’UNESCO. Par ailleurs, avec Eurolens, la rĂ©gion entend offrir de nouvelles perspectives de dĂ©veloppement Ă  ses habitants. Il s’agit de dĂ©velopper une dynamique similaire Ă  celle de Bilbao autour du musĂ©e Guggenheim.

Pierre Bachelet - Les Corons

Le Louvre lensois : une succursale du musĂ©e parisien ? Pour ceux qui pensent retrouver une copie miniature du cĂ©lĂšbre musĂ©e parisien en plein bassin minier, la surprise risque d’ĂȘtre de taille. Le Louvre-Lens qui accueille de nombreuses Ɠuvres de l’institution parisienne, n’est cependant ni une simple succursale, ni une rĂ©plique du Louvre. Comme l’évoque le prĂ©sident-directeur du Louvre Henri Loyrette, le projet de Lens est le fruit d’une volontĂ© de dĂ©centralisation et de dĂ©mocratisation de la culture. Il reprĂ©sente une opportunitĂ© pour l’institution de renouveler son approche des collections prestigieuses et de venir Ă  la rencontre de nouveaux publics. Le musĂ©e de Lens a Ă©tĂ© imaginĂ© comme un nouveau Louvre, plus accessible, Ă  taille humaine, rĂ©solument moderne. Il met en exergue les diffĂ©rentes mutations s’étant opĂ©rĂ©es ces derniĂšres dĂ©cennies dans les musĂ©es. Un Louvre rĂ©solument contemporain Le Louvre-Lens se dĂ©marque tout d’abord de son grand frĂšre parisien par son architecture Ă©purĂ©e faite d’acier et de verre, rĂ©solument moderne. L’édifice relativement bas est composĂ© de cinq corps de bĂątiments. Il s’intĂšgre harmonieusement Ă  son environnement, qui se reflĂšte sur les façades d’aluminium poli et de verre. L’accĂšs au musĂ©e se fait par un immense parc, possĂ©dant prĂšs de onze entrĂ©es. Les chemins menant au musĂ©e reprennent le tracĂ© des anciennes voies ferrĂ©es qui reliaient les fosses Ă  la gare. L’entrĂ©e principale de la fosse 9-9 bis et son puits de mine ont Ă©tĂ© conservĂ©s et intĂ©grĂ©s au projet paysagĂ©. Le parc fait partie intĂ©grante du musĂ©e, il prolonge en quelque sorte son action. Il fera le lien entre le musĂ©e et la ville afin d’inviter la population Ă  s’approprier ce lieu.Une importante programmation culturelle et Ă©vĂ©nementielle est en effet prĂ©vue pour toute l’annĂ©e. L’entrĂ©e du musĂ©e se fait par un spectaculaire hall d’accueil : un Ă©crin de verre de 3600m2 aux façades transparentes qui ouvre l’espace du musĂ©e sur le site qui l’entoure. Cet espace central donne accĂšs tout d’abord Ă  la Grande galerie. Avec ses 3000m2 d’un seul tenant et ses 120 mĂštres de long, elle est en quelque sorte l’épine

Hall d'entrée, vue extérieure co-auteurs du Musée du Louvre-Lens: (c) SANAA / Kazuyo Sejima et Ryue Nishizawa - IMREY CULBERT / Celia Imrey et Tim Culbert - MOSBACH PAYSAGISTE / Catherine MosbachPhotographie (c) Hisao Suzuki

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dorsale du musĂ©e. GrĂące Ă  cet espace unique et l’absence de cloisonnement, le Louvre-Lens rompt avec les codes traditionnels de la musĂ©ographie. Les Ɠuvres ne sont plus organisĂ©es par dĂ©partements. Ainsi diverses Ăšres gĂ©ographiques, diffĂ©rentes Ă©poques se cĂŽtoient offrant aux spectateurs une lecture comparative et transversale de l’Art et permettant ainsi une meilleure comprĂ©hension de l’histoire de l’Art. Le visiteur devra avoir cependant une certaine endurance pour se confronter Ă  cette longue succession d’Ɠuvres en tous genres. La Grande galerie prĂ©sentera de maniĂšre semipermanente de grands chefs d’Ɠuvres du Louvre. Le parcours sera entiĂšrement renouvelĂ© tous les cinq ans, tandis que chaque annĂ©e une rotation des Ɠuvres sera effectuĂ©e. Le but Ă©tant de fidĂ©liser le public. SituĂ© dans la continuitĂ© de la Grande galerie, on retrouve le pavillon de verre. Il s’agit d’un espace de pause et de dĂ©tente de 1000m2 avec d’immenses murs vitrĂ©s donnant sur le parc. Ce lieu dĂ©veloppe chaque annĂ©e une nouvelle thĂ©matique en parallĂšle aux Ɠuvres prĂ©sentĂ©es dans la Grande galerie. C’est Ă©galement dans cet espace que le Louvre s’ouvre davantage Ă  l’art contemporain. Toujours dans un souci d’implication de la rĂ©gion, de nombreuses Ɠuvres prĂ©sentĂ©es dans le pavillon sont prĂȘtĂ©es par les musĂ©es locaux. De l’autre cĂŽtĂ© du hall d’entrĂ©e, en Ă©cho Ă  la Grande galerie on aperçoit la galerie des expositions temporaires. Le vaste espace de 1800m2 offre de grandes possibilitĂ©s scĂ©nographiques pour les deux expositions temporaires d’envergure internationale qui s’y tiendront chaque annĂ©e. Dans le prolongement de la galerie, comme un reflet du pavillon de verre, s’ouvre la ScĂšne. Il s’agit d’un espace pluridisciplinaire et modulable, possĂ©dant des gradins rĂ©tractables d’une capacitĂ© de prĂšs de 300 places. Ce lieu pourra accueillir des manifestations diverses (projections, expositions, concerts
) Il traduit la volontĂ© de dialogue du musĂ©e classique avec les diffĂ©rents domaines de la crĂ©ation artistique et de la culture. Le lieu de la ScĂšne traduit Ă©galement cette volontĂ© que le Louvre- Lens devienne « un musĂ©e que l’on frĂ©quente plus que l’on visite ». Ainsi la ScĂšne, mais aussi l’espace du parc, accessible Ă  tous en dehors des

heures d’ouverture du musĂ©e, ou encore l’utilisation du hall d’entrĂ©e du musĂ©e comme une sorte d’Agora Ă  disposition de la ville rĂ©vĂšlent les nouvelles mutations du monde des musĂ©es. « Le musĂ©e n’ouvre plus le matin et ferme le soir », il se doit de devenir un vĂ©ritable lieu de la vie culturelle, artistique et sociale de la citĂ©. Enfin l’espace qui nous a le plus sĂ©duit dans ce nouveau Louvre se trouve au niveau -1 du musĂ©e. Il s’agit des rĂ©serves. Toujours dans un souci d’ouverture et de pĂ©dagogie, elles sont visibles et visitables en petit groupe restreint et accompagnĂ©. Le visiteur peut ainsi dĂ©couvrir les coulisses du musĂ©e, rencontrer et Ă©changer avec de nombreux corps de mĂ©tier participant Ă  son fonctionnement ou encore assister Ă  la restauration d’une Ɠuvre
 Il s’agit d’un lieu inĂ©dit, dĂ©poussiĂ©rant l’image du musĂ©e traditionnel, rĂ©solument tournĂ© vers de nouveaux publics.

La Grande galerie Photographie © Musée du Louvre-Lens / Philippe Chancel co-auteurs du Musée du Louvre-Lens: (c) SANAA / Kazuyo Sejima et Ryue Nishizawa - IMREY CULBERT / Celia Imrey et Tim Culbert - MOSBACH PAYSAGISTE / Catherine Mosbach Muséographe: Studio Adrien Gard Úre

Hall d'entrée, vue extérieure co-auteurs du Musée du Louvre-Lens: (c) SANAA / Kazuyo Sejima et Ryue Nishizawa - IMREY CULBERT / Celia Imrey et Tim Culbert - MOSBACH PAYSAGISTE / Catherine MosbachPhotographie (c) Hisao Suzuki

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BOOKANEAR

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BALLOON Fantasmi al Louvre di Alessandro Cochetti

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Bruno Coulais - Microcosmos

È sempre un evento importante poter vedere un auto- e complessa trama tipica delle storie a cui Bilal ci ha re di fumetti, settore non proprio beneamato tra le alte abituato nella sua ormai piĂč che trentennale carriera sfere dell’élite artistica, esposto in un museo. Soprat- artistica, iniziata nel tempio del fumetto francese per tutto poi se quel museo Ăš IL museo, il Louvre di Pari- eccellenza, quello degli humanoĂŻdes associĂ©s. CosĂ­, gi, allora deve per forza esserci qualcosa di incredibile ad esempio, passando vicino alla foto di un antico elmo sotto. Che il fumetto abbia dell’arte tutti i connotati, corinzio del settimo secolo a.C. (fig.1), possiamo veovvero un suo linguaggio, una tecnica (o piĂč d’una), dere al suo interno un volto femminile che ricorda la ed un proprio messaggio deve forse sembrare strano al bellissima “donna trappola” della Trilogia Nikopol, e nostro paese, ma Ăš quello che invece in molti pensano scoprire che il suo nome Ăš HĂ©cube, nata nel 691 a.C. ormai da svariati anni. L’esposizione Les FantĂŽmes du sotto il tiranno Pheidon, vissuta come un uomo e adLouvre dell’autore serbo-francese Enki Bilal, pur non destrata all’arte della guerra come oplita, violentata avendo (forse) nelle sue premesse questi concetti, ne dai suoi compagni che ne scoprono la vera sessualitĂ  e Ăš perĂČ sicuramente una realizzazione emblematica. infine morta per mare, dopo una furibonda battaglia su Passeggiando tra le pareti della Saluna nave-ospedale affondata al largo Un incontro tra le des Sept-CheminĂ©es dell’ala Sully delle coste del Peloponneso, mentre infatti, fino al 18 marzo si potranno Il mondo del fumetto e indossava ancora il suo elmo corinosservare le tavole dell’artista: fanzio. Oppure possiamo imbatterci nel quello dell’arte tasiose riletture del tema di BelphĂ©celebre dipinto di Eugene Delacroix con la “A” maiuscola Jeune orpheline au cimetiĂšre gor, il fantasma del Louvre. Ogni tavola incastra perfettamente le opere (fig.2), dove al suo fianco possiamo stesse dell’importante museo, fotografate da Bilal e leggere la vita di Lantelme Fouache, uomo violento e stampate su tela, con disegni di fantasmi realizzati in alcolizzato vissuto nella Parigi del diciottesimo secolo, acrilico e pastelli. Ogni fantasma ha poi un legame, un ucciso da quella sua stessa figlia che maltrattava e viointreccio particolare con l’opera su cui si aggira: lega- lentava e che poi sarĂ  immortalata in questo quadro me che Ăš stato fittiziamente inventato poi dallo stesso proprio dal celebre pittore francese, subito dopo l’asautore, che Ăš partito da spunti storici per raccontarci sassinio di Lantelme. Storie dunque, che Bilal stesso ci perchĂ© un determinato fantasma ha deciso di “prende- spiega come â€čâ€čdrammatiche e violente al punto giusto, re dimora” in quella specifica opera d’arte. Il risultato che incrociano la realtĂ  storica ma che possono anche Ăš appunto quello di cui parlavo, ovvero un incontro ogni tanto allontanarvisiâ€ș’poichĂ© â€čâ€člo status di fantatra il mondo del fumetto, rappresentato dalle imma- sma Ăš apocrifo per essenzaâ€șâ€ș. gini fumettistiche riconoscibilissime di un importante Dalla Gioconda di Leonardo alla Stele del codice di artista quale Ăš Bilal, e Hammurabi, una sequello dell’arte con la rie di 23 opere “pos“A” maiuscola, ovvero sedute” dai fantasmi le riproduzioni delle dell’immaginario di stesse opere del museo. un artista che con Delle oltre 400 fotogra- la sua opera si guafie che ha personalmen- dagna il posto tra le te scattato, Bilal ha fat- mura piĂč prestigiose to una selezione delle del mondo dell’arte. 23 piĂč riuscite, su cui ha poi dipinto il fantasma descrivendone anche una breve biografia che si puĂČ leggere accanto ad ogni quadro. BiograEnki Bilal, Jeune orpheline au cimetiĂšre de fie che, senza neppure Delacroix et Lantelme Fouache Enki Bilal, Casque de type corinthien et HĂ©cube bisogno di dirlo, hanno © Enki Bilal, 2012, Futuropolis © Enki Bilal, 2012, Futuropolis tutte quella particolare MusĂ©e du Louvre. MusĂ©e du Louvre

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(P)ARS CONSTRUENS Sig. Terremoto, ti racconto un po’chi siamo di Maria Livia Brunelli

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Edgard VarĂȘse and Le Corbusier - PoĂȘme Ă©lectronique

“Per chiamarci non basta una parola sola: Emilia Romagna, Emiliano Romagnoli, ce ne vogliono almeno due; e anche un trattino per unirle, e poi non bastano neanche quelle.” Con queste parole, Carlo Lucarelli si rivolge, in una lettera, direttamente al Sig. Terremoto che ha colpito l’Emilia Romagna a maggio. Una conversazione faccia a faccia, una sfida, un duello direttamente con la paura. Lucarelli con enorme entusiasmo offre un coraggioso esempio per non dimenticare, per ricordare a tutti che non solo si puĂČ ma si deve andare avanti. “Ora ti racconto quello che siamo, non credere di farmi o farci paura con due giri di mazurca facendo ballare la nostra terra, io questa terra l’amo e come mi ha detto un infermiere di Mirandola qualche giorno fa
 questa Ăš la mia casa e io non l’abbandonerĂČ mai.” È il cuore a parlare attraverso una voce piena di passione, che testimonia il senso di appartenenza e l’orgoglio di migliaia di persone. Gli stessi sentimenti che si provano visitando a Bologna, nella sede di Palazzo Fava, la mostra “Salvati dal Terremoto. Dipinti e sculture dai centri storici tra Bologna e Ferrara”, a cura di Luigi Ficacci e Angelo Mazza, aperta fino al 6 gennaio 2013. Una mostra che si propone di attirare l’attenzione del pubblico sulla gravissima condizione del patrimonio artistico nell’area geografica colpita dal terremoto e sulla precarietĂ  in cui versano i numerosi edifici storici lesionati e di informarlo sul grave rischio di cancellazione di testimonianze vitali della comunitĂ  civile Quelle drammatiche scosse hanno infatti causato danni gravissimi al patrimonio artistico dell’area bolognese, ferrarese, modenese e reggiana. Cento, Crevalcore, Galliera, Mirabello, Pieve di Cento, Poggio Renatico e Sant’Agostino, tra Bologna e Ferrara, hanno subito cedimenti, crolli e fessurazioni pittoriche in tutti i principali edifici ecclesiastici antichi. Grazie a Vigili del Fuoco e l’impegno delle Soprintendenze le opere di maggior pregio sono state messe in sicurezza nel Palazzo Ducale di Sassuolo, negli ambienti messi a disposizione dai privati a Pieve di Cento, nei depositi allestiti presso Art Defender a Bologna e in quelli presso la stessa Pinacoteca Nazionale di Bologna. Non si tratta di capolavori assoluti, ma comunque un patrimonio culturale diffuso e identitario delle persone e dei luoghi.

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Ci sono stati danni soprattutto nelle chiese, colpite le strutture piĂč vulnerabili, i timpani delle facciate caduti o ruotati, le aule delle chiese implose su se stesse, piĂč vulnerabili, proprio per la tipologia della costruzione senza strutture di contrasto o di contenimento e per le esili murature evidentemente non pensate per il terremoto, che in queste terre resta un evento raro e comunque non unico. E da Bologna giunge anche un’altra storia, nel cuore di Bologna. Per il 36° sketchcrawl mondiale, il gruppo Sketchcrawl Bologna e il Future Film Festival, grazie alla collaborazione e al sostegno di Moleskine, hanno organizzato la maratona di disegnatori per l’Emilia. I disegni realizzati per l’occasione sono stati tutti messi all’asta per raccogliere fondi da devolvere alle zone terremotate. Da un’idea di Alberto Agazzini, con il supporto di Amedeo Bartolini, Lorenzo Paci e Lia Bedogni, a Reggio Emilia Ăš nato invece il progetto “ARTquake”, “il sussulto dell’arte” che non ha altro protagonista se non l’aiuto delle popolazioni colpite dal violento sisma. Artisti, galleristi e semplici cittadini di ogni parte d’Italia si sono uniti per fare qualcosa di concreto e raccogliere fondi per la ricostruzione di alcuni comuni andati letteralmente distrutti. Tutte le opere in vendita saranno visibili sul sito www.artquake.it a partire da un’offerta minima d’acquisto. “Non chiederti cosa possono fare lo Stato o gli altri per loro. Chiediti cosa puoi fare TU.” Il progetto “ARTquake” Ăš solo uno dei tanti esempi positivi di ripresa post terremoto, con la speranza che, esempi del genere, siano da monito e aumentino il loro numero sempre di piĂč.


ROUTES di Gabriella Mancuso

Mostre nazionali Albissola Marina, Balestrini Centro Cultura Arte Contemporanea, Mario Schifano. Le Grandi Tele, Dal 7 dicembre 2012 al 28 febbraio 2013 Info: Tel +39 338 8281563 Bari, Muratcentoventidue Arte Contemporanea, Kaja Leijon – Wasteland, Dal 15 dicembre 2012 al 31 gennaio 2013 Info: www.muratcentoventidue.com Barga, Teatro dei Differenti, Arti Differenti/012, Dal 15 dicembre 2012 al 16 marzo 2013 Info: www.ventidarte.weebly.com Bergamo, Traffic Gallery, Sinfonia in Bianco Minore, Dal 15 dicembre 2012 al 14 febbraio 2013 Info: www.trafficgallery.org Bologna, Blu Gallery, Sergio Dangelo. Opere Anni ‘60-’70 e Oggetti di Inutile Poesia, Dal 15 dicembre 2012 al 28 gennaio 2013 Info: www.blugallery.it Bologna, Galleria B4, Lolita Timofeeva. Metamorfosi, Dal 18 gennaio al 7 marzo 2013 Info: www.galleriab4.it Brescia, Galleria dell’Incisione, Bruno Munari. Pensare Confonde le Idee, Dal 24 novembre 2012 al 30 gennaio 2013 Info: www.incisione.com

2013 Info: www.museomarca.info Desenzano del Garda, Galleria Civica Gian Battista Bosio, Luca Dall’OlioPenso solo a te, Dal 12 gennaio al 3 febbraio 2013 Info: cultura@comune.desenzano. brescia.it Firenze, MNAF-Museo Nazionale Alinari della Fotografia, Guy Bourdin - A Message For You, Dal 9 gennaio al 10 marzo 2013 Info: www.alinarifondazione.it Firenze, Galleria Frediano Farsetti, Tentazioni d’Artista, Dal 15 dicembre 2012 al 31 gennaio 2012 Info: www.galleriafredianofarsetti.it Firenze, Palazzo Strozzi, Cornelia Klein. Frammenti. Opere in porcellana, Dall’1 dicembre 2012 al 27 gennaio 2013 Info: www.mandragora.it Foligno, Ciac - Centro Italiano Arte Contemporanea, Edward Weston - Una retrospettiva, Dal 15 dicembre 2012 al 17 febbraio 2013 Info: www.centroitalianoartecontemporanea.com Latina, Laranarossa Gallery, 2 Small Dal 15 dicembre 2012 al 26 gennaio 2013 Ingresso libero Info: www.ersiliasarrecchia.it

Brescia, Paci Contemporary, Lori Nix, Qualcosa Ăš cambiato, Dal 24 novembre 2012 al 12 febbraio 2013 Info: www.pacicontemporary.com

Livorno, Guastalla Centro Arte, MARK KOSTABI - FULL CIRCLE, dreaming Modigliani, Dall’8 dicembre 2012 al 31 gennaio 2013 Info: www.guastallacentroarte.com

Catanzaro, Marca Museo Delle Arti, Angelo Savelli. Il Maestro del Bianco, Dal 15 dicembre 2012 al 30 marzo

Milano, Artra Art Gallery, The Superficial Essence of a Deep Apparence, Dal 16 gennaio al 16 febbraio 2013 31

Info: www.artragallery.com Milano, Brand New Gallery, Nazafarin Lotfi/ love at last sight, Dal 15 gennaio al 9 marzo 2013 Info: www.brandnew-gallery.com Milano, Castello Sforzesco, Ilaria Gianoli, Dal 16 gennaio al 17 marzo 2013 Info: www.milanocastello.it Milano, Fabbri C.A. Contemporary Art, Alessandro Bergonzoni - Tutto torna come dopo, Dal 12 dicembre 2012 al 30 gennaio 2013 Info: www.fabbricontemporaryart.it Milano, Galleria Poleschi Arte, Rino Valido. La Ricerca dell’Equilibrio, Dal 5 dicembre 2012 all’1 febbraio 2012 Info: www.poleschiarte.com Milano, The Flat-Massimo Carasi, MICHAEL JOHANSSON - Still Lifes, Dal 18 dicembre 2012 al 23 febbraio 2013 Info: www.carasi.it Napoli, Museo Madre, Sol LeWitt. L’artista e i suoi artisti, Dal 14 dicembre 2012 all’1 aprile 2013 Info: www.museomadre.it Napoli, Palazzo Reale, Jimmie Durham - Wood Stone and Friends, Dal 15 dicembre 2012 al 27 febbraio 2013 Info: www.fondazionemorragreco.com Palermo, Lanterna Magica, Kusakabe Kimbei. Fotografie, Dall’8 dicembre 2012 al 31 gennaio 2013 Info: www.lanternamagica.eu Pavia, Castello Visconteo, I Colori del Tempo, Dal 9 dicembre 2012 al 31 gennaio 2013 Info: museicivici@comune.pv.it


Pistoia, Palazzo Fabroni, Scultura a Due Voci. Luciano Fabro, Fernando Melani, Dal 30 novembre 2012 al 10 febbraio 2013 info: ufficiostampa@spaini.it Poggio a Caiano, Museo Ardengo Soffici, Ardengo Soffici. L’Europa in Toscana, Dal 14 ottobre 2012 al 27 gennaio 2013 info: www.museoardengosoffici.it Reggio Emilia, RezArte Contemporanea, Eclettica, Dal 15 dicembre 2012 al 27 gennaio 2013 Ingresso libero Info: www.galleriarezarte.it Roma, Fondazione Volume, Michele De Lucchi - Colonne Portanti, Dall’11 dicembre 2012 al 15 febbraio 2013 Info: www.fondazionevolume.com Roma, Macro, 6ARTISTA Francesco Fonassi / Margherita Moscardini, Dal 12 dicembre 2012 al 10 febbraio 2013 Biglietto intero: 12 euro Biglietto ridotto: 10 euro Info: www.museomacro.org Roma, Maxxi, Jeff Koons, Dal 14 dicembre 2012 al 17 marzo 2013 Biglietto intero: 11 euro Biglietto ridotto: 8 euro Info: www.fondazionemaxxi.it Roma, Montoro 12, Dennis Oppenheim - Device to Root Out Evil, Dal 17 gennaio al 28 febbraio 2013 Ingresso libero Info: www.montoro12.it Roma, Museo Hendrik Christian Andersen, Luigi Ontani - AnderSennoSogno Dal 21 dicembre 2012 al 24 febbraio 2013 Ingresso gratuito Info: www.museoandersen.beniculturali.it Roma, Palazzo Incontro, Elliott

Erwitt - Fifty Kids, Dal 14 dicembre 2012 al 17 marzo 2013 Biglietto intero: 8 euro Biglietto ridotto: 6 euro Info: www.provincia.roma.it Torino, Gam, SURPRISE. Pietro Gallina. Ombre, profili, impronte, Dal 17 gennaio al 24 febbraio 2013 Info: www.gamtorino.it Venezia, officina delle zattere, Atto Primo, Quattro Tempi, Dal 14 gennaio al 10 febbraio 2013 Info: www.officinadellezattere.it

Mostre internazionali Berlino, Factory Art, Data On Imperfection. Mostra Collettiva, Dal 10 gennaio all’8 febbraio 2013 Info: www.factory-art.com Chemnitz, kunstsammlungen chemnitz, Mario Nigro. Werke 1952 – 1992, Dal 30 novembre 2012 al 3 febbraio 2013 Info: kunstsammlungen-chemnitz. justexpertise.de Parigi, Centre Pompidou, Dalì, Dal 21 novembre al 25 marzo 2013 Info: www.centrepompidou.fr Parigi, Istituto di Cultura Italiana, Alessandro Dandini de Sylva. À Rebours (Paysages) Dal 24 novembre 2012 al 30 gennaio 2013 Info: www.iicparigi.esteri.it

Bergamo, Galleria Marelia Arte Moderna e Contemporanea, Lightness, Dal 26 gennaio al 13 marzo 2013 Info: www.galleriamarelia.it Merano, Merano Arte - Kunst Meran, Cindy Sherman. That’s Me - That’s Not Me. Le opere giovanili 1975-1977 Dall’1 febbraio al 26 maggio 2013 Info: www.kunstmeranoarte.org Milano, Dep Art, Albero Biasi - Rilievi ottico-dinamici, Dal 15 febbraio 2013 al 27 aprile 2013 Info: www.depart.it Milano, Fondazione Marconi, Hsiao Chin - Opere su carta. Dialogo tra gli anni Sessanta e oggi, Dal 22 gennaio al 9 marzo 2013 Info: www.fondazionemarconi.org Modena, Galleria Civica, Nam June Paik in Italia, Dal 16 febbraio al 2 giugno 2013 Ingresso gratuito Info: www.comune.modena.it Rivoli, Castello di Rivoli, Ana Mandieta - She Got Love, Dal 30 gennaio al 5marzo 2013 Info: www.castellodirivoli.org Roma, Maxxi, Alighiero Boetti a Roma, Dal 23 gennaio al 6 ottobre 2013 Info: www.fondazionemaxxi.it Roma, Reale Accademia di Spagna, Auguste Rodin. L’Inferno di Dante, Dal 29 gennaio al 4 marzo 2013 Info: www.raer.it Spoleto, Aristocratic, Surreal. Tra realtà e Immaginazione, Dal 23 gennaio al 3 febbraio 2013 Info: www.artistocratic.com Torino, La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Gerhard Richter Edizioni 1965–2012, Dal 31 gennaio al 21 aprile 2013 Info: www.fondsrr.org

Vernissage nazionali Eventi 32


Bologna, Palazzo Re Enzo, Arte e Scienza in Piazza, Dal 19 gennaio al 10 febbraio 2013 Info: www.artescienzainpiazza.it Palermo, Luoghi vari, I Biennale d’Arte di Palermo, Dal 10 gennaio al 3 febbraio 2013 Info: www.biennaledipalermo.it Milano, Feltrinelli di Piazza Piemonte, TabĂčk, Dal 19 gennaio al 18 maggio 2013 Biglietto: 12 euro Info: www.lafeltrinelli.it Segrate, Parco Esposizioni Novegro, Festival del fumetto, 2-3 febbraio 2013 Info: www.festivaldelfumetto.com Sesto San Giovanni, Cinema Rondinella, Rassegna Cinefestival, Dal 18 ottobre 2012 al 25 febbraio 2013 Info: www.cinemarondinella.it

Storia di San Giorgio in Poggiale, Il nastro di Moebius. Dialoghi tra scrittori e fumettisti, 16 gennaio, 1- 12 febbraio 2012 Info: www.genusbononiae.it Cosenza, Palazzo Arnone, Learning By Heart, laboratorio didattico, Dall’11 gennaio al 14 febbraio 2013 Info: www.articalabria.it Milano, Design Library, I Giovedì del Design, Sostenibilità, progettualità, comunicazioneciclo di incontri dedicati ai creativi Dal 10 ottobre 2012 al 22 giugno 2013 Info: www.designlibrary.it Milano, Spazio Oberdan, Linguaggi del Tempo, ciclo di conferenze per riflettere su affreschi, fumetto e arte cinematografica Dal 18 ottobre 2012 al 18 marzo 2013 Ingresso libero Info: oberdan.cinetecamilano.it Roma, Centro di Fotografia Sperimentale Adams, Pinhole. Costruisci. Inquadra. Stampa, Workshop gratuito 26-27 gennaio 2013 Info: www.csfadams.it

Incontri Bologna, Biblioteca d’Arte e di

Da vedere Molfetta, Varie sedi, Alberto Biasi. Prismi e Ombre, 33

Dal 19 dicembre 2012 al 3 febbraio 2013 Info: www.albertobiasi.it Prato, Automobile Club, Roberto Casati. Atargatis, Dal 12 dicembre 2012 al 31 gennaio 2013 Info: www.kasauovo.com Roma, T293, Sonia Kacem. Dramaticule, installazione site-specific Dal 23 gennaio al 2 marzo 2013 Info: www.t293.it


Il dolce auspicio ♬

Weezer - Island In The Sun

L’INTERVENTO

L’arte ha da sempre rappresentato un efficace mezzo espressivo attraverso il quale esprimersi e comunicare. La sua storia ci insegna come attraverso essa, ciascuno soddisfi il proprio bisogno di trovare una piacevole alternativa alla frenesia della vita moderna. L’arte, infatti, permette di migrare verso mondi altri, esprimere la propria visione delle cose, esorcizzare problemi e paure per imparare a superarli e giungere, cosĂŹ, ad una diversa chiave di lettura del mondo che ci circonda. Questa grande capacitĂ  dell’arte trova quanto mai conferma nel difficile oggi, dal momento che, essendo in continuo fermento e in perpetua sperimentazione, l’arte conosciuta e apprezzata tramite i vari eventi artistici, puĂČ e deve avere un ruolo di madre rigeneratrice, di amabile evasione, ponendosi, come uno svago capace di portare ad una nuova interpretazione della pesante quotidianitĂ . Un celebre verso di Oscar Wilde recita: “Una carta del mondo che non contiene il Paese dell’Utopia non Ăš degna nemmeno di uno sguardo”. Desiderio comune, quindi, che l’arte diventi il Paese Utopico da visitare per migliorare il proprio mondo reale, ma per quanto nella nostra turbolenta contemporaneitĂ , nutrirsi di sola cultura resta solo una bella utopia, che avvicinarsi all’arte arricchisce l’anima, rimane una certezza!

Gabriella Mancuso

OPEN CALL di Gabriella Mancuso PREMI E CONCORSI Bologna, Concorso di fumetto Noi e gli Altri primo premio: esposizione collettiva all’interno del festival BilBolBul termine ultimo di partecipazione: 27 gennaio 2013 Info: www.gruppoyoda.org

Padova, AAF Cerca Young Talents, II edizione, primo premio: esposizione durante Affordable Art Fair Milano 2013. termine ultimo di partecipazione: 17 febbraio 2013 Info: affordableartfair.com

Milano, Premio Art Gallery. Quarta edizione primo premio: mostra personale al Palazzo delle Stelline, comprensiva di catalogo, ufficio stampa dedicato, curatela e vernissage termine ultimo di partecipazione: 2 febbraio 2013 Info: www.associazioneartgallery.org

Torino, Faber. Quando la creatività incontra l’impresa primo premio: 12 premi speciali, messi in palio dai partner sotto forma di stage retribuiti, occasioni di alta formazione, servizi professionali gratuiti e sostegno economico. termine ultimo di partecipazione: 31 gennaio 2013 Info: www.fabermeeting.it

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L’IMMANENTE E IL TRASCENDENTE Di poesia, di musica e divino la Redazione

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Bisogna sempre essere ubriachi. Tutto qui: Ăš l’unico problema. Per non sentire l’orribile fardello del Tempo che vi spezza la schiena e vi tiene a terra, dovete ubriacarvi senza tregua. Ma di che cosa? Di vino, poesia o di virtĂč: come vi pare. Ma ubriacatevi. E se talvolta, sui gradini di un palazzo, sull’erba verde di un fosso, nella tetra solitudine della vostra stanza, vi risvegliate perchĂ© l’ebbrezza Ăš diminuita o scomparsa, chiedete al vento, alle stelle, agli uccelli, all’orologio, a tutto ciĂČ che fugge, a tutto ciĂČ che geme, a tutto ciĂČ che scorre, a tutto ciĂČ che canta, a tutto ciĂČ che parla, chiedete che ora Ăš; e il vento, le onde, le stelle, gli uccelli, l’orologio, vi risponderanno: “ È ora di ubriacarsi! Per non essere gli schiavi martirizzati del Tempo, ubriacatevi, ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtĂč, come vi pare”. Charles Baudelaire

In occasione del bicentenario della nascita di Richard Wagner (Lipsia, 1813 - Venezia, 1883), nasce la grande mostra “Fortuny e Wagner - Il wagnerismo nelle arti visive in Italia”, frutto di un lungo lavoro di ricerca intorno all’influenza che il compositore tedesco e il fenomeno del “wagnerismo” esercitarono sulle arti visive in Italia tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. A Palazzo Fortuny di Venezia fino all’8 aprile 2013 “Silvano Follador - Metodo Classico Dosaggio Zero 2008” Una lunga Ăš accurata lavorazione sui lieviti (16 mesi) muove verso un prodotto dalle accese fragranze: il metodo classico esalta effluvi aromatici che vanno dal pane fresco ai piĂč classici frutti quali pera, mela, e si compie su sentori di agrumi. Asciutto e gradevole mostra personalitĂ  definita e levitĂ . Ottimo per un brindisi importante senza incidere troppo sulle tasche.

Adolfo Wildt, Parsifal – Il puro folle, 1930 Frammenti, gesso COURTESY FONDAZIONE MUSEI CIVICI VENEZIANI

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Stan Getz - Opus de bop


Post - sense di Paola Pluchino

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Whitechapel - S.C.U.M.

Chiara Fumai legge Valerie Solanas, still da video

Nelle stanze dell’ex Ospedale degli Innocenti Ăš stata proclamata la vincitrice della nona edizione del Premio Furla, che timbra il biglietto per la residenza d’artista presso il WIELS Contemporary Art Centre di Bruxelles. Chiara Fumai vince con l’opera Chiara Fumai legge Valerie Solanas che sarĂ  prodotta dalla Fondazione Furla e presentata in anteprima in giugno alla Fondazione Querini Stampalia, poi in comodato al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna. La giuria internazionale- Galit Eilat, Marina Fokidis, John Peter Nilsson, Chiara Parisi, Dirk Snauwaert - ha premiato la videoinstallazione per l’attivismo e lo spirito contestativo che porta in seno. In una splendida cornice (in vendita all’asta con prezzo base di 13.500.000 euro) le opere dei 5 finalisti si presentano allo spettatore: oltre la giĂ  citata Chiara Fumai (1978) selezionata da Stefano Collicelli Cagol e Bart van der Heide, Tomaso De Luca (1988) selezionato da Ilaria Gianni e Alice Motard, Invernomuto / Simone Bertuzzi (1983) e Simone Trabucchi (1982) selezionati da Filipa Ramos e Elena Filipovic, Davide Stucchi (1988) selezionato da Francesco Garutti e Yann ChateignĂ© Tytelman, Diego Tonus (1984) selezionato da Vincenzo Latronico e Fanny Gonella. Al cherokee Jimmy Durham (artista ma anche poeta) il compito di far da padrino a questa edizione, firmando il suo “Add Fire”, come monito per un’arte che sia piĂč scintilla prometeica che fuoco fatuo. Curato da Chiara Bertola, il Premio Ăš organizzato e promosso da Fondazione Furla, Fondazione Carisbo, Fondazione Querini Stampalia, MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna, con il supporto di Carisbo S.p.A. e con la collaborazione di Arte Fiera e Viafarini. Premio Furla 2013. Add Fire Tomaso De Luca, Chiara Fumai, Invernomuto, Davide Stucchi, Diego Tonus Dal 26.I.2013 al 3.II.2013 Ex Ospedale degli Innocenti, via D’Azeglio 41, (40123) Bologna Orari: dalle 11.00 alle 18.00 Aperture straordinarie: 26 gennaio 10.00 – 24.00, 27 gennaio 10.00 - 20.00. Info: info@fondazionefurla.org - www.fondazionefurla.org 02 87238004 - 347 5010522

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Gaia Carboni "Un'anatomia dell'inconcepibile" a cura di Jean-Marie Reynier Opening 8 febbraio ore 18.00 8 Febbraio - 9 Marzo 2013 Il Pomo da DaMo | Arte Contemporanea | Associazione Culturale Via XX Settembre, 27 - Imola (Bologna)

Gaia Carboni, Suite 10 Pen on metallized board, A4 COURTESY IL POMO DA DAMO.


CREDITS A plus A Centro Espositivo Sloveno - San Marco, 3073 (Venezia); 041 2770466 - www.aplusa.it Associazione Sergio Valente - Via del Babuino, 107 (Roma); 06 64770050 - www.ilnataledei100alberidautore.net Fondazione Furla - Via Bellaria, 3/5 (San lazzaro di Savena, BO); 051 451069 - www.fondazionefurla.org Fondazione Marconi Arte moderna e contemporanea - via Tadino, 15 (Milano) Tel. 02 29419232 - www.fondazionemarconi.org Fondazione Musei Civici di Venezia - Piazza San Marco, 52 (Venezia); 041 2405211 www.visitmuve.it Galerie Mario Mazzoli - Potsdamer Straße,132 (Berlin, D); (0)30 75459560 - www.galeriemazzoli.com Il Pomo da DaMo - via XX Settembre, 27 (Imola, BO); 333 4531786 - www.ilpomodadamo.it Macro | Museo d’arte contemporanea Roma - Piazza Orazio Giustiniani, 4 (Roma); 06 671070400 - www.museomacro.org MLB Home Gallery - Corso Ercole I d’Este, 3 (Ferrara); 346 7953757 - www.mlbgallery.com MusĂ©e du Louvre - 99 Rue de Rivoli (Paris, F); (0)1 40205050 - www.louvre.fr MusĂ©e du Louvre-Lens - Rue Paul Bert, (Lens, F); (0)3 21186321 - www.louvrelens.fr Ono Arte Contemporanea - Via Santa Margherita,10 (Bologna); 051 262465 - www.onoarte.com Palazzo Fortuny - San Marco, 3958 (Venezia); 041 5200995 – www.fortuny.visitmuve.it Silvano Follador - Via Callonga, 11 (Valdobbiadene, TV); 0423 900295 - www.silvanofollador.it T293 - Via Tribunali 293, (Napoli); 081 295882 - www.t293.it

Si ringraziano inoltre gli uffici stampa delle gallerie che con la loro disponibilitĂ  hanno sostenuto la nostra ricerca.


Errata corrige: nel numero 11 di The Artship, lñ€™immagine di Wolverine a pagina 30 Ă¹ di Gianluca Belletti.


Tesi 7. Ogni singolaritĂ  universale Ăš infinita, aperta. Alain Badiou e Slavoj ĆœiĆŸek, La filosofia al presente

The Artship diventa bimestrale. Ci vediamo a marzo.


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