Ottavo e nono numero (aprile 2014)

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– ANNO XXIII n° 8 - 9 APrIle 2014 –

AUT.Dr/CBPA/CeNTrO1 – VAlIDA DAl 27/04/07

Traguardo vicino, l’Umbria unita per tirare la volata finale

La grande sfida C

ome una maratona. Il mucchio alla partenza, poi la selezione e il traguardo che si materializza all’improvviso. Se chiudi gli occhi, Perugia, puoi vedere la strada fatta. Perché in realtà tutto è già partito da tempo. Ben prima che scoccasse l’ora della corsa a capitale europea della cultura nel 2019, le gambe hanno iniziato a muoversi. Storie note ed altre meno. Pezzi di vita che riaffiorano qua e là: dalle tavole eugubine alla biga di Monteleone di Orvieto (ora a New York), dalla foresta fossile di Dunarobba ai ferri dei chirurghi di Norcia che operarono la regina d’Inghilterra. Mani sapienti, come quelle dei tipografi che diedero alla luce la prima copia della Divina Commedia a Foligno. L’insegnamento dei grandi, da San Francesco a San Benedetto, che travalica i confini. Protetto dalle centinaia di pievi ed eremi disseminati in collina, qui si respira un silenzio vero, lo stesso che abita i boschi. Si può lanciare lo sguardo in basso, planare sulla terra, dove il lavoro dell’uomo ha lasciato il segno senza marcare il passo. 150 musei racchiusi in uno scrigno, record nazionale di densità per chilometro quadrato. Il segreto? “Custodire i luoghi con dignità”, per Dacia Maraini, la scrittrice che ha dedicato il suo ultimo libro a Santa Chiara. Così la bellezza è giunta sino a noi. Due antiche università, un nugolo di giovani stranieri che vengono ogni anno. Un ponte proteso tra il passato e un futuro da immaginare. “Domani sarà tempo di cose nuove”, canta Francesco De Gregori, un altro che ha scelto l’Umbria per mettere radici. Intanto c’è questo presente che corre, fermato per un istante sulla carta, sedici istantanee a colori. Raccontano l’amore degli artisti, la grinta degli imprenditori, i progetti, la volontà di essere artefici del proprio destino. Più che una maratona è un viaggio. Con la meta finalmente dietro l’angolo. FederIco FrIgerI

Il sogno è a portata di mano: Perugia può essere capitale europea della cultura 2019

«ce la faremo», parola di Monica Bellucci dI

Lorenzo grIghI

R

isponde dalla Bosnia, dove è impegnata nelle riprese di “The Milky way”, l’ultimo film di Emir Kusturica. Di strada Monica Bellucci ne ha fatta tanta: dall’Umbria a Hollywood, passando per Parigi. Una carriera che l’ha portata ad essere una stella del cinema adorata in tutto il mondo. Da una cittadina umbra alla fama mondiale. Come ci si abitua, se ci si riesce, al successo? Il successo è legato all’immagine e niente è più aleatorio dell’immagine. La mia costruzione come

persona è legata alla mia vita di donna e alle mie scelte di attrice, l’immagine è solo una piccola parte di me. Qual è il suo rapporto con l’Umbria? La mia terra, la mia anima e una sorta di malinconia che è tipica umbra. Dell’Umbria si dice che è il giardino d’Italia ma si dice anche che sia una terra di santi e di pazzi. Perugia, insieme ad Assisi, è tra le città finaliste nella corsa a capitale europea della cultura per il 2019. È arrivato davvero il momento di puntare sulla cultura anche per la nostra re-

gione? Lei appoggia questa candidatura? Assolutamente sì, vedrete che ce la faremo!!!!! Il ricordo più bello legato alla giovinezza in Umbria? I miei anni del Liceo Classico di Città di Castello. Parliamo di cinema. Qual è lo stato di salute della cinematografia italiana? Il nostro cinema offre grandi talenti, sia per quanto riguarda i registi che per gli attori. Il problema è che mancano i fondi e la voglia di investire, quindi si riducono le possibilità di scoprire nuovi talenti. (segue a pag. 4)


APRILE

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PERUGIA 2019

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LE TAPPE

12 aprile 2012

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Viene selezionato il logo di Perugiassisi2019 tra oltre 225 proposte arrivate

I sindaci di Perugia e Assisi, Boccali e Ricci, presentano la candidatura di Perugia e Assisi all’Istituto italiano di cultura a Madrid

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13 gennaio 2012

29 maggio – 2 giugno 2010

Costituzione della Fondazione Perugiassisi2019. I soci sono i comuni di Perugia e di Assisi e la Regione Umbria

3 Lancio del sito internet www.perugiassisi2019.eu e del percorso di partecipazione “il futuro inizia adesso”

14 febbraio 2011

9 maggio 2012

5 Enjoy culture, enjoy Europe! Incontro con le delegazioni di alcune città già capitali europee della cultura

14 gennaio 2013 5 dicembre 2012

12 novembre 2012

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Lancio dei concorsi fotografici #bepg e #star4eu in collaborazione con Instagramers Perugia

Inaugurazione del nuovo aeroporto “San Francesco”

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14 febbraio 2013

10 L’ingresso dei nuovi soci viene approvato dal Consiglio di amministrazione della Fondazione

Perugiassisi2019 partecipa all’inagurazione dell’anno di Marsiglia come capitale europea della cultura 2013

19 ottobre 2012

6 Prima riunione del comitato scientifico della Fondazione Perugiassisi 2019

4 marzo 2013 giugno 2013

28 febbraio 2013

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11 Parte il ciclo di incontri culturali “I giovedì della capitale” per riflettere sul progetto di candidatura

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9-12 maggio 2013

Gili studenti dell’ITC Scarpellini di Foligno, primi ambasciatori di Perugiassisi2019, arrivano a Bruxelles

Firma dell’accordo di collaborazione con Plodviv e Sofia durante la conferenza bulgaro-italiana

13 “Let’s go to 2019” Festa dell’Europa per avvicinare i cittadini e le istituzioni dell’Unione.

13 novembre 2013

28 giugno 2013

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3 luglio 2013

Audizione orale al Ministero dei beni e delle attività culturali. La commissione mostra interesse per il progetto

19 settembre 2013

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18 Con un giorno d’anticipo rispetto al termine fissato, viene consegnato al Ministero dei beni e delle attività culturali il dossier di candidatura

15 novembre 2013

20 Perugia 2019 con i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria è in finale per il titolo di capitale europea della cultura

Presentazione del nuovo logo “Perugia2019 con i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria”

Workshop concorso Kultur Fabrik per la riqualificazione dell’ex carcere maschile di piazza Partigiani

16 Incontro con le città europee gemellate con quelle dell’Umbria

23 17 dicembre 2013

Perugia firma un patto con le altre cinque città finaliste. Una “carta d’intenti” per creare e rafforzare una rete di collaborazione

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12 gennaio 2014

4 dicembre 2013

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21 giugno 2013

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Più di mille partecipanti corrono i 22 km della mezza maratona Perugia-Assisi

Presentazione delle “Ambasciate culturali” per creare una città-museo con progetti da Danimarca, Cipro, Francia, Germania, Olanda, Polonia e Cina 30 gennaio 2014

28-30 marzo2014

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20 febbraio 2014

11 febbraio 2014

“Siamo in finale saremo capitale”. Una grande festa, oltre 60 eventi in programma, un piccolo assaggio di come potrebbe essere il 2019

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Perugia si candida Capitale europea dei giovani insieme ad altre 9 città

Presentazione app Francesco, un navigatore multimediale che conduce gli utenti alla scoperta dei luoghi di San Francesco d’Assisi e dell’Umbria

24 Primo incontro con le associazioni giovanili per la candidatura di Perugia a Capitale europea dei Giovani 2017 Pagina a cura di cecilia andrea Bacci lucina Paternesi Meloni


APRILE

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PERUGIA 2019

Il programma culturale Un progetto collettivo che vuole ripensare l’anima della città

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n anno di appuntamenti per trasformare la città in un laboratorio a cielo aperto, grazie allo sforzo di tutto il sistema culturale della regione. Il programma di Perugia 2019 è il vero cuore della candidatura. A coordinarlo c’è un direttore artistico, lo scrittore e critico letterario Arnaldo Colasanti, che si presenta così: «Non sono un impresario, il mio compito non è quello. Sono un facilitatore che accompagna lo sforzo di Perugia in una ridefinizione di se stessa». Per ora tutti i progetti sono ancora “sulla carta”, spiegati nel dossier che sarà valutato dalla commissione selezionatrice europea. «Ma quel programma non è solo un annuncio di ciò che potrebbe essere realizzato dopo. Già la sua semplice stesura si è arnaLdo coLasantI, dIrettore artIstIco c o m p i u t a grazie a un processo partecipativo importante, con cui tutte le istituzioni culturali della regione si sono impegnate per arrivare a un’idea attorno alla quale progettare la rinascita di questi luoghi». Alla chiamata hanno risposto in tantissimi: dalle realtà storiche come Umbria Jazz o il Festival dei Due Mondi, fino a quelle più giovani, ma già affermate, come il Festival del Giornalismo. Il concetto scelto come tema centrale del programma è quello della bottega culturale europea, «che cerca anche di riprendere una tradizione storica importante – aggiunge il direttore artistico – quella dei Comuni italiani del Medioevo e del Rinascimento». Come? «Rendendo attivi tutti i saperi – spiega lo stesso Colasanti, e per raggiungere questo risultato abbiamo ideato un progetto che lavora su tre livelli complementari, che interagiscono tra loro». Il primo è quello della città delle idee: per attivare una rinascita collettiva, la cultura dovrà, appunto, saper “diventare attiva”, attraverso il concetto chiave del “saper L’attore e regIsta Luca ronconI fare”. «Per questo pensiamo di far interagire artisti di formazione diversa, musicale, teatrale, con loro colleghi da tutta Europa». Le occasioni saranno tante: dal workshop “Fare teatro”, che sarà diretto da Luca Ronconi, al progetto “Autoritratto di una capitale”, un lavoro di produzione e scambio di opere musicali e di arte visiva di giovani artisti europei sul tema del racconto della città. Tutto questo permetterà di arrivare al secondo livello: «Sarà quello della “città del dialogo” che nasce proprio dai saperi che verranno messi in comune». Per questo i contenuti culturali verranno diffusi sul territorio, con una serie di iniziative ambiziose,

come la “Festa del mondo”, una rassegna di eventi musicali, teatrali e di danza dedicati al rilancio di due piazze di Perugia che saranno riqualificate per la candidatura a capitale europea della cultura. O, ancora, “Umbria in movimento”, un festival di concerti jazz, pop e di musica etnica disseminati in tutta la regione. «Così – spiega Colasanti – si giunge al terzo livello. Che è quello della “città dell’accoglienza”. Tenendo ben presente che il nostro scopo non è semplicemente quello di attirare turisti, come spesso si dice, ma di favorire un modello di cittadinanza europea, con Perugia al centro». Con una precisazione: «Cercheremo di andare verso una multiculturalità creata in maniera spontanea, non ideologica e posticcia. Qualcosa che nasca da una città che sceglie di realizzare laboratori di esperienze da condividere con altri, che magari a volte non si sa nemmeno bene chi sono». È qui che il programma culturale di Perugia 2019 diventa compiutamente globale: si parte, anche in questo caso, da un insieme di appuntamenti che diventano un’occasione di scambio internazionale. Tra i moltissimi progetti previsti, il “Festival delle arti Perugia 2019”, realizzato dal Teatro Stabile dell’Umbria, durante il quale registi, attori, coreografi, danzatori, scenografi, drammaturghi e artisti provenienti dagli altri paesi d’Europa e del resto del mondo trasformeranno Perugia e altre città della regione in un palcoscenico esteso, per la durata di tre mesi. Anche le tradizioni locali serviranno per creare ponti e scambi inIL coMPosItore MIchaeL nyMan ternazionali: una delle occasioni sarà “Popolo in piazza”, una rassegna che punta proprio a far rivivere le tradizioni delle “feste popolari” in una serie di luoghi culturali umbri, da utilizzare come “museo diffuso”. Saranno molti i nomi di prestigio del mondo della cultura internazionale a partecipare al programma di Perugia 2019: tra questi Michael Nyman, uno dei più celebri compositori di musica contemporanea, che curerà il progetto di “Perugia minimal”, attraverso il quale giovani artisti scriveranno una “partitura-labirinto” della città di Perugia, per arrivare a una vera e propria mappatura musicale dei luoghi. Lo scrittore francese Daniel Pennac, invece, dovrebbe collaborare alla realizzazione del progetto “Pace, una rivoluzione formativa”, che verrà realizzato con gli alunni delle scuole. Spiega Colasanti: «Sarà uno degli appuntamenti chiave del programma. È un tentativo ambizioso di mettere al centro il concetto di pace per spiegare la storia dell’uomo. Distanziandosi dalla concezione di Machiavelli, che considerava sempre il progresso umano come una “storia di sangue”. È un cambio di prospettiva radicale». Tra gli altri grandi nomi presenti anche il già citato Luca Ronconi, e, sempre nel teatro, l’attore e regista Pippo Delbono. Ma non c’è nessuna caccia alla “star”: «Coinvolgeremo solo persone in grado di dare un contributo che sia coerente con l’idea complessiva del progetto». antoneLLo PacIoLLa

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LE TAPPE

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ra il 1985 quando Melina Mercouri, ex attrice e ministro greco della Cultura, propose la creazione delle città europee della cultura. Così, nel 1986, è Atene la prima a ricoprire questo ruolo. In prima linea i cittadini, “uniti nella diversità”, proprio come recita il motto dell’Unione europea. Un incontro di lingue, arti e mestieri. Cinque anni dopo nasce il “Mese culturale europeo”, dedicato in particolare alle città del centro e dell’est dell’Unione. Nello stesso periodo si forma una rete per permettere lo scambio di informazioni tra gli organizzatori degli eventi di città vincitrici e candidate. È questa stessa rete a promuovere, all’inizio degli anni ‘90, un’attività di monitoraggio sull’impatto della creazione della città europea della cultura, trasformata soltanto in un secondo momento in “capitale”. A sovvenzionare gli eventi culturali delle città prescelte sono i fondi del Programma cultura 2000, sistema di finanziamento per le attività comunitarie. Essere, o anche solo concorrere a diventare capitale europea della cultura significa mettere in moto il tessuto cittadino e istituzionale puntando, in molti casi, sulla valorizzazione e sulla trasformazione della base culturale della città. In sintesi, «portare alle

città interessate importanti benefici a livello culturale, economico e sociale»: parola di Androulla Vassiliou, commissario Ue all’istruzione e alla cultura. Negli anni sono cambiati sia i metodi di selezione delle città, sia le istituzioni coinvolte. Per evitare una concorrenza feroce tra i diversi stati, nel 1999 il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea decidono di fissare in anticipo le nazioni che, di anno in anno, ospiteranno la capitale. Nel 2019 sarà il turno di Italia e Bulgaria. Nel nostro paese sono partite in ventuno per accaparrarsi il titolo. Da Aosta a Lecce passando per Mantova, Venezia, Urbino, Grosseto ed Erice, solo per citarne alcune. La corsa di Perugia inizia nel maggio 2010 quando Wladimiro Boccali e Claudio Ricci, rispettivamente sindaci di Perugia e Assisi, decidono di presentare le due città in gemellaggio. Le proposte, la costituzione della Fondazione Perugiassisi 2019, la creazione del programma e la scrittura del dossier di candidatura. Il 15 novembre dello scorso anno la rosa delle candidate si è ristretta a sei città: Cagliari, Lecce, Matera, PerugiaAssisi, Siena e Ravenna. Ma per il verdetto finale della giuria europea dovremo aspettare gli ultimi mesi del cecILIa andrea BaccI 2014.

Fondazione Perugiassisi2019: il consiglio di amministrazione Bruno BracaLente PresIdente

Professore ordinario di Statistica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Perugia, che ha diretto dal 1994 al 1995. Già presidente della Regione (1995-2000) e Commissario del Governo per l’emergenza e l’avvio della ricostruzione dopo il sisma del 1997, si occupa si sviluppo economico regionale sia in Italia, sia all’estero. andrea ragnettI consIgLIere

Laureato in Scienze politiche, nel 2012 viene nominato amministratore delegato di Alitalia per volere del consiglio di amministrazione della compagnia di bandiera. In precedenza aveva ricoperto il ruolo di chief executive officer del settore consumer lifestyle di Philips. Ha lavorato anche per Tim e Telecom Italia. giorgio MencaronI consIgLIere

Classe 1947, è laureato in ingegneria civile. Dal 2008 è presidente della Camera di commercio di Perugia. È anche imprenditore nel settore del turismo oltre a dirigere, col fratello, lo Studio tecnico di ingegneria Mencaroni, fondato nel 1971.Dal 1989 è anche presidente del consiglio di amministrazione della Perugia Hotel srl. nino rIzzo nerVo consIgLIere

Giornalista, ha diretto la TGR Rai (Testata giornalistica regionale), il TG3, TGLa7, le news di Mtv e il quotidiano Europa. Consigliere di amministrazione Rai fino al 2012, dal 2013 è presidente del Centro italiano di studi superiori per la formazione e l’aggiornamento in giornalismo radiotelevisivo che ha dato vita alla scuola di giornalismo.


APRILE

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PERUGIA 2019

un luogo dove tutto è possibile: l’auditorium di san Francesco al Prato

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e impalcature non ci sono più, quel velo che l’ha coperta per anni è stato abbassato. La chiesa di San Francesco al Prato è di nuovo viva. L’abbandono in cui era caduta è ormai un ricordo del passato insieme ai tanti cedimenti strutturali, che l’hanno accompagnata sin dalla sua costruzione nel XIII secolo. Il sole riflette la pietra bianca, giochi di luce rapiscono chi passa di qua. Che cosa ci sarà al suo interno, si chiedono tutti, dallo studente fuori sede all’anziana residente. La navata con il suo soffitto altissimo dà un senso di immensità, un’energia che dovrebbe essere alla portata di tutti. E lo sarà grazie al progetto che prevede la trasformazione di San Francesco al Prato in un auditorium dove

arte e cultura saranno protagoniste. A voler far rivivere questo luogo dimenticato è stato l’architetto Bruno Signorini che, come spiegano i figli Francesco e Filippo, ha dedicato parte della sua carriera proprio a questo sogno. Ora sono loro, insieme alla sorella Giovanna, a portare avanti il suo lavoro. «Da quando abbiamo iniziato, il nostro obiettivo è stato quello di creare sensazioni, per questo abbiamo deciso di intervenire senza stravolgere l’originalità della chiesa», spiega Francesco Signorini mentre mostra gli schizzi di quello che sarà un vero e

Il sogno diventa realtà

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I PROGETTI

L’archItetto Francesco sIgnorInI aLL’Interno deLLa chIesa dI san Francesco aL Prato. a sInIstra un’IMMagIne VIrtuaLe dI coMe sarà L’audItorIuM aL terMIne deI LaVorI

proprio centro polifunzionale. «Terminata la prima fase di ristrutturazione adesso abbiamo presentato il progetto esecutivo. È stato scavato un intero piano destinato ad un centro congressi, la navata invece diventerà un auditorium. Uno spazio dove 620 persone potranno assistere a concerti di musica classica, eventi di Umbria Jazz, danza, presentazione di libri. L’auditorium è una macchina che deve funzionare a pieno regime e per permettere che sia così niente sarà fisso, dalle poltrone al palco. Deve essere un centro in grado di ospitare sfilate di moda, congressi e mostre. Siamo pronti ad accogliere ogni nuova idea». Oltre che architetti, però, Francesco e Filippo sono perugini e questo progetto costituisce una sfida in cui hanno messo tutta la loro esperienza.

«Il centro dovrebbe avere una vocazione culturale e artistica, posti come San Francesco al Prato devono diventare poli d’attrazione e non possono restare semplici monumenti. La riqualificazione di aree morte è il primo passo per la rinascita di Perugia». Filippo e Francesco ci accompagnano, la porta si apre, entriamo in questa chiesa in cui convivono stili diversi, eredità di un passato che dal Medioevo arriva ad oggi. «Pavimento di legno, una vetrata al posto del tetto crollato anni fa e tanto cristallo per dare una sensazione di trasparenza: tutto è pensato nei minimi dettagli». Presto la luce che illumina la facciata di San Francesco al Prato entrerà e le note di un pianoforte riscalderanno le serate della città. nIcoLe dI gIuLIo

agli arconi la nuova biblioteca della città

U

n luogo arioso, a disposizione della cittadinanza. Uno spazio dove fare cose e incontrare persone, dove si può parlare e dar vita alle idee. Uno scrigno di modernità nel cuore storico di Perugia. Molto più di una biblioteca nuova: il progetto per la costruzione della biblioteca degli Arconi sembra ambire a creare uno di quei posti che quando si stilano le classiche sulla qualità della vita delle città fanno guadagnare punti. Un luogo che valorizza il centro storico ma so-

(segue dalla prima) Come si può rilanciare la cultura in Italia? Il nostro Paese può ripartire anche grazie al cinema e al teatro? Sì, certo; dopo tutto ogni 3 o 4 anni c’è sempre un film italiano di cui si parla nel mondo. Immaginiamo cosa potrebbe succedere se invece di produrre 50 film all’anno ne producessimo 250 come in Francia. La stessa cosa vale per il teatro e la danza. La cultura italiana in generale ha bisogno di più supporto da parte dello Stato. Quali sono le differenze principali tra il modo di fare cinema in Italia e in Europa rispetto agli Stati Uniti? La Francia è il paese in Europa che pro-

prattutto che offre ai perugini la possibilità di trascorrere del tempo di qualità: da una parte l’offerta culturale; dall’altra socializzazione e scambio di idee. «Una biblioteca per la famiglia, i bambini, gli anziani, in una parola per i cittadini». Maurizio Tarantino, direttore della Biblioteca Augusta di Perugia, racconta come l’idea della nuova biblioteca multimediale sia nata dall’esigenza di trasformare il ruolo della storica Augusta. «Fino alla metà del ‘900 il ruolo della biblioteca della città e della biblioteca storica coincidevano. Negli ultimi 20 anni le cose sono cambiate. Per ragioni di spazio l’Augusta non riesce ad avere un ruolo di “biblioteca della città”, dove i cittadini oltre che studiare e consultare i volumi si incontrano e parlano. Allora si è pensato di mantenere la funzione storica dell’Augusta nell’attuale sede e di creare una biblioteca dei cittadini in un nuovo spazio: una divisione di funzioni». La

nuova sede sono gli Arconi nei pressi del Pincetto. Una struttura di 600 anni che racchiuderà uno spazio assolutamente moderno: «Di solito le nuove biblioteche vengono costruite nelle periferie perché nei centri storici è difficile costruire edifici ex novo e altrettanto difficile è trovare palazzi storici che riescano a conciliare architettura e funzionalità moderne. Invece gli Arconi sono un unicum. Dentro la struttura c’è uno spazio vuoto che consente molta libertà di movimento e di costruzione di tutte le funzionalità». La vicinanza tra le due biblioteche, sottolinea Tarantino, consentirà il facile passaggio di volumi, e se un utente chiederà un libro non presente agli Arconi, lo potrà avere nel giro di una manciata di minuti. La biblioteca degli Arconi sarà a due passi dal capolinea del mi-

si può parlare e socializzare: oltre la lettura

Bellucci: lo stato deve dare più supporto alla cultura duce più film in assoluto. Pure in Inghilterra la produzione è più televisiva che cinematografica, anche se le serie televisive inglesi sono di grande qualità. La differenza tra il cinema europeo e quello americano sta nelle storie che raccontano: nella nostra tradizione sono più intimiste, le strutture dei copioni a volte meno logiche. Le storie americane seguono quasi sempre un filo logico: inizio, cuore della storia e fine! Basti pensare alla differenza tra il cinema di Almodovar, Sorrentino o Lars Von Trier rispetto a Spielberg

nimetro e dal parcheggio del mercato coperto. Per i futuri utenti l’amministrazione comunale ha pensato di offrire la gratuità sia del biglietto del metro sia di quello del parcheggio. Una parte dei volumi sarà allocata in via Oberdan dove ci sono altri spazi antichi, ma anch’essi vuoti, quindi utilizzabili con grande flessibilità. «Questo progetto è sicuramente una delle punte del programma di Perugia 2019, prima di tutto perché, rispetto ad altri finora solo su carta, questo è già in fase di realizzazione: i lavori sono cominciati e stanno proseguendo, per esempio quelli in piazza Matteotti, finalizzati a impedire che l’acqua piovana possa arrecare danni all’ambiente degli Arconi. Entro settembre verrà presentato il progetto esecutivo e nel giro di due anni è prevista la fine dei lavori».

o James Cameron. Se dobbiamo pensare a delle somiglianze tra il cinema americano e quello europeo degli esempi possono essere Jurmush, Schnabel o Woody Allen. Ma quello che li rende entrambi interessanti è proprio la loro differenza! Nella sua carriera ha interpretato spesso ruoli femminili controversi: Malena, Maria Maddalena, Alex in Irreversible. Un modo per denunciare le difficoltà e le violenze che tante donne sono costrette a subire ancora oggi?

carLotta BaLena

Credo che il cinema abbia per noi attori un ruolo terapeutico. La scelta dei ruoli che ho interpretato è guidata dall’istinto, capirò meglio il disegno logico delle mie scelte a fine carriera. Per ora mi sento ancora in piena trasformazione. Di sicuro, inconsciamente, nel raccontare donne preda della violenza maschile c’è una forma di denuncia. A quale attrice si ispira? A tutte le nostre grandi dive, quelle che hanno fatto la storia del nostro cinema dal dopoguerra ad oggi. Il film preferito nel quale ha recitato? Il prossimo. Il film preferito in assoluto? La Dolce Vita. Lorenzo grIghI


APRILE

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PERUGIA 2019

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I PROGETTI

Kultur Fabrik, la rinascita del carcere L’ex penitenziario diventa spazio di creazione con teatro, musica e danza

È

soPra, una ceLLa deLL’ex PenItenzIarIo PerugIa a PIazza PartIgIanI

dI

a FIanco, un MoMento deLLa raPPresentazIone teatraLe che sI è sVoLta aLL’Interno deL carcere neLLa tre gIornI

“sIaMo In FInaLe, 28

sareMo caPItaLe” tenutasI daL aL

30 Marzo

sotto, roBerto BIseLLI deL teatro dI sacco neLLa Veste dI aLdo Moro durante La ManIFestazIone

successo per la prima volta domenica 30 marzo. I fortunati che tra le tante richieste hanno potuto assistere all’evento hanno vissuto l’emozione di una rinascita. E di una liberazione. Quella dell’ex carcere di Piazza Partigiani, riaperto in via eccezionale durante la tre giorni di eventi dedicata alla candidatura di Perugia a capitale europea della cultura 2019. Un luogo inumano, fatto di spazi troppo angusti, celle di reclusione talmente strette da dover essere lasciate aperte, per permettere ai detenuti almeno di camminare nel loro braccio carcerario. Un luogo inaccessibile, che per un giorno è tornato a vivere con le esibizioni teatrali e coreografiche della compagnia del Teatro di Sacco. Come una crisalide che si trasforma in farfalla, il carcere potrebbe trasformarsi da luogo di sorveglianza e punizione in un luogo di cultura e creazione. Uno spazio di «evasione», come forse sarebbe piaciuto ai detenuti che per lunghe ore, giorni, anni hanno contato i minuti che li separavano dal ritorno in libertà. Ed Ev@sioni è anche il nome del progetto vincitore per la riqualificazione dell’edificio, selezionato tra i 16 che hanno partecipato al concorso bandito lo scorso giugno dall’Università di Perugia in collaborazione con la FondazionePerugiaAssisi2019. «Abbiamo voluto immaginare una nuova idea di spazio, non più un luogo dove l’individuo trascorre un tempo passivo, dove si assiste alla negazione della persona – racconta uno dei ragazzi vincitori – Ma un luogo in cui, attraverso la demolizione di alcuni elementi architettonici, lo spazio si apre diventando collettivo, si apre al vivere sociale.» Dentro e fuori. Passività e partecipazione. Non sorprende che il progetto sull’ex penitenziario sia diventato il progetto bandiera della candidatura di Perugia. Contiene infatti in piccolo tutti gli elementi che la città deve far suoi per rinascere: l’apertura verso l’esterno, verso l’Europa, la contaminazione. Ma anche un concetto di cittadinanza attiva, che possa incrementare la qualità di vita grazie ad una più ampia offerta culturale. A coordinare il progetto scientifico Paolo Belardi, docente presso il dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell’università di Perugia e direttore dell’Accademia di Belle Arti: «Abbiamo scelto Ev@sioni perché era l’unico progetto capace di ridare un senso agli spazi del carcere senza essere invasivo. Un’operazione di chirurgia architettonica che

potesse dare nuova vita all’edificio». Un’iniziativa che si inserisce nella scia del progetto Kulturfabrik, promosso dall’Università di Perugia, e che ha voluto prendere alla lettera la candidatura di Perugia a capitale cul-

turale, immaginando che i tanti edifici abbandonati della città potessero trasformarsi in altrettante ambasciate culturali dei paesi europei. C’è allora chi è volato fino in Danimarca per sviluppare un progetto di ambasciata culturale nell’ex cinema Lilli o chi, lavorando con il consolato di Francia, ha immaginato una struttura che ripercorresse le tappe della rivoluzione francese. O ancora chi ha progettato un’ambasciata polacca incentrata sull’inno nazionale, grazie all’aiuto dell’ex Rettore Giuseppe Calzoni, che ora insegna in Polonia. «L’idea di base – continua Belardi, responsabile scientifico del progetto – è che i costi di un’ambasciata culturale da mantenere per cinque anni con uno staff formato da giovani stranieri e italiani sono insostenibili per le amministrazioni locali, ma fattibili per uno Stato». Un punto d’inizio, uno stimolo per mettere in circolo le idee e permettere a giovani studenti di partecipare a scambi culturali con il resto d’Europa. Un modo per riattivare le energie cittadine. Tutto a partire dall’idea di candidatura a capitale culturale. In attesa del verdetto, insomma, già si vedono i primi frutti di questa importante occasione. Laura aguzzI

non solo Perugia: tutta l’umbria è candidata “F

abbricare luoghi”. Non solo a Perugia, ma in tutta l’Umbria. Sono oltre venti i progetti di riqualificazione, che creeranno nuove infrastrutture culturali in altrettanti comuni della regione. L’ex-zuccherificio di Foligno, ad esempio, sarà un Parco della scienza e delle arti, mentre l’area dell’ex aeroporto militare di Castiglione del Lago sarà un parco ludico-didattico dedicato all’ambiente, con un acquario e un museo del volo. Restauri in vista, invece, per alcuni gioielli archeologici: la necropoli etrusca di Corciano, l’anfiteatro romano di Bevagna e le antiche domus di Spello. E poi l’arte, Città di Castello celebrerà Alberto Burri – uno dei suoi artisti più illustri – rinnovando Piazza Garibaldi se-

condo il progetto del maestro. Saranno restaurati i teatri di Spoleto e di Terni e recuperate le antiche cantine francescane di Montefalco e Palazzo Baglioni a Torgiano ospiterà un museo del vino. Il borgo di Deruta sarà sempre più quello della “città della ceramica”, mentre Villa Fabbri a Trevi sarà la sede di un Osservatorio per la biodiversità Per la maggior parte sono progetti di cui si parla da anni o che erano già stati avviati prima della corsa a capitale della cultura. “Perugia2019” ha dato nuovo slancio a queste idee e anche se la città non dovesse ottenere il titolo, c’è l’impegno a portarle avanti comunque, con il contributo dei fondi europei 2014-2020 e con il proM.r. gramma “Italia 2019”.

Alberto Burri aveva immaginato Piazza Garibaldi a Città di Castello come un polo per l’arte contemporanea. Il progetto prevede uno spazio aperto, un monunumento e sullo sfondo un edificio nero. La piazza sarà rinominata “Piazza Burri” L’ex-zuccherificio di Foligno ospiterà il “Parco della scienza e delle arti”. Occuperà quattro piani con diversi punti di sviluppo e tematiche, con laboratori multimediale. Una parte sarà destinata invece ad uso commerciale e abitativo L’ex aeroporto militare di Castiglione del Lago sarà un parco ludico didattico dedicato all’ambiente. È un’area di 130 ettari. Ci sarà un acquario e un museo del volo. Sarà illustrata la flora, la fauna e la storia geologica del Lago Trasimeno


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PERUGIA 2019

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LE INTERVISTE

Bassetti:«Perugia, sei già capitale» Per il cardinale i valori europei nascono in Umbria, tra la cultura del lavoro di Benedetto da Norcia e la solidarietà di Francesco

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i definisce un “prete etrusco”. Nato al confine tra la Toscana e la Romagna 72 anni fa, è stato vescovo di Massa Marittima e Piombino e poi di Arezzo, Cortona e Sansepolcro. Gualtiero Bassetti è dal 2009 alla guida della diocesi di Perugia e Città della Pieve. Lo scorso 13 febbraio è stato creato cardinale da Papa Francesco, il primo a Perugia dopo 160 anni (l’ultimo era stato Giovanni Vincenzo Pecci, poi diventato Papa col nome di Leone XIII). Lo abbiamo incontrato all’Università per Stranieri, durante una delle sue visite pastorali dedicate al mondo culturale e giovanile Eminenza, per diventare capitale della cultura Perugia punta molto sull’idea di “accoglienza”. Da osservatore privilegiato, è una definizione che si adatta alla città? A Perugia si parlano cento lingue, che si rinnovano ogni anno. La città è diventata un centro multietnico, multinazionale e multireligioso. Da questo punto di vista c’è molta tolleranza e empatia. Ci sono studenti musulmani che condividono la stanza con studenti cristiani e dividono lo stesso cibo. E quando c’è l’amicizia non è mai a metà, è completa. Perugia ha questa grande capacità di accoglienza e per me è un vanto, come vescovo. E molto è dovuto alle sue due università. Il fatto poi di essere stati i primi in Europa a creare una Università per Stranieri, certamente ha portato su Perugia una ricchezza e un’apertura che da altre parti non ci sono. Quale può essere il ruolo della diocesi per il rinnovamento culturale di Perugia? La crisi sta colpendo un po’ tutto. È un po’ come quando nel medioevo si abbattevano le pestilenze e tutto il tessuto sociale ne risentiva. Oggi tutto il nostro tessuto sociale, anche religioso, risente della crisi. Le famiglie sono più ripiegate su loro stesse, c’è

una paura all’orizzonte, ci si fida sempre meno del prossimo. Sono circostanze che noi come Chiesa abbiamo la grande sfida di aiutare a superare, per riportare il tutto a una normalità e far ritornare Perugia alla sua vera vocazione: insieme a due università, con un’Accademia delle belle arti che è formidabile e il Conservatorio, che è spesso sottovalutato, ma è un’altra eccellenza di Perugia. Quali sono i fattori che possono aiutare Perugia a essere capitale della cultura, che è un evento che potrebbe farla diventare per un anno la sede di eventi culturali di rilevanza internazionale ? Prima di tutto le sue radici culturali antiche e profonde: in città c’è ancora una parte ro-

mana e etrusca, civiltà antichissime. E questo è un vanto che Perugia può mostrare ovunque. Poi, in secondo luogo, la cultura dell’università, che ha avuto delle figure eccellenti di professori nel passato, soprattutto in campo filosofico, umanistico e letterario. Era una sede ambita da tutta Italia e questo naturalmente le ha dato una notorietà nel presente e nel recente passato. Soprattutto, però, dobbiamo ricordarci che Perugia è in fondo la capitale dell’Umbria e l’Umbria possiede – come diceva Giorgio La Pira – quelle due “terrazze” sull’Europa che hanno fatto la civiltà europea: Norcia con Benedetto e Assisi con Francesco. Pensiamo al motto di Benedetto ora et labora. Ha insegnato alla gente a

lavorare e a coniugare la dimensione dello spirito con l’opera umana. Ha insegnato veramente alla gente i mestieri e ha favorito la crescita della cultura. Se noi guardiamo una cartina dell’Europa e segniamo tutte le abbazie benedettine vediamo che nel primo millennio sono arrivate dovunque. Se poi noi vediamo una cartina del secondo millennio vediamo dove sono arrivati invece i conventi francescani. Se Benedetto ha insegnato l’arte del governo, Francesco ha divulgato la dimensione della fraternità. Governo, fraternità, ora et labora, sono i fondamenti della civiltà europea. Infatti non a caso la candidatura di Perugia 2019 è accompagnata dalla città di Assisi e dai luoghi di Francesco e dell’Umbria… Ne sono pienamente convinto. Quando lo scorso aprile ho presentato a Papa Francesco i vescovi dell’Umbria durante la visita ad limina ho detto: «Noi siamo una delle regioni più piccole d’Italia, ma non delle meno significative. Negli ultimi dieci anni abbiamo dato il nome agli ultimi due pontefici». Non per caso uno si chiama Benedetto e non per caso uno si chiama Francesco. E invece dal punto di vista della gente? La popolazione è pronta all’evento? Dal punto di vista della gente direi solo una cosa: Perugia diventa quello che sei! Non ti manca nessun ingrediente per poter essere la capitale europea della cultura. Solo che quello che sei non lo tenere soltanto per te, ma esprimilo nella tua cultura, nella tua civiltà, nel tuo modo di vivere, nel tuo modo di accogliere gli altri! Perugia ha bisogno di diventare un po’ più estroversa. L’umbro è portato ad essere troppo introverso, sotto un’apparente timidezza: Perugia deve diventare quello che è già. MIcheLe raVIart

soPra: IL cardInaLe guaLtIero BassettI, arcIVescoVo dI PerugIa daL 2009. a sInIstra: Bruno BracaLente, PresIdente deLLa FondazIone PerugIassIsI 2019

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pochi mesi dalla conclusione di questo percorso, quali sono le sue considerazioni sul lavoro fin qui

svolto? In quest’ultima fase il lavoro si è concentrato soprattutto sul proBruno Bracalente, gramma culturale perché la decisione, ora, dipende da questo. Non più e non tanto dall’idea di trasformazione della città che fa da cornice ed è stata importante nella prima fase della candidatura.Adesso quello che conta è la qualità del programma culturale, la capacità di presentare progetti innovativi. Quali sono i punti di forza della candidatura di Perugia? Sicuramente il sostegno che a questa candidatura è stato dato da tutte le istituzioni ma anche da tutto il tessuto associativo regionale. E poi il ruolo che hanno l’università e le istituzioni accademiche in generale. Qual è questo ruolo? Stiamo facendo convenzioni accademiche di alta formazione, convenzioni bilaterali con le Università, sia quella italiana che quella per stranieri, l’Accademia di belle arti, il Conservatorio di musica, la Scuola di lingue estere dell’esercito per arrivare a un accordo complessivo e valorizzare al massimo un loro ruolo attivo nella candidatura. Perché Perugia dovrebbe vincere, che cosa

Qual è la concorrente più temibile? Penso che siano tutte ben attrezzate. Quelle che secondo me hanno più probabilità sono quelle che sono partite prima e hanno potuto lavorare più a lungo e più intensamente: Perugia, Matera e è già una vittoria Ravenna. Anche Cagliari e Lecce hanno lavorato bene. Siena ha fatto sicuramente un buon lavoro ma senza un particolare rapporto sinergico con il resto della città. Questo è un punto di arrivo o un nuovo inizio? Ovviamente è un inizio. Ma già il fatto di aver dedicato molte energie alla progettazione del lavoro, a mettere insieme tutti questi soggetti che in modo concorde hanno guardato al futuro e hanno messo in moto ognuno per la sua parte una propria creatività, questo è di per sé un traguardo che ha prodotto risultati importanti. Perché adesso a Perugia, ma anche in tutta l’Umbria, c’è un’idea molto più chiara di quello che deve essere il futuro delle nostre città. E se Perugia non dovesse vincere? È evidente che abbiamo innescato un percorso che non si può interrompere, che non può tornare indietro. Se vinciamo il titolo, andrà avanti anche dopo il 2019 e se non lo vinciamo andrà avanti lo stesso.

«ormai non si torna più indietro» presidente della Fondazione Perugiassisi 2019: puntare sulla cultura ha di diverso rispetto alle altre città candidate? Come ho già detto, il sostegno di tutta la società e delle istituzioni pubbliche e private. Inoltre il progetto di candidatura è parte integrante del piano di sviluppo di medio e lungo termine delle istituzioni, dei comuni e della regione in particolare, che baserà la programmazione fino al 2020 proprio su questo. Poi, un cartellone di eventi molto innovativo e sperimentale, poco standard insomma. Noi puntiamo soprattutto sulla qualità del programma culturale. Vi aspettavate un’interazione così grande nel tessuto sociale? Ce l’aspettavamo perché ci abbiamo contato molto fin dall’inizio ma ci ha anche sorpreso perché non era così scontato che soggetti diversi si mettessero a lavorare insieme. Tutta questa collaborazione e sinergia ha dato vita a uno spirito nuovo e noi abbiamo solo cercato di promuoverlo. Nella Fondazione sono entrati circa 140 soggetti partecipanti, istituzioni ac-

cademiche, associazioni imprenditoriali, sindacali e culturali, sportive e sociali, molti Comuni hanno aderito a una candidatura che comunque rimane di Perugia. Non era così scontato che i comuni dell’Umbria, anche quelli lontani, comprendessero l’importanza che questa sfida può avere anche per loro. Questo significa anche che c’è un comune sentire per voler rilanciare il territorio? Io credo che la ragione fondamentale sia proprio questa: è aumentata la consapevolezza che con la cultura si può far ripartire l’economia delle nostre città. Questo è vero in Umbria e lo dimostra tutta questa grande partecipazione. Ma lo dimostra anche il fatto che a questa competizione hanno partecipato sin dall’inizio 21 città italiane, mentre in Francia, qualche anno fa, avevano partecipato soltanto in 8. Sicuramente questa crisi economica così forte ha fatto capire che, per inventarsi un futuro nuovo, c’è bisogno di puntare sulla cultura. E in Umbria lo hanno capito molte città.

LucIna PaternesI MeLonI


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ASSISI

assisi, capitale del dialogo La città di San Francesco si propone come luogo di incontro tra identità diverse per creare nuovi spazi e nuova cultura

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ette secoli fa, dopo la morte di San Francesco, maestranze da tutt’Europa arrivarono qui ad Assisi per costruire la Basilica: identità culturali diverse che si sono confrontate e mescolate in un cantiere che ha dato la luce a 120 metri quadrati di affreschi». Parte da lontano il sindaco di Assisi, Claudio Ricci, da quel passato in cui le tradizioni della sua città affondano le radici. È da questo centro aggrappato alle pendici del Subasio, con le sue case e chiese di pietra rosa, che è partito il messaggio di San Francesco per poi diffondersi in Europa seguendo i passi dei frati e dei pellegrini, che continuano ad arrivare da tutto il mondo. Secondo Ricci «sono tre le cose che distinguono l’Umbria: la scienza, l’arte e l’umanesimo francescano, che porta a vedere nell’altro valore e dignità». È questo spirito che anima i progetti messi in campo dal Comune di Assisi, che ormai da secoli è una capitale non solo della pace, ma anche del dialogo e dell’accoglienza. Se uno dei concetti fondamentali della candidatura è quello di “città diffusa”, con alla base l’idea di un’Umbria che partecipa coralmente alla competizione, di un’intera regione che diventa macro spazio in cui “fabbricare luoghi” creativi nuovi, il ruolo di Assisi è centrale. «Una città non è solo i suoi edifici – dice Ricci – ma anche e soprattutto gli spazi che esistono tra di essi, le piazze e i luoghi di scambio in cui i cittadini possono incontrarsi». A testimoniare il proposito di Assisi di candidarsi come luogo di incontro tra identità diverse che insieme possano generare nuova cultura, un progetto in particolare si propone di individuare «28 luoghi diversi, sia laici che religiosi, uno per ciascun paese dell’Unione europea, dove artisti internazionali possano lavorare e mettere a confronto le proprie idee, magari realizzando nuovi affreschi per la città

ispirandosi alle opere di Giotto della Basilica Superiore». Non solo luoghi, ma anche iniziative cul-

turali, come la mostra che vedrà esposti a Palazzo Monte Frumentario 48 blocchi del muro di Berlino “interpretati” da altrettanti

La rInascIta

erano Le 11 dI MattIna deL 26 setteMBre 1997 quando una scossa dI terreMoto dI MagnItudo

5.8 ha ProVocato IL croLLo deLLa naVata centraLe deLLa BasILIca suPerIore. quattro Persone hanno Perso La VIta. FIno aL 1999 La BasILIca è rIMasta chIusa. a dIstanza dI 17 annI La chIesa è tornata aL suo sPLendore ed assIsI sI è rInnoVata

artisti internazionali, o il ciclo di incontri “Lo sguardo lieto della spiritualità”, un contenitore multi-progettuale che include laboratori multimediali, esperienze di creazione artistica e visite alla riscoperta dell’Assisi romana. Il dialogo, quindi, è uno dei cardini del programma e ad esso si affianca il tema della pace. Tra gli eventi in programma, per esempio, c’è anche un incontro di tutti i Nobel della pace viventi in collaborazione con Oslo. Un apporto fondamentale alla candidatura di Perugia, però, viene anche dai “luoghi di San Francesco”. Secondo Paola Gualfetti, che si occupa dei progetti culturali per il Comune di Assisi, «si tratta di luoghi esemplificativi di un modello che gira nel mondo da secoli. Non sono solo luoghi sacri, ma i luoghi da cui è partito il francescanesimo per poi diffondersi in Europa e nel mondo». Spazi e percorsi di meditazione e predicazione del Santo di Assisi, che verranno inseriti in una serie di “itinerari francescani e benedettini”. Un esempio per tutti è quello del bosco di San Francesco, che è stato ripulito e rivalutato in collaborazione con il Fai, Fondo ambiente italiano. Un impegno iniziato nel 2005, che non si esaurirà con la scelta della città vincitrice, come sottolinea Ricci: «Qualunque sarà l’esito della candidatura, i progetti verranno portati a termine, con il supporto dei fondi europei per il 2014-2020 dal momento che si muovono tutti sui temi della creatività e dell’innovazione. L’idea è quella di un’Italia 2019 in cui le 21 città candidate, con le sei finaliste in prima fila, possano costituire una rete in grado di promuovere il nostro paese a livello europeo». È arrivata lontano la città cantata da Dante nell’undicesimo Canto del Paradiso e lo ha fatto senza dimenticare la sua storia e le sue tradizioni, che l’hanno resa famosa nel mondo. caterIna VILLa

nel nome di Francesco

Il santo in un palmo

Padre Gambetti: «Assisi ha ancora molto da insegnare all’Europa»

Un’applicazione guida il pellegrino attraverso 32 tappe della sua vita

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a spiritualità francescana ha plasmato la società e la cultura umbre per secoli e anche nell’ambito della candidatura di Perugia, con i luoghi di San Francesco e dell’Umbria, questo spirito mantiene la sua indiscussa centralità. Il Sacro Convento di Assisi sostiene numerose iniziative inserite nel programma presentato dal Comune di Assisi, come spiega Padre Mauro Gambetti, Custode del Convento. Qual è il ruolo della figura di San Francesco e dei suoi luoghi in questa candidatura? «Francesco e questa terra sono legati indissolubilmente. Il contributo del carisma francescano dal Medioevo si è protratto fino ai giorni nostri, non solo nell’ambito spirituale ma anche in quello della cultura. Anche oggi, in un tempo ancora segnato da conflitti e violenze, Francesco ci aiuta a vivere un nuovo umanesimo, alla ricerca di relazioni costruttive con l’altro». Spiritualità e cultura in Umbria: un legame che affonda le radici nel passato, ma quali sono le prospettive per il futuro? «La cultura umbra è profondamente legata alla spiritualità francescana sotto molteplici aspetti, il più lampante è forse quello dell’arte. Si potrebbe dire che l’arte è uno dei tanti veicoli

per raggiungere e comprendere la spiritualità francescana. Sia pellegrini che semplici turisti trovano sempre in questa terra un modo per arricchirsi umanamente». Il dialogo è da sempre parte del patrimonio di Assisi. In questo senso cosa può insegnare Assisi all’Europa? «Può ancora insegnare molto. Da quando esponenti delle religioni di tutto il mondo si incontrarono qui il 27 ottobre 1986, lo “spirito di Assisi” continua a diffondere il suo messaggio di rispetto per l’altro, di ricerca del dialogo per percorrere strade di amicizia. La preghiera e il dialogo uniscono e continueranno ad unire finché rimarrà in vita l’insegnamento di Francesco d’Assisi». In quali iniziative siete coinvolti in prima persona e come partecipate ai progetti messi in campo dal Comune? «Le iniziative sono numerose e in grande sinergia. Un esempio per tutti è l’incontro a Norcia e ad Assisi di francescani e benedettini. Due regole, quella francescana e quella benedettina, che trovano molti elementi affini per vocazione ed interessi, e che hanno profondamente modificato il tessuto sociale ed economico della storia europea». c.V.

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on è un miracolo, ma tecnologia. Percorrere a piedi, in auto o in bicicletta le tappe della vita di San Francesco d’Assisi, e scoprirne i tesori nascosti, i riferimenti storici, religiosi e culturali, ma anche le iniziative turistiche e gastronomiche è da oggi un po’ più facile. Ci pensa “Francesco”, la prima applicazione per smartphone e tablet dedicata agli itinerari percorsi dal Santo. L’iniziativa, che rientra nelle attività di candidatura a Capitale europea della cultura per il 2019, è stata realizzata da Città in Internet.. «Un progetto – spiega Michele Busiri Vici, che ha collaborato alla realizzazione dell’applicazione – tecnologicamente semplice e intuitivo». Già scaricabile ma in continuo aggiornamento, il software multimediale è disponibile per Ios, Android e Windows phone. Attraverso una mappa dettagliata, il turista e il pellegrino possono raggiungere i luoghi in cui è stato Francesco, dalla piazza del clamoroso abbandono dei suoi averi, dei suoi vestiti, dei soldi di famiglia a quelli dell’incontro con il lupo o con gli uccelli o con sorella Chiara. Finora ci sarebbe voluto l'ausilio di una guida. Ora basta seguire il navigatore. «Vi-

sualizzando le tappe della vita di San Francesco vengono messi in evidenza i maggiori simboli del territorio», sottolinea Busiri Vici. Le 32 tappe francescane sono state individuate dal Sacro Convento di Assisi con la supervisione di don Felice Acrocca, uno dei più autorevoli studiosi del francescanesimo. Disposte in ordine cronologico, le tappe rappresentano ognuna una fase particolare della vita di Francesco, e oltre a contenere la descrizione della vita del Santo sono geolocalizzate dal satellite. Basta seguire le coordinate e si potranno visitare. Per ogni singola tappa sono disponibili un testo descrittivo e un’immagine rappresentativa. «Cliccando su “Itinerari” si scopre l’elenco dei luoghi da visitare, mentre la sezione “meditazioni” contiene le preghiere che il pellegrino può recitare ripercorrendo le strade francescane», conclude Busiri Vici, assicurando che «a queste indicazioni se ne aggiungeranno via via delle altre, attraverso nuovi aggiornamenti». L’applicazione multimediale è già scaricabile al costo di 0,89 centesimi e il ricavato verrà in parte devoluto in beneficienza. Il Poverello di Assisi apprezzerebbe. VaLentIna rossInI


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Dacia Maraini e Pupi Avati, una scrittrice e un regista con l’Umbria nel cuore. Una terra già celebrata da penne illustri, da Dante a Josè Saramago

Perugia capitale nelle parole degli autori che l’hanno amata «Penso a te, alla tua passione schiusa, alla luce di gemma ch’è dell’Umbria di prima estate tra Foligno e Terni, mi chiedo, scusa la follia, se mai una gioia sarà gioia per sempre o comunque sia colma la misura delle cose che devo amare e perdere»

mario Luzi Onore del vero

«Intra Tupino e l’acqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo, fertile costa d’alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo»

Dante Alighieri Paradiso, XI canto

«Era la mia città, la città vuota all’alba, piena di un mio desiderio. Ma il mio canto d’amore, il mio più vero era per gli altri una canzone ignota»

Sandro Penna Era la mia città

«Qui si è consapevoli del bello»

«Luoghi che non invecchiano»

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ccupa la scena letteraria da oltre cinquant’anni, da quel 1962 che la vide esordire con il romanzo La vacanza, lo stesso anno in cui cominciò la relazione con Alberto Moravia. Oggi continua a scrivere con la stessa passione, la stessa forza discreta che traspare dalla sua voce pacata, dal garbo che l’ha sempre contraddistinta. Se a questo garbo si volesse associare un colore, la scelta sarebbe immediata: l’azzurro dei suoi occhi, che un filo di trucco circonda ed esalta, anch’esso rigorosamente azzurro. L’uscita, pochi mesi fa, del suo ultimo libro, Elogio della disubbidienza, dedicato alla figura di Santa Chiara, ci offre l’occasione di chiederle perché Perugia, più delle altre candidate a capitale europea della cultura nel 2019, meriti di vincere la gara. E, con Perugia, l’Umbria intera. «Di questa regione mi ha sempre attirato la bellezza e la dignità con cui ha saputo conservare il suo patrimonio. Magari in tutta Italia DACiA mArAini ci fosse stato questo desiderio di conservazione, anziché speculare su tutto e distruggere. Per questo, quando posso, ci vengo spesso». Custodire e difendere: in questi due verbi si esprime, per Dacia Maraini, «la consapevolezza del bello, il valore della memoria. Tutto ciò – tiene a sottolineare – è una cosa stupenda, bellissima». È, in un certo senso, la forza degli ideali che animò Chiara, «una donna straordinaria, di grande fede, che difendeva le sue idee», anche a costo di rifiutare il matrimonio cui era destinata, disobbedendo alle regole e alle convenzioni che il tempo e la società le avrebbero imposto. Un gesto forte ma docile, di grande libertà, pur di seguire frate Francesco, l’uomo che – spogliandosi di tutto se stesso e non solo dei propri abiti – la folgorò quando aveva dodici anni. «Sono arrivata a Chiara grazie al mio interesse per le mistiche, per i loro scritti prima ancora che per le loro vite». E quest’incontro l’ha indotta a fare l’Elogio della disubbidienza. Nella sua lunga carriera c’è di tutto: romanzi, raccolte di poesie, saggi e drammi teatrali, sceneggiature. Ha vinto i più importanti premi letterari italiani: lo Strega nel 1999 con Buio, il Campiello nel 1990 con La lunga vita di Marianna Ucrìa. Oltre a questi, il Flaiano, il Brancati, il Mondello. Il padre Fosco, noto scrittore ed etnologo, era a sua volta figlio di

Umbria per me rappresenta un viaggio nel tempo, non una scrittrice: Dacia ha quindi potuto respirare cultura fin da piccosolo nello spazio». Pupi Avati ha sempre avuto un lissima, crescendo in un ambiente ricco di stimoli e sollecitazioni arrapporto particolare con questa regione, terra di mezzo tistiche. Nelle sue origini si condensano personaggi e momenti da tra l’Emilia romagna dell’infanzia e dell’adolescenza e la roma delepopea: la nonna materna è stata una cantante lirica cilena, la madre l’affermazione artistica. Una regione che, in qualche modo, è il – che ha compiuto cento anni lo scorso settembre – è una pittrice e ritratto di Dorian Gray di quella natia, perché mennobildonna siciliana. Gli anni Quaranta per la piccola Dacia sono tre quest’ultima invecchia, l’Umbria rimane immune stati il tempo della sofferenza: la sua famiglia si trovava in Giapdai segni del tempo. «Mia madre decise di prendere pone, dove il padre aveva deciso di trasferirsi per sottrarsi al fascicasa a Todi a metà degli anni ’70. Cercava un posto smo. Qui la famiglia Maraini ha patito il dolore e gli stenti per che le ricordasse i luoghi essere stata internata in un campo di della sua infanzia. Sia lei prigionia. «Noi bambini ci toglievamo che mio fratello in Umle pulci a vicenda, sembravamo scimbria hanno ritrovato mie. Il pasto quotidiano era un pò di tanti aspetti del contesto riso e nient’altro. Mi sono nutrita di emiliano, dalla cultura al tutto, perfino di formiche, rane e serpaesaggio. Ma c’è di più: penti». direi che questa regione Poi il ritorno in Italia, nella Sicilia non ha perso le peculiadelle radici materne. Di quel periodo rità del suo territorio, ha parlato nel romanzo Bagheria: «Ho come purtroppo è sucdeciso, dopo anni e anni di rinvii e di cesso ad alcune zone rifiuti, di parlare della Sicilia. Non di dell’Emilia romagna una Sicilia immaginaria, di una Sicilia dopo la seconda guerra letteraria, sognata, mitizzata». mondiale. L’Umbria ha La sua, insomma, può essere definita quei promontori, quei una vita nomade, sempre in qualche territori difformi, quelle piccole pianure, altrove: celebri i viaggi con Pasolini e che sono rimasti completamente intatti. Moravia in Africa, in Medio Oriente, in Ma quello che forse piaceva di più a mia India. E non a caso Sono nata viaggiando si madre era il rapporto con le persone: queintitola il documentario, uscito lo scorso sta è una regione che ha conservato un’aunovembre, che ripercorre le tante tappe tentica anima contadina, un sano spirito di questo suo vagabondare per il mondo. della terra, della “roba”». Un continuo vagare che prosegue ancora Un legame, quello con l’Umbria, che oggi: approda in luoghi e paesi sempre Avati ha celebrato anche nel suo libro audiversi, e lo scorso 3 aprile era in Umbria, tobiografico, “La grande invenzione”, a Perugia. Ha ricevuto l’accoglienza che edito da rizzoli nel 2013. si deve a una delle più grandi scrittrici Perché Pupi Avati è un perfetto esemitaliane. pio di autore poliedrico, scrittore ma anDue anni fa il suo nome appariva tra i che musicista: dal 1959 al 1962 suona favoriti per il Nobel della letteratura. Assomiglia un po’ a Perugia, in fondo: can- L’inizio DeLL’inferno trAtto DALLA PrimA eDizione DeLLA DivinA CommeDiA. come clarinettista in un gruppo bolodidata ad un importante riconoscimento. iL PoemA DAnteSCo fu StAmPAto A foLigno L’11 APriLe 1472, neLLA PiAzzA Prin- gnese. Ci rimane fino a che, nella band, CiPALe DeLLA Città, Dove Si trovAvA LA CASA DeLL’orAfo emiLiAno orfini, DALLo Che il futuro riservi belle sorprese ad en- StAmPAtore Di trevi evAngeLiStA AngeLini. LA CArtA Per Le 800 CoPie venne non entra Lucio Dalla, la cui genialità lo fornitA DAi monACi beneDettini Che geStivAno Le CArtiere Di PALe e beLfiore mette all’angolo. Ma da lì a poco scopre trambe? Antonio bonAnAtA la sua, di genialità, quella di regista: più di quaranta film, e una carriera che ha

«Ma poi che noi rinovelliamo Augusta, Odi, Sangallo: fammi tu un lavoro Degno di Roma, degna del luo gusto, E del ponteficato nostro d’oro. Disse: e il Sangallo alla fortezza i fianchi Arrotondò qual di fiorente sposa Gittolle attorno un vel di marmi bianchi, Cinse di torri un serto all’orgogliosa»

giosuè Carducci Il canto dell’Amore

avuto tra i suoi scenari anche l’Umbria. «Qui abbiamo costruito diversi studi e centri di produzione cinematografica. Non a caso ci sono quattro miei film girati in diverse parti della regione: “Magnificat”, “I Cavalieri che fecero l’impresa”, “La via degli angeli”, dedicato a mia madre e realizzato poco dopo la sua morte, e infine “Ma quando arrivano le ragazze”. Purtroppo non sono riuscito a dare seguito a tutti i progetti che avevo in questa regione, per farne un perno della mia produzione cinematografica; come spesso accade in questi casi sono prevalse invidie ed insofferenze». Difficoltà che non hanno scalfito il rapporto di Avati con l’Umbria, tanto da portarlo a sostenere la candidatura di Perugia a capitale europea della cultura 2019. «Credo sia del tutto logico appoggiare questa città nella sua scalata. Non sono solo motivazioni affettive che mi portano a sostenerla, ma anche ragioni oggettive: parliamo di un capoluogo veramente straordinario dal punto di vista architettonico e artistico, che ospita una delle più importanti istituzioni multiculPuPi AvAti turali del Paese, l’Università per stranieri, dove sono stato spesso invitato per tenere incontri e conferenze. Si tratta di un’istituzione spesso sottovalutata, ma che in Italia è quasi unica nel suo genere. E poi per un appassionato di jazz come me è impossibile non citare Umbria jazz: è una manifestazione che, grazie soprattutto al direttore artisctico Carlo Pagnotta ha ereditato proprio da Bologna il meglio del panorama jazzistico internazionale. Si tratta di un fenomeno musicale assolutamente straordinario. È stato un piacere, negli anni passati, venirci a suonare». La casa di Todi, per la famiglia Avati, non è soltanto un luogo dell’anima. Al ricordo della madre si uniscono i numerosi ritrovi che ancora adesso, puntualmente, hanno luogo. «Ci andiamo praticamente ogni Natale e Pasqua, più lunghi periodi in estate. Non credo di esagerare se dico che le riunioni della nostra famiglia, ormai, avvengono solo in Umbria». C’è da augurarsi, allora, che una riunione ulteriore possa tenersi nel 2019, spostandosi da Todi a Perugia, per celebrare quella terra di mezzo, immagine allo specchio che non invecchia e pronta a irradiare col suo immutato splendore un intero continente. LuCA SerAfini

«Che dire di Perugia, ov’entro sempre pieno di speranze [...]. Arriverà certo il giorno in cui questa città sarà anche un’altra delle mie case. Le sale del museo, almeno, sono per me riposo e nutrimento. Vi ritrovo il grande Piero, [...] Corso Vannucci brulica di ragazzi e ragazze dell’Università per stranieri. Qui si parlano tutte le lingue del mondo»

«...rimirammo dalle alture al di là della distesa di ulivi il medesimo bel paesaggio che si rifletté negli occhi di Raffaello, come in quelli di Augusto quando gli venne innalzato l’arco di trionfo in pietre squadrate, ben conservato come se fosse stato finito ieri»

hans Christian Andersen Diario

«Su di un lato c’era

un immenso edificio adibito a funzioni pubbliche, con un’antica loggia e una fila di finestre ad arco dalle cornici di pietra. [...] Benché fosse soltanto la sede del consiglio comunale e della borsa di una città di provincia, l’edificio era degno di ospitare il parlamento di una nazione»

nathaniel hawthorne Il fauno di marmo

Josè Saramago Manuale di pittura e calligrafia

«Spoleto è la scoperta più bella che ho fatto in Italia [...], c’è una tale ricchezza di bellezze pressoché sconosciute, di monti, di valli, foreste di querce, conventi, cascate!»

hermann hesse Lettera alla moglie


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NORCIA

Ora et labora oboedentia sine mora: la regola benedettina che rivoluzionò il mondo continua a riecheggiare nelle strade del borgo umbro

norcia, cuore nascosto d’europa U

Viaggio nella città che ha dato i natali al patrono del continente. Ai piedi dei monti Sibillini un crocevia tra fede, natura e antiche tradizioni

n silenzio senza tempo, uno spazio imbevuto di fede e tradizione. In questo luogo nasce San Benedetto, patrono d’Europa nel 1964 per decisione di Paolo VI. I primi passi dell’uomo che rivoluzionò la vita monastica, affiancando il lavoro alla vita contemplativa, sono parte del patrimonio storico e culturale di Norcia. «Il primo monastero benedettino vide la luce a Cassino; la basilica e la cripta dove la storia vuole che siano nati Santa Scolastica e San Benedetto, sono gli unici segni visibili del Santo, oltre ad una reliquia che è rimasta ai nursini». Daniela Marini è una giovane guida turistica e non ha esitazioni nel dire che San Benedetto ancora pervade la vita dell’intera comunità: «Non è un caso che il momento più emozionante per chi vive a Norcia sia proprio l’accensione della fiaccola benedettina». Una luce per la pace e l’unità d’Europa, che ormai da 30 anni parte dalla piazza del borgo umbro per raggiungere ogni angolo del vec-

chio continente. Ed è programmazioni economiche e dei dettami delproprio piazza San Bel’alta finanza». Qui nedetto il cuore pulsante l’uomo è stato in grado della città. La stessa che scelsero alcuni monaci di vivere in sinergia con siriani per la loro vita la natura, qui storia e traeremitica più di 1500 dizione sono tramandate di padre in figlio. anni fa. Sono loro che «Un progetto che di probabilmente ispirarono il patrono d’Eufatto candida l’intera Umbria a capitale della ropa e che contribuicultura- spiega il sindaco rono a fare di questa Stefanelli- non può non terra un vero e proprio scrigno di eccellenze. IL rosone deLLa BasILIca In PIazza san Benedetto considerare l’immenso La scuola chirurgica di patrimonio nursino: le Preci, i codici miniati, le tecniche di lavorazione terre di Francesco e quelle di Benedetto sono della carne suina: capolavori della tradizione un binomio unico, la culla della cultura italiana della Valnerina che fanno il giro del mondo. ed europea». Comune medievale che non ha perso la sua Per Gian Paolo Stefanelli, sindaco di Norcia, quella di Benedetto è una filosofia di vita at- originaria identità, Norcia continua a vivere tuale, oggi più che in altre epoche: «L’Europa ancorata alle peculiarità dei suoi luoghi. Una deve riscoprire la sua identità, al di là delle terra di fede, plasmata dalla destrezza degli

artigiani, dall’arte norcina, dal sudore del lavoro nei campi. La natura è sempre stata legata alla vita quotidiana dei nursini: l’amore e la cura del bosco sono alla base del rapporto speciale tra questo borgo e un ambiente apparentemente ostile. Le marcite ne sono un chiaro esempio, un’area unica nel suo genere in tutto l’Appennino centrale. Vi si pratica un’agricoltura intensiva da secoli grazie all’acqua sorgiva del bacino di Castelluccio, che è stata canalizzata per allagare i vari appezzamenti di terreno. Una distesa di prati verde smeraldo punteggiati da antichi mulini in pietra, pioppi, canneti e cipressi. Una terra tutta da scoprire, per ritrovare un equilibrio con la natura e con se stessi. Diventare capitale europea della cultura può essere l’occasione giusta per riscoprire le proprie radici. Magari partendo proprio da Norcia e dai suoi tesori, che finalmente si mostreranno al mondo. gIusePPe dI Matteo e aLessIa MarzI

La caPItaLe deLLa VaLnerIna e Le sue BeLLezze

aLcunI deI tesorI dI norcIa. La cIttà Vanta una Lunga tradIzIone dI artI e MestIerI, neL segno deLLa regoLa dI

s.Benedetto. tra I goIeLLI deLLa cIttà La BasILIca, aL cuI Interno è PossIBILe Madonna co BaMBIno tra due angeLI adorantI. oLtre che Per I suoI MonuMentI, IL Borgo è noto anche Per La PartIcoLare tradIzIone norcIna, Legata aLLa ProduzIone dI PregeVoLI saLuMI. FaMosa anche La BIrra “nursIa”, Prodotta daI MonacI BenedettInI. IL BIrrIFIcIo, aLL’Interno deL Monastero, è VIsItaBILe soLo IL 15 agosto

aMMIrare L’aFFresco raFFIgurante una

Padre Benedetto:«Nulla soddisfaceva la sete infinita che avevo. Solo Dio ci è riuscito»

da studente americano a monaco benedettino

«L

a vita monastica è basata sul cambiamento personale». Così Padre Benedetto Nivakoff, Vicepriore del monastero di San Benedetto. Lui aveva 22 anni quando ha deciso di abbracciare la vita monastica perché «nulla soddisfaceva la sete infinita che avevo. Solo Dio ci è riuscito». Da New York, dove viveva come un qualsiasi ragazzo americano «avevo una ragazza e un lavoro» è arrivato a Norcia nel monastero benedettino. L’idea di farsi monaco è sempre stata è presente nella sua mente «ma era un qualcosa di remoto». Ad avvicinarlo alla regola benedettina, è stato un corso di italiano frequentato all’Università del Tennessee. «Scelsi quel corso perché l’insegnante era molto bella, mi sembrava una valida motivazione» (ride). Proprio quell’insegnante gli consigliò di venire qui in Italia per una vacanza, utile per migliorare il suo italiano. Arrivato a Roma, l’evento che ha cambiato la sua vita. «La Provvidenza mi ha fatto in-

a sInIstra Padre Benedetto assIeMe a due MonacI BenedettInI neL BIrrIFIcIo

Monastero. sotto, Padre Benedetto

deL

contrare Padre Cassian Folsom che stava cercando di formare una nuova comunità che seguisse la regola benedettina». L’anno dopo, è tornato in Italia e ha incominciato a studiare la vita di San Benedetto, infine la decisione di farsi monaco. Il motivo per il quale ha scelto proprio l’ordine fondato su “ora et labora” è semplice: «La regola è rimasta intatta per più di 1500 anni. Ho preferito intraprendere la vita bene-

dettina perché è la più radicale, nel senso che va più alla radice rispetto agli altri ordini». Nel monastero di Norcia, la vita è scandita dalla preghiera e dal lavoro. La sveglia per Padre Benedetto e gli altri 17 religiosi suona alle 3:30. Pregano sette volte durante il giorno e una durante la notte, ma per loro non c’è solo il dialogo con Dio.

Nel monastero i frati svolgono diverse attività, la regola benedettina è molto chiara: oltre alla preghiera c’è anche il lavoro «Benedetto ci impone di vivere del nostro lavoro». Ognuno di loro ha uno specifico compito: «C’è il monaco cuoco, quello giardiniere, quello che si occupa della foresteria». Tutti poi partecipano alla produzione della birra Nursia. Da due anni, infatti, i monaci hanno un birrificio: «L’idea è nata perché volevamo offrire ai cittadini un prodotto di alta qualità e che allo stesso tempo potesse attirare la gente qui a Norcia». L’obiettivo sembra esser stato raggiunto, i monaci infatti vendono la birra ai commercianti nursini che a loro volta la rivendono, contribuendo così all’economia della città. L’idea di produrre birra è nata dal desiderio di alcuni di loro: «Prima di buttarci in questa avventura però abbiamo ponderato bene i rischi che correvamo. Presa la decisione definitiva, ci siamo affidati come sempre alla Provvidenza». ManLIo grossI


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CHI HA VINTO E CHI CI SPERA

Nel 2004 è stata la città italiana scelta come capitale europea della cultura. Ecco come è cambiato il suo volto

abbiamo creato una nuova genova U Luca Borzani, presidente della fondazione Palazzo Ducale, ricorda la sfida affrontata 10 anni fa e i traguardi raggiunti

n lembo di terra che si apre a semicerchio tra monti e mari. Questa è Genova, realtà policentrica che dal 2004 vive la cultura a 360 gradi. L’occasione è arrivata 10 anni fa, quando la città è stata scelta come capitale europea della cultura. Il capoluogo ligure è stato riscoperto, le sue strade e i suoi palazzi rinnovati, la sua vocazione culturale rivisitata. Considerato per anni un centro industriale e siderurgico, oggi ha un nuovo volto. Spiega Luca Borzani, presidente della Fondazione del Palazzo Ducale: «Attraverso un’opera di rigenerazione urbana abbiamo restituito ai genovesi un luogo d’arte, un ambiente migliore dove vivere. Nell’anno in cui siamo stati capitale abbiamo investito molto, soprattutto in progetti a lungo termine. Abbiamo scelto di andare oltre l’evento per stimolare una vera e propria trasformazione della città». Genova non era mai stata percepita come meta per turisti, fatta eccezione per il suo acquario, oggi invece l’orgoglio genovese è fatto anche di accoglienza e ospitalità. La politica portata avanti in quel periodo ha interessato nuovi spazi museali stimolando il fermento culturale. «Ci siamo guardati dall’interno e abbiamo cercato di capire come gli altri ci percepivano dall’esterno: Genova 2004 è stato un mix di questi due fattori di analisi». Tre gli obiettivi perseguiti come ha spiegato Anna Castellano, al tempo assessore alla comunicazione e promozione della città capitale europea: ridefinire l’identità culturale della città in rapporto alla sua evoluzione, attrarre visitatori e coinvolgere in un processo di identificazione i cittadini. «La nuova stagione di sviluppo ha interessato direttamente i genovesi e proprio questo tipo di coralità è stata una delle chiavi del nostro successo – spiega Borzani – sono stati fatti

moltissimi investimenti pubblici ma non va dimenticato che la riqualificazione urbana ha interessato proprietà private del centro storico». Numerose strade cittadine sono state rimesse a nuovo in termini di pavimentazione, illuminazione e facciate degli edifici. In altri casi in-

vece si è intervenuti sulla viabilità ampliando le zone pedonali del centro storico. I progetti di restauro hanno rinnovato il cuore della città: dal porto antico ridisegnato dall’architetto Renzo Piano, al rifacimento di facciate e corti interne del Museo del Mare, inaugurato proprio nel 2004. Essere capitale della cultura ha gettato le basi per uno sviluppo costante nel tempo. Non è un

In aLto: PIazza de FerrarI, In Basso InVece La cattedraLe dI san Lorenzo

a destra: uno deI tIPIcI caruggI genoVesI: IL centro storIco è un dedaLo dI VIcoLI che scende Verso IL Mare

caso che nel 2006 Genova con i suoi Palazzi dei Rolli sia entrata a far parte del patrimonio mondiale dell’Unesco. Dopo la crisi industriale degli anni ‘90 la città di De Andrè ha scelto di vestire panni nuovi recuperando le sue antiche vocazioni: è rinata nelle continue melodie dei cantanti di strada, nelle bancarelle artigianali, negli storici locali dei caruggi (così i genovesi chiamano i caratteristici vicoli che portano verso il mare) e nel ‘fazzoletto di svaghi’ del Porto Antico. Ripensare Genova in chiave culturale ha dato i suoi frutti. Più di 285 gli eventi organizzati, circa 2.8 milioni i visitatori arrivati per GeNova 2004. Secondo uno studio realizzato dalla Consav (società consortile di imprese attive nei servizi avanzati) è emerso che sono stati investiti 241 milioni di euro per un indotto economico che ha sfiorato i 440 milioni. Ancora oggi, a distanza di dieci anni, il capoluogo ligure continua ad essere una destinazione prediletta per turisti, italiani e stranieri. Come spiega Borzani: «È stato sfruttato un evento per favorire un cambiamento i cui segni sono ancora tangibili. Non è un caso che il Palazzo Ducale, luogo di arte e incontro, sia decollato negli anni successivi al 2004». Se prima la città basava la sua ricchezza esclusivamente sull’industria siderurgica, ora ha cambiato rotta. La cultura è diventata il motore di un’intera comunità nonostante la crisi economica. Di Genova 2004 restano le grandi opere di restauro, la riqualificazione del centro storico, ma soprattutto una rivisitazione del concetto di cultura. Un modo per dare un nuovo look alla città e per creare grandi progetti per il futuro. ManLIo grossI e aLessIa MarzI

una sfida a sei: ecco le altre belle d’Italia Così Cagliari, Lecce, Matera, Ravenna e Siena inseguono la vittoria. La speranza è di non vanificare gli sforzi fatti fino ad ora

D

Adduce: «La nostra cittadiopo Firenze, Bologna e Genova nel 2019, questa gara significa rappresentare l’Italia nel mondo. Ognuna ha messo a punto un pronanza deve essere presente sarà il turno dell’Italia e della Bulgaria. a qualsiasi step della canIl nostro Paese torna a essere protagetto di crescita puntando sul proprio valore aggiunto. didatura: per questo abgonista della cultura europea. A contendersi biamo creato una di«Possiamo vincere, ne sono sicuro – afil titolo, al momento, 6 città: Cagliari, Lecce, retta Twitter mentre la Matera, Perugia, Ravenna e Siena. Il lavoro ferma Massimo Zedda, sindaco di Cagliari – siamo una grande città, l’unica metropocommissione esamiche c’è dietro alla candidatura è un percorso nava il nostro dosin salita, fatto di progetti ambiziosi, grandi silitana tra le candidate. Il nostro aeroporto è molto vicino al centro, sier a Roma». nergie e uno sforzo di coBasa tutto suluna comodità per i turisti; un ordinamento tra enti l’aspetto interlocali e associamare unico, inserito nel centro storico più ampio d’Europa». culturale il zioni cittadine. chIesa dI santa croce, Lecce PIazza deL caMPo, sIena sindaco di Zedda è convinto che la sua Per tutte le Ravenna, Fabrizio Matteucci: «La nostra città finaliste, l’obiettivo è la Cagliari abbia una marcia in più: «Il sardo, è sempre stata un luogo di incontro e dialogo una lingua considerata un patrimonio». vittoria ma non solo. La tra diverse culture, antico ponte tra Oriente e vera ambizione sta nel Paolo Perrone, sindaco di Lecce, non è da meno quando bisogna Occidente». portare a compimento le Infine per il sindaco di Siena, Bruno Valentini, iniziative che riqualifichino ‘portare acqua al proi centri urbani. prio mulino’. «Stiamo la candidatura è anche un motivo di rinascita ecoProprio questa è la filosofia costruendo un MausoLeo dI teodorIco, raVenna nomica: «La nostra città sta facendo i conti con cagLIarI una delle crisi economiche e culturali più vioalla base di ‘Italia 2019’: una diprogetto imporchiarazione di intenti sottoscritta all’unanimità. Tutti i dostante e condiviso dalla popolente della sua storia. Una crisi che possiamo superare sollazione, che parte dal patritanto diventando una città che apprende, abbracciando il sier presentati in questi anni in sede europea, confluiranno cambiamento e comprendendo che il suo patrimonio conin una piattaforma programmatica a livello nazionale. Il monio paesaggistico, Governo potrà tener conto dei progetti messi a punto dalle monumentale e culturale della tiene il vero motore di innovazione sociale». città. Parola d’ordine: coniugare Tutte quindi hanno delle valide motivazioni per aggiudicittà e realizzarli, anche se solo una diventerà capitale. Una carsi il titolo di capitale europea della cultura per il 2019. scelta che ha come unico obiettivo la qualità di vita dei citinnovazione e tradizione». Punta sul coinvolgimento dei citNon resta che dire: «Vinca la migliore». tadini attraverso il “restauro” urbano. Nonostante l’accordo, M.g. e a.M. I sassI dI Matera le sei continuano a concorrere l’una contro l’altra: vincere tadini il sindaco di Matera, Salvatore


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ECONOMIA E SOCIETÀ

Il fondatore del Censis fa il punto sulla candidatura del capoluogo umbro e delle altre città italiane in gara

de rita suona la carica per perugia

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Tutti pronti per il rush finale:«Ciò che dobbiamo evitare è accontentarci di essere entrati fra le sei città finaliste»

e candidature a capitale europea della cultura sono da sempre un terremoto positivo per le città che partecipano a questa competizione. Progetti, energie sociali, nuove idee di città e sinergie. Anche Perugia respira questo nuovo clima. Ne abbiamo parlato con Giuseppe De Rita, sociologo e presidente del “Censis” nonché perugino di adozione. Quali sono le aspettative del mondo economico rispetto ai progetti di candidatura a capitale europea in Italia? «Per ora vedo curiosità e interesse. Se però prendiamo a riferimento i grandi eventi che si sono tenuti negli ultimi 10/15 anni, allora possiamo essere più ottimisti e aspettarci un coinvolgimento più deciso del sistema delle imprese nell’accompagnare la città a rinnovarsi e ad essere più accogliente per i cittadini e per i visitatori». Quali sono le aspettative delle imprese umbre verso la candidatura di Perugia? «Sino ad ora mi sembra che il sistema di rappresentanza delle imprese, oltre che singoli imprenditori, abbia attivamente collaborato con le istituzioni per sostenere la candidatura. Le aspettative probabilmente sono diverse a seconda dei settori. Ad esempio, Perugia con i luoghi di Assisi e dell’Umbria, Capitale europea, potrebbe generare interventi di restauro del patrimonio culturale, aiutando lo sviluppo delle imprese del settore, così come effetti positivi potranno esserci per l’industria dell’ospitalità e così via. Per tutti l’aspettativa più grande è vedersi chiamati in causa per ridisegnare il futuro della Città e del territorio umbro». Come il mondo delle imprese umbre sta sostenendo la candidatura? «Ognuno secondo le sue possibilità, le sue caratteristiche. C’è chi, come Cucinelli, ha sostenuto anche un impegno economico, altri

hanno presentato idee e progetti per il dossier di candidatura. In ogni caso non possiamo sottovalutare che si tratta di una difficile competizione ed è quindi comprensibile che in questa fase ci sia anche un po’ di prudenza in attesa dell’esito finale. Ciò che dobbiamo evitare è accontentarci di essere entrati fra le 6 città finaliste. Considerare cioè questo risultato, che è comunque molto importante, come l’unico alla nostra portata. Non è così. Quindi un po’ più di impegno e partecipazione di cittadini e imprese può solo far bene al successo della candidatura».

finale. Forse una differenza sta nell’entusiasmo, nel livello di partecipazione della comunità, dei giovani. Direi che in alcune città è più evidente che si è costruito un “capitale di fiducia” nei propri mezzi e nei propri obiettivi che potrà tornare utile, qualunque sia l’esito della competizione». Eventuali ricadute economiche quali categorie e settori potrebbero privilegiare? «Il titolo di Capitale Europea della Cultura ha portato bene alle città europee che l’hanno ottenuto. Investimenti pubblici e privati, nuovi

giuseppe de rita, soCiologo, fondatore e presidente del Censis, memBro della fondazione italia usa il 9 maggio del 2006 ha riCevuto 19 voti nell’elezione del presidente della repuBBliCa italiana

Ha notato differenze nel modo di gestire e supportare le iniziative legate alla candidatura nelle varie città finaliste alla candidatura? «Ogni città ha fatto il suo percorso. Chi ha cominciato parecchi anni fa ha potuto lavorare con maggiore serenità, consolidare relazioni e rapporti, validare le proprie idee progettuali confrontandole con iniziative internazionali. Altre sono arrivate più tardi ed hanno dovuto rincorrere anche in questa fase

flussi turistici, una notorietà che ha prodotto risultati importanti nel tempo, sono tutti fattori che hanno generato buona occupazione e sviluppo sostenibile. Quindi direttamente o indirettamente si può dire che tutto il sistema economico di queste città ne esce rafforzato». La cultura e iniziative come queste possono produrre ricchezza e aiutare a uscire dalla crisi? «Se ci riferiamo al contributo che competi-

Cucinelli: «pronti per un secondo rinascimento»

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runello Cucinelli, cavaliere del lavoro e imprenditore-simbolo dell’Umbria, fa parte del comitato scientifico della fondazione. Lei è stato tra i primi a credere nel progetto. Perugia2019 è sulla strada giusta? «Sì. Siamo anche noi, attraverso la fondazione Cucinelli, imbarcati in questa avventura in cui crediamo tantissimo. Sono convinto che la capacità di costruire il futuro sia alla nostra portata, secondo quell’ideale di tipo illuministico dello spirito di custodia per realizzare il miglioramento dell’uomo». La bellezza dell’Umbria può essere l’artefice di questo miglioramento? «La nostra regione è pervasa da diverse bellezze naturali. La “bellezza salverà il mondo” e riuscire a metabolizzarla significa avviare dentro di noi una metamorfosi spirituale, il tentativo di raggiungere una sfera superiore di conoscenza e di autocostruzione. La bellezza sfugge alle definizioni, come affermava Picasso, ma quando ci sorprende la ricono-

sciamo immediatamente, con emozione e gratitudine. Se ci si sente custodi e non proprietari, allora tutto assume un significato diverso, tutto diventa quasi eterno». A proposito di eternità, quale poesia accosterebbe all’Umbria? «Il cantico delle creature di San Francesco d’Assisi. È un inno alla vita e una preghiera che esalta la nostra bellissima natura». A quale luogo dell’Umbria è più legato? «Norcia. La presenza e la spiritualità di San Benedetto si ritrovano nella bellezza dei suoi territori e nella tranquillità che si respira». L’Umbria è da sempre crocevia di popoli. Quanto contano accoglienza e dialogo? «I grandi maestri del passato, da San Francesco a San Benedetto e Marco Aurelio sono fonte d’ispirazione per tutti noi. Dobbiamo tornare a credere in tre grandi ideali: famiglia, spiritualità e politica. Credo che dovremmo tornare a fare una vita più “normale” in cui lavoro, studio e preghiera siano più bilanciati.

zioni come queste possono dare alla crescita del PIL di una città o di un territorio, la risposta è affermativa. E tuttavia eviterei aspettative sproporzionate. La crisi di cui parliamo si potrà risolvere in tempi medi o lunghi. Nel caso delle città, alle difficoltà economiche, almeno per alcune di esse come Perugia, vanno aggiunte quelle che derivano da una sorta di “crisi di ruolo”. Le città medie, in Italia come in Europa, sono schiacciate dallo sviluppo delle grandi aree metropolitane. Devono quindi ridefinirsi, riposizionarsi rispetto ai propri contesti territoriali, rispetto alla dimensione Paese ed all’Europa. L’attribuzione del titolo di Capitale aiuta, ma bisogna avere visione, sguardo lungo e coraggio». Qual è il quadro generale economico su cui si innestano queste candidature? «Trovo che sia un risultato molto importante che molte città abbiano partecipato a questa competizione. Hanno espresso la voglia e il desiderio di affrontare le proprie difficoltà scommettendo sul coinvolgimento dei cittadini e delle strutture intermedie della società urbana, sulla possibilità di percorrere nuove strade per affrontare la crisi. Se ci riusciranno, avranno dato non solo un contributo importante alle comunità che le abitano ma avranno indicato al Paese intero una rotta possibile. In un quadro generale di cui conosciamo i tratti essenziali, si esce in avanti solo se si mobilitano tutte le energie di cui ancora dispone il nostro Paese. Non ho molta fiducia negli interventi “dall’alto”». Secondo lei Perugia ha le carte in regola per farcela? «Certo. È stato fatto già un buon lavoro da parte di tanti. Se riusciamo a fare ancora meglio “nell’ultimo miglio”, potremo presentarci all’esame finale con tutte le carte in regola». alessandro orfei niCola meChelli

Brunello CuCinelli è uno stilista, imprenditore e filantropo italiano. fondatore della Brunello CuCinelli spa, si oCCupa

della produzione di aBBigliamento pregiato in Cashmere.

la sua azienda esporta i propri prodotti di lusso in oltre 60 paesi del mondo

San Benedetto ci ha insegnato che l’abate, quale responsabile in vita e dopo la morte dei suoi monaci, deve essere rigoroso e dolce, esigente maestro e amabile padre. Come dice il mio amato Papa Francesco, dobbiamo essere custodi del creato». Una chiave per rilanciare i piccoli centri? «La vittoria di Perugia significherebbe la vittoria del Made in Italy, soprattutto offrirebbe la possibilità a quelle piccole realtà che com-

pongono il nostro patrimonio regionale di diventare modelli di sviluppo. C’è un mondo all’estero che è affascinato dai nostri manufatti, dalla nostra bellezza, cultura e unicità. Per questo i nostri piccoli centri umbri vivranno un secondo Rinascimento». C’è ancora molto da fare per i prossimi cinque anni? «Da Marco Aurelio ho imparato a vivere come fosse l’ultimo giorno e a progettare come se avessi davanti l’eternità. Siamo chiamati infatti a pensare a progetti a tre mesi, a tre anni, a tre secoli». La cosa più bella dell’Umbria e quella che invece cambierebbe. «La cosa più bella è la gente: fiera, seria e onesta. Non cambierei nulla, incentiverei solamente l’impegno verso la propria realtà». Da 1 a 10 quali sono le possibilità di vittoria? «Al di là dei numeri, ci sono assolutamente buone possibilità». federiCo frigeri


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MONDO DELLE IMPRESE

Aspettative e desideri degli uomini d’affari umbri. Si spera in un colpaccio che torni a far parlare bene di Perugia

Imprenditori con le dita incrociate La lunga camminata aiuterà turismo e terziario. Per loro le maggiori ricadute, ma c’è chi chiede più «organicità»

N

on è una “ultima spiaggia”. L’occa- un’occasione per far conoscere l’Umbria, una Spagnoli, a capo dell’azienda fondata dalla sione che Perugia possa essere scelta regione in cui si vive bene, ma si lavora anche nonna Luisa. I suoi abiti vestono anche Kate come capitale europea della cultura bene». Middleton, futura regina d’Inghilterra: «Canper l’anno 2019 non diventa per i grandi imprenditori e uomini d’affari umbri un’ancora a BacIatI daLLa cuLtura cui aggrapparsi. Di questo bisogna rallegrarsi. Lo scenario, però, nel quale nasce questa possibilità è purtroppo quello che è. Le fabbriche e gli stabilimenti chiudono, migliaia di operai sono costretti nel limbo della cassa integrazione. Cose note, si dirà, ma certo è che Perugia ha attraversato in questi anni una fase di forte tensione sociale su tutti i livelli. Le pagine dei giornali l’- ernesto cesarettI, PresIdente hanno in qual- conFIndustrIa uMBrIa che modo raccontata, spiegata e anche fin troppo sfruttata. Ma tra chi ha scelto di fare business in questa terra la candidatura di “Perugia e i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria” può rimettere in circolo energie sopite, forse dimenticate. Tra entusiasmi più e meno accesi, il dato è uno: ben venga la vittoria, Perugia ha tutte le carte in regola per giocarsi la fase finale da big, ma la cosa più importante sono le iniziative e i percorsi che hanno accompagnato i mesi precedenti a que- alberto sordi in visita allo stabilimento di san sisto della Perugina. si tratta di una foto storica simbolo degli anni d’oro della produzione industriale “made in Italy”. questo scatto è sto lungo cammino. stata inclusa in una mostra sulla storia dell’azienda al Vitoriale. Quello, insomma, che questa lenta maratona di avvicinamento lascerà: tanti i progetti attuan simbolo, un’icona. Un incarto “pensiero”. In origine si chiamava bili e un modello dal rumore inconfondibile, una “Cazzotto”, nel 1939, ribattezzato di sinergia tra dolce scorza di fondente e poi la per esigenze di marketing “bacio”, istituzioni i pricrema al cioccolato. La firma? Una conquista gli Stati Uniti. Desiderio, vati come mai nocciola in cima anch’essa rico- speranza e fantasia vengono simprima. Un moperta che fa, giochi di parole a boleggiati con delle piccole stelle dello, si dice di parte, da ciliegina sulla torta. Da che diventano un elemento iconoquesti tempi, “esportabile” in quasi un secolo i baci della peru- grafico del cioccolatino dopo la sevari ambiti. gina sono, in Italia e nel mondo, conda guerra mondiale. Nel 1981 In questo non solo il simbolo dell’intuito di nasce il “Tubo di Baci Perugina”: è lungo viaggio per Luisa Spagnoli, ma anche del “re- strage tra i giovani innamorati. tastare il polso galino” per antonomasia da donare Oggi il “bacio”, tutto made in PerucarLa schucanI e Francesco della situazione FerrettI aLL’Interno dI “sandrI” a una persona speciale: alla fidan- gia, è un oggetto di mostre e distra imprenditori barricati nelle loro fabbriche e uomini d’affari zata quando si è a corto di soldi, sertazioni. Uno dei suoi “cartigli” che conoscono la loro terra, una cosa non ab- alla mamma per farsi perdonare parla meglio di tante parole: “Un biamo incontrato: inutili giri di parole. Ini- qualcosa. Insomma è perfetto per piccolo bacio può racchiudere ziamo. ogni occasione in cui si richieda un l’amore più grande”. «Cosa si aspetta il mondo delle imprese? Ovvio, che si riesca ad arrivare primi». Spiega «Mi aspetto una riqualificazione di quella che didare Perugia significa far rinascere lo spirito diretto Ernesto Cesaretti, presidente di Con- è l’immagine di Perugia». Giorgio Menca- della città, vuol dire innescare la voglia e la spefindustria Umbria, che fa già la conta delle op- roni, presidente di Confcommercio e Federal- ranza di cambiamento. Significa investimento portunità per le imprese, a prescindere dal berghi, guarda da un punto di vista privilegiato in idee e nuovi progetti. Vuol dire mettersi in risultato. «La ricaduta il mondo delle imprese umbre e la economica sarà corsa di Perugia in questa competiMi aspetto grande e i lati positivi zione. L’associazione raccoglie cenuna di aver partecipato tinaia di albergatori, ma tanti sono alla competizione ci “caduti” durante questi anni riqualificazione quelli saranno, se la candidi crisi e le parole di Giorgio Mendell’immagine datura andasse in caroni hanno un valore doppio. porto». Dopo anni «Dobbiamo invertire una tendi Perugia non luminosi per la denza. Oggi Perugia è nei telegiornIcoLetta sPagnoLI con gIorgIo naPoLItano città si intravede una rinascita? Cesaretti qui nali solo per notizie negative, vorremmo che non rinuncia alla stoccata: «È un modo per si riparlasse invece della città per l’arte, la cul- discussione e cercare le soluzioni ai problemi. stimolare la politica ai progetti a lungo ter- tura, il paesaggio e l’enogastronomia». Il pre- Noi abbiamo un centro storico che ha patito mine, cosa a cui l’Italia non è abituata». Con sidente degli albergatori parla di un potenziale il problema dell’abbandono, conseguente Perugia elevata al rango di “Capitale europea “nuovo rinascimento” per Perugia e la regione, anche al tipo di sviluppo della città, che ha pridella cultura” i benefici attesi sono notevoli: in uno slancio che farà ripensare la città, met- vilegiato insediamenti nelle periferie, e questo «Se ne gioverà tutto ciò che riguarda il turismo tendo in agenda il riuso del patrimonio urbano. si è portato dietro problemi anche di carattere con i milioni di persone che arriveranno. Sarà Imprenditrice simbolo di Perugia è Nicoletta sociale. Perugia deve cogliere questa occasione

U

per rigenerare il proprio centro storico attraverso nuovi investimenti». Anche altri gli imprenditori guardano con attenzione il movimento intorno a Perugia 2019. Francesco Ferretti è il giovane imprenditore che ha permesso la riapertura di Sandri, il locale “culto” di Corso Vannucci, tempio del buon mangiare e sinonimo della peruginità vera. Lui e la storica fondatrice della pasticceria Sandri, Carla Schucani, hanno conquistato per settimane le pagine dei quotidiani regionali. Così lo stesso Ferretti: «Spero che questo progetto sia trampolino di lancio per Perugia. La tre giorni di eventi eugenIo guarduccI Patron dI eurochocoLate organizzata a fine marzo è servita per scoprire le bellezze della regione». Ferretti vede però, in relazione alla candidatura, un atteggiamento passivo del mondo delle imprese: «Spesso si aspetta di essere coinvolti, serve una mentalità più coraggiosa». E di coraggio in coraggio Eugenio Guarducci, fondatore del super evento Eurochocolate e da sempre con lo sguardo rivolto verso le nuove tendenze, racconta: «Tutti noi ci auguriamo di vincere ma quello che davvero conta è come si è arrivati alla fase finale. Il vero valore è quello di ripensare la città, interrogarsi su come si vuole la Perugia non solo del 2019 ma del futuro». Guarducci però precisa: «Servono figure capaci di ideare letteralmente motivazioni per venire a Perugia. A parte Umbria Jazz, Eurochocolate e il festival del giornalismo non ci sono eventi capaci di portare Perugia carLo coLaIacoVo, PresIdente sotto i riflettori». deLLa FondazIone carIsP Chi, per il ruolo, ha il polso della situazione della candidatura è Carlo Colaiacovo, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia. «Si tratta di una grande opportunità per lo sviluppo culturale, turistico e alberghiero della nostra regione, anche perché permette di portare a termine tutta quella progettualità che non si è riuscito ad attuare negli anni scorsi». Le fondazioni bancarie sono in prima fila per sostenere Bracalente e la Fondazione Perugia Assisi e faranno il possibile. «Tuttavia il mondo delle imprese si aspetta molto e dice “bravi”, ma non ha soldi da investire. Le uniche risorse su cui puntare sono istituzionali. Alcune realtà però ci credono veramente, altre sono prese dalla competizione elettorale». Colaiacovo conta anche le eventuali ricadute, con un esito positivo: «Rimarremmo la città della cultura, il titolo rimane in eterno. Con un miglioramento della viabilità: arterie viarie concluse e buon aeroporto, siamo pronti a sostenere i flussi turistici». Senza paura delle avversarie: «Ogni città è portatrice dei propri valori e anche l’Umbria deve essere in grado di dare un forte impulso, rinunciando al superfluo». nIcoLa MecheLLI e aLessandro orFeI


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UNIVERSITÀ

Anche per l’Università la candidatura a capitale europea della cultura è un’occasione imperdibile di rilancio internazionale

I 706 anni di “studio” perugino P

Le eccellenze, i vizi e le virtù dell’ateneo del capoluogo umbro, tra i primi al mondo, nelle parole di alcuni suoi protagonisti

apa Clemente V concede il privilegio dello “Studio generale” a Perugia l’8 settembre del 1308, quando in Italia c’erano già Bologna (dal 1088), Padova (dal 1222), Napoli (dal 1224) e Roma (la Sapienza, dal 1303). Secondo le due storie dell’università, di Giuseppe Ermin e Giancarlo Dozza, che ne furono entrambi rettori, le più antiche testimonianze dell’insegnamento delle leggi e della medicina in città, però, risalgono al 1266. Le prime “facoltà” intese come scienze furono diritto civile, diritto canonico, logica e grammatica. Al 1457 risale lo statuto e al 1810 il cambio di sede, da piazza Sopramuro al convento di Monte Morcino. Il rettore è Giuseppe Antinori, un docente di poetica, mitologia e letteratura italiana: non più un vescovo preside, ma un rettore laico. Da pontificia a napoleonica a libera, l’Università conosce poi nel ventennio fascista il più fervido sviluppo: nascono la Facoltà di Scienze politiche e l’Università per stranieri. Nel 1945 viene eletto Rettore Giuseppe Ermini: esponente della DC, storico del diritto e padre costituente, resterà in carica fino al 1976, salvo un’interruzione tra il 1954 e il 1955, quando sarà ministro dell’Istruzione. L’Università si espande anche dal punto di vista del patrimonio edilizio e, come racconta l’ex docente Franco Ivan Nucciarelli – perugino, laurea in filosofia nel 1966 e in lettere nel 1972, entrambe all’Università di Perugia – diventa la prima proprietaria immobiliare della regione Umbria: tra i suoi palazzi ci sono il vecchio convento degli Olivetani, sede attuale del Rettorato e costruito su progetto del Vanvitelli e l’abbazia benedettina di S. Pietro che ospita la prima facoltà europea di Agraria. A partire da Cino da Pistoia, giurista e poeta del 1300, lo Studio si distingue, fin dai suoi albori, per l’alto livello accademico dei suoi “lettori”, antesignani dei futuri docenti. Sulle cattedre perugine, tra gli altri, si sono seduti:

Antonio Segni, che a Perugia tiene la sua prima cattedra di codice procedurale civile, tra il 1921 e il 1925, e sarà Presidente della Repubblica; Giuliano Amato, ex Presidente del Consiglio, oggi giudice costituzionale; l’etruscologo Francesco Roncalli, il critico letterario Carlo Grabher, lo storico dell’arte Alessandro Marabottini Marabotti. Alberto Caracciolo, Sergio Bertelli e Paolo Alatri sono solo tre degli storici eccellenti in ambito modernistico. In quello contemporaneistico, basti citare Piero Melograni, di cui la Mondadori ripubblicherà a breve la “Storia politica della Grande Guerra”, e Er-

una storIa Lunga sette secoLI

soPra: IL PresIdente deLLa rePuBBLIca antonIo segnI, che Insegnò a PerugIa, aLL’InaugurazIone deLL’anno accadeMIco 1962/63; a sInIstra, La BoLLa PaPaLe dI cLeMente V deL 1308; a destra, IL duce In VIsIta uFFIcIaLe a PerugIa IL 5 ottoBre deL 1926; sotto, da sInIstra, IL PrIMo rettore LaIco, gIusePPe antInorI, IL rettore, PoI MInIstro, gIusePPe erMInI, gLI storIcI PIero MeLogranI e ernesto gaLLI deLLa LoggIa, ex ProFessorI aLL’unIVersItà dI PerugIa

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uasi un secolo. Questa l’età dell’Università per stranieri di Perugia. Il più antico e prestigioso ateneo italiano, il primo specificamente orientato agli studenti forestieri, nasce nel 1921, quando l’avvocato perugino Astorre Lupattelli istituisce corsi di alta cultura con lo scopo di diffondere all’estero la conoscenza dell’Italia per illustrarne la storia, le istituzioni e le bellezze artistiche. Ma è nel 1925 che il Regio Decreto del 29 ottobre fonda ufficialmente l’università. È quindi il fascismo che in linea con i suoi ideali e la sua cultura nazionalista ne favorisce la nascita con l’intento propagandistico di affermare la superiorità della nazione nel mondo. Questo ateneo, infatti, si configura fin da subito come baluardo dell’italianità in tutte le sue forme: la lingua, la cultura e l’arte. Fino al 1926 i corsi e le conferenze sono ospitati nelle aule dell’Università degli Studi e nella Sala dei Notari di Palazzo dei Priori, ma già dal 1927 l’ateneo acquisisce una sede nel Palazzo Gallenga, donato dal conte Romeo Gallenga Stuart al comune. Negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso Perugia diventa un laboratorio inter-

nesto Galli della Loggia, tuttora editorialista del Corsera. Le cattedre scientifiche non sono state da meno. Il prestigio della facoltà di medicina è testimoniato da un nome fra tutti: Paride Stefanini, chirurgo di fama mondiale. Negli ultimi decenni, però, si è accresciuta la distanza tra l’università come elemento costitutivo dell’identità storica della città, con la quale ha avuto per secoli una relazione armonica, e le sue istituzioni locali. Loreto Di Nucci, laureato in Lettere a Perugia nel 1980 e professore ordinario di Storia contemporanea, parla di “deficit di attenzione” da parte delle

a sInIstra IL MInIstro deLL’IstruzIone steFanIa gIannInI e IL rettore deLL’unIVersItà

dI PerugIa Franco MorIconI.

a destra IL rettore deLL’unIVersItà Per stranIerI, gIoVannI PacIuLLo

istituzioni: «Nonostante la presenza di nomi di rilievo nazionale e internazionale nelle loro rispettive discipline, non c’è stata la capacità di valorizzare queste eccellenze: un giacimento di intelligenze non adeguatamente sfruttato». Secondo Ermini, la prima corrispondenza di amorosi sensi tra università e città fu nel 1468, quando i priori deliberarono che il rettore fosse da considerarsi cittadino perugino anche dopo la scadenza della sua carica, perché lo Studio, tra le massime istituzioni cittadine «apportava massimo incremento di onore e di utile alla città, rendendola nota, reputata ed esaltata in ogni parte del mondo». Cosa è intervenuto ad incrinare “onore” e “utile”? Alcuni docenti sono concordi nell’individuare le cause del declino nella crisi economica, nella moltiplicazione degli atenei, nello “scivolamento in basso” – con le parole di Roberto Segatori, professore ordinario di Sociologia dei fenomeni politici – della città, che ha causato lo svuotamento del centro storico. E i destini del centro storico e dell’università, che ne ha influenzato lo sviluppo urbanistico, restano ancora intrecciati. La candidatura potrebbe rappresentare un’occasione di rilancio per la città e il suo ateneo: «Il fatto che il Presidente della Fondazione abbia ricoperto incarichi all’interno dell’ateneo e delle istituzioni– dice Di Nucci – è positivo: è la persona adatta ad immaginare percorsi di raccordo tra università e città». Perugia, da finalista candidata a reggere lo scettro della cultura europea, ha cinque anni di tempo per riprendersi in seno la sua università, coltivandone e promuovendone le eccellenze. Gli studenti, italiani e stranieri, di oggi e di domani, torneranno a sceglierla, tra le altre, per poterla chiamare ancora una volta la “Oxford italiana”: così la etichettò Indro Montanelli sul Popolo d’Italia. aLessandra BoreLLa nata l’università; ora ne fanno parte la facoltà di Lingua e Cultura Italiana e i dipartimenti di Scienze del Linguaggio e di Culture Comparate. «La candidatura a capitale europea può sicuramente rilanciare l’ateneo che sta attraversando un periodo difficile. Le premesse per tornare ad essere un’eccellenza ci sono tutte», commenta Nucciarelli. All’inaugurazione dell’anno accademico 2014 il rettore Giovanni Paciullo ha citato Martin Luther King per avanzare un progetto di rilancio e di valorizzazione dell’università perugina nel segno dell’internazionalizzazione. «I have a dream: il Collegio di Perugia. Una scuola universitaria superiore; un fiore all’occhiello nazionale, come Pisa con la Normale e la Scuola Sant’Anna e come Pavia con il Ghisleri ed il Borromeo. Valorizziamo la tradizione di una città caratterizzata da una grande presenza di studenti provenienti da tutti i paesi del mondo». Il rilancio potrebbe partire da Monteluce per la sua collocazione strategica e per la vocazione del quartiere. Perugia capitale della cultura 2019 è davvero un’occasione imsoPhIe taVernese perdibile.

dal 1926 ambasciatrice italiana nel mondo nazionale di discussione, di dibattito e di confronto. Alla sede principale si affiancano oggi le quattro palazzine Prosciutti, Lupattelli, Orvieto e Valitutti, situate tutte nel cuore della città. «L’Università per stranieri è sempre stata un faro dell’italianità nel mondo. Io vi ho insegnato per qualche anno, ormai molto tempo fa, e ne sono fiero. Rispetto all’inizio però qualcosa è cambiato. Con la riforma degli anni Novanta l’ateneo si è, secondo me, snaturato. Mi ricordo di corsi di alta cultura eccellenti con etruscologi, musicologi ed italianisti che

arrivavano da tutto il globo. Per esempio Ignazio Baldelli tenne delle lezioni sulla Divina Commedia che per me sono indimenticabili», ricorda il professore Franco Ivan Nucciarelli, docente universitario ora in pensione. Oggi l’ateneo ha ampliato la sua offerta: rilascia titoli di laurea triennale, magistrale e master a studenti stranieri ma anche italiani. Si occupa poi della formazione e dell’aggiornamento dei docenti che insegnano l’italiano come lingua straniera e continua ad organizzare corsi di alta cultura e specializzazione. È con una legge del 1992 che viene riordi-


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SPORT

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Dall’orienteering per le strade di Perugia fino al Bosco di San Francesco: un modo per riscoprire e amare il territorio che ci circonda

Passeggiando tra sport e cultura Luca Chiarini del Fai: «Le attività all’aria aperta sono un’occasione per conoscere cose nuove e arricchirsi di nuove esperienze»

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ome si coniugano sport e cultura? Per «Per noi la cultura significa scoprire cose e a San Sisto. Non solo pallavolo, scherma e scita a realizzare delle mappe dettagliate dei rispondere è necessario approfondire nuove e arricchire il proprio bagaglio di espe- basket: una passeggiata sportiva nel centro di territori boschivi e di quasi tutte le città deli due concetti. Lo sport non è solo rienze. Anche le attività all’aria aperta quindi Perugia è stata l’occasione per promuovere l’Umbria. quello che si pratica negli impianti e nei cam- hanno una valenza culturale». l’orienteering. Una disciplina della quale la soUno sport per alcuni tratti inusuale, che abpetti, così come la cultura non si può rinchiuCosì la pensa anche Paolo Spezzano, presi- cietà si occupa da 25 anni, tanto da essere riu- braccia discipline diverse e che fa del rapporto dere dentro ai musei e alle biblioteche. dente di Prom.O.S.Sport, la società che ha con l’ambiente circostante il suo Le iniziative organizzate dalla Fondazione organizzato gli eventi di fine marzo a Perugia punto di forza. «L’orienteering unisce PerugiAssisi 2019 sono riuscite la matematica, le scienze, la botanica ad unire due mondi apparente– spiega Spezzano – educa al rispetto mente molto distanti. Un esemper il territorio e per le regole: anche pio è la passeggiata organizzata questo rappresenta una forma di culsabato 29 marzo al Bosco di San tura». Francesco, ad Assisi, un luogo L’agonismo lascia quindi il posto ad riaperto al pubblico nel 2011 un’esperienza ludica nel segno della grazie all’intervento del Fai scoperta e dell’integrazione. «Lo sport, (Fondo ambiente italiano). «Noi in una città come Perugia, potrebbe offriamo al visitatore un modo aggregare molte persone anche di etdiverso di vivere la città – spiega nie diverse. Basta guardarsi intorno e il direttore del Bosco, Luca Chiarini si vedono sudamericani e asiatici che – il turista che veniva ad Assisi si riuniscono per giocare insieme. aveva un approccio più classico e L’ideale – sottolinea Spezzano – sasi concentrava sugli aspetti artistici rebbe mettere in contatto questi e spirituali. Adesso invece c’è la gruppi con gli altri cittadini. Ad esempossibilità di scoprire anche la parte pio, la domenica nei parchi si vedono più verde, quella naturalistica». spesso tanti ragazzi stranieri giocare Il bosco si inserisce appieno nella appassionanti partite di cricket. Unirsi tradizione della città. Proprio per a loro, mettere in contatto requesto vengono proposti tre peraltà diverse, potrebbe essere corsi diversi: naturalistico, artistico un modo per avere uno scame spirituale. Il Fai, infatti, oltre alle bio non solo di idee, ma anche passeggiate, organizza anche lezioni di esperienze di vita». di yoga, concerti di musica sacra e Perché in fin dei conti lo osservazioni astronomiche, in parsport è un gioco e poterlo fare ticolare il 10 agosto, notte di San tutti insieme può diventare Lorenzo e delle stelle cadenti. Tutto un’occasione per fare cultura. nel rispetto della natura e del terriedoardo cozza gIuLIa saBeLLa torio. neLLe Foto In aLto, VIsItatorI neL Bosco dI san Francesco; In Basso a sInIstra La torre annaMarIa; In Basso a destra La canonIca BenedettIna

La pallavolo scende in strada

“street” basket, spettacolo unico

Invitare i cittadini a giocare, riscoprendo parchi e piazze dimenticate

Ragazzi di tutto il mondo al torneo organizzato a Piazza Fortebraccio

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irando per Perugia vi potrà capitare di tran tran quotidiano pensano di non avere vedere delle persone giocare a pallavolo tempo e quindi si limitano a guardarlo senza nelle piazze o nei parchi e qualcuno potrà chie- praticarlo – spiega Madau Diaz – certe volte dervi di unirvi a loro. Non dovete allarmarvi: gli proponi di venire a giocare e loro ti risponquello che fanno si chiama “street volley” (let- dono “Mi piacerebbe, però…” e la cosa finisce teralmente “pallavolo di strada”) e il primo lì. Iniziative come lo street volley servono per appuntamento è avvicinare le persone stato in piazza Paralla cultura dello tigiani il 31 marzo, sport». nel fine settimana di Praticare uno sport eventi organizzati significa anche comdalla Fondazione prendere meglio chi PerugiAssisi 2019. gioca. «È importante, «L’iniziativa era per esempio, far gionata autonomacare anche i genitori, mente, al di fuori di che spesso pretenquelle organizzate dono che i figli divenper la candidatura di tino dei campioncini Perugia a capitale senza capire veraeuropea della culmente cosa vuol dire tura del 2019» racstare su un campo. andrea Madau dIaz gIoca a PaLLaVoLo In PIazza PartIgIanI conta Andrea MaNon è caso che lo dau Diaz, allenatore di pallavolo che ha seguito sport spesso venga rovinato proprio da coloro il progetto. L’idea di portare la pallavolo nei che stanno fuori dal campo». luoghi dimenticati della città e dei comuni liLo street volley accompagnerà tutta l’estate mitrofi si inseriva però nello spirito di Peru- perugina con un programma ricco di eventi. gia2019, tanto che lo street volley è entrato a Il prossimo appuntamento è per il 15 giugno pieno titolo nel programma. «Abbiamo avuto in Borgo XX giugno, con partite amatoriali e un riscontro molto positivo, considerando che tornei per professionisti. «È un modo per abbiamo organizzato tutto in soli venti giorni». portare anche i cittadini di Perugia a riscoprire Un modo per rivalutare la città ma anche dei posti che hanno dimenticato, rivitalizper cercare di diffondere una cultura dello zando la città e il suo centro storico» conclude sport che troppo spesso manca. «Tanti non Madau Diaz. g. s. fanno sport, spesso perché tra il lavoro e il

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n rettangolo di cemento, due ferri, due da ogni parte del mondo: ci sono asiatici, afriretine, due tabelloni e l’immancabile palla cani euroei, sudamericani che vogliono prina spicchi. Pochi ingredienti, divertimento as- cipalmente divertirsi». Il perché è facile da insicurato. Il 29 marzo la Fisb (Federazione Ita- tuire: «Il movimento della palla a spicchi nella liana Street-Ball) ha organizzato un torneo di sua versione “di strada” – spiega Becchetti – basket aperto a tutti: avvincenti gare di tiro nasce da una passione comune e dal confronto da 3 punti prima, tra tutti, senza alsfide 3-contro-3 alcuna distinzione l’ultimo canestro poi. o pregiudizio». Ragazzi di ogni naLa Fisb Umbria zionalità erano preè un’organizzasenti a piazza Fortezione particolarbraccio per dare mente attiva in sfogo alla propria tutto il territorio: passione: una cornice tra giugno e luglio unica per un torneo sono ben cinque divertente ed appasgli eventi in prosionante. gramma in diversi Alessandro Beccentri della rechetti, responsabile gione, come Foliumbro della Fisb e gno e Città di CaatLetI In azIone aL torneo dI BasKet a PIazza ForteBraccIo presidente dell’assostello. ciazione Dat, spiega com’è nata l’idea di inseUn legame con il territorio che si ripercuote rire quest’evento nella cornice di un evento anche con la candidatura di Perugia a capitale culturale come quello promosso dalla fonda- europea della cultura: «Abbiamo in mente dizione PerugiAssisi 2019: «Come sempre, i no- vesi progetti da inserire nel cartellone in caso stri eventi sono patrocinati e sostenuti dal- per Perugia 2019, come le finali nazionali Fisb l’assessorato sport e cultura del Comune di o un torneo internazionale con i migliori atleti Perugia. La proposta nasce da loro e noi l’ab- di tutto il mondo». biamo accettata». Progetti che permetterebbero a tanti di avUn movimento, quello dello streetball ba- vicinarsi al basket 3-vs-3: uno sport che posket, che unisce davvero tutti quanti: «I ragazzi trebbe presto diventare disciplina olimpica e che hannopartecipato al torneo e che, in ge- sancire, così, la sua definitiva consacrazione. e. c. nerale, partecipano ai nostri eventi, vengono


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SPETTACOLO

Nato nel 1936 nel “borgo bello” Enrico Vaime conserva un amore profondo per la terra che gli ha dato le origini

Vaime: “Perugia, una madre” “Questa città ha perso un po’ di fascino per colpa di un certo tipo di informazione che ha puntato sullo scalpore”

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nrico Vaime è un intellettuale raffinato, dal sorriso beffardo e mai superbo. Una vita intera ad inseguire parole e pensieri. Vaime ha imparato a dare un nome alle cose a Perugia, il luogo in cui è nato 78 anni fa. «Perugia è una madre per me, è qualcosa di diverso di una città, non è un posto dove vivere e basta. È una partenza e un arrivo nello stesso tempo» spiega sottovoce mentre si accende una sigaretta. «Io sono di Porta San Pietro, detto anche il borgo bello. Sono nato a corso Cavour. I miei nonni paterni erano di Spello. Mentre quelli materni erano di Ripa. Sono rimasto nel capoluogo umbro fino a 15 anni, poi mio padre, che era dirigente di banca, è stato trasferito a Napoli. Lasciare all’improvviso la mia città fu un trauma terribile. Il legame era profondo e lo è tuttora. Un legame culturale e sentimentale. Infatti i contatti con Perugia non li ho mai persi, lì avevo dei parenti. Ero più spesso a Perugia che a Napoli. Dove poi ho fatto l’università. Ho studiato giurisprudenza, inutilmente. Sono laureato in legge, ma non capisco perché. Non c’è un motivo serio. Non ho mai pensato di fare l’avvocato. A Perugia ci torno spesso, almeno quattro volte all’anno». Mi racconta l’ identità perugina? Il perugino autentico non è esibizionista. Anzi, cerca di defilarsi: cerca di mantenere un aplomb che magari non gli appartiene sentimentalmente, ma ci prova. Non è fanatico.

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Sono portato a pensare che il perugino sia una persona perbene, ma non sono obiettivo (ride). La composizione della nostra gente mi sembra sana, o almeno mi sembrava sana. Io sono soddisfatto della mia origine regionale e cittadina. Cosa si è portato delle sue origini nel corso della sua carriera? Un certo atteggiamento, credo. Un modo di porgermi verso gli altri, che non è la spocchia dei toscani o dei romani. Il perugino è cauto, forse anche troppo. Considera Perugia una città accogliente? Lo era. Negli ultimi tempi, a sentire certa stampa, pare che sia diventata Sodoma e Gomorra, una sorta di Chicago anni 30. All’omicidio di Meredith non eravamo preparati: non siamo un posto predisposto alla violenza. Abbiamo commesso degli errori certo, ma da lì a Sodoma e Gomorra… ecco…

La sfida è recuperare la cultura con un criteChe tipo di immagine trasmettono i media nazionali? rio se vogliamo non modernissimo: un criterio Perugia ha perso un po’ del suo fascino per antico. La cultura è serietà, è sobrietà, è studio. Valori in contrasto con la teccolpa di un tipo di informazione nica che non offre molte posche ha puntato sullo scalpore. La cultura sibilità di meditazione. Tutto questo non ci ha fatto certo serietà, è bene. Il delitto di Perugia così Non possiamo concederci sobrietà. come l’ha raccontato la stampa è il tempo per riflettere, pensare è diventato un privilegio. semplicemente grottesco e ridicolo. La cultura Devi correre, punto! Quindi Perugia come capitale del vizio è studio in una città dove si corre mi sembra eccessivo. Io non ci credo. Abbiamo perso il fascino dell’Università meno si pensa che la cultura sia più facile da diffondere. Un’utopia forse, o forse no…. per stranieri, che è un po’ tramontata. Non dimentichiamoci, però, che abbiamo Tempo fa ha detto che a Perugia si posagraria e veterinaria, che sono fra le facoltà sono ancora sentire i passi della gente. più prestigiose d’Italia. Bisognava valorizzale Perugia ha la fortuna e la sfortuna di essere di più. Sono certo che dentro abbiamo i germi impervia, questo ha aiutato i movimenti umani all’interno della città. per una possibile rinascita. Ha determinato rapporti più diretti, più caldi. Come ritornare ad essere un centro culturale di prestigio? Siamo su un cucuzzolo, c’abbiamo un vento tremendo – la tramontana – che ci ammazza enrIco VaIMe scrIttore ma è molto utile perché pulisce. e autore teLeVIsIVo. È una città dove non ci sono quei vialoni Laureato In gIurIsPrudenza a naPoLI, entrò In raI neL dove si fanno le corse in moto o in macchina. 1960, traMIte un concorso Non c’è neanche la voglia di fare questa attività PuBBLIco. coLLaBorò aLLa stesura dI muscolari. Non ci appartengono. Se uno legge nuMerosI PrograMMI dI certi giornali tutto questo pare che sia finito. successo coMe queLLI deLLa doMenIca, canzonIssIMa, Io non credo. tante scuse e rIsatIssIMa. Perugia può ancora essere quell’eden in ha scrItto FIctIon teLeVIsIVe e nuMerosI MusIcaL teatraLI, cui le persone perbene si rifugiano? soPrattutto Per La coPPIa Non mi illudo. Ma mi piacerebbe. E comungarIneI e gIoVannI. negLI utLIMI annI ha que non dobbiamo scappare, dovremmo prencondotto e PartIcIPato coMe dere in mano la situazione nei limiti della nostra osPIte a dIVerse ruBrIche In onda su La7: annI Luce, possibilità e costruire. oMnIBus WeeKend

MIcheLa MancInI

quando in umbria il jazz era “hot”

hi non ha mai notato, passeggiando per viale Pellini a Perugia, quel palazzo simile ad un castello Adriano Mazzoletti racconta la nascita del primo con la torre circolare? Non tutti sanno che è proprio lì dentro che si sono poste le basi per una delle sario avrebbe portato Armstrong, intascandosi più importanti manifestazioni di musica jazz tutto l’incasso. Fu un successo clamoroso. Real mondo. Era il 1952 quando Adriano Maz- gistrò il tutto esaurito facendo due concerti in zoletti, un quindicenne di Genova appassio- un solo giorno». Da allora per il jazz club penato di jazz, si trasferì insieme alla famiglia a rugino fu un crescendo di concerti, proprio Perugia. Qui creò un piccolo gruppo di musi- nei luoghi in cui si svolgeranno anche i concerti cisti e appassionati coi quali fondò l’Hot club, di Umbria Jazz: i teatri Pavone, Morlacchi e un luogo nel quale fare piccoli concerti e con- Turreno, la Sala dei Notari, la Rocca Paolina. ferenze. «All’epoca il jazz era praticamente Sulla scia di questi successi, Mazzoletti propose sconosciuto a Perugia» dice Mazzoletti, oggi all’agenzia di soggiorno e turismo l’idea di un giornalista e direttore dell’Archivio nazionale tour di musica jazz itinerante, ma l’idea non del jazz, «e noi cercavamo di fare proseliti». andò in porto. Poco tempo dopo Mazzoletti Ma quel piccolo club – del quale faceva parte lasciò Perugia e si trasferì a Roma. anche l’amico Carlo Pagnotta, futuro fondatore Carlo Pagnotta assunse le redini del jazz club di Umbria Jazz – era destinato a fare grandi e, con esse, perseguì il sogno di portare il jazz cose. «Nel 1955 arrivò la chiamata di un im- in giro per la regione. Nacque così, nel 1973, presario milanese che stava portando in giro la prima edizione di Umbria Jazz. I concerti si per l’Italia Louis Armstrong, chiedendomi di svolgevano in varie città, il primo di quell’ediorganizzare una tappa anche a Perugia. Noi zione si svolse a Terni. eravamo entusiasti ma senza un soldo. Non Era fine agosto e Perugia si riscoprì piena potevamo permetterci di pagarlo. Così chie- zeppa di giovani che arrivavano da tutta Italia demmo al Comune di concederci gratuita- e non solo. Attratti dal jazz, certo. Ma anche mente il Teatro Morlacchi. Noi avremmo dalla voglia di stare insieme. Nei primi anni messo a disposizione il posto, mentre l’impre- ’70 i grandi festival, che avevano rappresentato

Quattro Colonne

Anno XXIII numeri 8-9 – aprile 2014

Periodico del Centro Italiano di Studi Superiori per la Formazione e l’Agg.to di Giornalismo Radiotelevisivo

Direttore responsabile: Antonio Socci

SGRT Notizie

Presidente: Nino Rizzo Nervo Direttore: Antonio Bagnardi Coordinatori didattici: Luca Garosi – Dario Biocca

Redazione degli allievi della Scuola a cura di Sandro Petrollini Registrazione al Tribunale di Perugia N. 7/93 del marzo 1993

stata. È arrivata persino la collaborazione con gli Stati Uniti, con una delle scuole di musica più autorevoli jazz club perugino, antenato dello storico festival del Paese: il Berklee College of Music di Boston. un’icona degli anni ’60, entrarono in crisi, so- Negli anni si sono susseguiti i nomi più imprattutto per ragioni di ordine pubblico. Era portanti del panorama musicale – non solo diventato troppo difficile gestire, in anni poli- jazz – del mondo intero. Veri e propri miti ticamente difficili come quelli, grandi flussi di sono arrivati nella piccola Perugia: da Sonny gente in spazi aperti. E l’Umbria Jazz arrivò Rollins a Keith Jarrett, da Gilberto Gil a Caeproprio in quel tano Veloso, da Paolo momento, ofConte a Stefano Bolfrendo concerti lani. E si potrebbe gratuiti e aperti a continuare a lungo. tutti, per le Autorevolezza conferstrade e nelle mata dall’Internatiopiazze. Ma dopo nal Jazz Festival Oril grande sucganization, che cesso iniziale anraccoglie i sedici festiche qui arrivò lo val di musica jazz più stop, voluto dal importanti al mondo Comune e dai fra i quali, ovvianegozianti del mente, l’Umbria Jazz. una FoLLa dI gIoVanI rIeMPIe PIazza IV noVeMBre e corso centro che mal VannuccI In attesa dI un concerto dI uMBrIa Jazz. era IL 1975 Lo scorso anno ha sopportavano spento 40 candeline tutti quei giovani in uno spazio ridotto come ma non sembra accusare alcuna crisi di mezza il centro di Perugia. Umbria Jazz così fu bloc- età. Il prossimo luglio, per dieci giorni, il cuore cato ma risuscitò dopo tre anni, nel 1982. di Perugia continuerà a battere. Ovviamente a Da allora la sua popolarità non si è mai arre- ritmo di jazz. antoneLLa sPIneLLI In redazione Laura Aguzzi – Cecilia Andrea Bacci – Carlotta Balena – Antonio Maria Bonanata – Alessandra Borella – Edoardo Cozza – Nicole Di Giulio – Giuseppe Di Matteo – Federico Frigeri – Lorenzo Maria Grighi – Manlio Grossi – Michela Mancini – Alessia Marzi – Nicola Mechelli – Alessandro Orfei – Antonello Paciolla – Lucina Meloni Paternesi – Michele Raviart – Valentina Rossini – Giulia Sabella – Luca Serafini – Antonella Spinelli – Sophie Tavernese – Caterina Villa

Segreteria: Villa Bonucci 06077 Ponte Felcino (PG) Tel. 075/5911211 Fax. 075/5911232 e-mail: sgrtv@sgrtv.it http://www.sgrtv.it Spedizione in a.p. art.2 comma 20/c legge 662/96 Filiale di Perugia Stampa: Galeati Industrie Grafiche - Imola


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