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Dislivelli

Ricerca e comunicazione sulla montagna

La Narrazione

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Sono testimoni di un tempo sospeso, di quello strano spazio indeterminato e ambiguo - generativo solo se si desidera ardentemente che lo sia - tra il "non più" e il "non ancora". Tutta la discussione sul futuro del turismo dello sci sta dentro la gestione di questo passaggio d'epoca che tiene insieme limiti ambientali ormai sovraesposti, destini e vocazioni di interi territori da rimodulare, timori e desideri di ampi pezzi di comunità di cui prendersi cura. Clima ed elementi naturali. Economie e lavori. Sentimenti e progetti di vita. Un dedalo di incertezze che può immobilizzare - inibendo ogni tipo di superamento dello status quo - oppure, al contrario, stimolare l'ingegno e la moltiplicazione delle energie.

È bene dirsi che il contesto dentro cui noi ci muoviamo non è per nulla agevole, anzi. Ed è di nuovo il tempo, in un'altra sua dimensione, a fare la differenza e ad affaticare il nostro passo. Michele Nardelli e Maurizio Dematteis nelle pagine introduttive al loro prezioso "Inverno liquido" spiegano bene come questione decisiva sia oggi la disarticolazione tra i tempi biologici - quelli che dovrebbero avere i ritmi distesi e non imminenti delle ere e non dei decennie i tempi storici, ossia quelli che stanno dentro il breve volgere di qualche generazione. I primi riguardano le condizioni globali del Pianeta (le temperature, la quantità di precipitazioni, lo spessore delle coltri ghiacciate la vivibilità di un dato territorio), i secondi il modo che ha il genere umano di stare nel Mondo. Pascal Chabot in un bel volume dal titolo “Avere tempo” - appena pubblicato dall'Istituto Treccani - ci dice che la nostra civiltà, quella che negli ultimi due secoli con la spinta antropica ha sconvolto gli equilibri di tutti gli ecosistemi planetari, vive al fragile crocevia di quattro regimi temporali e con essi deve fare i conti per darsi un equilibrio, una prospettiva di vivibilità, una traiettoria di avvenire. Siamo tornati a fare i conti con Fato (il rapporto con la fine biologica di ognuno, la nostra morte) con la pandemia da Covid. Viviamo costretti in Ipertempo, esito dalla velocizzazione estrema imposta dalla digitalizzazione. Non riusciamo a scrollarci di dosso la falsa promessa di Progresso, ossia l'idea di una potenziale crescita infinita che è stata alla base di tutta la seconda parte del Novecento. Percepiamo - è sta qui la più grande novità - la minaccia di Scadenza, ossia il conto alla rovescia verso la catastrofe ecologica. Scadenza, ecco la questione. Con ogni probabilità arrivati a questo punto il Paul e il Georg si rifugerebbero - seduti alla stazione di partenza del loro skilift - in un liberatorio orapronobis. Oppure sacramenterebbero per quel cielo piatto che non si decide a fare il suo mestiere.

Se dalla letteratura torniamo definitivamente alla realtà è immaginabile che a poco servirà rivolgere invocazioni all'Onnipotente - invocandolo o bestemmiandolo, che poi non sono cose c osì