Labiulmaprile2014

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IL DUOMO E LA VENERANDA FABBRICA CROWDFUNDING: FILANTROPIA 2.0

MILANO pag. 10

ECONOMIA pag. 12

IULM  news pag 22-23

ANNO XI - NUMERO V - APRILE 2014 - www.campusmultimedia.net/labiulm/news

Periodico del master in giornalismo dell’Università Iulm - Campus Multimedia In-formazione - facoltà di Comunicazione, relazioni pubbliche e pubblicità

E SE LA TUA AUTO DIVENTASSE UN OPTIONAL?

EDITORIALE

La città come la bellezza

SPORT

Gol al chilo Tutti pazzi per bomber Sodinha, brasiliano di 'peso' entrato nel cuore della Brescia che vive per il calcio

pag. 20

di Giovanni Puglisi Correva l'anno del Signore 1965 e, nel mezzo del boom degli Anni Sessanta, non c'era dicioenne che non aspirasse ad avere la sua Cinquecento. Fu il mio primo acquisto a rate. Addiriura fu quasi un'impresa: essendo in quel tempo ancor minorenne [la maggiore età si raggiungeva a ventuno

CINEMA

Eros e desiderio Con Nymphomaniac, Shame e Don Jon torna la perversione per scandalizzare e aprire le porte a un nuovo dibattito

pag. 16

TECH

anni!] dovei convince mio padre ad avallare le cambiali del mio acquisto, che, rigorosamente, mi volevo pagare personalmente con i miei piccoli lavori di studente universitario. Fu questa la vera fatica: per un Ufficiale dell'Esercito di quel tempo firmare una cambiale era quasi una bestemmia. segue a pag.24

Youtubers I partner del celebre social tentano lo sbarco in tv: ma quanto ricavano con i video che postano in rete?

pag. 14


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IL MITO DELL’AUTO NON FA PIÙ PARTE DELL’IMMAGINARIO DEI GIOVANI DEL TERZO MILLENNIO

LA TUTELA DELLE CITTÀ È UN BENE COMUNE PRIMARIO

Segue dalla prima

Per me la Cinquecento era, invece prima che un'opportunità, quasi un'utilità, soprauo era uno status symbol: diventavo indipendente e riuscivo a coprire le distanze nella cià in modo veloce e autoreferenziale, libero e incontrollato. Non a caso in quegli anni quasi tui i giovani neo-universitari si dotavano di veicoli a motore, soprattuo di utilitarie. La 500 fu il simbolo di quegli anni e molti studenti approdando all'università usavano il pre-salario – si chiamava così il contributo che lo Stato dava agli studenti universitari in quel tempo come sostegno per lo studio – per comprarne una. Era quella una versione minimalista delle politiche di dirio allo studio che nei decenni successivi, e fino ai giorni nostri, si è trasformata in servizi di supporto allo studio [il nostro CIDIS], escludendo proprio i contributi in denaro. Iniziò in quegli anni una politica di valorizzazione sociale del mezzo di trasporto privato a scapito dei mezzi pubblici e soprauo a profio delle MILANO

case automobilistiche, in particolare, in Italia, della FIAT. La politica del doppio binario ebbe allora fortuna nella vita sociale e politica del nostro Paese, favorendo da un lato la crescita di un seore industriale, quello automobilistico, in modo più che smisurato, con profii per la proprietà oggeivamente esagerati e, contestualmente, con equivoci occupazionali tanto narcotizzanti, quanto miopi; per altro verso si favorì, senza una vera e propria scelta politica e razionale, l'intasamento meccanico delle cià, depauperando le linee pubbliche di comunicazione a favore dell'incremento libero e sconsiderato del parco automobilistico privato, con la prima e inevitabile conseguenza di avvelenare, inquinandola, l'atmosfera dei centri storici prima e delle intere aree urbane dopo. La politica e le scelte di Governo di quegli anni erano di fiancheggiamento all'arricchimento industriale e ignoravano del tuo le conseguenze ambientali, sa-

LabIULM nitarie, morali e paesaggistico-culturali di siffae linee di comportamento. In altri termini, fu una politica dissennata e filo-capitalistica, camuffata da socialità diffusa e da benessere individuale a poco prezzo. La maschera dell'ipocrisia politica cadde poi miseramente con l'apertura dei mercati internazionali, specie comunitari, e la crescita abnorme dei livelli di inquinamento atmosferico, causa di disastri ambientali e di tragedie personali. Sono stati necessari decenni di amare tragedie e di loe politiche e civili, spesso sul filo di lana del conflio sociale e giudiziario, per arrivare al capovolgimento della situazione. Naturalmente questa inversione di roa non è stata né indolore, né facile: il Paese aveva vestito i panni di una potenza industriale, o meglio ormai postindustriale, tua avvitata su una politica di soddisfazione personale e ricchezza apparentemente diffusa, della quale il sostegno politico e amministrativo alla frammentazione privata della mobilità urbana diventava l'icona. In ogni famiglia tante auto, quanti erano i suoi componenti. Per fortuna i più saggi fra tui sono stati i giovani. Il mito dell'auto come simbolo dell'indipendenza e della soddisfazione sociale non fa più parte, infai, del bagaglio delle generazioni del Terzo Millennio. La crisi economica, la recessione tendenziale e la disoccupazione/inoccupazione crescenti, la fuga dell'imprenditoria più forte e la scomparsa di quella più piccola e più fragile, hanno quasi squarciato il velo dell'ipocrisia e i nostri

giovani hanno capito, prima di tanti meno giovani, che i valori dell'esistenza e della socialità non sono misurabili con le comodità individuali, parallele alla distruzione dei beni comuni: anzi questi ultimi, come la conservazione e la valorizzazione del paesaggio, la pulizia dell'atmosfera, la tutela dell'ambiente, la bellezza delle nostre cià con i loro beni culturali e le loro armonie estetiche, la legalità e il rispeo dei dirii danno senso e sono il valore più autentico della vita individuale e sociale. alcuno ha scrio che solo la bellezza salverà il mondo: chissà se le nostre cià, lacerate tra le politiche dissennate di un recente passato e la convinzione sempre più diffusa che il futuro sta nel servizio etico e nella condivisione sociale, non già nell'egoismo e nel profio sconsiderati, potranno realmente farne tesoro. La bellezza è ricchezza solo se è un bene comune e condiviso, come la vita quotidiana nelle nostre cià, altrimenti diventa un alibi per sopravvivere o una pozione abilmente avvelenata per morire. In altri termini la bellezza per essere se stessa deve sapere stare in bilico tra l'eternità e il tempo, proprio come l'uomo, che deve sapere stare e vivere nella sua cià, che ha avuto solo in prestito e che appartiene invece all'Umanità, indipendentemente dall'UNESCO. Mezzo secolo dopo l'ho capito anch’io, come – spero – la mia generazione, nonostante che la mia vecchia 500 resti ancora nel mio cuore. Forse è questa la contraddizione che mi mantiene ancora…giovane. GIOVANNI PUGLISI

Le aziende scelgono i nostri studenti. A meno di tre tre anni dalla laurea, laurea, il 93% di loro loro trova tr ova lavor lavoro. o.* **Elaborazione Elaborazione de Il Sole 24 Ore, luglio 2012

Comunicazione. Comunicazione. Interpretariato e traduzione. Relazioni pubbliche. Arti e Cultura. Relazioni internazionali. Pubblicità. Turismo. Spettacolo. Cinema e Tv. New media, web e social network. Marketing e Culture digitali. Cinque Corsi di Laurea Triennale e sei Corsi di Laurea Magistrale. La più qualificata Università della Comunicazione.


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SOMMARIO

Una scommessa e una vetrina

I

l giornale che avete in mano è un prodoo molto particolare. E’, insieme, la palestra degli allievi del Master di Giornalismo Iulm – Campus Multimedia, e il biglieo da visita di una Università dove si studia Comunicazione (la prima ad averlo proposto

in Italia) e che sceglie di comunicare araverso il lavoro formativo dei suoi studenti. Non era mai accaduto prima che la testata di una scuola di giornalismo prendesse il mare aperto e venisse distribuita insieme a un giornale “adulto” e prestigioso come Prima co-

LabIULM Diretto da Ivan Berni e Giovanni Puglisi (responsabile) Progetto grafico Stefano Scarpa

In redazione: Eliana Biancucci, Carloa Bizzarri, Benedea Bragadini, Maeo Colombo, Andrea Cumbo, Micaela Farrocco, Enrico Lampitella, Adriano Lo Monaco, Lorenzo Matucci, Giulio Oliani, Maurizio Perriello Nicolò Petrali, Jacopo Rossi, Antonio Torrei, Claudia Vanni, Cinzia Caserio, Marco Demicheli, Cosimo Firenzani, Federico Fumagalli, Elena Iannone, Mariella Laurenza, Daniele Leig, Barbara Montrasio, Adriano Palazzolo, Federica Palmieri, Maeo Palmigiano, Roberta Russo, Stefano Scarpa, Alessandra Teichner, Girolamo Tripoli.

via Carlo Bo, 1 20143 - Milano 02/891412771 - labiulm.redazione@iulm.it

Registrazione: Tribunale di Milano n.477 del 20/09/2002 Stampa: Graficart snc - Biassono (Milano)

Master in Giornalismo Campus Multimedia In-Formazione Direore: Giovanni Puglisi Responsabile didaico: Angelo Agostini Caporedaore: Ivan Berni Responsabile laboratorio redazione digitale: Paolo Liguori Tutor: Silvia Gazzola Docenti: Angelo Agostini (Storia del giornalismo, Editing e Deontologia) Camilla Baresani (Scriura creativa) Marco Capovilla (Fotogiornalismo) Toni Capuozzo (Videoreportage) Maria Piera Ceci (Giornalismo radiofonico) Marco Boscolo (Data Journalism) Andrea Delogu (Gestione dell’impresa editoriale-TV) Luca De Vito (Riprese e montaggio) Giuseppe Di Piazza (Progeazione editoriale e Giornalismo Periodico) Dario Di Vico (Giornalismo economico e finanziario) Guido Formigoni (Storia contemporanea) Giulio Frigieri (Infodesign e mapping) Sabrina Giannini (Videogiornalismo) Marco Giovannelli (Digital local news) Bruno Luverà (Giornalismo e società) Caterina Malavenda (Dirio penale e Dirio del giornalismo) Maeo Marani (Giornalismo sportivo) Marco Marturano (Giornalismo e politica) Sandro Petrone (Giornalismo televisivo) Andrea Pontini (Gestione dell’impresa multimediale) Marco Pratellesi (Gestione delle imprese editoriali Web) Giuseppe Rossi (Dirio dei media e della riservatezza) Alessandra Scaglioni (Giornalismo radiofonico) Claudio Schirinzi (Giornalismo quotidiano) Gabriele Tacchini (Giornalismo d’agenzia) Vito Tartamella (Giornalismo scientifico) Fabio Ventura (Traamento grafico dell’informazione) Marco Subert - Vincenzo Cosenza - Francesco Del Vigo (Social Media Curation)

Presidente: Giovanni Puglisi

Vice Presidente: Gina Nieri Amministratore Delegato: Paolo Liguori Direttore generale: Marco Fanti Consiglieri: Gian Baista Canova, Mauro Crippa, Vincenzo Prochilo, Paolo Proiei

ISTITUZIONALE

www.campusmultimedia.net

www.iulm.it

municazione. Per i trenta ragazzi del Master è un impegno forte, che li proiea immediatamente a contao di un pubblico specializzato e aento, quale quello di Prima. Ma questa occasione senza precedenti è anche la prima vetrina in cui meersi in mostra, da giornalisti, misurandosi con l’aualità, l’inchiesta, il costume, la cultura, i cambiamenti sociali e le trasformazioni di Milano, la cià dove i ragazzi

del master studiano e imparano il mestiere del giornalista. Per l’Università Iulm è una scommessa che confidiamo sarà ben riposta. E non è rituale il ringraziamento a Prima Comunicazione per un’ospitalità che, a sua volta, è un beneaugurante aestato di fiducia a chi comincia ad affacciarsi a una professione complessa e difficile. Ma anche entusiasmante. (I.B.)

Questo numero

La rivoluzione della mobilità

E’ una rivoluzione che parte da Milano. Il boom dei sistemi di car sharing, la riduzione del parco autoveure e il calo di immatricolazioni, preannuncia un cambiamento del volto delle strade, milanesi prima, ed italiane poi. Sarà per la sensibilizzazione alla questione ambientale dei parte dei ciadini, sarà per i problemi di traffico e di parcheggio, sarà per colpa della crisi economica; sta di fao che i milanesi sembrano spostarsi sempre meno con mezzi propri, prediligendo l’uso di mezzi pubblici o di condivisione dell’auto (o comunque, quando hanno la necessità di acquistarne una, scelgono sempre più frequentemente l’elerico o l’ibrido). Ciò che sta avvenendo è una vera e propria rivoluzione della mobilità urbana, e quindi del conceo stesso dell’auto. La macchina non è più un sogno da realizzare o un oggeo nel quale riconoscersi ed identificarsi, ma qualcosa di molto costoso e scomodo. Tra le difficoltà nel parcheggiarla, i prezzi elevati di carburanti e manutenzione, il traffico crescente, l’automobile diventa un mezzo dal quale liberarsi.

DOSSIER - SPECIALE MOBILITÀ

Città e traffico: tramonta mito auto Congestion charge, città europee a confronto Tutti pazzi per il car sharing I problemi dell’auto condivisa Le spine dell’elettrico Il tramonto del taxi La rivolta cinguetta da Milano a Parigi

MILANO

4 5 6 6 8 9 9

Il Duomo da esposizione La Veneranda fabbrica, da Candoglia ai Marmisti

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Crowdfunding: progetti milionari con quattro soldi Chiara Spinelli: “Abbiamo salvato il festival del Giornalismo”

12 13

Youtube: assalto alla TV Le interviste: Willwoosh e Il Terzo Segreto di Satira

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È porno! È arte! L’intervista: Enrico Pozzi, Professore di psicologia

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A scuola di sport, partono i licei sportivi L’intervista: Valentina Aprea, assessore regionale all’istruzione L’opinione di Felice Accame, docente del Centro Tecnico della FIGC Dribbling e carbonara Se il calciatore somiglia alla palla

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ECONOMIA TECH

CINEMA SPORT

IULM NEWS SOCIAL

twitter.com/labiulmcampus youtube.com/clipreporter

FACEBOOK

www.facebook.com/ Masteringiornalismo

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ADDIO “D ANGELO EDITORIALI

di IVAN BERNI

Angelo Agostini ci ha lasciato il 10 marzo stroncato da un tumore. È stato il fondatore del Master in giornalismo. Lo ricordiamo così

ai, vedrai che lavorare coi ragazzi è una gran cosa. H a n n o un’energia pazzesca, anche quando sembrano un po’ stonati e distanti. E poi vederli crescere è una soddisfazione impagabile”. Era dieci anni fa e Angelo, con quel suo modo complice e affabulatore, mi stava convincendo a lavorare con lui, qui in Iulm, per dare più corpo e sostanza all’avventura di una scuola di giornalismo appena nata ma di grande ambizione. Non ci mise molto a convincermi, a dispetto di una estraneità all’idea di “fare il docente” di qualsiasi cosa che mi inse-

Silvia Pagliuca

Vorrei provare a scrivere qualcosa senza che anche questa volta il pianto mi interrompa. Vorrei provare a dare il mio contributo per perpetuare il ricordo di chi, col suo fare arguto e un po' sornione, ha guidato le scelte di tanti di noi. Mi ha accompagnata per mano, Angelo Agostini, in questa corsa folle verso il giornalismo, dal primo anno di università, quando mi presentai poco più che dicioenne con un’inchiesta sull’indipendentismo bolzanino. “E che c’entra una terrona come te con i fuochi di noi crucchi?” – mi disse. Il nostro è stato un rapporto professionale bello, come sempre dovrebbe essere tra alunni e maestri, fao di rimproveri (tanti) e complimenti (in pillole) che valevano come la più tenera delle pacche sulle spalle. E’ diventato, poi, un legame di affeo personale, quando il suo supporto, discreto ma costante, mi ha aiutata ad affrontare gli acciacchi che la vita mi ha più volte riservato. Anche in quest'ultimo caso, in cui il destino sembrava beffardamente volerci accomunare, ha avuto il tempo di preoccuparsi per me, mentre tui noi eravamo preoccupati per lui. Lui, che guardava le montagne e leggeva i giornali. Non più di dieci giorni fa, l’ultima telefonata: "Così sto bene, Silvia, sto davvero bene!”

Giuseppe Antonio Leo

Nella mia testa lei non era il migliore dei professori, nella sua io non ero il migliore degli alunni, ma il pezzo di strada fao assieme non posso dimenticarlo. Così come non dimentico lei . Buon viaggio prof.

Roberta Rei

ella telefonata in cui mi diceva "sono orgoglioso di te", quel giorno in cui è cambiato tuo, e un grazie che non sarà mai abbastanza. Angelo Agostini, ciao maestro.

LabIULM

3

guiva dall’età del liceo. Ci mise poco a convincermi perché non solo Angelo Agostini era molto convincente e coinvolgente, ma perché aveva lo spirito del compagno d’avventura, dell’esploratore, di chi non s’accontenta di riti, liturgie e abitudini routinarie. Angelo voleva il mare aperto, la vela spiegata, la nuova rotta da aprire e battere. Nel suo amatissimo lavoro di docente amava giocare sulle incertezze, sui dubbi, sui varchi attraverso i quali intravvedere le novità, l’embrione del cambiamento, la rottura della consuetudine. Da coordinatore didattico del Master in giornalismo spingeva, sempre, per introdurre un corso nuovo, un laboratorio, un progetto sperimentale ogni anno. Diceva: “Dobbiamo essere un passo più avanti, sempre. Lo dobbiamo ai nostri ragazzi”. E su questa traccia abbiamo camminato insieme. Dieci anni fa scoprivo in Angelo Agostini un compagno di strada e un intellettuale convinto che la buona informazione esiste, soltanto, se alle sue spalle c’è una formazione rigorosa e al tempo stesso aperta, curiosa, critica, mai appagata. Aveva ragione. Oggi Angelo ci lascia una lezione indimenticabile. E il vuoto incolmabile di un amico strappato brutalmente alla sua vita, e alle nostre.

Cinzia Morgante

E io me lo rivedo ancora venirmi incontro, tra la folla del Festival di Giornalismo di Perugia…

Francesco Maria Del Vigo

È morto Angelo Agostini. Mi ha insegnato molto, ho un grande debito con lui. Non lo dimenticherò. Ciao professore, buon viaggio.

Grazie Maestro Francesco Oggiano

«Perché avete scelto il giornalismo?».Fu, quella con cui esordì il primo giorno di scuola, la prima di una serie di domande che lui sapeva essere prive di risposte intelligenti. Perché l'intelligente nella stanza doveva essere lui. Professore, Angelo Agostini, ci si era sempre sentito, e negli scontri stava parecchio a suo agio. Io già a settembre ero partito male: a fregarmi era stata l'adozione, in un pezzo, di una parola a dir poco desueta («gravida»), e l'esplicito endorsement per Wikipedia come fonte accreditata. Apriti cielo: al digrignare dei denti suoi s'accompagnò la minaccia di un libro agitato in aria, pronto per essere lanciato in mezzo ai denti, miei. L'anno proseguì fiaccamente, tra accuse, provocazioni e baibecchi, che leggo adesso sono stati vissuti da molti altri compagni. Per lui eravamo «braccia rubate all'agricoltura», e in alcuni casi si è rivelato essere nel giusto. Come professore, quell'anno, non fu granché. Come provocatore, è stato sempre uno speacolo. Oo anni dopo, a quella domanda del primo giorno di scuola, cerco ancora una risposta intelligente. La domanda era veramente giusta.

Gianni Di Stefano

Ho incontrato Angelo Agostini la prima volta all’esame di teorie e tecniche del linguaggio giornalistico. Stroncò la mia tesina sul rapporto tra i Radicali e i media che avevo preparato con Marturano. Mi diede un 25 e mi risultò subito antipatico. Lo rividi tre anni dopo al master con un bel po’ di soggezione. Poi ci fece scrivere: è stato il primo a credere in me, a darmi fiducia. ando ero in stage a Repubblica, a Palermo, mi ha fao sapere che stava leggendo i miei pezzi e li apprezzava. E poi il premio intitolato al padre, quel secondo posto, la cena a Trento con i direori dell’Adige e del Corriere del Trentino: me li presentò lui, ero imbarazzatissimo. Non so se più rosso io per la vergogna o lui per il vino. Ricordo la caduta in piazza, avevo le scarpe con la sua liscia, di certo non adae per la neve. Sempre grazie a lui la prima proposta di lavoro, due mesi di sostituzione all’Adige. Proposta rifiutata per vari motivi. Ma io ero nessuno, zero esperienze. Si fidarono di lui, della sua segnalazione. La telefonata per ringraziarlo fu il nostro ultimo contao. Durò solo pochi secondi ma non finirò mai di dirgli grazie.

Francesco Maesano

Oggi se n'è andato il professor Agostini, chi l'ha conosciuto sa, chi l'ha incrociato per poco intuisce, chi non lo conosceva può chiedere ai tantissimi che ha fao giornalisti.

Chiara Daffini

Iniziava sempre con la storia del giornalismo. Le gazzee del Seicento, le linotype, ma specialmente gli anni Seanta in Italia e l’integrazione multimediale degli ultimi decenni. Non parlava di giornalismo, bensì di “giornalismi”. E lo faceva con la stessa naturalezza con cui si raccontano le vacanze al mare o l’ultimo film visto al cinema. Ci diceva di studiare, che per lui voleva dire leggere, guardare, assorbire l’informazione. Di ogni genere e con ogni mezzo. «Piuosto rubateli i giornali, se non avete i soldi per comprarli. E che ci vuole? Uno distrae l’edicolante e gli altri prendono i quotidiani». Ovviamente scherzava. «Prof, ma quando studiamo se siamo tuo il giorno al master?» «ando studiano tui. Di noe, no?».

Simone Savoia

IO: Invece di parlare di giornalismo, forse potremmo parlare di "giornalismi"? LUI: Eh già, caro il mio paraculo! Primo giorno di scuola al master Iulm, qualche anno fa. Addio, professor Angelo Agostini. *Allievi ed ex allievi del master giornalismo IULM


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DOSSIER IL MITO DELL’AUTO

CITTÀ E TRAFFICO: TRAMONTA IL MITO AUTO

MILANO CAMBIA ABITUDINI: LA MACCHINA COSTA TROPPO IMMATRICOLAZIONI IN CALO ALESSANDRA TEICHNER @AleTeichner

C’

era una volta l’auto dei sogni, quella che si cercava faticosamente di comprare con tanti sacrifici dopo anni di lavoro. E c’era una volta la prima auto, quella che i genitori acquistavano per i figli al compimento della maggiore età, bramata e desiderata da ogni dicioenne. Negli anni Cinquanta e Sessanta, la produzione seriale della Fiat 500, messa in commercio con un prezzo accessibile a quasi tue le famiglie, produsse una vera e propria rivoluzione della mobilità, tanto che di lì a poco tempo la macchina divenne un elemento di identificazione. Nacquero con il tempo auto “maschili” ed auto “femminili”, familiari e monovolume,

auto di lusso o meno. Poi, a cambiare il panorama del mercato, sono arrivate la crisi economica, il traffico e la sensibilizzazione della popolazione al problema ambientale, così che l’immaginario colleivo dell’automo-

Anni ‘50 e ‘60 motorizzazione di massa con 500 e 600 bile, simbolo novecentesco del progresso, dell’indipendenza economica, nonché vera e propria manifestazione di uno status sociale, è andato modificandosi. Complice la crisi, l’autoveura non è più un sogno, anzi, talvolta è so-

lamente fonte di preoccupazione, sia per i costi, sia per i problemi che comporta averne una, dal parcheggio alla manutenzione. I dati parlano chiaro. Secondo l’ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industriale Automobilistica), l’anno di picco delle immatricolazioni delle auto ad uso privato, grazie anche agli ecoincentivi, è stato il 2007, quando si sono registrate 2.491.115 autoveure. Da lì una ripida discesa fino al 2013, quando le auto immatricolate sono state 1.303.534, ovvero un meno 7,09 per cento rispeo al 2012. Un numero, quello dell’ultimo anno, paragonabile all’incirca a quello degli anni Seanta. Tra bollo, assicurazione e cura del veicolo, i prezzi per il mantenimento di una macchina sono diventati talvolta insostenibili e non più alla portata di tue le famiglie. Nel caso di Milano, ad esempio, la riduzione del

numero delle immatricolazioni, contrariamente a quanto succede in tua Italia, va di pari passo con il calo del parco autoveure, ovvero il numero di veicoli in circolazione. In venti anni la cià ambrosiana ha registrato circa 200 mila auto in meno: nel 1990 erano 922.040, mentre a fine 2012 erano solo 716.094. Un caso, però, peculiare solo della cià meneghina, dal momento che sia a livello regionale che a livello nazionale le auto in circolazione sono in aumento. Ad incentivare il fenomeno, che preannuncia una trasformazione della vita dei ciadini e un cambiamento del volto della cià, sono state, oltre alle ragioni economiche, anche le politiche di sensibilizzazione alla questione ambientale, a cominciare dall’introduzione dell’Area C. L’avvio della cosiddea “congestion charge” nel 2011, regolando e limitando l’accesso nel centro


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LabIULM

CONGESTION CHARGE Il Punto

Città d’Europa a confronto per abbattere l’inquinamento

di Milano, costringe i singoli a trovare vie alternative all’automobile. Così, pian piano, la vecchia auto si prepara ad andare in pensione, cedendo il passo a soluzioni alternative. Metro, tram e biciclee, dunque, ma anche sistemi di condivisione dell’auto in tue le sue declinazioni. Sono molte, infai, le forme introdoe di “car sharing”. Nell’ultimo anno in particolare si è prodoo un vero e proprio boom di società che propongono agli utenti soluzioni per l’affio temporaneo dei veicoli a costi piuosto moderati, o comunque molto più bassi di quelli di un taxi: da GuidaMi a Car2Go, ma anche Enjoy, E-vai, EqSharing e Twist, il che arriverà a Milano a maggio. Il privato interessato ad usare un mezzo di trasporto soltanto sporadicamente, quindi, non è più costreo a comprarlo per usufruirne solo in rare occasioni, ma anzi può scegliere tra diverse tipologie di auto, che variano dalla Smart, adoata dal servizio Car2Go, alla 500 L, scelta insieme al classico cinquino da Enjoy, per viaggiare in tua comodità anche se si è in più persone, o se si deve trasportare qualcosa di in-

Cara e scomoda: l’automobile non è più un sogno, ma un problema

gombrante. Stando a ciò che accade oggi sembra che la società si trovi dinnanzi ad una nuova rivoluzione, come confermano i dati milanesi. Senza contare che si può scegliere di usufruire delle elettriche di E-vai ed EqSharing. L’auto privata, così come la si è intesa durante gli ultimi cinquanta anni, sta lentamente scomparendo, e con sé il sogno di possederne una. Troppo inquinante e troppo costosa, sia da acquistare che da mantenere, ma soprauo, spesso molto scomoda: tra le difficoltà nel trovare parcheggio e il rischio di imboigliamento nel traffico i milanesi che scelgono di spostarsi con mezzi propri sono sempre di meno. E il fenomeno è destinato ad allargarsi anche al resto d’Italia. A Roma, ad esempio, dal mese di marzo sono sbarcate le Smart di Car Two Go, pratiche e facili da noleggiare. Un grande problema, dunque, per il mercato dell’automobile e dei motori, che per necessità di sopravvivenza si orienta sempre di più verso la doppia alimentazione (benzina-GPL, benzina-metano e ibride) o verso l’elerico. Per quanto riguarda la doppia alimentazione secondo i dati dell’ACI vi è una notevole crescita, grazie soprauo agli incentivi per la roamazione: già nel 2009, ad esempio, hanno rappresentato ben oltre il 20% del mercato del nuovo. Per veder decollare definitivamente l’elettrico invece, bisognerà aspeare ancora un po’, dati gli evidenti problemi “pratici” (il numero insufficiente di posti per la ricarica, i prezzi elevati dei veicoli e la durata della baeria troppo breve per percorsi lunghi). Ma secondo le stime di RSE (Ricerca Sistema Energetico) i numeri sono destinati a cambiare e a crescere notevolmente. Dalla ricerca effeuata si calcola che nel 2030 le auto eleriche circolanti in tuo il Paese saranno almeno 10 milioni. Dati alla mano, sembra ormai chiaro che il futuro sarà sempre meno legato a quello dell’auto come l’abbiamo sempre immaginata e sognata. Car sharing, elerico, ibrido, metano, e biciclee: saranno questi, a quanto pare, i veicoli della nuova mobilità.

ELENA IANNONE @Elena_Iannone

I

l modello cui s’ispira l’Area C di Milano è quello della “congestion charge” introdotta per una porzione considerevole del centro di Londra nel 2003 e ampliato ulteriormente nel 2007. Sono diverse le città che in Europa hanno adottato nelle proprie politiche urbane limitazioni agli autoveicoli in favore di biciclette e trasporti pubblici. Le forme maggiormente utilizzate per organizzare la limitazione del traffico sono essenzialmente due: la “congestion charge” e la “low emission zone”: il primo è un sistema che scoraggia l’ingresso di tutti i veicoli nell’area interessata al provvedimento, grazie a un sistema di pedaggi quotidiani piuttosto elevato. Il secondo è invece una limitazione per i veicoli maggiormente inquinanti, in particolare il divieto di accesso a veicoli che non rientrano nelle categorie Euro 3, 4 e 5 a seconda della città. Alcune, come Londra ad esempio, hanno adottato entrambi i provvedimenti: congestion charge nell’area centrale e la low emission zone nella restante area urbana. Berlino ha adottato la LEZ (low emission zone) per 88 km quadrati che hanno permesso di abbattere le polveri sottili del 50%. La popolazione milanese è stata chiamata a esprimere la propria volontà in un referendum nel 2011 che ha portato alla creazione di Area C nel perimetro della cerchia dei bastioni, utilizzando le stesse videocamere di monitoraggio di Ecopass (provvedimento della giunta Moratti che assomigliava di più a una LEZ). Il problema dell’inquinamento non è infatti da sottovalutare: stando al report della EEA (European Environ-

A Berlino la Lez (low emission zone) si estende per 88 km2 ment Agency) si legge che Milano e larga parte della pianura padana circostante rappresentano la zona con il più alto tasso d’inquinamento d’Europa. Gli effetti del provvedimento milanese però non hanno tardato ad arrivare: la giunta Pisapia ha infatti pre-

sentato un rapporto nel quale si registra un calo sensibile cosidetti “black carbon”, ovvero la parte più nociva delle polveri sottili. E nonostante questi dati siano stati in seguito contestati perché rilevati in maniera parziale, rimane comunque chiara la volontà di sostenere politiche per disincentivare il trasporto privato. Introdurre una congestion charge vuol dire inevitabilmente sostenere altre forme di mobilità urbana: nel caso di Milano questo si traduce nell’implementazione dei mezzi di superficie, nell’apertura della nuova linea della metropolitana, nell’appoggio alle compagnie che offrono il car sharing. Inoltre puntare sulle biciclette

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Introdurre la congestion charge e sostenere una mobilità diversa e la realizzazione di nuove piste ciclabili, oltre che cercare di allargare i marciapiedi. La lotta all’inquinamento causato dalle macchine d’altronde s’inserisce nelle linee guida che L’Unione Europea ha espresso chiaramente all’interno della “road map” dei trasporti, nelle quali, fra le altre norme, è previsto il dimezzamento delle auto ad alimentazione tradizionale entro il 2030 e il trasferimento dei viaggi di medio raggio (intercity) da gomma a rotaia. I diversi interventi messi in campo dipendono ovviamente dalla storia e dalla tradizione che contraddistingue ciascuna città, non bisogna dunque stupirsi quando si passeggia per Amsterdam o Copenaghen e si rimane impressionati dall’elevato numero di biciclette. Natasja, una ventenne danese, abituata da molti anni a questo tipo di organizzazione descrive così la sua città: “Copenaghen è una cycling city, la visione che sta alla base è quella di rendere la città meno inquinata e risparmiare anche un po’ di tempo grazie alla diminuzione del traffico, considerando che qui ci sono ovunque piste ciclabili. Il sistema di trasporto pubblico funziona bene anche se bisognerebbe implementare i parcheggi a pagamento fuori dalla congestion charge.” E chissà che fra dieci anni una coetanea milanese possa descrivere così la mobilità, anche fuori dalla cerchia dei bastioni.

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Area destinata alla Congestion Charge

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DOSSIER CAR SHARING

È BOOM DEGLI ISCRITTI PER LE AUTO CONDIVISE DA MAGGIO A MILANO ARRIVERÀ ANCHE TWIST

TUTTI PAZZI PER IL CAR SHARING MARIELLA LAURENZA @MariellaLaurenz

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anno superato quota 110 mila gli iscrii del car sharing a Milano e ci si aspea che continueranno a crescere, considerato che ogni giorno si contano centinaia di nuove iscrizioni. Negli ultimi venti anni, Milano ha perso circa 200 mila auto (da 920 mila si è scesi a 716 mila) e il ritmo di crescita dei clienti del car sharing fa pensare che caleranno ulteriormente e che saranno sempre meno quelli che useranno l’auto privata. Se Car2Go, il servizio di Mercedes, a sei mesi dal suo sbarco, ha toccato la soglia dei 60 mila iscrii, Enjoy, il servizio offerto da Eni, in partnership con Fiat e Trenitalia, in solo tre mesi è arrivato a contarne ben 55 mila. Numeri questi che hanno sorpreso anche il vice presidente di Smart mobility services di Eni, Giuseppe Macchia, che non si aspeava questi risultati in tempi così rapidi. “Avevamo previsto di raggiungere i 57 mila utenti – ha dichiarato Macchia – ma pensavamo di meerci tre anni”. A Milano, ad oggi, sono circa 1400 le auto in

condivisione disponibili per muoversi in cià, ma il successo riscosso sta spingendo i diversi operatori ad ampliare la loro floa. Car2Go, infai, meerà a disposizione degli utenti altre 200 Smart che andranno ad aggiungersi alle 600 già in circolazione. Al parco auto degli operatori già aivi nella cià lombarda dovranno aggiungersi le cento Wolkswagen Up! di Twist che, a partire dal prossimo 1 maggio, saranno a disposizione degli utenti e che, in qualche mese, aumenteranno a 500 citycar. Con l’arrivo di Twist gli operatori saranno in totale sei. A completare il quadro ci sono GuidaMi, eVai ed Eqsharing

La chiave del successo è lo smartphone: la macchina più vicina si cerca con l’app che offre un servizio basato sulle auto eleriche. Oltre che puntare sulla quantità delle auto, Eni ha diversificato la floa,

meendo in campo due differenti modelli per caurare diversi target di clienti. Alla Fiat 500 è stata affiancata la 500L che meglio si presta alle esigenze di una famiglia perché più spaziosa. Alla base del successo del car sharing, che in realtà esiste già da una decina di anni ma che è esploso solo negli ultimi mesi, sta l’utilizzo dello smartphone. Araverso l’applicazione, scaricabile sul cellulare, è possibile individuare rapidamente l’auto più vicina e prenotarla. Vincente è stata anche l’idea del free floating. Le macchine, con questa nuova forma di car sharing, possono essere lasciate ovunque e non devono più essere riconsegnate in appositi parcheggi. Una novità non di poco conto considerato

Gomme a terra: i problemi dell’auto condivisa

CINZIA CASERIO @CinziaCaserio

L’

arrivo di Twist a maggio è un’ulteriore conferma della popolarità che il car sharing gode fra i ciadini e tra le fila dell’amministrazione comunale. Ma se le ragioni del successo del car sharing sono soo gli occhi di tui, non si può non tenere conto di alcune criticità. Prima fra tue, l’ambiente. L’uso di motori diesel in determinate veure (fra cui Twist) e il

libero accesso in area C hanno destato le critiche da parte dell’opposizione e di alcune associazioni ciadine come GenitoriAntismog. esti ultimi hanno indirizzato una leera all’assessore alla mobilità e all’ambiente Pierfrancesco Maran per oenere dei chiarimenti sulla questione. Il rischio però è che si stia parlando di un falso problema. Innanzituo, bisogna capire fino a che punto

che il dover cercare le piazzole di sosta, che potevano essere a chilometri di distanza, scoraggiava non pochi clienti. Le novità non si esauriscono qui. In previsione di eventi e manifestazione che si terranno a Milano, Car2Go ed Enjoy si stanno muovendo per dare un ulteriore slancio all’uso dell’auto in condivisione. Car2Go ha siglato un accordo con Il Salone del Mobile, in programma dall’8 al 13 aprile. In occasione della prossima manifestazione, il pubblico potrà raggiungere il quartiere di Fiera Milano con le Smart identificate dal claim “Destinazione Salone” e parcheggiare in un’area appositamente riservata. Ha guardato più in là Enjoy che, in aesa di Expo 2015, sta pen-

il motore diesel inquini di più di uno a benzina, considerando che i filtri antiparticolato ormai garantiscono un minor rilascio di sostanze inquinanti. Per quanto riguarda l’Area C, invece, si dovrebbe ripartire dal conceo di “congestion charge” con cui è nata, ovvero la riduzione del traffico nel centro della cià. Obieivo raggiunto secondo l’amministrazione comunale, che riporta una diminuzione del flusso pari al 30,7% dal 2011 al 2012. Le critiche riguardano appunto il libero accesso in Area C per il rischio di un aumento del traffico nella zona. A questo proposito va ricordato che la circolazione con le auto condivise in Area C è libera ma non gratuita, infai il costo del pass è incluso nel prezzo dell’auto. Ma ci sono anche altre criticità che destano polemiche, come gli ai vandalici. Solo Car2Go conta un centinaio di auto dan-


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sando di estendere il servizio di car sharing anche ai clienti stranieri, aprendo l’uso a patenti non italiane. Un’intuizione che potrebbe rivelarsi davvero efficace tenuto conto del numero di visitatori esteri che si riverseranno nella cià in occasione dell’evento. Se questi sono i progei per il futuro, altre iniziative sono già andate in porto. Car2Go ha risposto ad Enjoy che, a fine anno, aveva lanciato un’alleanza con Trenitalia, sooscrivendo una partnership con Italo. L’intesa prevede la reciproca collaborazione sui servizi di car sharing Car2Go e dei treni ad alta velocità Italo. Nel periodo di lancio dell’accordo, che durerà fino al 30 aprile, sono previsti bonus reciproci per i clienti di Car2Go e

di Italo, con minuti di utilizzo dell’auto e sconti per i treni. L’obieivo è creare un collegamento stabile tra chi usa il treno e

Nuova sfida per il servizio di car sharing Sbarcano a Roma Car2Go ed Enjoy il servizio di noleggio condiviso, grazie ad una applicazione per smartphone. Forti degli oimi risultati riscontrati a Milano, prima cià in Italia ad aver puntato su

Gli ecologisti: “L’aumento degli operatori ha un impatto negativo sul traffico a Milano” neggiate in see mesi di segnalazioni da parte dei clienti. I vandalismi sono diventati tanto frequenti da spingere il comandante dei vigili di Milano Tullio Mastrangelo a organizzare una squadra apposita per risolvere il problema. Auto incendiate e carcasse abbandonate in luoghi isolati, lame conficcate nelle

una nuova idea di mobilità, ora Car2Go ed Enjoy sono pronti per una nuova sfida. I due operatori lanceranno il servizio di car sharing in altre cià italiane. La prima che vedrà nelle sue strade le Smart e le Fiat 500 sarà Roma. Car2Go, a partire da metà marzo, ha messo a disposizione 300 Smart che sono diventate 500 entro la fine del mese. Per il debuo di Enjoy bisognerà, invece, aspeare giugno. La sua floa sarà composta da 600 Fiat 500. Dopo Roma, Eni punterà su Torino e dai risultati che si riscontreranno si capirà se il car sharing, che tanto ha conquistato i milanesi, si farà strada anche nel cuore degli altri italiani.

gomme e nei copertoni, furti, navigatori strappati dal cruscoo e finestrini spaccati sono alcuni degli scenari più comuni in cui ci si imbae. Da parte sua, Car2Go ha già avanzato una proposta al Comune per risolvere il fastidioso inconveniente. L’idea è quella di ridisegnare i confini del car sharing, eliminando le zone periferiche più a rischio dall’area di circolazione consentita. A Nord rimarrebbero escluse alcune strade nei quartieri di Bovisa e arto Oggiaro, e a Sud l’area compresa fra tra via Ripamonti, via Vaiano Valle e via Selvanesco, per un totale di 4-5 chilometri quadrati. La serialità dei vandalismi spinge a indagare per saperne di più sia sui responsabili che sugli obieivi degli ai. Il rischio era stato messo in conto dai gestori, che infai non hanno avvertito flessioni nell’uso delle veure, ma spinge ugualmente a fare chiarezza sull’accaduto.

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DOSSIER AUTO ELETTRICHE

LE SPINE DELL’ELETTRICO DANIELE LETTIG

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utomobile e liberté sono le due parole all’origine del nome “Autolib’”, ovvero l’esempio più celebre di car sharing di veure eleriche, che serve la cià di Parigi dal dicembre 2011. Una intuizione del sindaco Bernard Delanoë che ha contribuito a modificare alcune certezze che sembravano acquisite sul problema del traffico veicolare in una grande metropoli. Nel 2008 il primo ciadino della capitale francese, per dare un’impronta più “verde” alla cià e sulla falsariga del successo oenuto dal servizio di biciclee pubbliche “Velib’”, ha proposto la creazione di un parco di automobili in condivisione, alimentate elericamente e diffuse su tuo il territorio dei comuni dell’Ile de France. Oggi a disposizione del pubblico ci sono 2000 veure con 850 stazioni di ricarica, e ben 65mila persone utilizzano il servizio. «La mobilità elerica – spiega Andrea Baracco, esperto di trasporto sostenibile, già consulente di Renault Italia –

Il modello da imitare è Parigi: sono 65mila i cittadini iscritti ad “Autolib’” è una politica che le amministrazioni dalle cià dovrebbero sposare, in quanto è l’unico sistema in grado di ridurre il tasso di inquinamento. Oggi il limite più grande dell’automobile alimentata ad elericità è quello dell’au-

tonomia ristrea. esto problema però – prosegue Baracco – si sposa con una grande opportunità: i veicoli sono ad emissioni zero, cioè non rilasciano nell’aria nessuna polvere soile, il che è un enorme vantaggio nel caso degli spostamenti urbani», che sono generalmente di corto raggio: nelle cià è quindi più facile la diffusione dei punti di ricarica. In questa direzione si è avviata Parigi (cui seguirà Londra, dove “Autolib’” arriverà nel 2016), ma qualcosa si muove anche in Italia. Nel 2013 sono nati due nuovi servizi di car sharing elerico a Napoli e Milano. C’è però una differenza importante con quanto messo in campo dalla municipalità parigina: se in Francia l’amministrazione pubblica ha avuto un ruolo di finanziatore primario dell’operazione (il servizio è infai gestito dall’impresa privata Bolloré ma è di proprietà di un consorzio tra i comuni coinvolti) nel nostro paese i Comuni di Milano e Napoli non hanno investito direamente, ma incentivato degli operatori privati a installare le proprie reti. È questo il caso della società napoletana Neaheliopolis (Nhp), fondata nel 2006 da tre giovani ingegneri, che a giugno dello scorso anno ha lanciato nel capoluogo campano il progeo “Bee”. Esso ha messo a disposizione dei ciadini 40 quadricicli con motore elerico e, secondo i dati forniti dalla società, a marzo 2014 risultano iscrie al servizio 2000 persone. Per quanto riguarda i costi, ogni minuto di utilizzo delle veure – che hanno un’autonomia di circa 100 km in ambito urbano – ha un prezzo che va da 0,15 a 0,28 centesimi oltre alla tariffa dell’abbonamento, che per un anno richiede 30 euro. A novembre, poi, il progeo è sbarcato a Milano, dove Nhp ha streo un accordo di collaborazione con il Comune ed è uno degli sponsor delle Isole digitali installate in cià: 15 spazi multimediali pensati per renderla

Punti di ricarica EQsharing

SHARING

A Milano, le Isole digitali in cui è possibile noleggiare un veicolo del servizio EQ sharing sono al momento 15, ma presto dovrebbero diventare 27. In questi spazi è possibile ricaricare gratuitamente le proprie apparecchiature elettroniche grazie a delle apposite colonnine. Dei totem touch screen forniscono invece informazioni in italiano e inglese su mobilità, trasporto pubblico ed eventi cittadini.

Acquisto card Punti ricarica www.eqsharing.it

più fruibile a ciadini e visitatori in occasione dell’Expo. Il servizio offerto ai milanesi si chiama EQ sharing e dispone aualmente di 120 veicoli: si traa di quadricicli abilitati al trasporto

Per il futuro una strategia globale dovrà mettere in rete i progetti locali

di due persone la cui autonomia è di circa 40-50 km. Il costo dell’abbonamento è sempre di 30 euro, mentre la tariffa al minuto ammonta a 13 cent. Nel capoluogo lombardo, inoltre, è operativo da fine 2010 un altro servizio: si traa di E-vai, progeo nato

dalla collaborazione fra Trenord e la multiutility A2A e pensato come un’integrazione all’offerta del trasporto ferroviario: le aree in cui prendere in prestito i veicoli sono diffuse su tuo il territorio lombardo (a Milano sono 7), e sono situate presso le stazioni servite dai treni locali. A livello di prezzi, questo programma risulta il più competitivo: l’iscrizione è gratuita e il noleggio di un mezzo elerico costa 5 euro al giorno. Il car sharing elerico, comunque, deve ancora compiere il definitivo salto di qualità: «le pubbliche amministrazioni – conclude Baracco – dovranno cercare di superare la fase dei piccoli progei locali e pensare a una strategia globale in grado di meere in rete le varie esperienze e di offrire nuove possibilità anche alle case costrurici».


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IL TRAMONTO DEL TAXI IL NEMICO? LE APP...

ELENA IANNONE @Elena_Iannone

L

e rivendicazioni dei tassisti milanesi non rappresentano solo una protesta, ma sono anche il sintomo che qualcosa è cambiato e che forse non tornerà più come prima. L’oggeo del contendere è Uber, la società americana che offre un servizio di noleggio con conducente araverso un’App. che geolocalizza il cliente, preventiva la spesa e, a seconda dell’auto scelta e della destinazione d’arrivo, permee il pagamento on line, così da aver risolto con tre “click” inutili aese e telefonate interminabili con i centralini dei radio taxi. E’ vero che nello specifico Uber, così com’è adesso vìola le regole ed è concorrenza sleale. Però è anche vero che il Comune da solo non può arginare un fenomeno destinato a espandersi, per quanto si affanni a sanzionarlo. Ma in questa vicenda è Uber a rappresentare il futuro: la facilità di un’App contro un servizio più vecchio, più lento. “Noi ce l’abbiamo con Uber che non rispea le regole, mica con il car sharing, perché in fondo non è la stessa

cosa: devi cercarti la macchina, devi avere la patente.” Racconta un tassista a braccia conserte davanti alla Stazione Centrale di Milano. Durante l’ultimo sciopero dei taxi Uber ha proposto ai propri clienti uno sconto del 20% per chiunque utilizzasse il servizio. I tassisti, che per tradizione sono estremamente corporativi, che altro possono fare quando lo sciopero che non blocca più il traffico? La transizione della mobilità che avviene a Milano è lo specchio di

Uber rappresenta il futuro: un’App contro un servizio più vecchio

quello che prima o poi succederà nel resto dello stivale. A New York i tassisti sono per la maggior parte stranieri: il famoso medaglione da $150 consiste nella licenza, che i singoli conducenti possono affittare quotidianamente – a fronte di un guadagno annuale aorno ai 20.000 dollari per 12 ore di lavoro al giorno – a aziende private che gestiscono le auto. Il nostro sistema invece prevede che i tassisti

paghino un’onerosa licenza che in cià come Milano può arrivare a costare centinaia di migliaia di euro. E questo non è che uno degli aspei all’interno di un sistema più complesso che riguarda la nuova mobilità nelle cià: bike sharing, car sharing e trasporto privato d’eccellenza allo stesso prezzo di una corsa in tassì. E ora è un po’ tardi per occuparsi di cosa si poteva fare. Che prospettive hanno davanti? La prima, quella più ovvia, risulta una liberalizzazione delle licenze e di conseguenza una maggiore competitività sul mercato. La seconda, e forse la più probabile, potrebbe essere quella di rivedere il tassametro cercando di adeguare le tariffe a standard più competitivi e, loro malgrado, meno redditizi. el che è certo è che oggi si trovano a scontare la gestione del servizio negli ultimi trent’anni: non essersi occupati del trasporto popolare in favore di un tariffario proibitivo e pieno di sovrapprezzi ingiustificati ha significato per il ciadino medio considerare il taxi come un mezzo “d’emergenza”. E i milanesi non ci meeranno molto a perdere del tuo una rara abitudine in favore di un nuovo trend che appare inarrestabile.

La rivolta cinguetta da Milano a Parigi Twitter

P

arigi e Milano unite nella lotta. La spinosa questione delle proteste dei taxi nei confronti di Uber, società americana che offre servizi di trasporto di lusso con conducente allo stesso prezzo o quasi dei classici taxi, ha infatti unito i cugini tassisti che si sono alleati contro il concorrente che non ci voleva. L’internazionale tassisti: così l’ha ironicamente definita Armando Stella sul Corriere della Sera: la definizione è piaciuta anche ai colleghi d’oltralpe al punto che “le courrier international” -un celebre settimanale che traduce articoli stranieri - ha riproposto l’analisi di Stella in francese. Infatti le Su Twitter si leggono messaggi di solidarietà e supporto, ma anche di coordinamento fra le parti e quello che ottiene Milano dal

Comune viene rivendicato come legittimo anche da parte della Ville Lumiere e viceversa, proprio in nome di un’uguaglianza di normative che scavalca i confini nazionali. Si tengono aggiornati “A paris rendez vous dans 2 mois :( pas de progrès” (A Parigi l’appuntamento è fra due mesi – non ci sono progressi) e subito risponde Milano: “Aujourd' ui état une protestation par le #Maire, la #grève est de 20 Férvrier, nous voions” (oggi c’era una protesta davanti al Comune, il prossimo sciopero è il 20 febbraio, vedremo). Il francese è un po’ zoppicante, anche se va riconosciuta una certa intraprendenza ai tassisti nostrani al contrario dei francesi che non azzardano mai un commento in italiano, neppure maccaronico. (EI)

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10 MILANO MONUMENTI

TRA DONAZIONI, RESTAURI E IL NUOVO GRANDE MUSEO. DIETRO L’ANGOLO C’E’ EXPO 2015

IL DUOMO DA ESPOSIZIONE FEDERICO FUMAGALLI

L

a grande bellezza abita anche a Milano e il Duomo, con i suoi see secoli di marmo scolpito ad arte, è lì a dimostrarlo. Il 2015 per la cià sarà un anno importante e la caedrale si sta esercitando a rivestire un ruolo da protagonista per l’evento Expo (Milano, 1° maggio – 31 oobre 2015). Il monumento è consapevole del suo peso simbolico e monumentali sono i numeri che lo riguardano. Cinque milioni di visitatori l’anno, dicioo cantieri aualmente aperti, un Museo dedicato, da 2.200 metri quadri, oltre a un immenso archivio cartaceo in via di digitalizzazione. Tue queste operazioni ammontano sin qui a una spesa di 35 milioni di euro, cifra interamente coperta dai finanziamenti pubblici e soprauo donazioni private. Ma la Veneranda Fabbrica del Duomo, l’istituzione che tiene le redini finanziarie, artistiche e gestionali della caedrale dal 1387,

anno della sua fondazione, come tui soffre la crisi e le sue conseguenze. Il Professor Angelo Caloia, Presidente di Veneranda Fabbrica, parla di congiuntura economica negativa che si riflee direamente «sulla pelle del monumento» e aggiunge che «pur essendo il Duomo un bene innegabilmente così prezioso e importante, simbolo tra i più

“La crisi economica pesa sulla cattedrale, i fondi per mantenerla scarseggiano sempre”

conosciuti al mondo, i contributi pubblici e privati per il suo mantenimento scarseggiano sempre». E quindi la cartellonistica pubblicitaria, pur a volte invasiva, diventa determinante tanto quanto le campagne di raccolta fondi. Tra queste, di successo è “Adoa una guglia”, un’iniziativa aperta sia alle grandi (dai 100 mila euro) che alle pic-

cole (poche decine di euro) offerte. «La Fabbrica è sempre vissuta con le donazioni» prosegue Caloia «non abbiamo fao altro che ripristinare un modello organizzativo di raccolta fondi, basato sulla generosità delle persone. E stiamo oenendo buoni riscontri». anto alle elargizioni di provenienza pubblica, la soddisfazione è più contenuta. Andrebbero a coprire il 30% del fabbisogno, ma a volte il tempo di aesa per riscuotere è più lungo del dovuto. Altri 4 milioni sarebbero serviti a costruire il nuovo ascensore del Duomo, provvisorio per Expo, per facilitare la salita del pubblico e smaltire meglio le code. Ma la sovrintendenza locale ha espresso parere negativo («l’ascensore ci pare inopportuno») e, salvo clamorose sorprese, non si farà. Una così stupefacente opera architeonica, le cui innumerevoli fasi realizzative si sono susseguite dal XIV al XIX secolo e che ancora è oggeo di costante restyling, non può prescindere dalla presenza di un museo che ne riordini e racconti la storia. Lo scorso 4 no-

vembre, dopo due anni di lavori, il nuovo Grande Museo del Duomo è stato aperto al pubblico. La location è quella del vicino Palazzo Reale, l’allestimento è suggestivo. Con la media di 500 visitatori al giorno, il nuovo Museo si prepara a un aumento esponenziale di ingressi, previsto durante l’Esposizione del prossimo anno. Un ricco tesoro di sculture, dipinti, vetrate, realizzati per il Duomo e che nei secoli hanno trovato spazio in caedrale, prima della loro “dismissione” (per restauro, conservazione, semplice sostituzione). Vi convivono opere di epoche diverse: la prima statua di guglia, del 1404; un ritrovato Tintoreo, la tela “Gesù tra i doori”; la struura portante in ferro della Guglia Maggiore, che nel 1774 ospitò la Madonnina; fino alle porte bronzee di Lucio Fontana e Luciano Minguzzi, maestri del Novecento. Il consiglio è di visitare le 14 sale espositive alla ricerca del bello ma anche con la voglia di sapere di più della grande cià, passando araverso la conoscenza del suo simulacro. Addi-


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LabIULM

40% dei visitatori

è straniero

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108,5m 135 guglie è l’altezza dal suolo della Madonnina

Il Restauro

La Veneranda Fabbrica da Candoglia ai Marmisti FEDERICA PALMIERI

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e Cave di Candoglia, situate in Piemonte, all’ingresso della Val d’Ossola, sono di proprietà della Veneranda Fabbrica del Duomo dal 1387 e ne sono il cuore pulsante: non hanno mai smesso di essere la fonte principale di rifornimento del materiale per la realizzazione del monumento simbolo di Milano. La Fabbrica ammi-

riura, c'è la possibilità di rifleere su uno dei maggiori problemi di Milano, lo smog. Di grande impao, nella quarta sala, il voluto accostamento di due statue che erano collocate sul Duomo. La prima restaurata e ripulita dai segni dell'inquinamento ciadino, la seconda lasciata così com'era al momento del “prelievo”. La prima è bianca, la seconda è quasi nera, corrosa dalle polveri soili. Il cerchio si chiude a poche decine di metri dal Duomo e dal suo Museo, con la chiesa di San Goardo in Corte. L'edificio trecentesco è fuori dai consueti itinerari turistici e ha bisogno di sostanziosi lavori di mantenimento. La Veneranda Fabbrica del Duomo, che di recente l'ha avuta in dote dal Comune (con contrao di comodato sino al 2031), si occuperà del suo restauro che dovrà essere ra-

Il progetto di restauro per San Gottardo, un costo previsto di 2 milioni di euro pido e costerà circa 2 milioni di euro. Sarà un altro tassello per Expo 2015 e una sfida quella di portare a nuova vita il campanile di San Goardo, di scuola gioesca a base oagonale, un gioiello del gotico. Tra pochi mesi, Milano potrà contare anche sulla sua grande bellezza. In palio c'è molto più di un Oscar.

Statua per statua, guglia per guglia, i pezzi del Duomo vengono ricostruiti nistra l’eterno ciclo di restauro del Duomo, dall’estrazione del pregiato marmo dalle Cave, alla lavorazione nel Cantiere Marmisti, all’ubicazione degli elementi architeonici e decorativi nel Cantiere Duomo. Gino Giacomelli, da 16 anni responsabile del Cantiere Marmisti, dove aualmente lavorano 18 maestranze qualificate, ci illustra il percorso dei blocchi di marmo, dall’estrazione allo smistamento nei cantieri. La conservazione e il restauro della caedrale milanese sono aività che esigono un incessante e costante intervento di manutenzione, per una serie di concause quali le piogge acide, lo smog che deposita orribili croste di nero sul marmo, le zanche di ferro che arrugginiscono

e con la dilatazione termica provocano un aumento di volume che produce fenditure al suo interno, creando il rischio di cedimenti. Si rende così necessario un ricambio continuo dei pezzi: statua per statua, guglia per guglia, gli elementi che compongono il Duomo sono periodicamente ricostruiti da addei specializzati. I blocchi di marmo escavati sono destinati solo alle necessità della Fabbrica, data la difficoltà di estrazione, gli alti costi e l’esclusività del materiale. “La tempistica dell’intervento dipende dallo stato di conservazione. Noi facciamo un monitoraggio continuo durante tuo l’arco dell’anno delle diverse parti del Duomo, dopodiché ci adoperiamo ove occorre una maggiore necessità di messa in sicurezza dell’edificio. La maggior parte degli interventi, in ogni epoca, è di questo profilo”. Si fanno dunque dei programmi ben precisi e a lunga giata, ed è stato ormai raggiunto un equilibrio tra il materiale che viene scavato e quello che effeivamente necessita per il fabbisogno annuale. Nulla viene sprecato: “Non c’è ancora allarmismo quanto alla possibilità di esaurimento del materiale, però questo non ci esime dall’usufruirne con molta parsimonia. Buiamo solo i pezzi roi o inutilizzabili. Ma si fa così da sempre: questa è un’opera infinita, e bisogna pensarla in una prospeiva infinita”. Arriviamo sul passo carraio da dove entrano i camion che portano il marmo dalle Cave. “È l’area di deposito del marmo, dove vengono stoccati i blocchi più grandi e dove, a seconda degli elementi che dobbiamo andare a replicare, che siano

una statua, un ornato o un tassello, si sceglie il pezzo idoneo che viene diroato nel locale in cui subisce una prelavorazione. Le macchine

sagomatrici a controllo numerico adibite al taglio funzionano con lame a catene diamantate che vengono continuamente irrorate dall’acqua affinché né il disco né il marmo stesso si surriscaldino provocandone la spaccatura”. Una volta tagliato, il blocco viene sezionato, fresato, sgrossato man mano ed è portato il più possibile vicino alla forma dell’originale da riprodurre. Infine è rifinito dagli ornatisti (con gli strumenti tradizionali: scalpelli, martelli e trapani) ancora rigorosamente a mano come

Il marmo è rifinito dagli ornatisti, artigianalmente come 600 anni fa si faceva più di 600 anni fa, secondo un antico “sapere di boega” tramandato nei secoli. Con l’inaugurazione del Museo del Duomo lo scorso novembre, il Cantiere Marmisti ha dato un contributo molto importante: “Sono stati mesi di passione e di tensione, perché avevamo delle scadenze precise. In particolare ci siamo occupati della messa in sicurezza degli elementi che sarebbero stati esposti”. Il Museo è nato anche per raccontare più da vicino la prospeiva in cui opera la Veneranda Fabbrica, che interpreta lo spirito milanese in maniera emblematica. “Il Duomo e la sua edificazione narrano lo sforzo di fare sempre meglio, e di creare insieme, infai la sua storia secolare è un cammino di popolo”.


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12 ECONOMIA CROWDFUNDING

CROWDFUNDING PROGETTI MILIONARI CON QUATTRO SOLDI

STEFANO SCARPA @stefanoScarpa1

D

ue miliardi di dollari, è la modica cifra che Mark Zuckerberg, fondatore del social network Facebook, ha dovuto sborsare per assicurarsi “Oculus”, una società aiva nel seore della realtà virtuale. Fondata verso la fine del 2013, la startup con sede ad Irvine, California, avviò la propria aività grazie ad un’iniezione di quasi 95 milioni di dollari, alcuni dei quali raccolti araverso piaaforme di crowdfunding. La morale della favola è questa: nel 2014, l’equazione “ho un’idea, ma non ho soldi e quindi non posso realizzarla” si è trasformata in “ho un’idea ed ora mi tocca rim-

boccarmi le maniche per trovare i fondi per realizzarla”. A correre in aiuto del creativo di turno sono proprio le piaaforme di crowdfunding, il filantropismo 2.0. Chi ha un’idea, la propone sull’apposito sito, e

Non avere i soldi è diventata una scusa, proponendo alla rete le idee diventano realtà chiunque condivida la portata del progeo può fare una donazione per vederlo realizzato. L’espressione Crowdfunding deriva dalla

somma di due parole: folla (crowd) e raccolta di denaro (funding). Araverso l’impegno, anche di piccolissime cifre, più persone conferiscono un apporto finanziario per realizzare un progeo o iniziative di diverso genere. Si parte dalla start up innovativa alla campagna eleorale del sindaco di paese, insomma chi vuole vedere realizzata la propria idea e non ha fondi a sufficienza deve fare i conti con il popolo del web. In Italia, esiste una normativa che regola espressamente tali tipologie di raccolta. Per la Consob, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, si contano principalmente quaro modelli. I più diffusi sono il “donation based” ed il “reward based”. Il primo è molto usato nelle campagne eleorali. L’utente dona delle somme di denaro

Come4.org: il porno diventa etico “Far porno con il cuore”: un’espressione che potrebbe far sorridere ma è quello che Marco Annoni e Riccardo Zilli hanno promesso agli investitori che qualche tempo fa si sono imbauti nel loro progeo sulla piaaforma di crowdfunding Ulule. Come4.org è un progeo che parla di etica e pornografia. L’obieivo dei due creativi è quello di offrire ai propri utenti uno strumento che utilizzi contenuti pornografici con

lo scopo di raccogliere soldi da donare a cause benefiche. L’idea è stata subito apprezzata dal web, tanto che come4.org il 30 oobre del 2012 è stato finanziato per il 156%, ovvero più di 15.000€. Gli utenti potranno caricare contenuti sessuali espliciti autoprodoi, i quali potranno essere fruiti dalla rete. Ognuno potrà decidere a quale causa destinare il ricavato da un elenco presente sul sito

nel momento dell’upload. Del resto l’idea sembra essere vincente. Ogni anno l’xxx online produce un faurato di circa 100 miliardi di dollari. Destinare una piccola fea di questa torta ad una causa benefica potrebbe spostare questo flusso verso un fine più etico. Per il momento è aiva esclusivamente la landing page, ma a breve, dopo quasi due anni di lavoro, sarà aivata la versione completa. (SS)

senza ricevere nulla in cambio, nella speranza che il suo apporto sia utile a favorire l’elezione del proprio candidato. Il reward based, è il modello aualmente più utilizzato: si finanzia un progeo oenendo in cambio un premio o una specifica ricompensa. Ad esempio, finanzio la costruzione di un ristorante in cambio di una cena. Accanto a questi, si contano alcune tipologie maggiormente speculative come il “social lending”, araverso il quale è possibile realizzare prestiti tra privati, ricompensati con il pagamento di interessi, oppure il “royalty based” nel quale il finanziamento è ricompensato araverso la corresponsione di una parte dei profii. Il mercato globale offre svariate piaaforme tra cui scegliere. “Kickstarter” è senza dubbio la più conosciuta. Con sede a New York,


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13

Crowdfunding is an incredible opportunity for businesses to get in front of a network who want to support new ideas BARACK OBAMA

CHIARA SPINELLI: Intervista

il sito opera esclusivamente nel mercato anglosassone, permeendo l’iscrizione di progei solo per i ciadini USA, Gran Bretagna e Canada. “Indiegogo”, invece, è molto diffusa sul mercato europeo pur avendo le proprie radici in California. Ovviamente non esiste alcuna garanzia di successo. Secondo i dati forniti dagli stessi siti più della metà delle idee, alla scadenza del periodo di raccolta, non riescono ad oenere più del 20% di quanto chiesto al mercato. L’Italia si è dotata di una regolamentazione

L’Italia ha deciso di dotarsi di una legge all’avanguardia che tutela l’investitore

in materia nel 2013, che garantisce l’affidabilità dell’investimento costituendo un registro dei gestori dei portali di siti di crowdfunding, prevedendo un registro speciale riservato a banche ed imprese d’investimento che vogliano gestire dei portali di equity crowdfunding. Il mercato dei portali resta alquanto spezzeato. La realtà maggiormente consolidata sembra essere “Eppela”, dove vige il principio dell’“all or nothing”: non è possibile oenere finanziamenti parziali ma deve essere raccolta obbligatoriamente l’intera somma richiesta. Secondo i dati forniti dalla piaaforma, solo il 38% dei progei promossi è stato finanziato per l’intero. Si va dalla classica idea di start-up innovativa, agli speacoli teatrali. Va deo, però, che il mercato italiano è segnato da un grosso handicap: l’assenza di piccoli investitori seriali. Del resto, l’elemento che ha reso grandi le piaaforme americane è dato dalla presenza di persone comuni che decidono di donare piccole somme a più progei, stabilendo il principio che i siti di crowdfunding non funzionano grazie alle idee dei creativi che postano i loro progei, ma grazie alla gente comune che rinuncia ad un caffè per poter far cambiare il mondo al “rivoluzionario” di turno.

Così abbiamo salvato il festival del Giornalismo

Siti principali

INDIEGOGO

stato raccolte dopo scadenza

OPERANTE IN TUTTO IL MONDO

sede

71.67%

9.77% 4.88% 13.68%

0-25% 25-50% 50-75% 75-100+%

SAN FRANCISCO

KICKSTARTER stato raccolte dopo scadenza

MONDO ANGLOSASSONE + CANADA

8.35% 0.96%

sede

50.79% 0-20%

21-60% 61-99% 100+%

39,91%

NEW YORK

ULULE dati raccolta fondi per anno

+156%

7.419.816 €

OPERANTE IN TUTTO IL MONDO

+145%

sede PARIGI

2.895.473 € 1.177.119 €

2011

2012

2013

percentuale progetti finanziati

66.3%

62.5%

66.3%

43,1%

2014*

2013

2012

2011

EPPELA OPERANTE IN TUTTO IL MONDO

percentuale progetti finanziati*

38%

progetti finanziati

sede LUCCA

62%

progetti  non finanziati

All or Nothing

In Eppela vige la regola del tutto o niente, quindi non esistono statistiche per progetti parzailmente finanziati

MARCO DEMICHELI @marcodemi90

S

ulla carta d’identità ha scrio Chiara Spinelli, ma ormai è conosciuta come “Lady Crowdfunding”. La 35enne pisana è probabilmente la più grande esperta di “finanziamento di massa” in Italia. E tra gli ultimi progei che ha aiutato ad organizzare c’è anche l’oava edizione del Festival Internazionale del Giornalismo, che si terrà a Perugia dal 30 aprile al 4 maggio. Com’è nata l’idea della campagna di finanziamento del Festival? Si traa di un progeo nato su internet, su Twier in particolare. Era lo scorso oobre, un mio amico aveva scrio che l’IJF (International Journalism Festival, ndr) sarebbe stato organizzato con i soldi raccolti su Kickstarter, uno dei più importanti siti di crowdfunding a livello mondiale, perché i finanziamenti delle istituzioni e degli sponsor che erano arrivati negli anni scorsi erano calati. Io scrissi che secondo me non era necessario Kickstarter, si sarebbe potuto gestire tuo sulla piaaforma del Festival. Da lì è iniziato uno scambio di idee con Arianna Ciccone, l’organizzatrice dell’IJF, che ha fao partire tuo. In due seimane abbiamo impostato l’intera campagna.

al è stata la iave del successo dell’operazione? Sicuramente il grande interesse che c’è per questa bella manife-

Giornale.it, i reportage finanziati dai lettori Tra i numerosi progei che sono stati finanziati negli ultimi anni araverso il crowdfunding “Gli occhi della guerra”, la campagna lanciata da ilgiornale.it, è sicuramente uno dei più riusciti. A causa della crisi economica che ha colpito l’editoria, la testata milanese si è trovata in difficoltà nel finanziare i reportage dall’estero dei propri inviati ed ha perciò chiesto aiuto ai suoi leori, che hanno risposto in maniera entusiasta. Il quoti-

diano fondato da Indro Montanelli ha dato la possibilità ai suoi affezionati utenti di scegliere dove mandare i propri inviati di guerra, per seguire sul campo gli eventi più caldi e raccontarli poi araverso articoli e contributi video. I primi tre progei proposti hanno riguardato gli scontri tra le milizie in Libia, che rischiavano di avere serie conseguenze anche per l’Italia in quanto meevano in pericolo gli oleodoi che trasportano il pe-

trolio che poi noi importiamo, le elezioni in Afghanistan ed il ritiro delle truppe alleate dal Paese, eventi previsti entrambi per il mese di aprile, ed i disordini di piazza che hanno avuto luogo a Kiev, in Ucraina. La gente ha risposto subito “presente” a questa richiesta e tui i reportage sono stati finanziati in breve tempo: per il primo, realizzato da Gian Micalessin, sono stati raccolti 5.129 € sui 5.000 richiesti, con 104 sostenitori; quello

stazione. Ci sono stati ben 749 donatori che hanno deciso di sostenere il Festival, e circa 700 erano persone comuni. Ovviamente, poi, hanno avuto un ruolo importante i grandi finanziatori: l’Ordine dei Giornalisti e Philip Morris Italia hanno deciso di dare 20.000 € a testa, per esempio, ed altri amici di Arianna hanno fao offerte importanti, come Beppe Severgnini. Ma questa è una conseguenza dell’apprezzamento che il Festival ha raccolto negli anni.

Il crowdfunding premia il merito: i progetti migliori sono finanziati È molto importante avere una buona base di “affezionati” quindi? Decisamente, soprauo in Italia. Da noi sono rari i donatori “seriali”, bisogna basarsi su una community forte. Per me crowdfunding vuol dire meritocrazia, vengono premiati i progei utili e che piacciono. Il futuro delle grandi manifestazioni come l’IJF è il crowdfunding? No, assolutamente. Un’iniziativa come quella per il finanziamento del Festival di Perugia dovrebbe anzi far capire agli sponsor ed alle istituzioni che c’è grande interesse per questi eventi, e che vale la pena investirci.

€ 9.000

raccolti per due documentari su Libia ed Afghanistan

sull’Afghanistan, di Fausto Biloslavo, ha visto 55 leori donare 4.051 €, a fronte di una richiesta di 4.000; ed anche il progeo sull’Ucraina, per cui è stato inviato sempre Biloslavo, è stato finanziato completamente, in pochi giorni.. (MD)


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14 TECH YOUTUBE

POCHI SOLDI DAL SOCIAL NETWORK ED IL GRANDE SALTO DIVENTA NECESSARIO

YOUTUBERS ASSALTO ALLA TV

COSIMO FIRENZANI @cosimofirenzani

I

l grande salto. Dalla popolarità su Youtube al cinema o, nella maggior parte dei casi, alla televisione. Il passaggio alla tv degli Youtubers, i videomaker che raccolgono centinaia di migliaia di visualizzazioni sul sito di condivisione di filmati, è un salto che in tanti hanno tentato. Dalla conosciutissima Clio Zammaeo, in arte ClioMakeUp, che ha riproposto su Real Time i suoi consigli di trucco alle ragazze a Frank Matano, partito dagli scherzi telefonici per approdare alle Iene. Ma non solo: i dirii degli sketch comici in bianco e nero dei romani e Pills sono stati acquistati da Valsecchi per una produzione su Italia 1. Ma è davvero necessario il grande salto? Youtube può competere con la tv e rappresentare un mondo parallelo? “Io non

andrò in televisione, cerco di portare la gente su Youtube”, ha sempre sostenuto Claudio Di Biagio, ragazzo romano vera e propria web star prima con le clip comiche in proprio poi con la regia della web serie e Freaks. E c’è proprio Claudio Di Biagio tra i protagonisti del film “Dylan Dog viima degli eventi” che, per certi versi, rappresenta una tendenza inversa: da cinema e televisione a Youtube. E’ il caso di Alessandro Haber e di Milena Vukotic: i due aori si sono prestati per il film sostenuto con il crowdfunding pur sapendo di non ricevere un compenso. ello degli Youtubers è un microcosmo che è riuscito spesso ad unire le forze per progei importanti. Ne sono esempio la web serie e Freaks e per l’appunto il film “Dylan Dog viima degli eventi” realizzato da Claudio Di Biagio e da Luca Vecchi, anima della web serie comica e Pills. Il film andrà al cinema? No, solo su internet. C’è anche chi ha utiliz-zato

il potere di Youtube e della sua viralità per lanciarsi in aività legate alle tematiche raccontate nei video: CutiePieMarzia, ragazza vicentina salita nelle classifiche degli Youtubers italiani, grazie ai suoi videoconsigli di moda ha aperto un negozio online di vestiti. “Non si vive di solo Youtube”: è il mantra che

Quanto si guadagna con i video? Intorno ai 2 euro ogni 1000 contatti

spesso circola tra gli Youtubers. Ma quanto si guadagna con la pubblicità sul social network dei video? Intanto, non tui riescono a monetizzare i loro video. Per guadagnare bisogna siglare una partnership con il sito di proprietà di Google. Se all’inizio non era facile ai-

vare la convenzione, adesso è molto più semplice e le istruzioni vengono spiegate nelle faq del sito. Però, quantificare la somma di denaro per clic su Youtube, così come per tua la pubblicità online, è quasi impossibile. E l’argomento è a dir poco controverso. Troppe le variabili che concorrono a formare il guadagno dell'utente. Secondo una ricerca di Tube Mogul (un soware che permee di caricare i video con-temporaneamente su più servizi) i costi per gli inserzionisti per le pubblicità in-stream (quelle che non si possono saltare con un click) sono 9,96 dollari ogni mille visualizzazioni per i video da 30 secondi e 9,42 dollari per quelli da 15 secondi. Ci sono poi altre tipologie pubblicitarie, come le più costose clip che devono essere viste obbligatoriamente per intero dagli utenti e gli annunci (meno cari) che compaiono sul video e possono essere semplicemente nascosti. Supponiamo, quindi, che in media il costo pubblicita-

I tre video più visti nel 2013 in Italia

VIOLETTA - YO SOY ASÍ

1 24,4 mln DisneyCartoonChannel

di visualizzazioni

TIFOSO VINCE $75mila

2*

NBA

dato non disponibile

non comunicato da NBA


V

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Intervista/1

WILLWOOSH

Mettiamoci in gioco sul web

MARCO DEMICHELI @marcodemi90

T

ra i ragazzi italiani che hanno raccolto più successo su YouTube c’è senz’altro Guglielmo Scilla, 26enne romano noto in rete come Willwoosh. Tuo è iniziato con un video caricato sul sito americano quasi sei anni fa. Da quel “debuo” ad ora è cambiato tuo. Il ragazzino magrolino e sbarbato di “Iella natalizia”, primo video sul suo canale, che immaginava per sé un futuro da interprete, è cresciuto ed ha raggiunto traguardi che non si sarebbe mai sognato. Ha postato più di 100 video, recitato in una webserie, “Freaks!”, che è stata trasmessa poi in televisione, ed in quaro film, ha scrio due libri, è stato collaboratore per il “Fao otidiano” e conduce anche un programma radiofonico, “A tu per Gu”, in onda dal lunedì al giovedì su Radio Deejay.

rio sia di 10 dollari ogni 1000 visualizzazioni. Il passaggio successivo è: quanti di questi soldi vanno poi nelle tasche dell’autore? Youtube nelle sue faq introduive spiega che “offre ai partner la maggior parte delle entrate generate da tali annunci”. Ecco, a quanto ammonta? Il social network dei video non lo specifica. Supponiamo che la parte destinata all’autore sia il 60 per cento. Da segnalare anche che la pubblicità compare solo una volta ogni due video. indi, i 10 dollari per mille visualizzazioni di pubblicità si trasformano in 10 dollari ogni 2000 visualizzazioni del video. Dato che i partner ne riceve-rebbero il 60 per cento, possiamo affermare che guadagnino 3 dollari ogni mille visualizzazioni di ogni loro video: circa 2,3 euro. indi, 2300 euro ogni 100mila visualizzazioni. Troppo pochi, forse, per pensare di vivere di solo Youtube, a meno che non si raggiungano i milioni di visualizzazioni.

HARLEM SHAKE JUVE JUVENTUS

5,5 mln

di visualizzazioni

Guglielmo, tu sei un vero “essere multimediale”, capace di avere successo nelle diverse attività in cui ti sei impegnato. Ma è obbligatorio oggi “uscire” da YouTube?

No, assolutamente. Tu’altro. Ci sono ragazzi che, in un periodo nero per i giovani come questo, riescono a scommeere su se stessi, coltivare le proprie passioni e guadagnare con il web: loro sono i veri “YouTuber”.

E tu, invece, come ti definiresti? Se dovessi darmi un’etichea, avrei bisogno di un’ora di analisi da uno specialista ogni seimana. Mi suona strano “YouTuber” solo perché non considero quello che faccio su internet un lavoro. Se devo dare un ordine alle cose che faccio, comunque, dico prima scriore, poi aore ed infine

“Oggi molti pensano di lasciare la rete. Sbagliano, internet da grandi occasioni”

speaker. Scrivere è la cosa che mi piace di più, perché è la più genuina: non c’è bisogno di una produzione milionaria dietro, nel suo processo creativo la scriura non è legata ai soldi, serve solo l’immaginazione. Amo perdermi nelle grandi storie, nascondermici dentro: se c’è un principe che deve sconfiggere un drago caivo, mi piace pensare che io sia quel principe, e il drago un problema da affrontare. esto è il grande potere della narrativa.

812 mila iscritti ai suoi due canali youtube

97 mln di visualizzazioni totali per i video pubblicati

al è la tua visione del mondo di internet? La stessa di quando ho cominciato. Per me il web resta un diario segreto: se ho voglia posto un video, altrimenti no. ali sono le regole da seguire per avere successo in rete? Ho iniziato coi video per divertimento, non so il perché di tanto seguito (97 milioni di visualizzazioni totali dei suoi video, più di 500.000 “mi piace” su Facebook e quasi 300.000 follower su Twier, ndr) e sono contento di non saperlo. Oggi si legge in molti la voglia di andarsene, si vede che fanno video “piacioni”, utilizzano YouTube come trampolino, con l’intenzione di mollarlo presto. Secondo me sbagliano in questo. Internet dà delle occasioni pazzesche, chi si inventa progei nuovi ha quel qualcosa in più che gli garantisce il successo. È la grande democrazia del web a decidere quali siano i progei più interessanti, e quali meno.

Intervista/2

IL TERZO SEGRETO DI SATIRA

U

n ragazzo che cerca di disintossicarsi dal suo essere berlusconiano, feste di Natale al Pd che finiscono tra alcol e prostitute. Niente di vero: è satira. Satira politica che viaggia su Youtube, raccoglie centinaia di migliaia di visualizzazioni e viene spesso ripresa dai talk politici della televisione. E' il Terzo segreto di satira: un progeo di cinque ragazzi (Pietro Belfiore, Davide Rossi, Davide Bonacina, Andrea Fadenti e Andrea Mazzarella) che si sono conosciuti alle Scuola civica di cinema di Milano. "Youtube? Per noi è stata una grande vetrina – afferma Davide Rossi Adesso, non possiamo pensare di vivere solo con il social network dei video, al massimo arrotondiamo. Il Terzo segreto di satira vive grazie ad una casa di produzioni, la Ramaya, con la quale facciamo anche altri lavori”. indi, pensare di vivere di solo

Prendere in giro la politica La satira che spopola in rete Youtube è impensabile? “Abbiamo dei costi più alti rispeo ad uno Youtuber solitario che magari può avere una continuità maggiore nel postare i video – prosegue Davide Rossi - Se sei da solo ti puoi permeere un video a seimana".

“Non si vive di solo Youtube: abbiamo un casa di produzione”

Com'è nato il Terzo segreto di satira? "Ci siamo conosciuti alla Scuola civica di cinema di Milano e reincontrati ad un anno dalla fine della scuola – spiega Pietro Belfiore- Durante il corso ci ha sempre accomunato la passione per la comicità. Così abbiamo

iniziato a meere video, all'epoca solo di montaggio, su internet. Youtube era il mezzo più facile, anche per avere un riscontro immediato del nostro lavoro. E' nata come un'idea, un progeo. Ma, alla fine, siamo contenti: ci sono coppie che si sono sfaldate molto prima". Da cosa nascono i vostri video? "Nasce tuo fondamentalmente da un rapporto di amicizia e di una visione comune del mondo e della vita – afferma Davide Bonacina - La politica è una delle cose che ci interessa di più, ci piace tanto. Di solito partiamo da un’idea di uno di noi e, se piace a tui, viene sviluppato. Le idee vengono dalle notizie del momento. I nostri video sono autoprodoi, non ci sono campagne di promozione: cerchiamo di stare al passo con l'attualità, così i media ne parlano e li diffondono". (CF)


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16 CINEMA EROS E DESIDERIO

È PORNO! È ARTE!

SESSO ESTREMO AL CINEMA MA LA PERVERSIONE È MENTALE ROBERTA RUSSO @roberta_erre

N

ymphomaniac è in Italia e il sesso torna a far parlare di sé. Lars Von Trier lancia il suo “primo film porno” e prepotentemente torna ad infiammare le discussioni degli ultimi mesi. Si impone e diventa il centro di un (non) nuovo dibaito. Eppure l’eros, la sessualità, non sono estranei al genere umano: l’uomo, in un modo o nell’altro, in pubblico o in privato, in maniera più o meno esplicita,

Intervista

ENRICO POZZI

Tra sofferenza e desiderio

GIROLAMO TRIPOLI @girolamo_trip

ha sempre parlato di sesso e di tue le sue varie declinazioni. Nonostante questo la sessualità non è vissuta come un qualsiasi comportamento o istinto naturale ma è diventata, nel tempo, qualcosa di socialmente costruito, da analizzare e capire. All’interno di questa esigenza si impone il cinema, che grazie alla sua funzione di specchio delle pulsioni sociali e laboratorio di storie, diventa il principale mezzo araverso cui indagare la psiche erotica. In particolare sembrano esistere precisi momenti in cui l’aenzione si focalizza sull’argomento, ed in cui la seima arte gioca un ruolo

fondamentale: il grande schermo, fotogramma per fotogramma, rompe i taboo, sblocca i meccanismi censori e nel buio della sala mee davanti agli occhi dello speatore perversioni e trasgressioni di ogni genere. Con il definitivo abbandono del Codice Hays (1968), che censurava all’interno dei film qualsiasi scena non fosse “moralmente acceabile”, la settima arte è intervenuta prepotentemente a sbloccare qualsiasi inibizione: a cominciare dal lontano Ultimo tango a Parigi (1972) di Bertolucci con la scabrosa “scena del burro”. Negli anni si sono poi susseguite, ad intervalli ciclici, pellicole

E

nrico Pozzi, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana, è stato ed è professore di Psicologia Sociale all’Università La Sapienza di Roma, in Francia e negli Stati Uniti d’America. Gli abbiamo chiesto di spiegare il rapporto tra determinati film scandalo usciti di recente, ma anche del passato, e il contesto sociale. C’è una relazione tra l’alta produzione in determinati periodi di questi film scandalo a sfondo sessuale e il contesto sociale? È una domanda molto difficile perché non esiste società umana che non abbia prodoo rappresentazioni della sessualità. alsiasi società umana conosciuta,

definite a volte “erotiche”, a volte “pornografiche”, che spesso hanno fao gridare allo scandalo: basti pensare a Nove seimane e mezzo di Adrian Lyne (1986), alla potenza di certe immagini di Eyes Wide Shut (1999) di Stanley Kubrick o alle deagliate scene di fellatio in Romance (1999) di Catherine Breillat, in cui uno dei personaggi è interpretato dall’aore porno Rocco Siffredi, fino ad arrivare ai 10 minuti ininterroi di sesso saffico in La vita di Adèle (2013). Perversioni che portate sul grande schermo, e per questo in un certo senso legiimate, contribuiscono allo stesso tempo a trac-

invece di fidarsi di un ipotetico stato di natura nel quale la natura crea una spontanea spinta all’aività sessuale, ha creato sistemi complessi simbolici e rappresentativi per suscitare, stimolare e accompagnare la sessualità. esto è un dato fondamentale. Dunque, in un certo senso, il problema vero per me non è se ora c’è qualcosa di specifico in termini quantitativi, ma se in qualche modo la qualità di ciò che ora viene rappresentato in modo socialmente acceato è diversa da quello che era prima. A ben vedere nessuna società esistente ha mai rinunciato a forme di rappresentazione esplicita e direa della sessualità come una sorta di mozione di sfiducia verso la presunta istintualità dell’aività sessuale.


!

E

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LabIULM

Hot Line

I film scandalo che hanno incassato di più al Box Office.

2011

2010

2000

ciare una linea soile tra ciò che è porno e quindi “improieabile”, se non in particolari sale ormai scomparse, e ciò che è erotico, sesso filosofico, punto di partenza per risvegliare la sessualità. “Perversioni d’autore” altrimenti inacceabili, progettate per scioccare, provocare e illuminare il pubblico considerato troppo apatico o troppo pudico. Non stupisce quindi che negli ultimi anni siano tornati alla ribalta certi film e volendo allargare il contesto, certi libri come l’acclamata trilogia erotica Cinquanta sfumature di grigio. La sessualità generale si è di nuovo assopita, viima delle ridondanti scene di sesso spicciolo che invadono i media e che hanno contribuito a diffondere un sentimento di noia e catatonia verso un argomento sdoganato e inserito in un contesto culturale molto più ampio in gran parte del mondo. Non si traa quindi di film porno, ma di pellicole che usano scene di sesso più o meno esplicite per indagare il disagio, l’ossessione, per risvegliare l’anima dal torpore. Nymphomaniac non è il primo (e sicuramento non sarà l’ultimo) film che esplora la dipendenza da sesso: prima c’è stato Shame (2011) di Steve Mceen, dove Michael Fassbender vive con inquietudine e frustrazione la sua dipendenza dal sesso,

Voyeurismo d’autore creato per scioccare un pubblico troppo apatico e pudico

tormento e schiavitù che gli impedisce di amare veramente; poi è stata la volta di Don Jon (2013) di Joseph Gordon – Lewi, in cui il protagonista non riesce a sfuggire alla sua schiavitù dai film porno, arrivando anche a masturbarsi dopo ogni rapporto sessuale vero, perché il virtuale è più eccitante della realtà. Secondo la critica, il nuovo film di Lars Von Trier, a differenza dei precedenti elencati, promee di essere più faticoso ed impegnato, merito del regista, capace di offrire ai suoi speatori un insieme di sensazioni contrastanti, il cui scopo più alto è l’eccitazione intelleuale. Nymphomaniac è un racconto dolente a base di filosofia, in cui l’autore affronta il tema della sessualità femminile intersecandolo con i principi della morale, creando un saggio non tanto sulle perversioni quanto sul senso di inadeguatezza e disagio di cui è viima la protagonista.

Peré in questi ultimi due o tre anni il focus della rappresentazione sessuale si concentra soprattutto sulle malattie psicologie come ad esempio la dipendenza dal sesso? C’è una sorta di costruzione patologica intorno alla sessualità. Cioè la sessualità è rappresentata non come un’aività spontanea, che non è mai perché la sessualità è una costruzione sociale per larga parte, ma a livello di costruzione sociale sembra quasi in realtà, al di là del mucchio di parole con le quali l’accompagniamo, che noi non pensiamo che l’aività sessuale appartenga ai campi normali dell’aività umana e che dobbiamo costruire una sorta di rilancio continuo della sessualità sui suoi confini. Da questo

1990

17

17mln

*

1999 di Stanley Kubrick

con Tom Cruise e Nicole Kidman

162mln

1986

15mln

1980

punto di vista sembra che siamo costrei in un’epoca di stanchezza, anche sessuale, al di là delle apparenze di ipocondria e di ossessione della gestione amministrata della sessualità. Sembra che noi siamo costrei ad una sorta di rilancio simbolico e immaginario per tentare disperatamente di agganciarci a segmenti lontani e profondi di forze oscure di noi stessi.

Lei parlava di “rilancio”. Si riscontra e, a partire dal 1972 con Ultimo tango a Parigi, c’è una ciclicità di questi film e escono alla ribalta: nei primi anni ’70, la metà degli anni ’80, la fine degli anni ’90 e gli ultimi due o tre anni. C’è una ragione per questa ciclicità?

1972

36mln

A me pare che queste punte emergenti corrispondano con momenti di sofferenza delle identità individuali e colleive. Cioè sembra che nei sistemi sociali si condensino momenti o ai di sofferenza identitaria, Baumann direbbe: “Sofferenze di identità liquide”, che hanno bisogno di riconoscersi in rappresentazioni forti della sessualità come uno specchio che ci dice: “Guarda che esisti, guarda che ancora desideri, guarda che ancora dentro di te hai una vitalità per quanto oscura e complessa”. Dunque io vedrei queste punte cicliche di rappresentazione della sessualità come punte cicliche che corrispondono a momenti di acuta sofferenza delle identità colleive e individuali.


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18 SPORT LICEI SPORTIVI

A SCUOLA DI SPORT

PRONTI, VIA: A SETTEMBRE PARTONO I LICEI SPORTIVI

BARBARA MONTRASIO @BAMontrasio

I

n principio il liceo scientifico era il fratellastro del liceo classico. Non consentiva l’accesso a giurisprudenza, facoltà dei futuri dirigenti, ma soprauo veniva criticato negli ambienti accademici per la poca scientificità se paragonato alle scuole tecniche. Istituito nel 1923 dalla riforma Gentile, di fao era un liceo “inferiore”. Si dovee aspeare il 1969 e la liberalizzazione dell’accesso a tue le facoltà per assistere ad un vero boom delle iscrizioni. Proprio negli anni Seanta, grazie all’autonomia scolastica, furono aivate numerose varianti del liceo scientifico: bilinguismo, progeo Brocca (con economia e

dirio), scienze naturali, Piano nazionale informatica e molti altri. Fino al 2010, quando la riforma Gelmini ha fao pulizia delle sperimentazioni e ha ammesso solo due opzioni: lo scientifico tradizionale e quello delle scienze applicate (niente latino e più labora-

Sarà uno scientifico senza latino e arte ma con sei ore di attività motoria

tori). Ma dal prossimo anno scolastico ci sarà una novità: il liceo scientifico ad indirizzo sportivo. Secondo i piani dell’ex Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, il liceo sportivo sa-

Intervista

VALENTINA APREA

L’assessore all’Istruzione inaugura i dieci licei lombardi

rebbe dovuto partire lo scorso seembre, ma in realtà prenderà il via dall’anno scolastico 2014/2015. Sarà un vero e proprio scientifico, senza latino e arte, ma con sei ore seimanali dedicate all’aività motoria e a cui dal terzo anno si aggiungeranno dirio ed economia dello sport. Inoltre, i docenti dovranno dedicare il 20% dei loro programmi a tematiche sportive. Lo scopo è quello di far maturare competenze necessarie per gestire le interazioni tra l’aività motoria e la cultura dello sport. Le professioni a cui il liceo mira sono ovviamente legate al mondo dello sport, dall’allenatore al fisioterapista, dando per scontato che gli studenti proseguano il loro percorso di studi in ambito universitario. L’accesso non sarà libero; per frequentare il liceo sportivo occorre essere agonisti

È

passato di mano in mano a molti, ma il progeo dei licei sportivi approda in Lombardia con l’assessore regionale all’Istruzione Valentina Aprea. Dopo un lungo dialogo tra la Regione Lombardia e le Provincie sono state individuate le scuole più adae e il prossimo seembre dodici classi saranno pronte ad accogliere gli studenti del liceo sportivo. Come sarà organizzato il monte ore dei licei sportivi lombardi?

in qualche sport. Essendoci pochi posti, però, la selezione è dura. Sono molte le scuole che si sono messe in lista d’aesa al Ministero dell’Istruzione per oenere l’indirizzo sportivo, ma la norma prevede che ve ne sia solo uno per provincia, quindi circa un centinaio in tua Italia. Per quanto riguarda la Lombardia, l’anno prossimo partiranno dieci licei sportivi, uno per ciascuna provincia ad esclusione di Lodi, che non ne avrà, e di Milano, dove ce ne saranno due. E proprio nel capoluogo lombardo le richieste di iscrizione sono arrivate a valanga, tanto che molte di esse non sono state accolte, causa mancanza di posti. Trenta ragazzi acceati al liceo Torricelli e trentatré al Cardano, contro centotrenta domande di ammissione. Più del 50%, quindi, è rimasto tagliato

Le sezioni ad indirizzo sportivo adoeranno le forme di flessibilità didaica e organizzativa previste dal decreto del Presidente della Repubblica 275 del 1999 e l'orario annuale degli insegnamenti obbligatori è di 891 ore per il primo biennio e di 990 ore per il secondo biennio e quinto anno.

A i è rivolto il liceo sportivo? qual è la sua mission? Le sezioni ad indirizzo sportivo tendono ad approfondire le discipline di scienze


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La mappa PROV

BG

Sondrio

BS CO CR LC MI

Como Bergamo Lecco Varese V arese Monza Brianza

Brescia

Milano

*Lodi Pavia

MN MB

Cremona

Mantova

PV SO VA

* fuori. Colpa dei criteri, sorprendentemente diversi da scuola a scuola. Infai al Torricelli veniva valutata la regolarità scolastica, il voto in condoa e quello in matematica e scienze, mentre al Cardano si è tenuto conto della cià di residenza, della seconda scelta espressa, della parità di genere e della media dei voti. Tanto entusiasmo per i licei sportivi però non dovrebbe stupire, se si pensa al successo che hanno avuto i precedenti. Sì, perché in realtà dei licei ad orientamento sportivo (non sooposti alla riforma Gelmini) esistevano già. Erano scientifici a tui gli effei, ma

I ragazzi potranno praticare attività sportiva agonistica senza rinunciare agli studi come accadeva in passato

SCUOLA

Tutte le province tranne la Provincia di Lodi dispongonodi un Liceo Sportivo. La Provincia di Milao è l’unica ad averne due, entrambi nella città di Milano.

nell’ambito del 20% di autonomia didaica che tue le scuole hanno, inserivano ore extra di sport a discapito di filosofia e matematica. esti non verranno toccati dall’introduzione dei licei sportivi, che saranno una realtà ben diversa, a partire dalla dicitura del diploma, che porterà scrio “maturità scientifica a indirizzo sportivo”. Una scuola che, come si legge sul sito del liceo Cardano di Milano, mirerà a "conciliare le straordinarie potenzialità della carica vitale giovanile tra crescita culturale ed educazione sportiva”. ella che potrebbe sembrare una scorciatoia per chi vuole prendere il diploma tirando calci al pallone, in realtà vuole essere la possibilità per molti ragazzi di continuare a praticare l’aività sportiva senza dover rinunciare agli studi, come invece accadeva in passato. Tuo molto bello, ma ora che lo scientifico è diventato la scuola superiore con la maggioranza relativa di studenti, non facciamolo tornare ad essere un liceo di serie B.

Monte ore settimanale

LICEO TRADIZIONALE

LICEO SPORTIVO

Matematica

5

5

Lettere Inglese Fisica Scienze Filosofia Latino Storia Scienze Motorie Arte Religione Disc. sportive Diritto economia sport

4 3 3 3 3 3 2 2 2 1

4 3 3 3 2 4 3 3

motorie e favoriscono in particolare l'acquisizione di competenze e struure proprie della fisica, della matematica, dell'economia, del dirio e delle scienze naturali. Il percorso di studi intende assicurare anche le pari opportunità tra gli studenti, compresi i ragazzi disabili. Come si inserisce il liceo sportivo nel contesto già esistente? Il Liceo Scientifico ad indirizzo sportivo risulta, per sua natura, un percorso di studi aperto alle collaborazioni con il

1 3 3

Il Liceo Sportivo garantisce a tutti pari opportunità, compresi i disabili

Opinione

CITTÁ

Amaldi Alzano Lombardo Meneghini Edolo Cantù Sant’Elia Cremona Luca Pacioli Oggiono Bachelet Milano Cardano Milano Torricelli Belfiore Mantova da Vinci Carate Brianza Voghera Galilei Sondrio Donegani Gavirate Stein

FELICE ACCAME Sport, disciplina da valorizzare a cura di ADRIANO PALAZZOLO @adrianopalaz

U

na premessa. Sullo sport sono stati fai vari e comunque cospicui investimenti di ordine ideologico manifestamente strumentali. Si pensi alla funzione nazionalistica dell’associazionismo sportivo oocentesco. Si pensi all’idea pre-fascista e fascista tout-court di considerare lo sport come propedeutico alle virtù militari. Si pensi all’uso del successo nelle competizioni sportive da parte dei regimi totalitari del Novecento ai fini del consenso politico interno ed esterno. E’ anche in ragione di ciò che taluni ritardi nel registrare il fenomeno tra quelli degni di psicologia, di sociologia e di storia né si spiegano facilmente né possono essere tollerati ancora a lungo. Se c’è qualcosa che ha segnato – in termini di risarcimento dei corpi umani, in termini di modifica del palinsesto della vita quotidiana di larga parte dell’umanità – la vita sociale del Novecento è stato lo

Nel Novecento lo sport ha modificato il palinsesto della vita quotidiana di larga parte dell’umanità

sport. E’ sufficiente leggere Massa e potere di Elias Canei per comprenderne l’intima connessione con altri fenomeni ritenuti invece – più e meno accademicamente – degni di analisi. La storia sociale dello sport è ormai disciplina matura per essere declinata in tue le sue articolazioni in ogni ordine di scuola. A meno che si voglia – si voglia fortemente – favorire una scissione sempre più profonda tra il sapere così com’è somministrato nelle istituzioni scolastiche e l’esperienza quotidiana in qualsiasi termine sia questa vissuta. Da questo punto di vista rimane fin a latere il risvolto più ovvio. Pratica e speacolo sportivo fanno parte – rilevante – dell’economia del nostro Paese. Non predisporne – non governarne compiutamente – i processi di formazione professionale – demandarli alla buona volontà ed allo logica probabilistica di istituzioni dagli interessi palesemente privatistici - è un ao di pigrizia culturale grave o di complicità nel gioco al ribasso dell’occupazione giovanile. A maggior ragione se compiuto in un periodo che i suoi stessi artefici categorizzano come “crisi”.

territorio. Pertanto sono auspicate apposite convenzioni con soggei qualificati. In particolare, per quanto riguarda le scuole statali, gli Uffici scolastici regionali stipuleranno convenzioni, senza che da queste derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con i comitati regionali del CONI o del CIP (Comitato Italiano Paraolimpico). Nelle scuole paritarie, invece, i gestori stipuleranno apposite convenzioni con i comitati regionali del CONI e del CIP in materia di rapporti tra le istituzioni sco-

lastiche interessate ed i soggei associati. Un discorso a parte, infine, è quello che afferisce le Università oppure gli enti e associazioni sul territorio che vogliono dare un contributo alla realizzazione di obieivi specifici legati alla formazione e all'aività sportiva. Le istituzioni scolastiche statali e paritarie in cui siano attivate le sezioni ad indirizzo sportivo, sia singolarmente che collegate in rete, potranno infai stipulare convenzioni con Atenei statali o privati e con società e federazioni già esistenti. (BM)


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20 SPORT CALCIO

LA STORIA DI SODINHA: ESTROSO BRASILIANO, CALCIATORE EXTRALARGE E IDOLO DI BRESCIA

DRIBBLING E CARBONARA MATTEO PALMIGIANO @palmi14

A

Brescia c’è un trequartista brasiliano che è entrato nel cuore dei tifosi delle Rondinelle. Il suo nome è Felipe Monteiro Diogo, conosciuto ai più come Sodinha. Eppure non è stato facile per il venticinquenne verdeoro farsi ben volere dai sostenitori del club lombardo. ando nel 2012 il presidente Gigi Corioni lo ingaggia a parametro zero dai brasiliani del Cearà Sporting Club, c’è tanto sceicismo nei suoi confronti. Il motivo? Sodinha è sovrappeso, impossibile non notarlo. 85 chilogrammi per 174 centimetri: queste le misure che scatenano la diffidenza dei tifosi del Brescia. Arrivano le prime critiche. “Mangia meno pasta!", gli urlano dagli spalti. Sodinha

manda giù e si allena per prendersi la rivincita. Un percorso duro non privo di sofferenze. “All’inizio ci stavo veramente male, ora non dò assolutamente importanza alla cosa”, ci confessa in esclusiva. Anche i sostenitori più dubbiosi cominciano a ricredersi. Non si parla più del fisico del brasiliano, bensì delle sue giocate. “Prima mi criticavano, poi hanno imparato a conoscermi e adesso non capita più”. Del resto, quando l’Udinese lo prelevò dalle giovanili del Paulista Futebol Clube a dicioo anni, le aspeative erano alte. “Sognavo, come tui i bambini, di giocare in Europa. Ero un ragazzino, ma mi sono ambientato molto bene in Italia. Il Brasile però – continua il paulista – mi manca sempre”. Con la Primavera dei friulani gioca e convince. Ma quando viene il momento di fare il salto nel calcio che conta è proprio il fisico a frenarlo. So-

“Mi criticavano per il mio peso. Ci stavo molto male, ora non capita più”

Se il calciatore somiglia alla palla

ADRIANO PALAZZOLO @adrianopalaz

S

odinha di sicuro non è l’unico calciatore con la passione per la tavola e la buona cucina. La storia del calcio è costellata di esempi di giocatori più o meno noti che hanno perso la loro forma fisica, trasformando il loro corpo, in alcuni casi, in maniera eclatante. ando si pensa agli sportivi, e ai calciatori professionisti in particolare, ciò che viene subito alla mente è un esempio di atleticità, prontezza, tonicità e buona salute; infai, le performance sportive e l’allenamento serrato a cui si soopongono non possono che essere sostenuti con delle sane abitudini di vita ed una correa ed aenta alimentazione; non si traa certo del calceo serale del mercoledì con gli amici o i colleghi di ufficio, a cui solitamente segue una pizza in allegria. Tuavia, a promesse del calcio e ad affermati campioni è capitato di perdere nel giro di qualche anno la loro

prestanza, gli addominali scolpiti messi in bella mostra in campo spariscono, la pancia cresce, il mento raddoppia e i muscoli si afflosciano. Alcuni giocatori hanno preferito ingrossarsi, modificando il proprio fisico di pari passo con il cambio del gioco del calcio che da dinamico sta mutando sempre più in gioco fisico: è preferibile avere una massa muscolare di peso e delle spalle possenti per avere la meglio sugli avversari piuosto che essere esili e scaanti; altri, invece, sono stati inglobati dalla mondanità che circonda il calcio, ed oltre che dalle veline e modelle che ronzano negli ambienti sportivi, si sono lasciati stregare dagli eccessi di una vita sregolata con abusi di cibo, alcol e, talvolta, sostanze stupefacenti. Sul tabloid inglese e Sun, qualche tempo fa, si erano divertiti a stilare un’irriverente classifica sui faest, i più grassi calciatori di tui i tempi: nella parti-

dinha passa da una squadra all'altra senza lasciare il segno: Bari, Paganese, Portogruaro, Triestina. Il ragazzo originario di Jundiaì, cià dello Stato di San Paolo, viene utilizzato con il contagocce. A penalizzarlo sono anche gli infortuni ai legamenti e al menisco: due gravi problemi che lo tengono lontano dai campi per molto tempo. Per uno come lui, che di certo non fa della forma fisica la sua dote migliore, sembra davvero dura non arrendersi. Ma Sodinha non molla: "Grazie a Dio e alla mia famiglia mi sono sempre rialzato".

colare top ten erano stati inseriti calciatori, è il caso di dirlo, di grandissimo calibro: Micky inn, centravanti di origini italiane che tra gli anni '80 e '90 ha indossato le maglie di 9 squadre, soprannominato “Sumo” e che di sé amava dire “Sono il giocatore più veloce del mondo nel singolo metro”; Ferenc Puskas, fuoriclasse ungherese, che confessò che non era esaamente in forma quando si trasferì al Real Madrid nel 1958; William Foul, pioniere del football, che ha indossato le maglie di Sheffield e Chelsea tra la fine dell'800 e l'inizio del '900, si guadagnò il soprannome di 'Fay', 'ciccioello', per la sua mole. In classifica anche il pibe de oro, Maradona, giustificato perché diventato oversize dopo aver appeso le scarpe al chiodo e, al numero uno della classifica, il Fenomeno, Ronaldo: nonostante i guai fisici e l’amore per il cibo gli abbiano portato tanti chili di troppo, è riuscito ad incantare con il pallone e riempire la bacheca di trofei. Non farà parte della classifica inglese sui grassoni ma anche il nostro Cassano verrà ricordato per la sua stazza: sta giocando bene ed è dimagrito ma quando gli hanno chiesto se mangiava ancora le focaccine ha risposto: “Sì, le mangio ancora ma di meno”.


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Opinioni

SODINHA

Dicono di lui Potenzialmente è uno dei più grandi calciatori in Italia.

ETÁ: 25 anni NAZIONALITÁ: Brasiliano RUOLO: Trequartista CLUB: Brescia ALTEZZA: 1.74 cm PESO: 85 kg

Udinese 2008 0 (0) Bari 2009 4 (0) 2009 Paganese 11 (0) 2010 Portogruaro 3 (0) 2010 Triestina 0 (0) 2012 Ceará 0 (0) 2012Brescia 32 (2) Dopo una breve parentesi in patria, Felipe ci riprova a Brescia. In principio il problema è sempre il solito: "Ha provato molte diete, ma è stato inutile", fa sapere la società. La svolta arriva con Alessandro Calori, suo allenatore già al Portogruaro: “È stato quello che ha creduto di più in me”. Grazie alla fiducia di Calori, il talentuoso trequartista non bada più al suo fisico e alle critiche. Arrivano gol, assist di mancino e punizioni che ricordano quelle di Roberto Carlos: Sodinha è sempre più un idolo tant’è che qualche tifoso lo para-

GINO CORIONI, PRESIDENTE BRESCIA

Avesse anche il fisico perfetto, non sarebbe al Brescia. È un genio...

GIGI MAIFREDI, DIRETTORE TECNICO BRESCIA

Non è diventato ancora un giocatore importante a causa dagli infortuni.

ALESSANDRO CALORI ALLENATORE BRESCIA 2011/13

“Io come Baggio? Nessuno come lui. Il mio mito in campo è Ronaldinho”

gona al grande ex Roberto Baggio: “Nessuno regge il confronto con lui – risponde con modestia – Baggio ha dimostrato tanto nella sua carriera, io ho ancora tanto da lavorare”. Il mito di sempre è il connazionale Ronaldinho, accusato anche lui in passato di aver esagerato con la forchea, mentre l’amico del cuore è il compagno Lucas Finazzi, un altro brasiliano. Se lo si stuzzica poi sui peccati di gola italiani, Felipe non si tira indietro: “Pasta alla carbonara”, non proprio un piao da atleta coi fiocchi. Non ha a che fare

SEVILLA

BRASILE

REAL MADRID

CORINTHIANS

DIEGO ARMANDO MARADONA

RONALDO

ANTONIO CASSANO

ADRIANO

ETÁ: 53 anni NAZIONALITÁ: Argentino CLUB: (ritirato)

ETÁ: 37 anni NAZIONALITÁ: Brasiliano CLUB: (ritirato)

ETÁ: 31 anni NAZIONALITÁ: Italiano CLUB: Parma

con il cibo invece l'origine del suo nome: “Sodinha in portoghese significa piccola bevanda ed era il soprannome di mio padre. Ho deciso di adoarlo quando in Brasile giocavo in una squadra di calcio a 5 ed eravamo in 4 a chiamarci Felipe… Dovevo trovare un modo per distinguermi”. Il paulista ora in Italia sta bene e dopo essere riuscito a farsi apprezzare, anche se con qualche chilo di troppo, sogna in grande: “Voglio arrivare in Serie A con il Brescia e giocare un giorno in nazionale”.

ETÁ: 32 anni NAZIONALITÁ: Brasiliano CLUB: Atl. Paranaense


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22 IULM news

LA SINTESI DELLA RELAZIONE DEL RETTORE DELLA IULM GIOVANNI PUGLISI PER L’APERTURA DELL’ANNO ACCADEMICO 2013-14

L’UNIVERSITÀ MERITA UNA BUONA POLITICA

GIOVANNI PUGLISI

P

rima di iniziare questa Relazione, come credo fosse giusto e responsabile, sono andato a leggermi quello che avevo scrio e deo l’anno scorso – quasi esattamente un anno fa – il 12 marzo 2013, in quest’Aula Magna. Credo che la cosa più semplice e più facile per me sarebbe quella di riproporvela per intero. Un anno perduto! Anzi, un anno in cui tuo si è aggravato e le condizioni dell’Università – ma soprauo del Paese – sono drammaticamente peggiorate. IL GIUSTO PESO DELLA CULTURA Mi sia consentito dirlo con chiarezza e forse anche con brutalità: non mi basta e non mi sento forse neppure più garantito dalla presenza di uno di noi, di un Reore o di un Professore universitario alla guida del Dicastero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, quando fra le priorità di un Governo e di una stagione della politica rifondativa dei costumi e dei valori, non c’è il tema della cultura, dell’Università e della ricerca, sostenuto da un adeguato riferimento economico-finanziario nel Bilancio dello Stato o, come si chiama adesso, nella Legge di Stabilità. Oso dire che per taluni versi preferirei un “politico doc” ad un accademico, cosa che riaffermando la “separazione delle carriere”, restituirebbe al cursus honorum accademico la sua funzione di luogo privilegiato della formazione e della ricerca. Per queste ragioni i miei auguri al nuovo Ministro dell’Istruzione, dell’Università e

delle Ricerca non sono alla collega e soprauo amica Stefania Giannini, bensì alla “Senatrice” Stefania Giannini, segretario politico del Partito “Scelta civica”, auspicando che mea sul tavolo del Consiglio dei Ministri tuo il peso politico del suo Partito proprio per dare alla nostra Università, alla ricerca e - perché no?anche alla cultura il giusto peso che deve avere nelle priorità economico-finanziarie del Governo nell’interesse del Paese. La crisi profonda che aanaglia – oltre ogni irenica e “palliativa” dichiarazione dei nostri politici – il Paese, la sua economia, la sua produività, il mondo del lavoro, i nostri giovani è ancora tua lì con evidenza e drammaticità. Come è tua lì la ipocrita retorica della sinergia tra pubblico e privato. Se ascoltiamo con aenzione il Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, e finanche il coro di voci bianche della politica, ci rendiamo facilmente conto che l’aenzione dell’imprenditoria privata è assolutamente “distraa” e, nella migliore delle ipotesi, strumentale. La politica, il mondo politico, purtroppo, sono troppo presi dal loro istinto primario all’autoconservazione: non voglio giudicare precipitosamente il nuovo Governo e soprauo il nuovo Primo Ministro, del quale ammiro e apprezzo il decisionismo, prima che la visione strategica, che in alcuni casi e in qualche momento mi sembra un po’ appannata. Lo voglio vedere alla prova prima dei fai, della sua tradizione ed esperienza culturale, che pur collocata in qualche modo a sinistra, si iscrive ad una scuola di grande civiltà democratica e di

Fascia zero confermata

L’

Università IULM conferma anche per l’Anno Accademico 2014/2015 l’aribuzione della Fascia Zero agli studenti meritevoli che sono membri di famiglie con una condizione economico patrimoniale (indicatore ICEP) annua inferiore a 15.000 €. L’applicazione della Fascia Zero è riservata agli studenti immatricolati a un Corso di Laurea di I livello che ab-

biano conseguito un voto non inferiore a 75/100 all’esame di Maturità, oppure agli immatricolati a un Corso di Laurea di II livello che abbiano oenuto un voto di Laurea di almeno 100/110. Per la Fascia Zero la rea annua ammonta a 1800 € per l’immatricolazione ai Corsi di Laurea Triennale e a 2500 € per l’immatricolazione ai Corsi di Laurea Magistrale. (FP)

pluralismo interculturale. Un banco di prova credo proprio che sia il sistema della alta formazione non statale: non solo i tagli in questo senso alla Legge di Stabilità, ma anche e soprauo l’assenza di aenzione politica e amministrativa alle esigenze del sistema non statale sono le cose che maggiormente ci hanno colpito di recente e che hanno reso sempre più asfiica non tanto la vita delle nostre Università, ma soprauo lo slancio vitale a resistere sul mercato della competizione di qualità. La nostra resistenza sembra ispirarsi più allo storico “resistere, resistere, resistere” di Viorio Emanuele Orlando. L’Italia di Viorio Emanuele Orlando allora, resistendo, vinse. E l’Università italiana di oggi, resistendo, riuscirà a vincere? Io dico solo che se non vince, perde l’Italia. Ancora una volta debbo richiamare l’aualità di una mia affermazione dell’anno scorso, rimasta intaa, anzi: “Le difficoltà di dialogo civile e politico del sistema universitario con il sistema-Paese sono la ragione principale della crisi del sistema dell’alta formazione. Io non so se il tempo che abbiamo davanti ci permeerà di recuperare questa relazione in modo virtuoso, risalire la china di questa deriva reale e mediatica sarà molto difficile per tui, universitari,

politici, industriali, imprenditori, giornalisti, opinion makers. È però l’unica forma di recupero di quella centralità dell’educazione, ntesa in senso anglosassone.” Oggi aggiungo che siffaa centralità non può passare mai dal soffocamento di una parte del sistema, quello non statale, a favore di quello cosiddeo statale: sarebbe un harakiri colleivo. Il sistema non statale ha dato moltissimo al nostro Paese: ovviamente con chiari e scuri, le esperienze non statali hanno non solo compensato situazioni e difficoltà del parallelo sistema statale, alleggerendone spesso anche oneri e costi (si pensi al solo fao che i docenti e il personale tecnicoamministrativo in servizio nelle università non statali non gravano sul Bilancio dello Stato, ma su quello delle singole Università non statali), ma hanno consentito, nei casi migliori, anche performances didaiche e formative di alto profilo. In questa sede non posso non parlare – ovviamente – di questa Università, i cui risultati in termini di crescita sono soo gli occhi di tui, ad esempio, le immatricolazioni (quest’anno ci siamo assestati su un +12.6%) testimoniano una qualità della nostra offerta formativa nel seori di nicchia di nostra pertinenza, come la comunicazione, le relazioni pub-

Atenei Antimafia

U

niversità IULM e “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” insieme per una serie di incontri centrati sul tema della criminalità organizzata. È il risultato della Convenzione firmata il 14 marzo scorso. L’accordo prevede la realizzazione di alcuni seminari. Agli incontri si discuterà dei temi legati alle mafie e delle possibilità di prevenzione. Uno spazio particolare sarà

riservato alla discussione sull’infiltrazione delle mafie nel territorio milanese e nel Nord. Per lo IULM e Libera non è la prima collaborazione. Da una precedente cooperazione con il Master in giornalismo IULM è nato il progeo “Terre Liberate” sfociato nella realizzazione di un documentario che aveva l’obieivo di indagare sui terreni e i beni che lo Stato ha liberato dal dominio delle mafie. (ML)


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Il Rapporto

ALMALAUREA

Lavoro, con IULM è più facile

C

hi si laurea alla IULM, lavora. esto il risultato della ricerca di AlmaLaurea che, come ogni anno, ha analizzato i dati occupazionali degli studenti che, laureati negli atenei italiani, si immettono nel mercato del lavoro. Secondo il Rapporto AlmaLaurea 2014, vi sono buone notizie per tui gli immatricolati nelle nostre facoltà: ad un anno dal conseguimento della triennale, il 50% dei laureati IULM è ben inserito nel mondo del lavoro (ossia ben 9 punti percentuali in più rispeo alla media nazionale, che si assesta al 41 per cento). Oimi sono anche i risultati per quanto riguarda coloro che scelgono di proseguire per altri due anni gli studi, completando il proprio cursus honorum con una laurea magistrale: a tre anni dal conseguimento del titolo è l’86 per cento dei ragazzi ad aver trovato un posto di lavoro. Anche in questo caso uno stacco non indifferente rispeo alla media nazionale, che si ferma al 73 per cento. Ma bliche, il marketing, l’interpretariato e, più da recente, il turismo, i mercati dell’arte e i patrimoni dell’umanità, gli studi culturali e le relazioni internazionali. Le Università non statali (siamo oggi 18, contro le 5 del 1970, fra esse last, but not list la “mia” Libera Università Kore di Enna) “versano” nelle casse dello Stato, in modo indireo, somme elevatissime in servizi e/o assumendo sui propri bilanci spese fisse di servizi e risorse umane che diversamente nelle Università statali sarebbero a pie’ di lista a carico di tui noi contribuenti. PUNITI PERCHE’ NON STATALI Nelle prossime seimane la Conferenza dei Reori presenterà una ricerca, che come Coordinamento delle Università non statali abbiamo fortemente voluto, con dati assolutamente sorprendenti e documentati, con i quali diamo conto di questa strana doppia velocità con la quale si sviluppa il rapporto tra le Università non statali e lo Stato italiano: le prime aumentano in modo significativo e costante la loro “contribuzione” in servizi e risorse materiali, immateriali e umane allo Stato e questi, lo Stato, invece riduce in modo – permeetemi – vergognoso la sua contribuzione al sistema universitario non statale: tra il 2012 e il 2013 per tuo il si-

stema (telematiche, anche bocciate dall’ANVUR, comprese) siamo scesi da 86 a 66 milioni di euro! Vorrei essere chiaro e onesto – soprauo con i carissimi amici, illustri Colleghi Reori degli Atenei statali, che mi hanno voluto onorare della loro presenza, insieme a quelli delle consorelle Università non statali: loro conoscono bene questa situazione e so anche che se ne sono sempre fai carico politico e morale nell’economia della complessa organizzazione della nostra Conferenza dei Reori, a partire dal Presidente, il mio carissimo amico Stefano Paleari, ritengo però giusto e correo per chi mi ascolta e soprauo per quanti – stampa compresa – hanno sempre la tromba pronta sulla “privatizzazione delle Università”, sul “privilegio che lo Stato riserva alle Università non statali” e altre stupidaggini del genere, meere qualche puntino sulle “i”. Financo in termini di richiesta/verifica di “requisiti necessari” la parificazione, avvenuta quest’anno tra i due soosistemi, statale e non statale, azzerando ogni beneficio per queste ultime, è stata una discutibilissima “manina” data al soosistema statale. Le risorse umane che le non statali investono nei corsi di studio sono assunte tue direamente sui propri bilanci: esse

Vincitori Webseries

L

o studente Maia Conti, 24 anni, iscrio alla Laurea Magistrale in Televisione, cinema e new media, è il vincitore del concorso “Senza Parole” lanciato dall’Università IULM e dalla casa di produzione e distribuzione Moviemax Media Group. Obieivo della competizione ideare e realizzare una fiction muta per il web, nella quale le sole forme di comunicazione possibili fossero l’immagine

e il suono, non le parole. Il suo progeo “Zona 01”, puntata pilota della webserie, ha convinto la Giuria degli “IULM Movie Awards 2014”, presieduta dal regista Maurizio Nichei, ed ha meritato un premio di 2000 € consegnatogli presso il Cinema San Carlo di Milano lo scorso 24 febbraio. Si è aggiudicato il secondo posto il trailer “e world of silent words”, prodoo da Elisa Mirani e Nicolò Piccione. (FP)

le novità positive non finiscono qui. Stando ad AlmaLaurea, tra coloro che conseguono una specialistica nell’ateneo di via Carlo Bo, a tre anni dal completamento del percorso univer-

proprio per questo fanno molta aenzione per un verso alla qualità dei percorsi formativi, per un altro alla loro proliferazione. Ridurre i “requisiti necessari” anche alle statali – oggeivamente più dotate di risorse umane – permee loro di aumentare le loro offerte formative a “costi” più compatibili e quindi “alzare” il potenziale di competitività con il sistema non statale a condizioni di corsa, come dire?, taroccata! Tui liberi, a prescindere dai pesi e dalle dimensioni! Un altro bizzarro esempio di liberalizzazione all’italiana: ad essere penalizzate sono le libere università! IULM, CONTI IN ORDINE È stata ed è dura: nella mia funzione di Consigliere Delegato ho anche monitorato con il massimo rigore e la più inflessibile aenzione gestione e andamento amministrativo-finanziario. La nuova contabilità economico patrimoniale, che ormai in IULM è a pieno regime, ci consente di monitorare la spesa e di intercettare qualunque ridondanza economica. Con piacere registro che la fascia di condivisione delle scelte strategiche e di governo aumenta e mi auguro che anche le ultime aree sceiche possano superare questa fase e contribuire come la stragrande maggioranza al risultato prefis-

sitario, percepiscono mediamente stipendi migliori rispeo agli altri. Insomma, ex allievi occupati ed anche piuosto remunerati. Ma il dato non sorprende, dal momento che dati positivi erano emersi anche da una ricerca portata avanti dal quotidiano economico Sole 24 Ore, che nel luglio del 2012 aveva rivelato che, a soli a 3 anni dal conseguimento del titolo, il 93% dei laureati IULM risultava essere occupato. Sarà per questo che sempre più giovani, una volta usciti dalla scuola, scelgono di studiare alla IULM. Secondo la ricerca di AlmaLaurea, infai, l'Anno Accademico 2013-2014 ha visto un incremento degli iscrii del 12%. Un dato decisamente significativo, soprauo se si considerano i dati nel complesso italiano. Negli ultimi dieci anni nel nostro paese i ragazzi che dopo il liceo decidono di continuare il proprio percorso formativo, iscrivendosi all’università, ha subito un drastico calo, scendendo del 17%. (AT)

sato. Alla luce dei risultati positivi dell’esperienza di quest’anno, abbiamo deciso per il prossimo anno accademico di mantenere la “Fascia zero”, a ree ridoe, dedicata ai “capaci e meritevoli” con un reddito familiare annuo non superiore a 15.000,00 euro: la solidarietà non è un né uno slogan, né un moo, ma un’azione di pensiero e di vita. Una sola ombra avvolge questa mia Relazione e rarista il mio animo: lo scorso anno Vi avevo dato per questa cerimonia di oggi appuntamento nella nuova Aula Magna nell’Edificio a fianco a questo, cosiddeo IULM 6 oppure Knowledge Transfer Center (KTC): un insieme di contraempi e di incomprensioni ha ritardato la conclusione dell’opera di qualche mese. Ho ragione di ritenere che a breve ci saremo. Solo per una ragione scaramantica non Vi do più appuntamenti, ma vi assicuro che ce la stiamo meendo tua. Mentre posso assicurarvi che la procedura per l’inizio dei lavori di recupero e restauro della Cascina Moncucco, a noi assegnata dal Comune di Milano, inizieranno fra poco, a conclusione della Gara pubblica per l’aggiudicazione dei lavori. Un nuovo Residence, nel verde, che si aggiungerà, nel giro di un paio d’anni, alla nostra offerta già esistente.

Culture di genere

C

ombaere le discriminazioni di genere e sradicare gli stereotipi, araverso lo studio e le analisi delle trasformazioni avvenute negli ultimi anni. È questo l’obieivo che si propone il Centro Interuniversitario per le Culture di Genere, nato per iniziativa di sei atenei milanesi, l’università IULM, la Bicocca, l’Università degli Studi di Milano, il Politecnico, la Bocconi e

l’Università San Raffaele. Il Centro, presentato il 3 marzo dalle componenti il Comitato Scientifico, dedicherà particolare aenzione agli stereotipi e ai pregiudizi sulle donne. Le aività saranno svolte da tui gli atenei che hanno aderito all’iniziativa. Il Centro avrà sede per i primi tre anni presso l’Università Bicocca, poi sarà ospitato, a rotazione, da tue le altre università. (ML)


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