ScubaZone n.53

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FOTO: MARCELLO DI FRANCESCO

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SOMMARIO

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ScubaZone è un pr odotto Zero Pixel Srl www.zeropixel.it - info@zeropixel.it

DESK Tu chiamale, se vuoi, emozioni di Massimo Boyer

owner

Zero Pixel Srl Via Don Albertario 13 20082 Binasco (MI) Italia P.iva e Cod.fiscale. 09110210961

NEWS Alessia Zecchini lancia il suo sito web realizzato con ZeroPixel di Ornella Ditel

managing and editorial director

News di prodotto

Massimo Boyer massimo@zeropixel.it

pag. 8 pag. 12

BIOLOGIA

art director & graphic executive

Francesca Scoccia - francesca@zeropixel.it

contributors this issue

Massimo Boyer • Ornella Ditel • Francesco Turano • Franco Tulli • Francesca Frisone • Roberta Cipressi • Renato La Grassa • Roberto Antonini • Cesare Balzi • Andrea Alpini • Claudio Ziraldo • Cristian Umili • Luca Cornali • Claudia Alpa • Claudio Di Manao • Fabio Bruno • Antonio Lagudi • Orante Trabucco • Cristian Pellegrini •

Le cernie di Pianosa di Massimo Boyer

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Biologia di un relitto di Francesco Turano

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La lotta “a morsi” tra maschi di Pseudanthias di Franco Tulli

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VIAGGI

Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle immagini senza il consenso dell’autore.

Emozioni forti sott’acqua? Belongas Bay di Roberta Cipressi

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Emozioni infinite a Brothers, Dadedalus e Elphinstone di Renato La Grassa

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IMMERSIONI

Pubblicità: info@scubazone.it Download at www.scubazone.it

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Emozioni profonde: dolci e salate di Roberto Antonini

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Il relitto del Concordia di Cesare Balzi

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Relitti in Liguria: lo specchio del mare è la sua terra di Andrea “Murdock” Alpini

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ALESSIA ZECCHINI LANCIA IL SUO SITO WEB REALIZZATO CON ZEROPIXEL di Ornella Ditel

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lessia Zecchini, classe 1992, romana, campionessa di apnea con 16 medaglie d’oro ai Mondiali, 33 medaglie internazionali e 27 record del mondo, è attualmente “la donna più profonda al mondo” con i suoi -113 metri in assetto costante (monopinna) raggiunti ad agosto 2019.

Ciao Alessia, su cosa sei focalizzata ora? Nonostante la nuova incertezza che stiamo vivendo, rimango ottimista e sono impegnata a programmare la stagione, quindi in questo periodo sono molto concentrata sugli allenamenti. Curo personalmente anche i rapporti con gli sponsor con cui sono in contatto quasi quotidiano e cerco di farlo al meglio. Questo non è un periodo facile per nessuno.

Sei molto attiva sui canali social, in particolare Instagram e Facebook. Possiamo definirti una influencer? So che molti storcono il naso quando si parla di influencer. Personalmente non mi definirei così in una presentazione, ma mi viene naturale e mi fa piacere condividere sui canali social ciò che faccio e penso. Mi rendo conto di avere un bel seguito quindi sento anche forte la responsabilità dell’impatto che posso avere. Trovo molto bello e utile avere la possibilità di vivere così facilmente il contatto con il pubblico e sapere che anche grazie a me sempre più persone sono spronate a conoscere meglio il mare, a rispettarlo o -in generale- a seguire le proprie passioni, mi rende veramente molto felice. Questa consapevolezza è stata particolarmente importante durante il lock down.

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Quando e perché hai sentito l’esigenza di un sito web? L’idea l’avevo da tempo, ma di certo le chiacchiere con te sono state fondamentali. Lavorare con te che ti occupi di marketing subacqueo da tanti anni ha reso tutto molto facile. Il maggior tempo libero durante il lock down mi ha certamente aiutato a riordinare l’immenso archivio foto e video, le interviste, le apparizioni in TV e così via. Ci vuole coraggio anche a dedicarsi alla propria reputazione online e l’aver realizzato il sito con ZeroPixel e il tuo aiuto è anche questa un’impresa molto importante, che fa parte della mia carriera sportiva e quindi della mia vita.

Come pensi che il tuo nuovo sito www.alessiazecchini.com possa essere utile ai fan e ai giornalisti? Credo che per i miei sostenitori il sito sia uno spazio utile per conoscere meglio sia l’apnea che le mie esperienze, quindi per informarsi e capire meglio il mondo meraviglioso a cui appartengo. Su un livello più tecnico, credo che per i giornalisti, così come per gli sponsor, il sito sia un utilissimo “contenitore” dove trovare velocemente in un unico spazio foto, informazioni sui record e articoli già pubblicati. Sono sicura che grazie allo strumento del sito sarà più semplice gestire i rapporti con la stampa e questo mi solleva e mi rende felice.

Come ti sei trovata a lavorare con ZeroPixel Srl? Conosco il Team di ZeroPixel da molto tempo, il portale Scubaportal.it e naturalmente Scubazone, il magazine che parla

di subacquea, apnea e snorkeling. Per me collaborare con ZeroPixel significa parlare una lingua comune che ha il Mare nel cuore, per cui sono davvero felice di averli scelti e spero di continuare a collaborare insieme in futuro.

Nel sito c’è una sezione dedicata agli eventi aziendali. Cosa hanno a che fare con l’apnea e che esperienze hai già avuto in questo campo? Ho condotto sia speech motivazionali generalisti, che eventi in cui ho affrontato il tema del controllo del respiro. Credo che questo tipo di contributi sia molto utile a tutti. L’apnea mi ha insegnato a controllare il mio corpo certo, ma soprattutto la mia mente. Io ho utilizzato queste pratiche per incrementare le performance atletiche, ma le tecniche sono trasferibili su qualunque livello della propria vita e quindi, per esempio, nell’approccio al proprio lavoro, qualsiasi esso sia. Sono fermamente convinta, e ne ho le prove, che il mondo dell’apnea ha il potere trasversale di influenzare campi totalmente slegati dalla pratica di questo sport. In passato ho collaborato in questo senso con diverse realtà aziendali, come per esempio RDS Radio e Banca Fideuram, tra le altre.

Nel sito non c’è una sezione commerciale, dove per esempio si possono acquistare gadget con il tuo nuovo logo. Hai piani a riguardo? Più che un piano ho certamente l’intenzione e la voglia di venire incontro ai tanti fan che dopo aver visto il mio nuovo logo creato da un caro amico grafico mi hanno inondato di richieste in questo tempo.


NEWS

L’apnea rispetto ad altri sport più popolari come il calcio, ma anche il nuoto, è considerata uno sport “povero”, dove la possibilità di attrarre sponsor è più limitata. Perché secondo te? Lo sport dell’apnea è giovane, solo da poco è possibile assistere alle gare dal vivo e quindi coinvolgere sempre più persone a praticare questo sport. Di conseguenza anche sponsor e aziende si stanno sempre più interessando alle imprese di noi atleti. Non posso naturalmente fare un paragone con uno sport popolare come il calcio e il percorso per rafforzare il messaggio che l’apnea veicola non è facile. La buona notizia è che l’Italia vanta una ricca tradizione storica a livello mondiale, che fa parte della nostra cultura popolare, il che aiuta a comprendere la straordinarietà dell’apnea anche a chi non pratica questo sport.

Quali aspetti della tua esperienza agonistica e personale pensi possano essere più interessanti per persone che non praticano l’apnea? Sicuramente la respirazione. Respirare bene e imparare a farlo è strettamente legato alla possibilità di avere un maggiore controllo della propria mente. Come dicevamo prima questo ha un impatto su… tutto. Dalle prestazioni sportive alla gestione dello stress. Respirare bene è una capacità sviluppabile da tutti, i cui benefici sono trasferibili a qualsiasi ambito della propria vita.

Ti è mai capitato di rifiutare richieste di collaborazioni? Perchè? Sì in passato mi è capitato di rifiutare alcune collaborazioni. Si trattava di progetti di brand che non erano in linea

con il mio modo di essere e di pensare. In questi casi non sono disposta a scendere a compromessi. Non potrei mai “mettere la faccia” in iniziative che non mi convincono. Credo non sarebbe giusto né per me stessa, né per chi mi segue. Credo nelle cose autentiche in cui il mio contributo possa portare valore reciproco alla collaborazione, al di là dell’aspetto economico.

Quanto sono importanti le immagini, sia video che foto, nella divulgazione dell’apnea? Sono molto importanti. Ora grazie a Diveye è possibile seguire in diretta gli atleti durante i tuffi: questo è fondamentale. Video e foto contribuiscono a creare la spettacolarità del nostro sport, sia dal punto di vista atletico che dal punto di vista naturalistico. Alcune delle mie im-

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NEWS

magini in cui sono sottacqua vicino a squali, tartarughe e balene hanno generato discussioni molto produttive che avvicinano al mare anche persone impaurite o che non hanno la possibilità di fare queste esperienze.

Su quali aree non direttamente legate all’apnea ti piacerebbe approfondire la conoscenza e instaurare collaborazioni? I temi legati all’ambiente a 360 gradi sono i più interessanti per me. Si tratta di questioni che è possibile affrontare da moltissimi punti di vista e che sempre più riguardano la cultura aziendale di settori anche apparentemente lontani dalla Natura, ma che su questa hanno un impatto. Sapere che la mia popolarità può in qualche modo aiutare a prenderci tutti più cura del nostro pianeta è uno degli aspetti collaterali della mia passione che amo di più. Spero quindi che in futuro ci saranno sempre più aziende innovative che riconosceranno le potenzialità di lavorare insieme per supportare uno sviluppo sostenibile, per noi e per le generazioni future.

Photo credit: Pagina accanto, foto di Daan Verhoeven. In questa pagina, in alto foto di Laura-Babahekian; in basso foto di Daan Verhoeven.

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COMPUTER I470TC AQUA LUNG Primo nella sua categoria, l’i470TC è un computer per immersioni intuitivo ed elegante con comunicazione Bluetooth e integrazione wireless. Con un design elegante ed istintivo, i470TC in stile orologio è ricco di funzionalità che ti terranno connesso e concentrato sulle tue esplorazioni subacquee. Puoi facilmente connetterti all’app DiverLog+ gratuita di Aqua Lung sul tuo dispositivo mobile in modalità wireless, registrare le tue immersioni e gestire le impostazioni del computer. Dopo ogni immersione, condividi i tuoi dati e le tue foto più belle ed interessanti sui social media. Aria integrato, 4 modalità operative e possibilità di alternare tra 3 miscele ni-

trox e 3 sonde, l’i470TC sarà un compagno fedele e compatto al polso durante le tue esplorazioni subacquee. Alcune caratteristiche importanti: ■■ 4 modalità operative. Aria, Nitrox, Profondimetro (con conto alla rovescia) e Free Dive. ■■ Batteria standard sostituibile dall’utente con conservazione dei dati. ■■ Utilizza batterie standard facilmente reperibili sul mercato e conserva le impostazioni ed i calcoli durante il cambio batteria. ■■ Passaggio fino a 3 miscele Nitrox con 3 sonde fino al 100% O2 senza restrizioni.

EROGATORE VR400 BEUCHAT Un erogatore con alta qualità tecnica e grande resistenza al freddo. Il VR 400 è un regolatore di fascia alta che combina un’alta tecnologia, un’elevata resistenza al freddo con un look elegante. E come tutti i nostri erogatori viene prodotto in Francia nel nostro stabilimento, poi ogni pezzo è testato individualmente e regolato su un banco iperbarico specializzato. ■■ Primo stadio a diaframma sovracompensato con 4 uscite bassa pressione e 2 uscite alta pressione. ■■ Primo stadio: Bilanciato a membrana con protezione metallica alettata per migliorare la resistenza alla formazione di brina in situazioni estreme. ■■ Secondo stadio: con Venturi regolabile, cassa flessibile soft touch con design che aumenta la superficie della zona di scarico. ›› Concepito per acque fredde. ›› Attacco DIN 300 Bars ›› Frusta MP intrecciata Supersoft ›› Fornito con la sua borsa da trasporto ›› Collaudato e regolato individualmente su banco iperbarico speciale. ›› Prodotto al 100% in Francia (Marsiglia).

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K2 EXTREME: ■■ Traspirante, caldo ed elastico. ■■ Materiale Dual Fleece da 629 g/m2 (+/-10%) ■■ Massima protezione termica. ■■ Compatibile con mute stagne. ■■ Design tipo steamer con protezione imbottita su spalle, petto e ginocchia. ■■ Tasche portaoggetti con zip. ■■ Polsini elastici e strap alle caviglie. ■■ Il modello da uomo dispone di una zip frontale con doppio cursore. ■■ I fori sulle gambe possono essere adattati a valvole di tipo P.

FOTOCAMERA SEALIFE MICRO 3.0 SeaLife presenta la nuova Fotocamera Subacquea Micro 3.0, la versione di terza generazione più recente della popolare serie Micro a tenuta stagna. La fotocamera ha un sensore di immagine CMOS Sony® da 16 megapixel e offre video 4K ad altissima definizione. La batteria di Micro 3.0 ha una autonomia di oltre 3 ore che la rende adatta a una intera giornata di immersioni oltre che 64 GB di memoria interna per archiviare migliaia di foto e diverse ore di video. ■■ Fotocamera a tenuta stagna ■■ Video 4K Ultra HD, video 1080p HD ■■ Formato .RAW ■■ Wi-Fi per il download wireless - app Sealife Micro 3+ ■■ Obiettivo Grandangolare 100° ■■ Risposta super veloce dell’otturatore: solo 0.1 secondi ■■ Sensore di immagine Sony IMX083 CMOS 1/2.3” 16 Megapixel ■■ Easy Setup con cinque modalità Land & Sea™

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NEWS COMPUTER A2 SCUBAPRO Il nuovo A2 è progettato per i subacquei esperti e i subacquei tecnici che apprezzano la compattezza e la praticità di un computer subacqueo in formato orologio da polso, ma pretendono le caratteristiche e le funzioni che consentono di eccellere nello sport. Per l’uso quotidiano in superficie, A2 offre funzioni cronometriche complete e una modalità Sport. Quando è ora di immergersi, A2 offre tutto quello che un subacqueo dilettante di livello avanzato desidera e tutto quello di cui un subacqueo tecnico necessita. Inizia con il monitoraggio wireless dell’aria che controlla la pressione della bombola e fornisce il reale tempo di fondo rimanente. La bussola digitale con compensazione dell’inclinazione facilita la navigazione subacquea o in superficie. A2 consente di scegliere tra sei modalità di immersione, incluse Trimix e CCR; poiché è progettato con Human Factor Diving™, integra elementi biometrici all’avanguardia che consentono di vivere la vita in modalità immersione. Qualunque sia il tuo tipo di immersione preferito, A2 è pronto a seguirti. ■■ Rivolto ai subacquei dilettanti di livello avanzato e ai subacquei tecnici, nonché Ai subacquei CCR e agli apneisti. ■■ Il monitoraggio wireless dell’aria con tecnologia smart può gestire fi no a 8 sonde in modalità immersione e 2 sonde in modalità CCR. ■■ Il display con matrice ad alta risoluzione con numeri grandi è facile da leggere sott’acqua, anche in condizioni avverse. ■■ Il design leggero risulta così confortevole al polso che non vorrai più toglierlo. ■■ Il menu intuitivo e i quattro pulsanti di controllo agevolano la navigazione nel sistema. ■■ L’interfaccia Bluetooth a basso consumo energetico consente di scaricare i dati delle immersioni su qualsiasi dispositivo iOS o Android oppure PC/Mac.

DEFINITION SUITS 7MM E 5MM (DISPONIBILE ANCHE IN 3MM) SCUBAPRO, MAN & LADY

La muta Definition offre più elasticità, più comfort e più funzionalità. Pannelli su misura strategicamente posizionati sulle zone del torace, lateralmente sulle braccia sulle gambe e dietro le ginocchia per creare un abito che si adatta come un guanto e che fornisce elasticità extra lì dove più necessario. I cuscinetti resistenti alle abrasioni situati sui gomiti e sulle ginocchia sono più ampi e provvedono ad una protezione ancora maggiore. Questa muta ha una protezione termica ideale per i subacquei che nuotano in acque temperate e calde. 7MM: Certificata CE come muta di Classe A – classificata per temperature dell’acqua comprese fra 7ºC e 12ºC. 5MM: Certificata CE come Classe B – classificata per temperature dell’acqua comprese fra 10ºC e 18ºC.

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LE CERNIE DI PIANOSA di Massimo Boyer

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ianosa è un’isola dell’arcipelago Toscano, a un’ora circa di gommone dall’Elba. Il nome ci passa un’informazione sulla caratteristica principale dell’isola, che ha come massima altitudine 29 m: è piatta, non ha alture, il che la rende unica tra le isole dell’arcipelago. La caratteristica era già evidente agli antichi Romani, che la chiamavano Planasia, e deve essere una caratteristica distintiva in Italia, se è vero che per esempio alle Tremiti c’è un’altra Pianosa. Le isole piatte si distinguono, sono rare. Nel 1856 Pianosa diventa colonia penale agricola, destinata a condannati che potevano svolgere lavoro nei campi. Dal 1931 al 1935 vi fu detenuto per motivi politici, tra gli altri, Sandro Pertini. Nel 1977 divenne carcere di massima sicurezza, ospitando detenuti appartenenti a organizzazioni terroristiche o alle mafie. Appare ovvio che l’isola non poteva essere frequentata da civili, men che meno da turisti o subacquei. Essendo stata chiusa al pubblico per oltre 150 anni, col divieto di avvicinarsi entro 1 miglio dalla costa,

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Pianosa ha potuto conservare un ambiente marino veramente incontaminato. Nel 2011 il carcere è chiuso, e da quella data termina anche il divieto di sbarco, la gente comune può tornare a visitare Pianosa, con alcune limitazioni (massimo 250 visitatori/giorno). Pianosa è parte del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, il quale protegge la zona a mare, rendendola un luogo incantevole e veramente unico, specialmente per i subacquei. Per valorizzare le ricchezze di Pianosa senza però degradare l’ambiente, l’Ente Parco dell’Arcipelago Toscano ha permesso nel 2013 la fruizione sottomarina regolamentata e controllata; è una fruizione sperimentale, a cui si è arrivati solo dopo un attento studio e monitoraggio scientifico, con la collaborazione di Ministero dell’Ambiente, Regione Toscana, Comune di Campo nell’Elba, Capitaneria di Porto e il Consorzio Diving dell’Isola d’Elba (CED). Sono state posizionate 7 Boe di Attracco (rispettose del fondale) dedicate alle immersioni, di cui 4 per i Diving Center autorizzati e le altre dedicate alle strutture

pubbliche, mezzi di soccorso e sorveglianza. I diving Center autorizzati hanno il compito di coordinare l’attività all’interno della zona a tutela biologica di Pianosa, limitata a piccoli gruppi di subacquei accompagnati da guide ambientali subacquee autorizzate della Regione Toscana o dai diving accreditati dall’Ente Parco, che possono ormeggiare alle boe, uno per volta e su prenotazione. Le immersioni sarebbero alla portata di tutti i subacquei, ma secondo la normativa del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano è necessario essere in possesso almeno del brevetto Advanced o di un brevetto di II livello, per avere un buon controllo dell’assetto e limitare i contatti col fondo. In questo scenario il vero protagonista è il pesce che, non essendo abituato alla presenza estranea e predatoria dei subacquei, si lascia facilmente avvicinare, soprattutto le cernie che vengono a specchiarsi nell’oblò delle custodie e permettono, complice anche l’incredibile limpidezza, di scattare delle meravigliose fotografie.


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Lo spettacolo sotto il livello del mare è veramente unico. E al centro dell’ambiente, potrebbe sembrare banale ma non lo è affatto, c’è la Posidonia, che con popolamenti densi e sanissimi caratterizza tutti i siti dedicati alle immersioni. Raramente ho visto in acque italiane praterie così ricche e sane, veramente qui la Posidonia è il centro attorno al quale ruota tutto un ambiente naturale, dove la pianta svolge appieno tutte le sue funzioni, a cominciare dalla protezione delle coste, per passare alla funzione di nursery, di offrire rifugio e cibo a diverse specie di pesci, molluschi, crostacei. I punti di immersione bordano il limite di una cigliata che segue il profilo della costa, con un salto da 16-18 m a 40-45. Le pareti verticali con anfratti di diverse misure formano tane ideali per le cernie, e anche per banchi di corvine. Castagnole e boghe danzano sulla Posidonia, schivando gli attacchi di barracuda, dentici, ricciole, che continuano indifferenti alla presenza dei sub. E, occhio sempre al

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blu, da dove non è infrequente che si materializzi la sagoma dei tonni, delle aquile di mare, dei pesci luna. Insomma, lascio Pianosa con un po’ di nostalgia, convinto di aver visitato un’area protetta nel modo più giusto, permettendone la fruizione, necessaria per fare cassa, ma regolamentandola con attenzione in modo da non avere frotte di turisti-vandali, ma un turismo selezionato e consapevole. Per inciso, in due immersioni non ho visto mai pezzi di plastica abbandonati, che sono ahimè dovunque le tracce evidenti della cosiddetta civiltà. In tutto questo è fondamentale il ruolo delle guide autorizzate, sia per controllare e reprimere (dove fosse necessario) ma soprattutto per informare, e valorizzare una risorsa che rischierebbe altrimenti di essere banalizzata. Pianosa ha grandissime distese di Posidonia, magnifiche, e per chi sa guardare uno spettacolo davvero unico di cernie, corvine, barracuda, dentici, pesci di ogni specie. E questo è il mio ringraziamento a

Chiara e Piergiacomo di Biodivers Sea Academy, diving center basato a Porto Azzurro d’Elba, gestito con grande attenzione e con un occhio di riguardo per l’informazione e l’educazione ambientale. www.biodivers.it

Mentre stiamo andando in stampa arriva la notizia dell’avvistamento di una foca monaca nelle acque dell’isola, che non fa che sottolinearne il valore naturalistico. Notizia flash riportata su Scubaportal.


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BIOLOGIA

BIOLOGIA DI UN RELITTO di Francesco Turano

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relitti hanno sempre rappresentato qualcosa di affascinante e al tempo stesso intrigante per un subacqueo. La figura di una nave affondata celata nella penombra e avvolta dal blu delle profondità esercita forte attrazione sull’uomo in immersione e oggi c’è persino chi si concentra anche solo sui relitti sommersi, sul cosiddetto “ferro”, dedicando l’attività all’esplorazione di qualcosa che giace sui fondali marini ma che ha alle spalle una storia da raccontare, enfatizzata dal suo triste e drammatico finale. All’esplorazione del relitto

si abbina l’esercizio di quella che oggi è definita “immersione tecnica”, un’attività impegnativa che consente di visitare anche relitti profondi e molto interessanti a livello scenografico e forse mistico. Ma quando si parla di relitti, solo di rado si pensa alla biologia di questi ambienti nati a causa dell’infiltrazione di elementi umani nel mondo sommerso. Pezzi di grandi dimensioni, come navi, aerei o altro, che una volta sul fondo iniziano un nuovo percorso vivente, mutando aspetto ogni giorno in virtù dell’avanzare della colonizzazione da parte della linfa

vitale del mare. I relitti, osservati da questo punto di vista, diventano substrato disponibile e rifugio abitabile; substrato per invertebrati e alghe, rifugio per pesci, molluschi e crostacei. Da sempre mi dedico all’osservazione dell’avanzare della vita, negli anni, su un substrato estraneo all’ambiente marino. Un susseguirsi di situazioni caratterizza quello che può essere definito, senza esitazioni, un ambiente in continua evoluzione. Ciò che colpisce sono i cambiamenti giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. La nascita e la

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BIOLOGIA morte di diversi ecosistemi, generati dalla presenza di elementi estranei all’ambiente sommerso, incuriosisce l’osservatore attento che studia ogni passo e accadimento di questi mondi, isolati sui fondali marini. Per questo genere di studi sono necessarie molte immersioni, molte fotografie e una grande passione. Quando si parla di biologia dei relitti è necessario innanzitutto separare gli stessi per tipologia e dimensione. Ci sono relitti molto grandi, relitti di media dimensione e piccoli relitti. Riguardo la tipologia, possiamo distinguere i relitti in antichi e recenti, in legno o in ferro, imbarcazioni, velivoli, autoveicoli, scarti di costruzioni, attrezzature da pesca in disuso e così via. Queste distinzioni, quando parliamo di ecologia e biologia, ci interessano per comprendere il tipo di ecosistema che ne può nascere e la durata, nel tempo, dello stesso. Anche il tipo di fondale su cui giace un relitto influisce sul tipo di ambiente che verrà a crearsi. Sui fondali sabbiosi, per esempio, il relitto diventa punto di riferimento per tante specie di pesci e invertebrati, una sorta di oasi felice. Le fotografie, ripetute nel tempo con una certa cadenza, possono aiutare a comprendere le modalità con cui si innesca la trasformazione di un elemento estraneo finito in fondo al mare; una metamorfosi che rende un prodotto di scarto umano qualcosa di prezioso (quando non inquina) per l’ambiente marino. Dal momento dell’affondamento in poi inizia un percorso di colonizzazione su più fronti. Prima ancora che gli invertebrati e le alghe possano iniziare a modificare l’aspetto cromatico ed estetico, i pesci iniziano a trovare nuova dimora per i loro fabbisogni. Tra le numerosissime forme di vita che colonizzano le strutture di una vecchia nave, modificandone pian piano l’aspetto, si annoverano poriferi e madrepore, in perfetta alternanza tanto da sembrare i principali elementi decorativi del ferro. Tra tutti i tipi di madrepore, in Mediterraneo predomina una bellissima madrepora gialla; si tratta di Leptosammia pruvoti. I polipi di questo antozoo, ben distinti uno dall’altro (non coloniali) ma “residenti” uno vicino all’altro, coprono intere parti delle zone più ombreggiate dei relitti di navi adagiati sul coralligeno o in prossimità di fondali rocciosi. Il risultato di questa fitta copertura a “fiorellini gialli” è uno spettacolare contra-

sto cromatico tra il giallo brillante e l’azzurro di sfondo, osservato dall’interno di eventuali ambienti cavernosi creati dalla posizione della nave sul fondale. Le spugne si presentano invece sotto forma di lamine incrostanti colorate, veri e propri elementi di arricchimento cromatico dai colori vivaci, spesso caldi, con dominanti arancio o rosse, a volte gialle e occasionalmente anche azzurre o violacee. Uno spettacolo incredibile che si accende sotto il fascio luminoso di un faro che scruta le meraviglie del mare celate dalla densità dell’acqua e dalla profondità.

Tra i diversi tipi di pesci che arrivano per popolare il nuovo ambiente è frequente incontrare gruppi si giovani saraghi fasciati, insieme ad allegre boghe ed ai primi assembramenti di castagnole. Col tempo giovani cernie prenderanno possesso delle migliori “abitazioni” mentre lente musdee, sciarrani e perchie occuperanno i luoghi ombreggiati. Belle triglie smuovono il sedimento con i loro lunghi baffi bianchi, qualche cicala si nasconde ancora mimetizzandosi alla perfezione tra le incrostazioni mentre l’argento luccicante di banchi di pesce come mennole e zerri sembrano festeggiare chissà cosa,

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con la loro frenesia, mescolandosi con le boghe e poi ancora ai piccoli saraghi. Occasionalmente si scova qualche grossa murena, ma le anfrattuosità di un relitto sono talmente articolate, comunicanti e ampie che è difficile poter osservare accuratamente la fauna rifugiata nei diversi punti. Ogni volta, quando arrivi sul fondo, speri sempre che qualche abitante di quel vecchio “borgo” nascosto nel mare si faccia vedere, ti venga a salutare, come per dirti “ci siamo”, il luogo è vitale. E così un relitto diventa luogo di scoperta della fauna marina, sito d’interesse notevole anche per coloro che vogliono conoscerne la biologia e studiarne, con passione, la diversità delle specie e, perché no, il loro comportamento. Recentemente, per fare un esempio, ho seguito l’evolversi della vita sul relitto di un peschereccio in legno giacente in posizione di navigazione a poco meno di venti metri di profondità, su un fondale sabbioso. In meno di tre anni ho visto cambiare le cose ogni giorno: il legno marcisce e muta aspetto, le diverse

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parti del relitto si collassano e crollano lentamente e tutto ciò che sul relitto va ad impigliarsi crea nuovo substrato. Nel tempo cambia la tipologia di colonizzazione del legno, come cambia anche la frequentazione da parte di diversi tipi di pesci. Cernie dorate sembrano gradire il relitto in legno e i suoi nascondigli, sfruttando ogni sporgenza o zona d’ombra per cercare aree gradevoli per cacciare; le porzioni più anguste e meno raggiungibili son preferite invece da qualche cernia bruna, ma su un rottame di piccole dimensioni si parla sempre di cernie di giovane età. Pesci pappagallo scrutano sul fasciame alla continua ricerca di cibo, muovendosi allegramente avanti e indietro. Piccoli latterini si riuniscono tutt’intorno e sopra lo scafo, come fossero attratti da questa insolita struttura, e ogni tanto banchi di giovani ricciole in caccia arrivano dal nulla per provare a catturare qualcosa per il pranzo. Tutto questo movimento rende il luogo vivo e allevia l’aspetto tenebroso che generalmente incute la sagoma giacente sul fondo di una qualsiasi imbarcazione.

La biodiversità può essere interessante anche su relitti di piccole dimensioni, come barche, automobili o attrezzature da pesca. Se questi si adagiano poi in zone lambite da correnti la vita può manifestarsi ancora più velocemente e intensamente, generando ecosistemi più ricchi del solito. Nel mare dello Stretto di Messina, dove le correnti pulsanti sono forti e pericolose, i fondali sabbiosi ospitano diverse tipologie di piccoli relitti avvolti dal proliferare di pesci e invertebrati. Ci sono giacenze di carcasse che vedono radunarsi scorfani, triglie, pesci rossi e rosa come Apogon imberbis e Anthias anthias, spesso insieme, banchi di caratteristici pesci trombetta, e poi piccoli crostacei come granchi e paguri di specie diverse. Tutti insieme si dividono lo spazio convivendo quasi pacificamente, se no fosse che qualcuno preda inevitabilmente qualcun altro! In questo mare dinamico i relitti vedono crescere tunicati e spirografi a parziale copertura del ferro o del legno (ma anche della plastica), ma in gran numero: lo spettaco-


lo della vita esplode come un inno alla biodiversità del Mediterraneo. Anche i grandi relitti creano scenari suggestivi legati alla biodiversità. Come non menzionare il traliccio di Punta Carena a Capri, tappezzato di gorgonie della specie Paramuricea clavata, o il relitto della piattaforma Paguro al largo di Ravenna, tappezzato da ogni forma di vita animale tipica di un Adriatico a dir poco stupefacente. O ancora il relitto della motonave Bowesfield a Torre Faro di Messina, dove le gorgonie bicolore e le spugne hanno decorato il ferro come di rado accade, rendendo tutto di una suggestione senza eguali grazie anche alla limpidezza dell’acqua; o ancora la bettolina di Sestri Levante, in Liguria, con la sua copertura ad anemone gioiello unica in Italia. Tutto ciò ci ricorda che il relitto può essere osservato e studiato, oltre che fotografato, come casuale scrigno di una biodiversità che nasce, cresce e poi sparisce con lo sparire, nel tempo, del materiale umano che lentamente si disfa nell’elemento liquido.

Molti sono i luoghi dove oggi si affondano intenzionalmente strutture di varia tipologia per ripopolare tratti di mare, a dimostrazione che il processo che si innesca sott’acqua per mano di Madre Natura funziona molto bene. Il subacqueo può

beneficiare quindi di spettacoli di rara bellezza, godendo del lato estetico, ma si può anche spingere oltre, per conoscere e comprendere sempre meglio la biologia e le abitudini di tantissime specie animali che del relitto ne fanno dimora.

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BIOLOGIA

LA LOTTA “A MORSI” TRA MASCHI DI PSEUDANTHIAS di Franco Tulli

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n natura la lotta per il predominio territoriale e riproduttivo è un aspetto etologico presente in moltissime specie animali. Un comportamento che riguarda anche la fauna marina, anche se con minor frequenza e maggiore difficoltà di osservazione. In particolari periodi dell’anno, se si è fortunati, nelle immersioni nelle regioni asiatiche, australi e nel Mar Rosso, è possibile osservare la lotta tra maschi di Pseudanthias (un genere che conta numerose

specie) per il predominio territoriale ed il possesso dell’harem. Un comportamento che rappresenta un vero spettacolo. Gli anthias, e gli pseudanthias, anche se difficile da credere, sono membri della famiglia delle cernie (Serranidae). A questa famiglia di pesci appartengono alcune delle specie più grandi di pesci ossei, ma anche alcune tra le più piccole specie in assoluto. La maggior parte degli anthias, appartenenti alla sottofamiglia degli Anthiinae,

sono piccoli e colorati ed abitano le barriere coralline in gruppi che superano, talvolta, anche il migliaio di esemplari. Sopravvivono catturando il cibo trasportato dalle correnti oceaniche. Il gruppo più comune è proprio quello del genere Pseudanthias. Il nome è mutuato da un iniziale errore per il quale un certo numero di specie simili erano state inserite erroneamente nel genere Anthias, e successivamente, ricollocate nel genere Pseudanthias.

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La vista di un banco che nuota sopra una colorata barriera corallina può sembrare a prima vista una scena idilliaca, in realtà questi gruppi conducono una vita particolarmente “tumultuosa”. Contrariamente a molte altre specie dove non c’è differenza nello “status sociale”, i membri di un gruppo di Pseudanthias competono continuamente per una posizione nell’ordine gerarchico all’interno dello stesso. Questi gruppi sono composti principalmente da femmine e maschi non territoriali che si trovano in fondo alla catena sociale; altri maschi, invece, normalmente uno ogni otto femmine, sono dominanti e lottano per il territorio e per la difesa del proprio harem. Anche all’interno del gruppo di femmine esiste una gerarchia e se il maschio territoriale muore, la femmina dominante nell’harem cambia sesso e in poco tempo (circa due settimane) diventa il nuovo maschio dominante di quel gruppo e quindi di quel territorio.

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Negli scatti pubblicati in questo articolo i maschi sono colti nell’atto di trattenersi con le bocche, quello che sembra un mordersi, e assestandosi degli strattoni, apparentemente, senza alcun danno.

Altre volte si vedono nuotare affiancati, strusciandosi a vicenda. Anche in questo caso è facile cadere nell’equivoco; immagini simili portano a pensare ad una scena di accoppia-


BIOLOGIA

mento, come ad esempio avviene tra i magnifici pesci mandarino (Synchiropus splendidus) dove il maschio si avvicina, come in una danza alla femmina, per poi effettuare, in modo ripetuto, delle rapidissime salite verticali affiancati, quasi come fossero un unico corpo, per poi, dopo la veloce fecondazione delle uova, ricadere ciascuno nei due diversi lati. Nel caso degli Pseudoanthias, invece, è per mantenere la posizione dominante che i maschi e le femmine più grandi caricano, inseguono, e talvolta si strofinano con gli appartenenti al gruppo che in quel momento sono loro più vicini. La lotta tra due maschi territoriali può durare a lungo, svariate decine di minuti e terminare solo con l’allontanarsi di uno dei due contendenti. Durante queste “battaglie” le scaramucce si ripetono, come in un continuo replay, con le stesse pose e gli stessi attacchi, in una danza senza musica, elegante e colorata come le variopinte livree e pinne che si incrociano e si compongono in mutevoli forme.

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EMOZIONI FORTI SOTT’ACQUA? BELONGAS BAY! di Roberta Cipressi

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vete presente Bali? A breve distanza, verso est, c’è l’isola di Lombok. Si quella dell’arcipelago delle Gili. Ma vogliamo parlarvi della zona meridionale: più selvaggia, più “forte” e meno “addomesticata” dove i luoghi sono ancora immersi in un tempo che scorre senza stress. Vicino a Sekotong si trova Belongas Bay e arrivarci è già di per sé un’avventura: strade accidentate si addentrano in foreste selvagge ed incontaminate e solo dopo un lungo (lungo!) sterrato si raggiunge la baia. Al primo sguardo, questo luogo ameno circondato da cocchi ad alto fusto e spiagge bianche, appare un’oasi di tranquillità. Nulla lascia trapelare cosa aspetta subito fuori: altissime pareti verticali, acque vor-

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ticose, onde oceaniche che, sbattendo contro le rocce, formano colonne d’acqua grigie e tumultuose. Parallelamente a questa severità esterna, sott’acqua, fortissime correnti longitudinali e laterali, con forti pressioni almeno fino a 35 metri di profondità, non possono che incutere rispetto per la natura che domina oltre l’uomo. Le immersioni di Belongas Bay, sono quanto di più spettacolare ed impegnativo si possa immaginare. La maggior parte delle immersioni sono obbligatoriamente riservate a subacquei di provata esperienza, per via (ma non solo) delle forti e incontrastabili correnti discendenti ed ascendenti che caratterizzano le principali immersioni. I tuffi sono piuttosto profondi e richiedono, di norma soste, di decompressione nel blu.

È dunque di fondamentale importanza che, tutti coloro che decideranno di raggiungere questo paradiso subacqueo, si attengano scrupolosamente alle istruzioni delle guide, non trascurino alcun dettaglio nell’organizzazione delle immersioni e non sottovalutino nulla: solo così potranno godere appieno ed in totale sicurezza di tutto il divertimento offerto da queste acque. L’immersione più impressionante di Belongas Bay è senza dubbio “The Magnet”. Si tratta di un pinnacolo in mare aperto rivolto verso l’oceano. Sorge da una profondità di approssimativamente 80m e dista circa 15 minuti dalla costa.L’avvistamento di squali martello, barracuda, tonni e, generalmente, di grosso pelagico di passo è una concreta realtà e si verifica piuttosto frequentemente! Spesso, poi, si



EMOZIONI INFINITE A BROTHERS, DADEDALUS E ELPHINSTONE di Renato La Grassa

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Potrei scrivere un libro sulle emozioni che ho provato nella mia vita nel praticare l’attività subacquea sia in apnea che con autorespiratore, scatenate sempre da una innata curiosità, da un’amore incondizionato per la natura, dal senso di quiete che solo il mare sa regalarmi e da uno smisurato piacere di esplorare gli oceani.

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Uno dei miei itinerari preferiti contempla tre perle incastonate nell’azzurro sconfinato di un mare che non smette di stupire e meravigliare, riservando continue sorprese e immersioni da sogno. Questo è il mare delle Brother’s, che insieme a Daedalus e Elphinstone rappresenta il top delle destinazioni a livello mondiale, con le ineguagliabili barriere coralline ricchissime di ogni forma di vita e di colore. Ovunque è un tripudio di alcionari

rosa, rossi, viola, bianchi, gialli, pareti che si inabissano a profondità da brivido, foreste di gorgonie come quelle di Little Brother, Daedalus ed Elphinstone. A El Akawein, I Fratelli nella lingua locale, le sensazioni e le emozioni si sprecano. Arrivare quaggiù non è roba da ragazzi, perché sette-otto ore di navigazione dalla costa possono non sembrare eccessive ma quando il vento impera e il mare si gonfia allora è tutt’altra storia.


VIAGGI

Siete preparati a saltare sul gommone dallo specchio di poppa, centrando il momento di stallo fra un’onda e l’altra? Imbattervi spesso con una corrente che ingigantisce le distanze e fa divorare la scorta d’aria, per raggiungere il drop-off dove ci attendono probabili incontri mozzafiato? Se tutto ciò vi spaventa o non vi sentite idonei è meglio attendere in barca la clemenza del tempo, viceversa è giunto il momento di sfruttare appieno la vostra preparazione e da adesso le Brother’s vi danno il benvenuto nel regno delle emozioni. Nel mio caso tali emozioni si sono trasformate nel corso degli anni in vera dipendenza e così, a un anno esatto di distanza e in piena “crisi d’astinenza”, riparto per la terza volta per ripercorrere nuovamente questo straordinario itinera-

rio a bordo di Aldebaran, l’elegante M/Y di 36 metri che ci attende borbottando nelle placide acque di Porto Galib. Togliamo gli ormeggi l’indomani mattina diretti a Sha’Ab Marsa Alam per la check dive di ambientamento, una rilassante immersione intorno a -15 mt dominata da un fondale sabbioso intervallato da colorati pinnacoli di roccia popolati da tante specie endemiche. Sono previsiti altri due tuffi a Elphistone, un reef divenuto leggenda nel mondo delle immersioni in acque Egiziane, caratterizzato da una barriera corallina assolutamente integra e rigogliosa. Rientriamo a Marsa Galib per la cena e a tarda sera finalmente Aldebaran volge la prua a Nord, con onde al traverso che penalizzeranno l’intera navigazione durata oltre 7 ore. All’ arrivo le Brothers ci accolgono puntualmente

con vento teso e mare mosso, provocando da subito alcune defaiances con attacchi di nausea e mal di mare, quasi a ribadire che qui non si scherza e che da adesso il gioco inizia a farsi impegnativo. Ancoriamo ridossati a Big Brothers, l’isola più grande che garantisce maggiore protezione dai marosi e contraddistinta da un vecchio faro che svetta fino a 40 mt. di altezza. Da quassù la visione è fantastica, l’isola assomiglia a una gigantesca nave in assetto di navigazione con la prua che si frange contro onde poderose e ovunque un mare sconfinato che si perde nell’azzurro del cielo, sotto il quale si celano preziosi tesori in attesa soltanto di essere scoperti. Esploriamo quasi l’intero periplo dell’isola compresi i relitti dell’Aida e del Numidia, quest’ultimo certamente fra i più bei relitti del Mar Rosso, trasformato in un enorme giardino di corallo che dalla poppa a -70 mt sale fino in superficie in prossimità del reef. Ho un debole per questa nave a vapore datata 1901, il cui destino beffardo ne provocò l’affondamento al suo secondo viaggio mentre era diretta a Calcutta, forse a causa di un errore di manovra. C’è una sorta di rituale quando mi immergo sul Numidia. Dopo la capovolta dal gommone mi dirigo verso la poppa e mi fermo a una cinquantina di metri. Appoggio la custodia e mi soffermo, in totale solitudine, a osservare il profilo maestoso dell’intero bastimento che dal blu cupo svetta fino alla superficie. Non c’è uno spazio che non sia invaso da colonie di organismi, dalle forme bizzarre e dai colori sgargianti che esplodono in tutta la loro cromaticità quando sono raggiunti dalla luce. Nel pomeriggio ci immergiamo a Punta Sud di Big Brother. Si scende a ridosso del reef, seguendo la parete caratterizzata da un susseguirsi di piccoli plateau madreporici in cui abbondano alcionari di mille forme e colori e tanto pesce di barriera insieme a qualche esemplare imponente di Napoleone e, intorno ai -35, una gorgonia gigantesca protrae i suoi rami nella corrente come una gigantesca mano. Nel blu si scorgono carangidi e barracuda, qualche tonno saetta velocissimo avvicinandosi incuriosito, mentre un paio di grigi se ne stanno indisturbati più in la a distanza di sicurezza. Ci spostiamo a Little Brothers, un minuscolo lembo di terra arsa dal sole ma caratterizzato da un ambiente marino straordinario, forse fra i più belli al mon-

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IMMERSIONI

EMOZIONI PROFONDE: DOLCI E SALATE di Roberto Antonini (Foto di Silvano Barboni)

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volte i sogni si avverano. Già da piccolo desideravo imparare ad andare sott’acqua alla scoperta di nuovi habitat, ma gli anni passavano ed altri interessi occupavano il mio tempo libero. Una cosa, però, era certa: qualsiasi cosa intraprendessi, doveva appassionarmi. Tutta la nostra vita è scandita dalle emozioni: ogni avvenimento di cui siamo protagonisti suscita in noi stati d’animo a volte talmente forti che i ricordi di quello che abbiamo vissuto sono scolpiti nella mente e nel cuore aldilà che abbiano prodotto sensazioni positive o negative. Più il sentimento è forte, più la memoria è ricca di dettagli: ricordiamo il luogo, il periodo, le

persone. Le emozioni solitamente provocano gioia: il primo bacio, la promozione alla maturità, il giorno del matrimonio, la nascita di un figlio, l’entusiasmo incontenibile nel vedere la nostra nazionale campione del mondo, ma anche dolore quando siamo colti dalla straziante ed immensa tristezza per aver perso un nostro caro o un nostro prezioso amico. Certo è che l’emozione “della prima volta” non si scorda mai. Come dimenticare quel sabato di marzo di fine inverno quando, sotto il peso dell’attrezzatura, la strada sterrata e impolverata percorsa per arrivare alla spiaggia, una temperatura pungente, il respiro affannoso fuori dall’acqua e quello “diverso” una volta immersa la testa sotto la superficie, mi

hanno messo a dura prova? L’acqua a dieci gradi mi aveva anestetizzato il viso; la mia goffaggine nell’ ottenere un minimo di postura, le pinne che si muovevano veloci per sostenere un peso che doveva essere solo e semplicemente sorretto da un po’ di aria insufflata nel GAV, avevano quasi annullato la visibilità a causa delle mie elefantesche movenze… Ma chi me lo faceva fare pensavo? Mai scorderò la mia prima profonda del corso advanced in una giornata uggiosa al faro di Portofino, in coppia col mio primo buddy. Fin dai primi metri sott’acqua, grandi dentici danzanti mi venivano incontro e sul fondo, alla profondità per la prima volta di 30 metri, le loro dimensioni erano raddoppiate: taglie di specie diverse di pesci che solo

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sul banco del mercato avevo visto, mi giravano intorno. In ginocchio sulla sabbia, vedevo finalmente realizzato ciò che avevo sognato fin da bambino: ero finalmente tra i colori del mondo sommerso. Da lì in poi una crescita esponenziale di percorso di formazione e di avventure. Come ignorare la mia esperienza a Malta quando, vivendo intensamente un’emozione nell’emozione, accompagnavo i clienti del diving a scoprire relitti e siti di immersioni. Grazie alle competenze, alle accortezze trasmessemi dagli istruttori più esperti ed alla mia curiosità, mostravo loro sempre qualcosa di nuovo e di particolare in modo da poter rendere ancora una volta unica un’attrazione già visitata più volte. Indiscutibilmente, il mare è il luogo che più appassiona il subacqueo, ma anche il lago non lo è da meno. Una frase ormai celebre gira tra i subacquei:” il lago o lo ami o lo odi”. C’è chi ripudia il solo pensiero di poter entrare in un’acqua che, solo d’estate in superficie, raggiunge e supera di poco i 20 gradi mentre negli altri mesi dell’anno la temperatura si stabilizza tra i 10 gradi a riva e i 5 in profondità. Non solo! Il freddo, nonostante i capi tecnici abbiano raggiunto uno standard elevato e sappiano donare notevole comfort, si avverte pungente una volta scesi dall’automobile e durante tutta la vestizione. Se non ci fosse profonda passione e se l’ambiente lacustre non sapesse offrire intense emozioni, verrebbe senza alcun dubbio abbandonato. In effetti sono sensazioni opposte che trasmettono qualcosa nel nostro intimo. Io in tutta franchezza, all’inizio, lo detestavo, ma devo dire che poco alla volta me lo sono fatto amico complice il fatto che per raggiungerlo bastava una manciata di chilometri, ma più ancora per la fortuna di aver incontrato persone che mi hanno coinvolto e trasmesso il piacere di immergermi in quelle acque. D’altra parte è opportuno sottolineare che Lago Maggiore vuol dire storia: vicende avvenute a cavallo tra gli anni ‘60 gli anni ’70 nel territorio di confine Italo svizzero ci parlano di contrabbando, di inseguimenti tra le forze dell’ordine e furfanti che, cercando un losco guadagno, non a caso, uscissero inesorabilmente di strada con la loro auto inabissandosi tra i flutti (racconti “Giardinetta” nr.42 “Topolino” nr.49). Lago Maggiore vuol dire anche commercio: le barche di un tempo solcavano le acque del Verbano per raggiungere e scambiare merci con la vicina Svizzera,

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ma percorrevano anche il fiume Ticino che poi diventava il Grande Naviglio per arrivare nel cuore di Milano. Il più grande canale d’Europa fu essenziale per migliorare la qualità di vita dei Milanesi in quanto venivano trasportati carbone, carni, pesce, vini, legname e anche il marmo per la costruzione del duomo mentre, a percorso inverso, si trasportava ciò che li avrebbe resi più abbienti: sale, riso, ferro, grano da vendere al di là delle Alpi. Il Lago Maggiore poi deriva da un ghiacciaio di origine fluviale di circa 20 mila anni fa e quando si è in immersione, già alla profondità di circa 50 metri e più giù ancora, si possono ammirare canyon spettacolari prodotti dall’erosione di

rocce bianche di origine calcarea. Due delle più fantastiche immersioni (“La Viennetta” nr.41) documentano perfettamente come l’acqua abbia scavato nella roccia a volte con percorsi naturali ed altre dando sfogo a tutta la propria potenza. È sempre una grande suggestione immergersi in queste acque accompagnando per la prima volta subacquei che non hanno mai visto questi luoghi e di cui hanno solo sentito parlare: ma l’emotività cresce quando il sorriso, l’entusiasmo e la gioia di aver visto qualcosa di unico è stampato sul loro viso. Contagiare positivamente le persone ultimamente sembra cosa facile… per emozionare un subacqueo bastano pochi metri... sotto la superficie.


IMMERSIONI

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matore Santo Comis che lo rinominò Concordia. Nel 1936 venne ceduto all’armatore Placido Lizio che lo utilizzò per il trasporto di merci sulla linea Catania - La Spezia. Nel corso del secondo conflitto mondiale non venne requisito né adibito per scopi militari, tuttavia, il 12 settembre 1943, il Concordia subì un primo affondamento a Formia, in seguito ad un attacco aereo tedesco lungo la costa laziale. Sopravvissuto al bombardamento, venne recuperato, ripristinato e ceduto all’armatore Licciardelli & C. di Catania. A guerra terminata, il 1° ottobre 1945 come riportato nel testo “Navi mercantili perdute” curato dall’ufficio storico della Marina Militare - il Concordia, in navigazione al largo della Spezia, entrò in collisione con una mina alla deriva che ne decretò la fine nonostante, in quel periodo, le acque della Spezia fossero setacciate palmo a palmo dai palombari per liberare il golfo da ordigni inesplosi. Lo scoppio provocò uno squarcio impressionante sul fianco sinistro e il mercantile affondò al largo dell’isola del Tino. Potrebbero esserci state, purtroppo delle vittime, o forse chissà l’equipaggio riuscì

a salvarsi, tuttavia nella cronaca d’epoca l’episodio non è riportato. E’ possibile che qualche spezzino ricordi ancora, anche solo attraverso il racconto dei familiari. Anni dopo furono proprio palombari del luogo a recuperare dal relitto alcuni materiali ferrosi, dopodiché, del piroscafo se ne perse ogni traccia.

L’IMMERSIONE Il relitto del Concordia è rimasto lì inesplorato sino al 2004, quando venne trovato e identificato da Raffaele Laghezza e l’Osso di Seppia Tek Team di Bocca di Magra. Da quel momento è diventato una meta per subacquei, su un fondale di 42 metri, a 8 miglia al largo di Punta Bianca, raggiungibile oggi in gommone dal Lorenzo Sub D.C. di Fiumaretta. Per l’immersione, nel corso della quale viene deposta la targa, decidiamo di respirare una miscela Nitrox con il 28% di ossigeno, in modo da sfruttare i benefici dall’uso di una miscela più ricca di ossigeno, dovendoci trattenere a lungo sul relitto per realizzare anche la documentazione fotografica curata da Marcello Di Francesco; per la fase decompressiva utilizziamo una miscela EAN50 in bom-

bola S80. Arrivati sul punto esatto con il gommone, gettiamo sulla verticale del relitto un pedagno, in modo da garantire con una cima e una boa galleggiante, un saldo collegamento tra il relitto e la superficie. Scendiamo. L’estremità della cima viene fissata alla poppa del relitto, ad una profondità di 36/37 metri. Prima di iniziare l’immersione prendiamo alcuni punti di riferimento poiché, a causa della composizione del fondale sabbioso e delle correnti che lo investono, la visibilità sul relitto può cambiare improvvisamente anche nel corso dell’immersione. Il relitto, adagiato sul fondo in assetto di navigazione con un orientamento est/ovest, è ancora integro e ben conservato. La targa commemorativa in acciaio, incisa per il 75esimo anno di affondamento del piroscafo, viene fissata sulla parte alta del cassero, alla profondità di 37 metri assieme alla bandiera tricolore della marina mercantile. Dopo alcuni scatti fotografici a ricordo dell’evento, proseguiamo l’immersione. Sul ponte di coperta, divisi da ciò che rimane dell’albero di carico, vi sono due ampi boccaporti che conducono direttamente alle stive di carico del mercantile.

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Sul cassero di prora è rimasto un piccolo argano, parzialmente coperto da una rete ed un’ancora, probabilmente quella di rispetto. Di frequente, al di sotto dell’argano è possibile incontrare un astice che colpisce per la sua grandezza. L’estremità della prua, interamente ricoperta da concrezioni, ha un tagliamare quasi

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verticale, come imponeva la tecnica cantieristica di fine ottocento. Facendo molta attenzione a parti metalliche sporgenti, cime e lenze, entriamo nella prima stiva, quella più a prora. All’inizio la visibilità si riduce notevolmente, dopo qualche istante si intravede la luce che filtra dalla falla, creata dalla collisione con la mina.

Lo squarcio è molto ampio ed è possibile oltrepassarlo per uscire sulla murata di sinistra dello scafo. Dai bordi sfrangiati e ricurvi verso l’interno, si intuisce la violenza dell’esplosione. Attraversiamo la falla facendo molta attenzione a cavi e reti che possono rendere difficoltoso il passaggio. Risaliamo di qualche metro e siamo nuovamente in coperta. Tra i due boccaporti delle stive troviamo una piccola colonia di gorgonie bianche (Eunicella verrucosa). Il chiarore della loro colorazione attira la nostra attenzione poiché contrasta fortemente con quello dell’ambiente che lo circonda. Sul ponte si trova un altro argano completamente avvolto da reti. Faceva funzionare un secondo albero di carico di cui è rimasta solo la base. Il castello di poppa è intatto anche se l’usura del mare ha portato via la copertura; sono ancora riconoscibili gli oblò, le porte di accesso alla struttura e un’apertura di forma rettangolare da cui saliva il fumaiolo. Proseguiamo verso la poppa, ampia e arrotondata. Qui, spesso, la visibilità si riduce notevolmente. La parte poppiera,







il suo carico di cannoni bellici arrivasse a destinazione e rafforzasse l’artiglieria. Ancora una volta la tradizione orale tramanda storie di piccole barche di pescatori che accolgono i naufraghi per riportarli sul litorale. La nave conserva ancora oggi in fondo al mare, il grande fascino di un’epoca che ha lasciato un segno indelebile. Il relitto si trova a una profondità massima di -60m. Il grande incendio della maxi petroliera Haven è stato visibile per giorni da diversi punti dell’arco ligure. Il 14 aprile 1991, la petroliera cipriota Haven affonda dopo una serie di esplosioni avvenute tre giorni prima. Il greggio contenuto nelle sue stive causò il più grave incidente ambientale mai verificatosi nel Mar Mediterraneo. Si tratta di una nave cisterna di grandissime dimensioni (lunga circa 350 metri e larga più di 50) capace di trasportare oltre 250mila tonnellate di petrolio. Dal 7 al 9 aprile la Haven si trovava ormeggiata davanti al Porto Petroli di Genova per uno scarico parziale del greggio. La nave conteneva anche diverse tonnellate di combustibile e le esplosioni cominciarono l’11 aprile in seguito all’avvio di operazioni di travaso

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del greggio tra le varie stive. A un certo punto la catena di ancoraggio si ruppe e la Haven andò alla deriva fino ad affondare a poco più di un miglio dalla riva al largo di Arenzano. Oggigiorno è una delle immersioni più ambite e ricercate dai subacquei italiani ed esteri. Il relitto si è trasformato in un cenacolo di vita sottomarina. L’immersione si svolge a più livelli tra -38m fino a -78m, profondità a cui si trova l’imponente elica. Tornando alle storie di guerra e spostandosi più verso Levante, si trova il relitto del cosiddetto KT di Sestri. In realtà la nave si chiamava Eros, ed è appartenuta al leggendario banchiere e barone Henri De Rotschild. Il lussuoso Yacht gli fu requisito durante il Secondo conflitto bellico dalla Marina Nazionale Francese che lo ribattezzò “Incomprise”. Il suo destino non è ancora finito, la Marina tedesca lo requisirà a sua volta trasformandolo nel cacciasommergibili UJ2216, con questo nome finire sui fondali liguri durante la guerra, il 13 settembre 1944 mentre scortava due posamine. I subacquei che oggi si immergono su questa nave dal grande fascino storico potranno riconoscere il carattere bellico della nave

e allo stesso tempo apprezzare la linee classiche di uno yacht di lusso di inizio Novecento. L’immersione si svolge a una profondità massima di -57m Sempre in tema di posamine è possibile immergersi a Genova, non lontano da Foce, sul relitto del Pelagosa. Questo relitto che giace a una profondità massima di -38m è adatto a diversi livelli di immersione per subacquei che cercano forti emozioni attraverso colori e penetrazioni uniche nel cuore della nave. Si tratta di una delle quattro unità di classe “Fasana” che erano adibite al trasporto di ben 240 mine per realizzare fitti campi minati per creare sbarramenti al naviglio nemico che approcciava Genova. Il Pelagosa è affondato il 9 settembre 1943 in seguito a colpi di artiglieria provenienti dall’entroterra che era stato nottetempo conquistato dal milizie tedesche. La Santabarbara, posta a poppavia, ospita ancora impotenti casse di munizioni calibro 20mm. Affascinante, unico e ormai divenuto simbolo della subacquea tecnica mondiale è invece il relitto del sommergibile tedesco U 455, affondato al largo di Sori sul finire della Seconda Guerra Mondiale,


IMMERSIONI

Una croce grafata nera svetta nell’angolo superiore sinistro della bandiera della Kriegsmarine. Il campo rosso su cui poggia rimanda alla memoria il sacrificio di quanti hanno versato la propria vita per servire un’ideale di una nazione in guerra. L’U455, il battello di generazione VII C, invia le sue ultime comunicazioni in

data 2 aprile 1944. La sua scomparsa nelle acque liguri avviene ufficialmente tre giorni dopo, il 5 aprile. La causa dell’affondamento è avvolta nel mistero, forse si trattò di una mina, forse di un’esplosione avvenuta all’interno del battello. Varato nel giugno 1941, era una micidiale macchina da guerra al coman-

do di Hans Martin Scheibe. Lungo circa 67 metri, si trova oggi conficcato in un fondale fangoso a -119 m con la poppa disintegrata, inclinato di circa 40 gradi. La parte intatta, lunga circa 50 metri, ha probabilmente assunto questo insolito assetto per la presenza, nella zona prodiera (- 85 m), di compartimenti non allagati. Il troncone di poppa si trova in parte conficcato nel fondale marino arriva fino alla profondità di -119m. Alcune ridotte porzioni della culatta poppiera giacciono a pochi metri di distanza dal corpo centrale. Questa non ì una semplice immersione, scendere su questo relitto è una vera esperienza a trecentosessanta gradi che fa immergere il subacqueo nella storia e nel sacrificio di tante vite umane scomparse per mare. L’elenco dei relitti liguri è lungo, moltissime sono le navi commerciali, militari o civili scompare da Levante a Ponente. Che siano antichi galeoni, velieri, navi romane o residuati bellici, tutto il naviglio affondato merita di essere conosciuto e valorizzato. Lo specchio del mare è la sua terra. Raccontare la terra per mezzo dei fondali sottomarini è una pratica che può rivelare grandi sorprese e inaspettate storie.

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I CAMALEONTI DEL MARE di Claudio Ziraldo - www.ziraldo.net (Ricerca Tassonomica di Alessandro Ziraldo)

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l mimetismo è un fenomeno per cui alcune specie animali assumono, al fine di trarne vantaggio, forme e colori dell’ambente in cui vivono. Tale concetto va inteso in maniera molto ampia, poiché comprende tutte quelle caratteristiche morfologiche, cromatiche e comportamentali sia a scopo protettivo che a scopo aggressivo. Ovviamente l’obiettivo di questo articolo non è quello di trattare l’argomento in senso scientifico ma, attraverso la conoscenza di determinati comportamenti, di fornire un contributo per facilitare l’individuazione di soggetti interessanti. Nella foto di apertura un pesce fantasma arlecchino (Solenostomus paradoxus), si mimetizza tra le braccia di un crinoide di un colore simile al suo; i crinoidi, infatti, sono una delle “location” preferite di questi bellissimi Signatidi. Nella foto a destra, in alto (Periclemenes cornutus), un piccolo gambero delle dimensioni di 1,5 cm., che vive esclusivamente in associazione con crinoidi. Nel caso specifico si possono notare sia affinità cromatiche che morfologiche che, insieme alle ridotte dimensioni del “personaggio”, ne rendono particolarmente difficile l’individuazione; questo tipo di mimetismo viene definito “criptico” Irrinunciabile per riprese di animali così piccoli un’ottica macro non inferiore a100 mm. Sempre in tema di criptismo possiamo osservare come il gambero (Tozeuma armatum), abbia adattato la colorazione del mantello alla nuance dell’antipatario su cui è posato (foto a destra, in basso). Mi è capitato diverse volte di incontrare questo magnifico crostaceo e, colore a

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parte, ho notato che si posa molto spesso su organismi con struttura longitudinale (coralli a frusta ecc…), che possano mascherare più efficacemente la sua presenza anche sotto il profilo morfologico. Il pesce fantasma Halimeda, (Solenostomus halimeda) prende il nome dall’alga omonima nella quale è solito mimetizzarsi e, di fatto, morfologicamente e cromaticamente è praticamente identico all’alga stessa. È abbastanza raro e non semplice da trovare. Quando si incontra in immersione questo tipo di alga è bene fermarsi per qualche istante ed esplorare i dintorni; potremo avere la gradita sorpresa di individuare il nostro fantasma verde. Il mimetismo criptico può essere realizzato anche attraverso forme di mascheramento; infatti diversi organismi marini, in particolare crostacei, lasciano crescere sul proprio corpo animali sedentari; nel caso specifico questo piccolo granchio decoratore si è fatto crescere sul corpo i polipi di un alcionario. In casi come questo spirito di osservazione e conoscenza di determinati comportamenti, possono regalarci immagini interessanti. C’è poi anche chi adotta dei meccanismi “attivi” di protezione, come i Cefalopodi, i quali hanno evoluto sistemi mimetici ancora più sofisticati, essendo in grado di mutare i toni e l’intensità dei propri colori grazie a particolari organi cutanei, i cromatofori che, a seconda degli stimoli che l’animale riceve, contraggono o dilatano il pigmento in essi contenuto, regolando l’intensità cromatica della cute in una notevole gamma di colori. Nelle due foto la stessa seppia (Sepia latimanus), spostatasi di poche decine di centimetri su un fondo più scuro, ha mutato la colorazione del mantello in pochi secondi.

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FOTO/VIDEO SUB Fra gli abitanti del mare i maestri nel cromatismo variabile sono i pesci piatti (Pleuronettidi), come le sogliole, in grado di imitare fondi di vari colori; questi pesci uniscono alla colorazione protettiva altri adattamenti alla vita bentonica, in particolare la morfologia che consente loro di insabbiarsi e nascondersi ulteriormente (foto a destra, in alto). Lo scopo del mimetismo criptico è quello di celarsi ai predatori ed è quindi attuato da specie indifese, per le quali la capacità mimetica rappresenta l’aumento delle possibilità di sopravvivenza. Quando invece l’animale è al tempo stesso, imitatore e cacciatore, si parla di mimetismo aggressivo, fenomeno che si riscontra in tutte quelle situazioni in cui c’è l’imitazione di un modello a scopo predatorio; nella foto un (Antennarius pictus), foto in basso a sinistra, si mimetizza con una spugna dello stesso colore. La strategia mimetica di passare inosservati per catturare le prede all’improvviso, si è notevolmente perfezionata nella famiglia degli Antennaridi, che attraggono gli incauti “passanti” con una sorta di esca, definita “Illicio”. Dulcis in fundo il principe del camouflage, il pesce pietra (Synanceja verruco-

sa), foto in basso a sinistra, il cui nome deriva dalla capacità di confondersi con le rocce del fondale. Questo pesce ha sviluppato caratteristiche di totale omocromia con il substrato su cui vive, riproducendo sulla cute una perfetta sintesi dei colori predominanti nell’ambiente e riuscendo addirittura ad imitarne determi-

nati dettagli; sul suo corpo si sono sviluppate escrescenze cutanee del tutto simili per forma e tonalità alle asperità del fondo, dove riesce a diventare praticamente invisibile. La conoscenza di queste particolari attitudini degli organismi marini ci aiuterà a realizzare immagini interessanti ed originali.

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CATTURARE LE EMOZIONI IN UNA FOTO di Cristian Umili

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mmergendosi nel mondo subacqueo si è invasi da una marea di emozioni sia legati alla profondità e all’essere in un ambiente che non è il nostro, in cui possiamo quasi volare, ma ancora di più ci emoziona l’incontro con le forme di vita marine: banchi di pesce, squali, delfini ma anche piccoli e colorati nudibranchi o microscopici gamberetti. Chi inizia ad immergersi cerca di condividere queste emozioni con famigliari e amici che non si immergono e decide di iniziare a fare fotografie o video. Io qui mi limito a parlare di fotografia. Può capitare che una volta arrivati a casa e rivista la fotografia sul monitor questa non riesca a trasmettere le emozioni che abbiamo provato in quel momento. Questo può dipendere da una moltitudine di fattori: l’angolazione, la distanza di ripresa, la luce o la composizione oppure un obiettivo errato. La ripresa di un particolare invece che del soggetto intero, semmai usando altri subacquei come elementi umani per dare le proporzioni, ci può dare ottime immagini documentative ma non emozionali. Il punto di ripresa può cambiare e di molto la percezione in fotografia, se si è troppo lontani o troppo in alto può capitare che la fotografia non faccia passare le emozioni che ci hanno portato a fare clic. Una domanda che dobbiamo sempre quando scattiamo è perché stiamo per premere il pulsante di scatto, cosa ci ha colpito ed emozionato fino alla decisione di scattare una fotografia. Da qui il fotografo dovrebbe provare a controllare le emozioni e pensare a cosa fare per far sì che la fotografia trasmetta queste emozioni anche a persone che non hanno mai messo la testa sott’acqua. Quest’estate mi è capitato di fare un’immersione in un posto che non conoscevo:

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In alto un esempio di foto documentativa e in basso, un esempio di foto emozionale.


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c eravamo su un fondo sabbioso dove c’era un carrello da trasporto per gommone e un banco di pesci trombetta tutt’attorno, durante la prima immersione su questo punto ho iniziato a scattare seguendo l’emozione ma poi quello che vedevo nel monitor non mi soddisfaceva e ho perso diverso tempo facendo delle prove per ottenere l’illuminazione e capire l’inquadratura giusta, per fare uno scatto che descrivesse l’emozione nello stare lì in mezzo a questo spettacolo. Ho rifatto l’immersione proprio per poter scattare conoscendo già lo spettacolo che avrei trovato. Anche se fotografiamo un pesce possiamo trasmettere un’emozione a chi guarderà la fotografia, se invece di riprendere un pesce di fianco lo riprendiamo di muso ci sarà un contatto visivo diretto: chi guarderà la fotografia si ritroverà a guardare negli occhi il pesce e questo susciterà maggiori emozioni.

a. Cercando di riprendere lo spettacolo nel suo insieme non si rende l’idea dell’emozione. b. Anche questa non è un’immagine che suscita emozione ma è una immagine documentativa. c. Cambiando il punto di ripresa e gestendo le luci in un altro modo ottengo un’immagine che trasmette qualcosa di più, anche grazie alla presenza umana che permette allo spettatore di immedesimarsi. d. Avvicinandomi ho iniziato ad avere immagini che trasmettono l’emozione anche perché sono più vicini al punto di vista che avevo durante l’immersione.

La fotografia di un pesce di lato. Per bella che sia non suscita emozioni. Una fotografia di muso permette di “guardare negli occhi” il pesce, e fa nascere molte più emozioni in chi la guarda.

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Vivere e preservare il mare BEUCH ATTDIVIN G.COM


TEST: LO ZOOM TAMRON 17-28

USATO PER LA MACRO AMBIENTATA di Massimo Boyer

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o provato sul campo (sott’acqua) l’obiettivo zoom Tamron 17-28 mm f/2.8 Di III RXD in associazione con la mia nuova mirrorless Sony α7 III, non per trovare un alternativa al magnifico zoom Sony FE 12-24 mm f/4 che già possiedo e uso con piena soddisfazione, ma perché sono alla continua ricerca di una soluzione per la macro ambientata, o se preferite per il close up wide angle, insomma alla ricerca della possibilità di andare vicino, sempre più vicino. Con 28 cm di minima distanza di messa a fuoco, il Sony 12-24 non si configura come la lente migliore per questa tecnica, che consiste nell’usare obiettivi supergrandangolari con una minima distanza operativa davvero minima, accoppiati con piccoli oblò emisferici progettati su misura, detti minidome o microdome. Il risultato sono fotografie molto ravvicinate che inseriscono il soggetto nel suo ambiente, o se preferite foto che riprendono un ambiente inserendovi un soggetto di piccole dimensioni.

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Per completare e portare sott’acqua questa attrezzatura ho usato la mia fedele custodia Leo3wi di Easydive, con oblò minidome PX (diametro 125 mm) e Extension 30. Per l’illuminazione una coppia di flash Sea&Sea, uno YSD1 e uno YSD2, con diffusori di serie 120° o con i Carbon Diffuser di Easydive, secondo l’effetto che volevo ottenere (luce più dura/direzionale o più morbida e avvolgente.

L’OBIETTIVO TAMRON 17-28 MM F/2.8 DI III RXD Come dicevo, la caratteristica che mi ha fatto orientare verso il Tamron è la distanza minima di utilizzo dello zoom: 19 cm alla lunghezza focale di 17mm, con un rapporto di ingrandimento massimo 1:5,2. Considerando che 99 mm è la lunghezza dell’obiettivo, e che la distanza di messa a fuoco è misurata dal sensore, questo dovrebbe consentirmi di andare molto vicino al soggetto (soggetto permettendo) per realizzare scatti dal forte impatto visivo. Alla lunghezza focale di 28mm la minima distanza operativa diventa di 26 cm, con un rapporto di ingrandimento massimo 1:6.

Inoltre è possibile creare una sensazione di morbidezza, di sfocatura selettiva o, come si dice adesso, un “effetto bokeh” utilizzando la profondità di campo ridotta tipica degli obiettivi molto luminosi, avvicinandosi al soggetto e scattando col diaframma a tutta apertura. Il Tamron 17-28mm f/2.8 Di III RXD con attacco Sony E è uno strumento sofisticato, dal prezzo elevato (al momento tra 750 e 900 euro circa) e che rientra giustamente nella categoria top di gamma. È un ultra-grandangolare progettato per riprendere vasti paesaggi, edifici nella loro totalità e per la fotografia di strada. La struttura della lente è composta da 13 elementi suddivisi in 11 gruppi; ci sono tre elementi asferici, due a bassa dispersione e uno a bassissima dispersione: combinazione che minimizza l’aberrazione cromatica. L’apertura massima del diaframma è di f/2.8. Il motore custodito all’interno si chiama RXD e assicura una veloce e accurata messa a fuoco e un’elevata silenziosità, caratteristica questa apprezzata soprattutto da chi fa video. Insomma, una lente dalle ottime prestazioni.

IL TEST Usando i diffusori Carbon a cupola la luce acquista gradazioni di diffusione che apprezzo molto ma in cambio perde in intensità. Questo mi ha forzato ad aumentare la sensibilità fino a un valore massimo di 400 ISO, senza perdite di nitidezza apprezzabili.


FOTO/VIDEO SUB

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GARMIN, DESCENT MK2I E DESCENT T1:

TECNOLOGIA SATELLITARE PER LE IMMERSIONI di Luca Cornali

Questi ultimi risultano realizzati in acciaio inox 316, satinati a grana 240 e rivestiti attraverso la tecnica della passivazione, superando cosi efficacemente i test di corrosione in nebbia salina in conformità allo standard ASTM B117. Ampio display a colori da 1,4 pollici, 280x280 pixel per una lettura semplice immediata, protetto dalla resistenza di una lente in vetro zaffiro. Descent Mk2i viene garantito al proprio polso da un comodo e confortevole cinturino in silicone. Infine la batteria, che garantisce un’ampia autonomia fino a 80 ore in modalità immersione e 16 giorni in modalità sportwatch.

TUTTO IL MONITORAGGIO PER OGNI TIPOLOGIA DI SUB

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armin compie un ulteriore passo avanti nello sviluppo della tecnologia satellitare dedicata al mondo delle attività subacquee con la presentazione del nuovo sportwatch Descent MK2i, il più preciso sistema di monitoraggio per ogni tipologia di immersione, con innovative funzioni dedicate a tutti gli appassionati dell’acqua e delle sue profondità. Ma non solo, l’azienda presenta oggi anche il rivoluzionario trasmettitore wireless Descent T1, tramite cui ogni subacqueo avrà la possibilità di controllare e gestire al meglio il gas all’interno delle proprie bombole. Quando ci si pone un grande obiettivo è implicito che la sfida riguardi un traguardo spesso difficilmente raggiungibile, e in tal senso, lo spirito d’avventura non si limita alla scalata delle vette più alte, ma si amplia anche all’esplorazione delle profondità più impegnative. Ed è a tutti gli appassionati di subacquea che Garmin presenta Descent MK2i, il nuovo sportwatch per le immersioni, e il nuovo trasmettitore Descent T1.

LA RICERCA DELLO STILE PIÙ PROFONDO La garanzia di un alto livello di affidabilità è un fattore imprescindibile per un orologio dedicato alle immersioni. Fondello in acciaio e lunetta in titanio rivestita in DLC, assemblati scrupolosamente in una cassa da 52 millimetri concepita in polimeri fibrorinforzati, blindata con viti Torx Precision e arricchita da innovativi pulsanti a induzione da 5,1 millimetri a tenuta stagna.

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Qualunque sia la specialità preferita, apnea o immersioni, il nuovo Garmin Descent MK2i ha un profilo adatto a soddisfare e ad accompagnare ogni passione. Prevede modalità Single-Gas per le attività subacquee ricreative, e la modalità Multi-Gas per attività subacquee tecniche, incluse le decompressioni pianificate. Integra inoltre modalità CCR, utile a tutti coloro che utilizzano un rebreather a circuito chiuso, l’apparecchiatura per la respirazione indipendente dall’ambiente circostante. Disponibile anche il profilo Apnea, che permette di visualizzare sul display dello sportwatch i tempi di recupero in superficie, il numero di tuffi e molto altro ancora, garantendo al contempo un rapido aggiornamento dei dati. Per chi pratica pesca subacquea, invece, la modalità Apnea Hunt che consente di disattivare tutti i toni di allarme dell’orologio.

LA TECNOLOGIA PER L’IMMERSIONE Una volta in acqua, i sub non dovranno preoccuparsi di dover avviare e interrompere la propria attività di immersione: con il nuovo Descent MK2i è sufficiente immergersi per avviare automaticamente il monitoraggio dell’attività e, una volta riemersi, l’orologio lo interromperà in modo autonomo. Grazie alla bussola a 3 assi integrata, visualizzabile comodamente scorrendo le schermate di dati utilizzando i pratici pulsanti, sarà facile orientarsi anche sott’acqua. Inoltre, il sistema di posizionamento Multi-GNSS (GPS, GLONASS e Galileo) ad alta sensibilità memorizzerà automaticamente i punti di ingresso e di uscita dell’immersione, garantendo in questo modo un istantaneo recupero del segnale satellitare. Previsti, precaricati nel Descent MK2i, centinaia di siti di immersione, così da poter visualizzare le posizioni dei relitti e delle formazioni coralline, oltre ai dati sulle maree per trovare i punti migliori da esplorare. Le immersioni effettuate verranno registrate automaticamente nella nuova app gra-



AQUA LUNG PARTNER DI OCEAN FILM FESTIVAL ITALIA 2020 di Claudia Alpa

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qua Lung è felice di annunciare che anche per il 2020 sarà Partner Ufficiale della quarta edizione dell’Ocean Film Festival Italia, la rassegna cinematografica internazionale di medio e cortometraggi dedicati al mondo degli oceani e degli water sport, che propone le migliori pellicole selezionate tra i film presentati all’omonima manifestazione australiana. Aqua Lung è l’azienda che nel 1943 ha introdotto la subacquea nel mondo grazie al Capitano Jacques-­‐Yves Cousteau e Emile Gagnan, che svilupparono il primo auto respiratore subacqueo. Oggi, Aqua Lung è il punto di riferimento nel mondo delle attrezzature dedicate alle attività subacquee

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RELAX

IMMERSIONI DA SOGNO: SHARK & YOLANDA REEF di Claudio Di Manao Area: Mar Rosso, Egitto. GPS: 27° 43’ 51.03” N 34° 15’ 37.99” E Tipo d’immersione: profonda, in corrente. Cosa vedere: la catena alimentare al completo, coralli vivaci, paesaggio sottomarino da vertigine. Livello: avanzato, esperti

LO SCENARIO Non c’è bisogno di entrare in acqua per capire perché Shark & Yolanda Reef è tra le dieci immersioni più belle del mondo, basta guardare una mappa. Lì intorno le rocce giallo ocra del deserto precipitano a capofitto verso la Grande Fossa Tettonica che separa la placca africana da quella arabica, creando di fatto il Mar Rosso e il Golfo di Aqaba. Ed esattamente

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lì, sulla punta meridionale del Sinai, due reef gemelli affiorano dall’abisso, nel punto d’incontro tra due golfi: Suez e Aqaba, ognuno con le sue correnti, le sue specie endemiche.

COSA VEDERE E QUANDO Shark Reef non ti delude mai. Nei mesi invernali sei certo di trovare visibilità record (50 m. +) e giovanili al massimo della loro

gloria, ma tra fine giugno e i primi di settembre si affollano nuvole di carangidi, azzannatori, barracuda, pesci pipistrello e unicorni. In quei mesi scegliti una guida che sappia evitare le folle, allora potrai avvistare squali orlati all’interno dei branchi. Tutto l’anno sono frequenti gli incontri con tonni, cernie, murene, carangidi, tartarughe, pesci napoleone, aquile di mare. A volte delfini tra gli sciami di fucilieri. L’anima seducente di Shark Reef è nella sua luce e nei suoi colori estremamente vividi. Alcionaridi, anemoni e parazoanthus affollano ogni centimetro quadrato di parete. Le gorgonie presidiano molti anfratti e speroni, ma prosperano soprattutto sul lato esterno di Yolanda Reef. Il relitto vero e proprio dello Yolanda, da cui il nome, è sprofondato oltre i -150 metri. Decisamente brutto, vedi solo parte del carico: sanitari e prodotti idraulici. Giunto sul carico,



LE BOLLE DI ORNELLA di Ornella Ditel

La libertà, un’emozione subacquea

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uando un cambiamento arriva a sconvolgerci, soprattutto se lo fa in maniera inaspettata, normalmente attraversiamo una fase di smarrimento e crisi. In questi casi, cadere in depressione e lasciarsi andare a un destino avverso sono esiti molto comuni tra le persone. Superata la fase di shock iniziale, però, è auspicabile che subentri una fase reattiva, in cui si mettono da parte gli aspetti su cui non è possibile intervenire (perché non se ne ha un controllo diretto), e ci si concentra piuttosto sulle aree della vita su cui le nostre scelte e il nostro comportamento possono davvero fare la differenza. “Avevo 40 anni quando sono caduto da un’impalcatura altissima, mentre lavoravo. Ero un motociclista appassionato, un padre di famiglia con tanti sogni nel cassetto. La mia vita è cambiata di colpo, e la sedia a rotelle è diventata la mia compagna di vita. Almeno quando sono in superficie!” Già perché Alan Kenny, che a breve compirà 80 anni, è un subacqueo espertissimo che continua, a distanza di circa quarant’anni dall’evento traumatico che ha cambiato la sua vita, a vivere l’emozione della libertà subacquea. Lo fa in Inghilterra, dove vive, ma lo fa soprattutto durante le numerose vacanze subacquee che punteggiano una scrupolosa programmazione annuale. A differenza di ciò che ci si potrebbe aspettare, Alan sceglie le sue mete di vacanza in base alle condizioni subacquee, prima di quelle logistiche. Vuole avere la certezza che gli sforzi necessari a raggiungere la meta dei suoi viaggi, dall’Egitto all’Indonesia, siano ripagati da condizioni ottimali: acqua calda, visibilità spettacolare e abbondanza di colori e vita sottomarina. “È tutta una questione di priorità”, mi ha detto Alan solo qualche settimana fa, durante due splendide giornate insieme nello Stretto di Tiran e nel Parco Nazionale di Ras Mohamed, a Sharm El Sheikh. “La mia priorità è emozionarmi, e l’emozione più importante per me è la libertà. Pratico molte attività, dallo yoga al giardinaggio, al tiro al bersaglio, al teatro, ma sono le immersioni a farmi sentire davvero libero”. Sott’acqua siamo tutti uguali e le emozioni che ognuno di noi associa al respirare negli abissi sono molto soggettive. Immergersi con persone eccezionali come Alan dà un valore aggiunto alla subacquea e porta la sua storia a diventare una metafora per superare le difficoltà della vita, indipendentemente dalle nostre abilità fisiche.

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In più di 25 anni di immersioni, le emozioni che Alan ritrova sottacqua si trasformano magicamente in una lezione di vita anche per chi è normodotato, ancora di più in un momento storico come quello definito dalla pandemia in corso. Il 2020 verrà ricordato da molti come l’anno in cui ci si è immersi di meno, si è viaggiato di meno, si è riso di meno, ci si è sentiti meno liberi. In maniera simile alle diversissime esperienze negative che possono colpire tutti noi nel corso della vita, il Covid-19 ha un tratto unico: in un modo o nell’altro, ci riguarda davvero tutti. Come ci ha raccontato Alan, ridefinire le proprie priorità a seguito di un trauma non è un processo immediato, ma quando lo si abbraccia è un percorso che riguarda tutti gli ambiti della vita. La subacquea può quindi agire sia da strumento per raggiungere l’obiettivo, nel caso di Alan “vivere l‘emozione della libertà”, sia come palcoscenico in cui raccogliere i frutti delle energie spese per raggiungerlo. Non stupisce allora che la fame di libertà di Alan continui ad ispirare subacquei di ogni età ad essere grati alla vita e al privilegio di poter essere accolti come ospiti nel mondo sottomarino. Le emozioni sono contagiose ed è proprio questo il miracolo che succede ogni volta che si guarda Alan guardare la barriera corallina e la vita che la abita. La libertà è emozionante, e lo è ancora di più quando viene limitata. Perseguire la libertà è un percorso che può prendere molte strade e superare barriere, mentali e fisiche, che a prima vista appaiono insormontabili. È stato così per Alan, che è volato da solo in Egitto, con la sua sedia a rotelle, il test PCR richiesto all’ingresso e la quarantena fiduciaria al ritorno nella sua casa inglese, dove vive da solo, in piena autonomia. Anche durante un’emergenza sanitaria. “Mi avevano dato 3 anni di vita poco dopo l’incidente. Sono ancora qui. Mi è stata revocata la patente in passato, l’ho riottenuta dopo 10 mesi. Il programma di riabilitazione dopo l’incidente aveva come obiettivo insegnarmi a usare il computer con l’interazione vocale, io ho voluto piuttosto imparare prima a nuotare, e poi a immergermi in sicurezza. Questioni di priorità!”. Sono nato nel 1941, l’anno in cui il relitto del Thistlegorm è affondato. Portare il mio rispetto all’equipaggio in una delle immersioni più indimenticabili della mia vita è stata una delle esperienze che ricordo con più emozione, in circa 30 anni di bolle. Sottacqua siamo liberi, basta volerlo. Bastano pochi metri sotto la superficie del mare per ricordarcelo, anche durante una pandemia.






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