ScubaZone n.45

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zone MAGAZINE

SUBACQUEA E LIFESTYLE

8,90 EURO

SQUALI




DESK

Il primo squalo di Marco Daturi

DIVING SAFETY SINCE 1983 L’incontro con il primo squalo non si scorda mai

E Accesso esclusivo ai piani assicurativi

Assistenza medica d’emergenza 24/7 in tutto il mondo

Partecipazione a progetti di ricerca medico-subacquea

Assistenza legale e di viaggio

Consulenza medica

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ro a Sharm da un paio di settimane con numerosi invani tentativi di cercare squali nel blu, lontano dal reef. Ero alle prime armi e seguivo il gruppo di amici. Per loro era una fissa, ogni giorno la stessa storia e ogni giorno perdevo mezz’ora a immersione per nuotare nel nulla. Ma quel 15 agosto le cose cambiarono. Mi trovato a Woodhouse, un’immersione in corrente con Francesca, e lì fu lo squalo a trovare noi. Nuotava indisturbato una trentina di metri lontano da noi. Stupendo, il cuore mi batteva in gola. Un’emozione incredibile che è continuata nei racconti in barca ed è ora impressa nella mia trentaduesima immersione. Da allora ho viaggiato molto, visto migliaia di squali, molto più vicini, in tutte le acque del mondo ma una cosa non cambia mai: l’emozione degli incontri. Ho avuto la fortuna di potermi trovare letteralmente circondato da squali in Polinesia, in notturna alle Maldive, di nuotare con la mia famiglia tra enormi squali balena, di vedere i martello di fianco a me e di trovarmi faccia a faccia con altri squali stupendi. Ogni volta è stata - è - e sarà sempre una grande gioia durante e dopo l’immersione. Se tutti i sub sanno benissimo di cosa parlo gli ‘amici non sub’ restano sempre perplessi ogni volta che ne parliamo. Chi non ha avuto modo di conoscerli, vederli e rispettarli in acqua non potrà mai esaltarsi come noi e probabilmente resterà vittima dei media e dei film che ne hanno creato un’immagine sbagliata. Dedichiamo questo numero di ScubaZone a loro, gli squali.

FOTO: KURT ARRIGO

Buona lettura

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METE SUBACQUE

Per Informazioni: info@metesubacque.it tel. 0583/269012

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BAJA CALIFORNIA Viaggio Itinerante Marlin Expedition Magdalena Bay con estensione a LaPaz, Capo Pulmo e Cabo San Lucas. Gruppo accompagnato da un esperto biologo marino ed istruttore subacqueo

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BALI Safari Subacqueo e le più belle escursioni intorno all’isola. Gruppo accompagnato da un esperta guida e istruttore subacqueo

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SOMMARIO zone

DESK

ScubaZone è un pr odotto Zero Pixel Srl www.zeropixel.it - info@zeropixel.it

Il primo squalo di Marco Daturi

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NEWS Le campagne a difesa degli squali: Sea Shepherd di Massimo Boyer

owner

Zero Pixel Srl Via Don Albertario 13 20082 Binasco (MI) Italia P.iva e Cod.fiscale. 09110210961

Wetnotes Atlaua. Un gadget personalizzato per il vostro diving center di Emanuele Aini Fabio Figurella e il progetto “Scuola d’aMare” di Massimo Boyer

managing director

Marco Daturi info@zeropixel.it

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BIOLOGIA

editor

Massimo Boyer massimo@zeropixel.it art director & graphic executive

Francesca Scoccia - francesca@zeropixel.it legal advice

Avv. Francesca Zambonin info@avvocatozambonin.it

contributors this issue

I migliori siti per immergersi con gli squali di Massimo Boyer

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Uno squaletto con gli occhi verdi di Francesco Turano

pag. 20

Shark culling: quando il pericolo non viene dal mare di Eleonore Re

pag. 28

Squali eterni incompresi di Ila France Porcher

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VIAGGI

Marco Daturi • Massimo Boyer • Emanuele Aini • Francesco Turano • Eleonora Re • Ila France Porcher • Renato La Grassa • Donatella Moica • Fabrizio Gioelli • Ornella Ditel • Marco Montaldo • Claudia Benedetti • Dodi Telli • Andrea “Murdock” Alpini • Cesare Balzi • Roberto Antonini • Claudio Ziraldo • Pino Tessera • Alessio Tenenti • Daniele Passaro • Neal Pollok

Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle immagini senza il consenso dell’autore.

Pubblicità: info@scubazone.it Download at www.scubazone.it

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Sud Africa: dalla False Bay alla Wild Coast di Renao La Grassa

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L’isola degli squali di Donatella Moica

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Pillole di shark diving di Fabrizio Gioelli

pag. 42

Sì, a Sharm El Sheikh ci sono gli squali di Ornella Ditel

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Blu magic, Raja Ampat di Marco Montaldo

pag. 48

Squali in notturna, paura superata ad Alimanthà di Claudia Benedetti

pag. 50

Nelle pass con gli squali di Dodi Telli

pag. 50

Scubamatch, cercasi compagno di immersione per un viaggio di Massimo boyer

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DESK IMMERSIONI L’elica della Haven di Andrea “Murdock” Alpini

pag. 60

Il relitto dell’Equa di Cesare Balzi

pag. 64

RIFLESSIONI Passione, esperienza, fatalità di Roberto Antonini

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VIDEO/FOTO SUB Portfolio di Sergio Riccardo

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“Ocean sensu” i ventagli del mare di Claudio Ziraldo

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DX-6G - SET PER FOTOGRAFIA DIGITALE SUBACQUEA di Pino Tessera

pag. 82

FOTO DI COPERTINA Sergio Riccardo

ATTREZZATURA Stefano Moretto, nuovo responsabile dell’offerta prodotto in Beauchat. L’intervista di Massimo Boyer

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Torcia Mares EOS 10R di Alessio Tenenti

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Aqua Lung, Gav Rouge - Muta Bali 3 mm. Test sul campo di Massimo Boyer

pag. 88

OPERATORI Le 5 immersioni indimenticabili in Costa degli Etruschi di Daniele Passaro

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RELAX LIBRI (a cura di Massimo Boyer) Sidemount diving. Storia e caratteristiche del sistema di Umberto Natoli

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SALUTE La malattia da decompressione può colpire le balene? di Neal Pollok

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LE CAMPAGNE A DIFESA DEGLI SQUALI:

SEA SHEPHERD

di Massimo Boyer

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a pesca degli squali potrebbe portare rapidamente all’estinzione molte specie di questi magnifici animali, che si riproducono con un ritmo molto lento, raggiungono l’età feconda solo dopo decine di anni, partoriscono pochi piccoli, e in cambio sono attivamente pescati con sistemi come reti e palamiti capaci di uccidere migliaia di animali in un’unica azione di pesca. Attualmente molte specie sono protette, molti governi vietano totalmente questa pesca nelle loro acque territoriali, ma l’esistenza stessa di Sea Shepherd ci

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dice che spesso i divieti sono aggirati. La globalizzazione, il miglioramento delle tecniche di pesca e la ricchezza maggiore di vaste aree mondiali comporta un incremento del fenomeno. Scubazone si onora di ospitare sulle sue pagine chi si impegna sul campo, senza condizionamenti politici o economici, per la salvaguardia di specie e ambienti minacciati. Pubblichiamo un’intervista con Andrea Morello, presidente di Sea Shepherd Italia. Andrea, molta gente ignora del tutto che gli squali abbiano bisogno di protezione. Eppure Sea Shepherd si impegna da anni,

tra le altre cose, nella lotta contro la pesca illegale degli squali. Andrea, vuoi riassumerci le fasi principali di questa lotta? Siamo impegnati sul fronte degli squali da quasi 40 anni, da quando Paul Watson, il nostro fondatore, iniziò un’attività nelle acque del Pacifico orientale, tra le Galapagos, Isla Coco e Malpelo, in zone ben conosciute ai sub per la ricchezza delle loro acque. Parchi nazionali, zone protette, che attirano anche molti pescatori di squali, che sanno che lì troveranno facili prede. Il motivo principale per cui si pescavano squali era il taglio delle pinne (finning),


NEWS

che poi erano vendute a prezzo elevato sui mercati di cultura cinese per preparare la famosa zuppa di pinne di squalo. Questa pesca ha portato all’uccisione di 100 milioni di squali all’anno nel 2017 e 2018, su scala mondiale, dato impressionante, che dovrebbe far ragionare la gente sul pericolo di estinzione di questi animali. La campagna alle Galapagos è durata 8

anni. Abbiamo iniziato a combattere il finning con 1 nave che poi abbiamo donato al parco per permettere loro di intervenire direttamente. Una parte molto importante delle nostre attività è stata l’educazione ambientale nelle scuole, che ci ha permesso di creare giovani difensori del mare, formando consapevolezza.

Inoltre abbiamo collaborato con la polizia equadoregna all’istituzione di un’unità cinofila originale: i cani addestrati per cercare la droga sono stati riaddestrati per scoprire le pinne di squalo nascoste nei borsoni e quindi bloccare il traffico negli aeroporti e alle frontiere. La pinna di squalo era arrivata a un valore tale da rendere conveniente questa azione di trasporto. Con molte analogie con la droga: leggera, compatta e facile da nascondere e da trasportare. Con le nostre navi il compianto Rob Stewart ha realizzato il suo magnifico documentario, Sharkwater, che mostra il vero mondo degli squali, attaccando i pregiudizi costruiti su di loro e dà un grande contributo alla diffusione della conoscenza della loro importanza. La proiezione del film a Hong Kong ha avuto un impatto enorme, soprattutto a livello dei consumatori, molti dei quali hanno per la prima volta capito cosa ci fosse dietro a una zuppa insipida, che per loro era solamente uno status symbol, da offrire ai conoscenti per fare sfoggio di ricchezza. Per quali ragioni gli squali sono pescati? Ti racconto un’altra storia. Fino al 2014 eravamo attivi in Antartide per contrastare le baleniere giapponesi, che con la scu-

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lando per la crescente consapevolezza nei paesi di cultura cinese, anche grazie a operazioni come quella di Rod Stewart. L’industria dell’olio di fegato di squalo è difficile da quantificare, in quanto sommersa. D’altro canto l’overfishing, la rarefazione di tutte le risorse ittiche, ha portato ad un aumento dei prezzi in una sorta di business dell’estinzione, rendendo conveniente per i pescatori investire soldi e risorse anche per la ricerca di una risorsa molto impoverita, magari catturandola come bycatch, come cattura collaterale, mentre ci si dedica a una preda più comune. Il bycatch è oggi un problema enorme: reti a circuizione enormi impiegate per la cattura del tonno pinne gialle prendono per la maggior parte squali, sa della ricerca scientifica continuavano un’attività chiaramente commerciale. Nel 2014 questa attività di caccia alle balene è cessata in seguito a una sentenza del tribunale internazionale di L’Aia, e questo ci ha permesso di dirottare più risorse (2 navi e relativi equipaggi) a contrastare la pesca illegale. La prima azione è stata contro un peschereccio ricercato da 15 anni dall’Interpol, che si dedicava alla pesca del merluzzo cercando di operare in aree dove si rendeva invisibile. Trovato dai nostri uomini con una rete derivante lunga 70 km, il peschereccio è stato inseguito per 110 giorni dal Mare di Ross all’Atlantico equatoriale, e qui si è autoaffondato per evitare guai peggiori. Grazie all’affondamento avvenuto proprio in quel punto, abbiamo scoperto che la zona del golfo di Guinea era la meno coperta e difesa da autorità in tutti gli oceani. Questo ci ha dato lo spunto per iniziare nuove campagne, in collaborazione coi governi locali, per controllare i pescherecci, la maggior parte dei quali pescano squali in modo indiscriminato e facendone il target principale, come dimostrano gli strumenti usati, per esempio palamiti lunghi decine di chilometri con ami innescati su filo di acciaio. Uno dei pescherecci fermati pescava con reti squali di profondità per estrarne l’olio di fegato di squalo, che alimenta l’industria degli integratori alimentari. Solo per questo prodotto un solo peschereccio (in base ai registri di bordo) uccideva 500.000 squali all’anno! In questo momento un nuovo fronte è stato aperto in Africa occidentale, Tanzania. Il finning è ancora il problema maggiore, anche se come importanza sta ca-

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NEWS che in gran parte sono ributtati in mare morti per non incorrere in guai peggiori, oppure sono usati dopo averli resi irriconoscibili.

viamo. Ognuno dovrebbe cominciare col proteggere la propria casa, col verificare che lì sia tutto a posto.

Insomma, mi pare di capire che un po’ tutti siamo coinvolti?

Come possiamo comunicare al grande pubblico perché gli squali sono tanto importanti per l’intero ecosistema?

L’Italia purtroppo è il quarto paese importatore di carne di squalo al mondo, quindi siamo ai primi posti nella scala della responsabilità. Mi hai portato in giro per il mondo, dalle Galapagos all’Antartide, all’Africa, e so che avete campagne attive in Asia e in altre parti del mondo. Ma quali sono le zone più calde, dove gli squali hanno più bisogno di protezione? Ammesso che in un mondo che va verso la globalizzazione, con pescherecci che attraversano gli oceani, abbia ancora senso parlare di zone più calde. Ha senso eccome, e la zona calda, che ha più bisogno di protezione, per ciascuno di noi dovrebbe essere casa nostra, il piatto in cui mangiamo, quello che mangiamo, il giardino che colti-

Gli squali non si proteggono solo partecipando attivamente alle operazioni sulle nostre navi, ma anche per esempio facendone capire alla gente l’importanza (e in questo noi sub abbiamo una posizione privilegiata), e quanto è importante difenderli. In Italia per tradizione si mangiano squali, sarebbe un grosso successo convincere la gente a non alimentarne la pesca e il commercio, perché lo squalo, predatore di vertice, ha plasmato forma, colore e comportamento di tutte le specie degli oceani dirigendo, come tutti i grandi predatori, l’evoluzione delle sue prede negli ultimi 450 milioni di anni. Se scomparissero gli squali scomparirebbe anche la vita nei mari come la conosciamo, e in ultima analisi anche noi.


WETNOTES ATLAUA

UN GADGET PERSONALIZZATO PER IL VOSTRO DIVING CENTER di Emanuele Aini

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estire un diving center vuol dire vendere delle esperienze indimenticabili ai propri clienti, alimentando una passione che brucia 365 giorni l’anno ma che spesso si riduce a meno di 2 settimane di ferie, nelle quali si può dar libero

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sfogo alla propria voglia di immergersi in acqua dimenticando stress e preoccupazioni. Quando si torna a casa rimane solo il ricordo di quei momenti così speciali, che contrastano inevitabilmente con la monotonia della quotidianità. Lasciare all’appassionato un ricordo tangibile, materiale, che aiuti la memoria a tornare a quei giorni lieti

può essere una ottima strategia per far si che l’anno successivo quel cliente torni da noi, un souvenir utile da utilizzare tutti i giorni e che ricordi il nostro lavoro. Il nuovo marchio di wetnotes Atlaua, fin dalla sua nascita nell’estate del 2018, ha voluto rappresentare un punto di riferimento per tutti quei diving center che cercassero un prodotto innovativo e originale che fosse allo stesso tempo anche utile durante le immersioni. Al contrario delle classiche lavagnette, Atlaua permette di prendere appunti e comunicare sott’acqua con dei normalissimi taccuini e block notes, come quelli che si utilizzano all’asciutto nella vita di tutti i giorni. Una proposta quindi che va al di là dell’utilizzo subacqueo e che può essere impiegata anche nella quotidianità o durante altre attività outdoor. Un articolo che ogni diving può cucire su misura sulla propria filosofia, personalizzandolo e rendendolo così unico al mondo. Atlaua è un marchio giovane e dinamico che da subito ha avuto ben chiaro l’obbiettivo di soddisfare le esigenze di tutti i piccoli imprenditori che, pur non disponendo di budget elevati, volessero caratterizzare la propria attività con un gadget promozionale diverso dall’ordinario.


NEWS Il servizio di personalizzazione del marchio si articola su due livelli: ■■ Servizio semplice: logatura della copertina con il nome dell’attività o con il suo marchio. Questa lavorazione può venir fatta su tutte le collezioni, il cliente potrà così scegliere formato, colore, accessori e tema interno tra quelli già disponibili a catalogo. ■■ Servizio completo: creazione da zero di un prodotto su misura per le esigenze del committente. In questo caso si può customizzare completamente il proprio acquisto, scegliendo il formato, il numero delle pagine, il tema interno (pagina bianca, righe, quadretti, schede precompilate…), la colorazione del neoprene di copertina, gli accessori (moschettone, matita subacquea…) e infine ovviamente la logatura con lo stemma della propria attività. I prodotti personalizzati possono venir proposti come regali aziendali per i migliori clienti, dati in dotazione allo staff della struttura che potrà utilizzarli durante le uscite, in particolare durante attività di didattica se il diving center offre anche corsi per bambini o sub alle prime armi. Un’altra possibilità invece è quella della vendita diretta al pubblico, con i prodotti che assumono così la veste di merchandising brandizzato per la struttura, in questo secondo caso è possibile richiedere anche pratici espositori da banco e fascette informative in lingua inglese con cui valorizzare i prodotti. Il marchio Atlaua essendo molto giovane è aperto a diversi tipi di collaborazione, la sua organizzazione snella gli permette di evadere facilmente sia ordini importanti che ordini di pochi pezzi per lavori ad hoc in occasione di eventi particolari.

I wetnotes di Atlaua incontrano i gusti di un target trasversale di appassionati, nella vita di tutti i giorni si comporteranno come dei normalissimi taccuini, solo impermeabili e molto più resistenti rispetto a quelli tradizionali, ma all’occorrenza sapranno essere validi assistenti di subacquei professionisti rispondendo in maniera efficace alle loro esigenze. Un articolo da regalo perfetto per ogni appassionato diving o per chiunque ami scoprire prodotti fuori dall’ordinario frutto del secolare ingegno Made In Italy. Per qualunque informazione su come personalizzare i prodotti Atlaua visitate il sito: www.atlaua.it

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FABIO FIGURELLA

E IL PROGETTO SCUOLA D’AMARE di Massimo Boyer

Ciao Fabio. Sei PADI regional manager per l’Italia Meridionale. Cosa comporta questa qualifica? Ciao Massimo, intanto grazie per aver scelto di fare quest’intervista con me, ne sono lusingato e approfitto per farvi i complimenti per l’importante lavoro di comunicazione e condivisione che fate nel nostro settore. Grazie di cuore. Da Gennaio 2016 sono stato assunto da PADI EMEA con il ruolo di RM per il Sud Italia (Da Roma in giù isole comprese), è stato per me centrare un grande obiettivo che ho maturato fin da quando nel 2006 ho deciso di iniziare questa carriera Professionale nel mondo della Subacquea, all’interno di PADI, diventando Istruttore, facendo esperienze diverse, e poi andando avanti: proprietario di un Centro PADI, PADI Course Director, ideatore del network Diving Academy e dal 2016 Regional Manager. Il ruolo di Regional Manager all’interno di PADI, è un ruolo fondamentale, di rappresentanza sul territorio dell’azienda PADI che ha standard e procedure globali, che vanta una rete capillare di Istruttori (circa 135.000) e Diving Center (circa 6.500) a livello globale che vengono gestiti in termini di supporto da 3 grandi uffici a livello globale (PADI America, PADI EMEA, PADI Asia Pacific) e poi a livello locale da una struttura che ha nel Regional Manager il riferimento sul campo per fornire supporto a livello commerciale, di marketing, e di addestramento alla rete di Istruttori e Centri PADI.

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Un ruolo da un lato entusiasmante, per chi come me ha scelto questa professione in primo luogo per una grande passione, ma dall’altro lato molto complesso e sempre più difficile, in un una società ormai globalizzata dove le informazioni vanno alla velocità della luce, e non è facile stare dietro ai cambiamenti che ormai avvengono istante dopo istante nell’evoluzione delle dinamiche di Business Management. Ancora più difficile in un mercato come quello italiano, che ha una elevata importanza storica nel mondo dell’industria subacquea, ma che soffre, come altri settori del resto, di una serie di variabili tra le quali la più pressante è una crisi economico-istituzionale del sistema Italia che incide notevolmente sulle dinamiche di sviluppo del nostro mercato. Personalmente sono convinto che tra i tanti fattori negativi quello che incide maggiormente è la mancanza di una normativa di settore che regolamenti (come nella maggioranza degli altri paesi) il nostro settore. Sei tra i principali promotori del progetto Scuola d’amare. Ci vuoi parlare in breve del progetto? Esatto sono l’ideatore di questo importante progetto, che ho condiviso con diversi partner istituzionali (CONI, MIUR) e di settore (DAN EUROPE, GREEN BUBBLES, PROJECT AWARE, SEA SENTINELS, REEF CHECK ITALIA) cercando di creare con un’azione di networking, un progetto che ha un grande obiettivo che è quello della divulgazione tra le giovani generazioni, della vitale importanza del Mare (il

Mar Mediteraneo per quello che ci riguarda) sia in termini scientifici (geografici, ecologici, biologici) che di conservazione con un occhio sempre aperto alla sicurezza. Tutto questo creando dei collegamenti importanti con il nostro mondo, mirando alla creazione di motivazioni che possano far ritornare la Subacquea come un’attività sportiva “interessante” per le giovani generazioni, scommettendo sul ruolo attivo di ogni singolo studente nell’essere parte integrante di una grande comunità che attraverso la Scienza Partecipata (Citizen Science) può e deve avere un ruolo nella difesa e nella protezione dell’intero Pianeta Oceano di cui il nostro Mar Mediterraneo fa parte. Un enorme movimento d’azione, una “Forza Per il Bene” per citare lo Slogan della Mission di PADI definita dal nostro Presidente & CEO di PADI WorldWide Dr. Drew Richardson che ha racchiuso in queste parole “A Force for Good” il significato della nostra missione. Il progetto ormai da tre anni approvato dal MIUR tra i progetti presentati dal CONI attraverso le Federazioni e gli Enti di Promozione Sportiva, mira alla realizzazione di un’ora di lezione gratuita, in orario curricolare, aperta a tutte le scuole sul territorio nazionale secondarie di ogni grado, per intenderci le scuole medie ed i licei. Il progetto è gestito attraverso un sito: www. scuoladamare.it all’interno del quale tutti gli Istruttori Project Aware possono affiliarsi ed ottenere le credenziali per erogare questa formazione gratuita all’interno delle scuole italiane.


NEWS Nel sito abbiamo creato anche una rete di Diving e Club che operano all’interno del progetto creando poi delle attività pratiche per tutti quei ragazzi che dopo la lezione vorranno approcciare il nostro mondo attraverso esperienze, corsi ed attività varie nel settore della Subcquea, del Freediving e dello Snorkeling. Nel 2019 il progetto è stato revisionato e la lezione che stiamo portando nelle Scuole Italiane ha una parte comune a cura di Project Aware e DAN Europe che rimangono i fondatori del progetto: ■■ Project Aware è una fondazione no-profit che si occupa della salvaguardia del mondo sommerso; ■■ DAN Europe è una fondazione no-profit che si occupa della sicurezza, studio e ricerca nel nostro settore e che specificatamente nel progetto introduce il tema della compensazione e delle procedure di intervento per le ferite provocate da animali marini; La lezione continua su 4 diversi specifici Percorsi Didattici all’interno dei quali abbiamo coinvolto alcuni esperti che hanno collaborato nella produzione del materiale didattico e nella formazione degli istruttori, secondo i 4 Pilastri che rappresentano la missione di PADI: 1. EDUCAZIONE – Tema “Cambiamento Climatico” a cura di Ernesto Azzurro (Ricercatore ISPRA) in collaborazione con il progetto Europeo MPA-ADAPT; 2. CONSERVAZIONE – Tema “Le Plastiche” a cura di Marta Meschini (Ricercatore dell’Università di Bologna) e rappresentate del progetto SEA SENTINELS; 3. ESPLORAZIONE – Tema “Archeologia Subacquea” a cura di Fabio Portella (Istruttore esperto di Archeologia Subacquea); 4. COMUNITÀ – Tema “Enviroment Friendly” a cura di Franco Andaloro (Dirigente di Ricerca della Fondazione Anton Dohrn). Da 0 a 10, quanto credi che sia importante coinvolgere le generazioni dei giovanissimi nella protezione dell’ambiente marino? La mia risposta è 100, nella convinzione comune che il Mare è un bene comune preziosissimo, che coinvolge tutti noi, le comunità i paesi, le famiglie ogni singolo cittadino, e non può non far parte dell’educazione delle giovani generazioni. Inoltre oggi ma già da oltre 20 anni si parla di Scienza Partecipata, cioè del contributo attivo di ogni singolo cittadino alla Scienza in generale. Il progetto mira proprio a creare una coscienza attiva nelle giovani

generazioni affinché possano diventare un esercito bianco, che con l’arma dell’azione possa combattere il degrado ambientale che ormai è un problema condiviso a livello Globale. Il coinvolgimento dei bambini, crea un movimento che spingerà anche gli adulti nella presa di coscienza che bisogna intervenire e che ogni singola azione non è inutile, ma tante piccole singole azioni diventano un’arma infallibile per combattere l’indifferenza su questo tema importante. Inoltre il Mare come dicevo è un elemento fondamentale dell’Educazione dei giovani in tantissimi argomenti quali: geografia, ecologia, biologia, storia.

za, poiché il Subacqueo è innanzi tutto innamorato, affascinato e passionalmente coinvolto verso l’Ambiente Marino, e diventa un Esploratore, un Ricercatore, un raccoglitore di dati, ma anche un Guardiano, una Sentinella, il più fedele difensore di questo ambiente che ama. Per questo motivo la Subacquea gioca un ruolo fondamentale nell’accendere le coscienze comuni sul tema della salvaguardia dell’Ambiente Marino. E le giovani generazioni sono l’esercito del futuro per combattere questa battaglia.

Ancora da 0 a 10, qual è il ruolo della subacquea in questa presa di coscienza?

Insegnare la Subacquea non è facile, insegnarla ai giovanissimi, lo è ancora meno. Bisogna adattare sempre tutto, la comunicazione, le abilità, gli standard, le attrezzature. Aumentare il livello di guardia che ogni Istruttore dovrebbe avere sulla sicurezza. Ma soprattutto tenere conto della complessità dei fattori insiti nella psicologia dei minori, e nel corretto approccio pedagogico che bisogna avere con i minori. Tuttavia insegnare ai minori è una soddisfazione incredibile, una delle mie più grandi emozioni della mia carriera, poter fare lezione ai piccoli e insegnare i programmi per i giovanissimi a partire da 8 anni. L’intensità dell’emozione che riesce a darti lo sguardo di entusiasmo, stupore, gioia, soddisfazione di un bambino che mette per la prima volta la testa sott’acqua o che

La mia risposta rimane 100. La Subacquea nel nostro paese ha una elevatissima importanza storica, ma per diversi fattori, dei quali non ha senso parlare adesso, è finita nel dimenticatoio, non è più “attraente” per le giovani generazioni. Di questo ci siamo resi conto insieme a Laura Marroni (Vice Presidente di DAN Europe) confrontandoci sulle statistiche comuni (PADI & DAN) che dimostravano un innalzamento di circa 10 anni nell’età media dei subacquei negli ultimi 10 anni. Questo dato allarmante ci ha messo davanti alla responsabilità di fare qualcosa per arrestare questo “invecchiamento” della Subacquea, ed è così nato il progetto Scuola D’Amare. Il ruolo della Subacquea diventa vitale nella presa di coscien-

E come si inserisce il sistema PADI nel contribuire a educare i giovanissimi alla subacquea?

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completa il suo primo corso, è impagabile! Io porto dentro il mio cuore ogni singolo sorriso di ogni singolo studente che ho avuto nella mia carriera di Istruttore. Questi sorrisi sono le fondamenta della passione che muove le mie azioni, e quelli dei bambini sono i più importanti. Chi sono gli altri partner dell’iniziativa? Come ti accennavo il Progetto Scuola D’Amare nasce da una idea di PADI & Project Aware da una parte e DAN Europe dall’altra che sono i fondatori del progetto, che ha ottenuto approvazione dal MIUR per il tramite del CONI. Abbiamo collaborato con una serie di partner importanti nel nostro settore tra i quali: GREEN BUBBLES – Progetto Europeo sulla Sostenibilità nella Subacquea coordinato dall’Università Politecnico delle Marche;

SEA SENTINELS – Progetto di Citizen Scienze coordinato dall’Università di Bologna; REEF CHECK ITALIA – Organizzazione no profit Ambientalista; Stiamo intessendo contatti e nuove partnership con Aree Marine Protette, Istituti di Ricerca, Università, Associazioni Ambientaliste, convinti come siamo che solo la sinergia e la condivisione in un’azione di networking potrà aiutarci a combattere il personalismo, la finzione, l’apparenza, che crea un’insidiosa indifferenza su un tema così importante. Credo che ognuno di noi, come Uomo, come subacqueo, come professionista nel nostro settore, abbia il dovere di agire e contribuire a creare una coscienza comune fatta di principi e valori indistruttibili, io nel mio piccolo cerco sempre di fare del mio meglio per dare il mio contributo.

SHARKNET

Nello scorso numero abbiamo presentato SHARKNET, un innovativo strumento di sicurezza e di allenamento, che ci aiuta a migliorare le performance registrando le nostre attività in acqua e mostrando le nostre statistiche e quelle dei nostri amici automaticamente sull’App. E in caso di difficoltà, invia un SOS con le nostre coordinate a chi vogliamo semplicemente con un doppio tap. Abbiamo chiesto agli sviluppatori di SHARKNET di entrare un po’ più nel dettaglio di come funziona il dispositivo per capirne meglio tutte le potenzialità. Eccone un assaggio. I componenti principali di SHARKNET sono un ricevitore GPS, un sensore di profondità, un accelerometro e un modulo di telefonia cellulare con SIM incorporata.

Quando l’utente è in superficie, il GPS controlla la posizione ed il modulo telefonico risponde eventualmente al messaggio di qualcuno (a cui abbiamo lasciato il nostro codice per la localizzazione, privato) che ci chiede dove siamo. Al momento dell’immersione, il dispositivo memorizza la posizione di inizio immersione dell’immersione e, ogni secondo, i dati di profondità ed assetto del sub. Al momento della riemersione, SHARKNET, trasmette automaticamente tutti i dati alla App dell’utente, che si ritrova così il logbook sempre compilato. In caso di emergenza, quando l’utente dà un doppio “tap”, SHARKNET inizia a lampeggiare e, se in superficie, trasmette un messaggio di allarme a tutti i destinatari prescelti dall’utente tramite il modulo telefonico. Se l’emergenza è attivata sott’acqua, SHARKNET memorizza lo stato di allarme e, una volta in superficie, lo trasmette a tutti i destinatari prescelti. La SIM ed il modulo telefonico di SHARKNET sono quindi componenti centrali e potenzialmente critici: sappiamo infatti che in mare spesso non c’è connessione telefonica. Per ovviare a questo problema, SHARKNET impiega una speciale SIM che si collega sempre alla cella telefonica che, in ogni dato luogo, offre la migliore connessione telefonica, indifferentemente in Italia o all’estero, senza differenze di costo di connessione. A meno che non ci immergiamo molto lontani dalla costa, il nostro dispositivo SHARKNET dovrebbe quindi restare sempre “connesso”, occupandosi da solo del nostro logbook e regalandoci immersioni con un layer di sicurezza in più. Sul sito di SHARKNET, www.sharknet.com, potrete trovare ulteriori dettagli su come funziona e su come poter acquistare il dispositivo.

SUBEA - PINNE SUBACQUEA 500 L’équipe di ideazione Subea ha messo a punto un modello ideale per i sub di ogni livello che cercano una tipologia di pinna molto facile da infilare, grazie al calzare rigido e al cinghiolo elastico. La pala, pur essendo morbidissima, è pensata per procurare una spinta notevole indipendentemente dalle condizioni di immersione. Potenza, stabilità e comfort. Tutti i prodotti Subea sono in vendita presso i negozi Decathlon.

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NEWS VIRB® 360 DI GARMIN Action camera a 360 gradi robusta e impermeabile con risoluzione 5,7 K/30 fps e stabilizzazione sferica 4K. La nuova action cam di Garmin permette la realizzazione filmati a 360 gradi in risoluzione 4K

Ultra/30fps (fino a 5.7K/30fps), e quindi di alta qualità. Ma non solo: VIRB 360 è dotata di quattro microfoni integrati che consentono di catturare i suoni, anche i più flebili, provenienti da tutte le direzioni. Un’innovazione importante che garantisce riprese con elevata resa non solo visiva ma anche acustica, per riportare sullo schermo alla perfezione le proprie esperienze. Proprio per il suo uso versatile in qualsiasi situazione, anche in quelle più adrenaliniche, VIRB 360 prevede un sistema di Stabilizzazione Sferica 4K che garantisce riprese stabili, immagini limpide e riduzione delle vibrazioni. L’avvio della registrazione può essere fatto in vari modi: premendo l’intuitivo tasto “one-touch”, oppure attraverso comandi vocali di facile impostazione tramite la funzione Sensory TrulyHandsfree™, o in alternativa dagli smartsportwatch Garmin compatibili dopo averla associata al device. Ma non solo video: VIRB 360 è in grado di scattare, sempre a 360 gradi, immagini fotografiche di qualità a 15 Mp. Garmin VIRB 360 sarà disponibile nei migliori punti vendita a partire da giugno 2017. Per la migliore esperienza di visualizzazione, consigliamo di guardare video a 360 nell’app YouTube su un dispositivo mobile o su un tablet.

MASCHERA SCUBAPRO SINERGY MINI La maschera Synergy Mini è la sorellina della Synergy Twin Trufit. Grazie al design dalle dimensioni ridotte e al telaio ed al facciale più piccoli, si adatta bene ai visi più sottili. Il facciale della Synergy Mini Trufit e estremamente confortevole e risolve, allo stesso tempo, il problema delle infiltrazioni d’acqua riscontrato da quanti, sia donne che uomini, hanno un viso troppo piccolo per la Synergy Twin in misura standard. Il design a doppia lente ha un volume ridotto e offre un campo visivo ampio; inoltre, la maschera ha in dotazione un cinghiolo di regolazione Comfort Strap del colore coordinato. La tecnologia Trufit si riconosce grazie alla sua esclusiva struttura dotata di costolature sul facciale.

Il silicone vicino al telaio è più spesso e più rigido con una finitura opaca per ulteriore supporto e rigidità. Il silicone che contorna il viso è più sottile, regala una piacevole sensazione sulla pelle e garantisce una tenuta stagna. Le fibbie di regolazione rotanti sono abbinate a un cinghiolo Comfort Strap, fornito in un colore coordinato alla maschera,

per ottimizzare la gamma di movimenti possibili e rendere la maschera comoda da indossare e a prova di infiltrazioni. Le linguette delle fibbie sono flessibili e consentono di piegare la maschera per il trasporto. La Lente Ultra Clear non colorata garantisce una nitidezza di visione ottimale sott’acqua.

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MARES LOOP 72X

LOOP è il nuovo secondo stadio di Mares che fisserà nuovi paradigmi nel campo degli erogatori. Ciò che lo contraddistingue da tutti gli altri secondi stadi oggi presenti sulla scena è lo speciale utilizzo “verticale” del secondo stadio. Per implementare questo nuovo utilizzo, il secondo stadio è stato progettato e disegnato in modo tale da permettere l’uso della manichetta con passaggio sotto la spalla, anziché sopra. Con questa soluzione, la casa di Rapallo, che dedica a tutte le attrezzature una costante ricerca, ha accolto le numerose

richieste provenienti dal mercato, e ha soddisfatto la necessità di avere un secondo stadio che permetta l’utilizzo anche con la manichetta proveniente da sinistra, sia esso utilizzato come erogatore principale che come octopus, con l’obiettivo di assecondare e personalizzare al meglio l’utilizzo di ciascun diver. I vantaggi sono innegabili: la speciale “conformazione” permette di ridurre al massimo sia il rischio di rimanere impigliati durante l’immersione che la vibrazione della manichetta durante la pinneggiata. Tutto questo, unito alla massima libertà di movimento, per un’incredibile comfort. Il nuovo secondo stadio verticale è pensato con una manichetta in gomma, leggermente più lunga delle normali ora proposte: 110 cm. Il nuovo sistema “S-VAD” (VAD Sagittale) integrato, il particolare profilo del deflettore interno combinati con la doppia valvola di scarico consentono una respirazione naturale a qualsiasi profondità, aumentando enormemente il comfort respiratorio durante le immersioni. L’ ampio pulsante di spurgo, in silicone, permette un utilizzo facile ed immediato anche se azionato con guanti spessi. Il nuovo Loop è un secondo stadio compatto e leggero, disponibile anche come Octopus nella classica colorazione gialla. È utilizzabile con qualsiasi 1° stadio Mares, incluso il nuovissimo 72X. Il primo stadio 72X, con uscite HP preorientate e ben 8 uscite LP di cui 4 verticali e 4 radiali, presenta una unica plasticità di configurazione, che lo rende ideale per la subacquea tecnica. Il sistema anti infiltrazioni AST completa il quadro.

DIVING CENTER COSTA PARADISO: DA SOGNO A REALTÀ

Il Diving Center Costa Paradiso, nella provincia di Olbia-Tempio, è un sogno diventato realtà da più di 20 anni di due appassionati subacquei. Un’idea nata dall’incontro di due persone con una grande passione comune per le immersioni, il Diving Center Costa Paradiso prende il nome dalla sua sede principale

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nella rinomata località di villeggiatura a nord della Sardegna. Dopo oltre due decenni di intenso lavoro, questa scuola sub oggi è conosciuta e apprezzata. Ogni anno cresce con novità e immersioni sempre diverse, ma ugualmente interessanti. Oltre alla già sopracitata sede a Costa Paradiso, nel 2015, in occasione del 20° anno di attività, sono state inaugurate la sede di Isola Rossa e il punto diving presso il resort “Le Dune” (Badesi Mare).


NEWS TORCE SCUBAPRO NOVA 850 E 850 WIDE Nova 850 offre un’illuminazione intensa, ideale per rischiarare gli spazi bui ed esaltare i colori vivaci nelle immersioni notturne e diurne. È fabbricata in robusto alluminio per renderla leggera e resistente. La modalità 50% consente di incrementare l’autonomia di funzionamento se non si necessita della piena potenza. 4 versioni disponibili, sia in versione ricaricabile (850R e 850R Wide) che non ricaricabile (850 e 850 Wide) La valvola di sovrapressione rilascia i gas nocivi emessi dalla batteria, una caratteristica di sicurezza solitamente non presente nelle torce subacquee di questa fascia di prezzo. Il limite massimo di profondità consentita pari a 150 m assicura un’illuminazione senza inconvenienti in tutte le condizioni di immersione. Il corpo in robusto alluminio presenta un’estetica «tech» discreta, offrendo al contempo leggerezza e durata nel tempo. L’interruttore a pulsante posizionato all’estremità della torcia è facile da attivare, anche quando si indossano i guanti.

MARES DUAL ADJ 52X E DUAL 15X Da anni il primo stadio 52X è riconosciuto per affidabilità, leggerezza e performance. È un primo stadio a membrana bilanciata, rifinito a perla per un look elegante e unico. 4 porte LP, il 52X è

anche equipaggiato con tecnologia NCC per maggiore resistenza al congelamento in condizioni estreme, e con AST per prevenire ingressi di acqua. Disponibile in versione DIN o INT. Il nuovissimo secondo stadio Dual ADJ è costruito in un nuovo tecnopolimero ultraleggero e molto resistente. Ha il sistema VAD, presente in tutti gli erogatori Mares, che assicura una respirazione naturale a ogni profondità. In più ha un sistema di regolazione dello sforzo inspiratorio, facile da usare anche per chi indossa guanti spessi. Il sistema di regolazione in combinazione col sistema PAD assicurano le migliori performance a ogni profondità e sotto ogni condizione. Un’alternativa interessante a un prezzo competitivo è l’abbinamento del Dual con il primo stadio 15X, che unisce un primo stadio estremamente leggero, compatto, semplice e robusto con un secondo stadio che ha molte caratteristiche in comune con il Dual ADJ.

MASCHERA SEAC ONE PRO La nuova maschera SEAC ONE PRO con supporto integrato per action cam ti permette in modo semplice ed efficace di portare con te la tua videocamera e riprendere tutte le tue avventure subacquee! Telaio: policarbonato. Facciale: silicone liquido ipoallergenico. Cinturino: silicone. Lenti: in vetro temperato. Lenti ottiche: opzionali da -1.0 a -6.0.

Packaging: box rigido trasparente incluso. Altre caratteristiche: supporto per montaggio Action Cam. Facciale anatomico in silicone liquido di altà qualità. Fibbia sul telaio con sistema Easy Touch. Possibilità di montare lenti ottiche. *Custodia action cam non inclusa

CONTATTATECI SE VOLETE SEGNALARCI NOTIZIE DI INTERESSE PER I PROSSIMI NUMERI: INFO@SCUBAZONE.IT

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I MIGLIORI SITI PER IMMERGERSI CON GLI SQUALI di Massimo Boyer (foto di Gaspare Schillaci e Massimo Boyer)

LE NOTIZIE SUI SITI SONO IN PARTE RICAVATE DALL’ARTICOLO DI PAOLO PONGA, “LE 10 MIGLIORI IMMERSIONI CON GLI SQUALI, SCUBAPORTAL”

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n tempo circolava questa storiella: «da cosa riconosci un subacqueo su una spiaggia con altre 1000 persone? Prova a gridare “squalo”, il subacqueo sarà il solo ad andare verso il mare, mentre tutti gli altri se ne allontanano». È vero. Nonostante la pessima fama di cui godono gli squali, i sub (che li conoscono) li amano. Fama esagerata di sicuro, ma in fondo a voler guardare bene sono tra i pochi animali rimasti sulla terra che potrebbero mangiarci, o comunque morderci facendoci molto male.


BIOLOGIA Razionalmente sappiamo che ogni anno muoiono 4-6 persone in tutto il mondo uccise da uno squalo, è molto più facile (o probabile statisticamente) morire per l’attacco di una mucca o di un maiale, per la puntura delle api, colpiti da un fulmine, non parliamo di incidenti d’auto, tutte eventualità che di solito non consideriamo. Ma lo squalo incarna la paura atavica di essere mangiato, e chi fa immersione con gli squali per poi andare a raccontarlo agli amici diventa in qualche modo un eroe, un superuomo, o meglio un supersub. La ragione ci dice anche un’altra cosa: che circa 1/3 delle oltre 400 specie di squali che vivono sulla terra corre un concreto rischio di estinguersi nello spazio di poche generazioni, e molte delle specie più note, grandi e carismatiche fanno parte di questa lista. Il che vuol dire che i nostri figli o nipoti potrebbero vivere in un mondo senza squali. La causa principale di questo è la pesca eccessiva a cui sono stati sottoposti negli ultimi anni, portata avanti con metodi sempre più distruttivi. Metodi insostenibili anche per i pesci ossei che fanno centinaia di migliaia di uova all’anno, a maggior ragione insostenibili per animali (come gli squali) che raggiungono la maturità sessuale da grandi (molte specie a 30 anni e oltre), che partoriscono pochi cuccioli vivi dopo una gravidanza che in molte specie dura oltre 12 mesi, che insomma hanno la speranza durante la loro vita di fare da 1 a qualche decina di figli. E la pesca ne uccide 100 milioni ogni anno! Se devo pensare a un’attività insostenibile, la prima che mi viene in mente è la pesca degli squali, forse prima ancora dell’uso dei combustibili fossili. Ma come sub, privilegiati in questo dal fatto di essere nati in una finestra temporale in cui ci sono ancora squali da vedere e la tecnologia ci permette di andare sott’acqua a farlo, possiamo in effetti immergerci alla ricerca delle sensazioni che solo

il contatto ravvicinato con un animale così meraviglioso, intelligente e carismatico può dare. Per vedere gli squali, sia che l’osservazione avvenga in acqua libera o da una gabbia di protezione (usata di solito per lo squalo bianco), gli animali sono di solito attirati vicino a noi pasturando, offrendo loro del cibo. La pratica è conosciuta come shark-feeding. Le comunità subacquea e scientifica continuano ad avere pareri opposti sull’etica di questa pratica: rischiamo di cambiare le abitudini alimentari degli squali, abituandoli ad associare uomo e cibo, il che può renderli pericolosi, può farne facile preda dei pescatori, può modificarne i circuiti migratori. Tutte obiezioni che hanno senso in un mondo perfetto, ma se per uno squalo l’alternativa è diventare un clown che interagisce coi sub per il cibo o agonizzare per ore con le pinne tagliate, cosa scegliereste voi? In alcune aree si è capito che il flusso di denaro generato da uno squalo vivo (e dai sub che lo visitano) è maggiore rispetto a quello che lo stesso animale può produrre una volta sola se viene pescato, fatto a pezzi e venduto. Viviamo in un mondo dove l’unico dio è il denaro, a voi le conseguenze. Insomma, dove andiamo a vedere gli squali? Ci scusiamo per le dimenticanze, noi ci proviamo.

■■Isla Coco, Costarica

(Cocos secondo la grafia americana) È poco più di uno scoglio che risale da profondità notevoli nell’oceano Pacifico, a 300 miglia dalla costa del Costarica. Parco naturale e Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, visitabile solo in crociera; ma quanti squali, di diverse specie! Il top sono i banchi di squali martello sociali (Sphyrna lewini); i pinna bianca di reef

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(Triaenodon obesus) sono frequenti come le castagnole da noi. Non si pratica lo shark feeding. Un ambiente simile si trova alle Galapagos.

■■Bahamas

Le Bahamas sono famosissime per le immersioni con gli squali, attirati con esche. La località più famosa è Tiger Beach, dove si effettuano immersioni senza gabbia in mezzo a grandi squali tigre, seguita da Bimini famosa per lo Sphyrna mokarran, lo squalo martello gigante. Abbondano squali limone, grigi, pinna nera, nutrice.

■■Sud Africa: Gansbaai

Gansbaai è il top per le immersioni in gabbia con gli squali bianchi, effettuate nel canale fra le isole di Dyer e Geyser Rock, popolate da foche e pinguini, cibo prediletto di questi predatori. Ad Aliwal Shoal si incontrano facilmente lo squalo tigre, lo squalo toro (che qui è chiamato ragged tooth), e molti altri. Nel periodo da maggio a luglio lungo la costa orientale il Sardine run attira decine di predatori tra cui molti squali.

■■Guadalupe, Messico

Fa parte dell’arcipelago di Revillagigedo, al largo della California messicana nell’Oceano Pacifico, offre un costante show di mante oceaniche, delfini e balene, squali. Durante l’estate è un ottimo sito per i grandi squali bianchi, visibili sempre dall’interno di una gabbia.

■■Port Lincoln, Neptune Islands, Australia

Da maggio ad ottobre, nell’inverno Australiano, si organizzano

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immersioni in gabbia per ammirare il grande squalo bianco, nel territorio dove abitualmente caccia foche e leoni marini.

■■Mozambico

La località più rinomata è Praja do Tofo, nel canale di Mozambico, dove si incontrano mante e molte specie di squalo, tra cui lo squalo toro e lo squalo balena.

■■Beqa Lagoon, isole Fiji

Uno spettacolare shark feeding offre come pezzo forte i leucas (qui chiamati bull shark). Forte presenza di pinna bianca, pinna nera, grigi, limone, nutrice e, nella stagione invernale in Europa, squali tigre.

■■Malapascua, Filippine

Il pezzo forte è lo squalo volpe (Alopias vulpinus), squalo di profondità che qui si incontra a livelli accessibili al sub, in una stazione di pulizia.

■■Fakarava, Polinesia

La pass sud è giustamente famosa per l’altissima concentrazione di squali grigi.

■■Azzorre

Ci si va tra le altre cose per belle immersioni in acqua libera con le verdesche (blue shark).

■■Sudan

E più in generale Mar Rosso. In alcune immersioni è possibile vedere gli squali grigi e grandi banchi di martello (Sphyrna lewini).


BIOLOGIA

■■Yucatan messicano Leuca stanziali e immensi banchi di squali balena nella stagione del plancton, da giugno a settembre.

■■Isole Ebridi, Scozia Qui si fanno immersioni dedicate all’innocuo squalo elefante, mangiatore di plancton dalla bocca enorme che può superare i 12 m di lunghezza.

■■Maldive

La zona più in auge al momento per gli amanti degli squali è Fuvamulah, dove diversi squali tigre sono attirati in acque basse dagli scarti dell’industria del tonno. Lo squalo balena si incontra in varie zone, le pass in genere sono un ottimo sito per gli squali grigi.

■■Cenderawasih Bay

Nella Papua indonesiana, di cui abbiamo parlato spesso su queste pagine (Scubazone n. 3, Scubazone n. 9), è forse il miglior sito al mondo per fotografare da vicino lo squalo balena, in apnea o con le bombole, attirato da stazioni di pesca fisse.

Sono i siti forse più conosciuti dalla comunità mondiale dei sub, quelli che ci sono venuti in mente, e ci scusiamo con quelli che abbiamo di sicuro dimenticato. E purtroppo sono anche siti che sono presi di mira periodicamente dai pescatori, secondo il principio per cui se ci sono gli squali, e vale la pena di rischiare

una multa pesante o anche il sequestro dell’imbarcazione e delle attrezzature. A Isla Coco, vicino alla sede dei guardaparco, unica costruzione sull’isola, fa mostra di sé un ponte sospeso che i ranger hanno costruito con parti di lenze e reti recuperate nella zona protetta, monumento alla cieca avidità umana.

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BIOLOGIA

UNO SQUALETTO CON GLI OCCHI VERDI di Francesco Turano

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ra il tempo in cui facevo immersioni notturne a grandi profondità. Non che non le faccia ancora, ma all’epoca (anni novanta e 36 pose in camera) era diverso. Tanta vita sul fondo e tanto pesce. Grandi esperienze in fondo al mare quindi e grandi incontri. Tra gli animali più incredibili che ho avuto occasione di incontrare c’è lui, lo squalo dagli occhi verdi. Un pesce raro da vedere nel suo ambiente, documentato da pochi sub (all’epoca ancora da nessuno), privilegio per pochi. Da qui la storia di un piccolo squaletto di profondità, un pesce che solo pochi pescatori dell’Italia meridionale hanno avuto la sorpresa di avere tra le mani, ovviamente morto, una volta issate a bordo le reti. Nessuno, però, lo aveva mai osservato o fotografato nel suo ambiente; fino a quando, un giorno di alcuni anni or sono, non mi capitò l’inimmaginabile: l’incontro con l’Oxinotus centrina, detto volgarmente squalo porco. Ero avvolto dalle acque meridionali dello Stretto di Messina, sulla sponda calabra, sui fondali subito profondi di un paese chiamato Lazzaro, in provincia di Reggio Calabria; quota 57m, ore 20 circa, già 10 minuti di tempo di fondo: con acqua limpida, mi trovavo inglo-

bato dalle tenebre ai piedi di un’orlata imponente che si snoda parallela al profilo costiero; roccia su fango, poco colore ma tanta vita. Era una delle tante impegnative immersioni notturne che ogni tanto mi concedevo per incontrare grossi dentici poggiati al fondale a dormire, saraghi immobili, tanute e altri pesci difficili da fotografare e avvicinare con la luce del giorno; animali che con il favore delle tenebre hanno una livrea particolarmente brillante e diventano

anche più fotogenici del solito. Tutto mi aspettavo meno che di incontrare un simile e goffo pesce; ma all’improvviso, nel fascio di luce che fendeva l’oscurità assoluta vagando da una parte all’altra, mi apparve una strana creatura, color grigio marrone; avvicinandomi, mi accorgevo della stravagante forma del pesce e mi ritornava in mente una fotografia che avevo visto su un libro, di un esemplare morto tenuto in mano da un pescatore.

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Era proprio lui, lo squalo porco, vivo e libero mentre nuotava nel suo ambiente. Il suo corpo, alto e tozzo, ha una sezione triangolare, con un ventre che sembra la chiglia di un catamarano. La colorazione, brunastra nei giovani, tende al grigio negli esemplari adulti, con striature più chiare sul dorso in corrispondenza dei setti tra un fascio muscolare e l’altro. Lungo al massimo 80 cm, appartiene alla famiglia degli Oxinotidi ed ha solo due parenti: uno australiano e uno caraibico (O. brunensis e O. caribbaeus). Le pinne dorsali presentano, nella parte anteriore, un grosso aculeo; questo è rivolto in avanti, nella prima dorsale, mentre è rivolto indietro nella seconda dorsale, come se la cosa avesse un significato nella strategia di difesa adottata dal pesce. Conoscendo molto poco della biologia di questo pesce e non essendovi osservazioni dirette in natura da parte di nessuno (non sapendo realmente nulla, tra l’altro, per la sua rarità), non è ancora possibile conoscere il vero significato degli aculei sulle pinne dorsali e di tutte le altre stranezze di cui il pesce appare dotato. La bocca, per esempio, appare piccola e dotata di denti piccolissimi, cosa che lascia intuire abitudini da squalo sornione, lento nel nuoto tanto da lasciarsi sfiorare dal subacqueo senza fuggire, probabilmente abituato a catturare vermi o piccoli crostacei in prossimità del fondo fangoso. Dopo quella sera, ho incontrato per ben sei volte questo buffo pesce, fotografandolo come meglio ho potuto nei ristretti tempi che ho avuto a disposizione di notte, a quelle profondità. Sono rimasto sempre affascinato da questi approcci a una specie rara da osservare in natura, dagli occhi delicati, al punto da limitare gli scatti nel momento in cui ho notato che il flash lo disturbava oltre il dovuto; i suoi grandi occhi verdi devono essere infatti particolarmente sensibili. Anni fa, quando feci per la prima volta questa straordinaria segnalazione, pubblicai un articolo sulla rivista mensile AQUA, e la cosa fu segnalata come scoop. Le foto che feci più avanti restano nel mio archivio di celluloide e oggi ne vediamo qualcuna su queste pagine per ricordarci di questo splendido pesce. Recentemente lo squalo porco è stato segnalato nel mare di Catania, avvistato e fotografato da un subacqueo

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del posto. Io non ho più avuto questa fortuna da quando fotografo in digitale, ma ho vivo ogni dettaglio dei miei incontri passati, anche se mi devo accontentare delle poche foto disponibili, vuoi per la profondità vuoi per il limite delle 36 pose dell’epoca. In ogni caso sono molto contento di aver contribuito al miglioramento delle conoscenze di una specie poco nota e mi rende orgoglioso il fatto di aver documentato l’incontro e di avere delle immagini uniche e interessanti per il mondo scientifico. Certo di aver trovato uno degli ambienti prediletti da questo squalo, ho assistito

ad un progressivo degrado nel tempo dell’areale da lui frequentato. Purtroppo ultimamente non s’è più vista traccia del pesce, forse per caso o forse per azioni di disturbo all’ambiente stesso, profondo ma molto vicino alla riva. Il timido squalo porco magari un giorno riapparirà in qualche altro angolo dello Stretto di Messina o altrove, chi lo sa, per la gioia di qualche subacqueo, sempre che il suo habitat non finisca per essere compromesso dai rifiuti plastici o da altri tipi di inquinamento, causa di rapida regressione della biodiversità del nostro Mediterraneo.


BIOLOGIA

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SHARK CULLING:

QUANDO IL PERICOLO NON VIENE DAL MARE! di Eleonora Re (foto di Gaspare Schillaci. illustrazione di Eleonora Re)

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econdo voi è più probabile essere colpiti da un fulmine o venire attaccati da uno squalo? Se avete risposto a voce sicura “Mangiati da uno squalo!!!”, allora, forse, la risposta corretta potrebbe cogliervi di sorpresa! È, infatti, maggiore la probabilità che un fulmine vi colpisca durante un temporale piuttosto che uno squalo provi ad attaccarvi mentre state nuotando al mare. Questo è ciò che emerge dall’International Shark Attack File (ISAF), un database mondiale che registra gli attacchi di squali dagli anni Sessanta. Eppure gli squali continuano a detenere il titolo di “mangiatori di uomini” ed ogni caso di attacco conquista sempre la prima pagina delle testate giornalistiche. Sicuramente la televisione e

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il cinema (ricordate la famosissima pellicola di S. Spielberg “Lo squalo”?!?) hanno giocato un ruolo fondamentale contribuendo a modellare e plasmare negli anni la nostra percezione di questi elegantissimi predatori. Storicamente, proprio come nel film di Spielberg, la reazione all’attacco di uno squalo era una vera e propria spietata caccia al colpevole a bordo di pescherecci. Queste spedizioni, spesso estremamente disorganizzate e prive di ogni coordinazione, si concludevano con l’uccisione di un gran numero di esemplari, anche sotto taglia, e di specie di squali che nulla avevano a che vedere con gli attacchi. Abbandonata la caccia agli squali assassini, sono comparsi altri sistemi di protezione dei bagnanti quale ad esempio lo “Shark


BIOLOGIA Culling”, ovvero programmi di abbattimento, tipicamente promossi dai governi, volti a controllare e ridurre il numero di squali potenzialmente pericolosi in zone assiduamente frequentate. Ed è proprio a seguito di un attacco da parte di uno squalo, verificatosi nel novembre 2013, che il governo del Western Australia (WA) è passato all’azione installando due sistemi di protezione al largo della costa occidentale australiana. Questi sistemi consistono in una serie di grandi ami dotati di esche sospese ad un galleggiante ancorato al fondale, conosciuti come ‘drumlines’, che hanno l’intento di catturare ed intrappolare esemplari di squali che si trovano troppo vicini alle coste. Pescatori professionisti hanno poi il compito di sorvegliare la zona e misurare la lunghezza degli esemplari catturati: tutti gli individui ancora in vita che superano la soglia dei 3 metri devono essere abbattuti con una speciale arma chiamata “powerhead”. Accanto alle ‘drumlines’, vengono utilizzate anche reti da posta di circa 200 metri di lunghezza con maglie larghe che svolgono il medesimo compito: catturare gli squali che si avvicinano troppo alle spiagge. Sono soprattutto tre le specie target di questi programmi di “Shark culling”, i cosiddetti ‘Big Three’, identificati in Australia come potenzialmente pericolosi per l’uomo: il Grande Squalo Bianco (Carcharodon carcharias), lo Squalo Leuca o Zambesi (Carcharhinus leucas) e lo Squalo Tigre (Galeocerdo cuvier) . Al fine di istituire legalmente questo programma di abbattimento selettivo, il governo del WA ha dovuto chiedere ed ottenere la deroga dal governo federale dalle sue responsabilità di protezione nei confronti delle specie minacciate. Le tre specie target sono, infatti, inserite nella lista rossa della IUCN. Questi programmi sono stati messi in atto, non solo lungo le coste occidentali australiane, ma anche lungo quelle orientali: in New South Wales, dal 1937, ogni anno da settembre ad aprile vengono posizionate reti progettate per intrappolare gli squali; in Queensland, a seguito di due incidenti avvenuti nel 1961, le ‘drumlines’ sono state accostate alle già presenti reti anti-squalo. Al di fuori dell’Australia, i programmi per il controllo degli squali vengono utilizzati nella provincia sudafricana di KwaZulu-Natal, sull’isola francese La Riunione e, precedentemente, sono stati utilizzati in Hawaii e Nuova Zelanda. Larga parte del mondo scientifico si è opposto e continua ad opporsi ai programmi di “shark culling”, presentando pubblicamente le lacune che la strategia presenta, anche su note riviste scientifiche come Nature. Sono svariati, infatti, gli studi che hanno dimostrato come le ‘drumlines’, ma soprattutto le reti, abbiano sostanziali effetti negativi su una larga parte della fauna marina, come delfini, razze, tartarughe, squali e, occasionalmente, grandi pesci ossei che rimangono spesso impigliati nelle reti. Inoltre, gli effetti dello “Shark Culling” si sommano a quelli di altre pratiche come lo “Shark finning” (ovvero la rimozione delle pinne di squalo da esemplari che vengono

rigettati in mare agonizzanti), la pesca accidentale (il cosiddetto by-catch) e la pesca ricreativa che, collettivamente, causano la morte di più di 70 milioni di squali l’anno. E le conseguenze potrebbero essere inimmaginabili: il drastico calo di questi animali, importanti predatori all’interno della rete trofica, si prevede possa avere effetti negativi a cascata sull’intero ecosistema. Possibili alternative già testate o in corso di perfezionamento esistono: ci sono sistemi che minimizzano il rischio di incontri e attacchi di squali senza l’uccisione di questi ultimi. Esistono, ad esempio, reti di esclusione a maglie molto fini che delimitano una zona utilizzata dai bagnanti e che, nonostante alcuni problemi emersi durante il collaudo, si sono rivelati efficaci nel ridurre gli attacchi. Alternativamente, sono stati sviluppati dei dispositivi elettrici, come lo Shark Shield™, in grado di produrre campi elettrici, cui gli squali sono estremamente sensibili, che ne provocano l’allontanamento. In maniera molto simile, i magneti costituiscono un nuovo potenziale strumento ingegneristico in grado di modificare la direzione di nuoto degli squali. Più recentemente è stata testata l’efficacia delle barriere Shar­ ksafe™, ovvero strutture che mimano le dense foreste di kelp, zone generalmente evitate dal grande squalo bianco, dotate di magneti, repellenti per gli squali. E, da ultimo (ma non certo per importanza), la conoscenza da parte dei bagnanti delle abitudini e comportamenti degli squali: questo è sicuramente uno strumento fondamentale per evitare situazioni potenzialmente pericolose che potrebbero portare ad incontri fatali (ad esempio bagni notturni, in acque fonde o in presenza di colonie di potenziali prede). Giunge in aprile 2019 uno spiraglio di luce per gli squali della Grande Barriera Corallina: il Tribunale ha infatti ordinato al Parco di interrompere la componente letale dei programmi di “Shark Control”: gli animali catturati con le drumlines dovranno essere marcati e rilasciati, indipendentemente dalla taglia. Tuttavia, a distanza di pochi giorni, l’ordine del Tribunale è stato sospeso fino all’appello di agosto. Nella speranza di un esito finale positivo, ci auguriamo di assistere ad un incremento delle politiche di protezione, piuttosto che di abbattimento, degli squali a livello mondiale. E, soprattutto, ci auguriamo che, grazie alla conoscenza, tutti possano comprendere la bellezza e l’importanza di questi affascinanti predatori.

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SQUALI: ETERNI INCOMPRESI di Ila France Porcher (Traduzione di Massimo Boyer)

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uando mi trovai davanti uno squalo per la prima volta rimasi senza fiato. Avevo passato la vita osservando gli animali delle montagne del Canada, la mia conoscenza degli squali era limitata al film di Spielberg. Tutto quello che avevo imparato era che mordono, e fanno male. Molto male. In poche parole, se ti trovi davanti uno squalo, sei morto, o almeno questo era quello che credevo. Vivevo a Tahiti, mi avevano detto che nella laguna non c’erano squali, e io li

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avevo rimossi dalla mia mente mentre vagabondavo sul reef. Il sole penetrava in raggi dorati tra i coralli e illuminava i pesci, in uno spettacolo ipnotico. Sollevai lo sguardo in tempo per vedere uno squalo grigio, una femmina più o meno grande quanto me, che mi veniva incontro con movimenti sinuosi, e mi sentii svenire. Ero terrorizzata ma anche rapita. Tutto in lei era giusto, le curve, le pinne, la faccia, non ero preparata alla visione di una splendida creatura che scivolava sul reef con la grazia di un serpente. Aspettandomi un attacco, trattenni il fiato e mi nasco-

si come potevo dietro un corallo. Ma lei non mi degnò della minima attenzione, passò a un metro da me, continuando a nuotare con un’espressione del muso tra l’orgoglioso e l’annoiato. Quando mi sporsi dal mio nascondiglio per vedere dove fosse, non la vidi più: se n’era andata, come se non fosse mai stata lì. Dopo pochi altri avvistamenti capii che se stavo ferma nell’acqua i pinna nera di reef (Carcharhinus melanopterus) si sarebbero avvicinati per guardare quello che facevo, e cominciai a cercarli ogni giorno nei miei vagabondaggi subacquei. Era il primo animale sel-


BIOLOGIA

vatico che veniva verso di me invece di scappare. Fu subito evidente che avevano un comportamento molto complesso e flessibile, diverso da qualunque animale selvatico che avessi visto prima. Ero colpita dalla loro intelligenza, specialmente perché ero condizionata dagli studi Universitari, che mi avevano presentato tutti i cosiddetti animali inferiori, a sangue freddo, come stupidi e ottusi. Così iniziai uno studio intensivo della popolazione locale di pinna nera, identificandoli uno per uno dai segni sulla pinna dorsale, tenendo un registro accurato di ogni avvistamento. Volevo scoprire come erano i singoli individui, e andavo a trovarli molte volte ogni settimana, tutte le volte che potevo. Il fatto di riconoscerli individualmente mi permise di aprire una finestra su un altro mondo, così diverso dal nostro da sembrare un altro pianeta. Gli squali residenti, spesso accompagnati da visitatori occasionali, presero subito l’abitudine di aspettarmi al mio arrivo; riconoscevano da lontano il rumore del mio kayak. Erano animali sociali, quelli che si trattenevano nella laguna erano femmine, e ognuna passava la maggior parte del tempo in un territorio lungo circa 500 m. Si riconoscevano reciprocamente come individui e spesso quando si allontanavano da casa lo facevano con la loro migliore amica. Alcune si allontanavano sovente, per settimane o mesi, altre erano più sedentarie e si assentavano

solo per accoppiarsi e per partorire. Pochi maschi passavano regolarmente nella laguna, per lo più i maschi si trattenevano sul reef esterno, sul lato dell’oceano. I pinna nera erano animali fortemente emotivi. Una volta tutto il gruppo si arrabbiò con me, e per alcune settimane mi accolsero prendendo a testate il mio kayak. Ma non li ho mai visti combattere tra loro. Penso che non siano territoriali, accoglievano i nuovi arrivati sempre con amicizia, mai con ostilità. Un giorno una società di pesca da Sin-

gapore apparve e cominciò subito a pescarli e a tagliare loro le pinne. I miei squali fuggirono e anche quando qualcuno cominciò a tornare la loro comunità era distrutta. Ci vollero 2 anni perché i subacquei locali, con l’appoggio della pressione internazionale, ottenessero norme di protezione da parte del governo. Oggi la Polinesia Francese è il più grande santuario dedicato agli squali del mondo. Durante questo periodo le mie vicende personali mi tennero lontano dai miei squali, e quando riuscii a tornare erano passati due mesi dalla mia ultima visita. Arrivata nella laguna mi fermai per bere, e una pinna nera apparve, poi altri, nuotando con movimenti sinuosi. Una femmina si strusciò contro la pagaia, e fu il segnale. Tutte iniziarono a turno a lasciarsi scivolare contro il kayak, la pinna dorsale fuori dall’acqua, premendo delicatamente e ripetutamente i loro corpi contro la barca. Io le accarezzavo al loro passaggio, rispondendo in modo istintivo a quello che poteva essere interpretato solo come un gesto affettuoso. Da quel momento presero a ripetere l’accoglienza ogni volta che mi mostravo. Una si avvicinava per prima, nuotando lentamente verso la mia mano per essere accarezzata. Mentre la carezzavo si muoveva avanti e indietro, poi si strusciava contro il kayak per sparire.

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BIOLOGIA In una serata di calma piatta, attraverso l’acqua limpidissima, vidi il gruppo di squali salire velocemente da 2 m verso la barca, toccarla delicatamente, per capovolgersi e inabissarsi di nuovo mostrando le code sopra la superficie, tutto attorno a me, come ali di uccelli gocciolanti. Poi tornarono di nuovo in superficie, scivolando contro il kayak, contro la pagaia e toccandosi tra loro. Questo attaccamento emotivo emerse in un’altra occasione. Invece di trattenermi con loro per un’ora e mezza, come facevo di solito, mi presentai solo per portare loro qualche offerta di cibo, dovevo tornare a casa in fretta. Appena fui vicina al kayak e capirono che sarei salita per ripartire, tutte salirono in superficie attorno a me. E mi seguirono verso casa mentre pagaiavo. 36 squali mi accompagnarono a corteo fuori dalla laguna, continuando per un poco nelle acque profonde della baia verso casa mia, poi in sincronia cominciarono a girarsi e tornarono verso le acque turchesi della laguna dove vivevano. La differenza tra il reale comportamen-

ILA FRANCE PORCHER È un’etologa autodidatta, con al suo attivo diverse pubblicazioni riconosciute da esperti scienziati. Canadese, si è guadagnata da vivere vendendo dipinti degli animali selvaggi. Trasferita a Tahiti ha iniziato a lavorare con gli squali, conquistata dalla loro intelligenza, e per 16 anni ha osservato secondo i principi dell’etologia cognitiva una popolazione di squali pinna nera, realizzando l’osservazione più lunga e completa di una popolazione selvatica di squali. Quando i suoi squali diventarono oggetto di pesca e taglio delle pinne scrisse la loro storia in un libro intitolato The Shark Sessions, a cui seguì un secondo che descriveva le sue osservazioni sul comportamento degli squali, The True Nature of Sharks. Ila France Porcher è un’etologa autodidatta, con al suo attivo diverse pubblicazioni riconosciute da esperti scienziati. Canadese, si è guadagnata da vivere vendendo dipinti degli animali selvaggi. Trasferita a Tahiti ha iniziato a lavorare con gli squali, conquistata dalla loro intelligenza, e per 16

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to degli squali e la loro terribile reputazione è esagerata, gli squali sono animali intelligenti con un ricco repertorio di comportamenti che è ancora incompreso e in larga misura sconosciuto. I subacquei, i soli a incontrarli nel loro

anni ha osservato secondo i principi dell’etologia cognitiva una popolazione di squali pinna nera, realizzando l’osservazione più lunga e completa di una popolazione selvatica di squali. Quando i suoi squali diventarono oggetto di pesca e taglio delle pinne scrisse la loro storia in un libro intitolato The Shark Sessions, a cui seguì un secondo che descriveva le sue osservazioni sul comportamento degli squali, The True Nature of Sharks. Ila France Porcher è un’etologa autodidatta, con al suo attivo diverse pubblicazioni riconosciute da esperti scienziati. Canadese, si è guadagnata da vivere vendendo dipinti degli animali selvaggi. Trasferita a Tahiti ha iniziato a lavorare con gli squali, conquistata dalla loro intelligenza, e per 16 anni ha osservato secondo i principi dell’etologia cognitiva una popolazione di squali pinna nera, realizzando l’osservazione più lunga e completa di una popolazione selvatica di squali. Quando i suoi squali diventarono oggetto di pesca e taglio delle pinne scrisse la loro storia in un libro intitolato The Shark Sessions, a cui seguì un secondo che descriveva

ambiente naturale, hanno l’obbligo morale di battersi per la loro protezione contro la pesca insostenibile e soprattutto contro il commercio delle pinne di squalo, che sta portando molte specie verso l’estinzione.

le sue osservazioni sul comportamento degli squali, The True Nature of Sharks.


2 APR ILE 2 0 19 Giornata mondiale per la consapevolezza sull’Autismo “A Lorenzo piace il mare, nuotare, viaggiare e nel 2015 a Cuba ha coronato il sogno di nuotare con i delfini”. 2 APRIL WORLD AUTISM AWARENESS DAY

Lorenzo De Marchi è un ragazzo autistico di 23 anni che vive a Carrara, nonostante le sue difficoltà si è diplomato con il massimo dei voti e nel 2016 è stato premiato con altri 30 studenti tra le eccellenze carraresi per i risultati conseguiti a scuola. Ha viaggiato molto grazie all’impegno costante di mamma e papà, ama stare a contatto con le persone e fare sport al punto che non salta mai una lezione in piscina. Adora la moda e adora posare per servizi fotografici, tant’è vero che uno dei suoi sogni nel cassetto è quello di posare per la collezione di uno stilista famoso. Quando ci è stato proposto di sostenere le passioni di Lorenzo e di coinvolgerlo per uno shooting fotografico in uno degli ambienti che più ama, il mare, abbiamo accolto con entusiasmo la possibilità di avvicinarlo al suo sogno. Così arriva in SEAC® accompagnato dalla mamma Maria Rosa e dal papà Giovanni. Lorenzo è “fashion” e si presenta con un abbigliamento curato nei minimi dettagli, occhiali da sole, cappotto, un bel maglione colorato… Si vede che tiene al suo aspetto. Si fa subito coinvolgere e lo affidiamo alle sapienti mani della fotografa Francesca Cambi. Dapprima un pò di timidezza ma dopo pochi scatti il ghiaccio si scioglie e tutto diventa naturale; e qui assistiamo ad una vera e propria magia: Lorenzo ha un’espressività unica e i suoi pensieri, le sue emozioni, i suoi umori, che difficilmente trapelano nella forma di comunicazione classica, vengono filtrati dall’obiettivo della macchina fotografica restituendo un risultato stupefacente: la vera anima di Lorenzo.

© Seac Sub - ADV Department

Si, perché le immagini scattate, racchiudono tutta l’emozione che questo ragazzo prova nel posare di fronte ad un fotografo, tutto il coinvolgimento e la sua passione per il mare. Vogliamo dedicare questa pagina a lui, a Maria Rosa e Giovanni e a tutti coloro che quotidianamente si impegnano per far sì che le persone come Lorenzo siano felici. Perché il 2 Aprile, per loro, è tutti i giorni. SEAC® TEAM

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SUD AFRICA

IL DALLA FALSE BAY ALLA WILD COAST di Renato La Grassa (Foto di ©Pisces Divers e Francesco Pacienza)

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ud Africa. La padrona incontrastata del Paese è la Natura, che offre la possibilità di svolgere molte attività, dai safari nei grandi parchi nazionali alle molteplici attività acquatiche, tra cui la subacquea. Il Sud Africa annovera tra i migliori siti d’immersione al mondo grazie alla confluenza di due importanti correnti, la corrente calda di Agulhas la quale scorre dalle coste indiane fino al versante

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africano orientale (Oceano Indiano) e la corrente fredda del Benguela che scorre dalla costa occidentale del Sud Africa e della Namibia verso nord e nordovest. Da questo “incontro”, portatore di un enorme quantitativo di nutriente, è nato un ecosistema e una biodiversità di notevole ricchezza, dove troviamo: molluschi e mitili, coloratissimi nudibranchi (ne sono stati stimati oltre 80 specie), colonie di corallo, i grandi pelagici, fra cui gli squali e i mammiferi marini, che insieme

costituiscono il fulcro della catena alimentare. Con oltre cento specie di squali, il Sud Africa si attesta fra le migliori destinazioni al mondo per numero e tipologie di immersioni offerte. In entrambi gli oceani, infatti, è possibile avvistare molte specie di squali, che possono differire a seconda dell’habitat e della quantità di nutrimento di una specifica area geografica, a parte il Grande Squalo Bianco presente invece in tutte le coste sudafricane.


VIAGGI I punti di immersione più importanti si trovano nella zona del Capo, quindi nelle fredde dell’Oceano Atlantico, e nella zona orientale della “Wild Coast”, dove le acque dell’Oceano Indiano diventano più calde e temperate.

COSTA ATLANTICA – FALSE BAY Nel Western Cape, vicino a Cape Town, si trova la famosa False Bay, conosciuta in tutto il mondo per la presenza degli “Squali volanti”, il grande Squalo Bianco (Carcharodon carcharias) capace di compiere incredibili salti acrobatici fuori dall’acqua. È il più grande pesce predatore al mondo, e lo si può ammirare solo attraverso l’attività di “cage dive, cioè le immersioni in gabbia. La foresta di Kelp, situata nei pressi di Pyramid Rock, è un importante ecosistema dove proliferano le alghe giganti di Kelp, fra le quali è facile incontrare il Notidano Maculato, comunemente chiamato Sevengill. Uno squalo dall’indole molto pacata.

AL LARGO DI CAPE POINT TRA MAKO E BLUE SHARK Dopo circa due ore di navigazione al largo dalla costa, oltre il Capo di Buona Speranza, si raggiunge questo sito di immersione dal quale si intravede in lontananza la Penisola con il faro di Cape Point, un paesaggio brullo e selvaggio, caratterizzato da spettacolari montagne a picco sul mare. La discesa si svolge nel blu entro i primi 10 m di profondità, dove la temperatura dell’acqua, grazie al punto di confluenza della corrente di Agulhas, aumenta sensibilmente fino ai 18°/20°. Il periodo consigliato per andarci è tra novembre e giugno anche se l’apice degli avvistamenti dei Blue Shark (Prionace glauca) e degli squali Mako (Isurus oxyrinchus) avviene di norma tra maggio e giugno. Fra le innumerevoli immersioni che si possono effettuare nella False Bay, oltre ai reef e i relitti si segnala quella di Partridge Point con le Otarie del Capo, che attrae turisti e divers da tutto il mondo. Divertenti e curiose, amano giocare con gli stessi subacquei appostandosi sopra le loro teste per godersi le bolle che fuoriescono dagli erogatori o vedersi riflesse negli oblò degli scafandri foto-video.

COSTA INDIANA – WILD COAST La Wild Coast si trova nella provincia del KwaZulu-Natal nella zona nord est del Sud Africa bagnata dall’Oceano Indiano, con un clima più temperato rispetto a quello della costa ovest e molti siti di immersione dislocati lungo la costa. Grazie alle forti correnti, qui c’è molto corallo una grande varietà di pesci tropicali e subtropicali e ovviamente gli squali: Raggie Shark o Squalo Toro (Charcarias Taurus); Tigre (Galeocerdo cuvier); Blacktip (Carcharhinus limbatus); Bronze Whaler (Carcharhinus brachyurus); Leuca (Carcharhinus leucas); squalo Balena (Rhincodon typus) e altri ancora. Il sito più famoso è Aliwal Shoal, conosciuto in tutto il mondo per la grande bio-

diversità e la morfologia dei suoi fondali, caratterizzati da pinnacoli, canali, pareti e tunnel tra i quali la ben conosciuta “Cattedrale”, un passaggio di 10 metri nel reef frequentato da squali e tartarughe. Altra immersione molto apprezzata è il relitto del “Produce”, un piroscafo norvegese affondato nel 1974 dopo aver urtato il reef di Aliwal Shoal, ora giacente su un fondale di circa 30 metri.

LE PROPOSTE DI METE SUBACQUE Mete Subacque, Tour operator specializzato in viaggi, vacanze e crociere sub, propone un’eccezionale esperienza nella La Terra dei due Oceani, il Sud Africa, che rientra tra i migliori siti d’immersione al mondo per la sua Biodiversità. Un programma di viaggio appositamen-

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te studiato per soddisfare le esigenze di chi ricerca destinazioni lontane dalle più classiche e blasonate mete turistiche, e desidera immergersi in mari incontaminati e ancora selvaggi, abbinando anche un tour all’interno per visitare i grandi parchi sudafricani. La prima tappa prevista è Western Cape, vicino a Cape Town nella famosa False Bay, conosciuta in tutto il mondo come la baia degli “Squali volanti” poiché in questa baia, soprattutto da luglio a settembre, il Grande Squalo Bianco usa predare le otarie con la tecnica del breaching. Dalla False Bay si raggiunge anche la riserva di Cape Point e Cape of good Hope per osservare la colonia di pinguini presente a Boulder’s Beach a Simon’s Town. Dal porto di Simon’s town si parte per una lunga giornata in mare, navigando fino a circa 25 miglia al largo di Cape Point per raggiungere la corrente calda di Agulhas e incontrare i Blue Shark e gli squali Mako. Ci si sposta poi a Pyramid Rock, uno dei più popolari siti nella False Bay per ammirare la foresta di Kelp e incontrare lo squalo Seven Gills, o Cow Shark, e interagire con le Cape Fur Seal, le curiose e giocose otarie orsine del capo, in un’altra immersione molto particolare e diverten-

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te. Dalle fredde, ma ricchissime acque della costa sud-occidentale, ci si sposta nella Wild Coast, seconda tappa collocata ad est appena sotto a Durban, che si affaccia sull’Oceano Indiano nella provincia del KwaZulu-Natal. Siamo a Umkomas, dove ci attendono strabilianti immersioni ad Aliwal Shoal, uno dei siti più famosi al mondo per l’estesa concentrazione di corallo, la varietà di pesci tropicali e subtropicali come mante, razze, tartarughe,

balene, murene, cernie, delfini e svariate specie di squali. Sardine Run. Fra le proposte di Mete Subacque rientra anche un grande avvenimento per il quale La Wild Coast è conosciuta in tutto il mondo, cioè il tanto atteso Sardine Run, la più grande migrazione al mondo delle sardine, che nel periodo invernale risalgono dalle acque piú fredde del capo per arrivare in quelle temperate del Southern KwaZula-Natal. Nel corso


VIAGGI della loro migrazione formano di frequente le “bait ball”, una massa compatta che attira una grande varietá di predatori generando uno spettacolo inverosimile durante il quale migliaia di sule si tuffano a grande velocità fino a 7-8 metri di profondità, insieme a delfini, squali di varie specie, megattere e balene australi, orche e foche che si uniscono al grande banchetto dal quale è opportuno restare a distanza di sicurezza.

IL TOUR DEI PARCHI I parchi nazionali del Sudafrica rappresentano una delle principali attrattive di questo vasto Paese, con infrastrutture di alto livello e fra le migliori al mondo in grado di offrire l’opportunità di osservare i cosiddetti “big five” (rinoceronti, bufali, leoni, leopardi ed elefanti). Pertanto, In abbinamento alle giornate in mare alla False Bay e Wild Coast o al Sardine Run, è possibile programmare un tour nei parchi di questo meraviglioso territorio sudafricano. Risalendo verso Durban, ad esempio, si estende un immenso patrimonio naturalistico che contempla i parchi di Bonamanzi, Hluhluwe e iSimangoliso di St.Lucia. Un paradiso naturalistico di circa 96.000 ettari, dov’è possibile incontrare tante specie animali endemiche come rinoceronti, elefanti, giraffe, zebre, bufali, impala, antilopi, babbuini, i rari licaoni o wilddog, ed altre ancora assieme a numerose specie di uccelli. Altrettanto interessante è la visita al ”iSimangaliso Wetland Park”, un importante ecosistema che ospita numerose specie animali fra le quali la più grande colonia di ippopotami di tutti i parchi sudafricani.

INFO UTILI - UBICAZIONE:

■■Al largo del Cape Point: Stagione: novembre – giugno/ Profondità massima: 10 mt. /Temperatura: 16/23 gradi/ Visibilità: 10-50 mt./ Brevetto: OWD o superiore.

■■False

Bay - Simon’s Town: Stagione: Tutto l’anno / Max profondità: 12 mt. / Temperatura: 10-18 gradi / Visibilità: 5-15mt./ Qualifica OWD o superiore.

■■Wild Coast: Il periodo per osservare tali specie trova il suo apice da gennaio a fine aprile ma abbraccia l’arco temporale che va da dicembre a fine giugno.

■■Sardine Run: La stagione migliore va da maggio ai primi di Luglio.

Per maggiori informazioni: METE SUBACQUE Diving Tour Operator www.metesubacque.it info@metesubacque.it Tel. 0583/269012 Cell. 320/7925164

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L’ISOLA DEGLI SQUALI di Donatella Moica

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ochi posti sono come stelle fisse, che seguono un loro corso preciso nonostante quello che hanno intorno, e non c’è vento o mare che possa cambiarli. Le Maldive sono una costellazione di isole che si estende per 1000 Km nell’Oceano Indiano a ovest dell’India e sotto Sri Lanka. Un migliaio di stelle di corallo circondate da lagune turchesi in continua evoluzione. Il cambiamento è dato dal corallo che, come ogni animale, cresce, cambia, muore. Fuvahmulah è la sua stella fissa. Diversamente dagli altri atolli e isole maldiviane, Fuvahmulah non è circondata da un anello di corallo, anzi si erge fiera dal blu profondo e se ne frega di onde e venti. È un’isola grande. Grande per gli

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standard maldiviani, è ovvio. Tutto il perimetro ha spiagge bianchissime e lunghe, disseminate di conchiglie che i turisti non hanno portato via - almeno qui. Il turismo, in effetti, è cominciato da poco. Cominciato sulla scia degli squali. Il centro è verdissimo. Foreste di palme, manghi e altri alberi da frutta. Grandi viali sterrati e piccole stradine dove passano pick-up, macchine e motorini. Come vi dicevo l’isola è grande, e gli abitanti sono organizzati per vivere bene. Le case sono piuttosto raccolte al centro, ma ce ne sono sparpagliate anche da altre parti a formare dei quasi-quartieri. Sono case tipiche, curate, colorate e, ogni tanto hanno un orticello intorno. Questo non è tipico per niente direte voi. No, infatti, non lo è. Ma qui c’è buona terra e acqua dolce e con l’acqua

dolce si può fare tutto, persino coltivare un orto a melanzane, peperoni, patate… In tutte le zone acquitrinose crescono le patate dolci senza che nessuno si occupi di piantarle. In effetti queste zone sono estese e vaste al centro dell’isola, in prossimità dei laghi. Si, avete capito bene, proprio laghi di acqua dolce. Dolce e buona da bere, l’ho assaggiata, quindi posso garantire. In uno dei due laghi la profondità è limitata ed è completamente coperto di patate dolci che vengono raccolte e utilizzate per l’alimentazione della popolazione. Al centro c’è un bellissimo pontile molto scenografico e romantico. Il secondo, invece, è più profondo ed è stato ripulito e attrezzato come una “riviere”. Proprio così, ci sono lettini, pedalò, zone pic nic, eccetera. I bambini più piccoli


VIAGGI

giocano nelle parti meno profonde, quelli più grandi fanno il bagno in acqua fonda con le loro madri completamente vestite. C’è un’aria di allegria e di festa, soprattutto al venerdì, e tutti si divertono. Ci accolgono sorridenti, siamo i turisti della barca da crociera che sta in porto, quelli fissati con gli squali, ci guardano e ridono. Beh, un po’ li capisco. Chiedo quanto è dolce l’acqua, se è potabile. Certo, mi dice un

signore anziano gentile, vuoi assaggiarla? E me ne prende un po’ nell’incavo della mano. È felice quando dico che è buona. Meeru in maldiviano significa buono, è il buono del cibo, dei sapori, dei profumi… Per gli abitanti dell’isola, il turismo significa anche benessere economico e nuovi incontri. In poco tempo sono state aperte nuove guest house e ci sono quattro diving center sull’isola. Le barche da

crociera devono sostare dentro il porto. Il mare aperto regala un’onde lunghe e ampie in qualunque stagione e ancorare fuori non è proprio possibile. Dicevamo che la posizione e la conformazione morfologica di Fuvahmulah è strategica per attirare i grossi predatori. Posta tra l’atollo più grande e profondo delle Maldive, Suvadiva, e il piccolo atollo di Addu, in mezzo al niente, possiamo dire. Anche se quel niente è l’Oceano ed è un niente ricco e generoso di pesce e di bellezza. La questione, però, sta nella disponibilità di cibo. Se io mangio pesce vado dove c’è il pesce. E il pesce piccolo ha bisogno del reef per sopravvivere. Quindi i più grandi devono avvicinarsi all’isola, non essendoci altro nelle vicinanze. Non è solo la disponibilità di cibo ad attirare ma anche le stazioni di pulizia indispensabili per la buona salute dei grandi pesci. E le stazioni di pulizia dove pesciolini e gamberetti offrono i loro servizi sono sulla barriera corallina. Le pareti nette sprofondano nel blu oceanico perdendosi. Si allontanano dall’isola creando un pianoro dove si incrociano le correnti. È il regno degli squali martello. Sono tanti. Sembrano arrivare dal niente e in un attimo sono ovunque. È un gruppo

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VIAGGI molto numeroso o, forse, sono più gruppi. Sono Sphyrna lewini, molto grandi per la loro specie e anche piuttosto socievoli per la loro indole, di solito molto timida. Ben più timido ma assai bello è lo squalo volpe. Lo incontriamo diverse volte, sul pianoro e sul reef. La lunga coda sventola elegante, gli serve per colpire e tramortire le prede che poi divora con la bocca piccola. Ci guarda, non lo convinciamo troppo, decide che è meglio allontanarsi. Tutto quel rumore di bolle, quelle pinneggiate sgraziate, non fanno per lui… E poi eccola, la star tanto attesa, lo squalo tigre. Qualcuno dice che la popolazione di questa specie raggiunga i 200 esemplari a Fuvahmulah. Non so se è vero. Certo è che i diving della zona hanno dato dei nomi a quelli che incontrano ogni giorno e che conoscono per dimensione, graffi e altri segni particolari. È un animale grande, elegante e affascinante. Intorno all’isola ci sono sempre stati. I pescatori lo raccontano, ci convivono da sempre. Non ci sono mai stati incidenti, nonostante qualche squalo più audace sia sempre entrato anche in porto. Si potrebbe dire che la convivenza è pacifica. Oggi lo squalo tigre è diventato anche una risorsa economica perché attira i subacquei e quindi lo sviluppo del turismo. In un’isola in cui l’unica risorsa è la pesca in oceano il turismo rappresenta una vera opportunità.

Le crociere Macana Maldives includono Fuvahmulah in due itinerari principali. Nei mesi di ottobre, novembre e dicembre durante le crociere Tiger shark che hanno come focus proprio l’incontro con i grandi squali, non solo i tigre ma anche i martello e i volpe. Durante i mesi di gennaio, febbraio, marzo e aprile nelle crociere avventura estremo sud che toccano non solo Fuvahmulah, ma anche l’atollo di Suvadiva e Addu.

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Imbarcatevi per un’affascinante odissea nell’Oceano Indiano

Foto Giuliano Vercelli

Crociere classiche e nel sud estremo

delle Maldive

Foto Luigi Carta

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PILLOLE DI SHARK DIVING

COMPRENDERE IL PROFILO DI NUOTO DI UNO SQUALO di Fabrizio Gioelli (istruttore e responsabile di SharkSchool Italy)

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no squalo, nell’avvicinarsi ad un essere umano, adotta profili di nuoto ben definiti e normalmente indotti dalla sua curiosità, dall’attività e dalla posizione della persona e, non ultimi, da fattori ambientali. Poiché spesso la presenza stessa dello squalo assorbe completamente l’attenzione dell’osservatore, i fattori ambientali vengono del tutto trascurati. Tuttavia, questi ultimi sono fondamentali se si vuole comprendere chiaramente l’evolversi

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della situazione, in che modo essi stiano influendo sul comportamento dell’animale e quale sia, di conseguenza, l’azione più appropriata da intraprendere. Come abbiamo già discusso nel corso delle due puntate precedenti, il reef, il fondale, la superficie e qualsiasi oggetto, struttura o persona presente in acqua costituiscono ostacoli al libero movimento degli squali. Maggiori gli impedimenti, minore la libertà dell’animale di scegliere il profilo di nuoto che gli è più congeniale. Nel complesso, i profili di nuoto più comu-

ni sono cinque, ai quali vanno ad aggiungersi alcune possibili varianti. Ciascuno è caratterizzato da un punto di ingresso e da uno di uscita, che definiscono rispettivamente l’inizio e la fine del passaggio. Saper riconoscere un certo profilo di nuoto significa poter identificare eventuali variazioni rispetto allo schema predefinito. Tuttavia, dovete sempre tenere a mente che quando c’è del cibo in acqua, il comportamento degli squali (e di conseguenza il loro profilo di nuoto) viene completamente alterato.


VIAGGI PASSAGGIO CIRCOLARE O NUOTO IN CIRCOLO

PASSAGGIO SEMPLICE

cibo, per l’appunto), è perché l’animale inizia a sentirsi più a suo agio o, quantomeno, meno in pericolo: sì perché, contrariamente a quanto pensiamo, sono estremamente preoccupati quando si avvicinano a noi...

APPROCCIO LATERALE

In questo caso, lo squalo nuota di fronte alla persona seguendo una linea più o meno rettilinea e mostrandole il “fianco”. Dopo un primo passaggio di solito prosegue per la sua strada, uscendo dal campo visivo del subacqueo. E’ il profilo di nuoto più comune e meno “interessante” da osservare. Verosimilmente, con questo tipo di approccio l’animale cerca di dare una prima interpretazione alla figura che si trova di fronte: la osserva mantenendosi ad una certa distanza. La sua traiettoria di nuoto sarà quindi scelta in modo tale da mantenersi aperto il maggior numero possibile di vie di fuga, che potrebbero essere limitate dalla presenza del reef, di altri subacquei, della superficie o del fondale. Lo squalo può eseguire diversi passaggi prima di decidere di cambiare il proprio profilo di nuoto e di ridurre la distanza dalla persona, sempre che la motivazione sia per lui abbastanza grande (la presenza di cibo in acqua è una di queste). Quando ciò accade in assenza di stimoli esterni (il

In questo caso lo squalo nuota oltre la posizione della persona, analogamente ad un passaggio semplice, per poi svoltare. Tuttavia, contrariamente a quanto accade nel caso dell’approccio laterale, anziché tornare verso il punto di ingresso mantenendosi di fronte all’individuo, gli gira intorno portandosi alle sue spalle. La persona si trova, quindi, al centro di una circonferenza immaginaria. La motivazione di questo tipo di comportamento sembra risiedere nel tentativo dello squalo di “aumentare” il tempo di contatto con la persona mantenendosene, però, a debita distanza. In taluni casi l’animale può decidere di continuare a girare più volte intorno all’individuo, senza avvicinarsi ulteriormente: se ciò dovesse accadere, non è da considerarsi un segnale che l’animale stia per mordere, ma semplicemente che sta cercando di capire che cosa sia lo strano oggetto che gli si para di fronte.

APPROCCIO FRONTALE (foto d’apertura) Questa modalità di nuoto costituisce una variante del passaggio semplice: in una prima fase lo squalo nuota di fronte alla persona (come farebbe nel corso di un passaggio semplice), dopodiché svolta (al cosiddetto punto di svolta) ritornando verso la direzione da cui è venuto. Nel corso del secondo passaggio, lo squalo normalmente riduce la distanza dalla persona, passandole più vicino. In questo modo può utilizzare la propria linea laterale per percepire i movimenti dell’individuo in acqua ed effettuare una prima valutazione della situazione. La linea laterale è, infatti, un organo sensoriale accessorio in grado di percepire le onde di pressione generate da un oggetto, un animale o da una persona che si muova in acqua (agitando ad esempio le gambe, le braccia o le mani).

Secondo un meccanismo ancora sconosciuto, gli squali sono in grado di distinguere in quale direzione sia voltata una persona. In altre parole, sono in grado di capire quale sia il nostro “davanti” e quale il nostro “dietro” (e non è una questione di “posizione dei nostri occhi”). Questo tipo di approccio implica che lo squalo si diriga frontalmente verso l’individuo in acqua e che, una volta raggiunto il limite della propria zona personale, svolti tornando dalla direzione da cui è arrivato. Questa modalità di avvicinamento è probabilmente legata ad un tentativo dell’animale di scatenare una reazione nella persona: se quest’ultima si allontana diventa automaticamente “interessante” perché il suo comportamento richiama alla mente dello squalo quello della tipica preda. Ergo: se uno squalo vi punta frontalmente, non muovetevi e assumete una posizione ver-

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COGLI L‘ATTIMO DC 2000

ticale (di solito le prede stanno in orizzontale in acqua...). Nel caso l’animale (generalmente un longimano) dovesse essere circondato da pesci pilota, aspettatevi che vi punti frontalmente, anche ad una certa velocità, e che poi svolti all’ultimo istante. Motivo? Vuole “regalarvi” i suoi simpatici amici (i pesci pilota) che sono per lui un fastidio enorme..

APPROCCIO DAL LATO CIECO Come suggerisce il nome, in questo particolare profilo di nuoto l’animale si avvicina alla persona da dietro o, comunque, da un lato cieco. Questo tipo di approccio sembra legato alla necessità dello squalo di soddisfare la propria curiosità senza, tuttavia, mettere a repentaglio la propria sicurezza (avvicinandosi dal lato cieco non viene infatti notato, a meno che la persona non si volti improvvisamente). Sappiate che se c’è uno squalo in acqua, molto probabilmente sarà dietro di voi, di conseguenza voltatevi spesso...

PASSAGGIO INCROCIATO (O PASSAGGIO A X) facebook.com/SeaLifeCameras facebook.com/Scubapro

La fotocamera subacquea più all‘avanguardia di SeaLife Assapora la massima libertà creativa con la fotocamera digitale subacquea DC2000 di SeaLife. Caratterizzata da un ampio sensore d‘immagini retroilluminato da 20MP di SONY® e da capacità di formattazione RAW, la fotocamera DC2000 lascerà alla tua ispirazione subacquea il compito di guidarti verso risultati sorprendenti. --Sensore d‘immagine Sony da 1“ retroilluminato da 20 megapixel. --Formato RAW ad alta risoluzione per immagini non compresse: opzioni di editing fotografico virtualmente illimitate. --Modalità video Full HD 1080p per riprese video ad alta risoluzione: fino a 60 fotogrammi al secondo e due microfoni per la registrazione audio stereo. --Obiettivo con messa a fuoco automatica a risposta rapida. Otturatore rapido con risposta in 0,1 secondi. --Potente batteria removibile agli ioni di litio da 1130mAh@3,7V, con autonomia di funzionamento superiore a 2 ore. Wi-Fi/Bluetooth per il download wireless

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Questa modalità di approccio è del tutto analoga a quella descritta precedentemente, ma si conclude in maniera differente. Lo squalo, infatti, una volta giunto in prossimità della persona, anziché svoltare e ritornare sui propri passi, la oltrepassa entrando nel suo campo visivo. Il nome di questo profilo di nuoto deriva dal fatto che le traiettorie dei due protagonisti dell’incontro tendono ad incrociarsi, disegnando un’immaginaria figura che richiama una “X”. Quindi, a differenza del caso precedente, sebbene inizialmente lo squalo si mantenga nascosto alla vista della persona potendola così osservare senza essere notato, una volta rotti gli indugi, e superata la diffidenza iniziale, manifesterà la propria presenza. In altre parole: se si fa vedere è perché non ha cattive intenzioni. SharkSchool Italy organizza ogni anno, in collaborazione con NOSYTOUR, le “Shark Expeditions Project”, viaggi unici, nelle migliori destinazioni del mondo, che uniscono alle immersioni con gli squali seminari e corsi volti alla comprensione di questi splendidi animali, spesso incompresi, e del comportamento da tenere in loro presenza.

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SÌ, A SHARM EL SHEIKH CI SONO GLI SQUALI! di Ornella Ditel (Foto subacquee di Cinzia Bismarck e Valentina Cucchiara)

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leggere i nomi dei siti di immersione raggiungibili in pochi minuti di navigazione da Sharm El Sheikh, si potrebbe pensare che la perla del Mar Rosso sia una meta sub particolarmente rinomata per le immersioni con gli squali. In confronto ad altre destinazioni invece, come le Maldive o le Bahamas, le immersioni a Sharm El Sheikh non si

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incentrano generalmente sugli avvistamenti di queste meravigliose creature. Significa che se sei un appassionato di squali dovresti escludere Sharm? Crediamo di no, decisamente no! Qui ti daremo alcuni suggerimenti per incrementare le possibilità di immergerti con gli squali durante la tua prossima vacanza a Sharm. Negli anni Ottanta e Novanta Sharm era certamente la meta più vicino all’Europa per assicurarsi incontri più o meno rav-

viccinati con squali di diverse specie, che è la ragione per cui i siti originariamente hanno preso il loro nome. La buona notizia è che, di fatto, è ancora così. La popolazione di squali a Sharm sembra essere di nuovo in aumento, anche grazie agli ultimi anni con un minor numero di turisti e di meno barche presenti in mare. Al Camel Dive Club & Hotel, uno degli avvistamenti preferiti dai nostri subacquei del 2019 finora, sono i cinque squa-


VIAGGI

letti pinna bianca di barriera che dormono sereni accalcati in una sporgenza di Gordon Reef, nello Stretto di Tiran. Questi splendidi animali appartengono a una delle poche specie che non devono continuare a nuotare per poter respirare, e incontrarli è un’esperienza davvero straordinaria, non solo per i principianti ma anche per sub esperti. Quali siti di immersione di Sharm dovrebbero essere nella tua lista dei desideri se vuoi vedere gli squali? I giardini locali di corallo lungo la costa Nei mesi estivi, la baia che ospita Near, Far, Middle and Fiddle Garden è ricca di plancton grazie alla temperatura dell’acqua più calda e alle correnti che rendono questa zona ideale per il nutrimento del leggendario, Santo Graal delle immersioni subacquee: lo squalo balena. Questo gigante gentile è avvistato soprattutto -ma non solo- nei mesi tra Maggio e Settembre e a Sharm regala a decine subacquei il sogno di incontrarlo per la prima volta, spesso avvistandolo già dalla barca in superficie o praticando lo snorkeling. Ecco perché durante le terze immersioni della giornata, particolarmente apprezzate in estate quando le temperature sono più alte e si sta cerramente meglio sottacqua che fuori, le tue guide ti diranno “Non saltare MAI la terza immersione!”.

ad altre aree di immersione. Quel grado sembra davvero fare la differenza quando si tratta di squali! L’estate 2018 ha onorato i sub che si sono immersi qui con diversi incontri ravvicinati con squali tigre, squali martello e squali volpe. Il Parco Nazionale di Ras Mohamed Questa meraviglia della Natura, che raggiunge più di 750 metri di profondità, è un habitat ideale per gli squali. Le pareti a strapiombo e la straordinaria visibilità favoriscono non solo la riproduzione di nu­ merose specie di pesci, ma anche incon­tri con squali grigi di barriera, come quelli in accoppiamento che decine di sub hanno

ammirato in tranquillità già nei mesi di Aprile e Maggio dell’anno scorso. Dobbiamo imparare dal passato quando si tratta di immergerci con gli squali e dobbiamo farlo subito, non solo per noi stessi e per le generazioni future di subacquei, ma soprattutto per queste creature straordinarie che nonostante lo sviluppo turistico di Sharm El Sheikh continuano a mostrarsi ai sub di tutto il mondo che la scelgono. Ciò significa che dobbiamo usare ogni possibile opportunità di immergersi in mete dove è possibile incontrarli, per educare noi stessi e gli altri visitatori del loro mondo. Da subacquei sappiamo molto bene che gli squali in sè non sono un pericolo, a condizione che li rispettiamo. Come ha recentemente dimostrato il progetto lanciato nell’area delle Brothers in Egitto, una delle priorità è senz’altro il monitoraggio e il bando di pratiche illegali di shark feeding che impattano negativamente il comportamento naturale di questi amabili predatori. È inoltre imperativo che smettiamo di inquinare i nostri mari e gli Oceani con materie plastiche, prodotti chimici, liquami e spazzatura - non solo perché questo ci consentirà di continuare a goderci le nostre immersioni con gli squali, ma anche per il bene del genere umano. Perché? Senza più squali, sparirebbe gradualmente anche la barriera corallina, quindi i pesci, quindi noi. Buone bolle, speriamo “squalose”, a Sharm El Sheikh!

Jackson Reef e tutti i siti nello Stretto di Tiran Queste straordinarie formazioni coralline si trovano nella zona più settentrionale di Sharm el Sheikh, dove l’acqua tende ad essere leggermente più fredda rispetto

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BLU MAGIC, RAJA AMPAT di Marco Montaldo

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na piccola secca in mare aperto e il mare è quello stupefacente del Raja Ampat! Questa è forse la più bella delle tantissime immersioni che si possono fare nel parco marino, anche se non è facile scegliere tra i più di ottanta siti in planning all’ Agusta Eco Resort, la splendida struttura sull’isola privata da sogno che ci ospita . Le condizioni sono perfette: mare calmo, acqua a 29°, visibilità che supera i 50 metri e un filo di corrente che sicuramente ci porterà tanti pesci.

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Infatti già prima di tuffarci vediamo in superficie le pinne dorsali di un banco di migliaia pesci balestra (Odonus niger) che ci dà il benvenuto e che non si sposta neanche quando entriamo in acqua. Una breve discesa e arriviamo a circa 30 metri dove dalla sabbia chiarissima si innalza la secca fino a circa 7/8 metri dalla superficie. Il primo incontro è con una rara e gigantesca cernia brown marbled (Epinephelus fuscoguttatus) che si riposa comodamente adagiata sul fondo. Probabilmente supererà i 40 kg e non ha certamente paura di noi: si limita infatti a guardarci con i suoi grandi occhi, incuriosita

da questi strani esseri che la fotografano da tutti i lati. Incontro eccezionale, infatti queste cernie sono abitualmente molto rare e difficilmente avvicinabili. A pochi metri di distanza incrociamo un bel banco di grandi barracuda coda gialla (Sphyraena jello) immobile nella corrente e subito dietro tre grandi squali grigi (Carcharhinus amblyrhinchos) che pattugliano il loro territorio di caccia seguiti da due pinna nera e un pinna bianca . Mi volto e mi accorgo di essere osservato da un una ventina di occhioni (Priacanthus hamrur) che fluttuano quasi immobili a pochi centimetri dalla mia maschera.


VIAGGI Incominciamo una lenta risalita e incontriamo un secondo banco di barracuda ma del tipo coda nera (Sphyraena qenie). Stanno pian piano risalendo la corrente e si portano alle spalle di un gruppo compatto di carangidi (Caranx sexfasciatus) che ci girano attorno formando un turbine d’argento. Non solo il blu è popolato da miriadi di pesci, anche il reef è spettacolare: variopinti pesci di barriera si rincorrono tra gorgonie, alcionari, coralli duri e molli di tutte le forme e colori, mentre nudibranchi, platelminti, spugne, granchi e gamberetti spuntano ovunque; insomma letteralmente non sai più dove guardare: dovunque ti volti rimani sbalordito dalle tantissime forme di vita e non solo per la quantità ma anche per la presenza di pesci endemici

o altrove rarissimi. Difatti nascosti sotto un grande corallo troviamo due wobbegong o squali tappeto (Tasselledorrhinus dasypogon) perfettamente mimetizzati e assolutamente immobili, ma improvvisamente uno spalanca la bocca e si lascia pulire i denti da un abilissimo igienista (Labroides dimidiatus). Siamo così giunti sul top del reef dove troviamo un bel gruppo di bumpheads (Bolbometapon muricatum), saranno una ventina, che cercano cibo tra i coralli. Vandi, la nostra guida dall’occhio infallibile, mi chiama: ha trovato sulla stessa gorgonia 3 cavallucci pigmei Denise (Hippocampus denise). Mentre Laura li osserva con la lente di ingrandimento improvvisamente mi trovo all’ombra: alzo la testa e a meno di un metro ferma sopra

di me una manta enorme (Manta birostris) si fa massaggiare dalle bolle del mio erogatore. Dietro ne compaiono altre 3 che lentamente e con grande eleganza nuotano intorno a noi. Infatti proprio sulla cima del reef si trova una stazione di pulizia per questi giganti del mare che noi ci godiamo fino al momento della emersione che vorremmo non arrivasse mai. Questa è l’immersione che tutti i sub sognano, qui in Raja Ampat il sogno diventa realtà. Per maggiori informazioni: AGUSTA ECO RESORT www.agustaresort.com info@agustaresort.com Whatsapp: +62 82199226357 Skype: agusta eco resort

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SQUALI IN NOTTURNA, PAURA SUPERATA AD ALIMATHÀ di Claudia Benedetti (foto di Massimo Boyer)

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pen Water Diver la mia certificazione. Solamente undici le immersioni al mio attivo, fatte tra Sharm El-Sheikh, dove ho preso il brevetto quattro mesi fa con davvero poca confidenza con questo sport, e le Maldive. L’ultima volta ad Alimathà la ricordo molto bene: era ottobre ed ero stata invitata a bordo di una crociera subacquea, quando ancora ero convinta che la subacquea non avrebbe mai fatto parte della mia vita.

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La sosta a Felidhoo per me aveva rappresentato solamente una buona occasione per rimpinzarmi al buffet di un resort che conoscevo bene, per fare quattro chiacchiere con vecchi amici e per mettere finalmente i piedi sulla terra ferma. Le immersioni, gli squali, la notturna, tutto questo non faceva ancora parte del mio vocabolario. E mai avrei pensato che solo qualche settimana più tardi mi sarei ritrovata a parlare anch’io delle stesse cose che esaltavano così tanto i miei compagni di crociera.

A distanza di due mesi dalla mia ultima immersione a Nika Island, morivo dalla voglia di tornare alle Maldive. Luca di Click and Travel non ha dubbi nemmeno questa volta. Mi racconta dell’immersione notturna con gli squali che ha fatto a Felidhoo, di quanto sia stata emozionante, e mi rassicura spiegandomi come, nonostante la mia poca esperienza, sia un’immersione poco profonda e alla portata di chiunque. Si, di chiunque si senta a suo agio a nuotare circondato dagli squali, penso io.


VIAGGI E dubito fortemente di averne il coraggio. Contrariamente ad altri subacquei, non ho mai sperato di trovarmi a distanza ravvicinata con uno squalo, né, alla fine di un’immersione, mi sono mai lamentata di non averne incontrati, anzi, ammetto di aver sempre piuttosto tirato un sospiro di sollievo per non aver avuto quella “fortuna”. Ad Alimathà invece non solo avrei fatto un’immersione con gli squali, ma l’avrei fatta, per giunta, di notte. Luca mi prende in giro per il mio poco coraggio e il mio scarso entusiasmo, ma più penso alle sue parole, più l’ansia di questo appuntamento indesiderato aumenta. La paura della notturna sembra incombere su di me senza pietà. Non mi rimane che affrontarla. Ci immergiamo dopo il tramonto nell’Alimathà House Reef, il sito di immersione più famoso dell’atollo di Vaavu. A differenza dell’Atollo di Male Sud e quello di Ari Nord, Vaavu ospita solo un paio di resort e una manciata di isole locali, il che rende i siti subacquei molto più tranquilli. Famoso per le dozzine di canyon che garantiscono immersioni ad alta adrenalina, Vaavu è considerato la capitale subacquea dei canyon del Paese, dove ogni giorno squali di barriera, banchi di carangidi e barracuda si ritrovano per andare a cacciare. A scendere siamo solo in tre più Marko, uno degli istruttori italiani di Tgi Diving. Contrariamente a ciò che pensavo, sott’acqua non è così buio come mi aspettavo e la luce della torcia che tengo legata al polso mi permette di vedere quasi tutto intorno a me nel raggio di un paio di metri. Il reef dorme, ma il fondale è popolato da strane creature che di giorno non si vedono. Cerco di non pensare per cosa siamo scesi e cosa stiamo cercando, penso alla mia muta nuova finalmente comoda e della mia taglia, al mio nuovo computer, a respirare con calma e a mantenere il giusto assetto sott’acqua. Penso alle parole di Luca prima di partire, non incontrerò altro che squaletti pinna nera di barriera, per lo più schivi di fronte all’uomo, e squali nutrice che, anche se raggiungono dimensioni impressionanti, sono innocui in quanto si cibano principalmente di crostacei, molluschi e piccoli pesci. Pinneggiamo per quasi venti minuti e, oltre a qualche grosso pesce pappagallo, di squali ne incrociamo solo un paio, a qualche metro da noi. Metà immersione se n’è già andata e, a questo punto, non so se essere felice o delusa. Tanta paura per nulla.

Ma come sempre, avevo parlato troppo presto. Ci lasciamo trasportare dalla corrente, quando vedo intorno a me la luce delle torce di almeno una quindicina di subacquei, sono tutti seduti sul fondale, e capisco che l’immersione vera inizia proprio da qui. Squali nutrice, grigi e pinna nera di ogni dimensione ci nuotano attorno, a una distanza che mi basterebbe allungare un braccio per toccarli. Lo spettacolo che vedo passare davanti agli occhi, seduta sulla sabbia a poco meno di dieci metri di profondità, è entusiasmante. Squali ovunque. Non ne avevo mai visti così tanti, né tantomeno così vicini. Ci spostiamo ancora di qualche metro e raggiungiamo un punto in cui ne siamo completamente circondati. Eleganti mentre fluttuano in mare, mentre si avvicinano ho quasi l’impressione che mi guardino, che mi stiano puntando, ma poi puntualmente mi ignorano e cambiano strada. Il silenzio, il buio e la luce soffusa delle torce rendono il tutto ancora più suggestivo. Se non respirassi con un erogatore, resterei a bocca aperta. Tengo stretta la mano del mio compagno di immersione, non tanto per paura, ma perché con quella stretta di mano vorrei dirgli tante cose. Nel guardarmi intorno provo tante emozioni, un mix di felicità, adrenalina e paura, ma so che non vorrei trovarmi da nessun’altra parte se non lì. Penso che un’esperienza così forte non l’avevo mai vissuta e mai avrei creduto di poterla vivere. Mentre risaliamo in superficie penso

che avrei voluto restare lì un’altra ora, penso a quello che mi sarei persa se ci avessi rinunciato e mi fossi fatta sopraffare dalla paura, penso che mettersi alla prova per superare i propri limiti, comunque vada, sia sempre una conquista. Per tutto il resto della vacanza sono esaltata come una bambina, ho il sorriso stampato in viso, non riesco a smettere di parlare di quanto appena vissuto. Il timore, se pur infondato, rimane, ma la voglia di rivivere quanto prima questa esperienza è forte, tanto che anche al rientro non faccio altro che ripercorrerla con la mente infinite volte. Grazie a Luca di Click and Travel per avermi fatto coraggio, per avermi permesso di vivere qualcosa di indimenticabile e per non sbagliare mai un colpo, proponendomi ogni volta i viaggi e le esperienze di diving migliori sul mercato.

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NELLE PASS CON GLI SQUALI

MALDIVE - Crociere a bordo del MY CONTE MAX & MY DUCA DI YORK NULLA È STANDARDIZZATO TUTTO È PERSONALIZZATO

di Dodi Telli

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l paesaggio mozzafiato delle Maldive, con le sue isole verdissime la sabbia bianca, i giochi di colore dei reef e delle lagune turchesi, diventa ancor più vario e articolato sotto la superficie dell’acqua. Qui, la conformazione del fondale offre scenari d’immersione che vanno dai reef oceanici alle lagune, dalle coloratissime secche alle emozionanti pass. Gli incontri che si possono fare spaziano dalle miriadi di pesci di scogliera, ai grandi pelagici e bentonici. Mante, squali, aquile di mare e trigoni, ipnotizzano ed entusiasmano ogni subacqueo e snorkelista. Le pass comunque sono la caratteristica principale che rendono famose le Maldive per gli amanti delle immersioni, dello snorkeling e della pesca. Questi canali, che spezzano gli anelli dei

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differenti atolli, si differenziano in ampiezza, lunghezza e profondità e permettono il ricambio d’acqua fra l’oceano e le lagune interne. Le pass del lato occidentale degli atolli sono di notevole ampiezza ed offrono bellissimi punti d’immersione sui loro corner (angoli) o sulle secche che ne arricchiscono il canale. Quelle del versante orientale si presentano abbastanza strette, con gradini netti che piombano nel blu dell’oceano e nelle quali si sviluppano correnti a volte anche molto forti. L’incanalamento dell’acqua, dovuta alle correnti di marea ed oceaniche, (principalmente in condizioni di corrente entrante nell’atollo), fa’ si che in questi punti si abbiano grandi concentrazioni di pesce pelagico e soprattutto l’animale che da sempre affascina di più: lo squalo.

Gli squali sono fra i pesci più grandi e più temuti al mondo, ma incontrarli non è affatto pericoloso e, per i sub più appassionati, questo è senza dubbio uno dei momenti più emozionanti. Gli squali più comuni che si possono incontrare alle Maldive sono gli squali grigi, pinna bianca del reef, pinna nera del reef, martello Maggiore (Sphyrna mokarran) e martello Smerlato (Sphyrna lewini), pinna argentea, nutrice fulvo, zebra e balena. Sono stati avvistati inoltre anche squali volpe, tigre, mako e longimanus. ALBATROS TOP BOAT vi propone vari itinerari appositamente studiati per andare alla ricerca degli squali oltre a tutte le meraviglie che i fondali maldiviani offrono. Negli atolli centrali, con partenza e ritorno a Malè, la capitale, si navigherà sul versante occidentale che orientale


VIAGGI dell’arcipelago, toccando gli Atolli di Male Nord, Rasdhoo. Ari, Felidhoo Nord e Male Sud immergendoci nei siti più belli delle Maldive. L’itinerario comprende anche la parte SUD dell’Atollo di ARI per l’avvistamento degli squali balena, unico posto rinomato in tutto il mondo per la presenza quasi stanziale di questi gentili giganti! E la nostra isola ci porta alla scoperta di un meraviglioso itinerario “The best seven” che da Malè la capitale attraversando tutti gli atolli del sud raggiunge Suvadiva, il secondo atollo più grande del mondo, per proseguire poi fino a Fuvahmulah, “l’oasi felice “

STAGIONALITÀ Dal punto di vista meteorologico l’Arcipelago Maldiviano presenta una doppia stagionalità che si può, grosso modo, dividere in due semestri. Un semestre che va da dicembre a maggio dominato dal monsone di nord-est relativamente secco, il secondo semestre da giugno a novembre dominato dal monsone di sud-ovest decisamente più umido. Durante questi due periodi la temperatura dell’aria e dell’acqua non cambiano, aumenta solo la probabilità di pioggia che si concentra maggiormente durante il monsone di sud-ovest e nel periodo di cambiamento dei due venti dominanti. Lo spirare costante dei due monsoni è uno dei principali responsabili del cambiamento delle correnti marine dell’arcipelago. Con il cambiamento delle correnti marine varia anche il tipo di fauna che si incontra sui siti di immersione variando per esempio con le grandi mante e gli squali balena nei versanti di correnti uscenti dagli atolli ai grandi pesci pelagici nei versanti di corrente entrante. Va da se che navigando con una barca da crociera si potranno sempre scegliere le situazioni ottimali. Dipendentemente dalla stagione vengono proposte crociere su entrambi i versanti per poter accedere ai migliori siti di immersione in condizioni ottimali per i grandi incontri. Per motivi che sono ancora in buona parte sconosciuti alla biologia marina una gran parte del pesce pelagico si concentra sui gradini delle pass nei momenti di forte corrente entrante, sono queste le condizioni migliori per i “grandi incontri” anche se in questi casi le immersioni diventano un po’ più impegnative. Durante il proseguire della navigazione e nell’arco di una settimana navigando gli

atolli del sud ci possiamo permettere di essere sempre più soli in un mare cristallino seguendo il nostro filo conduttore “lo squalo” scegliendo per le nostre crociere il periodo migliore, il nostro inverno solare, quando “soffia” il monsone di nord-est, che mantiene le condizioni meteo atmosferiche più stabili e segna un numero ridotto di precipitazioni. Tutti gli atolli meridionali dell’arcipelago maldiviano presentano la bellezza della natura incontaminata e caratteristiche tipiche della flora maldiviana di decenni fa. Parlando quindi di immersioni si effettuano per la maggior parte nelle pass poste sul versante orientale della catena di atolli che si attraversano ed offrono la possibilità di ammirare una flora ed una fauna marina incredibilmente straordinaria gra-

zie al mondo subacqueo ancora in parte incontaminato. Già dalle prime immersioni sulle tipiche secche si nota da subito la grande abbondanza di pesce che popola queste acque. E le pass, o “kandu” in maldiviano, con il passaggio di squali grigi, silver, e martelli, aquile di mare e grandi tonni in caccia, sono lo spettacolo all’ordine del giorno e da tutti i subacquei considerate tra le più belle di tutto l’arcipelago per la massiccia presenza di pesce pelagico. Anche in questi itinerari non mancherà la presenza di sua maestà lo squalo balena che in siti spettacolari di diversi atolli vengono a fare visita - nelle ore notturne – attratti dalla grande quantità di plancton (il loro cibo essenziale) in sospensione e sarà emozionantissimo tuffarsi con ma-

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schera e boccaglio per nuotare accanto a questi “padroni del mare”, facendo loro compagnia nel momento più interessante della loro giornata, quando cioè passano ore ed ore a filtrare tonnellate di acqua. Tutto il tragitto partendo dalla capitale è una sorpresa continua fino a raggiungere gli atolli dell’estremo Sud: Ed eccoci quindi finalmente nell’atollo di Suvadiva. Il termine popolare “Suvadiva” (legato al nome con cui i francesi chiamavano il canale a nord, “Courant de Souadou”, che separa quest’atollo da quello di Laamu) è il termine più diffuso con cui viene identificato geograficamente Huvadhoo: diviso nelle due amministrazioni Nord e Sud, che prendono il nome di Gaafu Alifu e Gaafu Dhaalu, è anche il secondo atollo più grande del mondo per estensione e si pone appena al di sopra dell’equatore, segnando una latitudine massima di neanche 1 grado nord. La costa est di Huvadhoo su cui ci siamo indirizzati per la crociera (la migliore dal punto di vista naturalistico subacqueo), è caratterizzata da numerose isole dalla forma allungata, separate l’una dall’altra dalle Pass larghe al massimo qualche centinaio di metri. E proprio qui, ai limiti di profondità concessi per le immersioni ricreative, ci si può fermare e attendere il passaggio di squali grigi, pinna bianca, aquile di mare, tonni. Un appuntamento immancabile per chi è amante dei pesci di grossa taglia e che

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- oltre che dalle bianche distese di sabbia - rimane affascinato dall’incontro con questi grandi predatori. Ed ecco che raggiungiamo l’ultima meta di questa crociera, l’atollo di Fuvahmulah. Questa isola, essendo una torre che sale dagli abissi e non protetta dalla scogliera corallina, non offre dei punti di immersioni differenti ma vale la pena immergersi per ammirare questa parete che cade a picco nel blu dove e’ possibile fare grandi incontri con sciami di squali martello, grossi barracuda , vela e marlin. Vanta ogni specie di squalo trovato nelle Maldive, insie-

me ad una varietà di specie endemiche e di pesci pelagici come anche le mante oceaniche in alcuni periodi dell’anno. Ma la grande novità di questo luogo è che questi fondali sono considerati il sito ideale dove incontrare lo squalo tigre. Nell’immaginario collettivo le Maldive rappresentano le coloratissime scogliere, le mante e gli squali balena, ma non sono solo questo, per i subacquei più esperti offrono incontri elettrizzanti con lo squalo tigre, il secondo squalo più pericoloso al mondo dopo il Bianco. Questi grandi predatori non sono una novi-


VIAGGI

tà in questo arcipelago; sono stati avvistati a Suvadiva e Gafu ma solo di passaggio, mentre a Fuvamulah gli avvistamenti sono molto frequenti. La posizione di questa isola, in mezzo alle correnti, la rende una stazione di pulizia ed una “nursery” per molti pelagici tra i quali lo squalo tigre dove qui si stima la presenza di 200 esemplari. Lo squalo tigre ha una pessima reputazione: per tutti è il predatore vorace delle basse scogliere e delle lagune di Fuvahmulah, in realtà secondo gli esperti della Scuola (Foammulah Dive School), il tigre è semplicemente curioso e la precauzione migliore è quella di non intormettersi nelle loro abitudini e non provocarli nel loro territorio. ALBATROS TOP BOAT non ha nessun dubbio, quando si tratta della proposta delle proprie barche,la parola d’ordine è una sola: ESCLUSIVITÀ! Le imbarcazioni con standard qualitativo di alto livello, non offrono solo i comfort, ma un concetto di crociera che, all’effetto rigenerante di una destinazione mozzafiato come le Maldive, abbina il benessere a bordo con la presenza di un centro massaggi ed un programma studiato talilor made in base ai desideri ed alla voglia di scoperta degli ospiti a bordo. Il tutto sem-

pre ispirato ad un concetto di crociera caratterizzato da esclusività e privacy. Le crociere firmate ALBATROS TOP BOAT sono l’alternativa alla classica vacanza in resort, in una sola settimana si ha la possibilità di vivere tutte le esperienze che il mare, la natura, le spiagge possono offrire: immersioni, snorkeling, sport, divertimento, svago o semplice relax. Oltre ai tradizionali itinerari, sempre e comunque studiati ad hoc, nell’arco dell’ anno proponiamo anche crociere che amiamo chiamare “settimane a tema” con programmi particolari per rendere ancora più originale la vita a bordo. Sono crociere interamente dedicate ad una specifica attività, programmate da noi in date definite oppure organizzate in base a particolari richieste di un gruppo pre-co-

stituito. Queste crociere normalmente vergono seguite da uno o più specialisti del settore e durante il soggiorno non vengono comunque trascurate tutte le altre normali attività che si potranno svolgere quotidianamente. TUTTI GLI ITINERARI sono attentamente selezionati in base alla stagionalità, alle condizioni meteo marine ed alle migliori condizioni di correnti e visibilità dell’acqua per poter offrire il meglio per tutte le attività e per massimizzare la possibilità di incontri sott’acqua nei siti di snorkeling ed immersioni. La nostra filosofia è quella di offrire una vacanza creando le emozioni oniriche perfette considerando tutti i dettagli così come i criteri di sicurezza.

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SCUBAMATCH. CERCASI COMPAGNO DI IMMERSIONE PER UN VIAGGIO di Massimo Boyer

Ciao Elisabetta. Sei una delle due fondatrici di Scubamatch. Ci vuoi raccontare il progetto?

L’idea è geniale, e dovrebbe raccogliere l’adesione dei molti viaggiatori “single”, che sono in numero crescente.

Scubamatch è nato durante una crociera in Sudan assieme ad Oriana, la mia partner nel progetto. Ci siamo guardate attorno e ci siamo chieste: ma perché non proviamo noi a trovare i clienti ideali per questo tipo di crociera invece che farlo fare al Tour Operator, il quale, per necessità di riempire la barca, prende spesso subacquei di livelli diversi? E inoltre perché non proviamo a targetizzare la vacanza aggiungendo indicazioni sulla fascia d’età ideale, sullo “stile” del gruppo (adatte a famiglie o meno, crociera sub relax, o crociera sub intensa per sub esperti) in modo da convincere anche il subacqueo singolo ad unirsi al nostro gruppo semplicemente perché saprà già chi troverà in barca?

Esatto in questo sta proprio il nostro punto di appeal: subacquei donne e uomini privi di un gruppo sub o anche alla ricerca di nuovi amici e generalmente molto socievoli ci contattano perché voglio venire con noi. Spesso non hanno mai partecipato a crociere sub per la paura di annoiarsi a bordo o perché non se la sentono di passare 7 giorni su 7 con persone che non conoscono. Attraverso Scubamatch li tranquilizziamo perchè il gruppo è deciso a priori da noi e garantiamo a bordo una selezione.

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In effetti un subacqueo “non allineato” in crociera può rovinare la vacanza a un intero gruppo, a sé stesso per primo. Non è discriminazione, è piuttosto un aiuto a divertirsi, per tutti.


VIAGGI Quanti e quali viaggi avete già finalizzato? Esattamente, hai colto a pieno il problema. Al momento abbiamo finalizzato 3 viaggi: Maldive lo scorso Aprile con Macana Maldives portando un gruppo di coppie e singoli, tutti bravissimi sub di livello avanzato e tutti con grande voglia di divertirsi a bordo. Poi a Settembre abbiamo organizzato una settimana a Sharm con Dive In Sharm per tutti i livelli e abbiamo anche orgogliosamente fatto brevettare un paio di ragazzi, che ora amano la subacquea e continueranno ad immergersi. Ad Aprile avevamo finalizzato una crociera in Sudan ma a causa dell’instabile situazione politica abbiamo optato per l’Egitto. Non vediamo l’ora di poterci andare il prossimo anno! Qual è il vostro rapporto con il mondo dei tour operator? Inizialmente convincere i Tour Operator del nostro progetto non è stato facile, ma quando riusciamo a riempire le barche con i nuovi clienti che ci contattano allora iniziano a fidarsi. Alla fine Scubamatch per i Tour Operator funziona come un generatore di “lead” o potenziali clienti attraverso la comunità che la nostra pagina Facebook e account Instagram stanno creando ed espandendo giorno dopo giorno. All’EUDI abbiamo avuto un ottimo riscontro e collaboreremo con nuovi Tour Operator in futuro. Qual è il vostro background? È importante dire che questo progetto è relativamente ancora un hobby in quanto sia io che Oriana abbiamo due lavori full time che ci tengono impegnate. Io attualmente lavoro nel settore del Tech a Dublino. Nel mio passato ho lavorato in diversi ambiti: dal legale alla mia primissima passione per l’hospitality, come sales & marketing executive. Oriana lavora per il servizio diplomatico dell’Unione Europea che l’ha portata a vivere in svariati paese tra cui Colombia, Egitto ed Afghanistan. Attualmente è dislocata in

Israele. Per il futuro chi lo sa, il sogno è continuare ad espandere la comunità e diventare un vero brand! Programmi per il futuro? Mi viene in mente l’organizzazione di viaggi, ancora più specializzati, per fotografi, o per appassionati di biologia, o di relitti. Il futuro è quello di avvicinarci sempre di più a viaggi dedicati alla protezione dei mari coinvolgendo associazioni benefiche. È inutile diventare subacqueo per godere delle bellezze marine e non essere eco-friendly nella vita quotidiana. Attraverso la nostra pagina vogliamo sostenere associazioni No Profit come “Plastic Oceans” e “Mission Blue” che sono tra le migliori al mondo e coinvolgerle nei nostri viaggi. Riguardo ai viaggi specializzati spesso le idee arrivano dai nostri followers e dalle loro richieste specifiche, sia per le destinazioni che per il tema. I nostri spunti arrivano proprio da loro! Come vi si può raggiungere? Scrivendoci su Facebook alla nostra pagina Scubamatch oppure a info@scubamatch.com!

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L’ELICA DELLA HAVEN, VISTA DALL’INTERNO di Andrea “Murdock” Alpini (foto di Marco Mori)

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ale la nebbia (sui prati bianchi)...”, così caratava De Andrè in Inverno. Fatte le dovute proporzioni e dopo aver sostituito i prati bianchi con la distesa delle teste del motore della Haven, la situazione nebbiosa è quella che ci accolto entrando in sala macchine del gigante del Mediterraneo. La superficie è blu elettrica, la visibilità dicono sia in netto miglioramento rispetto ai periodi passati e io sono speranzoso anche se l’obiettivo della nostra immersione è tutto al chiuso. Abbiamo compiuto i dovuti check a pelo d’acqua, chi in circuito aperto che

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in circuito chiuso. Dopo aver eseguito lo scambio di un triplice OK con il mio compagno d’immersione esclamo: “Giù! Ci troviamo al fumaiolo”. Una volta raggiunto il primo check point per procedere nell’immersione, lasciamo una stage ciascuno alla cima che connette il fumaiolo con la superficie. È qui che torneremo più tardi, ora dobbiamo scendere ed essere agili e con l’attrezzatura adesa al corpo per procedere meglio durante la stretta penetrazione. Conduco la discesa fino all’ingresso in sala macchine. Oggi proviamo a entrare da un punto diverso, dal retro del fumaiolo, verso poppa. Sgonfiato il GAV, entriamo in un ampio buco nero e già

arrivano le prime avvisaglie di scarsa visibilità. Tanto era bello fuori, tanto è lattiginoso qui dentro. Un passo d’uomo è aperto e mi permette di pinneggiare al di sopra di una coppia di modeste rampe di scale, al termine mi trovo di fronte i due grandi pistoni di rispetto che, severi, appaiono nella coltre nebbiosa. Proseguo lungo il corridoio che porta all’officina, il mio compagno segue, comunichiamo spesso con le torce. Sulla sinistra appare la bellissima morsa avvolta tra fango e ruggine; proseguendo sul lato destro si trovano un’infilata di mezzi barili ricolmi di attrezzi ormai tutti affogati nel sedimento. Manteniamo questa quota per


IMMERSIONI un altro po’ di tempo e osserviamo ciò che resta di grandi lampade, turbine di aspirazione e valvole. Lasciamo scorrere le balestre davanti ai nostri occhi, incrociamo gli sguardi e ci scambiamo ulteriore OK a scendere. Andiamo a -72m, la base del motore. La visibilità è costantemente nebbiosa e non permette di gustare fino in fondo tutta la gamma cromatica delle ruggini che compongono quel che resta del cuore della petroliera Haven. Una volta presi i riferimenti con reel e punti fissi, dopo aver trovato il possente gancio di carico sulla mezzeria dell’invaso sottostante, chiedo l’OK al mio compagno per abbassarci ulteriormente di quota. Voglio iniziare a perlustrare e prendere confidenza con la via che porta alla trasmissione dell’elica. Questa volta l’immersione è finalizzata solo a conoscere il percorso che porta a questo punto, così da memorizzare i passaggi per una prossima immersione che sarà dedicata unicamente a questa parte (angusta) del relitto.

Le bolle che mi seguono lasciano cadere polvere di ferro e qualche detrito, cerco di stare molto attento alla pinneggiata per non compromettere ulteriormente la visibilità. Quando arrivo sul fondo penso di essere davvero nella pancia della Haven. Metto la testa all’interno del vano che contiene e protegge la trasmissione. È enorme. Impressionante. Siamo esattamente in asse con il bulbo dell’elica. Esternamente vecchi brandelli reel segnano un percorso (?), giustamente non lo intraprendiamo: oggi il massimo punto da raggiungere era questo. Sono ormai trascorsi oltre 30 minuti da quando siamo entrati all’interno della petroliera. Il manometro della mia stage inizia a scendere sostanziosamente. Risalendo passo al back gas del mio bibombola, miscela leggermente meno ricca di elio e con un pochino in più di ossigeno. Era stato appositamente preparato per la parte alta di questa immersione. Ancora qualche scala, alcuni corridoi, un passo d’uomo angusto che mi costringe

ANDREA “MURDOCK” ALPINI è istruttore trimix ipossico e advance wreck. Si immerge unicamente in circuito aperto, organizza corsi tecnici e spedizioni su relitti. www.wreckdiving.it MARCO MORI è istruttore tecnico e fotografo subacqueo.

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IMMERSIONI

a passare di taglio, nel mentre porto le stage di fronte a me per diventare meno voluminoso e più esile possibile. Ancora un paio di passaggi e sbuchiamo quasi direttamente dentro la mensa dell’equipaggio a -54m. All’interno del cassero la visibilità è cristallina, i colori piacevoli, l’immersione è davvero più semplice adesso. Avevo promesso al mio compagno che questa volta sarebbe stata tutta al “chiuso”, dal motore, alla trasmissione, al ritorno sulla cima di discesa, senza mai passare all’esterno della nave, e così è stato. Le scale nella parte bassa del cassero sono semi collassate, a tratti bisogna stare molto attenti ad alcune sporgenze acuminate; le rampe spesso non ci sono più e resta solo un cumulo di ferro indebolito dall’incendio antecedente l’affondamento. Con calma passiamo tra i vari ponti, lo sguardo ogni tanto è rapito dalle fette d’azzurro che s’intravedono attraverso oblò e portelloni che danno verso l’esterno. La luce è calda là fuori, tra poco ci arriveremo anche noi. Sono giunto al penultimo ponte, all’ingresso del vano ascensore; giro a destra, uno per volta usciamo da un’ampia apertura che dal cassero affaccia sulla

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coperta, verso la prua. Torniamo alla luce e sotto di noi, per la prima volta in tutta l’immersione, abbiamo una colonna d’acqua. La sensazione di “galleggiare” immersi in un fluido mi mancava dopo tanto tempo passato in ambienti ostruiti. È il cinquantesimo minuto. Siamo alla cima di risalita. Ciascuno clippa la propria stage e si perde nei pensieri nell’oltre ora e mezza di

decompressione che ci attende. Arrivato ai -6m pulisco i guanti da tutto ciò che hanno raccolto durante questa immersione. Improvvisamente vi volto a destra e il mio sguardo è catturato da un piccolo crostaceo che si dibatte libero nell’acqua. Ondeggia, si contorce, fluttua. Non ho potuto fare a meno di pensare “all’innaturale grazia di Nijinsky”... Ancora trenta minuti di ossigeno e si torna in superficie.


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IL RELITTO DELL’EQUA di Cesare Balzi (foto di Marcello Di Francesco – foto storica Archivio Ufficio Storico Marina Militare Roma)

Nel 75esimo anniversario del suo affondamento, torna alla luce la vicenda dell’Equa, affondato a causa di uno speronamento accidentale. Il relitto della nave, giace su un fondale di 40 metri, nella splendida cornice delle Cinque Terre, a due miglia dalla costa davanti al borgo di Riomaggiore.

LA STORIA L’Equa fu costruito tra il 1928 e il 1930 dai cantieri Franco Tosi di Taranto, per conto della S.A. Partenopea di Navigazione di Napoli, per il collegamento con le isole dell’arcipelago campano. Era una motonave passeggeri di 243 tonnellate di stazza lorda, lunga 39,48 metri, larga 6,83 metri, con un pescaggio di 2,57 metri. Realizzato completamente in acciaio, l’Equa era dotato di una singola elica,

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mossa da due motori diesel a 4 tempi da 6 cilindri, per una potenza di 1200 cavalli, che gli consentivano di raggiungere una velocità massima di 12 nodi. Il 13 maggio 1940 venne requisito dalla Regia Marina e entrò a far parte del naviglio ausiliario con compiti di vigilanza foranea con la sigla F43. Il 2 ottobre 1940 fu restituito alla navigazione civile, per poi essere nuovamente requisito, sempre a Napoli, l’11 marzo 1941 ed essere nuovamente inserito nel naviglio ausilia-

rio, questa volta con una nuova destinazione. Fu infatti trasformato in caccia antisommergibili con l’aggiunta di un cannone da 90 mm, due mitragliatrici da 20 mm e un apparato antisom a poppa; venne ribattezzato con la sigla AS105. Dopo l’8 settembre 1943 venne ulteriormente requisito dalla Kriegsmarine (la Marina da Guerra Tedesca) ed entrò in servizio presso la Scuola Antisommergibili degli Incursori della Regia Marina (l’attuale Comando Subacqueo e Incur-


IMMERSIONI

sori della Marina Militare) in località Le Grazie. In ultimo fu ceduto alla flotta della Repubblica Sociale Italiana attiva dal 1943 al 1945 e costituita da alcuni sommergibili, alcune motosiluranti, due navi appoggio e due navi cacciasommergibili, il Landi e l’Equa. A parte casi isolati, i mezzi navali di questa flotta si dedicarono principalmente al pattugliamento costiero e alla posa di mine. Secondo fonti tedesche (Manfred Krellenberg) la notte del 18 aprile 1944 l’Equa, oscurato, pattugliava il litorale spezzino delle Cinque Terre alla ricerca di naviglio nemico, quando venne affondato a causa di uno speronamento accidentale dell’unità tedesca UJ 2220, ex motonave da carico Lago Zuai, che non la riconobbe. Si inabissò davanti a Riomaggiore a circa due miglia dalla Punta di Montenegro. Secondo la testimonianza storica, le due navi procedevano di notte, con scarsa visibilità, una verso l’altra, oscurate entrambe per motivi bellici. A due miglia da Riomaggiore, l’UJ 2220 si accorse dell’Equa solo quando era troppo tardi per una manovra evasiva. L’impatto fu tremendo e l’Equa si inabissò rapidamente, mentre l’UJ 2220 rimase danneggiato, ma in galleggiamento; non ci furono vittime poiché

tutto l’equipaggio dell’Equa venne tratto in salvo da una motozattera tedesca MFP (Marinefahrprahme) che transitava in zona. Secondo fonti italiane (USMM) il fatto menzionato avvenne nella notte tra il 9 e il 10 giugno.

L’IMMERSIONE Oggi il relitto dell’Equa giace lungo la costa del Levante Ligure, nella splendida cornice delle Cinque Terre, tra il borgo di Riomaggiore e lo scoglio del Ferale, su un fondale sabbioso a circa 40 metri di profondità. Diventato un’oasi di vita sommersa, è possibile svolgere immersioni sull’Equa grazie ai centri di immersione presenti nella zona dello spezzino. Nell’ambito di una programmazione del corso IANTD ADV REC Trimix 42 metri, decidiamo di respirare la miscela trimix TX28/25 (28% ossigeno e 25% elio) in bibombola, in modo da sfruttare sia i benefici dall’uso di una miscela più ricca di ossigeno, dovendoci trattenere a lungo sul relitto per realizzare una documentazione fotografica, sia i benefici dovuti dalla presenza al suo interno di un terzo gas, l’elio, al fine di eliminare indesiderati effetti narcotici. Per la fase decompressiva utilizziamo una miscela EAN50 in bombola S80.

Arrivati sul punto di immersione, se presente, si ancora direttamente sul relitto tramite un ormeggio fisso. La cima di discesa conduce direttamente al ponte superiore, ad una profondità di 34 metri, in prossimità dell’accesso alla sala comando. Il relitto, adagiato sul fondo in assetto di navigazione con un orientamento est/ ovest, è ancora integro e ben conservato. Il punto di maggior attrazione è sicuramente il pezzo di artiglieria antiaereo Ansaldo-OTO 90/50 mm. mod. 1939, rivolto verso prora. Sotto la bocca di fuoco si trova il boccaporto che, tramite una scala, conduce alla stiva di prua, mentre di fronte, sul castello di prua, si trova un argano ricoperto in parte da una rete che offre rifugio ad un grongo stanziale di notevoli dimensioni. Sull’estremità, i drappi che pendono e le nuvole di Anthias, rendono lo scenario ancora più affascinante. Nelle giornate in cui la visibilità lo consente, è consigliato allontanarsi dallo scafo una decina di metri, per osservare la suggestiva fotografia della prua della nave. Si prosegue l’immersione verso poppa, fiancheggiando una delle due murate. L’esterno dello scafo è avvolto su en-

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trambe i lati da grandi reti da pesca, oramai in unisono con il resto dello scafo, all’interno delle quali hanno trovato dimora ostriche, capesante e una grande varietà di animali marini. Osservando tra le lamiere, inoltre, è facile ammirare aragoste che vi hanno trovato rifugio, ampie colonie di anemoni gioiello e spugne. Nella parte retrostante il castello di comando è presente l’ingresso alla sala macchine, stretto e angusto. Proseguendo si arriva sul cassero di poppa dove, attraverso larghe finestre poste sulla murata, è possibile intravedere i locali igienici di bordo, mentre sulla coperta si riconosce l’area operativa della nave, con ancora presenti cavi e attrezzature per la posa di bombe di profondità per la caccia antisommergibile. Data la presenza di numerose parti metalliche, cime e travi, la penetrazione all’interno del relitto dell’Equa deve essere valutata attentamente, sulla base della propria esperienza, non sottovalutando la tipologia di ambiente parzialmente ostruito. L’accesso avviene dal ponte di comando, quello più am-

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pio e luminoso, facendo attenzione alla presenza di alcune lenze che lo attraversano. Da questo punto è possibile, inoltre, raccomandato a soli subacquei certificati e abilitati alle immersioni in ambienti ostruiti (Overhead Environment) accedere ad un secondo ponte inferiore, dove sono presenti altri resti della nave. Continuando la penetrazio-

ne, dal secondo ponte si procede all’interno di un corridoio dove si affacciano alcune porte tra cui l’ingresso laterale alla sala macchine, un bagno e alcuni locali di vario genere, terminando il percorso a poppa della nave dalla quale è possibile fuoriuscire. L’immersione si conclude ritornando verso la cima dell’ancora dove si inizia la risalita.


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PASSIONE ESPERIENZA E FATALITÀ di Roberto Antonini (Foto di Silvano Barboni)

I

l mese di marzo di quest’anno, per il mondo dello sport, è stato decisamente nefasto. É proprio notizia di questi giorni che i corpi dei due alpinisti che volevano raggiungere la vetta del Nanga Parbat siano stati localizzati ed individuati ad una quota di 5900 metri d’altitudine. In 125 anni, un tale percorso era stato affrontato una sola volta, in discesa, dai fratelli Messner e, il meno celebre dei due, aveva perso la vita. Purtroppo anche per questi ultimi scalatori non si è potuto che decretarne la fine. I due compagni avevano deciso di raggiungere la cima attraverso una “via” estremamente difficile ed eccessiva-

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mente pericolosa. Avrebbero voluto “fare una cosa incredibile”, lasciare il segno, scrivere nella storia dell’alpinismo il proprio nome. Qualcosa disgraziatamente è andato storto. Parole inascoltate quelle dei colleghi più esperti come quelle dei parenti e delle persone più care che continueranno a porsi più di un quesito, col cuore annegato dal dolore e un velo continuo davanti agli occhi da asciugare con un gesto ripetuto all’infinito. Eppure, davanti a certe tragedie, sono molti quelli pronti a emettere sentenze, dimenticando che è facile, in questi casi, erigersi a giudici o fare demagogia. Forse, in cuor nostro, dovremmo essere toccati da pen-

sieri più profondi e da domande a cui non è semplice dare risposte. A questo punto, molti si chiederanno il perché, in una rivista subacquea, si parli di montagna, dei suoi eroi o dei suoi caduti. Montagna e mare sono i due opposti. Sono, però, anche quei luoghi a cui bisogna guardare con maggior riverenza e rispetto. Mare e montagna sono siti che possono far provare forti emozioni, ma anche tramutare una bellissima giornata in una tragica sciagura. Quando capitano gli incidenti come quelli del NP o in mare, vedi le disgrazie di Palinuro, delle Formiche degli scorsi anni o gli incidenti che accadono annualmente sulla petroliera


RIFLESSIONI

Haven, ciò che più viene naturale pensare è che le vittime abbiano commesso degli errori, sottovalutato qualcosa, azzardato o siano stati colti da un malore improvviso. Trattandosi, però, di persone esperte come possono aver tralasciato qualcosa di così importante da perdere la vita? Bene o male, se anche così fosse, in nome di che cosa? Record, prestigio, riconoscimento economico, fama, adrenalina…Ma vale veramente la pena rischiare la cosa più preziosa che abbiamo? E ci si accorge di rischiare di farlo? Si pensa alle persone care che sono tranquille e convinte che quello che si va a compiere sia sotto ogni punto di vista eseguito in piena sicurezza? E quando un incidente ci tocca ancora più da vicino? Quando succede ad

una persona che faceva il nostro stesso sport, o ancora peggio, un conoscente o un amico? La notizia straziante è proprio di questi giorni: un amico subacqueo ha perso la vita in immersione in grotta. Era un subacqueo esperto, uomo di mare, attento, sia con i propri allievi che con i suoi clienti. Operava scrupolosamente, sempre in massima sicurezza. Le testimonianze a suo favore sia come uomo che come sub sono centinaia, tangibili e palesi sul web. Dopo anni di lavoro intenso, si è concesso una vacanza e non è più tornato. Il senso di vuoto che mi accompagna scrivendo queste poche righe, si lega inesorabile alla rabbia e ad una profonda tristezza al pensiero delle persone che più di me lo conoscevano,

che lo amavano e che, ora, sono rimaste sole. Sì perché, dopo tutti i ragionamenti del caso, a pagarne le conseguenze, pur accettando in toto le scelte e le passioni dell’altro, è solo chi resta. Qual è, allora il confine tra sicurezza e fatalità? Quali sono i limiti da tenere presente? È inconfutabile che certi sport, considerati estremi, siano più pericolosi di altri ed è assodato che per affrontare certe discipline in sicurezza sia necessario non solo effettuare un iter duro per ottenere la certificazione necessaria, ma conseguito il titolo, è compito dell’abilitato non lasciare mai nulla al caso, continuare ad allenarsi, accompagnarsi a partners diversi, per migliorare sempre più le proprie competenze ed elevare il proprio limite di capacità ed esperienza. In ambito subacqueo questo aspetto è curato da ognuno di noi? Può capitare che qualche volta affrontiamo una situazione con fin troppa leggerezza non pensando alle conseguenze? Quando ci immergiamo siamo sempre fisicamente preparati? Certo che, pur rispettando la legge sulla privacy, sarebbe molto utile per tutti fermarsi a riflettere sulle cause che hanno provocato un incidente subacqueo, onde evitarne il ripetersi in futuro. Ci sono sedi opportune e persone qualificate, che possono spiegare come ci si sarebbe dovuti comportare o orientarsi nell’approcciare certe immersioni. A volte seguire i limiti che il proprio brevetto impone non basta più. Ridurre gli incidenti per negligenza è sicuramente dovere di ciascuno, ma sarebbe auspicabile che fossero organizzati convegni o conferenze regolate dalle autorità competenti, che possano offrire un aiuto notevole. Il paradosso è che, purtroppo, sono più gli incidenti che capitano alle persone considerate “esperte” che ai neofiti. Definire una persona esperta in un settore lavorativo è sicuramente più facile che qualificare uno specialista di uno sport estremo. Nel lavoro, corsi di aggiornamento, anni di esperienza, incarichi sempre più complessi portano il lavoratore ad un livello di competenza sempre maggiore che difficilmente può farlo ricadere negli stessi errori. Nell’affrontare sport estremi, vedo spesso persone “bruciare le tappe” senza il tempo necessario di praticare e impratichirsi degli insegnamenti ricevuti, bramose solo di raggiungere il livello successivo. La non sottile differenza tra lavoro e sport estremo è che l’errore umano nel secondo caso è spesso purtroppo fatale.

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PORTFOLIO DI SERGIO RICCARDO

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ergio Riccardo è nato a Napoli, il 5 ottobre 1963. Cresciuto a contatto col mare, a soli 13 anni costruiva un primo rudimentale arpione usando i raggi metallici di un ombrello per pescare nelle acque di Procida. A 16 anni seguì il primo corso di immersione, e 2 anni e mezzo più tardi era già istruttore PADI. Così inizò la sua professione, tra il Centro Immersioni Sorrento e le Maldive, alternandosi tra il Mediterraneo e l’Oceano Indiano. Nel 1991, attento alle necessità di un mercato in evoluzione, fondò Diving Tour, un tour operator specializzato in viaggi con immersioni in tutto il mondo. Così ebbe inizio la sua ricerca delle aree più interessanti nei mari del mondo, che lo portò a visitare i Caraibi e l’oceano Pacifico, passando per i mari artici, osservando attentamente e fotografando. Al momento possiede un archivio di oltre 90.000 immagini, per la maggior parte subacquee, realizzate nel corso di oltre 7.500 immersioni. A giugno 2016 pubblica il suo primo libro, Ocean Life, un viaggio di 35 anni sotto i mari di tutto il mondo. Attualmente lavora

a 2 nuovi progetti editoriali: Squali, atteso per l’EUDI 2020, e Ocean Life 2, programmato per il 2021. Il risultato di questa esperienza è Photography Expeditions, un’ agenzia viaggi che copre una ventina di destinazioni in giro per il mondo, dal Mediterraneo alla Papua Nuova Guinea, offrendo vacanze in resort o in crociera. Sergio oggi dirige Photography Expeditions con lo stesso entusiasmo dei primi giorni, sempre alla ricerca di novità da esplorare e proporre, sempre senza scordare il suo primo amore, il mare di casa.

ATTREZZATURA FOTOGRAFICA USATA: ›› 2 custodie Seacam ›› 2 Flash Subtronic Alpha Pro, 2 Sea & Sea and 2 Seacam 150 ›› 2 Camera Nikon D850, 1 Camera Nikon D5 ›› Obiettivi Nikon: 14-24, 17-35, 24-70, 105, 70-200, 200-400 ›› Obiettivo Sigma: 15 mm.

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uando ho iniziato la mia esperienza di subacqueo, immergendomi nel Promontorio di Portofino, uno dei miei sogni era di poter vedere le… gorgonie rosse Paramuricea clavata, organismi che però vivevano a profondità che il mio brevetto e la mia non sufficiente esperienza non mi permettevano di raggiungere. Poi il tempo è passato e ho acquisito i “titoli” per arrivare a…“quota Paramuricea”. Il mio sito preferito era un grosso scoglio che si elevava da un fondale di 50 metri, totalmente colonizzato da ventagli di colore blu elettrico che, illuminati dai fari, splendevano di un vivace rosso carminio e in mezzo ai quali, nelle spaccature più buie, fiorivano i polipi bianchi del Corallium rubrum. Passato alla fotografia e armato di Nikonos III e obiettivo 15 mm. ogni sabato ero sul posto a fotografare gorgonie, in mezzo a fitti branchi di Anthias. E così questi meravigliosi organismi della famiglia dei coralli (ordine Alcyonacea), sono diventati i soggetti preferiti delle mie riprese fotografiche. Poi, cominciando ad immergermi in diversi mari del mondo, ho scoperto un universo magnifico e a volte davvero mozzafiato. L’architettura tipica delle grandi colonie di gorgonie è a ventaglio, con tutte le ramificazioni su un unico piano, e la colonia può raggiungere dimensioni di 3 m di diametro e oltre. Questi organismi alle volte costituiscono vere e proprie foreste, la foto 2 (Fish Eye – un Flash) è stata scattata sulla

Foto 1 di apertura - Fish Eye – due Flash

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spettacolare parete di gorgonie del genere Annella, che si trova nelle acque dell’isola di Giftun Seghir, al largo di Hurghada; è un sito davvero magico nel quale mi sono immerso tantissime volte e dove ogni immersione è sempre diversa ed entusiasmante. Il lato positivo di questo tipo di riprese è che trattandosi di soggetti fissi si ha il tempo sufficiente per valutare inquadratura e dati di esposizione. Considerando poi che spesso le gorgonie si trovano in parete o su scogli che si elevano dal fondale, ci si può posizionare in modo da sfruttare al massimo la luce ambiente e scattare in controluce. Questo elemento attribuisce all’immagine una maggior brillantezza e tridimensionalità (Foto 3 e 4, Fish Eye – due Flash), ma bisogna fare i conti con l’orario in cui ci immergiamo e questo, oltre che la conoscenza dei luoghi, richiede una certa autonomia, per poter andare in acqua al momento giusto. L’isola di Menjangan si trova a pochi minuti di barca dalla costa nord ovest di Bali e, volendo, se ci si immerge sulla punta si può attraversare in immersione, nei momenti di stanca di corrente, la passe che divide Bali dall’isola. Dal mare aperto arriva una importante quantità di sostanze nutritive, che ha creato le condizioni per la formazione di un ambiente più unico che raro. Dal fondale, sostanzialmente detritico, si innalza una grande quantità di massi di diverse dimensioni, totalmente ricoperti di gorgonie di ogni tipo e colore e, quando c’è corrente e i polipi si aprono, si assiste ad uno spettacolo certamente tra i più belli al mondo. Al termine della passe inizia una parete con le medesime caratteristiche e, anche qui, la magia continua. Fotografare è alquanto difficile perché la corrente è davvero impetuosa, lungo la parete occorre lasciarsi trasportare e, ogni volta

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che si trova una piccola punta, dietro la quale la corrente rallenta, ci si può fermare per qualche scatto. Per la passe la questione è un po’ più complessa: in buona sostanza ci si immerge al termine del canale e si risale la corrente, spostandosi da uno scoglio all’altro e scegliendo di volta in volta quello che ci appare più interessante, in questo modo la sospensione che inevitabilmente creiamo se ne va alle nostre spalle; l’importante è stare molto attenti a non fare spostamenti laterali troppo lunghi, altrimenti la corrente può diventare incontrastabile e crearci problemi. È un tipo di immersione complicata, dove ognuno non può che pensare a sé stesso e, comunque, non potrebbe fare nulla per nessun compagno e quindi sconsigliata ai meno esperti; d’obbligo il pallone e una buona dose di esperienza. Due flash ed un obiettivo da 180° sono irrinunciabili se si vuole cogliere l’essenza di questo magnifico luogo.

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Nelle foto 5 e 6 (Fish Eye – due Flash) sono rappresentate due delle situazioni che caratterizzano questo sito. In mare i fenomeni associativi e di colonizzazione sono molti e variegati e, nel caso specifico delle gorgonie tropicali, possono dare vita a situazioni davvero spettacolari. La foto 7 (Fish Eye – un Flash) è stata scattata nelle acque dell’Arabia Saudita, una gorgonia del genere Subergorgia colonizzata da alcionari Dendronephthya sp. di diversi colori; a mio avviso una immagine di grande effetto. Occorre affinare l’attitudine all’individuazione di situazioni simili, che ci possono offrire la possibilità di effettuare scatti policromatici e di particolare efficacia. Attraversiamo il Mar Rosso ed eccoci nelle acque Sudanesi (Foto 8 - Obiettivo 100 gradi – un Flash), sulla punta Sud Ovest dell’atollo di Sanganeb; Le gorgonie a frusta Junceella juncea in questo sito sono di grandi dimensioni, come in altre parti del Sudan.

Nella foto ho inserito la figura di un subacqueo per dare un senso compiuto all’immagine, facendolo posizionare in maniera tale che si potessero percepire le reali proporzioni dei coralli e orientando il flash dal basso verso l’alto, per fare in modo che la luce potesse seguire l’andamento verticale dei coralli stessi. Ho aperto l’articolo con uno scatto un po’… inusuale, un’immagine volutamente “compressa” di una gorgonia del genere Ellisella sp. (Fish Eye – due Flash); certamente si può discutere a lungo su questa scelta, ma ho voluto spingermi oltre le riprese di stampo classico, alla ricerca di uno scatto diverso dal solito e un po’ fuori dall’ordinarietà, a cui siamo abituati.

Claudio Ziraldo usa attrezzature SEA&SEA www.attrezzaturafotosub.com


SUPER ISOLAMENTO TERMICO LIBERTÀ DI MOVIMENTO

Una muta ideata per i sub di tutti i livelli che vogliono unire comfort termico e libertà di movimento in acque temperate (16-24 °C). È realizzata in neoprene di 5 mm, tessuto stretch sotto le ascelle e cuciture stagne GBS (Glued & Blind Stitched) per un’esperienza di immersione unica.

RESISTENZA ALL’ABRASIONE

MUTA 5 MM SUBACQUEA 500

119 99 €


DX-6G - SET PER FOTOGRAFIA DIGITALE SUBACQUEA di Pino Tessera

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a SEA&SEA ripropone, dopo un certo periodo di analisi e di studi, un set fotocamera/custodia per la fotografia subacquea. Viste le caratteristiche di questo set, esso si propone sia agli appassionati di fotografia subacquea, sia ai fotosub evoluti che cercano nuove caratteristiche e nuove tecniche in una attrezzatura compatta, di alta affidabilità e dalle caratteristiche innovative che possono arricchire quelle che già hanno con la loro attrezzatura professionale. Il set è composto da: ■■ una fotocamera di alta qualità con 16,1 Megapixel effettivi che continua il concetto G (G1 e G2 della Sea&Sea) per una creatività fotografica sempre più estesa e ingegnosa con uno chassis robusto sul quale fare affidamento nelle condizioni più ostili. La fotocamera ha una eccezionale impermeabilità fino a 14 m e resiste a cadute da 1,6 m. ■■ Una custodia con la quale è possibile raggiungere i 55 metri di profondità. Questo set per la fotografia subacquea è una scelta perfetta per chi, pur iniziando, vuole ottenere fotografie subacquee di alta qualità in modo semplice e valorizzando la propria creatività senza compromessi. Le caratteristiche della fotocamera G6: Zoom ottico 5x = 5,1-15,3mm (28-140mm nel formato 35mm) per immagini nitide ad alta risoluzione. Sensore CMOS retroilluminato da 16 MP. Ritardo allo scatto: 0,008 sec.

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Con un aggiuntivo ottico si possono effettuare riprese super-grandangolari incrementando la lunghezza focale sino a 0,57 X. Passaggio da grandangolo a macro senza dover intervenire sulla fotocamera Campo di messa a fuoco (automatica): ■■ Normale: 0,5m all’infinito (sull’intera escursione focale) ■■ Macro: 0,1m – 0,6m (sull’intera escursione focale) ■■ Macro 1cm: 0,01m -0,3m (in posizione intermedia Questa peculiarità della fotocamera permette di passa da riprese grandangolari a riprese macro da 10 cm. Senza attivare la funzione macro della fotocamera. In questo caso la messa a fuoco sul soggetto macro è un poco più lenta perché l’obbiettivo lavora su un campo da 10 cm all’infinito. Se si desidera una messa a fuoco veloce quando si effettuano riprese macro è consigliabile inserire detta funzione per cui il “range” di messa fuoco è da 10 a 60cm. Nella modalità “Microscopio digitale” per riprese a 1 cm per macrofotografie con dettagli troppo piccoli per essere visti ad occhio nudo. L’illuminazione è fornita da sei LED disposti intorno all’obiettivo, evitando che la fotocamera faccia ombra sul soggetto. In questa modalità di ripresa, il flash incorporato alla fotocamera non è attivabile. Altra caratteristica utile ai fotografi subacquei è la possibilità di scattare automaticamente due immagini con flash ON e OFF in un’unica operazione.


FOTO/VIDEO SUB Questa funzione è particolarmente utile nei controluce quando si è indecisi se illuminare il soggetto in primo piano e se fotografarne la sola siluette. La fotocamera consente altre 25 opzioni di scene fra cui le più importanti sono: ■■ AF ad inseguimento automatico. ■■ Scatti continui/raffica veloce/bracketing automatico. ■■ Modo HDR (combina 3 scatti in un’ unica immagine con più ampia dinamica. ■■ Filmati in HD a 1920 30fps 1280 60/30 fps. ■■ Acquisisce filmati per una riproduzione rallentata per 15 sec. ■■ Scatta una serie di immagini con intervallo specificato e le salva come filmato (film lapse). Un grande monitor LCD da 2,7” con 230.000 pixel con luminosità regolabile consente un’ottima visione in qualsiasi condizione di luce ambiente. Speciale modalità SEA&SEA per riprese foto/video subacquee.

L’innesto a baionetta sull’ oblò frontale consente l’impiego del suo apposito aggiuntivo grandangolare che permette di ampliare il campo di ripresa dello 0,65% per riprese spettacolari dei fondali marini o di grandi banchi di pesci. Con gli appositi anelli adattatori è possibile anche utilizzare ottiche aggiuntive con filettatura diametro M67 e M52. La custodia DX-6G è garantita sino a 55 metri di profondità. Elegante, ben costruita, consente un facile accesso a tutti i comandi della fotocamera, anche calzando dei guanti, grazie ad un intelligente variazione dell’altezza dei relativi tasti. Fotografie in modo TTL con i flash YS-03, YS-D1e YS-D2. In modo DS-TTL con YS-D2J prodotti dopo Maggio 2019 (in modalità personalizzata - Posizione E). Il flash YS-01 non è compatibile.

Distribuita da:

www.attrezzaturafotosub.com Per ulteriori informazioni: pinotessera@alice.it info@attrezzaturafotosub.com

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STEFANO MORETTO

NUOVO RESPONSABILE DELL’OFFERTA PRODOTTO IN BEUCHAT. L’INTERVISTA di Massimo Boyer

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icordo che una delle prime volte che ebbi a che fare con Stefano Moretto fu a Torino. Lui era un giovane biologo marino, tra gli organizzatori di una manifestazione nominata H2TO. Ne è passata di acqua sotto i ponti, Stefano, che per anni è stato Product Manager per Decathlon e responsabile della linea dedicata agli sport subacquei (Tribord, diventata Subea), all’inizio dell’anno ha sorpreso un po’ tutti annunciando il suo passaggio alla Beuchat. Ma vuoi parlarcene tu?

anche l’innovazione, infatti Georges Beuchat è stato un inventore instancabile (nel 1953 inventò la muta isotermica, successivamente lancia la maschera a compensazione e le pinne “a getto”, le famose JetFin) che ha portato la sua società ad essere un marchio all’avanguardia nel panorama delle attività subacquee. Beuchat Italia al momento è chiusa, ma un Italiano in una posizione di responsabilità (in un azienda francese) ci fa pensare che qualcosa di interessante stia bollendo in pentola... Puoi anticiparci qualcosa?

c’è una nuova collaborazione con BEST DIVERS per l’Italia e non è poco, ma diciamo che tutte le novità le vedrete direttamente all’Eudi Show a Bologna. Per il resto il mio ruolo è proprio nel cuore dell’Azienda, essendo il Responsabile del R&D mi sto occupando della Ricerca e Sviluppo dei futuri prodotti di questa azienda per tutti i mercati che stiamo sviluppando nel mondo e per tutti gli sport che abbiamo deciso di seguire (tra gli altri oltre alla subacquea ed alla pesca sub, lo snorkeling, l’apnea, il nuoto in acque libere, ecc…).

Caro Massimo, intanto ti dico che sono emozionato… raccontarsi è sempre un momento intimo! Comunque hai ragione, è proprio il caso di dire che ne è passata di acqua sotto i ponti! L’anno che ricordi tu, era il 2003, anno internazionale dedicato all’acqua e la manifestazione che ricordi a Torino, era dedicata al mitico Poster di Antibes con personaggi storici come Guido Picchetti, Maria Ghelia, Daniel Mercier e Aldo Torti tra gli altri. Ma torniamo ai tempi moderni, hai ragione è stata una scelta ponderata… Partendo dalla visione “Vivere e preservare il mare”, una passione, un marchio e dei prodotti intimamente legati al mare, un universo meraviglioso, ma fragile. Continuando con i valori di questa azienda storica della subacquea (siamo nel suo 85° anno di vita): la passione e la protezione ambientale (già citate), ma

Ovviamente questo è un tranello, oppure stai facendo la sirena per fregarmi… Quello che posso dire è che dal 2019

Torniamo alle origini, in un certo senso. Tu nasci come biologo, e si può dire che non abbia mai abbandonato del tutto la

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ATTREZZATURA

scienza. Dall’inizio infatti curi l’edizione della rivista “il pianeta azzurro”, che tratta di acqua a 360° e che compie 15 anni di vita. Segui l’uscita dei libri della “collana del faro”. Come concili il tuo impegno nel settore delle attrezzature sub con quello editoriale, dove trovi il tempo? Che dire in merito alle mie origini con i piedi nell’acqua… Se proprio vogliamo, effettivamente negli anni ’90 nasco come sportivo (tra gli altri sport, come nuotatore, skipper e subacqueo), appassionato di biologia e giornalismo. Nel 2000 ho fondato con altri appassionati e con la Docente di Biologia Marina Daniela Pessani (quanta passione e determinazione), la prima associazione di Biologia Marina di Torino presso l’Università (BIO. MA. Torino), ma anche una scuola subacquea, Tritone Scuola Subacquea Torino. Ma è solamente nel 2003 che integro l’Istituto per l’Ambiente e l’Educazione Scholé Futuro ONLUS (oggi WEECNETWORK) per creare il settore “il Pianeta azzurro” che tra le altre cose ha un sito dedicato ed edita una rivista, oltre ai citati dossier monotematici (de “La collana del Faro”) dedicati al nostro tanto amato (e maltrattato) mare. Ma per concludere rispondendo direttamente alla domanda… il segreto sta nella fusione della passione con il lavoro. Infine, tanto per non perdere l’abitudine alle belle immersioni, sei tra i soci fondatori dell’Agusta Eco Resort, in Indonesia, nella selvaggia regione di Papua. In pieno nel paradiso della biodiversità e, a mio parere,

delle immersioni subacquee. Quanto tempo dedichi all’Agusta resort? Diciamo che con l’Agusta Eco Resort è stato “amore a prima vista” (nome dato dall’unica abitante dell’isola), ma qua siamo già in tempi più moderni (intorno al 2010), con alcuni miei amici abbiamo iniziato a cercare un posto ideale nel mondo finchè non l’abbiamo trovato! Pensa che durante la ricerca sono passato per la fondazione con Vincenzo Pampararo, nel 2006, di AQUAX, il diving più alto del mondo, creato nelle valli olimpiche a 2.100 metri di altezza, durante i XX Giochi Olimpici Invernali di Torino e durante il record di apnea di Mattia Malara, 70 metri lineari sotto il ghiaccio in 1’ e 18’’. Un bel salto passare dai laghi ghiacciati in quota alle isole della selvaggia regione di Papua. Ma tornando alla mia “isola del tesoro”, posso dire che il mio impegno è soprattutto di marketing, network e supporto internazionale, infatti abbiamo la fortuna di avere un paio di soci sull’isola che gestiscono totalmente il business. Stefano, tu hai fatto immersioni un po’ in tutto il mondo. Qual è il sito dove torneresti, o dove consiglieresti a un amico di prendersi una bella vacanza subacquea? In questo caso la risposta per me è semplice, ma doppia. Da una parte ovviamente direi la Papua, infatti la sua biodiversità è incredibile ed ogni volta mi stupisce, ma dall’altra direi il nostro caro ed amato (soprattutto se più conosciuto) Mediterraneo. Ho avuto il piacere di fare delle bellissime immersioni in Liguria, ma anche lungo la

costa meridionale della Francia (cito per esempio negli anni ’80 ho frequentato spesso le isole di Port cros e Porquerolles) e quindi non potrei non segnalarlo a tutti. Mettere la testa sotto la superficie dell’acqua è sempre una nuova scoperta, non si smette mai di imparare e di stupirsi. In uno degli ultimi libretti della “collana del faro” intervisti vari personaggi ricostruendo un poco la Storia della Subacquea. Ma chi, tra questi o includendo altri che non hai potuto raggiungere per motivi vari, consideri il tuo modello, il tuo padre putativo subacqueo? Wow! Qua il rischio diplomatico (e di dimenticare) è altissimo, ma non posso che dire Angelo Mojetta. Ovviamente escludo i presenti. Scherzi a parte Jacques-Yves Cousteau (con la Calypso), Jacques Mayol (con il film Le Grand Bleu) ed Enzo Maiorca mi hanno ispirato da sempre (quale onore aver intervistato la figlia Patrizia), Pelizzari e Genoni hanno fatto la differenza con i loro record degli anni ’90. Ci sono anche personaggi “collaterali” che mi hanno ispirato molto, vedi le sfide di Giovanni Soldini e le battaglie di Luna Rossa. Se devo dire però chi mi ha ispirato in televisione… James Bond ed i suoi film con le imprevedibili scene subacquee e le attrezzature futuristiche. A questo punto non mi resta che dire di aver chiuso il cerchio sono partito con aver lanciato un marchio nuovo nel mondo della subacquea per poi avere la possibilità di essere integrato in un marchio storico come quello di Beuchat. Buone bolle a tutti!

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TORCIA MARES EOS 10R di Alessio Tenenti (Foto di Janez Kranjc)

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a torcia più maneggevole e compatta realizzata da Mares, la EOS 10R, ha tutte le caratteristiche per essere considerata una torcia di back up ideale. Con un profilo essenziale, si presenta come un cilindro di 2,5 cm di diametro per 15,5 cm di lunghezza, in robusto alluminio anodizzato di colore brunito. E, quando si suol dire che le dimensioni non contano, grazie al suo led Cree XM-L2 sprigiona ben 1000 lumens a piena potenza. Grazie a forma e dimensioni contenute, potrà essere facilmente riposta come torcia di emergenza, in una tasca del gav o della muta stagna. Personalmente la trovo molto adatta per tenerla posizionata sotto il braccio, assicurata ad uno dei D-ring pettorali ed inserita in un elastico lungo l’imbrago, in perfetto stile DIR, quando utilizzo una piastra con imbrago continuo; oppure, in alternativa, non mi dispiace chiuderla nella taschina con zip di cui sono ormai dotate molte delle

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tasche delle mute stagne, per non togliere spazio al compartimento principale. C’è da aggiungere che la EOS 10R si sposa perfettamente con la linea dei prodotti Mares XR, poiché garantita fino a 100 metri di profondità, di conseguenza è una torcia che potrà facilmente incontrare il favore anche dei subacquei tecnici più tradizionalisti. È disponibile sia nella versione standard a fascio concentrato di 12°, che ben penetra in profondità, sia nella versione EOS 10R W – Wide – con fascio di 120°; entrambi i modelli propongono due intensità luminose, rispettivamente di 1000 lumens, con una durata di 90 minuti, e di 500 lumens, per 150 minuti di autonomia, offrendo anche una terza modalità flash/SOS. Davvero apprezzabile è il pulsante di accensione, del pratico tipo a pressione, che molto opportunamente è stato alloggiato in un incavo del corpo della torcia, risultando così al contempo ergonomico ma soprattutto sicuro poiché atto ad


ATTREZZATURA

una potenza corrente e assolutamente adeguata per una buona torcia primaria. In conclusione, è un compromesso azzeccatissimo tra dimensioni, peso e potenza, questa torcia Mares EOS 10R che, una volta presa in mano ed accesa, vi farà immediatamente rendere conto di cosa stiamo parlando!

evitare agganci indesiderati o ancor più pericolosi. È stato inoltre calibrato con una resistenza tale da impedire che possa essere accidentalmente azionato, a meno di una intenzionale pressione esercitabile solo dal dito del subacqueo. Alla base del pulsante, l’immancabile led cambia colore da verde ad arancione ed infine a rosso per informare visivamente il sub sullo stato di carica della batteria. La batteria li-ion, accessibile svitando il fondo della torcia, può essere facilmente ricaricata tramite cavo micro usb che può essere connesso direttamente ad una presa, con adattatore da 5 V, oppure a un PC, ed anche qui un led, che da rosso cambia colore in verde, avvisa quando la batteria è completamente carica. EOS 10R viene venduta in una pratica custodia imbottita e, grazie ai soli 190 grammi con batteria inserita, risulta ideale anche per chi debba fare i conti con il peso in viaggio o negli spostamenti, senza però rinunciare a qualità ed efficienza. Sebbene io la proponga come torcia secondaria, date le dimensioni così contenute e vista la disponibilità sul mercato di modelli più potenti nella linea Mares EOS, la 10R potrebbe comunque essere considerata come una prima torcia, acquistabile ad esempio da un subacqueo che, iniziato da poco il suo percorso, abbia la necessità di disporre di una fonte luminosa ma non si voglia ancora impegnare con un dispositivo più costoso o troppo ingombrante... in fin dei conti non dimentichiamoci che sino a qualche anno fa 1000 lumens rappresentavano

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AQUA LUNG – GAV ROGUE - MUTA BALI 3 MM

TEST SUL CAMPO di Massimo Boyer

(Fotosub di Luca Saponari, foto esterne di Simone Montano)

In occasione di un recente viaggio alle Maldive, per un workshop teorico-pratico sui pesci marini tropicali, identificazione ed ecologia, tenuto al MaRHE Center, Magoodhoo Island in collaborazione con l’Università di Milano Bicocca, ho avuto occasione di sottoporre alcune attrezzature per immersione a un test prolungato, durante molte immersioni. Di seguito le mie opinioni.

GAV ROUGE Il test dell’innovativo GAV Rogue inizia quando apro la confezione e ne estraggo i pezzi per assemblarlo. Si tratta di un GAV minimalista ma mi rendo conto immediatamente di alcune caratteristiche uniche che ne faranno un prezioso compagno di immersione. Spallacci e cinturone ventrale si montano in pochi minuti, il sistema è facile, immediato e

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intuitivo e dà subito un’idea di robustezza, sebbene il peso sia molto contenuto, di soli 2.2 kg per il GAV intero. La piastra dorsale è sostituita da uno schienalino morbido preformato, molto confortevole ed efficace nel tenere il GAV in posizione, con l’aiuto di un ottimo cinturone ventrale e di un cinghiolo sternale regolabile. Ed eccomi sul campo. Una fascia posteriore con fibbia in acciaio a prova di

scemo (quasi impossibile pizzicarsi le dita), dopo la prima regolazione si rivela molto efficiente nel tenere in posizione la bombola di alluminio. La tasca per i pesi è ottimamente posizionata in verticale sulle reni, i pesi si inseriscono facilmente in apposite tasche, che vanno in posizione con uno scatto ben udibile anche col motore della barca acceso e non si muovono più. Le tasche di serie sono estensibili, non enormi


ATTREZZATURA

ma possono contenere in uno spazio ragionevole i molti ammennicoli che noi ricercatori amiamo portare con noi. Ne avrò bisogno durante il workshop. Assicuro la custodia fotografica a uno dei due D-ring in acciaio posizionati sugli spallacci, tramite un moschettone, e sono pronto. Per la cronaca, gli spallacci hanno una serie di anelli di aggancio in tela, dove sistemare con dei moschettoni gli attrezzi più piccoli. L’assetto in acqua è perfetto. Personalmente amo i GAV a gonfiaggio posteriore, apprezzo la posizione che danno al subacqueo, orizzontale con facilità di basculare verso l’alto o verso il basso, azioni che come fotografo compio

sovente durante l’immersione. Il sacco posteriore garantisce una capacità di sollevamento di 15 kg, largamente sufficienti per le mie esigenze. Il sistema di elastici ai lati del sacco lo compatta quando, in immersione, è vuoto, riducendone la resistenza idrodinamica, e le improvvise correnti Maldiviane, che arrivano in modo inatteso e cambiano direzione, mi aiutano a verificarlo. Al ritorno in superficie il GAV gonfio sostiene il sub rimanendo nella giusta posizione, senza scivolare verso l’alto. Sinceramente vedendo il gav fuori dall’acqua pensavo all’opportunità di aggiungere un cosciale, ma il fascione ventrale e la zavorra integrata si rivela-

no molto efficaci nel tenere il GAV nella giusta posizione, e nell’assicurare il giusto grado di comfort al subacqueo stanco dell’immersione che aspetta il proprio turno di salire in barca. Conclusioni: un ottimo GAV. La leggerezza e la compattezza ne fanno lo strumento ideale per un viaggio ai tropici, ma a mio giudizio può essere adattissimo anche per l’uso in Mediterraneo, per immersioni ricreative. Il GAV è configurabile aggiungendo accessori optional che consentono di comporlo secondo le necessità e lo stile di ognuno, ma anche nella configurazione di base garantisce un’ottima funzionalità e il giusto comfort.

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ATTREZZATURA

MUTA BALI 3 MM Bali è una muta da 3 mm a cerniera posteriore, progettata per immersioni in acque calde. Al momento di indossarla, sul Dhoni maldiviano, con il caldo soffocante e l’aria che non vuole muoversi, apprezzo soprattutto l’elasticità del neoprene di alta qualità. L’indossamento e la chiusura della zip dorsale portano via un tempo più che ragionevolmente limitato. Il collo non stringe né costringe, il taglio a V della scollatura è quasi impercettibile alla vista, ma si rivela subito di grande comodità, soprattutto per chi come me soffre il caldo. La muta non si sente, non stringe né provoca sensazioni di soffocamento, si sistema bene in posizione anche grazie alle cuciture piatte a contatto con la pelle. La muta veste bene, è elegante e, come si conviene a una muta tropicale, divertente. Il design è ispirato a una fotografia del reef corallino indonesiano di Flores, e testimonia l’impegno di Aqua Lung a favore della conservazione delle formazioni coralline, fianco a fianco con Coral Guardian. Un altro dato importante: il neoprene è PAH free, non a base di petrolio.

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In acqua apprezzo la resistenza alle abrasioni delle ginocchiere in Powertex, sempre elastiche e flessibili ma molto resistenti, e ve lo dice un fotografo che appoggia spesso le ginocchia al fondo, pur facendo sempre molta attenzione a non danneggiare forme di vita, e inevitabilmente le sfrega contro la roccia. Le guarnizioni di polsi e caviglie sono davvero efficaci contro gli ingressi di acqua. L’eventuale cappuccio è opzionale, non ne sento la necessità nell’acqua caldissima delle Maldive. Al ritorno in barca si è alzata una brezza, che rinfrescherebbe leggermente i nostri corpi bagnati. Ma il pancino è tenuto caldo grazie al pannello frontale in mesh-skin, comodo e resistente. In conclusione, un’ottima muta che mi sento di consigliare senza dubbio a chi faccia immersioni tropicali. Il moderato ricambio di acqua a mio avviso dovrebbe essere garanzia di immersione calda anche per i più freddolosi. Non rientro in

questa categoria, ma anche al termine di immersioni molto lunghe e con pochi spostamenti, compiute per ricerca, non ho mai avvertito il brividino che dà il segnale che stiamo disperdendo troppo calore.


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LE 5 IMMERSIONI INDIMENTICABILI IN COSTA DEGLI ETRUSCHI di Daniele Passaro (Foto di Francesca Pagliai, Barbara Santoro)

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a Costa degli Etruschi comprende l’intero territorio che della città di Livorno, interessando da sud verso nord i territori comunali di Piombino, San Vincenzo, Castagneto Carducci, Bibbona, Cecina, Rosignano Marittimo e Livorno, nonché i comuni dell’entroterra, ovvero Collesalvetti, Sassetta, Suvereto e Campiglia Marittima. È così denominata per le numerose necropoli etrusche presenti principalmente tra il Golfo di Baratti e Populonia, che in origine era l’unica città etrusca sorta lun-

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go la fascia costiera; la denominazione si è estesa successivamente all’intero litorale della provincia di Livorno, in gran parte corrispondente alla Maremma livornese. Molto interessanti per i divers gli ameni promontori di Castiglioncello e Quercianella che segnano la costa in prossimità di Livorno, alle cui spalle si estendono le cosiddette Colline livornesi. È proprio qui che sorge il Centro Diving Bolle d’Azoto partner del Park Hotel Marinetta, resort 4 stelle a Marina di Bibbona, per il quale la struttura ha selezionato le esperienze più indimenticabili.

Il Centro Diving utilizza per le immersioni un gommone Bsc motorizzato Yamaha 250cv che permette di raggiungere tutti i punti d’immersione in pochi minuti. Oltre alle esperienze raccolte, il Diving organizza sia immersioni ricreative che tecniche fino a 120mt alle secche di Vada, alla Meloria e in tutti i relitti nella zona. Inoltre Il diving è attrezzato con booster doppio pistone e offre ricariche aria nitrox e trimix. C’è anche la possibilità di affittare attrezzatura per le immersioni tecniche e per gli utilizzatori di rebreather è possibile trovare la sofonoline a disposizione.


OPERATORI

Per i subacquei amanti delle immersioni con scooter subacqueo, ci sono percorsi dedicati che danno la possibilità di esplorare pareti inarrivabili piene di vita e colori. Il diving è centro formazioni istruttori UTRtek.

IL NORD OVEST ll “Nord Ovest” è uno dei siti più belli di Calafuria, stupenda scogliera tra Quercianella e Livorno. Ancoraggio sui 18 metri, si scorre la parete sul lato destro, raggiungendo velocemente i 26 metri, dove abbiamo un’au-

tentica esplosione di vita. Nascosti sotto le rocce troviamo colonie di corallo rosso in fiore, aragoste (anche di buone dimensioni) e scendendo ancora si arriva sui 40 metri dove possiamo trovare gorgonie rosse. Per tutta la durata dell’immersione, anche a quote non impegnative, è infine possibile ammirare una grande quantità di stelle gorgone (astrospspartus), particolarità che rende questa immersione assolutamente da non perdere. L’immersione è considerata per esperti e, per questo motivo, il brevetto minimo

richiesto è la specialità Deep. É inoltre fortemente consigliato l’uso di Nitrox per non uscire subito fuori curva e godersi a pieno l’immersione.

IL CASTELLO Il Castello è un’immersione molto semplice e caratteristica, adatta ai neofiti o a chi devi riprendere un po’ di dimestichezza dopo la pausa invernale. Si comincia con un ancoraggio fatto ai piedi del famoso e bellissimo Castel Sonnino e ci si immerge ad una profondità che non supera i 12 metri.

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OPERATORI a 30 metri, si incontrano aragoste anche di notevoli dimensioni. È anche possibile percorrendo un breve tratto verso il mare aperto, andare ad esplorare un altro punto d’immersione chiamato “Isola” famoso per i banchi di corallo e le gorgonie.

L’ISOLA Una delle immersioni più caratteristiche della zona. Arriviamo con il gommone e ormeggiamo sul cappello che si trova a circa 21 m. L’isola si presenta come un panettone staccato dalla cigliata di Calafuria. La parte nord cade verticale fino a circa 36 metri. È la parte più suggestiva dell’immersione. La parete ospita banchi di corallo tra i più vivi e imponenti di tutto il litorale. A dispetto del poca profondità, si possono incontrare già le prime colonie di corallo rosso, spirografi, le classiche “gorgonie gialle” murene, e saraghi e negli anfratti qualche Corvina. Il sito è colonnizzato da moltissimi nudibranchi bellissimi e colorati. Adatto sia ai neofiti che agli appassionati di fotografia che potranno disporre di una ricca vita e della bassa profondità che permetterà tempi d’immersione lunghi (prerogativa fondamentale per il fotografo) in curva di sicurezza. Il sito d’immersione viene spesso usato nella stagione estiva, per un apericena al tramonto post immersione dove poter godere della magnifica vista offerta dalla “cala del leone”.

GENEPESCA Genepesca, 24/32 metri, il relitto per tutti i subacquei advanced che desiderano qualcosa fuori dal comune. Siamo a circa un miglio dal faro di Vada, affascinante faro marittimo del Mar Tirreno. Il Genepesca è un ex peschereccio affondato in assetto di navigazione. È nel range di profondità che ti permette maggior tempo di fondo, gode di buona a volte ottima visibilità ed è penetrabile in sicurezza.

LA GROTTA DEL GRONCO La grotta, è tra le immersioni più caratteristiche di Livorno per morfologia e quantità di Pesce. Ancoraggio circa 9/10 metri. L’immersione può essere svolta da subacquei di qualsiasi livello grazie alle pareti che cadono fino a 40 metri. Ci sono più itinerari possibili, in base a quello che il subacqueo ricerca.

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Sul cappello a circa 11 metri, nel periodo primaverile/estivo risiedono barracuda stanziali abituati ai subacquei. Con il giusto approccio si lasciano ammirare e fotografare. Il giro classico viene svolto percorrendo la parete destra e lungo il percorso si possono trovare saraghi, cernie stanziali, e scrutando nel blu non è difficile scovare due dentici di grandi dimensioni che ormai sono di casa. Se abbiamo aria a sufficienza, è possibile spostarsi verso terra e conoscendo il punto, troviamo una tana con 10 corvine stanziali bellissime. Tornando verso la barca, sbirciando nei buchi si possono trovare facilmente murene e polpi. Se invece si possiede brevetti advanced e deep, percorrendo la parete sud

Qui è facile incontrare vari tipi di nudibranchi. Tenendoci la parete sulla sinistra, quando svoltiamo e percorriamo la parte lato “mare aperto”, abbiamo varie possibilità: possiamo proseguire lungo la parete e scovare tra i vari anfratti aragoste e murene oppure se la visibilità ce lo permette, staccarci e raggiungere un piccolo panettone staccato colonizzato da gorgonie rosse, bianche e gialle. Proseguendo lungo la parete, si raggiungono profondità meno impegnative e oltre ad ammirare le pareti scenografiche e i suoi abitanti, raggiungendo nuovamente il cappello possiamo incontrare dentici stanziali in caccia. Una bellissima avventura che richiede almeno il brevetto advanced ed è molto consigliato il brevetto nitrox.


RELAX

SIDEMOUNT DIVING

A cura di Massimo Boyer

STORIA E CARATTERISTICHE DEL SISTEMA di Umberto Natoli Ed. IRECO, 2019

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mberto Natoli si accosta al sistema Sidemount e in un manuale chiaro, conciso e comprensibile a tutti ne spiega le linee essenziali e attuali. Tra le altre cose è, per quanto ne sappiamo, il primo libro dedicato al sidemount scritto in italiano. Dedicato a tutti quelli che vogliono approfondire le conoscenze di base su questo modo diverso e affascinante di configurare l’attrezzatura subacquea, con le bombole montate lateralmente, lungo i fianchi. Nato per ridurre l’ingombro del subacqueo e facilitare l’esplorazione di grotte e cunicoli tipici della speleologia, il sidemount si sta diffondendo a macchia d’olio anche tra chi pratica l’immersione ricreativa, e anche questa rivista gli ha dedicato ultimamente diversi articoli. Moda? Sarebbe facile pensarlo, ma il sidemount è anche semplicità, essenzialità, minimalismo, pesi contenuti e ben distribuiti, controllo costante della riserva di gas, e un impegno fisico notevolmente ridotto nell’andare sott’acqua, a tutto vantaggio della sicurezza e del piacere di godere in relax una bella immersione. Secondo quanto riferisce l’autore, il consumo polmonare può arrivare a una riduzione del 20% rispetto alla stessa immersione fatta in configurazione backmount, cioè con bombola dietro. Il manuale, dopo un’introduzione storica, passa in rassegna le varie attrezzature che il mercato mette a disposizione del subacqueo che voglia dedicarsi a questa disciplina, per poi illustrare con cura il loro funzionamento. Il libro finisce riportando i pareri di illustri medici subacquei e iperbarici del SIMSI Società Italiana Medicina Subacquea e Iperbarica, e le testimonianze di alcuni dei più qualificati esperti praticanti e istruttori del sistema. Da questi si ricava l’immagine di un sistema che premia il fisico e anche la mente del subacqueo, che si affatica di meno (anche nel trasportare e indossare l’attrezzatura), dipende meno dall’aiuto dei compagni, tiene costantemente sotto controllo la riserva d’aria, mantiene una posizione più vantaggiosa dal punto di vista idrodinamico. In due parole fatica di meno ed è più tranquillo e sicuro. Per concludere con le parole di Umberto Natoli, “il sistema sidemount costituisce non solo una valida alternativa al siste-

ma tradizionale backmount, ma direi quasi un imprescindibile completamento alla prpria preparazione teorico pratica. Il sistema aiuta a scoprire una fisicità molto più consapevole nel contatto con l’ambiente acquatico.” Sottolineiamo la necessità della guida di un istruttore competente, a cui il libro non si vuole assolutamente sostituire, ma che può affiancare e integrare.

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LA MALATTIA DA DECOMPRESSIONE PUÒ COLPIRE LE BALENE?

PROBLEMI DECOMPRESSIVI NEI MAMMIFERI MARINI

di Neal Pollock

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n genere si pensa che i mammiferi marini non soffrano di malattia da decompressione (MDD). Questa convinzione si basa su due assunti: il primo è che l’evoluzione ha permesso loro di adattarsi al mondo subacqueo, il secondo è che la riserva di gas è limitata ad una singola inspirazione. Tuttavia, come

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spesso succede, la realtà può essere diversa dalle convinzioni più diffuse. Le segnalazioni aneddotiche di sintomi compatibili con la MDD in subacquei che praticano apnea estrema e le grandi quantità di gas trovate in alcuni mammiferi marini spiaggiati sollevano interrogativi sulle implicazioni decompressive delle

immersioni in apnea. Il Woods Hole Oceanographic Institution Marine Mammal Center ha recentemente ospitato un workshop che ha riunito esperti, provenienti da diverse discipline, che hanno passato in rassegna le conoscenze attuali. Il gruppo di studio comprendeva sia specialisti in medicina subacquea, fisiologia umana


SALUTE ed elaborazione di modelli decompressivi, che specialisti in medicina, patologia, anatomia, fisiologia, ecologia e comportamento dei mammiferi marini. I risultati del gruppo di studio sono stati pubblicati in un articolo nei “Proceedings of the Royal Society – Biology” (Atti della Royal Society – Biologia). Gli effetti della pressione e i rischi di MDD sono ben noti ai subacquei umani. L’aumento della pressione ambiente fa sì che il gas inerte passi dalla riserva di gas compresso nei polmoni e poi in tutto il corpo. Il conseguente eccesso di gas inerte viene eliminato attraverso i polmoni durante e dopo la risalita. Se la riduzione di pressione è troppo grande per una data quantità di gas inerte, nei tessuti si possono formare delle bolle, e può innescarsi una sequenza di eventi che provoca sintomi di MDD. Gli esseri umani controllano lo stress decompressivo limitando l’esposizione all’ambiente subacqueo e/o seguendo tabelle di decompressione ottenute sperimentalmente o da modelli matematici. I mammiferi marini si immergono regolarmente e ripetutamente a profondità notevoli senza il beneficio di computer o di tabelle da immersione, ma anche, in genere, senza danni evidenti. Oltre ad essere quantitativamente limitato da un singolo respiro, il gas viene compresso e

intrappolato all’interno di porzioni di polmoni grazie al collasso di alcune piccole vie aeree, con conseguente riduzione del volume di gas che passa nel sangue ed in altri tessuti. Questi meccanismi non fermano completamente il passaggio, come indicato dai notevoli volumi di gas, non attribuibili alla decomposizione, presenti in animali recentemente spiaggiati. Inoltre, gli esami necroscopici hanno rilevato lesioni compatibili con danni tissutali cronici riferibili a ripetuti stress decompressivi. In sintesi, queste scoperte ci inducono a cambiare le nostre idee su mammiferi marini e decompressione. Nei mammiferi marini ci sono diversi meccanismi che verosimilmente riducono lo stress decompressivo, anche se meno di quanto si creda. L’inspirazione singola di fatto limita il gas alla fonte, soprattutto per le specie che si immergono dopo un’espirazione parziale. Il collasso delle vie aeree riduce l’assorbimento di gas inerte dal sangue, almeno nelle immersioni più profonde. La riduzione del flusso sanguigno ai tessuti non essenziali (parte del riflesso d’immersione) riduce anche il passaggio di gas inerte ai tessuti. È importante sottolineare che, sebbene questi fattori riducano il rischio, non lo eliminano del tutto, in particolare nelle immersioni più estreme. In definitiva, è probabile che il profilo di immersione, il volume polmonare e l’inter-

vallo di superficie bilancino le necessità di termoregolazione, di digestione, di controllo dell’assetto, la fame, le interazioni predatore/preda e lo sforzo esercitato per determinare l’effettivo stress decompressivo per una data immersione o giornata. Il controllo volontario e/o riflesso sul comportamento e le risposte fisiologiche alle immersioni possono alterare il rapporto rischio-ricompensa. L’estensione degli intervalli di superficie o l’aggiunta di immersioni a profondità moderate per ridurre o eliminare la formazione di bolle possono essere strategie - consce o inconsce - per ridurre lo stress decompressivo. Sono necessarie ulteriori ricerche per ampliare la nostra comprensione dei limiti pratici dei sistemi protettivi di cui godono i mammiferi marini, degli schemi normali e delle conseguenze della formazione di bolle, e di come i mammiferi marini e gli esseri umani differiscano nelle risposte alle bolle e alle lesioni tissutali. È probabile che lo sviluppo di nuove tecnologie per la raccolta di dati in tempo reale da mammiferi marini liberi consentirà di rispondere alle tante domande ancora aperte.

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il primo magazone nella storia della subacquea

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